CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 418

Barbaroux, il saggio ministro che riformò il regno sardo

ALLA SCOPERTA DEI NOMI DI VIE E PIAZZE

Andiamo alla scoperta di Via Giuseppe Barbaroux. Parallela alla famosissima Via Garibaldi,  fa parte di una delle zone della “movida torinese”, il Quadrilatero. Composta principalmente da ristoranti, piole e cocktail bar, via Barbaroux è diventata soprattutto negli ultimi anni, una tra le zone più frequentate dai giovani

Giuseppe Barbaroux nacque a Cuneo il 6 dicembre del 1772 da Giovanna Maria Giordana (figlia di un noto medico cuneese) e Giovanni Pietro Barbaroux, mercante francese di velluti ma divenuto cittadino di Cuneo nel 1757. Provenendo quindi da una famiglia borghese di condizioni economiche discretamente agiate, Giuseppe ebbe la possibilità di frequentare le migliori scuole torinesi e all’età di soli 17 anni, conseguì la Laurea in Legge presso l’Università di Torino. Dopo la laurea egli decise di rimanere a Torino dove intraprese subito la carriera di avvocato mettendo in luce la sua abilità e le sue competenze; si affermò negli ambienti della migliore società piemontese ed il 10 aprile 1806, consolidò la sua posizione sociale sposando la nobildonna Sofia Scotti-Boschis, da cui ebbe sette figli.

Nel 1815 venne nominato avvocato generale presso il Senato di Genova e presidente di una commissione incaricata di redigere il nuovo corpo di leggi per quel ducato che era stato da poco annesso al Regno di Sardegna. Il compito fu particolarmente delicato e complicato ma il lavoro portato a termine da Barbaroux incontrò il gradimento del re che, nel dicembre del 1815, gli conferì il titolo di Conte. Nel 1816 venne inviato in missione straordinaria a Roma e dopo essere stato nominato ambasciatore del Regno Sardo, fu capace di appianare i contrasti e di ricucire i rapporti tra il pontefice Pio VII e il sovrano sabaudo, riuscendo nel contempo a ottenere che la città di Cuneo divenisse, a partire dal 1817, sede di una diocesi indipendente. Morto Carlo Felice e succedutogli Carlo Alberto, Barbaroux venne nominato, il 24 maggio del 1831, ministro Guardasigilli e qualche giorno più tardi, gli venne anche affidata la presidenza di una commissione per la revisione dei codici, in modo che il moderato e solido avvocato cuneese potesse riformare il codice dello stato sabaudo in senso progressista e già vagamente liberale.

Barbaroux si dedicò con grande passione all’impresa e iniziò un’attività veramente frenetica per la preparazione di ben cinque codici: nel 1837 terminò la riforma della parte civile e fece promulgare lo Statuto Albertino, introducendo modifiche al codice civile che si ispiravano al Codice Napoleonico. Subito dopo, nel 1839, completò la revisione del codice penale, mentre nel 1840, portò a termine quella del codice penale militare. Nonostante alcune lacune, la riforma dei codici operata da Barbaroux costituì senza dubbio un notevole progresso nei confronti della legislazione precedente, ma rimase ben lontana dai modelli a cui inizialmente si era ispirato e dai progetti che egli aveva elaborato. L’impresa che all’inizio era sembrata tanto gloriosa, si rivelò invece un compito che gli costò invidie, calunnie e che suscitò una vasta ondata di malcontento intorno alla sua figura politica: nel corso degli anni venne accusato dai conservatori perché intendeva abolire i privilegi dei nobili primogeniti e nello stesso tempo fu malvisto dai progressisti ai quali sembrò troppo freddo e moderato. Amareggiato nell’anima e fisicamente provato, nel settembre del 1840 Barbaroux si dimise da ogni incarico, mantenendo unicamente la presidenza della commissione istituita per rivedere il codice commerciale, ultima fatica che portò definitivamente a termine nel 1842.

Sentendosi ormai mal voluto ed abbandonato da tutti, Barbaroux mise fine alla sua vita l’11 maggio del 1843 gettandosi da una finestra della sua abitazione di Torino (all’odierno numero 29 di via Barbaroux, che dal 19 giugno 1860 gli venne dedicata dal comune). Dato il suo impegno per la creazione della Diocesi di Cuneo, ebbe comunque funerali religiosi nonostante a quel tempo non fossero previsti per i suicidi.

 

Il bibliotecario dell’ex manicomio racconta il suo lavoro tra libri e storie di vita

Intervista a Lillo Baglio. Una testimonianza diretta su un mondo ormai lontano

Un argomento che da sempre ha suscitato il mio interesse è relativo all’ex manicomio di Collegno, in tutti i suoi aspetti, sia storici che umani. Mi sono già occupata di tali tematiche, in un ciclo di articoli dal titolo “C’erano una volta i matti”, pubblicati da questa testata. Nei pezzi ho affrontato la storia dell’istituzione manicomiale fino alla Legge Basaglia, facendo riferimento a vicende letterarie e artistiche di personaggi in massima parte torinesi, come il triste caso di Ida Peruzzi, moglie di Emilio Salgari.
Sono stata particolarmente lieta quando Lillo Baglio, archivista e bibliotecario dell’ex manicomio di Collegno, mi ha contattata per dialogare con me in merito a questa realtà complessa e forse non abbastanza ricordata. Ecco allora la nostra chiacchierata.

Buongiorno Lillo, archivista e bibliotecario dell’ex manicomio di Collegno. Puoi raccontarci qualcosa di più riguardo alla tua storia, a come sei arrivato ad occupare questa posizione?
Buongiorno! In effetti la storia e la vita professionale di ognuno, per molti di noi, assomiglia alla nave Argo, il cui timoniere era convinto di dirigere da solo la nave, dimenticando che era il soffio del vento a mandarla avanti. Ebbene forse il destino c’entra qualcosa. Io arrivai a Collegno trent’anni or sono, dopo pochi mesi fui assunto presso l’azienda sanitaria di allora: l’asl to24 (oggi ASLTo3) dapprima come addetto ai servizi generali. Successivamente venni a sapere che l’allora responsabile della biblioteca medica, cercava un collaboratore, possibilmente diplomato, che avesse un certo grado di istruzione. Colsi subito l’occasione, e dopo un colloquio con il direttore amministrativo venni assegnato alla biblioteca medica, come addetto alla stessa. Frequentai, fin da subito, un corso in biblioteconomia e archiveconomia che mi permise di inserire, nel Sistema Bibliotecario Nazionale, un fondo importante composto di libri di psicoanalisi e psicologia, donato alla biblioteca dal Professore Ferraris. Da allora sono passati trent’anni. Nella metà degli anni Novanta fu creato il Centro di documentazione sulla psichiatria che raggruppa tre sezioni: La Biblioteca Medico Scientifica, l’archivio storico dell’ex manicomio di Collegno, l’archivio delle cartelle cliniche dei cinque ex ospedali psichiatrici riuniti, ovvero, gli ex ospedali psichiatrici di Torino, Collegno, Savonera, Villa Regina Margherita, Grugliasco, compreso il “manicomio dei bambini” Villa Azzurra, sempre di Grugliasco.

Un contesto decisamente particolare quello in cui ci troviamo, non solo un ex manicomio, ma uno dei luoghi che sono stati più attivi e conosciuti, ovvio fino alla Legge Basaglia del 1978. Ci dici qualcosa di più riguardo a che cosa vuol dire lavorare in un ambiente così “sui generis”?
Sono stato definito “il custode della memoria storica dell’ex Ospedale psichiatrico di Collegno”. Se con questa espressione si vuole dire che metto a disposizione, di chiunque ne faccia richiesta, per motivi di studio, di ricerca, di approfondimento etc.., lo straordinario patrimonio librario e documentale, a cominciare dagli “Ordinati” dove troviamo tutta la storia di questa complessa Istituzione che è stata, prima la Certosa di Collegno poi il “Manicomio di Collegno” , se intesa così la parola “custode” ha un senso. Oltre a custodire questo patrimonio culturale, davvero unico, io coadiuvo studenti per le loro tesi, ne sono state scritte centinaia tutte regolarmente catalogate. Indirizzo molti scrittori che hanno scritto libri che parlano di questa dimensione e di questa realtà manicomiale. Pensate che il Centro custodisce la Cartella Clinica dello smemorato di Collegno, un caso di appropriazione di identità che allora fece molto scalpore e che divise gli italiani in “Cannelliani e Bruneriani”. Quasi tutti quelli che hanno scritto su questo aneddoto sono venuti in biblioteca a consultare il materiale storico del caso.

Parliamo ancora della tua esperienza diretta in questo contesto. Hai avuto occasione di conoscere alcuni pazienti? Tra questi, ti ricordi in particolar modo di qualcuno?
Questo è l’aspetto, se vogliamo, più significativo della mia trentennale esperienza lavorativa in un contesto che ha conosciuto il dolore e ha ospitato il mistero della follia. La legge Basaglia, come sappiamo, sanciva legislativamente la chiusura dei manicomi. La legge Basaglia è stata sicuramente una legge di civiltà, i manicomi, gestiti con logiche appunto manicomiali, non potevano più rappresentare dei luoghi di cura ma luoghi di segregazione, dove il più delle volte la dignità umana veniva calpestata. Per ciò che mi concerne posso però dire che la chiusura, e la messa in libertà dei degenti che nel frattempo riacquistavano la libertà e con essa i propri diritti costituzionali, ha presentato delle forti criticità, voglio dire che avrebbero dovuto realizzare alternative abitative e alloggiative per i degenti rimasti senza la famiglia di appartenenza e senza protezione economica. E’ successo che molti degenti non furono in grado di integrarsi nella società e questo comportò il suicidio di centinaia e centinaia di ex ricoverati, molti di loro sono anche scomparsi e non si è saputo più nulla. Molti però rimasero a Collegno e sistemati negli ex padiglioni psichiatrici, diventati nel frattempo delle comunità, in attesa di una futura destinazione nelle strutture che avrebbero realizzato per loro. Pensate che la legge Basaglia è del 1978 mentre l’ultimo ricoverato di Collegno uscirà definitivamente nel 2004, per cui ho conosciuto molti pazienti. Molti di loro venivano tutte le mattine in biblioteca a prendere il caffè. Mi volevano bene, capivano che li rispettavo e non li giudicavo. Da loro paradossalmente ho imparato molto. Posso dire di avere conosciuto un’umanità straordinaria. Me li ricordo tutti, ognuno a proprio modo mi ha lasciato un ricordo indelebile. Mi dicono che abbia una dote che è quella dell’ascolto, so ascoltare. Ho perfino voluto scrivere un libro, dal titolo “E i matti dove li mettiamo? Viaggio nella coscienza del mondo degli altri.” È un dialogo realmente avvenuto tra me e due ex malati psichici dove si discute del mistero della vita e della follia.

Ci troviamo ora nella biblioteca, un luogo importante per testimoniare la storia. Cosa ci puoi dire in proposito?
Quando nel 1973 l’ospedale psichiatrico di Via Giulio viene chiuso, la biblioteca e i libri che si trovavano in via Giulio, nel manicomio di Torino, furono trasferiti a Collegno. I volumi rimasero abbandonati a se stessi fino all’arrivo di un medico, il Dott. Giorgio Tribbioli, un infermiere, Franco Cavaglià, e di un ex ricoverato; insieme salvarono dalla dispersione e distruzione per macero libri e riviste stipati dentro i cassonetti. Fu soprattutto grazie al ricoverato Roberto Contartese, laureato in filosofia, uomo coltissimo e a lui che dobbiamo la salvezza di un patrimonio culturale importantissimo che racchiude tutta la storia della psichiatria dal ‘700 ad oggi. Nel 1987 la Biblioteca venne riaperta ai lettori, come ente di conservazione, senza fondi per ulteriori acquisizioni né di libri né di periodici. Se i libri più di ogni altra cosa sono la sede prescelta per conservare la memoria ed esercitare immaginazione, la Biblioteca diventa il luogo ideale per raccogliere tutto l’insieme dei ricordi e del passato dell’umanità. Data la collocazione all’interno di un ospedale psichiatrico, essa si sviluppa all’insegna dell’alta specializzazione che va formandosi nel corso della seconda metà dell’Ottocento grazie alla gestione di dottori che arricchiscono il patrimonio librario di testi pertinenti la scienza medica e soprattutto la psichiatria; è pertanto possibile oggi tracciare un percorso storico dell’evoluzione di tale scienza attraverso i volumi stessi della Biblioteca. Altresì è possibile tracciare due linee di sviluppo autonome, che danno alla Biblioteca una peculiare fisionomia: da un lato una particolare tradizione di studi e ricerche in campo psichiatrico che si è sviluppata nel corso degli anni, dall’altro l’essersi organizzata fin dalla seconda metà dell’Ottocento come Biblioteca di pubblica lettura per i ricoverati dell’ospedale, l’altra biblioteca la cosiddetta “biblioteca dei ricoverati.”

Oltre i libri, ci sono anche dei quadri. Si tratta di lavori eseguiti da ex pazienti. Che cosa si può evincere, secondo te, da queste creazioni?
Il Centro di documentazione sulla psichiatria custodisce i dipinti realizzati negli anni dagli ex pazienti psichiatrici. Sono dipinti straordinari che confluiscono nella corrente dell’Art Brut letteralmente “arte grezza”, ma tradotto anche come “arte spontanea”. Questo concetto è stato inventato nel 1945 dal pittore francese Jean Dubuffet per indicare le produzioni artistiche realizzate da non professionisti, degenti dell’ospedale psichiatrico che operano al di fuori delle norme estetiche convenzionali (autodidatti, psicotici, schizofrenici, persone completamente digiune di cultura artistica). Egli intendeva, in tal modo, definire un’arte spontanea, senza pretese culturali e senza alcuna riflessione. Sono, se così si può dire, creazioni artistiche che scaturiscono da personali pulsioni emotive.

Tra questi libri, ce n’è uno che ti ha colpito in modo particolare, per importanza e ricchezza di contenuti? Stessa domanda sulle opere: ce n’è una che ritieni più significativa e perchè?
Per quanto riguarda i libri, la biblioteca possiede davvero un patrimonio libraio importantissimo, è una biblioteca storica specializzata nelle scienze psichiatriche, neurologiche, psicologiche e di tutto ciò che riguarda il segreto del comportamento umano. Posso dirti che la lettura di Freud mi ha fatto capire questo misterioso concetto di “inconscio”, in sostanza Freud per me è stato il maestro del “sospetto” vale a dire che la sua intuizione è davvero interessante; noi tutti saremmo agiti da forze e pulsioni che trascendono a volte la nostra volontà e, il paradosso, è che in questo “magma” si troverebbe “la verità” della nostra vera natura…Per quanto riguarda se ci sia un’opera o un artista che mi abbia colpito , a dire la verità ce n’è più di uno, tutti a modo loro sono molto, molto interessanti artisticamente, ma, per rispondere alla domanda ce n’è uno che per me dovrebbe diventare il simbolo, il riferimento, dell’Art Brut in Piemonte ed è Giorgio Barbero. Tempo fa chiesi ad un ricoverato cosa fosse la smemoratezza, chi è, in buona sostanza uno smemorato? La risposta che mi venne data fu questa: “È uno che finge di essere ciò che è veramente”. Una risposta decisamente enigmatica ma, paradossalmente, non priva di senso; esattamente come può essere percepita l’opera di Giorgio Barbero, un’opera ermetica, impenetrabile, inaccessibile a qualsivoglia forma o tentativo di identificazione, tuttavia non priva di senso, di gravitazione intorno all’ignoto, perché ignoti, sono, appunto, l’origine e la vita del cosmo infinito, dei pianeti lontani e sconosciuti, delle galassie e dei mondi muti, dell’universo silenzioso, come è Barbero, taciturno e introverso , allo stesso tempo privo di qualsivoglia senso pratico ma con una fervida e convinta immaginazione, confinante, forse, con il delirio in cui entrano potenze straniere dotate di armi tecnologicamente avanzate, armi sconosciute agli umani. Giorgio dice di vedere dei sputnik, delle navicelle spaziali, satelliti e astronavi provenienti da altri mondi. Lo stesso Barbero afferma: “Nella mia pittura rappresento satelliti spaziali, galassie ai confini del cosmo, momenti di espansione verso il futuro; un cosmo, delle galassie lontane anni luce. Io viaggio ai confini dello spazio, nella quarta dimensione ed esploro i pianeti sopra un razzo a tre propulsori”. Barbero dunque riporta ciò che vede nei suoi disegni, testimonia di paesaggi astrali, di atmosfere lunari, di realtà prive di luce, viceversa di una luce scura e tenebrosa.

Ora che il manicomio è chiuso ed è una realtà un po’ dimenticata, secondo te, che cosa si potrebbe fare affinché la memoria di queste esperienze non vada persa?
Desidero subito dire che chi si occupa di archivi, di biblioteche e di memorie storiche lavora su tre fronti: verso il passato, conservando e offrendo alla consultazione i documenti selezionati per il loro valore storico e giuridico. Verso il presente per quanto riguarda la trasparenza democratica e verso il futuro a salvaguardia della memoria storica per le generazioni future. Il passato dovrebbe insegnarci a migliorare il presente, ognuno di noi, anche chi non è consapevole, incarna la storia dell’umanità. Noi siamo l’estensione psichica e biologica del primo uomo apparso sulla terra, in questo senso la memoria, soprattutto anche quella storica, va conservata e custodita. La follia è una dimensione che riguarda potenzialmente ognuno di noi, i manicomi sono stati luoghi “dell’umanità rubata” queste esperienze umane sono state rimosse ma sono ancora drammaticamente presenti. Non esisteranno più, aggiungo io per fortuna, i manicomi ma i problemi sono ancora tanti, sono ancora troppi…

Alessia Cagnotto

 

 

De Sono, al via la stagione

Interessanti novità nella stagione musicale che promuove la conoscenza dei giovani talenti

 

Prende avvio la nuova stagione musicale della De Sono, che  da trentatré anni vanta un impegno costante nella formazione e nel sostegno dei giovani talenti.

“Dopo un periodo di assenza in cui le attività sono state costrette alla modalità online torniamo a suonare- spiega il direttore artistico Andrea Malvano – proprio nelle sale in cui da sempre presentiamo al pubblico nuove generazioni di musicisti, in quelle sedi che nessuna forma di medialita’ potrà  mai sostituire, in quell’incarico di intenzionalità che prende il nome di esecuzione live”.

“L’impegno nel settore dell’educazione musicale e nel sostegno ai giovani non si è  fermato neanche durante la pandemia – ha chiarito  la presidente della De Sono, Francesca Gentile Camerana”. Si tratta di una finalità che viene perseguita da ormai ben trentatré anni e che quest’anno viene a concretizzarsi anchecon l’avvio di un progetto, nuovo e ambizioso, di educazione all’ascolto, avviato in collaborazione con la Fondazione Agnelli. Questo programma porterà all’avvio di un ciclo di lezioni-concerto nelle scuole secondarie di tutta Italia, dedicato alla memoria di Gianluigi Gabetti.

“Si tratta di una sfida nell’ambito dello sviluppo dell’audience, ma anche della valorizzazione del ruolo della musica nella società – conclude il direttore artistico Andrea Malvano – L’idea è  quella di favorire proprio quelle aree culturali e geografiche che risultano maggiormente problematiche, unendo l’intento educativo al lavoro sul sociale”.

Saranno sette gli appuntamenti concertistica della stagione, capace di offrire a borsisti e ex borsisti importanti occasioni per suonare sui palchi del Conservatorio e del Teatro Vittoria di Torino. Il concerto inaugurale sarà affidato agli strumenti a fiato, con un ricco programma di arrangiamenti operistici studiato in collaborazione con l’ex borsista Fany Maselli. Prevede l’omaggio ai duecento anni di Cesar Franck con protagonista il violoncellista Ilario Fantone, che ha ricevuto una borsa di studio alla memoria di Renzo Brancaleon. Un altro interessante appuntamento sarà quello riservato al Trio Chagall, promettente formazione torinese, diplomata al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino. Una serata speciale sarà quella dedicata ai 75 anni del compositore Gilberto Bosco, con due brani della sua produzione, eseguiti da due borsisti dell’associazione; dedicato al tema dell’esotismo nel Lied tedescosarà, invece, il concerto Rose dell’Est, con Klaudia Tandl, giovane specialista del repertorio.

Il cartellone risulta arricchito dalla preziosa collaborazione con il Teatro Stabile di Torino, in occasione di ‘Spasso musicale’, concerto spettacolo per la regia di Marco Lorenzi, rimandato a quest’anno a causa del Covid. È rinnovata anche l’altrettanto preziosa sinergia con la Fondazione Renzo Giubergia, in occasione della serata dedicata all’omonimo premio e la partnership con MitoSettembre Musica.

Saranno anche presenti le masterclass per strumenti a arco e gli incontri di perfezionamento dedicati alla memoria di Giovanni Camerana. Il lavoro di neolaureati e dottorandi è sostenuto dalla De Sono grazie all’attività editoriale diretta da Andrea Malvano; di recente è  stata pubblicata dalla casa editrice LIM una tesi universitaria, la trentanovesima pubblicata, a opera di Vittorio Cattelan, dedicata alla musica italiana a Costantinopoli nel primo Ottocento.

Mara Martellotta

Tv, a ‘Piazza Libertà’ questa sera c’è Maurizio Scandurra

Il giornalista e opinionista tv torinese ospite dalle 20.00 nel talk-show di Armando Manocchia su Canale Italia 83’.

Maurizio Scandurra, giornalista radiotelevisivo torinese e saggista cattolico fattosi apprezzare anche su ‘Radio24’ a ‘La Zanzara’ e sulle altrettanto affollate frequenze di ‘Radio Radio’per la schiettezza delle sue posizioni, look d’effetto con tanto di crocifisso sempre ben visibile ed eloquio brillante e fluente, torna nuovamente nel salotto televisivo di ‘Piazza Libertà’.

Questa sera di nuovo in diretta come ogni domenica su ‘Canale Italia 83’, su Sky 937 e in streaming su Facebook all’omonima pagina ufficiale del programma ideato, diretto e condotto da Armando Manocchia, Direttore del noto portale d’informazione ImolaOggi.it, con la regia di Giuliano Tristo.

Tema della puntata l’attuale ‘stato di salute’ della giustizia italiana. “Un argomento che costituisce un problema vero, reale, serio. Per un Paese che, a quanto pare, preferisce invece dietro a un virus molto meno nocivo di quanto si voglia far credere. Per un Paese affetto più dalla pandemenza conclamata di una classe dirigente e popolo bue più che da questa presunta e strumentale pandemia. Ringrazio di cuore il valente Armando Manocchia per invitarmi spesso nel suo ottimo programma, uno dei pochi baluardi ancora rimasti a presidio di una libertà troppo spesso violata in nome della salute. Di una Costituzione vilipesa per prima proprio da coloro che invece dovrebbero rappresentarla, incarnandone i valori e difendendone gli assunti. Di uno Stato assorbito da un regime dittatoriale di fatto, e ormai neanche più tanto velato”, conclude il giornalista, che in curriculum annovera altresì importanti partecipazioni anche a programmi di punta di Raiuno e Raidue.

Appuntamento in diretta nazionale a partire dalle ore 20.00 su ‘Canale Italia 83’.

La compagnia “Mediascena” al festival di teatro in Albania

La Compagnia piemontese “Mediascena”, è stata invitata a partecipare al Festival Internazionale del Teatro di Elbasan, in Albania, prestigiosa rassegna giunta alla 23° edizione ed a cui partecipano gruppi provenienti da ogni parte d’Europa.

L’opera che verrà presentata allo Skampafestival ( questa la denominazione della kermèsse teatrale) è “ Variazioni Enigmatiche” di Eric-Emmanuel Schmitt, uno dei più grandi drammaturghi viventi. La regia è curata dal saluzzese Emjliano Palali, formatosi presso l’Accademia Teatrale di Firenze, mentre i due protagonisti dell’opera, sono interpretati da Salvatore Curaba, attore agrigentino ma da alcuni anni residente ad Alba, dove svolge l’attività di docente presso l’Istituto Umberto I, e da Andrej Mitorai, giovane artista, anch’egli formatosi presso l’Accademia fiorentina.
“Variazioni Enigmatiche” è un’opera complessa, intrigante, imperniata sui canoni del “teatro di parola” che si snoda sul solco indefinito tra commedia e dramma psicologico. “ E’ una pièce molto impegnativa, sia per la regia che per gli attori – afferma Palali- perché propone diverse sfumature caratteriali dei personaggi: si passa dalla rabbia e dall’ira, al sarcasmo, alla commozione ed alla pietà. Siamo felici di avere avuto l’opporttunità di partecipare ad un Festival così importante, che mette a confrponto le realtà teatrali di diverse nazioni europee”. “ Con Palali ho avuto già modo di mettere in scena, circa tre anni fa, un’opera di Pirandello che ha ottenuto un buon successo- dice l’attore Salvatore Curaba- Adesso, questa significativa esperienza con un testo non semplice ma stimolante nello stesso tempo. Speriamo di rappresentare bene l’Italia ed il Piemonte, in particolare, su un palcoscenico che ha ospitato anche artisti noti al pubblico internazionale, come Maia Morgenstern, la Maria di The Passion di Mel Ghibson.”
Lo Skampafestival si svolgerà dal 1 al 6 di ottobre e la compagnia Mediascena, proporrà la sua pièce teatrale domenica 3 ottobre.

Labcube Reale#Green è un compendio del bello e del ben fatto

Prende il via il 2 ottobre 2021 il progetto Labcube Reale#Green, nato dalla collaborazione tra Confartigianato Torino, Camera di commercio di Torino, FabLab Torino,Turn Design Community e la Reggia di Venaria.

L’evento, che gode del Patrocinio della Città di Venaria Reale, della Città Metropolitana di Torino e ha La Stampa come media partner, si inserisce nell’ambito della programmazione 2021 della Reggia di Venaria,  #LaVenariaGreen, dedicata al tema del paesaggio, della sostenibilità e dell’ambiente.

Inoltre, Labcube Reale#Green rappresenta l’evoluzione del progetto Labcube Reale realizzato nel 2019.  

I 10 prototipi saranno esposti a partire da sabato 2 ottobre fino a domenica 5 dicembre, presso il bookshop della Reggia di Venaria, e si ispirano ai temi della sostenibilità, del paesaggio e del green, nonché all’“infinita bellezza” che dà il titolo alla mostra in corso alla Reggia di Venaria.

I prototipi saranno acquistabili solo in un momento successivo all’esposizione.

Labcube Reale#Green è una rassegna collettiva, un compendio del bello e del ben fatto, che ha visto come protagonisti 10 gruppi di lavoro, composti ciascuno da un artigiano e un designer, che si sono cimentati con medium espressivi diversi (carta, ceramica, ferro, tessuti, ecc.) e che hanno realizzato 10 oggetti, fornendo interpretazioni e sguardi differenti sul green.

SAV-Ó è la zuppiera in porcellana che ci aiuta a risparmiare acqua, infatti, dopo aver lavato le verdure la stessa acqua è riutilizzabile per annaffiare le piante, grazie ad un piccolo foro in uno dei manici che trasforma la zuppiera in un inusuale annaffiatoio; la bag  prêt-à-porter, oggetto di design realizzato con materiali selezionati ecologici e sostenibili (carta, cuoio, ecc.) dalle linee morbide ed avvolgenti, con tasche laterali in ambedue i lati; la linea di gioielli “NO TIME TO WAIT” che è il brand della collana formata da quattro elementi composti principalmente da lenti con filtri di colore diverso attraverso cui si potrà ammirare il paesaggio sotto punti di vista differenti; il cappello scultura a tesa larga con vestibilità alla veneziana che omaggia i giardini della Reggia di Venaria che mostrano un disegno ricco di texturediverse: dai prati all’inglese, alle siepi e ai filari di alberi.Completa l’accessorio la tiara rappresentante i filari di alberi; 3Vla fascia di tessuto realizzato con l’utilizzo di filati naturali e sostenibili che intende promuovere il recupero delle bottiglie di vetro e plastica, rivestite ed elevate ad oggetto di design; l’occhio di Gea, una lampada realizzata sfruttando l’espressività e la trasparenza del vetro attraverso la termofusione dei singoli elementi; il progetto Night & Day ispirato alle opere di Maurits Cornelis Escher, una scultura nata per vivere sia in ambienti interni che esterni, si fonde con la natura e la accoglie dentro di sé illuminandola e facendola crescere al proprio interno; SOLL(I)EVAMI il complemento funzionale, posizionato all’ingresso di casa, che può contenere tutto ciò che viene utilizzato all’aria aperta; Rinascita la scultura luminosa in cui la particolare “luce artistica” del neon, modellata da un espertomaestro soffiatore, fa da protagonista sensoriale, nonché visiva; le scarpe Cameo, che offrono la possibilità di produrre e stampare con una propria stampante 3D suole diverse con caratteristiche e colori differenti.

I progetti di Labcube Reale#Green rappresentano 10 sfide alle abilità artigianali che hanno saputo sviluppare il tema green attraverso la realizzazione di 10 prototipi in equilibrio tra passato e futuro, dove la sapienza del maestro artigiano si fonda con la progettazione del lavoro del designer dando vita a 10 oggetti innovativi e di forte impatto estetico.

Infatti, Labcube Reale#Green è nato con l’obiettivo di creare un team di lavoro inedito che ha messo insieme la manualità del saper fare dell’artigiano, esteso alle potenzialità delle tecnologie legate alla sfera della modellazione tridimensionalereale e virtuale, con la creatività e astrazione dei designer.

Dieci gruppi di lavoro con l’obiettivo di fare sintesi tra i saperi e il know how degli artigiani con la creatività del designer in un processo di osmosi e contaminazione dei diversi ambiti conoscitivi: pragmatici ed empirici gli uni, creativi e progettuali gli altri. Una sorta di plusvalore, che il talento artigiano conferisce al mondo del design e viceversa.

Una mostra collettiva capace di coniugare il mondo della bellezza, dell’alta manifattura, delle cose realizzate a regola d’arte con la capacità di trasformare creativamente la materia.

Labcube Reale#Green ha tra gli obiettivi quello di incentivare lo scambio di saperi, orientare all’innovazione, valorizzare il territorio e le sue economie produttive-dichiara Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torinoperseguendo finalità legate alla produzione e alla commercializzazione delle opere create, generando un legame forte con la committenza attraverso la realizzazione di oggetti unici ispirati al tema green e alla mostra della Reggia di Venaria dedicata al paesaggio. Il Progetto punta su sostenibilità e artigianalità evoluta, grazie ad un’importante attività

svolta all’interno dei gruppi di lavoro che ha generato un intreccio di saperi legati alla manualità, al green e alla progettualità: una nuova frontiera dell’artigianalità moderna. Non possiamo nascondere che la crisi ha colpito duramente, mettendo a rischio operativo molte delle nostre aziende, ma gli artigiani hanno anche mostrato grandi capacità di resilienza e questo progetto ne è una prova tangibile. Ora vogliamo contribuire a costruire il rilancio del Paese e a dare un futuro alle nuove generazioni, pronti come sempre a fare la nostra parte con senso di responsabilità e coscienza civica partendo anche da qui, da questo progetto, dalla volontà di mettersi in gioco e creare qualcosa di bello e unico.

Siamo lieti di supportare una nuova edizione del progetto LabCube rinnovando anche quest’anno la proficua collaborazione con la Reggia di Venaria – spiega Dario Gallina, Presidente della Camera di commercio di Torino.Artigianato, turismo e cultura in questi mesi hanno senza dubbio attraversato un periodo molto difficile, ma è significativo che proprio il design, attraverso creatività e progettazione di nuove idee, contribuisca attivamente alla ripartenza del comparto artigiano, con un’attenzione particolare alla sostenibilità, tema ormai imprescindibile per un nuovo sviluppo ed elemento distintivo anche agli occhi del consumatore”.

“Con grande soddisfazione la Reggia di Venaria ospita la terza edizione del progetto LabCube Reale#Green  -conclude Guido Curto, Direttore del Consorzio delle residenze Reali Sabaudeun progetto che negli anni ha visto coinvolti artigiani, designer e maker confrontarsi con la magnificenza della Reggia e dei Giardini di Venaria per elaborare e creare prodotti di merchandising rivolti al grande pubblico dal forte carattere identitario. Gli artisti/artigiani sono stati chiamati ad interpretare il tema portante che ha sostenuto il programma culturale nel 2021: #green, un ricco calendario di appuntamenti che ha accompagnato i visitatori in un percorso tra arte, storia e natura, orientato alla sostenibilità e alla valorizzazione del rapporto tra l’uomo e l’ambiente, fra i quali il ruolo di protagonista spetta alla grande mostra “Una infinita bellezza. Il Paesaggio in Italia dalla pittura romantica all’arte contemporanea”. I prototipi del progetto LabCubeReale#Green verranno esposti nel rinnovato Bookshop della Venaria Reale, il cui impianto stilistico, definito con il supporto del Centro e Conservazione e Restauro La Venaria Reale, rappresenta un inedito e forte richiamo alla natura e all’ambiente, in un’atmosfera che enfatizza ancora di più la tematica Green.  Grazie alla collaborazione con la Camera di Commercio di Torino e Confartigianato Torino la Reggia di Venaria, ospitando il progetto LabCube Reale#Green, si propone ancora una volta come vetrina delle eccellenze artigiane del territorio e luogo delle proposte innovative che quest’ultimo esprime.”

Nello spazio espositivo troviamo i seguenti oggetti:

SAV-Ó realizzato da Laura Malandrino (artigiana) e daRiccardo Vicentini (designer)

Il progetto trae ispirazione dalle tradizionali zuppiere Sabaude in porcellana, ma affronta un tema molto attuale: l’importanza di non sprecare acqua, bene prezioso e non inesauribile.

SAV-Ó ci aiuta a risparmiare acqua con un’attività semplice e quotidiana: il gesto di lavare frutta e verdura, permettendoci di compiere quest’azione in ammollo e non sotto l’acqua corrente. Dopo aver lavato le verdure, è possibile riutilizzare la stessa acqua per annaffiare le piante ed i fiori del nostro balcone o del giardino: infatti uno dei manici di SAV-Ó, nasconde un piccolo foro, che lo trasforma in un inusuale annaffiatoio. Il restringimento sulla bocca superiore del contenitore, consentirà di compiere quest’operazione, senza che frutta e verdura cadano fuori.

Prêt-à-porter realizzato da Giò Gatto (artigiano) e Rosa Palumbo (designer)

La bag Prêt-à-porter è un oggetto di design realizzato con materiali selezionati ecologici e sostenibili (carta, cuoio, ecc.), dalle linee morbide ed avvolgenti, con tasche laterali in ambedue i lati. Un vero e proprio contenitore di contenuti. Il concept creativo richiama l’elemento geometrico della Galleria di Diana fino a farlo diventare la texture della bag. Un effetto optical, con richiamo anche alla corrente optical Art e all’Haute Couture (Chanel – Dior).

Altro elemento identificativo della bag sono i manici in cuoio in cui vengono intarsiate al laser delle foglie. La carta “grattacrespa” è realizzata in esclusiva per Giò Gatto dalla cartiera di Nebbiuno e regalano alla Bag matericità robustezza ed elasticità. Il materiale è parzialmente riciclato e riciclabile al 100%.

NO TIME TO WAIT realizzato da Daniela Cavallo (artigiana) e Gianluca Macchi (designer)

La lotta contro il cambiamento climatico sta diventando sempre più una corsa contro il tempo. Da questo concetto nasce l’idea di “NO TIME TO WAIT”, una linea di gioielli ideata per sensibilizzare gli utenti su uno dei 17 Sustainable Development Goals individuati dall’ONU nel 2015, con un orizzonte di attuazione entro il 2030.

L’oggetto è un capo sfilata, una collana composta da quattro elementi composti principalmente da lenti con filtri colore diverso, attraverso cui si potrà ammirare il paesaggio sotto punti di vista diversi. L’unità della visione, la sovrapposizione delle lenti, darà la completezza del messaggio, “NO TIME TO WAIT”. Dal punto di vista tecnico, la catena sarà in argento e lavorata a mano, a questa saranno collegati i quattro elementi, ognuno composto da due lenti in vetro del diametro di 10 cm, tra le quali sarà interposta una lente colorata su cui verrà incisa una parola diversa. Le incisioni tra le lenti verranno riempite con i materiali scelti in correlazione alle tematiche.

Cappello scultura di Nina Tauro (artigiana) e Arianna Ricossa (designer)

Il concept, un cappello a tesa larga con vestibilità alla veneziana è un omaggio ai giardini della Reggia di Venaria, che mostrano un disegno ricco di texture diverse: dai prati all’inglese, alle siepi e ai filari di alberi. La tela di base del cappello è un colore naturale e vuole essere a livello materico un elemento strutturale, il rimando alle siepi viene reso dalla sovrapposizione di tessuti di

colore diversi che tagliati danno un effetto sfilacciato con diverse sfumature. Completa l’accessorio la tiara rappresentante i filari di alberi. Una stampa 3D che vuole donare ancora più naturalezza grazie alle asimmetrie date dalle diverse altezze. I due elementi separati tra loro sono legati tramite un filo di raso di recupero, che nel cappello forma un motivo fisso mentre nella tiara forma un movimento grazie al fiocco a cascata sul retro.

3V di Lisa Fontana (artigiana) e Monica Oddone (designer)

I 3 Valori #green 3V è una fascia di tessuto “occhio di pernice” o “rombo” realizzata tramite un telaio manuale a 4 licci con l’utilizzo di filati naturali e sostenibili, come i filati di juta indiana (Fibra tessile vegetale ricavata dalle piante del genere Corchorus) o i filati di bambù del Nepal (Fibra tessile vegetale ricavata dalla frantumazione delle parti legnose della pianta). 3V intende promuovere il recupero delle bottiglie di vetro e plastica e la loro trasformazione in vasi che custodiscano un po’ di natura all’interno della casa. Attualmente progettato come pezzo unico, può essere declinato in una famiglia di prodotti con varianti dimensionali (a seconda della capienza della bottiglia) e con varianti cromatiche (legate, ad esempio, al tema delle stagioni).

L’occhio di Gea di Chiara Ferraris (artigiana) e Andrea Vecera (designer)

Gea è una lampada realizzata sfruttando l’espressività e la trasparenza del vetro, attraverso la termofusione dei singoli elementi, schegge di vetro colorate provenienti da scarti di lavorazioni con diverse tonalità, che costituiscono l’iride, cerchio perfetto inscritto in un ellisse opalino ottenuto mediante termoformatura.

GEA nella mitologia greca è la dea primordiale, la madre della terra, origine del mondo, presente un po’ in tutte le mitologie ancestrali dell’essere umano. Luce come mezzo per vedere, intesa come ciò che permette di distinguere le forme, la profondità della realtà, ma anche la luce che emana la verità raggiunta tramite la conoscenza, simbolo di vita fondamento simbolico religioso. Tuttavia, della luce siamo coscienti solo quando questa è assente, poiché senza di essa non siamo più in grado di vedere.

Attraverso l’occhio di Madre Natura nel suo luminoso splendore, acquisiamo coscienza su ciò che ci circonda, una finestra allegorica sul creato e lo stato attuale del mondo.

Night & Day di Claudio Rizzolo (artigiano) e Andrea Scarpellini (designer)

Night & Day è un progetto ispirato alle opere di Maurits Cornelis Escher. È una scultura nata per vivere in ambienti interni come esterni, si fonde con la natura e la accoglie dentro di sé illuminandola e facendola crescere al proprio interno. Night & Day può essere una scultura, una lampada, un giardino, un orto verticale, un gioco di illusioni ottiche, ecc.

Come in un’opera di Esher il pavimento a rombi caratteristico della Reggia si evolve tridimensionalmente in una scala a chiocciola, che a sua volta si ripete in circolo in uno spazio sospeso privo di riferimenti trasformandosi lentamente in uno stormo di uccelli migratori che volano nel cielo.

La scultura ruotando su sé stessa crea un loop visivo ipnotico.

Il concept si può sviluppare in tre step tecnologicamente sempre più avanzati.

1- La scultura grazie ad una lampada led specifica emana la luce necessaria a far crescere la pianta collocata al proprio interno e coltivata mediante la tecnica idroponica. La luce può essere alimentata da un pannello solare.

2- La scultura può ruotare su sé stessa creando un gioco di illusione ottica e grazie a questo movimento collegato ad una dinamo, produce l’energia elettrica necessaria ad accendere la lampada led.

3- La scultura funziona come un vero e proprio sistema eolico e ruota con la spinta del vento che a sua volta produce energia elettrica per illuminare i led.

L’opera è realizzata in lamiera di acciaio corten 15/10 (pretrattato per uso in ambienti interni).  

Il corten è un metallo ma come le piante e altri materiali naturali ha la particolarità di trasformarsi ed evolversi mutando nel colore da un grigio ferro, passando per un arancione vivo fino ad una calda tonalità di marrone che lo ambienta facilmente in ogni contesto.

La sua caratteristica ossidazione superficiale, regolare nel tempo, permette a contatto con le piante di rilasciare i giusti quantitativi di ferro utili a rinforzarle.  

SOLL(I)EVAMI di Nadia Zanconi (artigiana) e Ettore Balbo (designer)

L’idea di base di SOLL(I)EVAMI è quella di avere all’ingresso della propria casa o del posto di lavoro, un complemento funzionale che possa contenere tutto ciò che si utilizza all’aria aperta. In questo caso il benessere parte ancora prima di uscire, avendo in un unico posto e a portata di mano tutto il necessario.

SOLL(I)EVAMI è un complemento d’arredo componibile e versatile che può funzionare da solo o può essere abbinato a uno o più moduli.

Il sistema base è costituito da una cornice portante da fissare alla parete attraverso una speciale staffa e da un elemento di appoggio a pavimento, da un braccio porta bici, da due ripiani e da un sistema appendi abiti. Si potrà modificare di volta in volta l’assetto di SOLL(I)EVAMI in funzione delle diverse necessità e abitudini.

Per esempio, si potrà posizionare la bici in altezze diverse lasciando spazio alle mensole che potranno essere collocate sul livello più basso utilizzandole come comodo porta scarpe o come porta piante, come ripiano per libri o svuota tasche.

Sulla staffa di supporto per il fissaggio a parete di SOLL(I)EVAMI è invece possibile inserire il sistema appendi abiti costituito da due cinghie in pelle alle quali è fissato il tubolare in alluminio per appendere delle grucce.

Camaleo di Giancarlo Berardinelli (artigiano) e Francesco Mansueto (designer)

Le scarpe Camaleo ovvero come produrre e stampare con una propria stampante 3D suole diverse con caratteristiche e colori differenti. La possibilità di scegliere e cambiare la forma e il materiale della suola conferisce a questo accessorio un elevato grado di personalizzazione, che permette di assecondare piùesigenze e molteplici tendenze fashion. La scarpa Camaleo aiuta a vivere esperienze diverse, mantenendo alta la qualità ed il comfort della camminata: dalla passeggiata in centro città alla scampagnata la scarpa potrà essere utilizzata per esigenze diverse. Inoltre, Camaleo, ha una lunga durata, conferita dalla qualità della realizzazione e dalla sua riparabilità. Tutto è creato perché non ci siano sprechi. I materiali di costruzione di base sono tutti ecologici. Il cuoio con cui è realizzata è certificato, la tomaia stessa è realizzata in pellame ecologico ad alta resistenza e durevolezza nel tempo.

Rinascita di Roberto Basso (artigiano), Laura Cerabona e Roberta Caputi (designer)

L’idea progettuale del concept nasce dal desiderio di voler esprimere un messaggio emotivamente impattante volto a sensibilizzare le persone sui temi legati all’ambiente.

Per meglio interpretare questo concetto è stata progettata una scultura luminosa in cui la particolare “luce artistica” del neon, modellata da un esperto maestro soffiatore, fa da protagonista sensoriale, nonché visiva.

Per la base è stato utilizzato il ceppo ramoso dell’albero di fico. Questa pianta è considerata sacra in molte culture e simboleggia la Vita, la forza e la conoscenza, nonché l’asse del mondo che collega la terra al cielo, rivestendo un significato di immortalità e di abbondanza. Sulla sua corteccia rugosa

scorrono delle lacrime rosse a rappresentare la Natura ferita ma dall’interno del tronco vuoto, fuoriescono fasci di luce bianca.

In questo incastro la luce bianca si fonde con quella rossa dando forma a un cuore stilizzato che raffigura la Rinascita.

“La valle dei pollini” Arte, natura e tecnologia

Fino a domenica 7 novembre 2021

L’Associazione Alessandro Marena in collaborazione con la galleria Lara e Rino Costa di Valenza presenta “La valle dei pollini”, mostra dell’artista Theo Gallino

La kermesse segna l’inizio di un nuovo corso per l’Associazione dedicata al gallerista torinese Alessandro Marena prematuramente scomparso nell’estate del 2013. Se infatti nel periodo dell’art week torinese, rimane invariato lo svolgimento della biennale collettiva “The Upcoming Art – da un’idea di Alessandro Marena”, con l’assegnazione del Premio Alessandro Marena a uno degli studenti dell’Accademia Albertina, da quest’anno l’Associazione promuove anche una personale dedicata ad un maestro del territorio.
L’autunno cittadino si arricchisce così di un nuovo ciclo di esposizioni di alto profilo artistico e curatoriale. Di volta in volta, infatti, un nome rappresentativo della scena contemporanea sarà chiamato ad esporre gli esiti più recenti della sua ricerca affiancati da richiami a lavori storici. Grazie a questa iniziativa chi è in fase di formazione, i potenziali futuri talenti dell’arte a cui l’Associazione dal suo nascere guarda con interesse e con spirito mecenatistico, potrà confrontarsi con autori presenti da anni sulla scena per trarne spunti e consigli utili alla propria crescita. La mostra dei maestri, con le attività di approfondimento e fruizione ad essa connesse, rappresenterà per i giovani un momento costruttivo e per il pubblico tradizionale un appuntamento da non perdere per approfondire la conoscenza di carriere dense di riconoscimenti e tuttora in fieri.

“La valle dei pollini” apre i battenti circa un mese prima degli appuntamenti fieristici torinesi dedicati alla creatività nazionale ed internazionale a Villa Sassi, nobile dimora secentesca che recentemente ha subito un profondo e scrupoloso intervento di restyling interno. Su un’area rialzata e curvilinea del secolare parco, che ricorda una gradinata dei teatri dell’antichità, si stagliano una dozzina di installazioni di grande-media dimensione che finemente traducono l’idea di unità tra uomo e natura, artificiale e spontaneo – concetti che potrebbe essere estesi alla dialettica tra ragione ed istinto. Maestria tecnica e condiviso senso di bellezza tra l’autore e il creato fan si che le opere sembrino germinare nella dimensione naturale per evidenziarne il potenziale nascosto.
La rappresentazione plastica dei fragili ed impalpabili piumetti globosi del tarassaco, che tutti conosciamo, in esili sculture provocano un impatto visivo ed emotivo sorprendente tanto più se i filiformi steli in ferro emergono da accumuli di mattoni con calchi di pluriball. Quest’ultima caratteristica è riconducibile alla storia di Gallino e ai suoi esordi, quando utilizzava l’imballo plastico scoppiettante a protezione dei preservativi, simbolo di prevenzione dal virus HIV.

Il riferimento alla natura si mescola alla materia artificiosa e tecnologica come in un continuo richiamo al potere taumaturgico dell’uomo. Questi è partecipe e, nello stesso tempo, ideatore di mondi, installazioni ambientali che raccontano nuove possibili vite, universi immaginifici da rimirare da diversi punti di vista per coglierne appieno la carica espressiva. I fusti filiformi che si allungano verso l’alto, le creazioni in terracotta giammai finite, gli intrecci metallici che riconducono inevitabilmente ad elementi reali dalla forte componente simbolico-spiritualista e i cumuli di mattoni da cui si generano nuove possibili vite, celebrano l’arte quanto la ri-nascita. All’indifferenza alla storia del mondo in cui viviamo Gallino risponde con una narrativa geniale e stimolante che è alla base della stessa creatività dell’uomo.

All’ingresso del percorso espositivo lo spettatore è accolto da un vaso dalle sembianze organiche da cui si ergono le infiorescenze, simbolo della nuova stagione artistica ed umana annunciata dalla “valle dei pollini”. Proseguendo, altri steli nascono da parallelepipedi di terracotta posti sopra cumuli di macerie e mattoni, reliquie di un tempo passato da cui si cerca di risorgere. L’incipit del racconto comprende un grande nido nero avvolto da fili aggrovigliati. Forma apparentemente fuligginosa e plumbea, questo riparo essenziale rimanda al focolare caldo e protettivo, di pascoliana memoria, in cui si generano legami e relazioni.Una “morbida” giara di mattoni, segnata in superficie dal pluriball, fa da contenitore a tre soffioni. Il recipiente incompiuto è una suggestiva scultura che si plasma attraverso il contatto emotivo con l’osservatore.

Se alcuni grandi artisti del passato possono essere chiamati in causa dalla poetica di Gallino, da Medardo Rosso a Fausto Melotti, è innegabile che i risvolti originali, estetici e sostanziali a cui è giunto l’artista lo facciano annoverare tra le voci più interessanti del panorama nazionale.
Durante il periodo di mostra un’opera dell’artista è collocata all’ingresso del monumentale Palazzo della Luce (via Antonio Bertola 40) mentre alcuni lavori della sua produzione meno recente sono esposti a Villa Bria – Gassino Torinese (via Bussolino 149, Gassino Torinese).

 

“La valle dei pollini”
Theo Gallino
a cura di Monica Trigona

Orari della mostra
Tutti i giorni dalle 10 alle 19 su appuntamento scrivendo a: associazionealessandromarena@gmail.com
Ingresso gratuito
Sede
Villa Sassi, Strada al Traforo di Pino 47, Torino

Inaugurazione giovedì 7 ottobre 2021 ore 18-20
Segue cena alchemica realizzata dallo chef di Villa Sassi Alessandro Braga,
liberamente ispirata alla ricerca di Theo Gallino
-posti riservati previa prenotazione: associazionealessandromarena@gmail.com –

 

 

 

Rivarolo: arte e creatività a Villa Vallero

Progetto di arte urbana, decorazione e pittura con gli allievi ed ex allievi del biennio di decorazione dell’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova. Carlotta Ghioldi, Cristina Garbarini, Fulvio Ioan, Riccardo Rubattino, Coordinamento Prof. Alessandro Fabbris

Inside/Out in questo secondo step approda a Villa Vallero. Nella sede espositiva saranno presentati i lavori dei quattro giovani artisti che hanno svolto la residenza d’artista presso
Casa Toesca nel mese di Luglio.

Fulvio Ioan, Cristina Garbarini, Carlotta Ghioldi, Riccardo Rubattino hanno reinterpretato il concetto e le forme del
decorativo: dopo una analisi del territorio i quattro giovani artisti, alcuni ancora studenti dell’Accademia Ligustica di Belle
Arti di Genova, presentano una serie di opere nate in seguito al soggiorno svolto a Rivarolo Canavese, opere nate
attraverso un dialogo tra territorio, architettura, decorazione e ibridazioni artistiche.

Ioan presenta una grande tela e alcune xilografie, da cui son stati tratti i manifesti che a Luglio sono stati affissi nello
spazio pubblico in occasione della festa patronale di Rivarolo i cui soggetti attingono, attraverso il suo immaginario,
all’Anno Giacobeo.

Garbarini, dopo aver analizzato alcuni elementi decorativi presenti nel tessuto cittadino e in alcuni palazzi storici di
Rivarolo, presenta un grande disegno ed alcune tavole su carta che reinterpretano le forme di volute, modanature,
basamenti, archi.

Ghioldi per la realizzazione delle sue opere ha attinto da uno studio compiuto sui colori dello stemma della città, sulle
piante e sui giardini presenti nel territorio per realizzare due grandi stoffe che si dispiegano dal soffitto al pavimento, i cui
soggetti sono stati rivisti attraverso app di smartphone e glitch generati dai processi di stampa.
Ribattino presenta alcune soluzioni di decorazione pittorica pensati per spazi cittadini con un pattern che attinge
anch’esso da una reinterpretazione di modanature e geometrie architettoniche, frutto di un suo “cammino” compiuto sulle
linee di fettucce appese tra palazzi, balconi e alberi: un esercizio di equilibrismo che pone lo sguardo a diverse
prospettive.

Sempre Rubattino, in occasione dei giorni della mostra, replicherà una performance, organizzando anche un workshop
per i cittadini.

Per informazioni sull’evento:
Areacreativa42 Associazione Culturale
Via Ivrea 42, Rivarolo Canavese (TO)
Tel. 335 122 7609
info@areacreativa42.com

SCHEDA DATI
Progetto a cura di Areacreativa42 in collaborazione con l’Assessorato alla cultura della Città di Rivarolo
Canavese.
Dal 3 al 24 ottobre 2021
Inaugurazione domenica 3 ottobre alle ore 17
Alla presenza degli artisti
Sede della mostra:

VILLA VALLERO, Corso Indipendenza n.68, Rivarolo Canavese (TO)
Orari mostra: sabato e domenica 15-18,30
Per accedere ai locali è necessario presentare il green pass e l’uso della mascherina
Attività collaterali:
3 ottobre ore 15-16,30 workshop di slackline nel parco di Villa Vallero con Riccardo Rubattino
24 ottobre ore 15-17 workshop di pittura e xilografia per bambini e ragazzi
La partecipazione ai workshop è libera previa iscrizione a info@areacreativa42.com
Collaborazioni:
Assessorato alla cultura della Città di Rivarolo Canavese
Accademia Ligustica di Genova, biennio di decorazione

Apre il nuovo spazio di teatro Arete’

Corsi per bambini e adulti, creazione spettacoli, workshop

 

Un nuovo spazio artistico dedicato al teatro proprio alle porte di Torino, a poco più di due minuti a piedi dalla fermata della metro Bengasi. Sabato 2 ottobre alle 20,30 inaugura a Moncalieri, in via Monte Bianco 29, un nuovo polo, una fucina creativa dedicata al teatro.

 

E’ la casa della compagnia teatrale Areté e porta il suo stesso nome. Nasce con l’obiettivo di diventare il luogo aggregante di tutte le attività finora svolte in maniera “itinerante” da questa giovane compagnia che, a Torino, organizza anche la rassegna “(Non) rassegnamoci” al Q77 di corso Brescia. Ospita, dunque, i corsi di teatro: base e intermedio per adulti, più quello pensato per bambini tra i 6 e i 10 anni. Ma Areté a Moncalieri sarà anche casa per la creazione di tutte le produzioni teatrali, attualmente in tournée con “Più vera del vero”, “Il cadavere” e “Il bar delle ombre”.

 

Nella nuova sala di Moncalieri – di oltre cento metri quadrati – ci sarà inoltre possibile organizzare diversi workshop teatrali tenuti da professionisti. «Per ultimo, ma non meno importante, la nuova sede concretizza la necessità di creare uno spazio in cui teatro e cultura sono al primo posto: un luogo che possiamo chiamare casa e che possa diventare un riferimento, uno spazio culturale per la città di Moncalieri e non solo» dice Andrea Zuliani, presidente di Areté. Sabato sera, all’inaugurazione, partecipa il sindaco di Moncalieri, Paolo Montagna. Prevista la presentazione delle varie attività e un rinfresco.

 

Per quanto concerne i corsi, ottobre prevede una serie di lezioni di prova gratuite. Per i bambini, sono in calendario il 6, 13 e 20 ottobre con partenza corso il 27 ottobre e saggio finale a fine anno. Il 5, 6, 12, 13, 19 e 20 gli incontri gratuiti per gli adulti: maggiori informazioni su www.areteteatro.com.

 

Areté è una compagnia teatrale professionale ed è un’associazione affiliata Arci, attiva dal 2018. Organizza e tiene corsi di formazione teatrale, produce spettacoli e organizza eventi. È formata da tre professionisti del settore: Andrea Zuliani, Simone Valentino e Chiara Pautasso che si occupano della direzione didattica e artistica di tutte le attività.

Areté, in greco ἀρετή, significa “virtù”. In origine simboleggiava la capacità di qualsiasi cosa, animale o persona di assolvere bene il proprio compito. «Per noi, rappresenta l’impegno costante nell’espletare il potere culturale, artistico, umano e aggregante del teatro» spiega il presidente.

Il 1° ottobre in tv a ‘Canale Italia’ si parla di Carlo Olmo

L’avvincente storia del filantropo vercellese in un intenso servizio di Maurizio Scandurra per il talk-show ‘NotizieOggi Lineasera’.

Venerdì 1° Ottobre a ‘NotizieOggi Lineasera’, il programma di punta del prime-time di ‘Canale Italia’ che staziona stabilmente ai vertici delle ‘Tendenze’ di YouTube con ottimi indici di ascolto in crescita, si parla anche di Carlo Olmo.
Il seguito talk-show ideato, scritto e condotto dal giornalista Vito Monaco per la regia di Giuliano Tristo va in onda su ‘Canale Italia 83’ in diretta nazionale dalle 20.00 alle 22.00 anche su www.canaleitalia.com, in streaming su Facebook e su Sky: al numero 937 la prima ora, sul 913 la seconda.
All’interno della puntata anche un ampio servizio sul tema più che mai attuale dell’Economia dell’Anima. Dedicato altresì, quale esempio in tal senso paradigmatico, alla storia straordinaria del filantropo vercellese divenuto Cavaliere della Repubblica Italiana per le generose opere di benemerenza compiute al tempo del Covid facendo ricorso soltanto alla forza del vero amore e alle proprie risorse.
L’ampio filmato, realizzato dal giornalista radiotelevisivo e saggista cattolico Maurizio Scandurra con il valente regista Ivan Bentivoglio per la ‘Ivan Bentivoglio Films’ (rinomata casa di produzione specializzata anche in comunicazione cinematografica d’impresa), racconta altresì l’entusiasmante avventura del film ‘Lupo Bianco’ girato nel Vercellese e premiato alla 78° Mostra D’Arte Cinematografica di Venezia con l’ambito riconoscimento ‘International Starlight Cinema Award’ dedicato alle opere di impegno e pregio sociale.
Nel cast, accanto a Sebastiano Somma e Remo Girone anche lo stesso Maurizio Scandurra (spesso ospite anche a ‘La Zanzara’ di ‘Radio24 con Giuseppe Cruciani, Alberto Gottardo e David Parenzo e a ‘Radio Radio’ con Francesco Vergovich), che ha già più volte manifestato pubblicamente la sua profonda stima nei confronti di Carlo Olmo per averlo coinvolto anche nell’ideazione e stesura, con gli sceneggiatori Stephanie Beatrice Genova e Alessandro Ferrara, di alcune scene afferenti l’ambito della criminologia, materia di cui è da sempre appassionato e attento studioso.
Il lungometraggio patrocinato anche dal Miur, atteso nelle sale cinematografiche a febbraio 2022, è prodotto da Antonio Chiaramonte per ‘CinemaSet’ (già distintasi a Venezia nel 2020 con ‘Io Ho Denunciato’), la regia è di Tony Gangitano, i costumi di Tina Monello.
La première nazionale del film ‘Lupo Bianco’, a inviti, è fissata per domenica 7 novembre alle ore 10.40 presso gli ampi spazi del multisala ‘Movie Planet’ di Borgo Vercelli.