CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 541

"Essere o non essere poveri" … una serata da grosso applauso!

Al teatro Astra e prossimamente al teatro Le Serre di Grugliasco, si è tenuto uno spettacolo offerto dalla Compagnia del Caffè di Sara Bagnato

Il teatro si presenta con la consueta immagine di ristrutturazione “volontaria” con alcune buone persone che accompagnano tutti coloro che ne hanno bisogno ai posti e attori in “divisa” scenica che camminano tra le file del teatro in mezzo alla gente che sta prendendo posto. Poi, l’inizio. Mi dispiace, ma non vi dirò cosa succede, né la trama, né le scene. Ma vi dirò di più.

Esistono professionisti del teatro che di questo vivono economicamente, e ci sono persone professionali che questo mestiere lo fanno bene pur non ricevendo compensi; e poi ci sono quelli della Compagnia del Caffè: bravi, professionali, umani e divertenti, tutti insieme e tutti su un palco.

La progressione delle scene appassiona il pubblico sulle movenze dei personaggi sul palco, e la bravura di ognuno esce piano piano in progressione. Sulle prime non si comprende che siano loro a cantare, e poi cominci a capire che sanno cantare e anche bene. E anche quando cominciano a recitare, comprendi che la bravura è anche quando non sono protagonisti, quando sembra che nessuno li guardi, quando sono parte integrante di una dimensione unica di più scene e su più fronti. Sono bravi anche a ballare e a far sorridere, che talvolta è perfino più difficile che fare ridere, perché il sorriso è un regalo sopraffino di coloro che sanno donare qualcosa agli altri.

Sara Bagnato, che è coautrice di questa “opera” della Compagnia del Caffè e vera fondatrice della stessa, dovrebbe ricevere un premio per la sua abilità di creare emozioni su un palco, pur se la sua vita professionale è altrove. Ma il suo cuore e la sua fantasia la portano in alto a scrivere, comporre e creare sensazioni gioiose da trasferire su un palcoscenico e, insieme ai suoi “amici” e “amiche” le trasmette al pubblico. Però, sinceramente, la sua “mano” nello scrivere e la sua abilità nel motivare un gruppo così vasto e variegato, meriterebbe sicuramente una considerazione dei piani alti del mondo dello spettacolo.

Io oso dire che lo spettacolo offerto dalla Compagnia del Caffè non ha nulla di meno di quelli più noti e altolocati dei palcoscenici più “blasonati”, anzi. Mi sovviene e ricordo la frase di un mio amico che diceva che i cantautori più bravi suonano nei pub perché la loro arte vuole raggiungere chi se lo merita, ma credo che la performance espressa dalla Compagnia del Caffè possa avere futuro in espansione.

Infatti, se questo spettacolo venisse portato in TV nulla sarebbe da eccepire. Gli attori che recitano, ballano e cantano non sono poi così tanti, e quelli che lo sanno fare bene … ancora meno. Ed è curioso vedere come molti siano racchiusi dentro la Compagnia del Caffè di Sara e dei suoi amici.

Ma, forse, la genuinità di queste recite ha sapore di altri tempi, dove tutto è reale e dove uno sgabello portato sul palco rende ricca la storia. Ma non è l’oggetto, è l’emozione di un gruppo che si vuole bene, che gioisce in scena e che “si sorride” appena può.

E in più c’è il lato umano: il ricavato delle serate non va agli artisti ma alle Onlus che sul territorio lavorano e nel mondo operano. Un segnale forte, forse in antitesi con i tempi ma che proprio per la sua validità deve essere segnalato.

Le parole stanno a zero. Ogni ingresso permette di fare beneficenza. E i prossimi spettacoli sono sulla pagina Facebook della Compagnia del Caffè.

Non sto facendo pubblicità, però se non ci andrete, avrete perso qualcosa di bello, avrete perso la nascita o la conferma di alcune stelle dello spettacolo teatrale, che magari non andranno avanti perché il lavoro non glielo permetterà, ma che, in questo momento donano gioia al pubblico che li vede e che alla fine li abbraccia, e, ai beneficiati dalle Onlus, un futuro a tutti coloro che un pochino anche grazie alla Compagnia del Caffè, potranno intravvedere la luce della speranza.

Se ci fosse una giustizia delle Muse, “Essere o non essere poveri” avrebbe diritto ad un posto in luoghi più ampi e confortevoli dei teatri cosiddetti minori, e i loro autori, attori e tutti coloro che non si vedono ma che lavorano nell’ombra, meriterebbero onori più abbondanti. Vederli recitare, cantare e ballare però non ha luogo, ha solo emozione che cresce dentro e che a fine spettacolo ti segue a casa con lo spirito più allegro e con qualche speranza in più.

Grazie Sara e grazie Compagnia del Caffè. Un grosso applauso!

Paolo Michieletto

 

I libri più letti e commentati del mese

Rassegna mensile di lettura proposta dai membri del gruppo FB Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri, che organizza per il 13 giorno il consueto Raduno Ufficiale al quale siete tutti invitatati: tutte le informazioni nel nostro sito o seguendo il seguente Link.

Primo posto nelle discussioni per Le nebbie di Avalon, capolavoro fantasy di Marion Zimmer Bradley, oggetto di una recente revisione editoriale che ha lasciato i vecchi lettori piuttosto perplessi: il romanzo si conferma una lettura molto amata nonostante i suoi anni e molto citata nel gruppo; secondo posto per Il cerchio, complesso romanzo di Dave Eggers che viene regolarmente proposto e suscita sempre ampi dibattiti; infine, terzo posto per un classico della fantascienza, il celebre Gravità Zero di Lois McMaster Bujold che in molti hanno scoperto proprio grazie a una delle nostre recensioni.

Approfondiamo l’argomento letteratura per l’infanzia, tema molto sentito dai nostri iscritti, per suggerire la lettura di Piccolo Uovo, scritto e illustrato da Altan per i piccoli lettori, tenera storia che affronta il delicato tema della famiglia in tutte le sue declinazioni, Il giardino segreto di Frances H. Burnett, classico per i ragazzi dagli otto anni in su e Il figlio del cimitero di Neil Gaiman, lettura perfetta per lettori dall’età delle scuole medie.

Iniziamo questo mese a proporre la lettura dei romanzi inseriti nella celebre lista del Times che nel 2005 compilò un elenco dei più significativi romanzi in lingua inglese usciti nel XX secolo: viene sovente tirata in ballo nelle nostre discussioni e quindi merita dare un’occhiata ad alcuni dei titoli che propone, che oggi sono entrati di diritto nel novero dei classici. Iniziamo con Il crollo, di Chinua Achebe, primo di un ciclo che racconta la nascita della Nigeria contemporanea e che è considerato uno dei riferimenti della narrativa africana degli ultimi cinquanta anni; seconda segnalazione per Gridalo forte, romanzo di James Baldwin che affronta il tema del razzismo negli Stati Uniti ma che offre molti spunti di dibattito anche ai nostri giorni; piacerà agli amanti delle storie di ambientazione Western, oltre che ai cultori di letteratura, La morte vien per l’arcivescovo, di Willa Ctaher, toccante elogio dell’amicizia e profonda analisi dei sentimenti umani in uno scenario magistralmente descritto. Per questo mese è tutto, ci rileggeremo il mese prossimo!

Podio del mese

Le nebbie di Avalon, di M: Zimmer Bradley (TEA) – Il cerchio, di D. Eggers (Mondadori) – Gravità Zero, di L. McMatser Bujold (Nord)

Per i giovani lettori: Piccolo Uovo , di Altan (Lo Stampatello) –  Il giardino segreto, di F. Hodgson Burnett (Feltrinelli) – Il figlio del cimitero di Neil Gaiman (Mondadori)

Time’s List of the 100 Best Novels  : Il crollo, di C. Achebe (Edizioni e/o) –  Gridalo forte, di J. Baldwin (Amos Edizioni) –  La morte vien per l’arcivescovo, di W. Cather (Neri Pozza)

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Testi : valentina.leoni@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Grafica e Impaginazione : claudio.cantini@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it 

La finestra dell’angelo. I luoghi dove nasce l’arte

Alla Fondazione Giorgio Amendola, gli ateliers di 26 artisti piemontesi raccontati negli scatti di Marco Corongi e Stefano Greco
 
Sono sempre – o quasi – spazi di fortissima suggestione. Carichi di emozioni, di memorie, di segni e tracce, anche profonde, di mille vite trascorse e passate al loro interno, così come di profumi, di odori intensi e inconfondibili, che arrivano dall’aria, dai colori trattati e combinati fra loro, dalle vernici e dai materiali più strani che paiono essersi introdotti fra quelle pareti per opera di magia, non meno che da singolari e personalissimi intrugli di “pratiche alchemiche” (ognuno ha le sue), attraverso cui dare forma ai molteplici linguaggi dell’arte. Parliamo degli studi o –per essere più fini – degli ateliers d’artista. Luoghi sacrali, che in quanto tali riflettono idee, pensieri e segreti – del mestiere e dell’anima – dei loro legittimi inquilini. Spesso “tane” inviolabili, se non con parole d’ordine da spendere con assoluta parsimonia. Molte volte, spazi metafisici e improbabili, combinati o scombinati fra pennelli, vernici, tavolozze imbrattate dai colori, cavalletti, tele, disegni, bozzetti e una miriade d’objets trouvés in alcuni casi tanto strani da rendere perfino inutile un’indagine sulla loro provenienza e sul perché del loro trovarsi da quelle parti. Ebbene, una ventina di questi “luoghi dove nasce l’arte” li ritroviamo esposti, fino al prossimo 15 giugno, in una curiosa mostra fotografica ospitata nelle sale della Fondazione Giorgio Amendola di Torino e firmata da Marco Corongi e Stefano Greco, due fotografi (ma anche architetti) torinesi, amici fin dall’epoca del liceo e che insieme hanno già prodotto importanti progetti fotografici e partecipato, entrambi, a numerose mostre in Italia e all’estero. Iniziato nel 2009, il loro progetto teso, con garbo, a “violare” le sacre mura in cui erano, o sono ancor oggi, soliti operare artisti non sempre di buon carattere e comunque di levatura internazionale, arriva a contare nel tempo una corposa lista di ben 40 ateliers, fra i quali i 26 esposti oggi alla Fondazione di via Tollegno,   presieduta da Prospero Cerabona. Compito non facile, quello di Carongi e Greco, che hanno osato, e con successo, addentrarsi “in un campo già sperimentato da molti altri – sottolinea Mauro Raffinirestituendo nelle immagini…il momento topico dell’incontro con l’artista, quello più carico di sincera umanità e di una non forzata reciproca simpatia”. Ecco allora Nino Aimone nell’ordinato disordine del suo studio, sorridente all’obiettivo con pennello e sigaretta in mano, in primo piano un grande nudo femminile riflesso allo specchio, che a oltre mezzo secolo di distanza ancora gode dei felici dettami casoratiani; a seguire le “stanze” di alcuni Maestri che hanno fatto la storia della contemporanea scena artistica torinese, da Ermanno Barovero a Enrica Borghi a Gianni Busso e a Romano Campagnoli. Un clima di rarefatto senso d’attesa nell’ordine pacato e tristemente ineluttabile delle cose, di oggetti del mestiere appesi a parete e di incompiuti gesti d’Autore, traspare negli scatti dedicati agli studi di Francesco Casorati e di Giacomo Soffiantino, entrambi scomparsi nel 2013; il primo solito a lavorare nell’ atelier di via Mazzini che fu anche prolifico laboratorio (di opere e di allievi-pittori) del celebre padre Felice e il secondo nei visionari spazi di via Lanfranchi, poco sopra la Chiesa della Gran Madre, inseriti dal FAI nel 2016 fra i “Luoghi del Cuore” in Torino. E ancora i famosi “cieli” di Antonio Carena, appoggiati in cortile accanto a un emblematico minaccioso segnale di “lavori in corso”; a seguire i “luoghi della creatività” di Clotilde Ceriana Mayneri, Mauro Chessa, Riccardo Cordero, Loris Dadam (l’eccentrico urbanista con baffoni, già direttore scientifico della Fondazione Amendola), Marco Gastini e Massimo Ghiotti. E il percorso continua con lo “studio-feticcio”, fantastica Wunderkammer costruita ai piedi della collina torinese, del novantenne Ezio Gribaudo, di Giorgio Griffa, degli scultori Luigi Mainolfi (alle prese con la fatica delle sue opere post-concettuali), Marina Sasso e Gilberto Zorio. Per concludersi con l’eclettico maitre-à-penser dell’arte torinese Pino Mantovani, con l’architetto – discepolo di Alvar Aalto – Leonardo Mosso, Michela Pachner, Francesco Preverino, Giorgio Ramella, Mario Surbone e il cuneese Fabio Viale. Inserita nell’ambito della kermesse “Fo-To. Fotografi a Torino”, promossa dal MEF-Museo Ettore Fico di via Cigna, la mostra prende il titolo “La finestra dell’angelo” da un’opera letteraria (“L’angelo della finestra d’Occidente”) realizzata nel 1927 dallo scrittore austriaco Gustav Meyrink, fra gli esponenti di spicco della letteratura esoterica   mitteleuropea, e vuole essere un viaggio per immagini “teso a svelare i segreti – affermano gli stessi autori – di luoghi avvolti da un irresistibile fascino misterico, non di rado inaccessibili e inviolabili come l’antro di un alchimista”.
 

Gianni Milani

 
“La finestra dell’angelo. I luoghi dove nasce l’arte”
Fondazione Giorgio Amendola, via Tollegno 52, Torino; tel. 011/2482970 o www.fondazioneamendola.it
Fino al 15 giugno
Orari: dal lun. al ven. 10/12,30 e 15,30/19; sab. 10/12,30
 

Le premiazioni del "Pannunzio"

Mercoledì 5 giugno alle ore 17,30 a Palazzo Cisterna (via Maria Vittoria 12), sede della Città Metropolitana di Torino, il Centro “Pannunzio” consegnerà i seguenti Premi: Premio “Mario Soldati”per la CulturaGian Carlo Bonzo, Amministratore Delegato del Centro Incontri dell’Unione Industriale; Gian Piero Leo, per oltre un decennio Assessore alla Cultura della Regione Piemonte ,una delle figure più eminenti ed aperte del mondo cattolico italiano  ; Laura Pompeo, archeologa, allieva di Giorgio Gullini, Assessore alla Cultura della Città di Moncalieri. Inoltre, verrà consegnato il Premio “Francesco De Sanctis” a Mauro Salizzoni, medico e docente universitario, già Direttore del Centro Trapianti di fegato dell’Ospedale Molinette.  Verrà poi conferita la Medaglia d’oro della Fedeltà a  Germana Bassani Cecalotti, socia fondatrice del Centro “Pannunzio” e fedelissima pannunziana per oltre 50 anni.  Introdurrà Anna Ricotti.  La premiazione fa parte delle manifestazioni per il ventennale della scomparsa di Mario Soldati, scrittore, regista cinematografico e televisivo, giornalista, che fu tra i fondatori del Centro “Pannunzio” e suo Presidente per vent’anni. Pier Franco Quaglieni amico personale dello scrittore e curatore del nuovo libro “ Mario Soldati. La  gioia  di vivere “ ricorderà l’amico e maestro , una delle figure più eminenti del Novecento Italiano . E ‘ previsto un saluto del nuovo Presidente  della Regione Piemonte Alberto Cirio

Le premiazioni del “Pannunzio”

Mercoledì 5 giugno alle ore 17,30 a Palazzo Cisterna (via Maria Vittoria 12), sede della Città Metropolitana di Torino, il Centro “Pannunzio” consegnerà i seguenti Premi: Premio “Mario Soldati”per la CulturaGian Carlo Bonzo, Amministratore Delegato del Centro Incontri dell’Unione Industriale; Gian Piero Leo, per oltre un decennio Assessore alla Cultura della Regione Piemonte ,una delle figure più eminenti ed aperte del mondo cattolico italiano  ; Laura Pompeo, archeologa, allieva di Giorgio Gullini, Assessore alla Cultura della Città di Moncalieri. Inoltre, verrà consegnato il Premio “Francesco De Sanctis” a Mauro Salizzoni, medico e docente universitario, già Direttore del Centro Trapianti di fegato dell’Ospedale Molinette.  Verrà poi conferita la Medaglia d’oro della Fedeltà a  Germana Bassani Cecalotti, socia fondatrice del Centro “Pannunzio” e fedelissima pannunziana per oltre 50 anni.  Introdurrà Anna Ricotti.  La premiazione fa parte delle manifestazioni per il ventennale della scomparsa di Mario Soldati, scrittore, regista cinematografico e televisivo, giornalista, che fu tra i fondatori del Centro “Pannunzio” e suo Presidente per vent’anni. Pier Franco Quaglieni amico personale dello scrittore e curatore del nuovo libro “ Mario Soldati. La  gioia  di vivere “ ricorderà l’amico e maestro , una delle figure più eminenti del Novecento Italiano . E ‘ previsto un saluto del nuovo Presidente  della Regione Piemonte Alberto Cirio

Alla scoperta degli edifici storici con Fai

Lo svago per grandi e bambini, tra musica, giochi, libri antichi e visite speciali, sarà il filo conduttore del fine settimana del 1° e 2 giugno 2019 al Castello e Parco di Masino a Caravino (TO) e al Castello della Manta (CN), Beni del FAI – Fondo Ambiente Italiano in Piemonte

Sabato 1° giugno dalle ore 15 alle 18 il Castello della Manta aprirà per un piacevole pomeriggio in compagnia dei volontari della Fondazione alla scoperta della storia dell’antica dimora di Valerano, delle sue sale – tra queste spicca la Sala Baronale, che custodisce una stupefacente testimonianza della pittura quattrocentesca, con mitici eroi vestiti come cavalieri ed eroine come dame di corte che sfilano di fronte alla fontana dell’eterna giovinezzae della Chiesa di Santa Maria del Rosario. Alle ore 17.30 un momento musicale a cura del maestro Elia Carletto chiuderà la visita, permettendo agli ospiti di godere della bellezza del Bene FAI immersi nella musica. L’iniziativa intende valorizzare l’impegno del FAI che nel 2014 ha portato a termine il restauro dell’antico pianoforte collocato nella Sala delle Grottesche. Nell’ambito di Appuntamento in Giardino, iniziativa promossa dall’APGI – Associazione Parchi e Giardini d’Italia in occasione della Settimana Europea dello Sviluppo Sostenibile, si potranno ascoltare letture in giardino all’ombra degli alberi secolari, custodi del castello.
Prezzi: Intero: 8 €; Ridotto 6-18 anni: 4 €; Iscritti FAI e residenti: gratuito
 
Domenica 2 giugno dalle ore 10 alle 18 il weekend prosegue con speciali visite alla Sala Baronale e ai suoi affreschi; alla sala da pranzo, che evocherà banchetti di secoli passati, quando le forchette non esistevano e i commensali bevevano dalla stessa coppa; alla cinquecentesca Sala delle Grottesche dove le dame, durante le feste, comunicavano con il ventaglio; infine, alla Chiesa di Santa Maria del Rosario, alla grande cucina e alle cantine. Terminata la visita, tutta la famiglia potrà proseguire giocando al FAIr Play Family, un divertente percorso in cui bambini dai 5 ai 12 anni potranno vestire i panni di elfi invisibili, cavalieri senza macchia, mitici avventurieri a caccia di indizi o in insuperabili collezionisti di tracce, conquistare il “Passaporto dell’esploratore” o arricchirlo con nuovi “timbri”. Anche domenica, per Appuntamento in Giardino, giochi da fare con tutta la famiglia per godere degli spazi del giardino del castello in allegria.
Prezzi: Intero 10 €; Ridotto 6-18 anni 5 €; Iscritti FAI e residenti: 5 €

Domenica 2 giugno dalle ore 11 alle 18 anche il Castello e Parco di Masino aderirà ad Appuntamento in Giardino e ospiterà una maratona di letture ad alta voce di brani tratti dai volumi della Biblioteca Valperga di Masino sui temi della botanica, dell’ambiente e del paesaggio. Alcuni selezionati libri, tra i 25.000 appartenuti a una delle più importanti famiglie nobili piemontesi, verranno svelati ai visitatori del maniero del FAI e in alcuni punti di lettura posizionati nel borgo di Masino; durante la giornata sarà possibile anche ammirare nelle vetrine della Galleria dei Poeti due capolavori librari: il De Florum cultura, del 1633 e il Plantae selectae del 1750. Per gli appassionati di giardinaggio, nell’arco della giornata visite speciali con il capo giardiniere, alla scoperta della storia e delle curiosità del parco monumentale.
Prezzi: Intero 11 €; Ridotto 6-18 anni 5 €; Iscritti FAI 5 €; Studenti fino ai 25 anni e Carta musei 7,50 €; famiglia: 27 €
 
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Giorni e orari:
Sabato 1° giugno, dalle ore 15 alle 18, e domenica 2 giugno, dalle ore 10 alle 18, al Castello della Manta
Domenica 2 giugno, dalle ore 11 alle 18, al Castello di Masino
 
Per informazioni:
Castello di Masino tel. 0125.778100; faimasino@fondoambiente.it – www.castellodimasino.it
Castello della Manta tel. 0175.87822; faimanta@fondoambiente.it – www.castellodellamanta.it
 
www.fondoambiente.it
Foto Paolo Chiabrando

Gli esami non finiscono mai: la storia di Mirella Antonione Casale

Torino e le sue donne

Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce. 

Con la locuzione “sesso debole” si indica il genere femminile. Una differenza di genere quella insita nell’espressione “sesso debole” che presuppone la condizione subalterna della donna bisognosa della protezione del cosiddetto “sesso forte”, uno stereotipo che ne ha sancito l’esclusione sociale e culturale per secoli. Ma le donne hanno saputo via via conquistare importanti diritti, e farsi spazio in una società da sempre prepotentemente maschilista. A questa “categoria” appartengono  figure di rilievo come Giovanna D’arco, Elisabetta I d’Inghilterra, EmmelinePankhurst, colei  che ha combattuto la battaglia più dura in occidente per i diritti delle donne, Amelia Earhart, pioniera del volo e Valentina Tereskova, prima donna a viaggiare nello spazio. Anche Marie Curie, vincitrice del premio Nobel nel 1911 oltre che prima donna a insegnare alla Sorbona a Parigi, cade sotto tale definizione, così come Rita Levi Montalcini o Margherita Hack. Rientrano nell’elenco anche Coco Chanel, l’orfana rivoluzionaria che ha stravolto il concetto di stile ed eleganza e Rosa Parks, figura-simbolo del movimento per i diritti civili, o ancora Patty Smith, indimenticabile cantante rock. Il repertorio è decisamente lungo e fitto di nomi di quel “sesso debole” che “non si è addomesticato”, per dirla alla Alda Merini. Donne che non si sono mai arrese, proprio come hanno fatto alcune iconiche figure cinematografiche quali Sarah Connor o Ellen Ripley o, se pensiamo alle più piccole, Mulan.  Coloro i quali sono soliti utilizzare tale perifrasi per intendere il “gentil sesso” sono invitati a cercare nel dizionario l’etimologia della parola “donna”: “domna”, forma sincopata dal latino “domina” = signora, padrona. Non c’è altro da aggiungere. (ac)

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Gli esami non finiscono mai: la storia di Mirella Antonione Casale

“La maestrina della prima inferiore numero tre, quella giovane col viso color di rosa, che ha due belle pozzette nelle guance, e porta una gran penna rossa sul cappellino, e una crocetta di vetro giallo appesa al collo”, così Enrico, alunno di terza classe di una scuola municipale d’Italia, descrive la maestra, nel diario immaginario, che non è altro che il celebre libro “Cuore” di Edmondo De Amicis. Lo scolaro ricorda la donna “sempre allegra”, che “tien la classe allegra, sorride sempre, grida sempre con la sua voce argentina che par che canti, picchiando la bacchetta sul tavolino e battendo le mani per imporre silenzio; poi quando escono, corre come una bimba dietro all’ uno e all’ altro per rimetterli in fila; e a questo tira su il bavero, a quell’altro abbottona il cappotto perché non infreddino; li segue fin sulla strada perché non s’ accapiglino, supplica i parenti che non li castighino a casa e porta delle pastiglie a quei che han la tosse”. L’autore del libro conosce bene l’ambiente scolastico, soprattutto quello delle elementari di via della Cittadella, che frequentano i suoi due figli, conosce anche per davvero la giovane maestra dalla penna rossa, in realtà Eugenia Barruero, un’insegnante umile e modesta che abitava in Largo Montebello 38, e a cui Edmondo si ispira per il suo personaggio indimenticabile. A Eugenia i vecchi torinesi, del sodalizio “i Ragazzi del ’99”, hanno dedicato una targa a sua memoria apposta sulla facciata della casa in cui visse, con incise poche parole,  come a voler dimostrare che di lei non si sarebbero mai dimenticati. Proprio come avviene nella memoria di tutti per il suo incancellabile alter egoletterario. Nel capolavoro di ambientazione torinese il personaggio della maestrina non solo rappresenta il simbolo della giovinezza, ma è anche l’emblema di ciò che per De Amicis è la missione della scuola, ossia di fare gli italiani una volta fatta l’Italia, (per riprendere d’Azeglio), senza distinzioni di censo e di lingua, e di dialetti. Ed è sempre stato questo il compito della scuola, essere quella solida pietra monolitica che infonde cultura e conoscenza, teatro di crescita civile affinché tutti diventino capaci di affrontare il mondo con coscienza critica e responsabilità, essere quell’Istituzione fondamentale in cui da piccoli nessuno vuole mai entrare e della cui importanza ci si accorge sempre dopo. Ed è così che arriviamo alla storia di oggi, che ha per protagonista un’insegnante torinese, una storia ambientata nella scuola e che tratta del diritto all’istruzione per tutti. La scuola nasce elitaria, destinata e riservata ad una ristretta classe sociale altolocata; quando  il sistema cambia si passa ad una fase di modernizzazione, in cui la scuola ha la specifica funzione di socializzazione etico-culturale, per poi giungere alla fase di industrialismo e all’alfabetizzazione di massa. Anche se può sembrare incredibile, fino a non pochi anni fa non tutti hanno potuto usufruire della scuola pubblica, una parte di bambini e ragazzi è rimasta esclusadalle classi “normali”, quasi confinata in strutture e istituti specializzati: si tratta dei disabili. Con il tempo tuttavia anche questa situazione ha incominciato a sbloccarsi. Il primo passo è rappresentato dalla Legge 118/1971, grazie alla quale i disabili lievi possono frequentare le classi comuni, negli anni successivi vengono prese disposizioni affinché alcuni docenti vengano inseriti a supporto degli insegnanti curricolari.

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La prima vittoria si ha con la Legge 517/1977, che approva l’abolizione delle classi differenziali, la seconda, quella più degna di nota, è l’importante Legge 104/1992, Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e per i diritti delle persone con handicap. Alla 104 segue la Legge 170/2010 in cui si trovano le norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico, che sancisce così il diritto per tutti, -abili e diversamente abili-  a partecipare alla vita scolastica ad ogni effetto. Dopo un lungo pellegrinaggio, pare che la scuola sia riuscita ad attuare ciò che l’articolo 34 della Costituzione Italiana proclama già da un bel po’ di anni: “La scuola è aperta a tutti (…) I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Tra le tante personalità che hanno contribuito ai cambiamenti appena citati c’è anche Mirella Antonione Casale, nata a Torino il 12 dicembre del 1925, città in cui vive e lavora fino al pensionamento, nel 1988. Si laurea in Lettere presso l’Università degli Studi di Torino nel 1949, insegna Materie Letterarie presso la  scuola media, e poi all’istituto tecnico, prima in provincia di Vercelli e successivamente, dal 1955,  a Torino, fino alla partecipazione al concorso a preside di scuola media. La lineare vita di Mirella è destinata a stravolgersi, un evento drammaticamente significante porta la donna ad approcciarsi al mondo con altri occhi: il 1 maggio 1957 nasce la figlia Flavia, che all’età di sei mesi contrae l’influenza “asiatica”; la piccola, dopo febbri fortissime e convulsioni, sviluppa una grave encefalite virale, seguita da coma con previsione di certezza di morte. Dopo un ultimo consulto medico e un nuovo farmaco specifico per i lattanti appena arrivato dall’estero, la bimba riesce a sopravvivere, riportando però gravi conseguenze per le numerose lesioni celebrali. E quando la madre vuole iscrivere la bambina – giunta all’età di sei anni –  a scuola, tutti la rifiutano, tranne gli istituti privati e differenziali. Mirella, però, non si lascia abbattere dalle difficoltà e continua nel suo percorso: dal 1960 viene eletta Consigliere d’Amministrazione, nominata dalla Provincia di Torino, dell’Istituto Buon Pastore (istituto rieducativo per le ragazze difficili, e di sostegno per le ragazze madri). Dal 1972 al 1980 ricopre la carica di Giudice Onorario presso il Tribunale dei Minori di Torino e dal 1985 al 1999 è Consigliere di maggioranza al Comune di Torre Pellice, dove vive tutt’ora. Dal 1977 al 1982 è  comandata dal Ministero della Pubblica Istruzione presso il Provveditorato agli Studi di Torino per coordinare e seguire l’integrazione scolastica dei disabili. Mirella aveva frequentato, infatti, tra il 1963 e il 1965, un corso biennale di specializzazione dell’Università in Psicologia-Pedagogia e successivamente corsi reiterati di formazione ministeriale. Nel 1968 vince il concorso a preside a Torino, e ottiene la dirigenza scolastica della scuola media Camillo Olivetti dove, qualche anno dopo, in seguito ad un corso d’aggiornamento, inizia in alcune classi la sperimentazione del tempo pieno (sono sei le scuole medie di Torino a iniziare la sperimentazione).

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Fin dal 1971 promuove anche un’altra sperimentazione, che prevede l’inserimento di alunni disabili intellettivi e psicofisici nelle classi comuni del tempo pieno, prima ancora dell’approvazione della Legge istitutiva 517/1977. Dal 1964 è iscritta all’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità) a Torino, ricoprendone nel corso degli anni cariche locali ma anche nazionali. Nel 1988, ormai in pensione, si trasferisce con la famiglia a Torre Pellice, dove pochi mesi dopo fonda con sede locale a Pinerolo l’Associazione ANFFAS-Valli Pinerolesi, nella quale ancora oggi continua a prestare la propria attività come socia, dopo otto anni di presidenza. Nel 1991 scrive “Il bambino handicappato e la scuola” per Bollati Boringhieri, insieme a Pier Angela Peila Castellani e Francesca Saglio. Il libro si basa sull’esperienza e sulla riflessione delle autrici a proposito dell’ambito diagnostico-terapeutico della presa in carico dei bambini con disabilità da parte della scuola, e del loro inserimento all’interno dell’Istituzione. Fino alla primavera 2012 svolge attività di volontariato come componente della Commissione minori e disabili per i piani di zona ed è ancora presente nella Commissione permanente per l‘integrazione scolastica dei disabili. Fa parte della Commissione welfare del comune di Torre Pellice. Per alcuni anni ha partecipato all’accoglienza presso il presidio ospedaliero in aiuto agli utenti, nello specifico degli anziani, per aiutare nel dare informazioni o nella stesura delle domande per esenzioni ticket. Inoltre, con altri volontari di altre associazioni locali, dopo aver frequentato corsi di preparazione, si è occupata del tempo libero degli adulti disabili intellettivi e/o relazionali, organizzando attività teatrali. Ha partecipato, grazie all’AUSER  (Associazione per l’invecchiamento attivo), all’animazione nelle case di riposo per anziani dove tutt’ora si propone come lettrice.

 

Alessia Cagnotto

Diari tra Diari. La mostra

Alla “Fondazione Spinola Banna per l’Arte” di Poirino, esposizione conclusiva del progetto residenziale per giovani artisti
 
Poirino (Torino)
L’espressione diaristica in tutte le sue forme: visive, letterarie, tecniche, archivistiche e musicali. E’ stato questo il filo conduttore dell’evento “Diari tra Diari” (edizione 2018-2019), terzo ed ultimo appuntamento del “progetto di residenza” rivolto a giovani artisti, promosso e organizzato da “Fondazione Spinola Banna per l’Arte” e da GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, con il sostegno della Compagnia di San Paolo. Scelti in tutt’Italia tramite bando di selezione e coordinati dall’artista tutor Maria Morganti (milanese, residente a Venezia e un curriculum di mostre personali in Istituzioni fra le più prestigiose in ambito nazionale), sono cinque gli artisti under 35 coinvolti nel progetto: Daniele Costa (Castelfranco Veneto-Treviso, 1992; attivo particolarmente nel campo video), Alice Mazzarella (Foligno-Perugia, 1991; dal 2012 impegnata presso l’Associazione “ViaIndustriae” nella gestione e progettazione dell’archivio del libro d’artista), Virginia Russolo ( Conegliano–Treviso, 1995; residente e operante fra Venezia e Londra, al suo attivo sperimentazioni pittoriche in cui convergono interessanti ricerche video e fotografiche), Davide Sgambaro (Cittadella-Padova, 1989; oggi residente e operante fra Milano e Torino) e Caterina Silva (Roma, 1983; impegnata a Londra come pittrice, performer e videomaker). Le loro opere, prodotte – sotto l’attenta vigilanza del tutor – nell’arco di nove mesi di lavoro, saranno esposte, con la curatela di Elena Volpato e insieme a quelle della stessa Morganti e di Stefano Arienti (fra i nomi di punta della ricerca artistica nazionale dopo le stagioni dell’Arte Povera e della Transavanguardia e al quale si deve l’accompagnamento dei giovani artisti nella fase finale e creativa del percorso) presso la “Fondazione Spinola Banna per l’Arte”, in Frazione Banna 1, a Poirino (Torino, tel. 011/9459800). L’appuntamento è per sabato 8 giugno (inaugurazione, ore 18) e domenica 9 giugno, con apertura dalle 10 alle 17, alla presenza di tutti gli artisti partecipanti. Durante l’inaugurazione, sarà presentata anche la pubblicazione “Diari tra Diari”, a cura di Maria Morganti ed Elena Volpato, edita da “ViaIndustriae”, “Fondazione Spinola Banna per l’Arte” e GAM di Torino. Il progetto si è avvalso anche della preziosa collaborazione di importanti centri culturali come il “Museo di Antropologia Criminale Cesare Lombroso di Torino”, ”FLAT – Fiera Libro Arte Torino” (che ha dedicato l’esposizione monografica dell’edizione 2018 a Dieter Roth e alla sua produzione diaristica), il “Piccolo Museo del Diario” e la “Fondazione Archivio Diaristico Nazionale” di Pieve Santo Stefano (Arezzo). Importanti sono stati anche i diversi approfondimenti sul tema del diario attraverso incontri interdisciplinari che hanno visto gli interventi, fra gli altri, dello storico Luca Pes, della critica d’arte Cristina Baldacci, dello psichiatra antropologo Roberto Beneduce e della critica letteraria Nadia Fusini. In occasione dell’evento, si è anche programmata l’esposizione straordinaria, fino a domenica 9 giugno, dell’opera in progress di Maria Morganti “Il sostituto: lo studio itinerante”, presso l’atrio della GAM di Torino.

g.m.

Dal Canavese alla terra dei due laghi

Dal Canavese alla terra dei due laghi” è il titolo dell’incontro promosso dall’ associazione culturale azegliese Artev  per sabato 1 Giugno, alle 21.00. L’iniziativa si terrà alla Residenza di campagna “Fuori porta d’Azeglio”, in via Roma, 1 bis del comune nell’estremo lembo nord-orientale del Canavese. Interverranno, moderati da Rosalba Pennisi dell’Artev, gli scrittori Barbara Castellaro e Marco Travaglini. Tre i libri che saranno presentati. Il primo, “La curva dei persici”, ambientato sul lago d’Orta,in un luogo immaginario, sospeso nel tempo, dove la vita scorre tra grandi e piccoli avvenimenti sullo sfondo del più romantico dei laghi italiani, battuto dal vento fresco delle Alpi. “Le voci del silenzio” è una Spoon River nata sulle sponde canavesane della Dora Baltea. E’ lì che, tra i viali della memoria, Barbara Castellaro ha riallacciato le storie e le vite di persone straordinariamente normali per i più e del tutto speciali per la scrittrice nata a Ivrea. Racconti che strappano dall’oblio i profili di alcuni protagonisti, risarcendoli delle sfortune che hanno sofferto in vita. In quattordici capitoli si snoda il “lessico familiare” dell’autrice, dalla triste storia di Antonio – suo nonno materno – all’orgogliosa e libera personalità di Lia, dal povero caldarrostaio Quasimodo allo zio Pierone e alla “nonna” Sila che costruiva zoccoli intagliandoli nel legno. Per lo storico Gianni Oliva, che ha curato l’introduzione, si tratta del “recupero delle memorie passate che compongono una realtà emotiva presente”. Ultimo libro, “Il tempo dei maggiolini” con Marco Travaglini che prova a dare voce a quel mondo piccolo fatto di  memorie, dove il passato rimanda a tempi meno facili ma più ricchi di semplicità, di saggezza antica, di rapporto umano. “Erano gli anni delle case di ringhiera, dei grandi prati non ancora invasi dal cemento, delle quattro stagioni – commenta lo scrittore Benito Mazzi nella prefazione -, delle primavere verdi punteggiate di rondini e maggiolini; delle serate estive sfolgoranti di lucciole, sull’aia o davanti alla calma scura del lago ancora impregnato dei caldi profumi del giorno, delle creme solari“. Barbara Castellaro, giornalista e scrittrice eporediese, vive a Torino e nel 2002 ha curato, presso la Olivetti di Ivrea, la scelta delle opere e del catalogo della mostra “55 artisti del Novecento dalla raccolta Olivetti”, in collaborazione con Renzo Zorzi. Marco Travaglini, anch’esso giornalista e scrittore, bavenese di nascita e torinese d’adozione, ha vissuto a lungo sui laghi Maggiore e d’Orta.

Giorgio De Chirico. Ritorno al futuro

Alla GAM di Torino, la “Neometafisica” di de Chirico: fra autocitazioni del passato e un suggestivo dialogo con gli emuli dell’arte contemporanea
 
Il sipario s’apre sull’“Orfeo trovatore stanco”, olio su tela del 1970, capolavoro dei cosiddetti “anni neometafisici” (1968 – 1978) che assembla in cornice molti elementi e periodi dell’opera di de Chirico, dalle “Piazze d’Italia” ai “Manichini” senz’ occhi (riferimento – secondo Maurizio Calvesi – al mito dei poeti ciechi appartenente alla tradizione dell’antica Grecia), fino agli “Archeologi” e ai “sipari teatrali” caratteristici della sua ultima pittura. Il dipinto è dunque una sorta di autoritratto ideale dell’ormai ultraottuagenario Giorgio de Chirico (Volo, Grecia, 1888 – Roma, 1978), che, messi da parte gli enigmi e i tormenti del passato – non mai tuttavia pienamente alle spalle – dialoga con i manichini della “Tristezza della primavera”, con “Il pensatore” e “Il meditatore” per arrivare fino ai giocosi colorati “ Bagni misteriosi” realizzati nel ’73 per la XV Triennale di Milano e a “Il nuotatore nel Bagno misterioso” del ’74, entrambi suggestivi d’après dei “Bagni misteriosi con cigno” del ’58, anch’esso presente in rassegna. Curata da Lorenzo Canova e Riccardo Passoni, la mostra “Giorgio de Chirico. Ritorno al futuro”, ospitata alla GAM di Torino fino al prossimo 25 agosto e promossa da Fondazione Torino Musei, GAM e Associazione Metamorfosi (in collaborazione con la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico), assembla complessivamente un centinaio di opere, provenienti da importanti musei, enti, fondazioni e collezioni private; 48 a firma del pittore di Volo, le restanti realizzate da quella ricca generazione di artisti che, in particolare dagli anni ’60 in poi, si ispirarono alla sua opera. Di de Chirico alla GAM si rivive l’ultima sua stagione esistenziale e artistica, quella della neometafisica appunto, la più celebre e celebrata, stagione di ricerca e di rielaborazione di temi degli anni Dieci – Venti – Trenta ripensati sotto una nuova luce, attraverso il gusto di una cromia più accesa accompagnata ad atmosfere più serene, meno inquiete e perfino sottilmente ironiche, rispetto a quelle più severe e pensose della prima Metafisica. Per de Chirico, il tempo del ritorno e di una nuova partenza. Il tempo del dialogo e del confronto, intenso e vitale, con le nuove espressioni e tendenze dell’arte contemporanea italiana e internazionale. Che a lui guarda, nelle sue varie forme e cifre stilistiche, come al Maestro cui rendere omaggio quale precursore per eccellenza delle nuove Avanguardie. Capita con Andy Warhol (“Ogni volta –diceva il padre della Pop Art- che vedevo i quadri di de Chirico mi sentivo vicino a lui”), di cui la mostra presenta un’intrigante riproduzione seriale delle celebri “Muse inquietanti”; e accanto a Warhol il “museo” di Ugo Nespolo, le ricerche di Mario Schifano e il “De Chirico”, sovrapittura su lamiera dell’’88 di Mimmo Rotella, insieme al prosecutore (fra i più importanti)   della Metafisica Fabrizio Clerici e a grandi artisti internazionali come Henry Moore (suo il notevole bronzo “Nuclear Energy” del ’64), Philip Guston, Bernard e Hilla Becher. Una quarantina gli artisti omaggianti de Chirico, in un lungo percorso in cui si alternano opere di Valerio Adami, Franco Angeli, Mario Ceroli, Lucio Del Pezzo, Giosetta Fioroni, Gino Marotta, Concetto Pozzati ed Emilio Tadini. Per non dimenticare Renato Guttuso e Ruggero Savinio, con i maestri dell’Arte Povera Giulio Paolini (con la sua “Caduta nel mondo”, super omaggio a de Chirico del 2009) e Michelangelo Pistoletto, insieme alle visioni concettuali di Fabio Mauri, Claudio Parmiggiani, Luca Patella e Vettor Pisani, fino alle “ombre geometriche” di Giuseppe Uncini, agli scatti fotografici di Gianfranco Gorgoni, alle sculture di Mimmo Paladino, via via per arrivare al “mistero”dell’“Opera Ubiqua” di Gino De Dominicis, alle opere di Alessandro Mendini, ai “gladiatori” di Salvo e ai “tableaux vivants” di Luigi Ontani che in una foto in bianco e nero acquerellata fa il verso all’“Autoritratto nudo” realizzato da de Chirico nel ’45. Fra i protagonisti delle   ultime generazioni: Juan Munoz, Vanessa Beecroft e Francesco Vezzoli, che fa di Sofia Loren la statuaria protagonista di una “piazza italiana” di dechirichiana memoria. In mostra si trova anche un’animazione digitale di Maurice Owen e Russel Richards, insieme a opere delle Collezioni della GAM, firmate da Claudio Abate, Gabriele Basilico, Luigi Ghirri, Franco Fontana e Fausto Melotti. Una piccola ma preziosa sezione è riservata al tema della citazione e della copia, dove a un disegno originale di Michelangelo, proveniente da Casa Buonarroti, si affiancano i disegni di de Chirico dedicati allo studio degli affreschi della Volta della Cappella Sistina e due tele, dedicate sempre a Michelangelo, di Tano Festa, fra i primi a comprendere la forza innovativa della pittura di de Chirico in quel suo collegarsi all’arte del passato “che, nella curva del tempo,ha il potere – scrivono i curatori della mostra – di rifondare l’arte del futuro”.

Gianni Milani

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“Giorgio de Chirico. Ritorno al futuro”
GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, via Magenta 31, Torino; tel. 011/0881178 o www.gamtorino.it
Fino al 25 agosto
Orari: dal mart. alla dom. 10/18; lunedì chiuso
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Nelle foto

– Giorgio de Chirico: “Orfeo trovatore stanco”, olio su tela, 1970
– Giorgio de Chirico: ” Bagni misteriosi”, olio su tela, 1973
– Giulio Paolini: “La caduta nel mondo”, collage su carta, 2009
– Giorgio de Chirico: “Autoritratto nudo”, olio su tela, 1945
– Luigi Ontani: “Autoritratto nudo (d’après Giorgio de Chirico”, foto b/n acquerellata, 1978
– Tano Festa: “Michelangelo according to Tano Festa n. 34”, smalti e pennarello su tela, 1967