CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 707

Chiacchiere risate e infelicità, e c’è chi deve portare il proprio lavoro lontano

Quando Carlo Goldoni nel 1762 lasciò la laguna per intraprendere il viaggio verso Parigi (viaggio di non ritorno, quantunque l’autore lo desiderasse) dove poter far germogliare quella riforma teatrale che in patria non era certo ben vista, affidò alle stampe e alla scena del teatro San Luca Una delle ultime sere di carnovale, nella quale commedia, attraverso la figura di Anzoleto, disegnatore di stoffe veneziano, raccontò il proprio animo e il proprio lavoro dentro una metafora di sapore autobiografico.

Beppe Navello, nell’ambito del cartellone della Fondazione Teatro Europa Piemonte, ricostruisce la poesia di un testo bellissimo che continua ad affasciare, come l’allegria che è in superficie e l’infelicità che trama sotto quei sorrisi, con intuiti felici, orchestra sapientemente e con gusto le piccole, impercettibili, quasi cecoviane, azioni che si susseguono, facendone altresì il terzo capitolo di una trilogia intorno alla commedia settecentesca che in passato ha visto sul medesimo palcoscenico dell’Astra Il divorzio di Alfieri e Il trionfo del Dio Denaro di Marivaux: innestandosi qui, estremamente intrisa la commedia dei tempi in cui viviamo, la piaga di quanti sono obbligati a trasportare all’estero il proprio bagaglio giovanile e intellettuale, e tutto arriva in sala fluido fluido senza la necessità di quell’immagine finale di bastimento che invade il molo di San Marco, tra l’arrivederci di chi parte e il saluto di chi resta, in un end che non è decisamente da intendersi come happy. Una serata di carnevale quindi, con un padrone di casa che felicissimo ha invitato alcuni amici per una serata da trascorrere in allegria, tre coppie già formate e altrettante che si formeranno, tra chiacchiere e piccole gelosie, speranze e dispetti, le debolezze e le rivincite di ognuno, l’arrivo di una madame d’oltralpe che vorrebbe il giovane protagonista tutto per sé e scombussola per un attimo di troppo tutte le carte, la complicità delle donne, i pettegolezzi come soltanto l’autore veneziano ha saputo imbastire, i mal di testa improvvisi e le risate che contagiano ancora oggi. Un gioco perfetto, geometrico e preciso, suddiviso nella conoscenza dei personaggi, nel gioco della meneghella, nella cena con i saluti e le nuove unioni uscite dalle imbronciate tempeste che arrivano a chiudere la vicenda.

Un gioco perfetto reso in una lingua, il veneziano, che arriva musicalmente alle orecchie di chi ascolta, al colmo delle emozioni, e non si sente davvero il bisogno dell’intervento di un grande come Eduardo – paiono quasi delle espressioni di scusa da parte di chi oggi mette in scena la commedia – che apra lo spettacolo a spiegarci come non è davvero indispensabile che al pubblico arrivi il significato di ogni parola, tornando alla memoria certi suoi tentativi ad addolcire testi che fuori Napoli avrebbero incontrato parecchie incomprensioni. Un gioco perfetto che all’inizio genera ancora il dubbio di ricordarsi troppo delle maschere (perché paròn Zamaria scende in scena con quel posticcio sul volto?) ma che, sul finire delle varie presentazioni, abbraccia in toto i differenti tipi, li concretizza, li sfuma, li imprime di un proprio preciso carattere, in una pregevole immedesimazione compiuta dagli attori della compagnia (una gran bella compagnia, anche numericamente), in una coralità (ci si accorge quanto l’avventura e il successone dei Tre moschettieri siano stati un ottimo preambolo) e in una centralità di intenti davvero encomiabili.

Nel “pover” ed essenziale ambiente scenografico dovuto a Luigi Perego – tessuti dai vari colori a far da fondali, un lungo tavolo e le sedie pronte a essere disposte per le varie scene d’insieme -, giocano con un invidiabile ritmo Antonio Sarasso come Zamaria, il deus ex machina della vicenda, Marcella Favilla che riempie da sola la scena tra emicranie e risate, il raisonneur quanto dolente Anzoleto di Alberto Onofrietti, la innamorata e combattiva Domenica di Maria Alberta Navello, il rassegnato, eccellente Augustin di Matteo Romoli, e poi ancora lo strabordante Momolo di Alessandro Meringolo, Diego Casalis, Daria Pascal Attolini, Andrea Romero, Eleni Molos, Erika Urban. Per quanto l’abbiamo vista alla prima, leggermente staccata dal divertissement generale, le repliche dovrebbero aiutare Geneviève Rey-Penchenat a fare della sua madame Gatteau una creatura più spavaldamente civettuola, più eroticamente intrigante e sospirosa, più dimentica dei suoi capelli bianchi, più agguerrita nella conquista del suo oggetto del desiderio. Sarebbe un’esplosione di languori che con maggiori ragioni la lancerebbe nell’entusiastico dinamismo di una compagnia che è sempre più un piacere applaudire. Spettacolo da vedere, repliche sino al 5 marzo.

 

Elio Rabbione

 

Narrazioni Jazz, scelti 10 progetti

‘Narrazioni Jazz’ si svolgerà in modo parallelo e intrecciato al Salone del libro, da mercoledì 17 a domenica 21 maggio, armonizzandosi con le esigenze della Fiera e contribuendo nello stesso tempo alla diffusione del festival in città attraverso una Notte bianca (20 maggio) e il progetto ‘Jazz per la Città’ lanciato con una call pubblica.

 

Il bando Jazz per la Città 2017attività musicali diffuse’ ha portato alla selezione di 10 progetti, 2 in più rispetto agli 8 indicati inizialmente nella chiamata (visibili su http://www.fondazioneperlaculturatorino.it/risultati-call-jazz-per-la-citta-2017/La Città di Torino, unitamente alla Fondazione per la Cultura Torino, valutata la disponibilità delle risorse finanziarie ha infatti deciso di aggiungere altri 2 progettiprocedendo in ordine di graduatoria -, agli 8 selezionati dalla Commissione presieduta da Stefano Zenni, direttore artistico del festival, e composta da Claudio Merlo, coordinatore organizzativo e artistico, Gino Li Veli, giornalista,  Letizia Perciaccante, della segreteria di produzione della Fondazione per la Cultura Torino e Laura Tori, responsabile Area Eventi – Gabinetto della Sindaca, Città di Torino.

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“La call pubblica ‘Jazz per la città’, inserita nel programma di ‘Narrazioni jazz’, ha riscosso uno straordinario successo, non scontato trattandosi di un esperimento originale per il mondo del jazz sia locale, sia nazionale. – afferma Francesca Leon, assessora alla cultura della Città -. Sono stati compresi e premiati i punti di forza della call: la facilità nella compilazione del form, la professionalità della Commissione incaricata di vagliare i progetti, la rapidità del procedimento, la volontà di coinvolgimento del ricco tessuto artistico torinese e l’impegno economico messo in campo. Sono arrivate alla  Fondazione per la Cultura Torino 45 domande, in rappresentanza di un numero molto più alto di associazioni. Per premiare la partecipazione e la qualità progettuale la Commissione, la Città e la Fondazione per la Cultura hanno deciso di aumentare il numero di contributi erogati, passando da 8 a 10. ‘Jazz per la Città’ arricchirà il programma di ‘Narrazioni Jazz’ con decine di iniziative diffuse nell’intera città: il tutto confluirà nella più ampia collaborazione con il Salone Internazionale del Libro. Il mese di maggio si preannuncia straordinario”.

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“Per la prima volta in Italia un festival del jazz programma una parte consistente dell’attività artistica con una chiamata pubblica rivolta alleassociazioni del territorio, selezionate e finanziate con una procedura snella e trasparente. Questo vuol dire che per la prima volta la città ha l’occasione di esprimere idee, attività, proposte, frutto di una collaborazione reciproca e ragionatasottolinea Stefano Zenni, Direttore artistico di TJF-Narrazioni Jazz -. La chiamata ha portato alla selezione di progetti che coprono 7 Circoscrizioni della città, con attività che vanno dalla propedeutica per i più piccoli alle produzioni originali, dalla mobilità sul territorio all’intreccio tra le arti. I criteri di selezione artistica, copertura del territorio, fattibilità e capacità di mettersi in rete hanno consentito di scegliere i progetti più significativi, a fronte di un livello molto alto delle proposte. L’esclusione dalla rosa dei vincitori non va intesa quindi come un giudizio di inadeguatezza: al contrario, il lavoro della commissione è stato complesso proprio per il numero di idee e proposte di buona qualità. Segno che anche nel jazz Torino si distingue come un vivace laboratorio culturale”. ‘Jazz per la città’ (Narrazioni Jazz) è un programma unico nel suo genere e sperimenta una nuova modalità di coprogettazione tra l’amministrazione comunale, organizzatrice della rassegna musicale, ed enti e associazioni che lavorano stabilmente sul territorio cittadino.

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Qui di seguito l’elenco, in ordine alfabetico, delle associazioni con i relativi progetti selezionati:

 

  • Associazione ARCI, Comitato di Torino: JAZZ IS DEAD!
  • Associazione Arcote:  KIND OF JAZZ
  • Associazione Culturale Comala: WALKABOUT JAZZ
  • Associazione Culturale Giardino forbito: READING SOTTO SOPRA
  • Associazione Culturale Immagina: STRANGE FRUIT, L’ALTRO DEL JAZZ
  • Associazione Culturale Kaninchen-Haus: ULYSSES IN JAZZ TIMES
  • Associazione Culturale Torino: JAZZ CITY, QUARTIERI IN JAZZ & BOOK
  • Associazione Tedacà: OH MY JAZZ!
  • Cooperativa Sociale CLGEnsemble: JORGE LUIS BORGES, ZOO EXPERIENCE
  • Jazz School Torino: BALTEA SOUND STATION

 

Maximilian Hornung re del violoncello

È uno dei vincitori dell’edizione 2015 dell’Europäischer Kulturpreis conferito dalla Pro Europa Stiftung di Dresda, emerita fondazione tedesca che dal 1995 conferisce premi in ambito culturale, scientifico e sociale a eminenti personalità del vecchio continente. Jonas Kaufmann, Angela Gheorghiu, Daniel Hope – per limitarci al solo ambito musicale – sono coloro che hanno ricevuto nel 2015 questo prestigioso riconoscimento insieme al violoncellista tedesco Maximilian Hornung protagonista martedì 28 febbraio 2017 alle 20.30 di una nuova tappa della rassegna Lingotto Giovani. Sponsorizzato e sostenuto dalla fondazione di Anne Sophie Mutter e dal Borletti Buitoni Trust, nonostante la giovane età ha già alle spalle collaborazioni in veste di solista con orchestre e direttori di primissimo livello, tra cui Bernard Haitink e Daniel Harding. Insieme a lui la pianista giapponese Hisako Kawamura, anch’essa già lanciata verso un’importante carriera solistica internazionale con incisioni per RCA e collaborazioni con direttori come Yuri Temirkanov e Mikhail Pletnev.

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Il programma della serata, che si svolge come di consueto presso la Sala Cinquecento del Lingotto, prende le mosse dai 5 Stücke im Volkston op. 102 di Robert Schumann, capolavoro particolarmente amato dai due interpreti che lo hanno definito un «microcosmo di umanità». Una vera curiosità il pezzo che segue: nell’arrangiamento per violoncello e pianoforte dello stesso Hornung si ascolteranno i Lieder eines fahrenden Gesellen di Gustav Mahler, dall’autore scritti in una prima versione per voce e pianoforte e successivamente orchestrati. Si chiude con la Sonata FP 143 di Francois Poulenc, dedicata al grande violoncellista Pierre Fournier e da questi eseguita per la prima volta insieme all’autore al pianoforte nella Salla Gaveau di Parigi nel 1949.

Grazie all’accordo con l’Università di Torino e il corso di laurea in DAMS il concerto è introdotto da una breve guida all’ascolto a cura della studentessa Francesca Riva

La biglietteria è aperta nel giorno del concerto, 28 febbraio 2017, in via Nizza 280 interno 41, dalle 14.30 alle 19, e un’ora prima del concerto, dalle 19.30 nel foyer della Sala Cinquecento. Poltrone numerate da 5 a 10 euro. Vendite on line su www.anyticket.it. Informazioni: 011.63.13.721 oppure www.lingottomusica.it

La stagione 2016-2017 è resa possibile grazie al sostegno di Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Regione Piemonte, Città di Torino, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT, FIAT, Exor, Reale Mutua, Banca del Piemonte, Lingotto, IPI, Lavazza, Sadem Arriva, Vittoria Assicurazioni, Banca Regionale Europea, Guido Castagna, AON, Generali, Banca Sella, Amiat, PKP Investments.

Nuova vita per la Cappella di Palazzo Reale

Lunedì 27 febbraio 2017, ore 11 ai Musei Reali di Torino (con ingresso in piazza Castello 191 esclusivamente per questa occasione) si terrà la presentazione del RESTAURO DELLA CAPPELLA DI CARLO ALBERTO. In programma la conferenza stampa e vla isita in anteprima dello spazio restaurato Introduce Enrica Pagella, Direttrice dei Musei Reali di Torino. Intervengono: Mauro Laus, Presidente del Consiglio Regionale del Piemonte Maria Carla Visconti, Progettista e Direttore dei lavori Franco Gualano, Responsabile Collezioni Palazzo Reale. Torna a splendere un piccolo e prezioso ambiente del Palazzo Reale di Torino: la cappella privata di Carlo Alberto, adiacente alla Sala delle Udienze, realizzata da Pelagio Palagi tra il 1837 e il 1839. L’intervento, condotto tra il settembre e il dicembre 2016, è frutto di un protocollo di intesa tra Musei Reali di Torino e Consiglio Regionale del Piemonte che prosegue nel tempo con progetti di recupero e di valorizzazione degli spazi e delle decorazioni del Palazzo Reale.

Giambattista Tiepolo e la grande pittura del Settecento veneto

Si apre sabato 25 febbraio alle 15, nelle sale del Castello di Miradolo, la mostra Tiepolo e il Settecento veneto, curata da Giovanni Federico Villa, un percorso tra i capolavori – circa cinquanta opere in esposizione, tra tele, incisioni, acqueforti e disegni – di un artista che ha pressoché attraversato un intero secolo e che con l’apporto dei figli Giandomenico e Lorenzo è stato il protagonista assoluto di un’età e di una pittura che si lasciavano alle spalle il barocco per avvicinarsi agli anni della grande Rivoluzione l’oltralpe, coltivando i nomi di David e Goya. Un percorso che si è reso possibile attraverso la collaborazione tra la Fondazione Cosso e i Musei Civici di Vicenza, da tempo nel novero dei maggiori poli museali italiani (non soltanto per i 600.000 visitatori all’anno ma pure per l’eccellente dato che è la copertura del 62% delle spese con la bigliettazione), che hanno in palazzo Chiericati una delle più importanti collezioni oggi esistenti sul territorio nazionale. In questo sguardo d’insieme che vede da un lato il passaggio temporaneo ad una sempre più prestigiosa sede piemontese delle opere e dall’altro il contributo ai lavori finali all’interno del palazzo vicentino che la Fondazione Cosso sosterrà, consentendo così la messa in opera delle strumentazioni necessarie a rendere il salone del piano nobile atto a ospitare conferenze e convegni, si potrà ammirare la Immacolata Concezione (datata 1733), splendido esempio posto su un altare della chiesa guariniana dell’Araceli, a Vicenza, di un artista che reclamava con forza la propria autonomia ed esaltava la pura luce nei confronti di un Giambattista Piazzetta, di vent’anni più vecchio, che ancora coltivava le ombre e di cui si potrà ammirare un’opera di alto sentimento drammatico, l’Estasi di san Francesco, dove l’artista non coglie l’attimo cui l’iconografia ci ha abituato, bensì quello successivo in cui il santo, svenuto e sfinito, appare tra le braccia di un angelo sopraggiunto in suo soccorso, a sorreggerlo “su di una nuvola fattasi solida e tamponarne la ferita sul costato”.

I giochi di luce, schiariti in loro ogni pennellata, ancor meglio si comprendono nel Tempo svela la Verità e fuga l’Ignoranza, la decorazione di un soffitto che in anni recenti è giunta a nuova e inaspettata popolarità per essere stata la suggestiva allegoria posta a fare da sfondo alla sala stampa di palazzo Chigi. Un posto di tutto riguardo hanno nelle altre sale del castello di Miradolo le nature morte del secolo XVII pronte a spingersi verso l’inizio di quello successivo e che portano i nomi di Jacob van der Kerckhoven (Natura morta con frutta, pappagallo e conigli), di Jacobus Victor e di Elisabetta Marchionni; senza dimenticare i contemporanei dei Tiepolo e quanti sono stati da loro influenzati, da Louis Dorigny con i suoi grandi affreschi a Luca Carlevarijs maestro del paesaggio settecentesco, qui presente con Paesaggio con arco trionfale e monumento equestre, messo accanto ad un altro gioiello, firmato da Marco e Sebastiano Ricci, Prospettiva di rovine con figure, tra le opere più note e studiate del Settecento veneto. E ancora Antonio De Pieri con l’Allegoria dell’inverno o le tele mitologiche di Giambattista Pittori (Diana e le ninfe) o i paesaggi di Giuseppe Zais. Innegabile il valore e la bellezza di opere che recenti restauri ripropongono al pubblico dei visitatori, come la Decollazione del Battista dovuta a Giandomenico Tiepolo, capace oggi di esplodere nel contrasto tra gli incarnati del santo e quelli del boia, le vesti sgargianti e le ombre profonde della passione. A completare la mostra che rimarrà aperta fino al 14 maggio prossimo, una ricca vetrina di disegni (uno per tutti, bellissimo, Il tempo svela la Verità) e di acqueforti e incisioni, dovute soprattutto alla maestria di Giambattista, Scherzi e capricci che trovano spazio gioiosamente e con un pizzico di ironia nella complessità dell’opera dell’artista, circolando amabilmente tra una tradizione classica fatta di bassorilievi e scene pastorali e un sentire popolare che con gufi e teschi e maghi abbraccia pure gli interessi del tempo, dando spazio ad argomenti come la cabala, l’astrologia e l’archeologia. Schizzi, divertimenti, sperimentazioni che nemmeno sembrano considerare la continuità della linea (o il gioco delle ombre) ma la interrompono e la riprendono, leggera, per poi terminarla in maniera definitiva.

 

Elio Rabbione

 

 

 

 

Rock al femminile contro la violenza

 Si chiama Rock Female Festival e si terrà sabato 25 febbraio al Taurus Factory di Ciriè. Il programma vede sul palco nove band (inediti, cover e tributi) che si esibiranno in un’unica serata dedicata al rock al femminile: Dirty Label, Oniricide, Kosmic Band, Fallen, Dayslived, Soundscape, Stush, The Dark Side, Così A Caso. La serata partirà alle 19 ma verrà anticipate da un ricco apericena mezzora prima. Durante l’evento verrà allestito un banco per la presentazione dello Sportello Donna (Centro di Aiuto, ascolto, accoglienza e reinserimento comunitario e lavorativo per Donne). Servizio gratuito della cooperativa Libera Dimensione in collaborazione con la Cooperativa Quarantatrè e Privata Assistenza che si occuperanno delle attività di inserimento.

Lo scopo è quello di prevenire e contrastare ogni forma di violenza contro le donne, sia in ambito familiare che sociale, ma vuole essere anche un punto per il reinserimento nel circuito lavorativo o anche semplicemente un luogo d’incontro e di scambio. Il progetto associativo si fonda sulla convinzione che la donna, anche se in situazione di disagio, abbia dentro di sé la capacità di progettare il futuro e le risorse per uscire dalla precarietà, riappropriandosi della propria identità e riprendendo in mano la propria vita. Questo percorso è lungo e difficile: affrontato insieme ad altre donne può diventare più facile. Inoltre sarà anche possibile assistere all’inaugurazione della mostra fotografica “Yin – l’arte del femminile”, di Gabriella Catalano.

 

Massimo Iaretti

Il Patto della Montagna

Sabato 25 febbraio, viene inaugurato un nuovo ciclo di incontri tutti dedicati al mondo del documentario della nostra regione: Glocal Doc / Il cinema del reale in Piemonte. Il progetto, realizzato da Associazione Piemonte Movie, Museo Nazionale del Cinema e Film Commission Torino Piemonte, sarà una vetrina del documentario e dei documentaristi della regione, con proiezioni in anteprima, presentazione di progetti, incontri e dibattiti, con l’obiettivo di valorizzare il ricco panorama del cinema del reale girato e prodotto in Piemonte. Una serie di appuntamenti, per un totale di 5 serate, che si terranno ogni due mesi al Cinema Massimo di Torino (Via Verdi 18), in questa prima edizione 2017.

 

Come parte del ciclo Glocal Doc / Il cinema del reale in Piemonte, il Museo Nazionale del Cinema ci permette di stringere i legami con la storia passata e recente del cinema documentario, mentre Film Commission Torino Piemonte rappresenta un punto di riferimento fondamentale per lo sviluppo e la produzione made in Piemonte grazie alle sue attività di sostegno al settore, in primis attraverso il Piemonte Doc Film Fund, primo fondo italiano per il sostegno al cinema documentario, istituito nel 2007. Glocal Doc va inoltre ad aggiungere un tassello importante all’interno del quadro composto dalle numerose iniziative volute e realizzare da Piemonte Movie, a sostegno delle realtà cinematografiche locali. Una rassegna che si collega infatti al concorso Panoramica Doc del Piemonte Movie gLocal Film Festival per quanto riguarda il presente della produzione documentaristica e si allaccia, inoltre, alla manifestazione Movie TellersNarrazioni cinematografiche che nel mese di maggio proporrà 28 serate-evento in 13 comuni della regione con 4 lungometraggi, 4 documentari e 4 cortometraggi piemontesi, per far circuitare sul territorio le ultime produzioni realizzate sotto le Alpi. Un’iniziativa sostenuta da Regione Piemonte, promossa da Film Commission Torino Piemonte e FIP Film Investimenti Piemonte, ideata e organizzata da Associazione Piemonte Movie in collaborazione con Museo Nazionale del Cinema, Torino Film Festival e Agis-Anec.

 

Sabato 25 febbraio 2017 al Cinema Massimo ore 20.30, il Museo Nazionale del Cinema e Piemonte Movie insieme alle società di produzione Jean Vigo Italia e VideoAstolfoSullaLuna (Biella) presentano il documentario Il Patto della Montagna di Manuele Cecconello e Maurizio Pellegrini. Il film in corso di realizzazione con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte – Piemonte Doc Film Fund e del Mibact e parte del ricavato della serata – ingresso euro 6,00 – sarà devoluta per il completamento della produzione del film.

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IL PATTO DELLA MONTAGNA

 

C’è una storia che pochi conoscono e che si svolge in Piemonte, a Biella. Una storia nobile italiana che intreccia i destini di imprenditori tessili, lavoratori e partigiani, che nel ‘44, nel pieno della guerra, firmarono clandestinamente un Patto che affermava, per la prima volta in Italia e in Europa, la parità salariale tra uomo e donna. Il Patto della Montagna stabilì infatti “pari salario a pari lavoro” e segnò una conquista che diverrà nazionale ed europea solo negli anni Sessanta, aprendo una strada tra molte difficoltà, tuttora evidenti.

 

Quella vicenda è un evento eccezionale all’interno di 150 anni in cui la capacità di negoziazione tra lavoratori e imprese è diventata una delle condizioni di competitività e resilienza dell’area biellese. Nonostante la crisi e i processi di delocalizzazione globale, infatti, il Biellese è ancora l’unica area in Europa dove resiste l’intera filiera tessile e dove si producono tessuti tra i più fini al mondo.

Il Patto della montagna sta per diventare un film documentario, una co-produzione tra Jean Vigo Italia e VideoAstolfoSullaLuna, con il sostegno del Mibact e della Film Commission Torino Piemonte – Piemonte Doc Film Fund, con la regia di Manuele Cecconello e Maurizio Pellegrini e la produzione esecutiva di Francesca Conti. Il documentario, di cui verranno presentati alcuni estratti, indaga le ragioni dell’eccellenza del prodotto tessile, trovandola nella qualità delle relazioni tra gli uomini, ovvero nella capacità di affrontare i conflitti attraverso una mediazione fondata sul rispetto reciproco. Una metafora per l’oggi che deve ritrovare il senso del futuro e del patto sociale.

La serata ripercorrerà il lungo percorso verso la parità salariale, di cui il “Patto” è il momento cruciale, affrontandone il prima e il dopo, dalle prime rivendicazioni sindacali nell’800 al definitivo riconoscimento sul contratto nazionale del 1964. Tra parole dette e recitate, pezzi di film, camei di testimoni eccellenti, sarete coinvolti in questo racconto inedito dagli autori e registi, da storici, stilisti, e dai rappresentanti delle istituzioni che sostengono la produzione.

 

La serata prevede il reading del Patto, la proiezione di clip con contenuti storici e interviste, e il teaser del film. A parlare della vicenda storica, di moda e territorio e del ruolo del cinema saranno presenti i registi con Francesca Conti (produttore esecutivo del film), Lorenzo Canova (Responsabile programma Sensi contemporanei), Nino Cerruti (industriale e stilista), Sara Conforti (artista), Claudio Dellavalle (Storico Università degli Studi di Torino), Alessandro Gaido (Presidente Piemonte Movie), Paolo Manera (Direttore Film Commission Torino Piemonte), Enrico Pagano e Marcello Vaudano (Istituto Storico della Resistenza di Varallo), Christian Pellizzari (stilista), Luisa Trompetto (attrice).

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Il Patto della Montagna. Le radici nobili della qualità biellese

Regia di Manuele Cecconello e Maurizio Pellegrini.

una co-produzione tra Jean Vigo Italia e VideoAstolfoSullaLuna, con il sostegno del Mibact e della Film Commission Torino Piemonte – Piemonte Doc Film Fund

Con il patrocinio di Comune di Biella, ATL Biella.

Sviluppato in collaborazione con ANPI Provincia di Biella, Docbi – Centro Studi Biellesi, ISRSC BI-VC – Istituto per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea nel Biellese, Vercellese e Valsesia, ISRSC Torino – Istituto per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea “Agosti” Torino.

Oggi al Cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

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Allied – Un’ombra nascosta – Drammatico. Regia di Robert Zemeckis, con Brad Pitt e Marion Cotillard. Nella Casablanca in pieno conflitto mondiale, già tanto cara a Ingrid Bergman e a Humphrey Bogart, s’incrociano Marianne Beausejour, legata alla resistenza francese e avvenente spia pronta a fare l’occhio dolce al perfido tedesco, e Max Vatan, comandante d’aviazione di origine canadese e al servizio dell’Intelligence inglese. Avventure e amore tra i due, il trasferimento a Londra, un matrimonio e una bambina partorita sotto i bombardamenti. Ma ad un certo punto della storia iniziano gli indizi e i dubbi e forse non tutto è come sembra. Film perfetto, secondo i sacrosanti canoni dello spionaggio, tensioni e necessità di indagare (anche da parte dello spettatore), il Brad che comincia a far intravedere le rughe e gli anni, la Cotillard magnifica come sua abitudine. Durata 124 minuti. (Lux sala 3)

 

A united kingdomL’amore che ha cambiato la storia – Drammatico. Regia di Amma Asante, con David Eyelowo e Rosamund Pike. Già compagno di Nelson Mandela negli studi universitari compiuti a Johannesburg, poi proseguiti in Inghilterra, Seretse Khama, principe del futuro Botswana, incontrò sposò a Londra alcuni anni dopo la fine della guerra Ruth Williams, una donna bianca. In un periodo di dieci anni, dal ’47 al ’57, che vede la perdita dell’India e il Ghana diventare il primo stato indipendente dell’Africa britannica, è facile pensare come questa unione provocasse scandalo, quanto i disegni di un Regno Unito che non voleva inimicarsi un Sudafrica e una Rodhesia segregazionisti e chiaramente le opposizioni interne al giovane pretendente al trono abbiano fatto tutto quanto in loro possesso per far naufragare ogni cosa. Durata 111 minuti. (Romano sala 2)

 

Autobahn – Fuori controllo – Azione. Regia di Eran Creevy, con Nicholas Hoult, Anthony Hopkins e Felicity Jones. Casey è diventato un corriere della droga. Non riuscendo a portare a termine una truffa ai danni di una banda rivale, è costretto a fuggire lungo le strade tedesche e a tentare di mettere in salvo la fidanzata Juliette, che rischia di essere sequestrata. Viene contattato per proteggerla il contrabbandiere Geran fino a quando la situazione non degenera a causa del pericoloso boss Hagen. Durata 99 minuti. (Uci)

 

Ballerina – Animazione. Regia di Eric Summer e Eric Warin. Félicie vive in un orfanotrofio in Bretagna. Un giorno fugge per raggiungere la Parigi della Belle Epoque, nella speranza di veder realizzato il suo sogni di diventare una étoile dell’Opera. Con lei l’amico Victor: il suo sogno è quello di diventare un famoso inventore. Durata 89 minuti. (Ambrosio sala 3, Massaua, Ideal, Lux sala 2, The Space, Uci)

 

Barriere – Drammatico. Regia di Denzel Washington, con Denzel Washington e Viola Davis. Premio Pulitzer per l’autore August Wilson, successo a Broadway nel 2010, già interpretato dagli stessi attori che si guadagnarono un bel Tony Award ciascuno, è la vicenda amara e sconnessa di Troy nella Pittsburg della fine anni Cinquanta. Anni di prigione, aspirazioni nel mondo del baseball interrotte dopo esser stato respinto dalla squadra perché afroamericano, un legame coniugale con Rose ferito dalle infedeltà, una vita familiare che si rivale su uno dei figli con velleità sportive, un lunario sbarcato grazie al lavoro di netturbino. Film di chiaro impianto teatrale, una delle punte d’eccellenza di questa stagione cinematografica che vede in primo piano una rivincita del cinema all black. Quattro candidature agli Oscar. Durata 139 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, F.lli Marx sala Groucho, Uci)

 

La Battaglia di Hacksaw Ridge – Drammatico. Regia di Mel Gibson, con Andrew Garfield, Sam Worthington e Vince Vaughn. Tornando dopo dieci anni dietro la macchina da presa dall’ultimo “Apocalypto”, Gibson narra la vicenda pacifista di Desmond Doss, cresciuto secondo la fede degli Avventisti del Settimo Giorno, che all’indomani di Pearl Harbor decise di arruolarsi, con il netto rifiutare di imbracciare le armi. Insultato e osteggiato e umiliato fisicamente e moralmente dall’opinione pubblica come dai propri compagni, Doss riuscì sulle scogliere di Okinawa a far prevalere le proprie convinzioni, mettendo in salvo in una sola notte 75 tra i suoi commilitoni. Grandi emozioni, un credo senza se e senza ma, guardando a Hawks e a Kubrick, a Eastwood e a Malick. Sei candidature che guardano agli Oscar, in primo luogo al Garfield già ammirato in “Silence” di Scorsese. Durata 131 minuti. (Massaua, Due Giardini sala Ombrerosse, Lux sala 1, The Space, Uci)

 

Beata ignoranza – Commedia. Regia di Massimiliano Bruno, con Alessandro Gassman e Marco Giallini. In una scuola italiana, Ernesto e Filippo, un professore di italiano e uno di matematica, il primo chiuso nelle proprie tradizioni e contrario a quanto l’uso della Rete gli possa offrire, il secondo è perennemente connesso al web, sempre a caccia di colleghe, adorato dagli alunni. Un passato non facile da dimenticare ha anche visto una donna indecisa tra i due. E se oggi il gioco delle parti cambiasse e le idee e gli interessi dell’uno diventassero quelli dell’altro? Durata 102 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

150 milligrammi – Drammatico. Regia di Emmanuelle Bercot, con Side Babett Knudsen e Benoit Magimel. Tratto da una storia vera. Nell’ospedale di Brest dove presta servizio, una pneumologia scopre che tra le morti sospette di alcuni pazienti e l’impiego di un farmaco commercializzato da oltre trent’anni ci sarebbero dei legami. È una lotta sempre più in crescita, da sostenere ogni giorno da parte di un gruppo di medici contro il Ministero della Salute francese e contro la casa farmaceutica che ha prodotto il farmaco. Durata 128 minuti. (Romano sala 3)

 

Cinquanta sfumature di nero – Erotico. Regia di James Fooley, con Jamie Dornan, Dakota Johnson e Kim Basinger. Sono cambiati sceneggiatore e regista per questo secondo capitolo della saga erotica inventata ad onor del proprio portafoglio dalla signora E.L. James, continua la ginnastica erotica di Christian e Anastasia, si preannuncia un nuovo grande successo grazie alle resse degli aficionados, tutto un gran mercato assai redditizio sulla scia dell’exploit dei 125 milioni di copie vendute del romanzo. In attesa delle sfumature di rosso. Durata 115 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Il cittadino illustre – Commedia. Regia di Gaston Duprat e Mariano Cohn, con Oscar Martinez. Daniel Mantovani è uno scrittore, vincitore del Nobel, in piena crisi creativa. Da Barcellona, dove da anni si è stabilito, accettando l’invito che i cittadini di Salas dove lui è nato e cresciuto gli hanno inviato, si reca in Argentina. L’accoglienza è entusiasmante, è anche l’occasione per rivedere il primo amore, tutto sembra trascorrere all’insegna della felicità: poi, poco a poco, prende piede il malumore come pure una strisciante violenza, rinfacciando tutti i cittadini di Salas i peccati giovanili, le aspre critiche che lo scrittore ha rivolto al proprio paese. Uno spunto interessante, uno svolgimento condotto con partecipazione: spiace per la grande povertà della forma, la regia scarna, i luoghi comuni, e il presepe di piccoli personaggi chiusi in macchiette in troppe occasioni. Coppa Volpi veneziana al protagonista (di certo sopravvalutata). Durata 118 minuti. (Classico)

 

Jackie – Drammatico. Regia di Pablo Larraìn, con Natalie Portman, Peter Sarsgaard, Billy Crudup e John Hurt. I giorni che seguirono all’uccisione di Kennedy a Dallas, la ricostruzione dell’attentato, i ricordi e le immagini che invasero il mondo, il tailleur rosa di Chanel sporco di sangue, il ritorno a Washington e il trasloco dalla Casa Bianca, la lotta di una donna ormai sola contro l’establishment e la sua volontà indomita perché al presidente venissero fatti grandi, imponenti funerali di stato. Al centro della vicenda, di ogni inquadratura è la Jackie di Natalie Portman, in corsa per l’Oscar, a raccontare quei giorni ad un giornalista di “Life Magazine”. Durata 99 minuti. (Ambrosio sala 1, Eliseo Grande, Reposi, The Space, Uci)

 

David Lynch: The art life – Documentario. Lo spettatore messo di fronte ad un viaggio nel tempo e nell’intimo di un grande regista, con il racconto della sua formazione artistica, dell’infanzia nella provincia americana, dell’arrivo a Philadelphia, della sua passione per il cinema, del successo. Immagini, musica, brani dei primi film per tutti gli estimatori. Durata 90 minuti. (Centrale (V.O.))

La La Land – Musical. Regia di Damien Chazelle, con Ryan Gosling e Emma Stone. La storia di due ragazzi in cerca di sogni realizzati e di successo, lui, Sebastian, è un pianista jazz, lei, Mia, un’aspirante attrice che continua a fare provini. Si incontrano nella Mecca del Cinema e si innamorano. Musica e canzoni, uno sguardo al passato, al cinema di Stanley Donen e Vincent Minnelli senza tener fuori il francese Jacques Demy, troppo presto dimenticato. E’ già stato un grande successo ai Globe, sette nomination sette premi, due canzoni indimenticabili e due attori in stato di grazia, e adesso c’è la grande corsa agli Oscar, dove la storia fortemente voluta e inseguita dall’autore di “Whiplash” rischia di sbaragliare alla grande torri gli avversari: 14 candidature. Durata128 minuti. (Ambrosio sala 3, Centrale (V.O.), Due Giardini sala Ombrerosse, Eliseo Blu, F.lli Marx sala Chico, Massimo sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Lego Batman – Il film – Animazione. Regia di Chris McKay. I mattoncini famosi in tutto il mondo si uniscono in questo film, tra citazioni cinematografiche e precisi riferimenti, da Robin al maggiordomo Alfred, da Batgirl al prode Batman che imparerà a valorizzare i rapporti affettivi cancellando il trauma che ha determinato la sua vita. Durata 104 minuti. (Massaua, The Space, Uci)

 

Lion – La strada verso casa – Drammatico. Regia di Garth Davis, con Dev Patel, Rooney Mara e Nicole Kidman. Il piccolo Saroo, disubbidendo alla madre e cercando di seguire il fratello più grande, si addormenta su di un treno, nel buio della notte, e si ritrova a Calcutta, solo e incapace di spiegare da dove venga e quel che gli è successo. L’adozione da parte di una coppia australiana gli risparmia l’orfanotrofio: ma una volta arrivati i venticinque anni, il desiderio di rintracciare la sua vera famiglia lo condurrà ad una lunga ricerca. Tratto da una storia vera. Durata 120 minuti. (Romano sala 1)

 

Mamma o papa? – Commedia. Regia di Riccardo Milani, con Paola Cortellesi e Antonio Albanese. Valeria, ingegnere, e Nicola, ginecologo, dopo tre lustri di matrimonio, hanno deciso di divorziare. Noia, arrivismo, nuovi compagni, le offerte di lavoro che arrivano dall’estero, tutto collabora a far naufragare l’unione. Anche i loro figli sono tre e di loro nessuno dei due ha intenzione di occuparsi. Durata 98 minuti. (Massaua, Greenwich sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Manchester by the sea – Drammatico. Regia di Kenneth Lonergan, con Casey Affleck, Michelle Williams e Lucas Hedges. Film in corsa per gli Oscar, sei candidature (miglior film e regista, sceneggiatura originale e attore protagonista, attrice e attore non protagonista), un film condotto tra passato e presente, ambientato in una piccola del Massachusetts, un film che ruota attorno ad un uomo, tra ciò che ieri lo ha annientato e quello che oggi potrebbe farlo risorgere. La storia di Lee, uomo tuttofare in vari immobili alla periferia di Boston, scontroso e taciturno, rissoso, richiamato nel paese dove è nato alla morte del fratello con il compito di accudire all’adolescenza del nipote. Scritto e diretto da Lonergan, già sceneggiatore tra gli altri di “Gangs of New York”. Durata 135 minuti. (Eliseo Rosso, Nazionale sala 1, Uci)

 

La marcia dei pinguini – Il richiamo – Documentario. Regia di Lui Jacquet con la voce narrante di Pif. Seguendo il solo istinto, un gruppo di pinguini intraprende un viaggio verso l’ignoto, la direzione è il mare e poi nuovamente la terraferma, per procreare. Durata 82 minuti. (Massaua, Classico, Ideal, Lux sala 1, The Space, Uci)

 

Moonlight – Drammatico. Regia di Barry Jenkins, con Naomi Harris, Mahershala Ali e Trevante Rhodes. Corsa agli Oscar anche per “Moonlight” con otto candidature. La storia di Chiron – suddivisa in tre capitoli che delimitano infanzia adolescenza ed età adulta del protagonista – nella Miami povera, tra delinquenza e droga, prima solitario e impaurito dalla propria diversità colpita dai pregiudizi, poi spacciatore che non ha paura di nulla e che sa adeguarsi al terrificante e violento panorama che lo circonda. Attorno a lui una madre tossicomane, un adulto che tenta di proteggerlo, un giovane amico. Durata 111 minuti. (F.lli Marx sala Harpo, Nazionale sala 2)

 

Oceania – Animazione. Regia di John Musker e Ron Clements. Coraggiosa, femminista che la metà basta, non certo alla ricerca del principe azzurro, la principessa Vaiana sogna di poter andare ben oltre la barriera corallina per avventurarsi nell’oceano. La sua prima sfida è salvare il suo popolo dalle malefatte del vanitosissime semidio Maui che per avere un giorno rubato il cuore di una dea rischia ora di portare quel paradiso terrestre all’aridità. Ma l’eroina è pronta combattere e a vincere. Durata 127 minuti. (Massaua)

 

L’ora legale – Commedia. Interpretazione e regia di Ficarra e Picone, con Leo Gullotta e Tony Sperandeo. Votazioni per l’elezione del sindaco a Pietrammare. Ma le cose vanno davvero male se quello in carica è maneggione e colluso e quello candidato i comizi li pronuncia al grido di “Onestà, onestà”. Persino il parroco, prima convinto di un cambiamento radicale, diviene avversario senza se e senza ma quando il vincitore gli impone di pagare l’IMU sulla chiesa che lui ha trasformato in albergo. Durata 90 minuti. (Massaua, Reposi, The Space)

 

Resident Evil: The final chapter – Horror. Regia di Paul W.S. Anderson, con Milla Jovovich. La Umbrella Corporation sta radunando le sue forze per sferrare un colpo fatale contro gli unici superstiti all’Apocalisse. Alice ritroverà gli antichi amici per scontrarsi ancora una volta contro le orde di non morti e con nuovi mostri mutanti: a questo puntoo dovrà misurarsi con l’avventura più difficile, nel tentativo di salvare il genere umano. Durata 106 minuti. (Ideal, The Space, Uci anche in 3D)

 

Sing – Animazione. Regia di Garth Jennings. Una esausta porcellina, madre di 25 maialini, un gorilla, un topo, un timidissimo elefante, tutti partecipano ad un debuttanti allo sbaraglio, un nostrano X Factor per intenderci, messo in piedi dal koala Buster Moon al fine di mettere in salvo dal fallimento il proprio teatro. Durata 110 minuti. (Uci)

 

Smetto quando voglio – Masterclass – Commedia. Regia di Sidney Sibilia, con Edoardo Leo, Lorenzo Lavia, Valeria Solarino e Pietro Sermonti. Seconda puntata per le avventure della banda di precari universitari volti per necessità alla produzione della droga. In attesa di una terza già messa in cantiere a furor di popolo, per adesso il gruppo di antropologi, latinisti, archeologi, chimici e quant’altro stringe un patto con una ispettrice di polizia al fine di stroncare il traffico di smart drug, non ancora illegali e non ancora perseguibili. Durata 118 minuti. (Reposi, The Space, Uci)

 

Split – Thriller. Regia di M. Night Shyamalan, con James McAvoy. La storia di Kevin, uno psicopatico che unisce in sé 23 diverse personalità, che si alternano nella mente e nel corpo, in cura da una psicologa che non ha compreso come in lui stia sempre più prendendo importanza la ventiquattresima, la Bestia, la più pericolosa, che tende a sovrastare ogni altra. Un giorno Kevin rapisce tre ragazze. L’autore del “Sesto senso” e di “The village” gioca con i differenti generi, dal thriller al soprannaturale, dal dramma psicologico allo studio medico, non dimenticando Lynch o il viso e la risata del Nicholson di “Shining”. Durata 116 minuti. (Uci)

 

The Founder – Commedia. Regia di John Lee Hancock, con Michael Keaton e Laura Dern. Con un passato di commesso viaggiatore di scarso successo, nel 1954, di fronte alla ristretta attività dei fratelli Dick e Mac McDonald a San Bernardino in California, un povero chiosco di hamburger confezionatore di spuntini veloci per altrettanto pubblico frettoloso e dal poco spendere, il signor Ray Kroc pensa di allargare, in qualità di socio, l’attività dei pionieri su scala nazionale. Sappiamo tutti com’è andata a finire, successo successo successo, unendo artigianato e voglia di sperimentazione unita a una fragorosa mania di grandezza. Un avventura americana, una sfida e il sogno sempre ricercato, un’altra bella prova per il resuscitato Keaton, già pedina vincente di titoli quali “Birdman” e “Il caso Spotlight”. Durata 115 minuti. (Classico)

 

The Great Wall – Avventuroso – Regia di Zhang Yimou, con Matt Damon, Tian Jing e Willem Dafoe. Banco di prova per coproduzioni cino-statunitensi, un gruppo di sceneggiatori hollywoodiani, un regista tra i più acclamati, un divo: ma sembra che il gioco non abbia funzionato. Una vicenda che gira intorno alla Grande Muraglia, costruita per mettere al riparo non soltanto il grande paese ma altresì il resto del mondo da orde di creature dall’aspetto animalesco in vena di enormi distruzioni. Stupisce che un regista come Yimou (“Lanterne rosse”) si sia addentrato in una simile avventura, tra kolossal e arti marziali. Durata 103 minuti. (Massaua, Ideal (anche in 3D), The Space, Uci anche in 3D)

 

T2 Trainspotting – Drammatico. Regia di Danny Boyle, con Ewan McGregor, Robert Carlyle, Jonny Lee Miller e Ewen Bremmer. Il precedente “Trainpotting” aveva lasciato Mark Renton scappava con il malloppo, abbandonando i compagni in un un mare di rabbia, di droga e di sballo. Non tutti l’hanno digerita. La nuova puntata di quel film che è diventato un cult vede il nostro nel tentativo di riallacciare i contatti, e per quanto si può in vera pace, con loro rimettendo piede a Edinburgo. Quello che non ha proprio voglia di incontrare è Begbie (Carlyle), appena uscito di galera, il più legato al mondo di un tempo. Durata 117 minuti. (Ambrosio sala 2, Greenwich sala 3, Ideal, Reposi, The Space, Uci anche V.O.)

 

Un re allo sbando – Commedia. Regia di Peter Brosens e Jessica Woodworth, con Peter van de Begin, Lucie Debay e Titus de Voogdt. Le avventure di un immaginario sovrano del Belgio che, in visita ufficiale in Turchia, apprende come la Vallonia abbia dichiarato la propria indipendenza. Il viaggio di ritorno in patria svelerà a tutti la sua vera personalità e a lui il piacere di vivere. Durata 94 minuti. (Massimo sala 1 anche V.O.)

La grande prova di Casey Affleck, tra passato e presente la tragedia di un uomo

S’è nascosto al mondo Lee Chandler, il protagonista di Manchester by the sea di Kenneth Lonergan. In una Boston dove lo vediamo ripetutamente spalar neve per far spazio e pulizia attorno a quelle case che lo vedono uomo tuttofare, dagli impianti elettrici ai problemi di riscaldamento allo smaltimento di vecchi arredamenti di tutto si occupa lui e tutto gli va bene, Lee vive in un angusto scantinato, si chiude silenzioso nei bar, scatena risse con gli sconosciuti che lo hanno guardato di storto, in giornate di buona riduce al minimo i monosillabi con chi lo avvicina.

La sua vita ha un soprassalto con la morte improvvisa del fratello malato di cuore, con il dover prendersi cura del nipote che lo scomparso gli ha affidato (la madre in preda all’alcolismo se ne è andata, vive con un altro uomo chissà dove), con il trasferimento nella cittadina del titolo a rivedere i luoghi e i volti di una tragedia che lo ha annientato. È il passato che torna, che si accavalla e s’accartoccia con il presente nella splendida e dolente sceneggiatura di Lonergan – con Manchester è alla terza regia, Gangs of New York la sua sceneggiatura più illustre -, è un ritornare alle tante gite in barca che Lee faceva con il fratello e il nipote, alle serate con gli amici, ad un carattere gioviale, ad un uomo legatissimo alla famiglia, il presente è soprattutto costruire tra animosità e diffidenze i nuovi rapporti con il ragazzo che tanto appare sicuro di sé (spavaldamente fa di tutto per mostrare quanto si goda la vita, tra sport e musica e l’andare e venire tra due bellezze locali da portarsi a letto senza troppi ripensamenti) quanto più cova dentro un’infelicità e un’insicurezza emozionale che lo fanno rassomigliare a lui. Lonergan costruisce con tempi lunghi – e in un paesaggio rannuvolato che ti riporta a certe immagini di Hopper, con i suoi fari sulla costa e le case di legno – due esistenze che tentano di prendere una nuova strada, lo fa in modo intenso, mattone dopo mattone allinea sguardi, disperazioni e attimi di allegria, tentativi faticosi e speranze che sbocciano in un semplice gioco tra i due con una palla da tennis trovata vicino alla spazzatura.

E il futuro potrà essere diverso, più leggero. Soprattutto in un gioco che mai lascia avvertire ripetitività o stanchezza alterna i due momenti temporali, in un fluire di ricordi che portano alla scena madre dell’incontro tra il protagonista e la ex-moglie, in un carico di emozioni di cui anche Lee è capace, in una ricerca di affetti che non può avere spazio. Manchester non cerca grandi azioni, è soffocato nelle parole, è tutto giocato in sottotono, le piccole cose non dette ogni giorno risultano la sua spina dorsale, e le sei nomination agli Oscar nelle principali categorie (migliori film, regia e sceneggiatura originale, attore protagonista, attore e attrice non protagonista) sono andate in questa direzione di grigiore esistenziale. Della scrittura s’è detto, la regia sottrae in maniera estremamente misurata, Casey Affleck ritrova tutta quella bravura che ce lo aveva fatto apprezzare in L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, costruendo un bel personaggio, indimenticabile, fatto di ombre e di luci, compatto in quel suo più completo annientamento. Da non dimenticare le prove del giovane Lucas Hedges, di piena maturità, e di Michelle Williams, un piccolo ruolo che abbraccia con perfetta precisione lo sguardo del regista. Un mare di musica, uno specchio musicale che corre tra presente e passato e non soltanto, un avvicinare Händel a Bob Dylan, Massenet e Albinoni a Ray Charles, una coinvolgente colonna sonora intorno alla tragedia e alla redenzione di un uomo solo.

La Baìo di Sampeyre, si replica giovedi’ grasso

Baìo, Baìo…. il grido di libertà e di pace dell’antica festa alpina risuona forte e alto in tutte le borgate di Sampeyre per il carnevale 2017, anche se è un carnevale molto atipico, senza coriandoli, maschere, botti e fuochi. Anticamente la Baìo era una cerimonia primaverile propiziatoria dei nuovi raccolti ma con il passar del tempo si è trasformata nella rievocazione, tra storia e leggenda, delle incursioni dei saraceni in Val Varaita avvenute nel X secolo e la loro cacciata da queste montagne. Baìo è un termine occitano che tra le sue origini da “Badia”, come si chiamavano nel medioevo i gruppi giovanili mascherati che organizzavano simili manifestazioni, ma oggi con la parola Baìo si intende una festa di libertà e di unione nel mese di carnevale con i suoi tanti partecipanti e ammiratori. E da dieci secoli, ogni 5 anni, le borgate di Sampeyre, Villar, Rore e Calchesio formano una milizia popolare e tutti gli uormini armati di fucili, sciabole, asce, mannaie e fiaschetti di vino, respingono i Mori arrivati dalle coste della Provenza. Il Saraceno è un mito ricorrente nei carnevali europei e un po’ ovunque si incontrano mori, turchi, arabi, cioè il nemico da mettere in ridicolo nelle feste in costume. Come qui, ai mille metri di Sampeyre, dove domenica scorsa si è svolta la seconda giornata della Baìo sotto un cielo terso e in un clima quasi primaverile. Oltre 400 i figuranti con in testa gli Abà, i capi milizia, incaricati di dare la caccia ai terribili maomettani che, pur indeboliti dalla sorprendente reazione dei valligiani, ancora infestano le valli terrorizzando donne e bambini. Il grido..baìo baìo…lanciato spesso dai partecipanti alla sfilata diventa sempre più forte e coinvolge anche gli spettatori (erano presenti centinaia di persone e molti turisti francesi ) e vuol essere un inno alla libertà e all’unione della popolazione locale dopo lo scampato pericolo. Gli uomini in armi di tutte le borgate inseguono i saraceni che tentano di bloccare i montanari ostruendo i sentieri con tronchi d’albero. Ogni figurante ha un suo ruolo e, nei costumi indossati, ciò che risalta sono i nastri di seta che abbelliscono abiti e copricapi. Ci sono i Cavalìe, la cavalleria dei valligiani, il Tambourn con un lungo bastone alla testa del corteo, c’è Arlequin, una specie di servizio d’ordine con fare burlesco, ci sono le Sarazine e le Segnourine, appena liberate dalla violenza saracena, i Tambourin che ritmano la marcia e l’assalto ai Mori, i Sapeur con le accette per spezzare gli alberi a terra, i Morou, i Turc e il Cantinìe che non fa mancare il buon vino.. .giovedi’ grasso l’ultima sfilata con i processi al Tesoriere della Baìo accusato di voler scappare con il tesoro della comunità. La Baìo di Sampeyre tornerà fra 5 anni. 

Filippo Re