CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 688

Gli archi della Scala a Pinerolo

Il prossimo concerto dell’Accademia di musica di Pinerolo  vedrà protagonista il Quartetto d’Archi della Scala con Claudio Voghera.

Formazione tra le più blasonate sulla scena mondiale, il Quartetto d’Archi della Scala martedì 21 marzo alle 21:00 regala agli abbonati della stagione concertistica dell’Accademia di Musica di Pinerolo (viale Giolitti, 7) un’occasione di ascolto da non perdere, come l’integrale cameristica di Schumann, iniziata la scorsa stagione. Su di loro Riccardo Muti ha scritto “Un quartetto di rara eccellenza tecnica e musicale, (…) La bellezza del suono e la preziosa cantabilità, propria di chi ha grande dimestichezza anche con il mondo dell’opera, ne fanno un gruppo da ascoltare con particolare gioia ed emozione”. Nel corso degli anni, il Quartetto d’Archi della Scala è stato protagonista di importanti eventi musicali e significative registrazioni che hanno alimentato una corposa discografia. Numerosi sono stati i loro concerti, sia in Italia che all’estero, con pianisti del calibro di Bruno Canino, Jeffrey Swann, Angela Hewitt, Paolo Restani e Bruno Campanella. Claudio Voghera, collega nel Trio Johannes con Francesco Manara e Massimo Polidori, collabora abitualmente con il Quartetto della Scala mettendo a disposizione delle varie formazioni la sua grande e luminosa esperienza di camerista.

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La Stagione è stata realizzata con il sostegno della Compagnia di San Paolo (maggior sostenitore) nell’ambito della Scadenza Unica 2016 Performing Arts e di Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Piemonte, Città di Pinerolo, con il patrocinio della Città di Pinerolo e il contributo di Galup. Il nostro grazie va anche alla sempre preziosa sponsorizzazione tecnica di Piatino Pianoforti e Yamaha Musica Italia.

”Navigare nel segno”

“Navigare nel segno” è il titolo della mostra che sarà visitabile dal 31 marzo all’11 aprile presso la Galleria di “Arte Città Amica”, al civico 15 di via Rubiana a Torino. Quattro gli artisti che esporranno le loro opere:Renzo Foglietta, Ubaldo Rodari, Sissi Sardone e Rocco Zappalà, tuttiappartenentiallAssociazione “Il Brunitoio” di Griffa (Vb). I primi due sono esponenti di quella che è la tradizione  grafica, fatta di segni e figurazioni classiche. Renzo Foglietta è oltre che un esperto incisore anche un acquerellista e illustratore con una vasta e quarantennale esperienza espositiva. Viceversa, Ubaldo Rodari  – direttore artistico nonché conduttore delle attività di laboratorio de “Il Brunitoio” – è un’importante incisore con un lungo elenco di mostre in Italia e all’estero ( Svizzera, Francia, Giappone). Per l’altra coppia di giovani artisti la ricerca va oltre il segno, dove all’incisione e alle sue regole s’accompagnano tecniche particolari, espressioni pittoriche e concettuali  di una personale ricerca. Sissi Sardone ha alle spalle una ricca attività incisoria e da acquerellista, con una propensione per le tecniche monotipiche mentre Rocco Zappalà –poco più che trentenne – si serve dell’incisione per esprimere le sue ricerche sperimentali che rendono originale la sua produzione artistica e pittorica. Tutti e quattro legati a doppio filo con “Il Brunitoio”, associazione culturale di notevole prestigio, ospitata nell’ex-cappellificio “Panizza”, splendido esempio di archeologia industriale sul lago Maggiore, saranno ospitati dalla “consorella” associazione torinese che persegue le stese finalità.

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La mostra sarà aperta fino all’11 aprile con i seguenti orari: feriali e sabati, dalle 16.00 allle 19.00 ( chiuso il lunedì). Per info:mail:info@artecittaamica.it / tel.011/7717471-7768845.

 

Marco Travaglini

A “Leggermente” Scurati incontra i lettori

Il passato in punta di piedi A LEGGERMENTE, ANTONIO SCURATI INCONTRA I SUOI LETTORI 23 marzo 2017, ore 18.00 Biblioteca Civica Villa Amoretti – Corso Orbassano 200, Torino

E’ una storia narrata a bassa voce quella di Leone Ginzburg, del suo rifiuto a chinare la testa al fascismo; la storia di un uomo mite dalla schiena dritta, di un grande intellettuale, della sua e di altre famiglie, raccontata con delicatezza da Antonio Scurati. Il tempo migliore della nostra vita è il libro scelto dai gruppi di lettura di Leggermente, il progetto di lettura condivisa che da sette anni riunisce sotto il segno delle parole, autori e lettori in incontri che, più delle classiche presentazioni, hanno il sapore dei dialoghi tra amici su un’esperienza comune. Antonio Scurati, i suoi lettori e chi voglia trascorrere del tempo a parlare di parole e di pagine si incontreranno il prossimo 23 marzo alle ore 18.00, presso la Biblioteca Civica Villa Amoretti, in Corso Orbassano 200 a Torino. Leggermente è il progetto di lettura condivisa della Fondazione Cascina Roccafranca e delle Biblioteche Civiche Torinesi, in collaborazione con la Circoscrizione 2, la Libreria Gulliver e la Fondazione della Comunità di Mirafiori che riunisce i lettori di ogni età. Diverse sono le iniziative promosse all’interno di Leggermente: dai laboratori per insegnare ai nonni a raccontare le fiabe ai nipotini, alle classi delle scuole del territorio che leggono, incontrano gli autori, si sfidano in gare tra la pallavolo e la letteratura, ai gruppi di lettura, la vera spina dorsale del progetto.

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IL LIBRO

Il tempo migliore della nostra vita Antonio Scurati. Ed. Bompiani Leone Ginzburg rifiuta di giurare fedeltà al fascismo l’8 gennaio 1934. Pronunciando apertamente il suo “no”, imbocca la strada difficile che lo condurrà a diventare un eroe della Resistenza. Un combattente mite, integerrimo e irriducibile che non imbraccerà mai le armi. Mentre l’Europa è travolta dalla marcia trionfale dei fascismi, questo giovane intellettuale formidabile prende posizione contro il mondo servile che lo circonda e la follia del secolo. Fonderà la casa editrice Einaudi, organizzerà la dissidenza e creerà la sua amata famiglia a dispetto di ogni persecuzione. Questa è la sua storia vera dal giorno della sua cacciata dall’università fino a quello in cui è ucciso in carcere. Nel racconto rigoroso e appassionato con il quale Scurati le rievoca, accanto a quella di Leone e Natalia Ginzburg, scorrono però anche le vite di Antonio e Peppino, Ida e Angela, i nonni dell’autore, persone comuni nate negli stessi anni e vissute sotto la dittatura e le bombe della Seconda guerra mondiale. Dai sobborghi rurali di Milano convertiti all’industria ai vicoli miserabili del “corpo di Napoli”, di fronte ai fucili spianati, le esistenze umili di operai e contadini, artisti mancati e madri coraggiose entrano in risonanza con le vite degli uomini illustri. Accostando i singoli ai grandi eventi, attraverso documenti, fotografie e lettere, ricordi famigliari e memoria collettiva, Antonio Scurati resuscita il nostro passato.

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I PROSSIMI APPUNTAMENTI DI LEGGERMENTE

7 aprile, ore 18.00 – Cascina Roccafranca Serata dedicata a Elena Ferrante

20 aprile, ore 18.00 – Biblioteca Civica Villa Amoretti Una specie di felicità – Francesco Carofiglio, ed. Piemme

Tutti gli amori di Cristiana Maffucci

Anche Luciana Littizzetto ha condiviso il divertente video dell’attrice: https://youtu.be/UKDfDufROns

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La torinese Cristiana Maffucci, attrice e psicologa, è stata l’unica tra i comici, a superare le audizioni di “Italia’s got Talent”, sorprendendo pubblico e giuria con la sua freschezza e con la sua spontaneità. Vincitrice di prestigiosi riconoscimenti come il “Premio Alberto Sordi” nel 2011 e il “Premio Walter Chiari” nel 2012, la Maffucci brilla per intelligenza e autoironia e ci insegna che per riuscire ad amare gli altri dobbiamo, innanzitutto, imparare ad amare noi stessi, una lezione che molto spesso dimentichiamo. La incontriamo per parlare della sua carriera, dei suoi successi, del video “Non è mai troppo tardi per amare se stessa” e di una collaborazione iniziata tre anni fa con il mondo del pattinaggio artistico, grazie all’intuizione dell’Ice Club Torino di far dialogare sport e recitazione.

Cristiana Maffucci, attrice e psicologa. Quale delle due passioni è nata per prima?

“Sarebbe come cercare di stabilire se sia nato prima l’uovo o la gallina! Direi che sono nate insieme e sono proseguite parallelamente: l’una ha aiutato l’altra a crescere e a rafforzarsi. Fin da bambina ho sempre avuto una passione per la comicità. Ero la “buffoncella” di casa, mi piaceva fare le imitazioni, le battute nascevano spontanee e amavo il teatro. A 17 anni ho deciso di iscrivermi a Teatranza e ho seguito corsi di recitazione. Durante quegli anni il mio direttore artistico mi ha spinta a sviluppare il mio lato comico. Nel frattempo, proseguivo gli studi, mi diplomavo e decidevo di iscrivermi alla Facoltà di Psicologia, dedicandomi ad una disciplina che mi aveva colpita e interessata. Ho continuato a studiare recitazione e a frequentare l’Università. Nel 2003 sono entrata in una compagnia teatrale amatoriale e, successivamente, ho fatto un provino e ho iniziato a lavorare con la Compagnia Comica di Giorgio Molino, proseguendo la collaborazione per 10 anni. Spinta da un’amica, quasi per caso, ho iniziato a scrivere testi comici e ho vinto il Premio “Aquilegia Blu” nel 2004 e sono arrivata in finale al Festival della Comicità femminile. Nel corso degli anni ho imparato a differenziare teatro e cabaret e a sfruttare la psicologia nei miei spettacoli”.

E, oltre a cabaret, teatro e televisione, hai ricoperto un ruolo in un film di un grande maestro del cinema italiano, Dario Argento. Un’esperienza diversa dalle altre…

“Sì un’esperienza formativa, legata ad un momento particolarmente doloroso della mia vita. Avevo perso mia madre da qualche giorno quando sono stata contattata dall’agenzia per ricoprire un ruolo in “Giallo” di Dario Argento. In quel momento drammatico il mio primo impulso è stato quello di chiedere qualche giorno per pensarci. E’ stato mio padre a spingermi ad accettare, dicendomi che mia madre avrebbe voluto che cogliessi l’occasione e proseguissi la mia carriera. Lavorare con Dario Argento, con Adrien Brody, sia pure in un ruolo minore, è stato importante per me”.

Arriviamo a qualche giorno fa e ad “Italia’s got Talent. Hai superato le audizioni e hai conquistato pubblico e giuria.

“Da 17 anni sono un’attrice e da 10 anni faccio cabaret. Quando, a maggio dello scorso anno, sono stata contattata dalla redazione di “Italia’s got Talent” ho espresso qualche dubbio sulla possibilità di riuscire ad esprimere me stessa in un monologo di pochi minuti. Mi sembrava difficile riuscire a comunicare in un tempo tanto limitato. Devo confessare che il risultato ottenuto con i giusti tagli mi ha sorpresa, come mi sorprendono le visualizzazioni (quasi 2 milioni), le persone che mi scrivono, che mi cercano, che mi fanno i complimenti. Io vengo da un mondo circoscritto, da un’atmosfera solipsistica come quella del teatro e questo successo inaspettato, a prescindere da come andrà la gara, mi ha colpita. L’affetto del pubblico è stato travolgente, incredibile. Il messaggio che ho cercato di trasmettere è molto semplice, ma, al tempo stesso, estremamente importante: dobbiamo imparare ad amarci perché soltanto partendo da noi stessi riusciremo ad amare veramente gli altri”.

Teatro, cabaret, cinema, televisione e pattinaggio… Da tre anni ha iniziato una collaborazione con l’Ice Club Torino. Com’è nato questo rapporto?

“Il rapporto con il mondo del pattinaggio è nato grazie a mio marito che è un allenatore dell’Ice Club Torino. Edoardo De Bernardis, allenatore e coreografo, mi ha proposto di tenere stage ai loro ragazzi per aiutarli ad interpretare i programmi anche attraverso le espressioni del viso, i movimenti delle braccia. Da circa tre anni tengo due stage di recitazione: uno in inverno e uno durante l’estate e quest’anno parteciperò anche al ritiro estivo. Mi hanno chiesto di entrare a far parte del loro gruppo e mi ha fatto un immenso piacere”.

Lavora soltanto con la squadra agonistica o anche con i bambini e i ragazzi dei corsi?

“Lavoro a più livelli. Sia con i gruppi amatoriali, sia con i bambini e naturalmente anche con la squadra agonistica e gli atleti della Nazionale. Con i piccoli è più facile perché non si vergognano e si lasciano andare. Con i ragazzi più grandi è stato un processo in divenire. All’inizio, per esempio, Giada Russo che è una splendida pattinatrice, mi diceva: “Non ce la farò mai”. Lasciarsi andare è difficile. Con il tempo tutti hanno fatto grandi progressi. Una pattinatrice molto talentuosa che, proprio per la sua giovane età, è riuscita a seguirmi con una facilità maggiore è Lucrezia Beccari. Si vergogna meno e trova più semplice abbandonarsi ai miei insegnamenti e alla mia guida”.

Come si inserisce un’attrice in un mondo di allenatori, coreografi, sportivi come quello dell’Ice Club Torino?

“Sono stata accolta in modo meraviglioso. Tra tutti i membri dello staff dell’Ice Club c’è un incredibile rispetto. Ciascuno contribuisce a creare qualcosa ed è responsabile del proprio pezzettino. Io lavoro sull’espressione e metto a disposizione la mia professionalità, esattamente come fanno allenatori, coreografi, insegnanti di danza, preparatori e tutti coloro che fanno parte del gruppo. Penso che Claudia Masoero e Edoardo De Bernardis abbiano cercato di creare un team che possa preparare al meglio, sotto tutti gli aspetti, i pattinatori. E’ un’enorme soddisfazione poterne fare parte”.

 

Barbara Castellaro

Per tre giorni riapre il Parlamento Subalpino

Da venerdì 17 a domenica 19 marzo, in occasione della Giornata dell’Unità nazionale, il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano riaprirà alla visita del pubblico, dopo circa 30 anni, la Camera dei deputati del Parlamento Subalpino.

Si tratta dell’unica aula parlamentare rimasta integra in Europa tra quelle nate con le rivoluzioni del 1848 ed è riconosciuta monumento nazionale dal 1898. Qui si svolse l’attività legislativa del regno sardo tra l’8 maggio 1848 e il 28 dicembre 1860. Dal 1938, anno del trasferimento del Museo a Palazzo Carignano, la Camera Subalpina divenne parte integrante dell’esposizione. Dopo gli importanti interventi di restauro del 1988 e del 2011, che ne hanno garantito la conservazione, non è più stata accessibile. I visitatori normalmente possono ammirarla da un ampio affaccio esterno che ne consente la visione di insieme.

Perché dunque questa decisione di riaprire anche se solo per pochi giorni e in occasioni particolari la Camera Subalpina? Oltreché consentire l’accesso diretto a uno dei luoghi in cui si svolse una parte fondamentale dell’unificazione italiana, l’impegno quotidiano del Museo è quello di stimolare la cultura alla cittadinanza attiva e la condivisone dei valori collettivi. Offrire al pubblico questa opportunità vuole dire adempiere anche a tale obiettivo e cogliere le radici delle dinamiche che regolano la nostra identità di oggi. L’evento rientra nell’ambito del progetto Il Museo alla luce che si propone di sviluppare una più moderna e competitiva offerta culturale, al centro della quale è prioritaria una sempre maggiore attenzione per il visitatore. In tal senso valorizzare tale importante bene culturale significa favorire un senso di affezione e familiarità verso l’istituzione museo, come uno dei luoghi di eccellenza dove imparare e sperimentare davvero l’appartenenza ad un territorio e alla sua storia. L’iniziativa si realizza con il patrocinio e il sostegno del Consiglio regionale del Piemonte: “Abbiamo sostenuto con entusiasmo la riapertura al pubblico di questo meraviglioso gioiello, cuore pulsante della vita politica del nostro paese dichiara il presidente del Consiglio regionale Mauro Laus – I piemontesi, visitando l’aula, avranno la possibilità di ricordare il percorso che ci ha resi italiani. Mi emoziona sempre molto pensare che le prime tappe di tale percorso siano state compiute qui a Torino, in Piemonte.”

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Breve storia della Camera dei deputati del Parlamento Subalpino

L’aula della Camera dei deputati subalpina è l’unica rimasta integra in Europa tra i parlamenti nati dopo le rivoluzioni del 1848, e monumento nazionale dal 1898. In origine era il salone d’onore al piano nobile del palazzo dei principi di Carignano, progettato da Guarino Guarini ed edificato tra il 1679 e il 1683. Qui si svolse l’attività legislativa del regno sardo tra l’8 maggio 1848 e il 28 dicembre 1860. Promulgato lo Statuto albertino si pose infatti il problema di dove collocare in tempi strettissimi le due aule parlamentari. Per il Senato fu scelto Palazzo Madama, per la Camera il vasto spazio ellittico del salone di Palazzo Carignano. A due settimane di distanza dalla proclamazione dello Statuto, la stesura del progetto fu affidata, il 18 marzo 1848, a Carlo Sada. In cinquanta giorni fu realizzata la trasformazione dell’antico salone ovale in una sala ad anfiteatro con i seggi dei deputati posti a semicerchio dinanzi al banco del presidente e dei segretari. La prima seduta, con l’inaugurazione della prima legislatura, avvenne l’8 maggio intorno alle 13. Dal giorno seguente le sedute proseguirono regolarmente e furono aperte a pubblico, mentre erano in corso le ultime rifiniture. Rimaneggiamenti dell’aula si resero necessari quando aumentarono i deputati con le annessioni, tra il 1859 e il 1860, prima della Lombardia, poi dell’Emilia e della Toscana, fino a quando col progredire dell’unificazione al Centro e al Sud, l’antico salone d’onore dei principi di Carignano divenne troppo piccolo. All’architetto Peyron fu affidato l’incarico di realizzare un’aula provvisoria nel cortile, mentre veniva avviato l’ampliamento del Palazzo verso piazza Carlo Alberto, per collocarvi l’aula definitiva del Regno d’Italia.L’aula della Camera ellittica fu chiusa, ma non smantellata; subito le si riconobbe il carattere di monumento nazionale, ratificato poi da un decreto del 4 marzo 1898 in occasione del cinquantenario dello Statuto. Nel 1911 per i cinquant’anni del Regno vi si tenne una seduta straordinaria. Dal 1938, anno del trasferimento a Palazzo Carignano, l’aula della Camera entrò a fare parte dell’allestimento del Museo Nazionale del Risorgimento, che ne preservò negli anni la conservazione e manutenzione. In tale prospettiva dall’importante operazione di restauro, svolta nel 1988, l’aula della Camera non è più stata accessibile al pubblico. Un nuovo restauro venne compiuto nel 2010-2011 in occasione del riallestimento del Museo, con un ampio affaccio da un soppalco, per permettere ai visitatori di ammirare la Camera subalpina al centro del percorso museale.

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Informazioni pratiche

Nelle giornate del 17, 18 e 19 marzo il Museo Nazionale del Risorgimento sarà aperto come di consueto dalle ore 10 alle ore 18. Dopo aver visitato le prime quindici sale, il pubblico sarà accolto davanti alla Camera dei deputati del Parlamento Subalpino e accompagnato al suo interno a piccoli gruppi da una guida. Potrà poi proseguire la visita alle rimanenti sale dell’esposizione. Non sono previste maggiorazioni sul prezzo del biglietto di ingresso: varranno le consuete

“Coraggio…musica”, le canzoni partigiane della Band Del Pian Cavallone

S’intitola “Coraggio..musica!” il Cd della Band Del Pian Cavallone che propone testi e canzoni della lotat di Liberazione. La Band Del Pian Cavallone (il nome del gruppo è un omaggio alla “banda” del comandante partigiano Nino Chiovini che fu tra i primi a iniziare la resistenza sui monti del Verbano) è composta da Flavio Maglio (Voce),Renato Pompilio (Chitarra), Giancarlo Ellena (Sax),Fabio De March (Basso),Andrea Cocco (Batteria) e si avvale dell’attrice Silva Cristofari come voce recitante. I musicisti, tutti della zone della sponda piemontese del lago Maggiore, sono diplomati di conservatorio e docenti in scuole statali  e private a indirizzo musicale. “Il nostro è un omaggio a musicisti, poeticantori noti e meno noti che hanno sfidato l’oppressione, con responsabilità hanno scelto di ascoltare la propria coscienza e si sono ribellati “, spiega Flavio Maglio. “ Una selezione di brani composti da grandi musicisti storici, da partigiani e da giovani autori nostrani contemporanei riarrangiati facendo riferimento a generi, ritmi, sonorità ed esperienze che ci hanno accompagnato nella nostra vita professionale. L’impronta dominante appartiene al jazz e allo swing con sconfinamenti alla bossa nova e al pop-rock anni ’60”. Tutti i brani di questo progetto – che gode del sostegno dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – sono presentati e arricchiti da brevi introduzioni e da pieces recitate. L’opera si persta anche per dei veri e propri recital e, tra gli autori illustri delle quattordici canzoni che compongono il Cd,  ci sono Ella Fitzgerald, Dario Fo, Gianni Rodari, Sergio Liberovici, Sergio Endrigo, Trilussa.  “La parte centrale del nostro lavoroè dedicata ai canti che riguardano le vicende partigiane  appartenenti al Piemonte nord orientale e alla Lombardia nord occidentale, attorno al bacino del Lago Maggiore, alle Prealpi e alle Alpi, le montagne che furono teatro della lotta di liberazione”, afferma Maglio. La musica , del resto, è da sempre la voce dei territori e – come sostengono quelli della “Band del Pian Cavallone”  serve a dare testimonianza di un percorso di ricerca e di esperienze storico  musicali vissute per soddisfare il bisogno di ‘fare memoria’, con l’intento di mantenere vivi i principi ed i valori che hanno animato e animano ancor oggi i ‘resistenti’ cercando di attualizzarli attraverso un linguaggio musicale contemporaneo. La “Band” il prossimo 21 aprile ( alle ore 21) salirà sul palco del centro Sant’Anna a Pallanza (Vb) per il primo appuntamento di “Coraggio…Musica!” che nei prossimi mesi li porterà a percorrere diverse tappe con il loro  spettacolo di narrazione musicale.

Marco Travaglini

Il motto dell’Artiglieria Italiana: “Sempre e Dovunque”

“Mi chiedo: nel 2018 ricorre il centenario della Vittoria della Grande Guerra. Con quale faccia noi Artiglieri d’Italia celebreremo sul Piave la Battaglia del Solstizio, al cospetto dei nostri Cauti ed Eroi? col motto sbagliato?”

Gent.mo Direttore,

già lo scorso anno pubblicai un’accurata ricerca su l’origine del motto dell’Artiglieria Italiana che, ripeto, è Sempre e Dovunque e che risale al R.D. 13 luglio 1849 di Vittorio Emanuele II. Tutte le altre versioni, Sempre ed Ovunque e Sempre e Ovunque, sono frutto di errate trascrizioni successive, che possono essere avvenute anche in buona fede. Quando però oggi si insiste a ripeterlo, perde tale aspetto di buona fede per assumere quello di caparbietà di parte.

Quindi, per quegli “ultimi giapponesi” dell’ A.N.Art.I. – per la verità assai pochi – che non si arrendono all’evidenza e rimangono arroccati sulle loro posizioni per non doversi smentire, invio le foto di alcuni reperti storici (medaglie, lapidi, monumenti, etc.) che i nostri “accurati”predecessori – come ebbe a chiamarli il nostro Presidente Nazionale per confutare il mio dire – ci hanno lasciato.

Le fotografie (qui ne pubblichiamo solo alcune) riportano scritto il motto. Ma andiamo per ordine.

reperti associativi A.N.Art.I.nastro A.P.A.I. – 1927, custodito dalla Sez. Provinc. di Torino;medaglia commemorativa del Raduno Interregionale Torino – Vercelli del ‘936;

medaglia commemorativa del 7° Raduno Nazionale di Palermo del 1939;

medaglia commemorativa dell’inaugurazione del Monumento all’Artigliere da Montagna in Torino;

monumenti, lapidi, altro.

monumento all’Artiglieria corazzata – Caserma Scalise VC;lapide bronzea – Caserma Tukory di Palermo;

francobollo commemorativo del 5°Regg.to Artiglieria.

Già lo scorso anno ebbi a dimostrare come il motto in argomento Sempre e Dovunque sia a larga maggioranza ripetuto sui vari decreti di conferimento della decorazioni alla Bandiera dell’Arma di Artiglieria. Solo una volta invece compare l’Ovunque, ma è da precisare che trattasi di un duplicato di decreto – datato 25 luglio 1914 – che riporta però ben evidente in alto a destra il timbro DUPLICATO.

Pubblicai inoltre la foto dell’ingresso principale del Comando della Scuola di Artiglieria di Bracciano, con sopra il solito motto ed infine evidenziai come anche il giornale Associativo L’ Artigliere, riportasse – fino a fine anni settanta, allorquando assunse l’attuale formato di rivista – il sottotitolo SEMPRE E DOVUNQUE, sia in epoca monarchica che repubblicana.

 

Oggi però, a parte tutte le disquisizioni, l’autorevole conferma del vero motto dell’Artiglieria Italiana lo si apprende da due alte Istituzioni dell’Esercito Italiano: l’Accademia Militare di Modena, primo istituto di formazione dei futuri Ufficiali- sia dell’Esercito Italiano sia dei Carabinieri- e il Comando Artiglieria e Ispettorato dell’Arma:

la prima custodisce, nel “Tempio della Gloria” di Palazzo Ducale la lapide bronzea della Medaglia d’oro al V.M. concessa all’Arma di Artiglieria per il suo valore, la sua perizia, il suo sangue prodigati nella 1^ Guerra Mondiale;il secondo con i decreti di conferimento delle decorazioni alla Bandiera relativi alla 1^ Guerra Mondiale e alla Guerra d’Etiopia del 1935, mostrati al seminario di Artiglieria del maggio 2016.

Ad abundantiam, nel frattempo è giunta la risposta della Segreteria della Reale Casa di Savoia ad una mia richiesta- sempre in merito al motto- che avevo inoltrato il 29 set. 2016 a S.A.R. Amedeo di Savoia, 5° Duca d’Aosta, nella considerazione che la tradizione sabauda prevedeva che il primogenito del Duca fosse Artigliere, come lo furono S.A.R. Emanuele Filiberto, il Comandante dell’Invitta 3^ Armata, che da Colonnello aveva comandato il 5° Reggimento Artiglieria e Suo figlio S.A.R. Amedeo II di Savoia, l’Eroe dell’Amba Alagi, che si arruolò a 16 anni volontario nella 1^ Guerra Mondiale come Artigliere e successivamente, nel 1931, comandò il 23° Reggimento da Campagna con sede a Trieste.

Per la verità Sua Altezza Reale, con biglietto a Sua firma, mi aveva già risposto l’8 ottobre da San Rocco dicendo di non potere, al momento, essermi d’aiuto per vari motivi di trasloco, essendo il suo archivio depositato in casse a Firenze, al momento di difficile consultazione. Pur tuttavia la ricerca non e stata messa da parte e il 12 febbraio ho avuto la bella sorpresa di avere altra autorevole risposta circa il motto, come riportato nella lettera sottostante.

Concludo auspicando che la Presidenza Nazionale A.N.Art.I. torni, senza indugiare oltre, alle origini. E poi mi chiedo: nel 2018 ricorre il centenario della Vittoria della Grande Guerra. Con quale faccia noi Artiglieri d’Italia celebreremo sul Piave la Battaglia del Solstizio, al cospetto dei nostri Cauti ed Eroi? col motto sbagliato? Il Decreto riproposto dal Comando Artiglieria, la Lapide dell’Accademia Militare e la risposta della segreteria del Duca d’Aosta docent.

Gen. Luigi Ghezzi

Delegato. A.N.Art.I. Piemonte e Valle d’Aosta

 

“Omaggio a Franca Rame” all’Auditorium di Rivalta


Il nuovo Auditorium di Rivalta (To), intitolato a Franca Rame, prende vita: domenica 19 Marzo, alle 16.00 nella sala di viale Cadore, l’inaugurazione.
E la scelta dello spettacolo – promosso da Assemblea Teatro –  per celebrare l’evento non poteva essere che quello dedicato alla grande attrice, indimenticabile compagna d’arte e di vita del “sommo giullare”, Dario Fo. “Franca. Omaggio a Franca Rame” del Collettivo Artistico “Realisti Visionari”,raccoglie tre storici monologhi quali “Una donna sola”, “Abbiamo tutti la stessa storia”, “Lo stupro”, ed è uno spettacolo che rivolge lo sguardo verso il cuore e l’anima della grande interprete e autrice, esempio di donna combattiva sul fronte delle battaglie per i diritti civili. Si tratta di uno studio portato avanti per anni da Roberta La Guardia, su una delle figure più importanti e carismatiche del panorama teatrale del ‘900. Il tutto si è concretizzato in una messa in scena forte, delicata e sensibile, su di un tema quanto mai attuale quale la violenza sulle donne. Lo spettacolo giunge a Rivalta dopo i successi in Italia e all’estero, dove è stato rappresentato,tra l’altro,  a Liverpool e Manchester. Uno spettacolo dal sapore internazione quindi, per inaugurare la nuova sala di Viale Cadore, intitolata ad una figura di spicco dell’universo teatrale, in Italia e nel Mondo. Roberta La Guardia, giovane interprete e regista è reduce da numerose esperienze, in Italia e all’estero. Nel 2014 l’incontro con Dario Fo e Iacopo Fo, che autorizzarono ufficialmente la realizzazione dello spettacolo.

M.Tr.

Oggi al Cinema

Le trame dei film nelle sale di Torino

A cura di Elio Rabbione

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Autopsy – Horror. Regia di André Ovredal, con Olwen Kelly, Emile Hirsch e Brian Cox. Un pluriomicidio nello stato della Virginia, già tre cadaveri dinanzi agli occhi della polizia locale quando in uno scantinato viene rintracciato quello di una ragazza, nuda, senza apparenti ferite sul corpo. Ma l’autopsia affidata a padre e figlio titolari di un obitorio-crematorio presenterà parecchie orribili sorprese. Durata 99 minuti. (Uci)

 

Ballerina – Animazione. Regia di Eric Summer e Eric Warin. Félicie vive in un orfanotrofio in Bretagna. Un giorno fugge per raggiungere la Parigi della Belle Epoque, nella speranza di veder realizzato il suo sogni di diventare una étoile dell’Opera. Con lei l’amico Victor: il suo sogno è quello di diventare un famoso inventore. Durata 89 minuti. (Greenwich sala 3, Massaua, Uci)

 

Beata ignoranza – Commedia. Regia di Massimiliano Bruno, con Alessandro Gassman e Marco Giallini. In una scuola italiana, Ernesto e Filippo, un professore di italiano e uno di matematica, il primo chiuso nelle proprie tradizioni e contrario a quanto l’uso della Rete gli possa offrire, il secondo è perennemente connesso al web, sempre a caccia di colleghe, adorato dagli alunni. Un passato non facile da dimenticare ha anche visto una donna indecisa tra i due. E se oggi il gioco delle parti cambiasse e le idee e gli interessi dell’uno diventassero quelli dell’altro? Durata 102 minuti. (Uci)

 

La Bella e la Bestia – Fantasy. Regia di Bill Condon, con Emma Watson, Emma Thomson, Kevin Kline, Stanley Tucci e Dan Stevens. Bella finisce prigioniera nel castello governato da un giovane principe tramutato in bestia come punizione del suo cuore senza sentimenti e per il suo egoismo. Fa amicizia con i servitori anch’essi divenuti un candelabro, un pendolo, una teiera, un clavicembalo, uno spolverino. Insieme a loro, saprà guardare al di là dell’aspetto orribile del principe che a sua volta svelerà un animo gentile. Durata 129 minuti. (Massaua, Eliseo Grande, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space anche in 3D, Uci anche in V.O.)

 

Bleed – Più forte del destino – Drammatico. Regia di Ben Younger, con Aaron Eckhart e Miles Teller. La storia del pugile italo-americano Vincenzo “Vinny” Pazienza, cinque titoli mondiali in tre diverse categorie, vittima di un grave incidente d’auto quando aveva appena conquistato il titolo mondiale dei Superwelter. I medici che lo seguono continuano a ripetergli che un solo colpo sul ring lo manderebbe a terra, con il pericolo di non camminare mai più. Ma il ragazzo trentenne non può vivere senza la nobile arte e si affida ad un nuovo coach. Durata 117 minuti. (Ideal, The Space, Uci)

 

Il diritto di contare – Drammatico. Regia di Theodore Melfi, con Octavia Spencer, Janelle Monàe, Taraji P. Hanson e Kevin Kostner. Una storia vera, tre donne di colore nella Virginia degli anni Sessanta, orgogliose e determinate, pronte a tutto pur di mostrare e dimostrare le proprie competenze in un mondo dove soltanto gli uomini sembrano poter entrare e dare un’immagine vittoriosa di sé. Una valente matematica, un’altra che guida un gruppo di “colored computers”, la terza aspirante ingegnere, senza il loro definitivo apporto l’astronauta John Glenn non avrebbe potuto portare a termine la propria spedizione nello spazio e gli Stati Uniti non avrebbero visto realizzarsi il proprio primato nei confronti dei russi. Durata 127 minuti. (Ambrosio sala 1, Centrale (V.O.), Due Giardini sala Nirvana, Romano sala 3, The Space, Uci)

 

Jackie – Drammatico. Regia di Pablo Larraìn, con Natalie Portman, Peter Sarsgaard, Billy Crudup e John Hurt. I giorni che seguirono all’uccisione di Kennedy a Dallas, la ricostruzione dell’attentato, i ricordi e le immagini che invasero il mondo, il tailleur rosa di Chanel sporco di sangue, il ritorno a Washington e il trasloco dalla Casa Bianca, la lotta di una donna ormai sola contro l’establishment e la sua volontà indomita perché al presidente venissero fatti grandi, imponenti funerali di stato. Al centro della vicenda, di ogni inquadratura è la Jackie di Natalie Portman a raccontare quei giorni ad un giornalista di “Life Magazine”. Durata 99 minuti. (Ambrosio sala 3, Reposi)

 

Kong: Skull Island – Avventura. Regia di Jordan Vogt-Roberts, con Tom Hiddleston, Brie Larson, John Goodman, Samuel Jackson e John J. Reilly. Ennesima rivisitazione del mito King Kong, una spedizione ambientata nel 1973 allorché le truppe americane abbandonarono il disastrato Vietnam. Una spedizione voluta dalla scienziato Randa e diretta verso una misteriosa isola, guidata da un ex capitano inglese, con al seguito una fotografa pacifista, un pilota recluso nell’isola dai tempi della fine del conflitto mondiale, il comandante di una squadriglia di piloti di elicotteri che come tutti gli altri se la dovranno vedere con l’immenso mostro. Un budget da far tremare le vene e i polsi, un paio d’anni per preparazione e lavorazione, tra Hawai, Australia e Vietnam: per il gran divertimento degli aficionados si prevede una trilogia. Durata 118 minuti. (Massaua, Greenwich sala 2, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

John Wick 2 – Azione. Regia di Chad Stahelski, con Keanu Reeves, Riccardo Scamarcio, Claudia Gerini e Laurence Fishburne. Nuova avventura per il killer cinofilo, questa volta è il cattivo Scamarcio a richiamarlo in azione con il compito dell’eliminazione della sorella Gerini che ha tutte le intenzioni di mettere completamente le mani sulla malavita italiana. La città che fa da sfondo all’azione è Roma. Durata 122 minuti. (Lux sala 3, The Space, Uci)

 

La La Land – Musical. Regia di Damien Chazelle, con Ryan Gosling e Emma Stone. La storia di due ragazzi in cerca di sogni realizzati e di successo, lui, Sebastian, è un pianista jazz, lei, Mia, un’aspirante attrice che continua a fare provini. Si incontrano nella Mecca del Cinema e si innamorano. Musica e canzoni, uno sguardo al passato, al cinema di Stanley Donen e Vincent Minnelli senza tener fuori il francese Jacques Demy, troppo presto dimenticato. E’ già stato un grande successo ai Globe, sette nomination sette premi, due canzoni indimenticabili e due attori in stato di grazia, e adesso c’è la grande corsa agli Oscar, dove la storia fortemente voluta e inseguita dall’autore di “Whiplash” rischia di sbaragliare alla grande torri gli avversari: 14 candidature. Durata128 minuti. (Reposi)

 

Lego Batman – Il film – Animazione. Regia di Chris McKay. I mattoncini famosi in tutto il mondo si uniscono in questo film, tra citazioni cinematografiche e precisi riferimenti, da Robin al maggiordomo Alfred, da Batgirl al prode Batman che imparerà a valorizzare i rapporti affettivi cancellando il trauma che ha determinato la sua vita. Durata 104 minuti. (Uci)

 

Logan – The Wolverine – Fantasy. Regia di James Mangold, con Hugh Jackman, Richard Grant e Patrick Stewart. Un film di congedo, un eroe che depone i propri artigli e vive quasi segregato in un luogo sperduto del Messico, accudendo al suo anziano mentore, il professor Xavier, con la compagnia di un mutante che di nome fa Calibano e vorrebbe uscire dalle pagine della “Tempesta” shakespeariana. Ma c’è un’ultima avventura da combattere, accanto ad una giovanissima Laura che ha gli stessi poteri di Logan. Durata 131 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

Loving – Drammatico. Regia di Jeff Nichols, con Joel Edgerton e Ruth Negga. La storia vera di Richard e Mildred, ambientata sul finire degli anni Cinquanta nello stato della Virginia, lui bianco e lei di colore, il loro amore e il matrimonio a Washington, il loro ritorno per essere arrestati e condannati per aver violato una legge che proibiva i matrimoni interrazziali, l’intervento di Bob Kennedy, il caso davanti alla Corte Suprema per arrivare nel ’67 alla libertà di matrimonio libero nell’intera nazione americana. Durata 123 minuti. (Centrale in V.O., F.lli Marx sala Groucho, Romano sala 2, Uci)

 

La luce sugli oceani – Drammatico. Regia di Derek Cianfrance, con Michael Fassbender, Alicia Vikander e Rachel Weisz. Il regista, già apprezzatissimo autore di “Blue Valentine” e “Come un tuono”, è rimasto folgorato dal romanzo della scrittrice australiana M.L. Stedman e ha affidato al cinema un’opera che dalla sua prima apparizione a Venezia ha diviso i critici come pochi film lo hanno fatto prima. Vedremo come reagirà il pubblico. Un uomo colpito dalle ferite che la Grande Guerra gli ha inferto s’è rifugiato in un’isola lontana, a guardia di un faro, il suo incontro con una donna che lo riporta alla vita, i figli che non possono avere, il ritrovamento in mare di una piccola creatura, l’apparire della vera madre e distrugge tutti i sogni di un destino felice. Insomma un gran mélo, innegabile, che qualcuno appunto ha accolto come un capolavoro e che qualcuno al contrario ha bocciato in modo assoluto e definitivo, accusando di ridicolo situazioni e personaggio, pollice verso per attrici che hanno al loro attivo degli Oscar e considerate qui vittime di un racconto dove nulla sarebbe credibile. Durata 132 minuti. (F.lli Marx sala Chico, Lux sala 1, Reposi)

 

Mamma o papa? – Commedia. Regia di Riccardo Milani, con Paola Cortellesi e Antonio Albanese. Valeria, ingegnere, e Nicola, ginecologo, dopo tre lustri di matrimonio, hanno deciso di divorziare. Noia, arrivismo, nuovi compagni, le offerte di lavoro che arrivano dall’estero, tutto collabora a far naufragare l’unione. Anche i loro figli sono tre e di loro nessuno dei due ha intenzione di occuparsi. Durata 98 minuti. (Uci)

 

Manchester by the sea – Drammatico. Regia di Kenneth Lonergan, con Casey Affleck, Michelle Williams e Lucas Hedges. Film in corsa per gli Oscar, sei candidature (miglior film e regista, sceneggiatura originale e attore protagonista, attrice e attore non protagonista), un film condotto tra passato e presente, ambientato in una piccola del Massachusetts, un film che ruota attorno ad un uomo, tra ciò che ieri lo ha annientato e quello che oggi potrebbe farlo risorgere. La storia di Lee, uomo tuttofare in vari immobili alla periferia di Boston, scontroso e taciturno, rissoso, richiamato nel paese dove è nato alla morte del fratello con il compito di accudire all’adolescenza del nipote. Scritto e diretto da Lonergan, già sceneggiatore tra gli altri di “Gangs of New York”. Durata 135 minuti. (Nazionale sala 1)

 

Mister Universo – Commedia. Regia di Tizza Covi e Rainer Frimmel, con Tairo Caroli, Wendy Weber e Arthur Robin. Qualcuno ha privato il giovane domatore Tairo del suo portafortuna, un ferro piegato a U che, quand’era piccolo, gli aveva regalato il celebre Mister Universo Arthur Robin. Il ragazzo, con l’amica Wendy, si mette in viaggio alla ricerca dell’antico amico. Durata 90 minuti. (Classico)

 

Moonlight – Drammatico. Regia di Barry Jenkins, con Naomi Harris, Mahershala Ali e Trevante Rhodes. Miglior film secondo il parere della giuria degli Oscar, film teso, crudo, irritante. La storia di Chiron – suddivisa in tre capitoli che delimitano infanzia adolescenza ed età adulta del protagonista – nella Miami povera, tra delinquenza e droga, prima solitario e impaurito dalla propria diversità colpita dai pregiudizi, infine spacciatore che non ha paura di nulla e che sa adeguarsi al terrificante e violento panorama che lo circonda. Attorno a lui una madre tossicomane, un adulto che tenta di proteggerlo, un giovane amico. Durata 111 minuti. (F.lli Marx sala Chico, Nazionale sala 2)

 

Omicidio all’italiana – Commedia. Regia di Maccio Capatonda, con Capatonda, Herbert Ballerina, Nino Frassica e Sabrina Ferilli. Succede qualcosa di strano nel solitario paesano abruzzese di Acitrullo, dimenticato davvero da Dio e dagli uomini: un omicidio. Perché non sfruttare la situazione, si chiede il sindaco Piero Peluria, mentre arrivano folle di curiosi e soprattutto la televisione con la sua bella trasmissione “Chi l’acciso?”. Durata 99 minuti. (Reposi)

 

Il padre d’Italia – Drammatico. Regia di Fabio Mollo, con Luca Marinelli e Isabella Ragonese. Lo strano incontro tra Paolo, omosessuale introverso, e Mia, ragazza “quasi-madre” al sesto mese di gravidanza, in un locale gay di Torino. Inizieranno un lungo viaggio, fino a Roma prima per proseguire fino a Napoli e in Calabria, terra d’origine della ragazza: durante quei giorni trascorsi uno accanto all’altra nasceranno dei sentimenti cui mai nessuno avrebbe pensato. Durata 93 minuti. (Massimo sala 2)

 

Questione di Karma – Commedia. Regia di Edoardo Falcone, con Fabio De Luigi, Elio Germano, Eros Pagni, Isabella Ragonese e Stefania Sandrelli. Giacomo è l’erede di una grande famiglia di industriali, ha perso il padre quando aveva quattro anni. Suicidio. Continuando a sentire la mancanza di una presenza e di una guida, s’affida all’antico pensiero della reincarnazione, vedendo nel truffatore Mario l’uomo che da sempre sta cercando. Nulla di più redditizio per costui che non può che assecondare le volontà di Giacomo. Ma quali saranno gli esiti? Durata 90 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

Rosso Istanbul – Drammatico. Regia di Ferzan Ozpeteck, con Halit Ergenç, Nejat Isler e Serra Yilmaz. Il regista turco torna a girare nella sua patria, a vent’anni di distanza dal “Bagno turco” e da “Harem Suaré”, ancora una volta avvolto nel suo realismo magico, con una storia che ha le proprie radici (rivisitate) nel romanzo omonimo, a cavallo dell’autobiografia, e che vede il ritorno a Istanbul da una Londra culla d’esilio dello scrittore Orhan richiamato dal regista Deniz al ruolo di editor per una sua nuova opera letteraria. Ma Deniz all’improvviso scompare e Ohran viene a contatto con il mondo di lui, con i suoi amici, con il suo passato. Malinconie, la realtà del quotidiano, i cambiamenti della Turchia, il passato e il presente che si guardano e si confrontano, le “madri del sabato” alla ricerca dei figli scomparsi. Durata120 minuti. (Eliseo Rosso, Romano sala 1)

 

Il tesoro – Commedia. Regia di Corneliu Porumboiu, con Toma Cuzin e Radu Banzaru. Siamo a Bucarest. Un vicino di casa di Costi va da lui e lo mette al corrente che nel proprio giardino è seppellito un tesoro, è stato suo nonno a nasconderlo prima dell’arrivo del comunismo. Ci vorrebbe un metal detector, lui non ha i soldi per acquistarlo: ma se Costi volesse intervenire, al termine della ricerca farebbero senz’altro a metà. Si apre davanti ai due uomini un lungo, lunghissimo fine settimana. Durata 89 minuti. (Classico)

 

The Great Wall – Avventuroso – Regia di Zhang Yimou, con Matt Damon, Tian Jing e Willem Dafoe. Banco di prova per coproduzioni cino-statunitensi, un gruppo di sceneggiatori hollywoodiani, un regista tra i più acclamati, un divo: ma sembra che il gioco non abbia funzionato. Una vicenda che gira intorno alla Grande Muraglia, costruita per mettere al riparo non soltanto il grande paese ma altresì il resto del mondo da orde di creature dall’aspetto animalesco in vena di enormi distruzioni. Stupisce che un regista come Yimou (“Lanterne rosse”) si sia addentrato in una simile avventura, tra kolossal e arti marziali. Durata 103 minuti. (Uci)

 

The Ring 3 – Horror. Regia di Javier Gutiérrez, con Johnny Galecki e Mathilda Lutz. Una giovane donna comincia a preoccuparsi per il suo ragazzo quando lo vede interessarsi ad una oscura credenza che riguarderebbe una videocassetta misteriosa che si dice uccida dopo sette giorni chi la guarda. Durata 102 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

T2 Trainspotting – Drammatico. Regia di Danny Boyle, con Ewan McGregor, Robert Carlyle, Jonny Lee Miller e Ewen Bremmer. Il precedente “Trainpotting” aveva lasciato Mark Renton scappava con il malloppo, abbandonando i compagni in un un mare di rabbia, di droga e di sballo. Non tutti l’hanno digerita. La nuova puntata di quel film che è diventato un cult vede il nostro nel tentativo di riallacciare i contatti, e per quanto si può in vera pace, con loro rimettendo piede a Edinburgo. Quello che non ha proprio voglia di incontrare è Begbie (Carlyle), appena uscito di galera, il più legato al mondo di un tempo. Durata 117 minuti. (Greenwich sala 1)

 

Un tirchio quasi perfetto – Commedia. Regia di Fred Cavayè, con Danny Boon e Laurence Arnè. François Gautier, violinista, è noto per la sua tirchieria. Detestato da tutti, incontrerà una donna pronta ad amarlo e una figlia di cui non aveva conoscenza. Grande successo in Francia grazie alla comicità di Boon noto da noi per il suo divertente personaggio protagonista di “Giù al nord”. Durata 89 minuti. (Ambrosio sala 2, Eliseo Blu, F.lli Marx sala Harpo anche V.O., The Space, Uci)

 

Vedete, sono uno di voi – Documentario. Regia di Ermanno Olmi. La storia di un religioso, di un uomo del nostro tempo attraverso gli occhi di uno tra i registi più limpidi del nostro cinema. Le memorie, i racconti, le parole, gli atti di Carlo Maria Martini, per conoscere come questo importante uomo della Chiesa cattolica ha vissuto, fedele alla propria vocazione e ai propri ideali. Durata 80 minuti. (F.lli Marx sala Chico)

 

Vi presento Toni Erdman – Commedia. Regia di Marin Ade, con Peter Simonischek e Sandra Hüller. Un padre davvero sui generis che, abbandonando la sua vera identità di Winfried per assumere quella del titolo, compare all’improvviso a Bucarest dove la figlia, donna in carriera solitaria e senza uno straccio di relazione amorosa a farle da supporto in un’esistenza senza troppe luci e molte ombre, sta trattando un grosso affare. Un rapporto e una storia fatti di comicità e di tenerezza, un incontro che scombussola, un chiarimento di intenti e di futuro. Durata 162 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, Massimo sala 1 anche V.O.)

 

La “Camilleri spagnola” è una ironica eterna ragazza

di Laura Goria

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Alicia Giménez Bartlett, la “Camilleri spagnola”, arriva a Torino e con i suoi noir – protagonista l’ispettrice Petra Delicado- fa registrare il pienone al Circolo dei Lettori.

Lei è una simpaticissima signora che usa l’ironia non solo nei suoi gialli, ma anche come arma per affrontare la vita, e non perde occasione per sfoderare intelligenza e battute argute. In poche parole, è idillio con il pubblico. E’ una scrittrice a tutto campo, capace di passare dalle “novelas negras” con poliziotta sui generis (e il suo vice Fermin Garzon) a romanzi di grande spessore, come “Exit”, “Una stanza tutta per gli altri” e l’ultimo “Uomini nudi”, sulla prostituzione maschile; tutti fiori all’occhiello dell’editore Sellerio. Con il suo italiano spagnoleggiante parla volentieri di sé e delle sue opere, racconta aneddoti…e chi già ama i suoi libri non può che innamorarsi anche di lei.

Sottolinea come una volta i gialli fossero considerati letteratura di serie B; mentre oggi la loro qualità è cambiata, con maggiore attenzione all’interiorità. «Il giallo permette di parlare dei problemi della gente normale, che così torna ad essere protagonista» ci dice.

Perché ambienta i suoi gialli proprio a Barcellona e non, per esempio, a Madrid?

«Barcellona presenta una serie di caratteristiche ottimali: è sul mare, ha una precisa piramide sociale con al vertice l’alta società, a scalare verso i poveri in basso. Poi ha molti   immigrati ed è una città tutto sommato piccola, ma con tanti sguardi differenti. Invece Madrid è più grande con quartieri molto più mescolati e maggiori difficoltà per trovare uno scenario che attiri i lettori».

Dove nasce l’ispirazione per le trame dei suoi libri, sia gialli che romanzi?

«Nella società: osservo le persone, ascolto come parlano dei loro problemi, constato come tutti siano coinvolti da preoccupazioni simili. Vedo un po’ com’è l’atmosfera generale e sociale. E riscontro che siamo in un momento storico terribile, in cui mancano valori e solidarietà».

 

E’ vero che raccoglie molti spunti nei bar?

«Si, lì c’è un’umanità varia, basta stare a guardare. Ma non prendo appunti, piuttosto memorizzo molto».

Un aneddoto?

«Una volta un oste consigliò un piatto dicendo “questo resuscita i morti” e un signore rispose “va bene, purché non sia Francisco Franco” (ndr. il generalissimo, dittatore spagnolo dal 1939 fino alla sua morte nel1975) Ecco questa è l’ironia del mio paese».

Anche i suoi gialli ne sono intrisi, che ruolo ha nella sua vita?

«Enorme. Sono ironica con me stessa, nelle cose che faccio quotidianamente, nelle mie relazioni con gli altri, a partire da quelle con i figli. L’ironia è un tesoro meraviglioso, diffuso soprattutto nel sud Europa».

Quanto c’è di Alicia nell’ispettrice Petra Delicado?

«Non sono io. Rispetto a me lei è molto più coraggiosa, si arrabbia di più, è più pratica, non ha paura di offendere gli altri …e poi…non invecchia mai, mentre io si».

Come passa dai noir ai romanzi?

«Penso che tutti gli scrittori abbiamo delle storie in testa che trovano il loro momento ideale per venire fuori. E’ la storia che impone la sua forza. Quando sono triste, stanca e magari ho appena scritto un romanzo, sento il bisogno di tornare a Petra e di due parole sconce…ecco questo mi fa sorridere. Ho provato a scrivere due libri contemporaneamente, ma non sono così schizofrenica, per me è troppo difficile, direi impossibile».

Il suo ultimo romanzo “Uomini nudi” parla di strip tease e prostituzione al maschile, da dove arriva l’idea ?

«Con un’amica ho visto uno strip tease maschile in un locale di Barcellona, frequentato da donne che ci vanno in gruppo per fare festa e divertirsi. Così ho indagato questo fenomeno socialmente nuovo».

Praticato da chi?

«In Spagna si dicono “ragazzi da compagnia”: sono giovani, abbastanza belli, colti, educati, ragazzi normali che non hanno trovato altre possibilità di guadagno. Si spogliano in pubblico ma possono anche essere i compagni di una cena, da presentare agli amici, e con cui poi magari passare la notte. Le donne che li pagano sono sempre di una classe sociale elevata e ricche: cercano compagnia, la possibilità di essere accolte in società con al fianco uno più giovane. E’ la dimostrazione che le cose sono cambiate; anche le donne cercano di non sfracellarsi più in relazioni amorose serie. Esiste la prostituzione e alcune che ne fanno uso».

Il titolo è una metafora?

«Si, siamo tutti nudi: di fronte ad un grande problema si vede come siamo nel profondo, il nostro modo di affrontare la vita».

Oggi in Spagna quanto è ampio il divario tra aspirazioni ed effettivi sbocchi lavorativi?

«E’ terribile ed è un problema generazionale e generale. I giovani che hanno studiato e si sono preparati, trovano davanti un muro. Molti vanno all’estero, altri svolgono lavori al di sotto delle loro aspettative professionali».

Cos’è per lei scrivere, ed è vero che se passa qualche giorno lontana dal computer è di pessimo umore?

«Lo sostiene mio marito che a volte mi dice “Vai a scrivere che sei insopportabile”. Non ne sono   cosciente, forse è perché quando scrivo sono sola con me stessa e i miei pensieri, senza dover correre indaffarata in continuo movimento. Questa pausa introspettiva è molto importante, a volte ho proprio bisogno di starmene completamente da sola… e la scrittura è   questo».

Ha detto che per essere scrittori è necessario che la letteratura sia la cosa più importante della vita, ma che lei non ne sarebbe capace. Allora cosa conta di più?

«La vita in se stessa. Mi piace osservare la natura, gli animali, l’amore. La vita è piena di possibilità e pensare che sia importante solo il tuo libro, la tua carriera o l’idea di scrivere un capolavoro, ecco tutto questo per me non è stato possibile. Perché io ho voglia di vivere».

 

Ha avuto 2 mariti, 2 figli naturali e 2 acquisiti; come si è trovata nella famiglia allargata?

«Mi sono divertita parecchio. Adesso sono adulti ma quando erano piccoli, e in alcuni periodi stavano tutti con noi, ridevano, scherzavano…in vita mia non ho mai cucinato tanto così, ma ero contenta ed è stata un’esperienza positiva».

Che effetto fa essere definita la “Camilleri spagnola”?

«Una volta un giornalista si sbagliò definendomi “la Camilleri italiana”; l’editore mi chiamò divertito annunciandomi che non ero più… solo… la Camilleri spagnola, ma anche italica. E’ chiaro che per me è un onore. Lui è un maestro e scrive tantissimo; io non ho la stessa agilità e facilità. E non ci siamo mai conosciuti, pur essendo entrambi autori della Sellerio».

Chi è Alicia Giménez Bartlett?

«Una ragazza che è diventata vecchia senza accorgersene».

Il prossimo libro?

«Dopo 5 anni avevo bisogno di tornare a Petra. Sto scrivendo la sua nuova avventura e la consegnerò all’editore a fine estate. Questa volta parlerò di un assassino seriale, anche se rendere la storia verosimile è piuttosto impegnativo»