CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 605

E’ di scena Borgate dal Vivo

Alle ore 21 torna il festival  teatrale

 

GIUSEPPE CEDERNA

in

“DA QUESTA PARTE DEL MARE”

Uno spettacolo teatrale tratto dall’omonimo libro di Gianmaria Testa

29 luglio ore 21

Teatro Fassino – Via IV novembre, 19, 10051 Avigliana TO

 

Domenica 29 luglio alle ore 21 torna il festival Borgate dal Vivo al Teatro Fassino di Avigliana, con lo spettacolo teatrale “Da questa parte del mare”, ispirato all’omonimo libro di Gianmaria Testa e interpretato da Giuseppe Cederna, per la regia di Giorgio Gallione.

“Da questa parte del mare” racconta di un viaggio, fatto di storie e canzoni sulle migrazioni umane, sulle radici dei popoli e sul senso dell’umano. Lo spettacolo, che mescola le parole di Gianmaria Testa a quelle dello scrittore Marco Revelli e di Alessandra Ballerini, avvocatessa, affronta il tema delle migrazioni odierne, raccontando semplici storie di uomini e donne. Cederna sarà la voce di Gianmaria Testa, con piccoli momenti dedicati alle sue canzoni, e dei migranti in un continuo passaggio tra ruoli differenti, legati tra loro da un elemento costante: il mare, che salva e insieme danna.

“BRUCIARE LA FRONTIERA”

Incontro con Carlo Greppi e presentazione del libro

29 luglio ore 17

Scuola di Melezet, Frazione Melezet, 97 – Bardonecchia

Domenica 29 luglio Carlo Greppi presenterà il suo ultimo libro “Bruciare la frontiera”, (Giangiacomo Feltrinelli Editore) in dialogo con Francesco Piperis, responsabile della comunicazione del festival Borgate dal Vivo. L’appuntamento si terrà per le ore 17 presso la scuola del Melezet di Bardonecchia. Il romanzo “Bruciare la frontiera” è ambientato nelle Terre di confine tra l’Italia e la Francia, luoghi che hanno visto nel 1943 uomini e donne fuggire dalla guerra; profughi in cui i due giovani amici protagonisti del romanzo riconoscono la stessa disperazione dei nuovi migranti che cercano oggi invano di attraversare le frontiere. Parallelamente viene raccontata la storia di un ragazzo tunisino che, per amore, tenta il passaggio in Francia. Tre ragazzi a confronto, simili per età, voglie e sentimenti, molto distanti nelle possibilità.

Baluginii di vita

E’ uscita  l’ultima raccolta di poesie di Massimiliano Giannocco  

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Prefazione di Luca Bagatin a “Baluginii” 

 

Quelli di Massimiliano Giannocco sono baluginii di vita. Timidi bagliori di speranza in un mondo in decadenza. I baluginii della lirica di Giannocco sono richiami al Divino, ai suoi Angeli, all’innocenza. Sono richiami all’onestà ed all’eterna legge morale che dovrebbe regolare ogni civiltà degna di questo nome. Sono baluginii, ovvero timide luci, timidi chiarori in un mondo fatto d’opportunismo e indifferenza. Sono richiami ad una civiltà antica, forse non del tutto perduta, ma sicuramente dimenticata in un’epoca materialista senza più contezza delle sue radici, della sua Storia, dei suoi Avi. Sono versi spesso introspettivi, avvolti di spleen baudelairiano, consapevoli dell’abisso e dell’inferno terreno, ma che vorrebbero ricercare una via d’uscita, guardando verso il cielo, il sublime e finanche il dionisiaco, rappresentato da menadi bramose e da una Venere dalla turgide labbra. Tutto pur di sfuggire alla “morte diurna delle menti”, all’appiattimento della vita moderna quotidiana ! Anche nelle descrizioni liriche dei paesaggi si scorge una profonda nostalgia per l’antico. Per l’Antica Urbe “dove son vaghi i ricordi del disordine cittadino, dove ville patrizie e rocciosi manieri han per vivace decoro”; per gli italici borghi medievali ove i castelli troneggiavano imperiosi, come fari maestosi a far da guida ai naviganti; per i paesaggi medievali medesimi dell’Italia centro-meridionale, con le loro vigne, i loro verdi ulivi e le antiche masserie. L’Autore sembra quindi rifuggire dalla modernità dell’Italia d’oggi, che non rammenta il suo glorioso passato ed ove a prevalere sembrano essere i mediocri. Quello che ho inteso del messaggio di Massimiliano Giannocco, attraverso le sue liriche, ciò che in sostanza mi ha trasmesso, è un pensiero a tratti pessimista ma non domo, non addomesticato. Un messaggio che, forse, in questo momento storico può far riflettere per la carica di nostalgia che esso rappresenta. Rappresenta un pensiero conservatore ma, forse proprio per questo, rivoluzionario in un contesto ove il degrado della modernità ha ucciso ogni coscienza critica, ogni senso di comunità e di appartenenza. Da Massimiliano Giannocco, ideologicamente, mi dividono molte cose. Più che altro è forse l’approccio alle questioni che ci divide. Egli è legato fondamentalmente al concetto di individuo e di libertà assoluta dell’individuo, mentre io non posso non tenere conto del fatto che l’individuo è un essere pensante posto all’interno di una comunità e che senza la consapevolezza di ciò non vi può essere alcuna ricerca della libertà. Ciò che potrebbe unirci è il rifiuto, ad ogni modo, della modernità che annichilisce le menti e che, volendo essa sradicare gli esseri umani e renderli dei senza storia, dei senza patria, toglie loro ogni senso del Sacro, del Divino e dunque li priva della loro intima libertà, che è interiore prima ancora che esteriore. Che è una libertà collettiva, aggiungerei io, per quanto l’Autore di questi versi non sarebbe d’accordo con questa mia ultima affermazione. Penso che questo non sarà che l’inizio di una serie di raccolte poetiche che l’Autore ci donerà. Il lettore, dalla lettura delle sue liriche, non potrà che trarne fonte di meditazione ed ispirazione.

 

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

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Per informazioni e acquisti del testo al seguente link:https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/poesia/411752/baluginii/

 

La guerra bianca

Immagini di nitida perfezione narrativa. Paesaggi alpini di una bellezza che incanta e   che, dentro, hanno la forza e il potere di trasformare la memoria in pagine di storia vivide di emozioni e dolente poesia

 Sono 70 gli scatti realizzati dal fotografo valdostano Stefano Torrione (classe ’62, vincitore del “Panorama European Kodak Award” nel ’94, presente sulle più prestigiose riviste di viaggio italiane e straniere e oggi attivo fra Milano e Saint-Pierre) raccolte nella mostra “La Guerra Bianca”, ospitata fino al 14 ottobre nelle sale espositive del nuovo Museo delle Fortificazioni e delle Frontiere del Forte di Bard. Ideata e realizzata da “National Geographic Italia” con la

curatela di Marco Cattaneo, la rassegna è il frutto di un reportage realizzato anni fa in occasione del centenario della Grande Guerra, un viaggio fra i ghiacciai e le cime delle Alpi centrali e orientali, che furono teatro del più grande conflitto di montagna della storia, combattuto fra le truppe austro-ungariche e quelle italiane. Fino ai tremila metri. Adamello, Ortles, Cevedale, Marmolada. Sulla lunga cresta di confine fra il Passo dello Stelvio e l’altopiano carsico, l’itinerario di Torrione segue scrupolosamente tutta la linea del fronte, seguendo con intima   partecipazione ma con l’acuta lucidità del fotografo di gran classe le tracce lasciate da migliaia di uomini diventati, nella logica infernale dello scontro bellico, solo e unicamente “carne da macello”:

tracce riaffiorate nel corso del tempo, a causa del riscaldamento globale, e ancora oggi ben vive e presenti, a testimonianza di quell’immane tragedia. Sono presenze mute, inquiete e inquietanti, fermate in imbarazzanti contrasti con la limpida bellezza dei luoghi fissati dall’obiettivo: trincee, baracche, gallerie scavate nella roccia che all’apice della guerra arrivarono a raggiungere i dodici chilometri, postazioni di combattimento, matasse di filo spinato arrugginite, cannoni abbandonati e maschere antigas. Particolari. Semplici ma tragicamente imponenti particolari di un conflitto di

cui si parlerà anche, a corollario della mostra, in una conferenza di indubbio interesse dal titolo “La Guerra Bianca. Storia, dolore e ingegno. L’analisi, il racconto e l’esplorazione”, in programma sabato 28 luglio, ore 16, all’“Auditorium Mortai” del Forte. Alla tavola rotonda parteciperanno lo storico Diego Leoni, Marco Gramola – presidente Commissione Storica S.A.T. (la Società Alpinisti Tridentini) – e lo stesso fotografo, Stefano Torrione; moderatore, il giornalista Enrico Martinet. L’ingresso alla conferenza è gratuito. Tariffa unica visita guidata + mostra: 5 euro. I visitatori potranno, fra l’altro, trovare nelle fotografie di Torrione un prezioso complemento a uno degli argomenti principali de Il Ferdinando – Museo delle Fortificazioni e delle Frontiere che, nella sua seconda sezione, è proprio dedicato alla militarizzazione delle Alpi, teatro dei due conflitti mondiali.

 

Gianni Milani

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“La Guerra Bianca. Fotografie di Stefano Torrione”

Il Ferdinando-Museo delle Fortificazioni e delle Frontiere, Forte di Bard (Aosta); tel. 0125/833811 – www.fortedibard.it

Fino al 14 ottobre – Orari: dal mart. al ven. 10/18; sab. dom. e festivi 10/19; lunedì chiuso. Dal primo luglio al 2 settembre 10/19,30

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Nelle foto

– “Gruppo Adamello – Cresta Croce, cannone  italiano 149 G”
– “Gruppo Adamello – Pendici di Monte Coel, osservatorio blindato per artiglieria”
– “Gruppo Adamello – Caré Alto, baracca a. u. a strapiombo sul canale sud-est”
– “Maschera antigas polivalente in dotazione ai soldati italiani, con cappello da alpino e occhiali antischeggia da ghiacciaio”

 

La Garniture di Meissen per Vittorio Amedeo II

FINO AL 14 OTTOBRE

In principio erano sette. Ben presto restano in cinque. Finché nel secolo scorso, a metà anni Sessanta, tre prendono strade diverse e misteriose e non sempre del tutto chiare in giro per l’Europa. E a Torino restano così in due. La storia si inizia a Meissen, in Sassonia intorno al 1715 e si conclude a Milano (con incerte tappe intermedie) nel 2017. Uno spazio di tempo abissale, in cui ruota l’avventura della preziosa “garniture” da camino in porcellana bianca a pasta dura realizzata dalla celeberrima Manifattura Meissen, (inaugurata presso Dresda nel 1710 con l’intento di imitare la costosissima ceramica orientale) e regalata nel 1725 dal re di Polonia Augusto II – detto “Il Forte” – a Vittorio Amedeo II re di Sardegna, in segno di ringraziamento per averlo ospitato nel corso di un viaggio fra le Corti europee. Composto in origine da sette vasi di valore inestimabile, l’insieme viene subito collocato nella “Camera dell’Alcova” di Palazzo Reale a Torino. Se non che, già nel 1823, da documenti di corte, due pezzi risultano mancanti e, col tempo, anche gli altri cinque vengono separati. I due esemplari grandi, senza manici, rimangono a Palazzo, dove tuttora sono conservati sul Caminetto della “Sala del Caffè”. Il vaso maggiore ad anse e i due più piccoli, di straordinaria eleganza decorati con rami e roselline, sono invece trasferiti al “Museo Civico” (1877), poi esibiti alla “IV Esposizione Nazionale di Belle Arti” tenutasi a Torino nel 1880 e, infine, per volere di Umberto di Savoia, principe di Piemonte, ricollocati a Palazzo. Correva l’anno 1929. E la storia continua. Da Palazzo Reale, infatti, i “magnifici tre” escono ancora, prima del 1966, per essere venduti a un’asta, finché – al termine di un girovagare che pareva senza fine – entrano a far parte della prestigiosa Collezione Zerilli-Marimò. Fino all’anno scorso, 2017, quando il Museo Poldi Pezzoli di Milano riceve in dono proprio la collezione appartenuta a quei meravigliosi mecenati e ambasciatori della cultura italiana all’estero che furono Guido e Mariuccia Zerilli-Marimò. Un dono da favola per il capoluogo lombardo, un duro colpo per Torino che ancora una volta si vede privata della possibilità di riunire le cinque opere “consorelle”, fra le più importanti dell’arte ceramica settecentesca. Delusione in parte ammorbidita dal prestito temporaneo fatto dal milanese Poldi Pezzoli ai Musei Reali subalpini, grazie al quale le cinque porcellane di Meissen saranno nuovamente visibili, riunite tutte quante insieme, nella mostra ospitata fino al 14 ottobre prossimo alla Galleria Sabauda: prestito – scambio, dal momento che anche i vasi torinesi furono prestati un anno fa per un’analoga mostra tenutasi a Milano. Protagonista di un dono regale (fu in Europa il primo dono di porcellane da parte di un monarca), la “garniture” esposta oggi sotto la Mole, nella sua gloriosa “cinquina”, costituisce un insieme di eccezionale interesse, in primo luogo, per la sua antichità, trattandosi di una delle prime realizzazioni di Meissen e, in secondo luogo, per la qualità e la ricchezza delle decorazioni, con volute, teste d’angelo, foglie e conchiglie su modello di Johann Jacob Irminger e disegno di Raymond Leplat: primi saggi di esecuzione, la cui difficoltà tecnica si rivela in alcune piccole fenditure visibili nel corpo dei vasi. Ad impreziosire ulteriormente l’insieme sono poi le montature in argento dorato, mentre il vaso ad anse posto al centro della vetrina, reca ancora tracce della decorazione pittorica in oro applicata a fuoco, con motivi à la Bérain. Appuntamento da non perdere. Prima che termini il prestito milanese.

Gianni Milani

“La garniture di Meissen per Vittorio Amedeo II”

Musei Reali – Galleria Sabauda, Piazzetta Reale 1, Torino; tel. 011/5211106 – www.museireali.beniculturali.it

Fino al 14 ottobre – Orari: dal mart. alla dom. 8,30/19,30

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Foto: “La garniture di Meissen” – crediti fotografici: Mariano Dallago

Visioni e inalazioni eno-culinarie

Quadri, disegni, oggetti, profumi, ispirati al cibo e al vino, creati per stimolare i sensi della vista e dell’olfatto, saranno i protagonisti della mostra

Apertura straordinaria

Venerdì 27 luglio dalle ore 17 alle 20.30

MÚSES, Accademia Europea delle Essenze

Via Sant’Andrea 53, 12038 Savigliano (CN)

 

Prosegue al MÚSES di Savigliano la mostra esperienziale Doppio Senso, Visioni e inalazioni eno-culinarie. La mostra, che sarà visitabile fino al 30 settembre, osserverà un’apertura straordinaria venerdì 27 luglio dalle ore 17 alle ore 20.30 con DOPPIO SENSO SPECIAL: una visita esclusiva con giochi sensoriali abbinati alle essenze gourmand. Ideata in occasione del Bocuse d’or Europe, il concorso mondiale di alta cucina che quest’anno si è svolto a Torino, si tratta di una mostra eccentrica, dove il DOPPIO SENSO del titolo si riferisce ad artefatti, quadri, disegni, oggetti ma anche profumi, tutti ispirati al cibo e al vino, e creati per stimolare i sensi della vista e dell’olfatto dei visitatori. L’esposizione è divisa in due sezioni: la galleria del piano nobile di Palazzo Taffini ospita una serie di “visioni” di sei noti artieri subalpini – artisti, illustratori, designer – che si sono già segnalati per interessi ed elaborati, sovente spregiudicati, connessi all’enogastronomia e alla profumeria. I partecipanti rappresentano varie province del Piemonte: il Biellese con l’architetto Luisa Bocchietto, dall’anno scorso Presidente della WDO World Design Organisation; il Novarese con Corrado Bonomi; il Cuneese con Franco Giletta; e infine il Torinese con Titti Garelli, il defunto Plinio Martelli, e Roberto Necco di studio Elyron. La Sala degli Dei accoglie invece la seconda sezione, quella delle “inalazioni”, che consiste nell’installazione di una serie di “olfattori”, preziosi contenitori in vetro foggiati a Murano, contenenti bizzarri e spesso sorprendenti profumi gourmand: fragranze, maschili e femminili, create con essenze “appetitose” e selezionate a livello mondiale tra cui spiccano l’omaggio al DOPPIO SENSO reso da Luisa Bocchietto con il suo profumo B-SEX, gli effluvi di pancetta del Bacon Soap (esiste davvero, anche se par strano), l’odore da sexy dessert del Woman’s Best di Bruno Banani e l’Essenza dei confetti di Sulmona. Gli amanti dell’arte contemporanea potranno inoltre godere delle opere site-specific modellate sul tema della sensorialità e realizzate dagli artisti internazionali del progetto AMuSE. Giovani emergenti nel campo dell’arte contemporanea dall’Italia, Malta, Paesi Bassi e Lituania hanno infatti lavorato proprio a Palazzo Taffini nel mese di marzo, lasciando al MÚSES le loro installazioni. Il progetto Amuse – Artistic Multi Unique Sensorial Experience, è finanziato dal programma Europa Creativa (2014-2020).

DOPPIO SENSO. Visioni e inalazioni eno-culinarie

Curatela Sezione Visioni MIAAO; Sezione Inalazioni MÚSES

MÚSES via Sant’Andrea 53 12038 Savigliano (CN)

Dal 21 giugno al 30 settembre 2018

Orario dal martedì alla domenica ore 10-13 e 14-18. Il lunedì la sede è chiusa.

Ingresso compreso nel biglietto di ingresso (7 euro individuali, 5 euro per gruppi)

Info: info@musesaccademia.it; T 0172 375025

Il “paese del pane bianco”

Nel ’44 abitavamo alla Mizzoccola, un mio fratello era in guerra, mia mamma che era rimasta vedova quando non avevo ancora un anno doveva badare alle due sorelle più grandi, a me che avevo 10 anni, a mia sorellina… Al collegio Rosmini ci hanno messo il cartellino poi in treno a Briga.

Sul treno le crocerossine mi hanno dato qualcosa da mangiare, pane e latte, e per paura di restare senza si cercava di nascondere il pane in tasca. A Briga ci hanno divisi, mio cugino è andato nel Ticino, io e mia sorella a Zurigo dove siamo stati 40 giorni… Siamo arrivati davanti ad una panetteria dove c’era esposto il pane bianco che non avevamo mai visto e dei dolci, siamo stati incollati col naso ai vetri davanti a quel negozio, il padrone dentro ha capito e ci ha fatto entrare. Ci ha dato pane, pezzi di dolce: abbiamo mangiato tanto che poi siamo stati male…“. Questo brano è tratto da una delle 45 testimonianze che il giornalista e storico, nonché partigiano Paolo Bologna raccolse nel suo libro “Il paese del pane bianco“, che venne pubblicato dall’editore Grossi di Domodossola nel 1994, in occasione del 50° anniversario della “repubblica” dell’Ossola. Nell’autunno del 1944, nel breve tempo di sei settimane, si consumò l’esperimento di autogoverno della “Giunta provvisoria di governo dell’Ossola”. In quei “quaranta giorni di libertà” una intera zona che si estendeva per circa 1.600 chilometri quadrati, con una popolazione intorno ai 75.000 abitanti e capoluogo Domodossola, venne completamente gestito e governato dai partigiani. L’attività della Giunta provvisoria di governo andò ben oltre l’ordinaria amministrazione, destando l’attenzione della stampa e dell’opinione pubblica internazionale, e venne ricordata per lo spirito democratico e profondamente legalitario che la caratterizzò. Il territorio liberato nel settembre di quell’anno venne però riconquistato dai nazifascisti nel mese di ottobre.In quei giorni caotici si temettero rappresaglie sui civili e i comandi partigiani, in collaborazione con le autorità della vicina Svizzera, organizzarono una vera e propria operazione umanitaria, che portò  oltre confine circa 2500 bambini italiani dai 4 ai 14 anni, accolti nella Confederazione Elvetica da centinaia di famiglie come fossero loro figli. Così la vicina Svizzera offrì rifugio anche a migliaia di persone tra combattenti e popolazione civile, confermando la sua antica tradizione di ospitalità. Ne “Il paese del pane bianco“, Paolo Bologna raccolse le testimonianze dei più piccoli, “alcune ingenue, tutte toccanti” che rappresentarono una sorta di sintesi dell’esperienza che quei bambini profughi vissero del 1944. Ogni testimonianza, ogni ricordo è parte di un mosaico dove prevale il senso dell’amicizia e della riconoscenza nei confronti delle famiglie elvetiche che diedero loro un tetto, di che sfamarsi e il calore della solidarietà umana. Un dono straordinario che rileggendo ora quelle storie, in un mondo dove i valori sembrano rovesciati, assume ancor più un valore, dal quale trarre motivo di riflessione. Per decenni quei bambini, diventati adulti, mantennero con le famiglie “affidatarie” un legame affettivo. Settantaquattro anni dopo, sfogliando le pagine di quel libro, guardando le foto in bianco e nero, leggendo i commenti, lo stupore, le speranze di quei bambini ci si dovrebbe chiedere se quella vicenda  non possa essere assunta a modello di accoglienza ai giorni nostri,  quando le cronache ci raccontano di migliaia di minori che cercano rifugio sulle nostre coste, in fuga da guerre, violenze, fame e carestie. Non dovremmo dimenticare che siamo stati un popolo di migranti ma spesso facciamo finta di non ricordarcelo. Così si sente dire “rimandiamoli indietro!”, “affondiamo i barconi!”, “come può una madre affrontare un viaggio così con dei bambini!”. Parole che testimoniano l’incapacità di capire la profondità delle tragedie che si sono lasciati alle spalle. Dimenticando quando altri seppero accoglierci, pur senza essere obbligati a farlo. Rileggere il bel libro di Paolo Bologna aiuterebbe se non altro a capire quello che accadde in quel lontano 1944 e magari a riflettere un po’ di più su ciò che ci accade intorno.

 

Marco Travaglini

 

Le foto in bianco e nero sono tratte dal sito www.storia.redcross.ch

Ivan Cattaneo allo “Zero Festival Beer”

Il 27 Luglio di scena Fede Poggipollini con i ‘Liga Revolution’

Torna Ivan Cattaneo a esibirsi nel torinese, e più precisamente Giovedì 26 Luglio alle ore 21.30 sul palco dello ‘ZERO FESTIVAL BEER’ nell’area spettacoli esterna del ‘Vertigo’ in Via Torino 29/B.

Un atteso e grande concerto gratuito attende il poliedrico artista, cantautore e pittore bergamasco, che dagli anni ’70 a oggi, e più precisamente dal 1975, ha inciso ben 11 album, realizzato moltissime mostre e partecipato a svariati programmi televisivi di successo, tra cui ‘Mister Fantasy’, ‘Music Farm’ e ‘L’Isola dei Famosi’. Un professionista eclettico, iconico e stimato che, in carriera, ha collaborato a vario ordine, grado e titolo con figure di spicco della scena musicale italiana come Roberto Colombo (arrangiatore dei migliori dischi dei Matia Bazar e di Antonella Ruggiero, già al fianco di Fabrizio De Andrè), la PFM e l’indimenticata Giuni Russo, per la quale realizzò gli ultimi videoclip prima della sua prematura scomparsa. Notevole, nella produzione di Ivan Cattaneo, è il disco ‘2060 Italian Graffiati’ che nel 1981 collezionò record di vendita attestandosi oltre quota 450.000 copie grazie alla riuscita reinterpretazione di evergreen di altri illustri colleghi, tra cui ‘Nessuno mi può giudicare’ e ‘Una zebra a Pois’. Venerdì 27 luglio, invece, alle 21.30 allo ‘ZERO FESTIVAL BEER’ sono di scena Fede Poggipollini, storico chitarrista di Luciano Ligabue e la valente tribute band ‘Liga Revolution’. Il 30 Luglio si ride invece con Gianluca Impastato, Beppe Braida e ‘Gli Sconnessi’ (gruppo di affermati attori comici torinesi) e ‘I 60 Beat’.

Per informazioni, www.scelgozero.it, tel. 011 044.88.26.

Le Truppe Alpine dell’Esercito tornano al Sestriere Film Festival

La prima partecipazione, fuori concorso, nel 2014 con il cortometraggio “La gara regina” incentrata sui Campionati sciistici delle Truppe Alpine

 A quattro anni di distanza dalla prima partecipazione, le Truppe Alpine dell’Esercito tornano  al Sestriere Film Festival, kermesse internazionale del film di montagna giunta all’8^ edizione.

Il filmato proposto quest’anno è un cortometraggio recentemente realizzato sulle 5 Torri, nel cuore delle Dolomiti bellunesi dichiarate dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, in uno scenario – estivo e roccioso – differente da quello che aveva caratterizzato il video del 2014, registrato in ambiente invernale, a sottolineare le capacità dell’Esercito di saper operare a 360° nel difficile scenario montano. Eredi infatti dei leggendari soldati che durante il Primo Conflitto Mondiale scrissero sulle Alpi epiche pagine di storia militare ed alpinistica – dai famosi “Mascabroni” del capitano Sala alle “pattuglie volanti” di Sepp Innerkofler – nell’anno in cui si celebra la fine della guerra gli Alpini hanno voluto far rivivere lo spirito che animò quegli uomini valorosi con una spettacolare esercitazione multinazionale interforze svoltasi in 5 Torri, nell’ambito della quale è stata data un’efficace dimostrazione del moderno concetto di “mountain warfare”, evoluzione delle tradizionali tecniche di combattimento in alta montagna che, con procedure in continuo aggiornamento, caratterizza le Truppe Alpine di oggi quale componente dell’Esercito prontamente impiegabile ed idonea ad operare in qualsiasi contesto ambientale e condizione climatica.

Happiness, ricette di Chen Li

Nel museo civico di Moncalvo già prestigioso di per se sia per le opere contenute sia perché si trova in quello che fu nel 600 il Convento delle Orsoline voluto da Guglielmo Caccia, dove fu Badessa pittrice la figlia Orsola, è in corso la mostra “ Happiness ricette di Chen Li” grafica e calligrafa di notorietà internazionale

 

 L’allestimento, lineare e elegante, curato da Giancarlo Boglietti, si adatta empaticamente alle opere dell’artista cinese che interpreta l’arte attraverso il gesto, nello spazio e nel tempo, della parola che si fa forma. Chen Li s’inserisce nel percorso estetico contemporaneo mantenendo la memoria della millenaria tradizione orientale che dava alla scrittura il valore assoluto di arte cui si accedeva attraverso lunga pratica e concentrazione. Scrivendo le lettere usando un silicone materico e brillante che le rende quasi altorilievi e avvolgendole in plexiglas per ottenere un senso di evanescenti liquide trasparenze, l’artista si accosta alla Pop Art, mentre l’essenzialità di opere esclusivamente bianche evoca il Suprematismo. Con il termine “Happiness” ella vuole esprimere il concetto di felicità “un insieme di valori e sensazioni corporali e mentali, vicini alla spiritualità e all’ascesi religiosa…” Ed è proprio con l’arte che si può raggiungere questo stato di grazia conciliando l’aspetto figurativo e quello letterario.Attraverso la sua particolare scrittura vengono riportati versi e testi di poeti e scrittori che a loro volta fanno meditare dando ricette di felicità: l’invito a conseguire “virtute e conoscenza” di Dante, ad accogliere la dottrina Epicurea di Orazio, ad apprezzare la bellezza della natura lodata da san Francesco.

 

Giuliana Romano Bussola

 

Orario: sabato e domenica ore 10-19

Mercoledì, giovedì, venerdì 15-19

Altri giorni previo appuntamento

Tel 327 7841338

Info@aleramonlus.it

Facebook museo civico di moncalvo.

Lettori e letture: che tipo di lettore sei?

Vieni a scoprirlo iscrivendoti al gruppo Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri !

Ci sono tanti libri e tanti generi di letture, ma anche la tipologia di lettore varia: ecco una piccola guida per orientarsi, compilata grazie ai contributi dei membri del nostro gruppo

Il lettore “esperto”: è la tipologia più rara. Il lettore esperto è quello che ha iniziato a leggere da piccolo e non ha mai smesso e per il quale la lettura è parte integrante della vita e ad essa si rivolge in modo critico e analitico; si è, spesso, formato sui classici – prima quelli destinati ai giovani lettori, poi gli altri – e infine ha scelto autori, stili e generi a lui più congeniali, nei quali si rifugia come in una nicchia. Nella scelta di una nuova avventura letteraria è esigente, pretende la novità e la qualità  e non di rado si lamenta della produzione contemporanea.

A questo genere di lettore consigliamo: Le perizie, di William Gaddis.

Il lettore “per hobby”: è il tipo di lettore più comune. Il lettore “per hobby” vede la lettura esclusivamente come passatempo, un modo per ricreare lo spirito dopo una lunga giornata di fatica: non di rado sceglie un filone prediletto, prediligendo quelli con batticuore garantito, dal giallo scandinavo al romanzo sentimentale, dal legal thriller al fantasy commerciale, del quale diventa espertissimo ed è il miglior lettore a cui chiedere un consiglio, se si vuole semplicemente leggere per il piacere di farlo.

A questo tipo di lettore consigliamo: La scatola a forma di cuore, di Joe Hill

Il lettore “neofita”: è la tipologia più attiva, sul nostro gruppo. Il “neofita”  è quel lettore che ha scoperto, o riscoperto, la lettura come piacere e passatempo in età adulta o, comunque, dopo un lungo periodo di inattività. Come un bambino in un luna park è ansioso di provare generi e autori diversi, preferendo i classici, e di recuperare il tempo “perduto”. Si entusiasma per ogni tipo di consiglio e quando analizza un libro che ha da poco letto, lo fa spesso in modo inedito e profondo.

Al neofita consigliamo: Quo Vadis?, di Henryk Sienkiewicz

Il lettore “occasionale”: rappresenta la maggioranza silenziosa di chi legge poco, per scelta o per necessità ma che, eroicamente, non abbandona la passione. Il lettore occasionale si orienta spesso sulle ultime uscite o sul titolo del momento, contribuendo in modo decisivo al successo di un autore o di un singolo romanzo. Forse la categoria meno rappresentata sul gruppo, ma sicuramente quella a cui puoi rivolgerti se ti interessa un’opinione sull’ultimo Premio Strega o il più recente caso editoriale nostrano o straniero.

A questo genere di lettore consigliamo il più recente Premio Nobel: Non lasciarmi, di Kazuo Ishiguro.

E tu, che tipo di lettore sei? Vieni a scoprirlo iscrivendoti al gruppo Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri e facci conoscere le tue letture preferite!

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valentina.leoni@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it