“Dal Canavese alla terra dei due laghi” è il titolo dell’incontro promosso dall’ associazione culturale azegliese Artev per sabato 1 Giugno, alle 21.00. L’iniziativa si terrà alla Residenza di campagna “Fuori porta d’Azeglio”, in via Roma, 1 bis del comune nell’estremo lembo nord-orientale del Canavese. Interverranno, moderati da Rosalba Pennisi dell’Artev, gli scrittori Barbara Castellaro e Marco Travaglini. Tre i libri che saranno presentati. Il primo, “La curva dei persici”, ambientato sul lago d’Orta,in un luogo immaginario, sospeso nel tempo, dove la vita scorre tra grandi e piccoli avvenimenti sullo sfondo del più romantico dei laghi italiani, battuto dal vento fresco delle Alpi. “Le voci del silenzio” è una Spoon River nata sulle sponde canavesane della Dora Baltea. E’ lì che, tra i viali della memoria, Barbara Castellaro ha riallacciato le storie e le vite di persone straordinariamente normali per i più e del tutto speciali per la scrittrice nata a Ivrea. Racconti che strappano dall’oblio i profili di alcuni protagonisti, risarcendoli delle sfortune che hanno sofferto in vita. In quattordici capitoli si snoda il “lessico familiare” dell’autrice, dalla triste storia di Antonio – suo nonno materno – all’orgogliosa e libera personalità di Lia, dal povero caldarrostaio Quasimodo allo zio Pierone e alla “nonna” Sila che costruiva zoccoli intagliandoli nel legno. Per lo storico Gianni Oliva, che ha curato l’introduzione, si tratta del “recupero delle memorie passate che compongono una realtà emotiva presente”. Ultimo libro, “Il tempo dei maggiolini” con Marco Travaglini che prova a dare voce a quel mondo piccolo fatto di memorie, dove il passato rimanda a tempi meno facili ma più ricchi di semplicità, di saggezza antica, di rapporto umano. “Erano gli anni delle case di ringhiera, dei grandi prati non ancora invasi dal cemento, delle quattro stagioni – commenta lo scrittore Benito Mazzi nella prefazione -, delle primavere verdi punteggiate di rondini e maggiolini; delle serate estive sfolgoranti di lucciole, sull’aia o davanti alla calma scura del lago ancora impregnato dei caldi profumi del giorno, delle creme solari“. Barbara Castellaro, giornalista e scrittrice eporediese, vive a Torino e nel 2002 ha curato, presso la Olivetti di Ivrea, la scelta delle opere e del catalogo della mostra “55 artisti del Novecento dalla raccolta Olivetti”, in collaborazione con Renzo Zorzi. Marco Travaglini, anch’esso giornalista e scrittore, bavenese di nascita e torinese d’adozione, ha vissuto a lungo sui laghi Maggiore e d’Orta.
Giorgio De Chirico. Ritorno al futuro
Alla GAM di Torino, la “Neometafisica” di de Chirico: fra autocitazioni del passato e un suggestivo dialogo con gli emuli dell’arte contemporanea
Il sipario s’apre sull’“Orfeo trovatore stanco”, olio su tela del 1970, capolavoro dei cosiddetti “anni neometafisici” (1968 – 1978) che assembla in cornice molti elementi e periodi dell’opera di de Chirico, dalle “Piazze d’Italia” ai “Manichini” senz’ occhi (riferimento – secondo Maurizio Calvesi – al mito dei poeti ciechi appartenente alla tradizione dell’antica Grecia), fino agli “Archeologi” e ai “sipari teatrali” caratteristici della sua ultima pittura. Il dipinto è dunque una sorta di autoritratto ideale dell’ormai ultraottuagenario Giorgio de Chirico (Volo, Grecia, 1888 – Roma, 1978), che, messi da parte gli enigmi e i tormenti del passato – non mai tuttavia pienamente alle spalle – dialoga con i manichini della “Tristezza della primavera”, con “Il pensatore” e “Il meditatore” per arrivare fino ai giocosi colorati “ Bagni misteriosi” realizzati nel ’73 per la XV Triennale di Milano e a “Il nuotatore nel Bagno misterioso” del ’74, entrambi suggestivi d’après dei “Bagni misteriosi con cigno” del ’58, anch’esso presente in rassegna. Curata da Lorenzo Canova e Riccardo Passoni, la mostra “Giorgio de Chirico. Ritorno al futuro”, ospitata alla GAM di Torino fino al prossimo 25 agosto e promossa da Fondazione Torino Musei, GAM e Associazione Metamorfosi (in collaborazione con la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico), assembla complessivamente un centinaio di opere, provenienti da importanti musei, enti, fondazioni e collezioni private; 48 a firma del pittore di Volo, le restanti realizzate da quella ricca generazione di artisti che, in particolare dagli anni ’60 in poi, si ispirarono alla sua opera. Di de Chirico alla GAM si rivive l’ultima sua stagione esistenziale e artistica, quella della neometafisica appunto, la più celebre e celebrata, stagione di ricerca e di rielaborazione di temi degli anni Dieci – Venti – Trenta ripensati sotto una nuova luce, attraverso il gusto di una cromia più accesa accompagnata ad atmosfere più serene, meno inquiete e perfino sottilmente ironiche, rispetto a quelle più severe e pensose della prima Metafisica. Per de Chirico, il tempo del ritorno e di una nuova partenza. Il tempo del dialogo e del confronto, intenso e vitale, con le nuove espressioni e tendenze dell’arte contemporanea italiana e internazionale. Che a lui guarda, nelle sue varie forme e cifre stilistiche, come al Maestro cui rendere omaggio quale precursore per eccellenza delle nuove Avanguardie. Capita con Andy Warhol (“Ogni volta –diceva il padre della Pop Art- che vedevo i quadri di de Chirico mi sentivo vicino a lui”), di cui la mostra presenta un’intrigante riproduzione seriale delle celebri “Muse inquietanti”; e accanto a Warhol il “museo” di Ugo Nespolo, le ricerche di Mario Schifano e il “De Chirico”, sovrapittura su lamiera dell’’88 di Mimmo Rotella, insieme al prosecutore (fra i più importanti) della Metafisica Fabrizio Clerici e a grandi artisti internazionali come Henry Moore (suo il notevole bronzo “Nuclear Energy” del ’64), Philip Guston, Bernard e Hilla Becher. Una quarantina gli artisti omaggianti de Chirico, in un lungo percorso in cui si alternano opere di Valerio Adami, Franco Angeli, Mario Ceroli, Lucio Del Pezzo, Giosetta Fioroni, Gino Marotta, Concetto Pozzati ed Emilio Tadini. Per non dimenticare Renato Guttuso e Ruggero Savinio, con i maestri dell’Arte Povera Giulio Paolini (con la sua “Caduta nel mondo”, super omaggio a de Chirico del 2009) e Michelangelo Pistoletto, insieme alle visioni concettuali di Fabio Mauri, Claudio Parmiggiani, Luca Patella e Vettor Pisani, fino alle “ombre geometriche” di Giuseppe Uncini, agli scatti fotografici di Gianfranco Gorgoni, alle sculture di Mimmo Paladino, via via per arrivare al “mistero”dell’“Opera Ubiqua” di Gino De Dominicis, alle opere di Alessandro Mendini, ai “gladiatori” di Salvo e ai “tableaux vivants” di Luigi Ontani che in una foto in bianco e nero acquerellata fa il verso all’“Autoritratto nudo” realizzato da de Chirico nel ’45. Fra i protagonisti delle ultime generazioni: Juan Munoz, Vanessa Beecroft e Francesco Vezzoli, che fa di Sofia Loren la statuaria protagonista di una “piazza italiana” di dechirichiana memoria. In mostra si trova anche un’animazione digitale di Maurice Owen e Russel Richards, insieme a opere delle Collezioni della GAM, firmate da Claudio Abate, Gabriele Basilico, Luigi Ghirri, Franco Fontana e Fausto Melotti. Una piccola ma preziosa sezione è riservata al tema della citazione e della copia, dove a un disegno originale di Michelangelo, proveniente da Casa Buonarroti, si affiancano i disegni di de Chirico dedicati allo studio degli affreschi della Volta della Cappella Sistina e due tele, dedicate sempre a Michelangelo, di Tano Festa, fra i primi a comprendere la forza innovativa della pittura di de Chirico in quel suo collegarsi all’arte del passato “che, nella curva del tempo,ha il potere – scrivono i curatori della mostra – di rifondare l’arte del futuro”.
Gianni Milani
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“Giorgio de Chirico. Ritorno al futuro”
GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, via Magenta 31, Torino; tel. 011/0881178 o www.gamtorino.it
Fino al 25 agosto
Orari: dal mart. alla dom. 10/18; lunedì chiuso
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Nelle foto
Tra i brani inediti, anche uno scritto da Roberta Faccani
Silvia Mezzanotte torna sul mercato discografico il 31 maggio con il nuovo album ‘Aspetta un attimo’ (Fluido Records/SELF), preceduto dall’omonimo singolo che sta scalando la classifica dell’airplay radio indipendenti. Un disco maturo, importante, introspettivo dove spiccano, tra gli altri, Pino Marcucci (autore di molti brani per Josè Carreras), Giuseppe Fulcheri (Oxa, Mogol, Irama, Groff) e Roberta Faccani, anche lei voce, per qualche anno, dei Matia Bazar. Le tracce dei brani sono legate tutte da un fil rouge insolito: la riflessione. In un’epoca nella quale la velocità di dare risposte, anche al mercato, è diventato uno stile di vita, Silvia Mezzanotte è andata, invece, in controtendenza, prendendosi il giusto tempo per capire quale fosse la direzione più giusta per lei. “Questa pausa mi ha fatto bene – confessa l’artista – anche se è stato emotivamente difficile: non mi ero mai fermata per paura di perdere tempo, di essere dimenticata. E se guardo indietro e riavvolgo la mia storia da quando ho debuttato, giovanissima e spaventata, sul palco di Sanremo nel 1990 penso di essere stata fortunata: perché la vita mi ha dato molte possibilità, dal lungo viaggio con i Matia Bazar, con i quali ho vinto Sanremo, sino alla vittoria di Tale e Quale Show, esperienza che mi ha costretta a superare i limiti della mia comfort zone. In quel periodo tutti mi dicevano che dovevo uscire con un album. Ho scelto di non farlo, poichè ho capito di voler crescere ancora un po’: evitando così di realizzare un disco soltanto perchè, mediaticamente parlando, era il momento giusto“. Questo l’ha portata, così, a realizzare un lungo tour in Italia e all’estero con il suo recital teatrale Le mie Regine, nonché a collaborazioni straordinarie con artisti del calibro di Michael Bolton e Dionne Warwick (con la quale ha inciso un duetto che sarà presentato a breve). Da poche settimane, invece, è partita l’avventura di ‘All together now’, dove Silvia Mezzanotte è tra i protagonisti dello show musicale condotto da Michelle Hunziker e J-Ax in onda su Canale 5. Prosegue l’artista: “In questo ultimo periodo ho osservato e vissuto questa strana epoca così frettolosa, nella quale l’impulsività ci porta a fare e dire cose delle quali, spesso, ci pentiamo. Ci raccontiamo che seguiamo l’istinto. Ma non è così. Un giorno, leggendo un libro, ho scoperto l’amigdala, una ghiandola del cervello che gestisce le emozioni, soprattutto la paura. Uno strumento di difesa indispensabile per i primitivi, perché fa scattare l’adrenalina e reagire al pericolo. Ma che ormai usiamo anche per comprare un paio di scarpe. Ho voluto approfondire come funzionasse questa ghiandola. E ho scoperto che è come un campanello di allarme: per dieci secondi attiva tutti i sensi legati al pericolo. Da allora mi impongo, in qualsiasi contesto, di contare fino a dieci”.
Un libro nato a scopo benefico, il cui ricavato andrà all’ Associazione Italiana Parkinsoniani
“Storie tratte”, seconda opera del torinese Giorgio Formica, ricorda nel suo titolo la celebre locuzione attribuita dallo storico Svetonio a Giulio Cesare “Alea iacta est”, proferita dopo aver varcato il fiume Rubicone alla testa dell’esercito, nel gennaio del 49 a.C.
Si tratta di un libro di brevi storie di natura autobiografica che, una dopo l’altra, compongono il ritratto di questo autore, nato a Torino nel 1980 che, dopo gli studi classici compiuti al liceo D’Azeglio ( lo stesso frequentato da Cesare Pavese e Norberto Bobbio), ha poi scelto per passione il percorso di agente immobiliare.
“Ogni storia – spiega Giorgio Formica – può essere considerata un puntino numerato, all’interno di quel gioco che consiste nell’unire alcuni puntini per dar forma ad una figura. “Storie tratte” può essere considerata una sorta di trattativa tra passato e futuro, in attesa del contratto. In quest’opera racconto fatti realmente accaduti che, nella loro semplicità, racchiudono significati e valori molteplici, in quanto le storie si riflettono in quelle dei molteplici lettori”.
“Storie tratte – prosegue Giorgio Formica – è un libro nato a scopo benefico, il cui ricavato andrà all’ Associazione Italiana Parkinsoniani. Il Parkinson è una malattia nei confronti della quale sono particolarmente sensibile, poiché mia madre ne è affetta. In passato ho contribuito alla raccolta di fondi a favore di questa Associazione, attraverso eventi da me organizzati, e per questa ragione ho deciso di devolvere a lei il ricavato di entrambi i libri che finora ho scritto. Purtroppo ancora oggi il Parkinson non riceve un’adeguata attenzione da parte del mondo dei mass media”.
“Storie tratte” è il secondo volume composto da Giorgio Formica, presentato al Circolo della Stampa di Torino in corso Stati Uniti 27, mercoledì 15 maggio scorso. Il primo libro da lui scritto si intitola “All’imbuto”, una sorta di saggio, in cui le parole ballano e sprigionano sonorità, tra virgole e casualità.
Mara Martellotta
Venerdì 7 giugno prossimo, alle ore 18.00, presso la Sala Musica della Fondazione Il Circolo dei Lettori in Via Bogino 9 a Torino, il giornalista e scrittore Renato Romano sarà tra gli ospiti del Circolo per presentare al pubblico il suo romanzo d’esordio dal titolo “La naja che non volevo” con il quale è in tour in tutta Italia. Il romanzo è edito nella collana Edificare Universi della Casa editrice Europa Edizioni. La distribuzione è a cura di Messaggerie Libri del Gruppo editoriale Feltrinelli. L’ingresso all’evento è gratuito. Il libro è una panoramica generale su quell’esperienza un tempo obbligatoria per i ragazzi italiani, che segnava il definitivo passaggio all’età adulta, fra orari rigidi, disciplina e punizioni. Protagonista della storia è Agostino, un semplice ragazzo di provincia, che non avrebbe mai voluto trascorrere un anno rinchiuso in caserma per nessuna ragione al mondo, soprattutto perché sarebbe stato lontano dalle sue due ragioni di vita: la sua passione per la musica e la sua ragazza Maria Noè, della quale era innamorato perdutamente. Il racconto guida il lettore in un passato recente, dove è descritta la vita di un giovane che, in un’epoca in cui la leva era obbligatoria, si trova, inevitabilmente, a vivere questa esperienza.
Renato Romano è nato a Venezia nel 1967 e vive in Campania. E’ una delle giovani voci della nuova poesia contemporanea. Il suo nome figura nel Compendio degli Autori Italiani del Secondo ‘900. Due le raccolte di poesie all’attivo: Lucia (1992) e Prigioniero ad Auschwitz. Poesie, 1990-2004 (novembre, 2014), che ha presentato in tutta Italia, riscuotendo notevoli consensi di critica e di pubblico. Ha in preparazione un secondo romanzo dai toni noir e una raccolta di interviste ad artisti e cantanti dell’epoca d’oro della canzone napoletana come Sergio Bruni, Roberto Murolo, Aurelio Fierro e altri. E’ giornalista pubblicista. Collabora, sporadicamente, a giornali, riviste e a testate online. E’ alla sua prima prova narrativa.
Ivan Bentivoglio, ecco il nuovo singolo
Il giovane hitmaker torinese, tra gli autori di ‘Centomila volte’ di Einar, alla sua prima prova da solista
Si intitola ‘Una canzone che parla di te (Sei)‘ il brano che fa da apripista al debutto da solista di Ivan Bentivoglio che sta già facendosi spazio nelle radio italiane. Torinese, polistrumentista, hitmaker, già leader dei Vànima (formazione piemontese apprezzata anche a ‘Sanremo Rock’), dopo il successo in qualità di coautore del brano ‘Centomila volte’, che ha consentito all’ex Amici Einar di esibirsi al ‘Festival di Sanremo 2019’, si presenta ora al grande pubblico con un brano moderno ed efficace che già profuma d’estate. “Dopo l’esperienza come leader di una band, sono felice di questo primo passo come cantautore”, confida entusiasta Bentivoglio. Che prosegue “Si può essere profondi e sinceri anche con la freschezza di un brano estivo che parla d’amore e buoni sentimenti, e spero mi porti fortuna”. Il brano, prodotto dal noto editore e discografico Gianni Rodo, è in uscita in questi giorni su etichetta ‘GR MUSICA’, ed è altresì disponibile su tutte le piattaforme, gli stores digitali e in radio. Accompagna il singolo anche il relativo Videoclip Ufficiale (disponibile al link: http://youtu.be/1T6MKxppt_8), con un curioso montaggio di scene coinvolgenti in Piemonte e in Liguria girate tra le Langhe e il Cuneese, il Monferrato astigiano e la riviera sanremese.
Il 30 maggio Nino Formicola sarà con Mauro Tarantini uno dei protagonisti dello spettacolo
Al teatro Gioiello, giovedì 30 maggio prossimo alle 21, approderà uno show comico di grande impatto emozionale, dal titolo “Master Comic Show e il falso mito delle false apparenze”. Si articolerà in tre sketches di new entries esplosive e monologhi di veterani esperti della risata provenienti da Zelig, Colorado, Eccezionale Veramente e Comedy Central. Nella grande squadra di professionisti che parteciperanno allo show figurano Mauro Tarantini, Massimo Pica, Mauro Villata, Massimo De Rosa, Marco Turano ed i comici di Cab 41. Saranno due ore piacevoli trascorse tra risate, ma anche riflessioni in compagnia del grande attore comico, vincitore, nel 2018, della tredicesima edizione dell’Isola dei Famosi, Nino Formicola, da Guest star a Truffato, il Gaspare” del celebre duo Gaspare & Zuzzurro. “Il nostro – spiega l’ideatore dello spettacolo, Mauro Tarantini, in arte Jo Tarantini – rappresenta un lavoro di squadra molto entusiasmante, capace di dare a vita ad una nuova era della comicità”. Il format è stato creato da Madama Produzioni Artistiche. Teatro Gioiello, Via Cristoforo Colombo 31.
Biglietteria. Ticket.it
Mara Martellotta
“Sono arrivato troppo lontano da me stesso per scoprire
che l’amore che avevo cercato non potrà mai essere mio…”
Overjoyed è una canzone scritta, registrata e prodotta da Stevie Wonder nel 1986, pubblicata come terzo singolo estratto dall’album In Square Circle. Il singolo raggiunse la posizione numero 24 della Billboard Hot 100 nella primavera del 1986, rimanendo nella Top 40 per sei settimane. Inoltre raggiunse la vetta della classifica Hot Adult Contemporary Tracks, per l’ottava (e, ad oggi, l’ultima) volta, nella sua carriera. La canzone fu originariamente scritta nel 1979 per l’album “Journey through the Secret Life of Plants”, ma poi non inserita nel disco, e registrata nuovamente per l’album In Square Circle. Se ne ricorda un rifacimento della Mary J. Blige per l’album “Ballads” che però venne pubblicato solamente in Giappone. Detto questo, Overjoyed narra di una persona che, nonostante venga ignorata, nonostante l’altra parte non si accorga del suo amore, va dritta per la sua strada….anche oltre i sogni stessi.
“Oltre i sogni, ne avevo scelto uno perfetto perchè si avverasse
anche se tu non hai mai saputo che era te, che stavo sognando di te,
l’omino del sonno è venuto da troppo lontano
perchè tu gli dica torna un altro giorno”
“E anche se i pronostici dicono “improbabile”
che cosa ne sanno?
perchè nelle avventure sentimentali
tutto quello di cui il vero amore ha bisogno è una possibilità
e forse con (questa) possibilità scoprirai
che anche tu, come me, sei
felicissima, super-amata”
Una bellissima dichiarazione di abbandono, che solo chi ama in maniera spietata può comporre o capire. Ma sin dall’inizio, la consapevolezza che, questo amore ricercato e a “senso unico” non potrà mai essere suo. Una volta accettata la consapevolezza che anche fra gli esseri più vicini continuano a esistere distanze infinite, si può evolvere una meravigliosa vita, fianco a fianco, se quegli esseri riescono ad amare questa distanza fra loro, che rende possibile a ciascuno dei due di vedere l’altro, nella sua interezza, stagliato contro il cielo. Ma proprio qui sta la difficoltà… in ogni caso, stemperiamo, dicendo che Stevie rende tutto cosi bello con l’arrangiamento Ballade di questo brano che profuma molto più d’amore che di rinuncia e questo ci basta ad ascoltarlo a cuore aperto. Ma attenzione, Chiara vi mette in guardia, non può esistere un amore a senso unico…mai …e, a volte, chi pensa di aver perso, forse ha guadagnato, non escludete mai questa opzione. Lo ricorda il Cremonini nazionale in “I Love you”…insegue una donna fino allo sfinimento ma lei preferisce la stabilità e la sicurezza di un matrimonio con un bell’uomo impostato dal bon ton esagerato e nemmeno si accorge del suo amore …fino all’altare quando lei si volta, quasi a ripensarci, ma lui si rende conto di quanto bene abbia fatto a lasciarla ad un altro. La vita, l’amore, l’amicizia, tutto….è governato dalla prospettiva e dalla reciprocità. Dio quanto è magnifico tutto questo. Ascoltate questa ballade e non dimenticate che la nostra visione diventa chiara solo quando guardiamo dentro il nostrocuore. Chi guarda fuori, sogna. Chi guarda dentro, si sveglia. Buon ascolto
Chiara De Carlo
https://www.youtube.com/watch?v=_a1LogyX9Uw
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Chiara vi segnala i prossimi eventi… mancare sarebbe un sacrilegio!
L’uomo che piantava gli alberi
Sabato 8 giugno alla Lavanderia a Vapore di corso Pastrengo a Collegno (TO), Assemblea Teatro porterà in scena “L’uomo che piantava gli alberi” di Jean Giono. L’evento vedrà sul palco, per le letture, l’attrice Gisella Bein, accompagnata dai disegni di Monica Calvi. ”L’uomo che piantava gli alberi” ( L’homme qui plantait des arbres), conosciuto anche come “La storia di Elzéard Bouffier”, è un racconto allegorico che ha dato notorietà allo scrittore italo-francese Jean Giono. Nato a Manosque, in Provenza, da genitori di origine piemontese, emigrati in Francia dalla canavesana Valchiusella, Giono è sepolto nel piccolo cimitero di Lourmarin, a pochi passi dall’ultima dimora di Albert Camus. Pubblicato per la prima volta nel 1953, il racconto è quanto mai attuale , visto e considerato il pesante deterioramento della situazione climatica. Giono, membro dell’Académie des Goncourt, con questo libro tracciò un’efficace parabola sul rapporto uomo-natura, rammentando come ”gli uomini potrebbero essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi, oltre la distruzione”. Potrebbero, appunto, ma raramente lo fanno forse perché distruggere è molto più facile che creare. “L’Uomo che piantava gli alberi ” va in scena a distanza di due anni dal tragico rogo di Pedrogao in Portogallo, che causò la morte di sessantasei persone. Nello stesso anno, a ottobre, gli incendi in Val Susa tennero tutti col fiato in sospeso, fortunatamente con conseguenze molto meno gravi per le persone ma con danni profondi all’ambiente montano. La storia del pastore Bouffier ci rammenta, con leggerezza e profondità al tempo stesso, il valore degli alberi e dell’attenzione nei confronti della natura, e non a caso questo testo e’ stato l’elemento unificante del ciclo Parole contro le Fiamme che ha coinvolto biblioteche, scuole, teatri. La torinese Assemblea Teatro, una delle più importanti e longeve compagnie teatrali italiane, molto attiva e presente anche a livello europeo e mondiale, soprattutto in nei paesi dell’America del Sud, ha curato le letture del testo anche nell’ambito del programma Teatro in Corsia, un interessante e validissimo progetto di narrativa nei luoghi di cura. La compagnia guidata da Renzo Sicco proporrà nuovamente la storia del pastore Bouffier il 17 giugno al Circolo dei Lettori, a chiusura del ciclo“Dalla pagina alla scena” e continuerà a proporla nelle scuole, nei teatri, ovunque ci sia spazio per il suo messaggio di accudimento, speranza, volontà. Una nota in più: lo spettacolo è sponsorizzato da Barricalla, azienda alle porte di Torino, che opera per la tutela dell’ambiente smaltendo rifiuti altamente inquinanti e di cui, con l’occasione, si festeggiano i trent’anni di attività.
M.Tr.