CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 542

Il Carnevale Storico di Aliano arriva al Mercato Centrale Torino

Il 15 febbraio una giornata dedicata a tradizioni, musiche e colori della Basilicata nei luoghi di Carlo Levi.

Sabato 15 febbraio dalle 18:00 al Mercato Centrale Torino prenderà il via una grande festa in occasione del Carnevale. Da sempre il Mercato promuove la cultura in tutte le sue forme e quella di sabato sarà un’opportunità, per il pubblico torinese, di conoscere da vicino il Carnevale Storico di Aliano, che farà tappa anche al Mercato Centrale Torino sabato 15 febbraio.

Il carnevale alianese quest’anno ha preso vita il 16 gennaio e proseguirà fino al 1° marzo, facendo tappa anche in altre città d’Italia: il 15 febbraio sarà anche al Mercato Centrale Torino.

L’evento al Mercato Centrale Torino

A partire dalle 18:00 all’esterno, in piazza della Repubblica, partiranno le animazioni con le musiche del gruppo folk dell’Associazione Emanuele Gianturco di Settimo Torinese, degli U Cirnicchiu e quelle degli Amarimai, che apriranno la pista alla sfilata dello storico Carnevale di Aliano, conosciuto per le sue maschere arcaiche cornute, collegate alla mitologia greca, e per il gruppo di pacchiane. Carnevale Storico di Aliano

Le maschere ricreano creature demoniache il cui carattere minaccioso viene smorzato da cappelli colorati e il loro abbigliamento goffo ispirato alla tradizione contadina e pastorale, alla quale si rifà anche la gestualità degli interpreti. Dalle 19:00 la festa si sposterà all’interno del Mercato e la sfilata delle maschere proseguirà nel plateatico delle antiche ghiacciaie, precedendo il discorso istituzionale di Umberto Montano, presidente del Mercato Centrale, e di Luigi De Lorenzo, sindaco di Aliano. Per chiudere in bellezza, il gruppo U Cirnicchiu continuerà a intrattenere il pubblico con musiche tradizionali, di stampo folkloristico.

 

Il Carnevale Storico di Aliano

Aliano è una piccola cittadina della Basilicata, il paese dei calanchi: un piccolo borgo che conta 930 abitanti, avvolto in un paesaggio che sembra quasi lunare. È conosciuto in particolare per essere stato il luogo in cui lo scrittore Carlo Levi trascorse buona parte del suo periodo di confino, al quale fu condannato per via della sua attività antifascista (1934-36), e dove successivamente scelse di farsi seppellire. La figura dello scrittore è il fil rouge che collega la Basilicata a Torino, sua città natale, e Firenze, unendo idealmente i due Mercati ad Aliano. 

Carnevale Storico di Aliano

Carlo Levi scrisse del paesino (che chiamava Gagliano, imitando la pronuncia locale) molto tempo dopo la fine del suo confino. L’autore torinese in Basilicata si scontrò con una realtà completamente diversa rispetto a quella a cui era abituato. La sua esperienza divenne un’occasione di riflessione sulla questione meridionale e la totale assenza dello Stato nel Mezzogiorno. Ogni anno, in occasione del Carnevale, gli abitanti di Aliano si travestono e indossano le tradizionali maschere cornute che animano la festività e che nel novembre 2018 hanno portato al riconoscimento del Carnevale di Aliano tra i carnevali storici italiani, con decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Anche la storia stessa del Carnevale di Aliano si intreccia con quella dello scrittore Carlo Levi, che così descrisse le maschere nella sua opera più celebre, Cristo si è fermato ad Eboli: “Venivano a grandi salti e urlavano come animali inferociti, esaltandosi delle loro stesse grida. Erano le maschere contadine”.

U Cirnicchiu e il Carnevale Storico di Aliano

Il gruppo nasce con l’intento di recuperare e valorizzare l’antico patrimonio cultura e musicale lucano, sopravvissuto perché tramandato per secoli oralmente. Il lavoro di ricerca avviato nel 1966 ha portato alla rielaborazione di canti, musiche e danze.

Gli Amarimai

Il gruppo è nato a Viggiano (PZ) nel 2006, si compone di circa 13 elementi, tutti uniti dalla passione per la musica e la voglia di valorizzare, salvaguardare e diffondere le tradizioni popolari musicali della Basilicata. Tra le tradizioni etno-musicali recuperate, spiccano il recupero del suono pastorale della zampogna lucana e dell’arpa popolare viggianese.

Associazione Lucana Emanuele Gianturco di Settimo Torinese

L’Associazione nasce con lo scopo di riunire i lucani salvaguardare la cultura e le tradizioni della Lucania e di divulgare i valori civili, culturali, artistici del territorio.

 

INFO
Mercato Centrale Torino
Piazza della Repubblica 25
10125 Torino
T +39 011 0898040
info.torino@mercatocentrale.it
Aperto tutti i giorni dalle 8 a mezzanotte

Le atmosfere piemontesi di Augusto Cantamessa

Nell’ambito delle celebrazioni per il 50° anniversario dell’istituzione della Regione Piemonte, il Consiglio regionale del Piemonte con l’associazione culturale In Arte, in collaborazione con l’Archivio Augusto Cantamessa, presenta la mostra fotografica “Augusto Cantamessa. Atmosfere piemontesi”.

All’inaugurazione, giovedì 6 febbraio alle ore 17.30, partecipano il presidente del Consiglio regionale Stefano Allasia, Cinzia Tesio storica dell’arte, Bruna Genovesio e Patrik Losano curatori dell’Archivio Augusto Cantamessa. 

La mostra presenta trentadue immagini – esclusivamente in bianco e nero – realizzate dal fotografo piemontese Augusto Cantamessa (Torino 1927 – Bibiana 2018) tratte dall’immenso patrimonio fotografico dell’autore, che comprende diversi inediti. Le immagini ripercorrono la storia di oltre mezzo secolo della nostra regione, scoprendo luoghi e paesaggi che diventano istantanee di vita del Piemonte.

La selezione delle opere esposte rimanda ad alcune delle tematiche cardine della ricerca fotografica di Augusto Cantamessa: terra, paesaggi, ritratti. La mostra restituisce immagini colme della bellezza del territorio che nel tempo muta e si trasforma insieme ai suoi abitanti. Tanti sguardi su innumerevoli paesaggi, sulle campagne e sui paesi della provincia e anche su Torino con le sue prestigiose piazze, i suoi quartieri caratteristici, le luci dei Luna park, i giochi dei bambini sulla neve e le zone periferiche avvolte dalla nebbia.

Gli scatti di Cantamessa raccontano un universo di vita vissuta in Piemonte, dagli anni Cinquanta ad oggi, da cui si percepisce una forte appartenenza ai luoghi, attraverso la rappresentazione del paesaggio, di intensi ritratti di contadini, donne e bambini, di operai alle prese con l’edilizia popolare ma anche di persone che passeggiano per le strade della città.

La mostra “Augusto Cantamessa. Atmosfere piemontesi” rimarrà aperta al pubblico fino al 6 marzo, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17. Ingresso gratuito.

 

www.cr.piemonte.it

Pansa e la “Battaglia di Roma” nell’agenda del Pannunzio

Due appuntamenti culturali in programma nei prossimi giorni

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Venerdì 7 febbraio alle ore 15,30 nella Sala Cinema del Museo Nazionale del Risorgimento (piazza Carlo Alberto 8), il Centro “Pannunzio” invita alla proiezione del film di Luigi Cozzi “LA BATTAGLIA DI ROMA 1849”, ispirato al libro di Giovanni Adduci “Un Garibaldino a casa Giacometti”, premiato dal Centro “Pannunzio”. Interverranno Umberto Levra, Presidente del Museo Nazionale del Risorgimento e lo storico Pier Franco Quaglieni. L’iniziativa è promossa in occasione dei 170 anni dagli avvenimenti narrati nel libro e nel film.Prenotare a info@centropannunzio.it
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Martedì 11 febbraio alle ore 17,30, a Palazzo Cisterna (via Maria Vittoria 12), il Centro “Pannunzio” organizza un RICORDO DI GIAMPAOLO PANSA, recentemente scomparso. Ricorderanno il giornalista che scrisse su “La Stampa”, “Il Giorno”, “Il Corriere della Sera”, “La Repubblica”,” L’Espresso”, “Panorama” e l’autore coraggioso di numerosi libri di grande successo sulla storia italiana,  Marco Castelnuovo, Gianni Oliva, Pier Franco Quaglieni. A Pansa fu conferito nel 2006 il Premio “Pannunzio”.Coordina Elisabetta Cocito .

Pelagio Palagi a Torino. Fino al 9 febbraio

In Galleria Sabauda, omaggio al grande architetto che firmò il restyling delle più importanti residenze reali di Casa Savoia

Fino al 9 febbraio 2020

A Torino, il bolognese Pelagio Palagi, formatosi – sotto la guida del conte mecenate Carlo Filippo Aldrovandi – all’Accademia Clementina di Bologna, arriva all’età di 57 anni. Era il 1832. E di esperienza, assolutamente poliedrica, Palagi ne aveva già maturata parecchia. Dal 1806 al 1815 aveva infatti lavorato a Roma, collaborando anche con Antonio Canova nell’ambito dell’ Accademia Italiana, gomito a gomito con gli artisti allora più rappresentativi del neoclassicismo italiano. Parentesi formativa importante, cui seguirono gli anni trascorsi a Milano, dove Pelagio apre una scuola privata (in diretta concorrenza con l’Accademia di Brera) e dove si dedica soprattutto alla ritrattistica e alla pittura di figura, producendo opere per la grande committenza privata in cui la lezione classicista viene spesso solleticata dalle cifre storico-romantiche assimilate attraverso l’incontro con Francesco Hayez, il massimo interprete della svolta romantica dell’arte lombarda. Alla fine degli anni Venti, ottiene l’incarico di eseguire gli interventi architettonici, d’ornato e di progettazione scultorea del Palazzo Arese Lucini e della Villa Cusani Tittoni Traversi di Desio.

Fu probabilmente in quegli anni che la sua fama di eclettico artista, architetto, pittore, scultore, disegnatore e decoratore d’interni (ma Palagi nutrì, fin dagli anni romani, anche profondi interessi archeologici e collezionistici) giunse fino alla Corte dei Savoia e alle orecchie di un re come Carlo Alberto – per il quale la cultura rappresentò sempre una parte più che importante nell’ambito dei suoi interessi personali e della sua non poco faticosa avventura politica – che nel 1832 lo volle a Torino (dove visse fino al 1860), in qualità di “Pittore preposto alla decorazione dei Reali Palazzi”. Per il Palagi, iniziano allora gli anni del massimo fervore artistico (ottiene anche la cattedra di Ornato all’Accademia Albertina di Belle Arti) e del successo conclamato, dedicandosi, fra gli altri, ai progetti di ripristino del Castello di Racconigi e di Pollenzo, ma soprattutto all’ammodernamento del Palazzo Reale di Torino, luogo per eccellenza in cui l’arte del Palagi ha raggiunto la sua massima espressione, testimoniata per l’appunto dai 31 fogli, selezionati fra le centinaia custodite dalla Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna e cuore della mostra ospitata fino al 9 febbraio dell’anno prossimo nello “Spazio Scoperte” della Galleria Sabauda torinese, messi in dialogo, dove possibile, con le opere concretamente realizzate, cui gli stessi disegni si riferiscono.

Progetti (mirabili anche sotto l’aspetto prettamente grafico e coloristico) che ben raccontano la struttura monumentale, in conformità alle grandi ambizioni del sovrano e al cerimoniale di corte, che il grande architetto volle conferire alla principale residenza dei Savoia. Il suo fu un attento e geniale lavoro di restyling, supportato dalla stretta collaborazione con un team di “professionisti” di prim’ordine: di pittori (Francesco Gonin e Carlo Bellosio), scultori e stuccatori (Giuseppe Gaggini, Francesco Somaini e Diego Marielloni), ebanisti (Gabriele Capello detto il Moncalvo) e bronzisti (ditta Colla e Odetti, Manfredini e Viscardi). L’esposizione (curata da Giorgio Careddu, Franco Gualano e Lorenza Santa dei Musei Reali, con la collaborazione di Marinella Pigozzi dell’Ateneo bolognese) assembla, accanto ai disegni progettuali relativi al Salone delle Guardie Svizzere e alle principali Sale di Rappresentanza, anche alcune opere effettivamente realizzate e tuttora conservate a Palazzo Reale: dal dipinto raffigurante “San Michele Arcangelo”(olio su tela del 1844) del milanese Carlo Bellosio esposto per la prima volta a Torino, al taboretto “stile Impero” scolpito in legno dorato (uno dei dodici progettati per la Sala del Consiglio e delle Udienze) fino al candelabro figurato in bronzo dorato opera di Manfredini e Viscardi. Ampio rilievo è dato alla progettazione della grande Sala da Ballo, certamente fra le sale neoclassiche più belle d’Europa per la ricchezza dei materiali utilizzati e per la qualità artistica delle opere incluse.

A seguire, i preziosi disegni realizzati per le Sale allestite al Secondo Piano di Palazzo Reale per le nozze di Vittorio Emanuele II celebrate nel 1842 e quelli per la Cancellata in bronzo di Piazzetta Reale e per i Giardini interni. Infine al Piano Nobile è possibile seguire un vero e proprio itinerario pelagiano, con rimandi ai disegni in mostra e visite guidate anche ad ambienti del Secondo Piano normalmente chiusi al pubblico, come i suggestivi Salotto Blu e Salotto Rosso, completamente riallestiti dal Palagi.

Gianni Milani

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“Pelagio Palagi a Torino. Memoria e invenzione nel Palazzo Reale”

Galleria Sabauda – Palazzo Reale, piazzetta Reale 1, Torino; tel. 011/19560449 o www.museireali.beniculturali.it

Fino al 9 febbraio 2020

Orari: dal mart. alla dom. 8,30/19, lun. 10/19

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Nelle foto

– Palazzo Reale di Torino Sala da Ballo
– Pelagio Palagi: disegni in esposizione
– Candelabro in bronzo dorato (ditta Manfredini e Viscardi)
– Carlo Bellosio: “San Michele Arcangelo abbatte Lucifero”, olio su tela, 1844

 

 

 

 

 

 

In un semplice giorno d’inverno

Stagione molto particolare, l’inverno. Tempo capace, come scriveva Victor Hugo, di cambiare “in pietra l’acqua del cielo e il cuore dell’uomo”

Ma è anche il periodo che più di altri favorisce l’immaginazione, fa pensare, aiuta i ricordi, la fantasia. Riordina i pensieri e genera storie. Se poi le storie diventano racconti e questi, uno in fila all’altro, diventano un libro come “In un semplice giorno d’inverno” (Impremix Edizioni Visual Grafika) ai lettori non resta che sfogliarlo e scoprirne piacevolmente il contenuto. Già il titolo è indicativo e l’autrice, Maria Teresa Carpegna, ambienta in questa stagione, nelle giornate che precedono le feste di fine anno, tra nebbie, neve e silenzi che le precedono e che seguono, quattordici storie di uomini e donne come tanti “ la cui vita scorre, giorno dopo giorno, nella felicità ingannevole o nella semplice serenità”.

 

Dal primo racconto, profondo e garbato, dove la statuetta di Gesù bambino porta alla memoria protezione e complicità nei tempi orribili della persecuzione degli ebrei da parte dei nazisti, agli altri dove le emozioni che ognuno di noi ben conosce – quelle belle e serene, e quelle amare e dure – riflettono ciò che portiano dentro. I vicini di casa, lo scrittore che vive la crisi della sua famiglia e tra i boschi cerca il modo di chiudere la sua vita e poi, mezzo assiderato, viene salvato e avverte un calore diverso, nella sua mente e nel cuore;una dolce e triste prostituta che legge i libri ad un uomo rimasto eterno bambino mentre in un’altra vicenda ecco ancora una donna che avverte come una rivelazione, dopo l’ictus che ha colpito l’amante, un profondo senso di solitudine e la necessità di tornare a vivere la propria vita, di essere generosa con se stessa e di non sprecare in una storia sbagliata gli anni migliori della sua gioventù. A volte basta una foto, come nel racconto “Una diversa carestia”, a far maturare una maggior coscienza su ciò che accade attorno a noi mentre “Un appuntamento al buio”, nato come uno scherzo malizioso finisce paradossalmente con la più classica applicazione della legge del contrappasso. Ci sono quasi sempre, nei racconti, la neve e la montagna che l’autrice (nata a Giaveno e residente in una borgata sopra Coazze) conosce e ama e sullo sfondo, il profilo invernale di Torino, con le sue luci e l’anima complessa, rigorosa, persa in lunghi e laboriosi silenzi, interrotti da brevi e sporadici sprazzi di allegria durante il periodo delle feste.

 

Nei racconti di Maria Teresa Carpegna ci sono anche solitudine e amarezza per quel che avrebbe potuto essere e non è stato, per le scelte che richiedevano un coraggio che non si è avuto. Spesso c’è un ultima possibilità, un possibile riscatto come i genitori separati che si riconciliano con il figlio o l’affetto della pianista nei confronti della ragazza che, nonostante il suo enorme problema, ama davvero la musica. La celebre artista, infastidita dalle banalità, prova così un piacevole stupore che esplode in una imprevista tenerezza e nella piena comprensione di un sentimento sopito. Più o meno tutte le vite rappresentate nelle quattordici storie che danno corpo a “In un semplice giorno d’inverno” sono lievi, malinconiche o divertenti, proponendo minuscoli e inaspettati eventi che porteranno ad imprevedibili sviluppi. Può essere un disvelamento come in “Tutta la vita davanti”, un gesto d’altruismo e d’amore per i libri ( in “Flessibilità”, ad esempio, i testi sono quelli che raccontano, in parole e cifre, la contabilità di una piccola drogheria) oppure un’altra opportunità nonostante la crisi abbia stravolto abitudini, attività e vite come in “Piste da sci”. I libri sono come gli specchi e spesso riflettono l’anima di chi li scrive. Maria Teresa Carpegna ha sempre lavorato con i libri. Ha gestito per diversi anni, insieme al marito, una libreria a Giaveno e ora si dedica alla cura dei testi come editor e talent scout, insegna in corsi di scrittura narrativa e organizza laboratori su vari temi, sempre dedicati alla scrittura. Questa raccolta di racconti è la sua prima “prova d’autore”. Alla fine dei ringraziamenti, a fondo pagina, si augura che siano piaciuti perché, scrive, “temo non sarà che l’inizio”. Personalmente mi sento di commentare che questa è davvero una buona notizia per noi lettori.

Marco Travaglini

Dieci candidature agli Oscar ma quel che più ti affascina sono gli apporti tecnici

Sugli schermi “1917” di Sam Mendes

 PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

E allora che dire di questo 1917 che Sam Mendes – magnifico autore di titoli quali American Beauty o Era mio padre, Jarhead o Revolutionary Road – ha scritto e diretto, mettendo da parte le proprie incursioni bondiane e tornando con la memoria ai racconti di guerra del nonno Alfred, che aveva combattuto per due anni sul fronte francese? di un titolo che già s’è aggiudicato i Golden Globe per il miglior film e la miglior regia, che da un paio di giorni si fregia di sette premi Bafta (miglior film, miglior regia, miglior film britannico, miglior fotografia tra gli altri) e che tra una settimana – Tarantino e Bong Joon Ho permettendo, troppo presto Scorsese essendo stato messo fuori da ogni competizione – potrebbe stringere una o più (dieci le candidature raccolte) di quelle statuette che “somiglia(no) tanto a mio zio Oscar”? di un titolo che sbandiera a cuore aperto i sentimenti del pacifismo, che parla di amicizia e di sacrificio e di orrori bellici, che ha tutti i numeri per intenerire i cuori dei membri dell’Academy?

In un giorno d’aprile del 1917 a due giovani caporali, Blake e Schofield, il generale Erinmore (Colin Firth) affida l’ordine di bloccare l’attacco del colonnello Mackenzie (Benedict Cumberbatch) e del suo battaglione di 1600 uomini su un nemico in fuga, ignorando questi che quella ritirata altro non è che una trappola, infida e strategica, che al contrario nasconde subdolamente una nuova offensiva che vedrebbe la sanguinosa carneficina di tutti quegli uomini. Blake, inoltre, è spinto più di ogni altro in quell’impresa, dal momento che tra le forze di quell’attacco c’è anche suo fratello. Si tratterà di percorrere le prime trincee e di riversarsi nella terra di nessuno, di attraversare terreni dilaniati dalla battaglia, di immergersi in buche ed in enormi pozze d’acqua piene di carcasse d’animali e di cadaveri su cui passeggiano corvi e topi, di incrociare visi orribili e mani ridotti a scheletri, di isolarsi tra casolari abbandonati, di cadere dentro le pericolose acque di un fiume, di addentrarsi in un villaggio ridotto a macerie dove ancora si può nascondere un fuoco accogliente ed una donna da proteggere, o in un bosco dove qualcuno ha ancora la forza di intonare una canzone che raccolga lo spirito di speranza di ognuno, di raggiungere il comando per il compito finale. Un viaggio, metro dopo metro, con tutta la propria fatica, forse sotto l’occhio invisibile del nemico, appena una decina di chilometri, cadenzato nel tempo reale, dove con la macchina da presa Sam Mendes inventa un continuo, lungo quanto “falso” piano sequenza, un (saggio) esperimento interrotto da espedienti, da momenti di buio, dal passaggio dai chiarori della giornata alle ombre della notte. Una macchina da presa che s’incolla ai protagonisti, a Schofield (George MacKay, il suo compagno è Dean-Charles Chapman) soprattutto che sarà costretto ad un certo punto a proseguire la strada da solo, che non li molla un istante, che scava di fronte o alle spalle, che cattura le varie stazioni della missione, le emozioni, le paure, i pochissimi momenti di pretesa ironia: ma il giudizio trattenuto sul terreno del condivisibile di chi scrive è perché spesso hai la netta sensazione che la sceneggiatura scritta dal regista e da Krysty Wilson-Cairns sia più costruita che umanamente vissuta (un episodio per tutti: il breve incontro tra il soldato e la giovane donna mentre tutto intorno, nel paesino di Ecoust brucia) e che il personaggio principale non riesca a costruire e mostrare un significativo svolgimento psicologico. E proprio quello che dovrebbe essere il fiore all’occhiello di 1917 – l’uomo avvolto da quel incessante (?) piano sequenza – finisce col dare sì un senso di claustrofobia tra quelle distese di desolazione, ma altresì con l’appiattire tutto quanto è racconto ed emozione.

Non è un impoverimento del film: ma quel che più ti affascina sono gli apporti tecnici, la grande squadra che ha inventato e costruito meraviglie al film. In primo luogo le scenografie di Dennis Gassner e Lee Sandales, la fotografia di un maestro come Roger Deakins (ha “appena” vinto l’Oscar due anni fa per Blade Runner 2049 ma perché non ridarglielo?), entusiasmante, con quei notturni che sono un vero capolavoro, la colonna sonora di Thomas Newman o gli effetti speciali o i montaggi sonori. Mentre rimane ben in piedi la validità dell’idea e della costruzione di Mendes, nella memoria, tra gli autori che ci hanno raccontato il grande conflitto, restano altri nomi, il nostro Rosi o l’immenso Kubrick.

Il buio dei manicomi: a Racconigi doppio appuntamento

“I colori del nero” e “Camille” sotto il segno di Progetto Cantoregi

Venerdì 7 e sabato 8 febbraio
Racconigi (Cuneo)

Due eventi, uno letterario e uno teatrale, per raccontare le vite – non vite che si consumarono all’interno dei manicomi. In Italia, nel “Chiarugi” di Racconigi, (sarcasticamente chiamato dai racconigesi “La Fabbrica delle Idee” e chiuso nel 1981 dopo l’entrata in vigore della legge “Basaglia”) e in Francia, nell’ospedale psichiatrico di Montfavet-Avignon , dove fu rinchiusa e dove morì la scultrice francese Camille Claudel. La proposta del doppio appuntamento arriva da Progetto Cantoregi – la nota compagnia teatrale fondata a Carignano nel ’77 dal regista e autore Vincenzo Gamna – in collaborazione con la Città di Racconigi e il locale Centro Culturale “Le Clarisse”. Luogo del duplice incontro, la SOMS (via Carlo Costa, 23), l’ex Salone Sociale di Racconigi appartenuto alla “Società Operaia di Mutuo Soccorso” e trasformato nel 2019 da Progetto Cantoregi in “spazio di comunità, partecipato e multiculturale”.


Il primo incontro é in agenda per venerdì 7 febbraio, ore 21, con lo scrittore Giovanni Tesio (già ordinario di Letteratura Italiana all’Università del Piemonte Orientale e per trentacinque anni collaboratore de “La Stampa”) che presenterà il suo nuovo libro “I colori del nero. Arte e vita nel manicomio di Racconigi” (Mercurio editore), insieme a Francesco Occhetto e con accompagnamento musicale al violoncello di Simona Colonna. Il volume racconta storie e vicende degli utenti dell’ospedale, soffermandosi sul fondamentale ruolo che l’arte e l’arteterapia hanno avuto nel fornire ai degenti validi strumenti per poter esprimere le proprie emozioni e il proprio mondo interiore. La presentazione sarà anche accompagnata da un’esposizione di disegni che furono realizzati da alcuni utenti dell’ex ospedale psichiatrico.

Sarà invece una toccante pièce teatrale titolata “Camille”, quella programmata per sabato 8 febbraio, ore 21, e dedicata alla vita intensa e tormentata della celebre scultrice francese Camille Claudel (1864 – 1943), allieva e musa ispiratrice di Auguste Rodin, internata in manicomio, dove trascorse trent’anni della sua vita, accusata di pazzia e paranoia. Accompagnato dalle musiche di Arturo Annecchino, elaborate dal vivo da Michele Rosati, lo spettacolo vede l’ideazione e l’interpretazione dell’attrice Astra Lanz, nota al grande pubblico per aver interpretato il ruolo della giovane madre superiora Suor Maria, nella fiction di “Don Matteo”, accanto a Terence Hill. “Camille” è tratto dalle lettere scritte dalla stessa scultrice prima e durante l’internamento in manicomio (avvenuto nel 1913), risalenti all’arco di tempo tra il 1886 e il 1932, e rappresenta un viaggio nella vita dell’artista, soprattutto nel suo mondo interiore, con le sue passioni, i conflitti e le modalità di reazione agli avvenimenti. “Ciò che propongo – spiega Astra Lanz –  è una suggestione di Camille nel suo atelier, ed io stessa sono spettatrice del processo che le sue lettere mi hanno suggerito. Il mio non è un lavoro studiato a tavolino, quindi meno artificio c’è meno si viola lo spazio intimo di una persona che è stata realmente rinchiusa in manicomio trent’anni, che ha realmente sofferto e scritto, chiedendo aiuto”.


Info: 335/8482321 – 338/3157459 – www.progettocantoregi.it -info@progettocantoregi.it Fb Progetto Cantoregi – Tw @cantoregi – IG Progetto Cantoregi

g. m.
 

Le foto di Astra Lanz in “Camille” sono di Marina Magri

 

Apeiron: materia indefinita, immortale e indistruttibile

Poesia / a cura di Alessia Savoini

Thauma
Apeiron: principio infinito e indeterminato dal quale tutte le cose hanno origine e nel quale tornano a dissolversi quando si conclude il ciclo stabilito per esse da una legge necessaria. È una materia in cui gli elementi non sono ancora distinti, è materia indefinita, immortale e indistruttibile, quindi divino.
Anassimandro
***
Quando le viscere siderali delle nascite
implosero
nella contaminazione cosmica delle terre
e negli oceani di Saturno si polverizzarono le acque,
quando i miti dell’altrove divennero stigma di celebrazione dei popoli,
indotti o sedotti
dal più lontano squarcio visibile di cielo,
attribuendo all’impermanenza mortale delle stelle
la causa delle loro influenze,
quando circostanziati dai confinanti orizzonti dei cedri
inquadrarono la libra della colpa,
quando
– ancora –
la propensione dei rami attingeva vita dal respiro del sole,
allor si sgretolarono i dardi delle divine imputazioni,
e
quivi
l’impatto delle astinenze,
la cornice delle introspezioni;
nel ventre dell’ignoto,
il calamo delle parvenze.
Scorgo gli esotici fluidi del plesso ancestrale,
ricordo
il sollazzo nei meandri delle acque uterine,
sotto la cripta costolare del palpito,
quando,
scalza,
vestivo d’indulgenza il prurito dei paguri
al rilascio dell’onda come unico atto di approdo.
Ho riposto nelle urne siderali del credo
il significato ultimo dell’essere,
senza per questo riuscire a salpare l’ancora dalle estorsioni del sentimento.
Tedio.
Inapparenza si cela
  all’anarchico istinto di prevaricazione
e sottoponendosi all’umile condizione della carne,
nella percezione esprime le sue pretese.
Che l’esistenza organica tutta si risolve nel presente.
Tranne che per un sintomatico effetto di persuasione cognitiva,
come se lo stupore potesse accostarsi al dolore nell’inferenza assiomatica della percezione,
ostacolato dalla capacità sovversiva della coscienza di autopreservarsi dall’assoluto.
La perversione del tempo annienta sé stesso
e ai dettami dell’oblio
si rende possibile la nascita di una nuova coscienza,
quando il siero fecondo della carne decade nel ventre olistico della  convergenza.
Ed ogni lascito supernovistico si esaurisce nell’eco della sua luce,
fintanto che la morte
dell’ultimo istante visibile
collide nel vuoto creativo delle cose che si susseguono.
Anche una stella è soggetta all’oblio.

Synästhesie, sensazioni differenti in un’unica visione

I Synästhesie presentano “Bless”, il nuovo Ep che mostra le sfaccettature più scure e vicine al clubbing del duo torinese pubblicato con l’etichetta spagnola Awen Records

Si chiamano Emiliano Di Clemente e Simone Mancin, due giovani che nel 2014 hanno iniziato a collaborare grazie all’amore di entrambi verso generi musicali come la progressive house, la new wave, l’electronica ed il filone techno.

Da lì è nato Synästhesie, la parola tedesca che indica la Sinestesia, un disturbo che assegna ad una stimolazione sensoriale una diversa percezione. È proprio questo il concetto alla base del loro progetto: due menti che percepiscono sensazioni differenti e ne creano una visione unica.

Negli anni seguenti sono arrivate le prime release, con l’Ep “Tunnel” su Inlab Recordings, e le uscite su Inner Symphony (Steyoyoke), il singolo “Lotus” (remixato poi da Clawz SG) e il remix di “The Miracle Of A Million Lights” di Rauschhaus; questi ed altri brani inediti sono stati supportati da artisti del calibro di Tale Of Us, Øostil e SOEL. I loro set si distinguono per l’uso della melodia e per la grande varietà di sound e generi che caratterizzano l’intero progetto.

Oggi, 3 febbraio, è la volta di Bless, che in due tracce mostra come i due ragazzi italiani abbiano intrapreso un viaggio tra sonorità techno e melodie progressive, quasi oniriche. La title track “Bless” ed il secondo brano “Materia Oscura” stanno già riscuotendo un buon successo nell’ambiente underground, ricevendo il supporto di artisti di fama internazionale. E da oggi il loro «piccolo viaggio oscuro» è su Spotify e su tutti gli store digitali

“Vitamine Jazz”, i nuovi concerti

Gli appuntamenti della settimana all’Ospedale Sant’Anna per la rassegna“Vitamine Jazz” già arrivata al centocinquantottesimo concerto e alla sua terza stagione, organizzata per la “Fondazione Medicina a Misura di Donna” e curata da Raimondo Cesa

I concerti avranno inizio dalle ore 10.00 nella sala Terzo Paradiso in via Ventimiglia 3 aperta al pubblico, dedicata alle pazienti e ai loro cari.

Martedi 4 febbraio “Flow Mind ”

Sara Voghera voce
Davide Ferro chitarra
I “Flow Mind” sono un duo acustico composto da Sara Voghera e Davide Ferro, rispettivamente una cantante e un chitarrista di Torino. Hanno iniziato a collaborare a partire dal 2014. Nel corso degli anni si sono esibiti in atelier, sale concerti e altri locali di Torino. Il loro repertorio spazia dallo smooth jazz al blues.


Giovedì 6 febbraio sarà la volta del gruppo “Jazz Tape”

Arianna Cibonfa, voce
Maurizio Malano, chitarra

Il progetto “Jazz Tape” nasce dall’unione artistica tra la cantante Arianna Cibonfa e il chitarrista
Maurizio Malano entrambi musicisti jazz e amanti di musica italiana
anni ’50 e ’60.
I Jazz Tape, come una pellicola di un vecchio film, guidano l’ascoltatore in un viaggio
attraverso i più bei brani del cinema, il tutto arricchito da standard jazz, cantautorato
italiano anni ’50 e ’60 e sonorità attuali. Voce e chitarra sono le protagoniste
in una serata in cui il jazz fa da filo conduttore.

ARIANNA CIBONFA

Studia canto moderno e jazz da dodici anni, prima in scuole private
e poi al Conservatorio “G.F. Ghedini” di Cuneo dove nel 2019 consegue il Diploma di II
Livello in Canto Jazz con il massimo dei voti. Durante il suo percorso accademico, entra in contatto con numerosi docenti di spicco del panorama nazionale: Tiziana Ghiglioni, Danila Satragno, Barbara Raimondi, Laura Conti, Luigi Bonafede, Riccardo Zegna, Riccardo Fioravanti, Luigi Martinale, Bruno Mosso e
molti altri. Approfondisce lo studio della voce attraverso Masterclass con importanti cantanti americane,
tra cui Jay Clayton e Liane Carroll. Fa parte di diverse formazioni musicali fra cui, il quartetto “BlindWink” formatosi sul territorio cuneese dove, tra i suoi membri, vanta Riccardo Serra (fondatore dello storico gruppo occitano Lou Dalfin), dal 2016 ricopre il ruolo di docente di Canto moderno e jazz in diverse scuole private.

MAURIZIO MALANO

Ha conseguito le Lauree Ordinamentali di Secondo e di Primo Livello in Chitarra Jazz al conservatorio “C. F. Gedini” di Cuneo, entrambe con la valutazione di
110 e lode, con la docenza di insegnanti del calibro di Alessio Menconi,
Riccardo Galardini, Riccardo Fioravanti, Luigi Bonafede, Riccardo Zegna, Gianni Negro,
Luigi Martinale, Gianluca Tagliazucchi.
E’ titolare del corso di chitarra moderna (Rock, Blues, Jazz) presso l’associazione “Musica
Insieme” di Grugliasco (To), presso “MusicLand & DanceLand” di Ciriè (To).