CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 648

Ruggeri. Opere su carta (dal 1958 al 2008)

Lo Spazio Don Chisciotte di Torino ricorda il pittore torinese 

 

Fino al 22 dicembre

Non opere minori. Né “ancillari” a quelle eseguite su tela. Intensamente vive di vita propria. Prorompenti. Graffianti. Pagine libere di incontenibile esaltazione cromatica, sintesi naturale e perfetta fra grafie di nervosa gestualità e marcate – mai appesantite e ingombranti – stesure di colore, impossibili o comunque più difficili da realizzare attraverso interventi con colori a olio su tela. Sono le “opere su carta” realizzate in cinquant’anni di attività -dal 1958 al 2008- da Piero Ruggeri (Torino, 1930 – Avigliana, 2009), cui la Fondazione Bottari Lattes, in collaborazione con la Fondazione Piero Ruggeri dedica un’attenta rassegna ospitata, fino al prossimo 22 dicembre, nelle sale dello Spazio Don Chisciotte di via della Rocca a Torino. Una trentina i lavori esposti, accompagnati da un testo critico di Francesco Poli, curatore della mostra, il cui obiettivo è anche quello di riportare l’attenzione su tempere o tecniche miste realizzate dall’artista su supporto cartaceo e che da troppi anni non venivano esposte a Torino. Di importanza fondamentale, assimilabili agli oli su tela e, come questi, spesso di grandi dimensioni. Anch’esse opere “roventi”, come s’è scritto più in generale della pittura di Ruggeri che, insieme a Sergio Saroni e a Giacomo Soffiantino, fu maestro nobile di quell’arte informale maturata sotto la Mole negli anni ’50 (dopo gli studi all’Accademia Albertina, allievi di Enrico Paulucci) ma di visione e portata internazionale che guardava all’Europa con Nicolas De Stael e soprattutto all’America con i padri dell’espressionismo astratto De Kooning e Gorky; opere, come sottolinea Francesco Poli, in cui “l’artista – rimanendo fedele agli schemi, alle accensioni cromatiche, agli automatismi gestuali, alle articolazioni spaziali e ai contrappunti ritmici del suo tipico stile informale – attraverso le tempere arriva a realizzare delle composizioni caratterizzate da una più immediata freschezza segnica e tonale e da una particolare lievità espressiva”. In una quasi maniacale e inarrestabile attenzione alla materia fatta di bianchi, rossi, arancioni, gialli e verdi e fondi neri (in campiture non di rado monocromatiche), che mai esclude però l’urgenza del segno. Il colore non basta a raccontare quei frammenti di paesaggio, di realtà naturale, di boschi e colline, che Ruggeri va a ricercare e a ritrovare scavando e graffiando i grumi della materia per tenerne viva la memoria e la suggestione. Ecco allora l’azione dirompente del disegno. Che libera il paesaggio dall’ossessione delle luci e delle ombre. Dei chiari e degli scuri. Nell’armonioso equilibrio de “Le seye”, o nel verde “Fogliame”, tecniche miste del 2007 e dell’87, così come in quel rosso acceso de “L’incendio”, tempera su carta del 2007, che mette i brividi in corpo. Dai “grovigli” e dai segni graffianti, nascono le figure e la visione di un universo naturale che Ruggeri ancor di più imparò forse ad amare e a sentire suo, quando nel ’71 da Torino si trasferì ai Battagliotti di Avigliana. Nei pressi di un bosco. Protagonista di molte sue opere. Da ricercare. Da scovare. Da liberare nell’intensità dei colori e dei profumi. In fondo aveva proprio ragione l’amico e compagno d’avventura artistica (almeno per un tratto di strada) Giacomo Soffiantino: “Volevamo identificarci – raccontava – tramite la materia con una forma che partiva dal vero ma che poi raggiungeva una sintesi che lambiva il mistero, per noi la vera opera d’arte in quanto andava oltre la rappresentazione”. E del suo essere, pur sempre, “pittore figurativo” ( o pittore alla ricerca di una chiara, per quanto possibile, figurazione) ragionava così anche lo stesso Ruggeri, quando affermava: “…in fondo anche De Stael e Gorky non hanno mai rinnegato di partire da un dato reale… Perché forse questo mio bianco non è quello delle betulle? Io sono venuto su dentro le ninfee di Monet, non posso negarlo, ma anche Monet disfaceva la materia sino all’informale, pur sempre delle ninfee erano. Io sono convinto che anche l’arte astratta sia figurativa, come potrei non pensarlo?”.

 

Gianni Milani

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“Ruggeri. Opere su carta (dal 1958 al 2008)”

Spazio Don Chisciotte, via della Rocca 37/b, Torino; tel. 011/1977.1755 o www.fondazionebottarilattes.it

Fino al 22 dicembre

Orari: mart. – sab. 10,30/12,30 e 15/19

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Nelle foto

– “Composizione”, tempera su carta, 1985
– “La collina n. 2”, tecnica mista su carta, 2006
– “Le seye”, tecnica mista su carta intelata, 2007
– “Interno in rosso”, tecnica mista su carta, 2003

Tocca Ferro!

Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce

Folletti e satanassi, gnomi e spiriti malvagi, fate e streghe, questi sono i protagonisti delle leggende del folcklore, personaggi grotteschi, nati per incutere paura e per far sorridere, sempre pronti ad impartire qualche lezione. Parlano una lingua tutta loro, il dialetto dei nonni e dei contadini, vivono in posti strani, dove è meglio non avventurarsi, tra bizzarri massi giganti, calderoni e boschi vastissimi. Mettono in atto magie, molestie, fastidi, sgambetti, ci nascondono le cose, sghignazzano alle nostre spalle, cambiano forma e non si fanno vedere, ma ogni tanto, se siamo buoni e risultiamo loro simpatici, ci portano anche dei regali. Gli articoli qui di seguito vogliono soffermarsi su una figura della tradizione popolare in particolare, le masche, le streghe del Piemonte, scontrose e dispettose, mai eccessivamente inique, donne magiche che si perdono nel tempo e nella memoria, di cui pochi ancora raccontano, ma se le loro peripezie paiono svanire nei meandri dei secoli passati, esse, le masche, non se ne andranno mai. Continueranno ad aggirarsi tra noi, non viste, facendoci i dispetti, mentre tutti fingiamo di non crederci, e continuiamo a “toccare ferro” affinchè la sfortuna e le masche, non ci sfiorino. (ac)

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9 Tocca Ferro!

Vi è mai capitato di essere sicuri di aver messo un oggetto in un certo posto e poi di non trovarlo più dove lo avevate lasciato? È perché “a j sun le masche”. E quando la macchina è in panne e vi lascia a piedi? Non si tratta di un guasto meccanico, né di sfortuna, è di nuovo colpa loro, delle mascheQueste donne indisponenti non si fanno notare tra la folla, ma ciò non vuol dire che non intervengano nella vita degli altri: fastidi, dispetti, disturbi, giusto qualche piccola modifica al corso comune degli eventi in modo da poter sogghignare, non viste, dietro qualche albero, o sottoforma di un gatto nero con enormi occhi gialli.  Quando si è di fretta e salta un bottone alla camicia, quando non si trova il portafoglio, quando ci si innervosisce di colpo, è perché ci sono le masche, magari non le abbiamo riconosciute, ma sono lì, non viste. Se siamo distratti, anche gli altri possono mostrarcele, per esempio quando sappiamo di dover affrontare situazioni di grande stress o ci ritroviamo di fronte a problematiche insormontabili, qualcuno ci ha fatto vedere le masche; e se per guardarci da qualche individuo furbo e doppiogiochista l’espressione che possiamo utilizzare è furb par d’na masca. Ma come ci si può proteggere da tali malefiche creature? Basta arroventare le catene della stalla e batterle una contro l’altra, la strega si infastidirà e volerà via indispettita, oppure si può circondare la casa con un filo di canapa tessuto da una fanciulla vergine, la serva del Maligno non riuscirà ad avvicinarsi in nessun modo alla dimora. Se vogliamo allontanare diavoli e spiritelli malefici, invece, sarà necessario disporre dei ramoscelli a forma di croce e posizionarli davanti alla porta d’ingresso.  Nel caso la masca vi avesse già adocchiato, potete distrarla mettendo al collo un sacchettino contenente del sale fino, la donna si metterà a contare i granelli e voi potrete sfuggire alla sua persecuzione. Nel caso il “gioiello” non rientri nel vostro look quotidiano, potete mettere delle pietre bianche sul tetto, e la strega volerà sopra altre teste. Potreste trovarvi nella situazione di dovervi disfare di una fattura, allora sarebbe il caso di cercare la vecchia del paese, o almeno del quartiere, e chiederle di pronunciare le giuste formule, e a voi il compito di far bollire per sette volte delle foglie di malva.
Nel caso la maledizione fosse più specifica e la masca avesse voluto gettare il malocchio sul burro, allora mentre cucinate il cibo in questione aggiungete un briciolo di sale, e fate attenzione che non sia né venerdì, né sabato, giorni in cui si tengono i Sabba e diventa difficile contrastare i poteri malefici di masche e satanassi. Tuttavia, la vostra persecutrice, non contenta del fatto di non essere riuscita ad intaccare il burro, potrebbe decidere di avvelenare l’acqua: in questo caso dovreste mettere nell’acqua tre foglie di ulivo pasquale e spruzzare qualche goccia di acqua santa.
Va da sé che nessuno crede più a certe cose, ma è comunque consigliabile non andare vestiti di viola a teatro, gli attori non lo apprezzerebbero. Per sapere se qualcuno ricambia i nostri sentimenti, possiamo sfruttare facebook per spiare i movimenti della persona dei nostri sogni, ma per ulteriore sicurezza si potrebbe prendere una margherita e staccarne i petali canticchiando “m’ama, non m’ama” ad ogni piccolo strappo. Per informazioni più approfondite si potrebbe ricorrere alla crommiomanzia: si intaglia il nome della persona amata su una cipolla, la si interra in un posto umido e, se germoglia, l’amore sarà ricambiato; tuttavia, a seconda della durata del procedimento di fioritura, il sentimento potrà durare in eterno oppure potrà rivelarsi una breve infatuazione. Se cercate lavoro e nessuno ha mai risposto ai numerosissimi curricula che avete inviato, è, forse, perché prima non avete pensato di ricorrere all’ovomanzia. Di sicuro non è vero, ma quando qualcuno passa la scopa, alzate sempre i piedi, altrimenti non vi sposerete più. Quando andate a fare la spesa, non mancate mai di comprare del pane, essenziale per fare la scarpetta nel piatto, ma anche per allontanare gli spiriti malvagi. Questo cibo è da sempre simbolo di vita e, per forza di cose, anche collegato alla morte: è un amuleto contro le disgrazie e gli spiriti, anche di notte deve essercene un pezzetto in giro per la casa, in modo da proteggere chi ci abita e nel caso ci fosse qualche vicino che necessiti di una estrema unzione. Sappiate, inoltre, che il pane non si butta, e che, in tavola, non va mai messo al rovescio, in quanto emblema di Gesù è come se metteste Lui sottosopra. La superstizione che ci fa sorridere nel quotidiano la ritroviamo anche nel mondo dello sport: per esempio nella Formula 1, il numero 13 non viene mai assegnato a nessuna postazione, molti piloti tengono con loro amuleti e porta fortuna, come Niki Lauda, che teneva nel guanto una monetina scaccia-iella. Nel calcio, invece, pensiamo alla leggendaria ala destra del Brasile di Pelè, Manuel Dos Santos, detto il Garrincha, che era solito mettere amuleti e feticci dietro la porta degli avversari, in modo che attirassero il pallone dentro la rete. Del resto, e sottolineiamo che nessuno lo fa perché ci crede, ma a Capodanno chi non indossa l’intimo rosso? Tale usanza affonda le radici nella lontana Cina, dove questo colore veniva utilizzato per tenere lontano lo spirito Niàn, che divorava gli uomini a centinaia; oggi nessuno oserebbe combattere un demone così temibile, ma ci si accontenta di tenere lontano il malocchio, di prevenire le disgrazie e di augurarci che l’anno nuovo possa portare buoni frutti e tanta, tanta fortuna. Rosso è sempre il “cornicello”, il cornetto tipico di Napoli, ma che ormai è diffuso in tutto il mondo. Si tratta di uno dei talismani più antichi ancora in circolazione; esso rappresenta un corno, simbolo collegato alla fortuna e alla fecondità, già i soldati romani erano soliti legarsene uno agli abiti quando andavano in battaglia. L’oggetto deve essere ” tuosto, stuorto e cu’ a punta“, (“rigido, storto, con la punta”), allontana le maldicenze e protegge dal malocchio, importantissimo per le donne incinte, le aiuta nella gravidanza e protegge il nascituro dalle malelingue. Certo è che bisogna essere proprio audaci per affrontare tutti i giorni maledizioni, invidie, masche e spiriti maligni, in aggiunta il traffico che ci fa arrivare tardi a lavoro, il colpo d’aria che ci fa ammalare proprio il giorno del colloquio più importante per l’avanzamento di carriera, il tacco del paio di scarpe preferite che si rompe, il cellulare che fa l’aggiornamento proprio mentre il navigatore ci deve dire se svoltare a destra o a sinistra… e allora viene proprio spontaneo gridare un “tocca ferro!

Alessia Cagnotto

 

Arrivare sulla luna per seppellire una disperazione

PIANETA CINEMA   a cura di Elio Rabbione

 

Un’altra occasione per lavorare insieme per Damien Chazelle (classe 1985) e Ryan Gosling (classe 1980), un’occasione per uscire – ma noi avremmo voluto che quel film non terminasse mai, sequenza dopo sequenza, brano dopo brano, sentimento dopo sentimento, sconfitta dopo sconfitta – dal successo di La La Land e intraprendere un’altra strada. Del tutto diversa. Lasciare una storia “facile” per addentrarsi dentro l’animo batostato dalla vita del primo uomo che pose piede sul suolo lunare. Ed è una scommessa vinta. A Chazelle (finalmente un grande regista dietro la macchina da presa) non interessa dar fiato alle trombe e peccare, fregandosene, di patriottismo, non interessa allunare per piantare la bandiera a stelle e strisce mentre su tutta la terra la sera del 20 luglio del ’69 seicento milioni di persone sono incollate ai televisori e guardano te, gente che sulla terra si sbraccia e gioisce e urla e festeggia: first man è salito sulla luna per ritrovare se stesso, per liberarsi della catastrofe della propria vita, per seppellire, (forse) in maniera definitiva, una figlia, una bambina che non c’è più, che è morta di cancro anni prima, per lasciar cadere in un buco nero di quel terreno un piccolo braccialetto, dove è scritto un nome, per cancellare un dolore che ha guidato e rovesciato un’intera esistenza.

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Sulla sceneggiatura di Josh Singer (The Spotlight e The Post) basata sull’autobiografia raccolta da James R. Hansen, First man di Chazelle racconta nove anni della vita di Neil Armstrong, il dolore e le grandi e tristi prove, gli esperimenti, le cigolanti strutture (qualcosa viene riparato all’ultimo momento anche con un piccolo coltellino svizzero: e tutto appare maledettamente claustrofobico, con i respiri, con i primi piani; come pure quella cucina di casa Armstrong, fotografata da Linus Sandgren come una scatola luminosa circondata dal buio appare come un atomo staccato dal mondo, chiuso in sé) e la morte dei compagni, le esplosioni e la sfida – Chazelle ha cambiato orizzonte, un musicista nel precedente film, oggi un cosmonauta – da superare e gli ordini dei superiori cui sempre obbedire per compiere alla fine quel “piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l’umanità” che avrebbe cambiato la storia. Seguire le opere non facili come voleva Kennedy, ascoltare la voce astiosa dell’uomo di colore che racconta dell’uomo bianco che va sulla luna, costeggiando il Vietnam, tacendo dell’assassinio del presidente, cercare giorno dopo giorno di raggiungere lo scopo: mentre Janet Armstrong vede il suo uomo, scendere sempre di più nei suoi inferi, pronto a scappare di casa per raggiungere la notte che invade il giardino e guardare lassù in alto le stelle, chiuso nelle sue frasi rotte, nel vuoto dei sentimenti, mentre lo obbliga a parlare ai figli prima della partenza, tornerà? non tornerà? (pare di essere ad una conferenza stampa, con il padre che chiede agli increduli marmocchi: “Ci sono altre domande?”) e ai suoi occhi quel viaggio continua ad apparire come quello di una banda di ragazzini che giocano a scalare una montagna. Per gioco. Per fare un gestaccio a quei sovietici pure loro alla ricerca della stessa sfida.

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Sulle note della musica di Justin Hurwitz e dei valzer che ci riportano indietro a Kubrick, la sensibilità e lo sguardo antieroico dell’autore approdano ad un finale rappacificato, con se stessi, con la famiglia, con il mondo: chiuso in un laboratorio dalla quarantena che segue al ritorno a terra, la mano di Neil ora “tocca” attraverso il vetro che ancora li separa quella di Janet, un riavvicinarsi, una carezza contenuta. Un domani.

Ryan Gosling si chiude sempre più a riccio nei propri silenzi, nelle parole dette a fatica, nel suo sguardo spento, necessariamente sottrae spazio e voce al proprio Neil, ma così lo rende vivo, disperato e umano (“Non ti sentirai solo lassù?”, gli chiede il figlio prima di tornare a giocare), ce lo rende “nostro” nel chiuso dell’abitacolo, seguito quanto mai da vicino dalla macchina da presa, spiato in ogni emozione. Accanto, una splendida Claire Foy, percorsa dall’affetto di una moglie, ma anche dalla rabbia e da un’ansia che la incolla al divano di casa mentre una minuscola radio gracida il resoconto dell’avventura per interrompersi all’improvviso, oscurandole in una assai sbiadita tecnologia quell’uomo che ha tentato di salire tanto in alto. Ma Chazelle non si blocca sui contrastanti sentimenti di marito e moglie, segue in ogni commovente sfumatura i compagni di viaggio e d’avventura (Jason Clarke, Corey Stoll, Kyle Chandler, Collins ha le orecchie a sventola di Lucas Haas di Witness, con le paure, con le vomitate dopo le prove di volo, con la morte sempre ad un passo) e le mogli, colte mute di spalle ad aspettare a terra qualcuno che forse non ritornerà più.

Dancing in New York

Festeggia il 10 novembre al Teatro Nuovo i 35 anni di carriera della coreografa torinese

 

La coreografa torinese Adriana Cava festeggia i 35 anni di una brillante carriera al teatro Nuovo di Torino portando in scena sabato 10 novembre prossimo, alle 20.45, al teatro Nuovo, lo spettacolo “Dancing in New York”. La serata si articolerà in un vero e proprio gala’, in cui verranno dapprima premiati cinque giovani danzatori meritevoli di sostegno, con borse di studio dedicate si genitori e familiari di Adriana Cava ed a Germana Erba, grande manager ed impresario teatrale torinese scomparsa nel 2014. Si esibiranno poi la vincitrice del “premio Tesi Adriana Cava”, Letizia marrone, ed il cantante di fama internazionale Fabrizio Voghera, protagonista del musical di Cocciante, Notre Dame de Paris. Nella seconda parte della serata verrà eseguita la nuova produzione ” Dancing in New York” , con la Cava Dance Company protagonista, ovvero la compagnia torinese composta da dodici elementi, affiancati da etoile internazionali quali André de la Roche, Thierry Sirou e Steve La Chance. Già dagli inizi della sua attività la coreografa torinese ha sempre voluto valorizzare la jazz dance. Adriana Cava ha fatto parte per molti anni della Compagnia “I balletti di Susanna Egri; nel 1981 ha fondato un Centro di danza per lo studio della tecnica modern-jazz presso il teatro Nuovo e, contemporaneamente, la Compagnia Jazz Ballet, iniziando la sua intensa attività di coreografa, che l’ha portata a spaziare da registri drammatici ad atmosfere più spettacolari, sfruttando le infine modalità   espressive della danza jazz.

Mara Martellotta

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO A cura di Elio Rabbione   A star is born – Commedia (con musiche). Regia di Bradley Cooper, con Lady Gaga e Bradley Cooper. Grande successo veneziano, osanna dei fotografi sul red carpet, quarta edizione di una storia che ha quasi attraversato un secolo, dal 1937, immortalando sullo schermo di volta in volta Janet Gaynor, Judy Garland e James Mason, certo i più bravi!, Barbra Streisand e Kris Kristofferson. Dal mondo del teatro la vicenda è stata attualizzata e portata in quello della musica, una giovane cantante è portata al successo da un cantante/Pigmalione ormai avviato sul viale del tramonto, alcolizzato, innamorato di lei. Una bella sfida per Cooper per la prima volta dietro la macchina da presa, ma il successo decretato dalle varie uscite in Europa come negli States sta ad affermare che forse la scommessa è vinta. Le canzoni del film da ascoltare e ammirare. Durata 135 minuti. (Massaua, Reposi, The Space, Uci)   Blakkklansman – Azione. Regia di Spike Lee, con John David Washington e Adam Driver. Gran Premio della Giuria a Cannes lo scorso maggio, una storia vera dal protagonista Ron Stallworth nel libro “Black Klansman”. Come costui, poliziotto afroamericano, all’inizio degli anni Settanta riuscì a stabilire un contatto con il Ku Klux Klan, mantenne i contatti con il gruppo telefonicamente e inviò un agente della narcotici, ebreo, a infiltrarsi tra le file degli incappucciati. Lee compone il film non rifacendosi soltanto alla realtà ma integra con filmati d’epoca veri o ricostruiti, chiama il vecchio Harry Belafonte a raccontare di violenze del passato, traccia parellelismi con il presente terminando con i fatti di Charlottesville dello scorso anno, ad un raduno di suprematisti bianchi, alle parole di Trump. Durata 128 minuti. (Ambrosio sala 1)   Disobedience – Drammatico. Regia di Sebastian Lelio, con Rachel Weisz, Rachel McAdams e Alessandro Nivola. Tratto dal romanzo di Naomi Alderman, è un amore al femminile, osteggiato all’interno di una comunità di ebrei ortodossi. Ronit (Weisz), che torna a casa, in un periferico quartiere londinese, per i funerali del padre, decisamente anticonformista, fotografa di moda e di successo oltreoceano, ed Esti (McAdams), timida e riservata, sposata al cugino Dodiv, si ritrovano dopo lungo tempo per riaccendere una passione che non hanno mai dimenticato. Il film è diretto dal cileno Lelio, premiato a Berlino e Oscar quest’anno per “Una donna fantastica”. Durata 104 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, F.lli Marx sala Groucho)   La donna dello scrittore – Drammatico. Regia di Christian Petzold, con Franz Ragowski e Paula Beer. Dal romanzo di Anna Seghers. Con l’avanzare delle truppe tedesche alle porte di Parigi, Georg riesce a fuggire a Marsiglia – una città in cui possono transitare soltanto quelli in grado di dimostrare che ne ripartiranno -, assumendo l’identità dello scrittore Weidel, che si è tolto da poco la vita, nella paura delle persecuzioni. Tra i documenti dell’uomo c’è pure l’assicurazione dell’ambasciata messicana per un visto. Georg ha memorizzato tutte le informazioni contenute nei documenti e spera così di ottenere uno dei pochi passaggi disponibili in nave. Un giorno incontra Marie, una donna misteriosa di cui si innamora. Durata 101 minuti. (Romano sala 3)   Euforia – Commedia drammatica. Regia di Valeria Golino, con Riccardo Scamarcio, Valerio Mastandrea, Isabella Ferrari, Jasmine Trinca, Valentina Cervi e Marzia Ubaldi. Due fratelli diversissimi tra loro, Matteo (Scamarcio) è un giovane imprenditore di successo, spegiudicato, affascinante e dinamico, Ettore (Mastandrea), da poco separato dalla moglie, vive ancora nella piccola cittadina di provincia dove entrambi sono nati e insegna nelle scuole medie. È un uomo cauto, integro, che per non sbagliare si è sempre tenuto un passo indietro, nell’ombra. Sono due persone all’apparenza lontanissime, che la vita obbliga a riavvicinarsi quando Ettore si ammala, non conoscendo la gravità della sua malattia, dal momento che Matteo, prendendosi cura di lui, fa di tutto per tenergliela nascosta. Una difficile situazione diventa per i fratelli l’occasione per conoscersi e scoprirsi, in un vortice di fragilità ed euforia. Durata 115 minuti. (Ambrosio sala 3, Eliseo Rosso, Romano sala 2)   First man – Il primo uomo – Drammatico. Regia di Damien Chazelle, con Ryan Gosling e Claire Foy. Accolto tiepidamente a Venezia dove quest’anno ha aperto la Mostra, il film è l’occasione per rivedere al lavoro la coppia che ha portato al successo “La La Land” – qui la sceneggiatura è basata sul libro di James R. Hansen e firmata da Josh Singer, sue le storie di “The Post” e del “Caso Spotlight”. La storia di Neil Armstrong, il primo uomo a scendere sulla luna, il suo carattere chiuso e ombroso, un esempio di antieroismo, certo non alla ricerca del facile successo, una vita (uno sguardo anche al privato, funestato dalla morte della figlia giovanissima) spesa al raggiungimento di uno scopo (anche il protagonista di “La La Land” aveva il medesimo desiderio, là eravamo nel campo della musica), a partire dal 1969 sino a quella notte del 20 luglio 1969, quando tenne milioni e milioni di spettatori incollati ai televisori in bianco e nero a seguire la sua avventura. Durata 141 minuti. (Massaua, GreenwichVillage sala 1, Ideal, Lux sala 2, Reposi, Uci)   Halloween – Horror. Regia di David Gordon Green, con Jamie Lee Curtis. Michael Myers (creato dalla fantasia di Carpenter), fuggito dal manicomio criminale in cui era rimasto rinchiuso, torna alla ricerca di Laurie Strode, la babysitter che un tempo è riuscita a sfuggirgli, che nel frattempo ha avuto tempo a diventare nonna e restare in pena per la dolce nipotina. Forse per lo scontro finale. Durata 109 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)   Hunter Killer – Azione. Regia di Donovan Marsh, con Gerard Butler, Billy Bob Thornton e Gary Oldman. Tratto dal romanzo “Firing Point”, è la storia di una squadra di NAVY Seals, in mare con il compito di fermare un ammiraglio che nutre parecchie intenzioni di arrivare ad un golpe. Riusciranno i “buoni” a impedirglielo? Durata 121 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)   Gli incredibili 2 – Animazione. Regia di Brad Bird. La famiglia di supereroi, accresciuta del piccolo Jack Jack, ha aspettato 14 anni per riapparire sugli schermi ma ha fatto letteralmente il botto se soltanto si pensa agli incassi da capogiro raccolti nei soli States. Sarà il disegno o la storia pronta a dare una bella spolverata agli ideali americani, sarà il mestiere collaudato del medesimo sceneggiatore/regista, la puntata numero 2 ha incrociato un largo pubblico e gli effetti benefici si dovrebbero risentire anche qui da noi. Questa volta è mamma Helen a salire in solitaria agli onori della cronaca, chiamata a imprese piuttosto ardue che dovrebbero rivalutare i veri valori dei supereroi caduti per qualche guaio commesso in disgrazia. Per cui papà Bob è obbligato a restarsene in casa, a badare ai primi batticuori dell’adolescente Violet, ai primi exploit di Jack Jack che subito rivela poteri inaspettati: ma il cattivo di turno ricomporrà la famiglia nuovamente pronta a nuove avventure. Durata 118 minuti. (Ideal)   Johnny English colpisce ancora – Comico. Regia di David Kerr, con Rowan Atkinson e Olga Kurylenko. La faccia di Mr Bean prestata allo spionaggio supertecnologico e insidioso. Ovvero un attacco informatico mette davanti agli occhi di tutti l’identità di tutti gli agenti britannici, fatta eccezione per il nome del nostro protagonista. Che è richiamato dalla pensione e rimesso in campo per ritrovare l’identità dell’hacker che ha svelato al mondo quella montagna di segreti. Durata 88 minuti. (Uci)   Millennium – Quello che non uccide – Drammatico. Regia di Fede Alvarez, con Claire Foy e Sverrir Gudnason. I personaggi sono quelli inventati dalla penna di Stieg Larsson, ma il titolo in questione lo dobbiamo alla scrittura di David Lagercrantz, scelto dalla famiglia dello scrittore a continuarne l’opera, quando egli morì nel 2004 a 50 anni (alla compagna di Larsson – ci dicono le cronache -, esclusa dall’eredità, restano le prime duecento pagine di un romanzo incompiuto: l’incipit di un prossimo film tutto da sviluppare?). Ancora Lisbeth Salander, che ha prima (nelle produzioni svedesi) avuto il viso di Noomi Rapace e poi (nel rifacimento americano di David Fincher) quello di Rooney Mara: oggi ha quello inatteso di Claire Foy, la Elisabetta II della serie britannica “The Crown”. La hacker è qui alle prese con una organizzazione che si tiene ben stretto un programma informatico, oltre che con il suo doloroso passato famigliare. Il suo ruolo toglie spazio al giornalista Blomkvist, che in precedenza invadeva lo schermo con il peso non indifferente di Daniel Craig. Durata 117 minuti. (Lux sala 1, Reposi, Uci)   Museo – Folle rapina a Città del Messico – Drammatico. Regia di Alonso Ruizpalacios, con Gael Garcìa Bernal e Leonardo Ortizgris. Gli eterni studenti Juan e Benjamin hanno un’idea folle per risolvere la monotonia delle loro vite: depredare il Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico. I due riescono con grande fortuna nell’impresa e trafugano alcuni dei reperti precolombiani più preziosi. Solo la mattina dopo però, quando scoprono che i media stanno descrivendo il loro colpo come un vero e proprio attacco alla nazione, comprendono la gravità e le implicazioni del loro operato. Cercheranno di correre ai ripari. Durata 128 minuti. (Romano sala 1)   Notti magiche – Commedia. Regia di Paolo Virzì, con Mauro Lamantia, Irene Vetere, Giovanni Toscano, Giancarlo Giannini, Roberto Herlitzka, Marina Rocco, Ornella Muti e Paolo Bonacelli. Il punto temporale sono i Mondiali di Italia ’90, quando la Nazionale fu eliminata dall’Argentina ai rigori; lo sguardo pieno d’affetto è su quel cinema nato tre decenni prima e riempito di quei nomi che lo hanno fatto grande e ormai in grande stato confusionale, di decadenza; un futuro forse un po’ ansioso e confuso di tre giovani (una rampolla della Roma bene, un siciliano colto e presuntuoso, un livornese che vorrebbe scalare la vita subito), finalisti al prestigioso premio Solinas, che proprio quella strada del cinema vorrebbero imboccare. Il tutto raccontato nella curiosa cornice del giallo (il produttore che vorrebbe portare sullo schermo la storia di Antonello da Messina scritta dal giovane siciliano finisce in Tevere con la propria macchina), tra le trattorie dove incontri sceneggiatori e registi, con i produttori che accolgono o ingannano. Durata 125 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, Massimo sala 2, Reposi, The Space, Uci)   Il Presidente – Drammatico. Regia di Santiago Mitre, con Ricardo Darin. Scena politica e vita privata per il presidente argentino Hernan Blanco: mentre l’opinione pubblica gli rinfaccia la sua debolezza nel prendere certe decisioni, sempre manovrato da qualcuno al di sopra di lui, deve combattere con i problemi mentali della figlia e con la notizia di certi finanziamenti di qualche anno prima che sta trapelando. Proprio quando si svolge un importante vertice con gli altri paesi sudamericani, deciso a discutere un programma per lo sviluppo dell’intero paese e per sottrarsi in maniera pressoché definitiva dall’influenza statunitense, un vertice dove il presidente brasiliano spinge per lo strappo immediato mentre quello messicano non vorrebbe del tutto sottrarsi alla sfera di influenza dei vicini di casa. Durata 114 minuti. (Classico)   Quasi nemici – Commedia. Regia di Yvan Attal, con Daniel Auteuil e Camélia Jordana. Neïla Salah è cresciuta a Créteil, nella multietnica banlieu parigina, e sogna di diventare avvocato. Iscrittasi alla prestigiosa università di Panthéon-Assas nella capitale francese, sin dal primo giorno si scontra con Pierre Mazard, professore celebre per i suoi modi bruschi, le sue provocazioni e il suo atteggiamento prevenuto nei confronti delle minoranze etniche. La proprio Mazard, per evitare il licenziamento all’indomani di uno scandalo legato a questi suoi comportamenti, si ritroverà ad aiutare Neïla a prepararsi per l’imminente concorso di eloquenza. Cinico ed esigente, il professore potrebbe rivelare di essere proprio il mentore di cui la ragazza ha bisogno, tuttavia entrambi dovranno prima riuscire a superare i propri pregiudizi. Durata 95 minuti. (Nazionale sala 2)                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni – Fantasy. Regia di Lasse Hallstrom e Joe Johnston, con Helen Mirren, Morgan Freeman e Keira Knightley. Tratto dal racconto fantastico di Hoffmann, scritto nel 1816, e il balletto musicato da Čajkovskij quasi un secolo dopo. Come ogni vigilia di Natale, il signor Drosselmeyer e sua figlia Clara si riuniscono con gli altri ospiti nel grande salone della loro casa, per partecipare alla abituale magnifica festa: durante i festeggiamenti però avviene un fatto insolito. Seguendo un filo dorato che attraversa tutti i corridoi della casa, la giovane Clara viene condotta in un mondo magico e sconosciuto, diviso in quattro reami incantati. Durata 99 minuti. (Massaua, GreenwichVillage sala 2, Ideal, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)   Senza lasciare traccia – Drammatico. Regia di Debra Granik, con Ben Foster e Thomasin McKenzie. La storia di una ragazzina adolescente e di suo padre che per anni hanno vissuto di nascosto in Forest Park, un grande bosco alle porte di Portland, in Oregon. Un incontro casuale li porterà allo scoperto, costringendo entrambi ad abbandonare il luogo per essere affidati agli agenti dei servizi sociali. Proveranno ad adattarsi alla nuova situazione, fino a che una decisione improvvisa li porterà ad affrontare un pericoloso viaggio in mezzo alla natura più selvaggia, alla ricerca dell’indipendenza assoluta. Durata 108 minuti. GreenwichVillaga sala 3)   Ti presento Sofia – Commedia. Regia di Guido Chiesa, con Fabio De Luigi, Micaela Ramazzotti e Caterina Sbaraglia. Replay di casa nostra dell’argentino “Se permetti non parlarmi di bambini” uscito tre anni fa. Un padre divorziato, un padre premuroso e attaccatissimo alla propria creatura di dieci anni, che sbarca il lunario vendendo strumenti musicali, innamorato di una donna, Mara, indipendente, dal carattere forte, fotografa in cerca della sua strada, personalissima, che al loro primo appuntamento gli rivela di non volere assolutamente dei bambini, che anzi i bambini, tutti, lei li detesta. Sarà una gara quotidiana per l’imbranato Gabriele a costruire le proprie giornate in funzione della presenza dell’una o dell’altra sua donna, come la sua casa, adattata secondo le circostanze. Tra bugie, sotterfugi, manovre inverosimili, conflitti e soluzioni. Durata 98 minuti. (Massaua, Reposi, The Space, Uci)   Tutti lo sanno – Drammatico. Regia di Asghar Farhadi, con Penelope Cruz, Javier Bardem e Ricardo Darìn. Laura ritorna nel paese della sua infanzia per partecipare alle nozze della sorella. Lasciata anni prima la Spagna per l’Argentina, è sposata con un uomo che non ama più e ha due figli che ama sopra ogni cosa. In Spagna, nella provincia della Rioja, con gli affetti più cari ritrova Paco, l’amore della sua gioventù. L’accoglienza è calorosa, il matrimonio da favola, i festeggiamenti esultanti ma quella gioia lascia all’improvviso il posto alla disperazione. La figlia di Laura viene rapita: una sparizione che fa cadere le maschere in famiglia e nell’intero paese, dove “tutti sanno”. Dal regista iraniano di “La separazione”. Durata 132 minuti. (Eliseo Grande, Nazionale sala 1, The Space, Uci)   Uno di famiglia – Commedia. Regia di Alessio Maria Federici, con Pietro Sermonti, Lucia Ocone, Nino Frassica e Sarah Felberbaum. Mai salvare la vita ad un giovane studente, non perché viene a lezione da te ma perché guarda caso è il figlio di un boss della ‘ndrangheta. La cosa può cambiarti la vita. Succede a Luca, uomo sbiadito ma integerrimo, ancora alla ricerca della propria strada, che sbarca il lunario con qualche lezione di dizione e si fa mantenere in pratica dalla giovane e bella fidanzata. Gli ingranaggi cambiano inevitabilmente, ti ritrovi a esser considerato uno di casa nella casa del padrino, a vederti piovere soldi più del dovuto, a ricevere una macchina in regalo, ad accettare quei compromessi che hai sempre evitato. Durata 97 minuti. (F.lli Marx sala Harpo, Uci)   Venom – Fantasy. Regia di Ruben Fleischer, con Tom Hardy, Riz Ahmed e Michelle Williams. Ancora un prodotto ricavato dai fumetti targati Marvel. Un fior di giornalista, dedito a investigazioni e articoli, mentre indaga sulle malefatte di uno scienziato pazzo, tutto sprazzi e illegalità, viene contaminato da un alieno che si introduce nel suo corpo e ne diventa il doppio. Se ne ricava simpaticamente un misto di bene e di male, di dottor Jeckill e Mr Hyde, con due personaggi che intimamente chiacchierano e discutono tra loro, con l’unica e insomma definitiva aspirazione verso quella giustizia che protegga tutti. Tenersi già pronti per un sequel. Durata 103 minuti. (Uci)   Il verdetto – Drammatico. Regia di Richard Eyre, con Emma Thomson, Fionn Whitehead e Stanley Tucci. Tratto dal romanzo “La ballata di Adam Henry” di Ian McEwan. Mentre il suo matrimonio con Jack vacilla, l’eminente Giudice dell’Alta Corte britannica Fiona Maye è chiamata a prendere una decisione cruciale nell’esercizio della sua funzione: deve obbligare Adam, un giovane adolescente che sta per compiere i diciotto anni, a sottoporsi a una trasfusione di sangue che potrebbe salvargli la via, contro le certezze di genitori che fanno parte dei testimoni di Geova e sono contrari a quella decisione. Contro l’ortodossia professionale, Fiona sceglie di andare a far visita al ragazzo in ospedale.Quell’incontro avrà un profondo impatto su entrambi, suscitando nuove e potenti emozioni in Adam e sentimenti rimasti a lungo sepolti nella donna. Una delle migliori interpretazioni della Thompson, una splendida quanto serrata prima parte del film: quando poi, all’entrata in scena del ragazzo, si intravedono all’orizzonte conflitti amorosi e materni da sempre soffocati, qualcosa nella storia scricchiola, si allunga in dialoghi e giravolte a tratti non necessari, il ritmo s’allenta, il sentimentalismo meno a freno finisce col “rovinare” un bellissimo personaggio femminile cui all’inizio ci eravamo affezionati. Tucci sembra entrato nella vicenda per sbaglio, un altra faccia in un altro luogo. Da vedere comunque. Durata 105 minuti. (Ambrosio sala 2, Eliseo Blu)   Zen – Sul ghiaccio sottile . Drammatico. Regia di Margherita Ferri, con Elena Conti e Susanna Acchiardi. Maia, detta Zen, una ragazza solitaria che vive in un piccolo paese dell’Appennino emiliano, l’unica donna in una squadra di Hockey tutta al maschile, come al maschile sono i suoi sentimenti e i suoi comportamenti. Un giorno Vanessa, fidanzata ad un giocatore della squadra, scappa verso il rifugio della madre di Maia: nasceranno confidenze e soprattutto uno stretto legame tra le due ragazze. Durata 87 minuti. (F.lli Marx sala Harpo)

“World Press Photo”: Lectio di Fabio Bucciarelli

Fu il primo fotografo a immortalare il cadavere di Gheddafi

La sera del 20 ottobre 2011, con un coraggioso click ha fermato la storia e   firmato lo scoop della sua vita. E’ stato infatti il primo fotografo ad immortalare in una casa dei ribelli a Misuraca, con il fiuto e la destrezza del reporter di razza e non pochi rischi per la sua incolumità, il cadavere del Colonnello Muammar Gheddafi. Un’immagine che ha fatto il giro del mondo. Che gli ha dato fama e aperto la strada per i grandi reportages dedicati ai più terribili conflitti e alle crisi umanitarie internazionali. Lui é Fabio Bucciarelli, torinese, 38 anni e una laurea in Ingegneria delle Telecomunicazioni, lasciata quasi da subito a riposare ben nascosta in un cassetto, per dedicarsi alla passione totalizzante per la fotografia. Sarà lui il prossimo ospite di “World Press Photo”, la mostra internazionale di fotogiornalismo portata nel capoluogo piemontese dall’Associazione C.I.ME.Culture e Identità Mediterranee e ospitata, fino a domenica 18 novembre, negli spazi dell’ex-Borsa Valori di Torino. Sicuramente fra i grandi nomi della fotografia italiana, ma anche giornalista e scrittore, Bucciarelli terrà una public lecture, sabato prossimo 10 novembre nel Salone espositivo di via San Francesco da Paola 22. Corrispondente dalla Libia, dall’inizio della guerra civile fino alla morte di Gheddafi, dalla Siria durante la più sanguinosa battaglia di Aleppo, dal Rojava e dall’Iraq nonché dai paesi africani più dimenticati, tra cui il Sud Sudan e il Mali, Fabio Bucciarelli ha trascorso gli ultimi anni fotografando i principali eventi mondiali in Africa, Medio Oriente ed Europa. Nel 2013 il suo lavoro sulla guerra siriana è stato premiato con la “Robert Capa Gold Medal”, rilasciata dall’“Overseas Press Club of America” e il maggior riconoscimento per un fotoreporter, assegnato solo un’altra volta a un italiano, Paolo Pellegrin.  Numerosi gli altri premi conseguiti, nel 2015 Bucciarelli ha fondato a Torino, con altri fotoreporter, la cooperativa MeMo, network per fotografi freelance, e nel 2016 ha pubblicato, per i tipi dell’editrice newyorkese FotoEvidence, il suo primo fotolibro, “The Dream”, inserito fra i migliori del settore per il “Time”.

g.m.

 

Nelle foto
– Fabio Bucciarelli: il cadavere di Muammar Gheddafi all’interno della casa di un ribelle a Misuraca (Luz Photo)
– Fabio Bucciarelli

Tutti i sentimenti del mondo alla “Festa del Libro” di Alpignano

Da venerdì 9 a domenica 11 novembre

Amore, ma anche abbandono, sconforto rabbia, rimpianto e vendetta o ancora gioia, ispirazione, allegria e fiducia: i sentimenti umani non si fermano certo qui. E, insieme a tanti ma tanti altri ancora, rappresentano il tema centrale, cui è dedicata e affidata alle pagine scritte, la quarta edizione di “Libri in Luce”, la festa del libro in programma al Movicentro di Alpignano, in piazza Robotti (Stazione Ferroviaria), da venerdì 9 a domenica prossima 11 novembre. Ventitre gli incontri previsti, ciascuno introdotto da un titolo che combinerà due sentimenti diversi ma strettamente legati ai libri presentati. Organizzata da Lettera Ventitré, in collaborazione con il Comune di Alpignano e sotto la direzione artistica dei giornalisti Salvo Anzaldi e Chiara Priante, la rassegna radunerà e farà incontrare per tre giorni consecutivi, attraverso confronti e dibattiti di sicuro interesse e attualità, scrittori giornalisti artisti ed editori, offrendo al pubblico la possibilità di visitare stand in grado di offrire ogni tipo di volume: da quelli appena usciti ai best seller, dai libri legati al territorio e alla storia piemontese a quelli che in modo più esplicito richiamano il tema dell’edizione di quest’anno.Come tradizione, la mattinata di venerdì 9 novembre sarà dedicata alle scuole e conterà sulla presenza dei giornalisti Darwin Pastorin, che illustrerà ai ragazzi la sua “Lettera a un giovane calciatore”, e Franco Borgogno che  parlerà del suo “Un mare di plastica”, quello che inquina le nostre vite e necessita oggi più che mai di un robusto argine. Alle 18, cerimonia di inaugurazione tutta dedicata a L’amore. E non poteva essere altrimenti: prima la prolusione della professoressa Carla Ricci sull’amore nella letteratura, un breve ma intenso viaggio da Paolo e Francesca a Montale. Poi la lectio magistralis - intitolata É una gioia e una sofferenza. L’amore visto al cinema, l’amore visto dal cinema” - di Gabriele Molinari, avvocato e consigliere regionale, grande cultore di cinema e che, come delegato alla Consulta Regionale dei Giovani, ha ideato quest’anno il corso (promosso dal Consiglio Regionale del Piemonte) sull’educazione sentimentale a scuola, una rialfabetizzazione emotiva proposta ai ragazzi di quinta superiore, progetto unico in Italia che guarda alle relazioni, in amore e in amicizia.Fra sabato 10 e domenica 11 novembre gli incontri procederanno toccando svariati temi, e sempre seguendo il fil rouge dei sentimenti, attraverso le parole di numerosi scrittori e giornalisti, fra i quali solo per citarne alcuni Clara Caroli (“La casa dei cuori sospesi”), Claudio Marinaccio (“La folle storia del kamikaze che non voleva morire”) e ancora Salvatore Renna (autore della graphic novel “Un giudice ragazzino” dedicata a Rosario Livatino, ucciso ad Agrigento dalla mafia nel ’90), mentre Barbara Sessini presenterà “Il giorno perfetto per un delitto” e Maria Concetta Di Stefano “Le amiche del ventaglio”. Particolarmente interessanti per gli appassionati del “grande” sport, anche gli incontri con Beppe Gandolfo, volto storico del Tg5 e grande cuore granata, (con i suoi “Tutto il Toro del Mondo” e “Meroni. L’artista campione”) e con Paolo Viberti (autore de “L’inconscio di Coppi”). La chiusura dell’edizione 2018 di “Libri in Luce” sarà affidata alle “Maestre d’Italia” di Bruna Bertolo, un viaggio dalle maestrine dalla “penna rossa” alle insegnanti dei nostri giorni, e al saluto del presidente del Consiglio regionale del Piemonte, Nino Boeti. Il programma completo della rassegna si può visionare all’indirizzo web http://www.letteraventitre.com/libri-in-luce/

g.m.

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Nelle foto:

– Salvo Anzaldi e Chiara Priante
– Darwin Pastorin
– Gabriele Molinari
– Clara Caroli
– Claudio Marinaccio
– Beppe Gandolfo

 

Dai sfogo all’espressione artistica

Ecco il  programma degli appuntamenti che, fino a domenica 11 novembre, si svolgeranno a  L ’ARTeficIO di  Via Bligny 18/L, Torino:  la nuova realtà  associativa e ricreativa dedicata all’espressione di ogni forma artistica come musica, teatro, fotografia, pittura, danza,  in pieno centro a Torino  

Giovedì 8/11: il Pianobar de l’ARTeficIO, con Luca LP Procopio 

dalle ore 20:00 alle 00:00 Luci soffuse, un pianoforte, musica da ascoltare e da vivere, gli amici, del buon cibo e qualcosa da bere. Ogni giovedì, il Pianobar de l’ARTeficIO con il nuovo menù della stagione 2018/2019.

 

Informazioni aggiuntive:

Ingresso GRATUITO. L’ingresso riservato ai tesserati Arci.

Il locale apre alle 19.30, con possibilità di cenare con menù alla carta.

Dalle 20 inizia il pianobar, con Luca Procopio al piano de l’ARTeficIO.

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Da venerdì 9 a domenica 18 novembre:

Vernissage mostra personale Paola Civetta | Islanda

Una collezione straordinaria, nata dalla selezione di oltre 12.000 scatti raccolti in 7 viaggi dal 2014.
Islanda | Þú komst við hjartað í mér (sei entrata nel mio cuore)

Paola Civetta: “Non sono una fotografa, ma di fatto fotografo. Non riesco fare a meno di catturare luci, colori e atmosfere degli attimi sfuggenti, quasi volessi cristallizzarli per sempre. Fotografo fin da piccola. Ricordo le prime Istamatic e poi la Voigtländer ancora con il soffietto completamente manuale. Sono poi passata alla pittura, con tecniche miste, ma ultimamente la fotografia ha prevalso. Mi sembra che nella macchina fotografica ci siano il mio cuore, le emozioni e pure le esperienze sensoriali! La macchina fotografica, infatti, vive in simbiosi con me e io ne sono gelosissima. Non sono una fotografa, non mi ritengo tale, perché non ho tecnica nè ho fatto scuole o lavoro per qualche giornale. Ho solo l’emozione!”

Informazioni aggiuntive:
***E’ caldamente consigliata la PRENOTAZIONE***
Ingresso libero per la fruizione della mostra.
Ingresso GRATUITO. Eventuali consumazioni (food&beverage) a prezzo di listino.
L’ingresso è consentito ai tesserati Arci Torino

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Sabato 10: Nòe | Live Music

dalle ore 19:30 alle 23:45

Sabato 10 novembre, il palco de L’arteficio – Showroom & Art Factory vedrà protagonista un’artista tra le più attive e riconosciute degli ultimi anni, Nòe, che presenterà il suo nuovo EP, dal titolo “Non lo so”. Noemi Cannizzaro, in arte Nòe, nasce sotto il segno dei pesci nel 1988 a Menfi (AG). Una voglia istintiva di suonare il pianoforte del fratello la porta a scrivere sui tasti le note per facilitarsi l’approccio. Trasferita a Milano con il suo inseparabile cane, Kinder, si è ritagliata il proprio ruolo di artista di strada. Diplomata in canto pop al CPM di Milano, continua il suo percorso musicale laureandosi al D.A.M.S. di Palermo. Nel 2012 viene selezionata da Elisa per aprire il concerto del suo raduno al Viper Club di Firenze. Nel 2013 consegue il diploma di Autore di testi al Centro Europeo Toscolano (Cet) di Mogol con il maestro Giuseppe Anastasi. 

1° Classificato Musica Controcorrente X edizione (2014)
Premio Donida Migliore Interprete – VI edizione (2014)
Il 19 dicembre 2015 apre il concerto al raduno di Elisa con il suo brano “Umori”
Nel 2016 consegue il diploma di Composizione al Cet di Mogol con il maestro G. Barbera.
Il 20 Marzo 2016 esce il 1° singolo “Non lo so” che anticipa l’Ep ottenendo subito un riscontro positivo.
1 Classificato Note d’Autore (2016) premiata da Klaus Bonoldi (Universal)
Migliore video DMG Record che le ha dato la possibilità di potersi esibire al Premio Beatrice (2016) nel Teatro Filarmonico di Verona. Il 3 agosto pubblica il suo primo EP autoprodotto, scritto in collaborazione con l’autore Carmelo Piraino.
Vincitrice Festival Show 2016 con il brano “Non lo so” nel prestigioso palco dell’arena di Verona
Esibizione al Fiat Music di Torino – 2016 
Presentazione EP “Non lo so” al Barone Rosso di Red Ronnie - 2016
Ospite al Roxy Bar di Red Ronnie - 2016

>>> PRESENTAZIONE EP “Non lo so” <<<
Girovagando per l’Italia Nòe ha suonato in tanti contesti: dalla strada, alla arena di Verona vincendo il Festival Show, al palco di XFactor fino ad aprire anche grandi concerti, tra cui Elisa e i The Kolors. Il suo mondo sognante e un pò distratto viene accompagnato da un contrabbasso, una chitarra acustica, un ukulele, un synth e un iconico pianino rosso.
1° Classificato Musica Controcorrente X edizione (2014) Premio Donida Migliore Interprete – VI edizione (2014) 1° Classificato Note d’Autore (2016) Premio Beatrice (2016) – Teatro Filarmonico di Verona. 1° Classificato Festival Show (2016) – Arena di Verona Fiat Music (2016) – Torino Ospite al Barone Rosso e al Roxy Bar di Red Ronnie (2016) Casa Sanremo 2017 con Fiat Music e Optima Apertura concerto The Kolors (2017) – Moncalieri Songwriter Camp con SonyATV (2017) – Bari Xfactor 2017 Migliore Interpretazione Bianca d’Aponte (2017) Premio Sound Inside Bianca d’Aponte (2017)

***E’ caldamente consigliata la PRENOTAZIONE***
Il locale apre alle 19,30, con possibilità di cenare alla carta.
Lo spettacolo inizia alle 21.30.
Ingresso GRATUITO. Consumazioni (food&beverage) a prezzo di listino.
L’ingresso è consentito ai tesserati Arci Torino, con possibilità di tesseramento in loco.

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Domenica 11: Come Una Piuma (teatro)

dalle ore 18:00 alle 22:30

COME UNA PIUMA | Una storia d’amore 

Un atto unico di Sante Guidobaldi.
Con Manuela Massarenti e Eugenio Gradabosco.
Regia di Valentina Gabriele.
Supervisione di Giorgio Perona.

Ottilia, vedova, divide la sua vita tra il lavoro al banco salumeria di un grande supermercato e l’attività di ‘piumaia’ la sera. Edoardo, noto scrittore ora in crisi cerca uno stimolo che dia un senso alla sua esistenza. Il giorno in cui Edoardo incontra le sue fan in una libreria del centro Ottilia non perde l’occasione per farsi firmare una copia dell’ultimo romanzo del suo autore preferito. Qualcosa però va storto eppure da un incontro che sembra disastroso prende vita un’amicizia che potrebbe trasformare entrambi. 

NOTE DI REGIA

Una piuma. Leggera, inconsistente, delicata. Ma al tempo stesso forte, colorata, volubile… Affascinante. “Come una piuma” è tutto questo. È una storia d’amore vissuta in due stanze speculari, opposte eppure complementari, una grigia e deprimente, l’altra colorata e vitale, proprio come opposti e complementari sono Edoardo e Ottilia, interpretati con passione da Eugenio Gradabosco e Manuela Massarenti. La stanza è il filo conduttore dello spettacolo, è l’amore declinato in tutte le sue molteplici sfaccettature, è un sogno sperato tra inconsistenti paure e opprimente realtà. È una favola moderna, rigorosamente a lieto fine, una commedia romantica in bilico tra sogni e piume, per l’appunto, tra concretezza e sospiri, tra felicità e lezioni, tra ottimismo e pesi troppo grandi da poter portare da soli. “Come un piuma” è un sogno, un sogno d’amore, un sogno di vita, un sogno sospeso apparso tra gli incubi di vite troppo vissute. “Come una piuma” è il mio sogno diventato realtà. 

 

Informazioni aggiuntive:

**E’ caldamente consigliata la PRENOTAZIONE**
Il locale apre alle 18, lo spettacolo inizia alle 18.30.
Dalle 20, apericena con gran buffet per i soci. 
Ingresso libero e consumazione facoltativa.
L’ingresso è consentito ai tesserati Arci Torino. Possibilità di tesserarsi in loco sul momento.

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CONTATTI PER INFO e PRENOTAZIONI:
info@larteficioshowroom.com oppure in posta alla pagina 
L’arteficio – Showroom & Art Factory

Cuore

Con che forza mi salverò

Quale inganno mai mi farò bastare dove andrò

In quale abbraccio mi perderò

Per pagare poi tutta la mia colpa

Di amare chi non ho

Non so guarire e non so morire senza te”

Molti estimatori storici di Venditti si incazzarono non poco quando l’Antonello Nazionale ci mostrò senza riserva alcuna il suo “Cuore”. Era luglio 1984: gli anni della contestazione erano ormai un lontanissimo ricordo, erano bensì gli anni degli eccessi e della mondanità, di Craxi e di Reagan. Anche la musica di consumo subiva una radicale trasformazione: se dal punto di vista compositivo la struttura musicale si semplificava privilegiando il trasporto emozionale e ritmico, nella strumentazione entravano prepotentemente novità assolute come il sintetizzatore programmabile fairlight, le batterie elettroniche Linn e Simmons ed il missaggio digitale. Il tutto si mescolava insieme per creare un suono corposo, patinato, limpido, morbido e potente nel contempo, di una pulizia e freschezza mai sentiti prima e di cui Peter Gabriel ne era stato il più noto precursore. “Cuore” musicalmente è tutto questo: nonostante abbia compiuto più di 23 anni, non suona affatto vecchio, tutt’altro! Ed è evidente la frattura netta rispetto al precedente “Sotto la pioggia” (1982) che, al confronto, sembra molto più datato dei soli due anni che lo separa dal lavoro in questione. Ma Antonello, che vuole dirci con “con che cuore”? Colonna sonora del film di Pieraccioni “il paradiso all’improvviso”, questo brano ha il sapore dell’impossibile, dell’amore che non riesce a realizzarsi e della disperazione figlia di quella consapevolezza che scorre nelle vene di colui che lo vorrebbe ma non può…almeno per ora…o forse per sempre. Gabriel Garcia Marquez diceva:” Il peggior modo di sentire la mancanza di qualcuno è esserci seduto accanto e sapere che non l’avrai mai.” Ieri l’ho ascoltato almeno sedici volte e, nonostante non apprezzi troppo la vocalità di Venditti, ogni volta ne ho palpato la disperazione, mi ha fatto tremare.

“Con che cuore mi lasci qui

Questo mondo ormai corre ed io non ho velocità

Dimmi a quale fede mi stringerò

Se non resta più niente in questa vita

E che rimorsi avrò

Non so guarire e non so morire senza te”

Quale inganno mai mi farò bastare dove andrò?

Questa è la mia frase preferita…penso a quante persone fingono felicità, fingono allegria…fingono senza sapere che fingere e/o nascondere i sentimenti è come tentare un bluff giocando a poker con Dio. È uno strano dolore… Morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai. Buon ascolto

https://www.youtube.com/watch?v=CfxOsYQ0b3c

Chiara De Carlo

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Chiara vi segnala i prossimi eventi… mancare sarebbe un sacrilegio! Scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

 

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I conflitti dimenticati

Giovedì 8 novembre

Continuano gli incontri, occasione di confronto e dibattito sull’attualità, programmati a corollario di World Press Photo, la mostra internazionale di fotogiornalismo portata a Torino dall’ Associazione C.I.ME. – Culture e Identità Mediterranee (con il patrocinio della Regione Piemonte, Città di Torino, Camera di Commercio di Torino, Ordine dei Giornalisti del Piemonte, Stampa Subalpina, Centro Giornalistico Pestelli e Lettera Ventitré) e ospitata, fino a domenica 18 novembre, negli spazi dell’ex-Borsa Valori di via San Francesco da Paola 22. Giovedì 8 novembre alle 18,30 con ingresso libero si dibatte de: I conflitti dimenticati. Quelli passati, ma ancora troppo vicini per essere realmente risolti, e quelli in corso ma troppo lontani dai nostri occhi. I casi del Kosovo e del Sud Sudan“. A relazionare saranno Daniele Marchi della ”Fondazione Alexander Langer” di Bolzano, Ilaria Blangetti, giornalista professionista cuneese del collettivo “Seedspictures” e poi Luca Prestia e Francesco Doglio, fotogiornalisti anche loro del collettivo “Seedspictures”; moderatore, Stefano Tallia, giornalista Rai e segretario della Stampa Subalpina, da sempre sensibile a queste tematiche. Il collettivo “Seedspictures” parlerà del reportage realizzato in Kosovo in occasione del decennale dell’autoproclamata indipendenza dalla Serbia, festeggiato il 17 febbraio 2018. Un viaggio all’interno di un Paese ancora pieno di contraddizioni, tra le speranze dei suoi giovani e le difficoltà di un passato ancora troppo vicino. Un “neonato”, come recita il monumento più famoso del Paese, alla ricerca di un’identità e di un futuro meno incerto.  Il collettivo presenterà anche un estratto della mostra “Kosovo 2008-2018. Il Paese intrappolato” che verrà inaugurata a Cuneo, a Palazzo Santa Croce, il prossimo 13 novembre e sarà visitabile dal 16 dello stesso mese fino al 9 dicembre (venerdì, sabato e domenica, dalle 17 alle 19). Daniele Marchi della “Fondazione Alexander Langer” richiamerà invece l’attenzione sul Sud Sudan dove ha trascorso un lungo periodo con “Nonviolent Peaceforce”, occupandosi di sviluppare strategie di protezione non violenta assieme alle comunità locali in un Paese che, come nel caso di tanti altri appartenenti al continente africano (ma non solo) e martoriati da conflitti senza fine, non rientra quasi mai nei dibattiti pubblici in Italia.

g.m.

Foto
– Francesco Doglio: Il monumento “Newborn” di Pristina
– “World Press Photo” nel Salone dell’ex-Borsa Valori di Torino