CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 403

Dante al Parco. Una proposta del Liceo Scientifico M. Curie di Pinerolo

In collaborazione con Fondazione Cosso  Domenica 21 novembre, ore 15

 

Domenica 21 novembre alle 15, la Fondazione Cosso è lieta di accogliere “Dante al Parco”: un momento di restituzione del lavoro fatto dal gruppo di Letture ad Alta Voce del Liceo M. Curie di Pinerolo, nell’ambito di un percorso di PCTO attivato dalla Scuola a livello nazionale, nell’anno delle celebrazioni dantesche. I momenti di lettura saranno accompagnati da brani musicali, eseguiti da  alcuni elementi dell’orchestra e del coro del Liceo M. Curie.

 

L’attività proposta al Castello di Miradolo è aperta al pubblico con ingresso gratuito, con l’obiettivo di condividere con le famiglie e la collettività il percorso fatto dai ragazzi nell’anno scolastico 2020/2021 e proseguire la positiva collaborazione, attiva da anni, tra il Liceo M. Curie e la Fondazione Cosso.

 

Lungo il filo della memoria che unisce l’umanità in cammino, il testo dantesco torna a risuonare nella cornice del Castello di Miradolo attraverso la lettura di alcuni passi della Commedia riproposta in chiave botanica, seguendo i ritmi delle stagioni e della vita.

Sarà un percorso a tappe, all’aperto, progettato e guidato dagli studenti che con la prof.ssa Deferrari hanno selezionato alcuni passi di Dante con l’obiettivo di creare un legame tra le parole del poeta e l’anima verde del luogo.

La selva dantesca risuona nell’interiorità di ognuno: basta saper ascoltare e amare!

 

Il gruppo di Letture ad Alta Voce del Liceo M. Curie, nato alcuni anni fa e in continuo mutamento, dal 2020 collabora con l’associazione LaAV di Torre Pellice nell’ambito dei percorsi di PCTO curando, ad esempio alcune puntate a radio LaAV.

L’iniziativa che sarà presentata domenica 21 novembre al Castello di Miradolo costituisce il coronamento di un progetto nazionale dedicato alle celebrazioni dantesche, “La voce nel testo”, organizzato da ADI-SD (Associazione degli italianisti sezione didattica) e CEPELL – Centro per il libro e la lettura, che ha coinvolto vari istituti scolastici, tra cui il Liceo M. Curie, comprendendo un corso di formazione per docenti e attività laboratoriali per gli studenti.

Ancora una volta Dante ha permesso di unire parti d’Italia lontane tra loro, ma vicine nel rispetto comune della cultura e della letteratura, offrendo occasioni di condivisione e confronto.

 

 

Informazioni e prenotazioni

L’attività si svolgerà all’aperto, su prenotazione: 0121 502761 prenotazioni@fondazionecosso.it

I vetrai di Murano, una nuova guerra degli specchi?

Quando Luigi XIV sguinzagliava le sue spie nella laguna veneta per rubare i segreti dei vetrai di Murano. Tra la Francia e Venezia scoppiò perfino la “guerra degli specchi, tra il 1664 e il 1667.

I maestri vetrai muranesi, in difficoltà economiche, preferirono emigrare in altre città italiane, compresa Torino, e anche all’estero per trovare condizioni di vita e di lavoro migliori. La diaspora dei vetrai cominciò già nel Trecento e si protrasse fino al Settecento facendo perdere a Venezia parte della produzione dei suoi gioielli ammirati e venduti in tutto il mondo. Oggi i vetrai di Murano sono di nuovo in crisi: gli alti costi dell’energia diventano proibitivi e insostenibili per questi artigiani che per produrre i loro manufatti devono tenere accesi i forni giorno e notte. Alcune fornaci sono state già chiuse e diverse famiglie stanno pensando di trasferire altrove la produzione. Si delinea insomma una situazione simile a quella del Seicento descritta, con dovizia di particolari, dallo storico Paolo Preto nel volume “I Servizi segreti di Venezia, spionaggio e controspionaggio ai tempi della Serenissima” (Il Saggiatore, 1994). Ma spariranno davvero i vetrai di Murano e i loro celebri lampadari conosciuti in tutto il mondo e che attirano in laguna ogni anno moltitudini di turisti? Se ne parla molto in questi giorni con servizi televisivi e articoli sui quotidiani. Se non si produce si chiude bottega o si emigra in un altro Paese dove l’energia costa meno. Fiore all’occhiello della produzione industriale di Venezia i vetri di Murano sono sempre stati, almeno fin dal Trecento, una fonte perenne di preoccupazioni per la Repubblica di Venezia che nel Seicento combatté addirittura una guerra di spie contro la Francia di Luigi XIV. Deciso a rubare al doge i suoi maestri vetrai Jean Baptiste Colbert, primo ministro del Re Sole, fece di tutto per portarne un gruppo a Parigi promettendo loro favolosi guadagni e iniziando una produzione tutta francese.
Fu un vero e proprio attacco all’industria veneziana ma Colbert dovette scontrarsi con la dura reazione del governo lagunare che ricorse a tutti i mezzi per stroncare l’offensiva della monarchia francese, anche all’omicidio di Stato, mandando i suoi 007 a eliminare fisicamente soggetti scomodi al di là delle Alpi. Vengono colpiti vetrai veneziani e lucidatori di specchi francesi, i rapporti tra le due potenze peggiorano e diventano insostenibili per entrambe le diplomazie. I vetrai fuggiti in Francia tornano in laguna ma ormai l’obiettivo è stato raggiunto. I francesi si sono impadroniti con la forza e con l’astuzia dei segreti dei vetrai muranesi e Colbert non ha più bisogno di importare specchi da Venezia. Lo scrittore veneziano Alessandro Marzo Magno ricorda che nel sito del gruppo francese Saint-Gobain, leader mondiale nella produzione di vetri industriali, si legge: “Fondato in Francia nel 1665 per volere di Luigi XIV per realizzare la galleria degli specchi della reggia di Versailles a Parigi” ma non c’è però scritto che il tutto era il risultato di una colossale operazione di spionaggio industriale organizzata da Colbert ai danni di Venezia. Come dimostra il secolare successo della Saint-Gobain”. Ma anche questa volta, ne siamo convinti, Venezia, che proprio quest’anno compie 1600 anni di gloriosa esistenza, non si rassegnerà facilmente a perdere i suoi maestri muranesi. Lo Stato italiano è costretto ad aiutarli.
Filippo Re

Le astrazioni pittoriche di Franco Tosi in mostra

“Insight – Inside”, alla torinese Galleria “metroquadro” e presso “NH Hotel Santo Stefano” Porta Palatina

Fino al 18 dicembre / Fino al 9 gennaio 2022

“I miei quadri sono stati dipinti utilizzando la scala dell’esistenza e non quella istituzionale”: così diceva il grande Marck Rotcko, pittore statunitense di origine lettone (morto suicida nel 1970) e padre riconosciuto del “Color Field Painting” – pittura come “campo colorato”. Spazi astratti di colore vibrante in cui non v’è traccia di figure umane, ma solo “estasi” totale. Tragedia ed estasi. Arte come vita. Colori come ali essenziali a viaggi verso emozioni assolute. Parole e dimensioni in cui penso possa ben riconoscersi Franco Tosi, bolognese d’adozione (ma nato a Magenta nel ’62), cui la Galleria “metroquadro” di Marco Sassone dedica oggi in contemporanea, a quattro anni dalla sua ultima personale a Torino, due mostre dai titoli estremamente chiari e significativi: l’una “Insight” ospitata nella Galleria di corso San Maurizio e l’altra “Inside” presso gli spazi dell’“NH Hotel Santo Stefano” di via Porta Palatina. La rassegna si articola in tre sezioni: dalle distese di colore della serie dei “Landscapes”, di grandi dimensioni, ai più piccoli “Scratched Fields” fino alla certosina moltiplicazione cellulare della serie cosiddetta delle “Mitosi”. Scive Marco Sassone: “Le tre serie vivono indipendenti, ma tutte e tre si intrecciano nel tentativo di rappresentare le gioie ed i tormenti di quel mistero che è la vita”. In parete troviamo opere, quasi tutte di grandi dimensioni, votate ad una cifra astratta assolutamente controllata (pur con qualche “sgarbo” emotivo) nei ritmi cromatici, logica e analitica all’eccesso, dai verdi più o meno intensi agli azzurri sfumati in un chiaro-scuro che domina le campiture di colore dilatate sulla totalità della tela. L’artista si è diplomato a Bologna all’Istituto “IASA – Istituto per le Arti Sanitarie Ausiliarie” e proprio questo tipo di studi deve averlo indirizzato a concepire il lavoro pittorico come strumento di indagine introspettiva in grado di avvicinare l’artista all’osservatore, nella comune speranza di trovare un senso all’esistere. Ciò che gli interessa non sono dunque, per citare ancora Rotcko, “i rapporti di colore, di forma o di qualsiasi altra cosa, ma solo esprimere le fondamentali emozioni umane”. Introspezione ed interiorità sono, infatti, il leitmotiv dell’intera mostra. “Un modo differente di guardarsi dentro – racconta lo stesso artista – dove il romanticismo dei landscapes , con campiture graffiate e tenui, a loro volta diventano il fluidificante nel quale nascono e si moltiplicano grappoli di cellule. La parte romantica lascia spazio alla ragione, soggettivo e oggettivo si incontrano in un gioco di ruoli dove nulla è più definito”. E allora quegli indefiniti totalitari spazi cromatici vanno a nascondere una singolarissima analisi interiore. Un gioco non semplice di anima e cuore che tende (ci riuscirà?) a coinvolgere e a concepire in un tutt’uno artista e spettatore. Davanti a uno specchio che spesso riflette “le debolezze dell’Io, in una continua ricerca di sé stessi e la paura, forse, di non trovarsi”. O, peggio di trovarsi.

Gianni Milani

 

“Insight – Inside”

Galleria “metroquadro”, corso San Maurizio 73/F, Torino, tel. 328/4820897 o www.metroquadroarte.com

Fino al 18 dicembre

Orari: dal giov. al sab. 16/19

NH Hotel Santo Stefano, via Porta Palatina 19, Torino; tel. 011/5223311 o www.nhsantostefano@nh-hotels.com

Fino al 9 gennaio 2022

 

Nelle foto

–         “Landscape”, oil on dibond, 2020

–         “Landscape – Azzurro”, oil on canvas, 2013

–         “Mitosi #11”, olio on canvas, 2014

Starry night Gala: per le Atp a Palazzo Madama con gli artisti di Cirko Vertigo

Una serata multisensoriale unica la “Starry night Gala”, tenutasi martedì  sera a Palazzo Madama e ideata da Sergio Momo, il maestro torinese fondatore della profumeria di lusso Xerjoff per il lancio di Torino 21, il profumo delle Nitto Atp Finals.

Per l’evento esclusivo, Fondazione Cirko Vertigo ha realizzato uno spettacolo unico con i suoi migliori artisti, accompagnati dalla colonna sonora di Max Casacci, fondatore dei Subsonica, che ha creato il brano “ATP finals but the bass”, integralmente realizzato con suoni, rumori e voci del tennis, ad eccezione del basso, unico strumento. Sul brano di Casacci si sono esibiti gli acrobati di Fondazione Cirko Vertigo, in un suggestivo duo aereo. A esibirsi su tessuti e cerchio aerei, danza a terra e mano a mano, filo teso, trampoli e cinghie aeree sono stati: Alexandre Duarte, Elisa Mutto, Rachele Grassi, Sara Frediani, Emmanuel Caro, Edvige Ungaro, Lara Quaglia, Irene Caroni e Amos Massingue, diretti da Paolo Stratta.

Durante la serata tre chef stellati come Davide Scabin, Maurilio Garola e Matteo Baronetto si sono lasciati ispirare dal tennis nel creare piatti e sapori, mentre il vino è arrivato da importanti filari come quelli di Ceretto, Damilano e Tenute Pavesio.

“L’impresa di fare cultura. Mario Lattes editore e scrittore”

Presentati ad Alba i tre volumi “Opere di Mario Lattes”, pubblicati per la prima volta insieme, a vent’ anni dalla morte dell’autore

Venerdì 19 novembre

Alba (Cuneo)

Spirito libero ed eclettico, pittore scrittore editore e intellettuale fra i più raffinati del nostro secondo dopoguerra, Mario Lattes(Torino, 1923 – 2001) seppe unire in tutta la sua vita, con grande iltelligenza e creatività, imprenditorialità e umanesimo. Doti che Lattes seppe sfruttare in larga abbondanza e a riconoscimento delle quali è dedicato l’incontro “L’impresa di fare cultura. Mario Lattes editore e scrittore”, organizzato dalla “Fondazione Bottari Lattes” in occasione di “Alba Capitale della Cultura di Impresa 2021”. L’appuntamento sarà anche l’occasione per presentare per la prima volta ad Alba il cofanetto in tre volumi “Opere di Mario Lattes”, edito da “Olschki” e pubblicato lo scorso maggio. L’incontro è per venerdì 19 novembre alle ore 18 al “Pala Alba Capitale”, in piazza San Paolo, e prevede gli interventi di Caterina Bottari Lattes, presidente della “Fondazione Bottari Lattes”, Simone Lattes, amministratore delegato della Casa Editrice, Mariarosa Masoero e Giovanni Barberi Squarotti, coordinatori dei tre volumi in cofanetto. Moderatore il giornalista Roberto Fiori. L’appuntamento sarà trasmesso anche in diretta streaming sui canali Facebook di “Confindustria Cuneo” e “Fondazione Bottari Lattes” e sul canale Youtube di “Confindustria Cuneo”. Per prenotazioni: www.alba2021.confindustriacuneo.it “Mario – sottolinea Caterina Bottari Lattes, moglie dell’artista –  è stato un esempio di creatività anche in ambito editoriale, un editore innovativo e creativo. Nel lavoro alla casa editrice, a cui si dedicava con passione e competenza ammirevoli, ha coniugato efficienza e slanci inventivi che hanno saputo consolidare la ‘Lattes’ nel panorama editoriale italiano. Sono onorata di aver collaborato per diversi anni al suo fianco contribuendo all’evoluzione della casa editrice”.

Il cofanetto che sarà presentato venerdì 19 novembre é suddiviso in tre volumi e riunisce, a vent’anni dalla morte, il complesso degli scritti, editi e inediti di Mario Lattes, permettendo di conoscere per la prima volta nella sua effettiva estensione e nel suo rilievo la presenza di Lattes nella scena letteraria del secondo Novecento. Fortemente voluto da Caterina Bottari Lattes, l’edizione è stata diretta da Giovanni Barberi Squarotti e da Mariarosa Masoero e raccoglie numerosi testi di Lattes che erano andati dispersi nel corso degli anni e un corpus importante di materiale inedito, riuniti grazie a un’attenta revisione portata avanti secondo criteri filologici, anche sulla base delle carte autografe conservate negli archivi personali presso la casa editrice “Lattes” e la “Fondazione Bottari Lattes” (recentemente riordinati e tutelati dalla Soprintendenza). I tre volumi comprendono: 6 romanzi ( “La stanza dei giochi” del 1959, l’inedito “L’esaurimento Nervoso” scritto tra il 1964 e il 1965, “ Il borghese di ventura” del 1975, “L’incendio del Regio” del 1976candidato al Premio Strega 1977, “L’amore è niente” del 1982, “Il Castello d’Acqua” uscito postumo nel 2004 e ora pubblicato nell’ultima redazione messa a punto dall’autore), più di 60 racconti (tra cui la raccolta “Le notti nere”), le poesie, due opere teatrali, la tesi di laurea “Il Ghetto di Varsavia” e i tanti articoli, saggi e recensioni scritti da Lattes per diverse testate italiane, fra le quali “La Gazzetta del Popolo” e la rivista da lui fondata, “Questioni. Ogni volume è accompagnato da un importante corredo di illustrazioni, che comprenderiproduzioni di appunti, manoscritti, dattiloscritti e lettere di Mario Lattes, in cui schizzi e disegni arricchiscono il contenuto, oltre che di opere pittoriche selezionate tra quelle che più hanno attinenza con i temi dei testi affrontati negli scritti.“Opere di Mario”Lattes si inserisce tra le iniziative e i progetti che celebreranno nel 2023 i 100 anni dalla nascita di Lattes, la cui vita e la cui opera rappresentano un unicum nel panorama culturale del secondo Novecento non solo piemontese, e i 130 anni dalla nascita della casa editrice “Lattes”, fondata nel 1893 a Torino dal nonno di Mario Lattes, Simone.

Per info: “Fondazione Bottari Lattes”, via Marconi 16, Monforte d’Alba (Cuneo); tel. 0173/789282 o www.fondazionebottarilattes.it /FB Fondazione Bottari Lattes/ TW @BottariLattes/ YT FondazioneBottariLattes

g.m.

Nelle foto

–         “Opere di Mario Lattes” (Olschki Editore)

–         Mario Lattes

 

Circo Contemporaneo, Stratta riconfermato alla Presidenza di A.C.C.I.

La base associativa di A.C.C.I – Associazione Circo Contemporaneo Italia, riconoscendone l’impulso dato all’Associazione in un triennio così complesso, conferma Paolo Stratta, direttore di Fondazione Cirko Vertigo, alla sua Presidenza e rinnova la piena fiducia alla coordinatrice Luisa Cuttini (Circuito CLAPS), che assume il ruolo di Vicepresidente.

Il Consiglio Direttivo, composto da ulteriori cinque membri, vede nominati:

  • Leonardo Adorni (Teatro Necessario);
  • Sabrina Barbieri (Associazione Sarabanda);
  • Ferdinando D’Andria (Nando&Maila);
  • Fabrizio Gavosto (Associazione Ideagorà);
  • Camilla Peluso (Piccola Scuola di Circo).

A.C.C.I. rappresenta la distribuzione, la promozione, la produzione, la formazione e le residenze artistiche dell’arte e della cultura del circo contemporaneo, in tutte le espressioni artistiche che esso manifesti. L’Associazione intende esprimere e raffigurare in tutte le sedi, locali, nazionali ed internazionali gli interessi e le istanze del settore, promuovendo e concorrendo alla realizzazione di iniziative tese a dare visibilità e sostegno agli ambiti di riferimento del circo contemporaneo. Sarà compito di A.C.C.I. studiare e affrontare temi artistici, culturali e organizzativi relativi alle attività di pertinenza del settore e rappresentare i soci, nei confronti delle Istituzioni pubbliche e private, favorendone lo sviluppo artistico, tecnico ed economico. Il dialogo costruttivo e la collaborazione tra distribuzione, produzione, formazione e promozione saranno il vero impulso dato a questa arte che ha la necessità di essere valorizzata e potenziata.

A.C.C.I. è ente aderente ad Agis – Federvivo.

Possono aderire ad A.C.C.I., le organizzazioni costituite giuridicamente che sono interessate alla realizzazione delle finalità istituzionali e ne condividono lo spirito e gli ideali.

“Compagni di viaggio 2” Artisti in mostra in “Palazzo Lomellini”

Fino al 5 dicembre  Carmagnola (Torino)

Una collettiva davvero da lode. Per le opere proposte, realizzate da artisti gravitanti, chi più chi meno, nel panorama dell’arte torinese e piemontese, e per la volontà degli organizzatori di farne, in certo senso, strumento (fra i tanti) per “quel ritorno alla normalità – scrive in cataogo Alessandro Cammarata, assessore alla Cultura del Comune di Carmagnola – che tanto abbiamo atteso”.

Il titolo è “Compagni di viaggio 2” e fa seguito al primo “Compagni di viaggio”,  inventato nell’aprile del 2017 ed ospitato sempre nelle sale del seicentesco “Palazzo Lomellini”, oggi vero epicentro della cultura e dell’arte carmagnolese. Ma non solo. In mezzo alle due collettive, altre rassegne, fino allo stop dettato dall’emergenza pandemica, e quasi tutte curate con un impegno e una passione senza limiti dall’amico Elio Rabbione, presidente dell’Associazione “Amici di Palazzo Lomellini” nata sette anni fa con l’intento di organizzare eventi espositivi di qualità in collaborazione con le realtà artistiche più significative operanti sul e per il territorio.

Voluta dal Comune di Carmagnola, con il patrocinio di Regione Piemonte, la mostra raccoglie, fino al prossimo 5 dicembreoltre cento  opere, di cui 38 a firma di artisti apparteneni all’Associazione “di casa” (“Amici di Palazzo Lomellini”) e 15 realizzate nell’ambito dell’Associazone torinese “Il Labirinto Artistico” presieduta da Gianfranco Gavinelli. In totale più di cento opere, fra dipinti, disegni, grafiche e sculture. Dietro, un grande e sapiente lavoro di preparazione, la volontà “di riunire – scrive Elio Rabbione – amici pittori e scultori, scovare personaggi nuovi, proporre e scegliere, formare progetti…dare corpo ad un gruppo, ad un catalogo, ad un pubblico da interessare attorno a questo o a quel nome, a questa o a quell’opera”. Compito perfettamente riuscito. Meno semplice il mio, nel citare – gioco forza – alcuni artisti, anziché altri.

Il percorso espositivo richiede infatti buone gambe e spazi di scrittura non concessi. Ma come non soffermarci di fronte al plastico classicismo delle ragazze di Sergio Unia o ai guizzi espressionistici che sono voci dell’anima di Rita Scotellaro? Così come alla perfezione incisoria con cui Xavier de Maistre dà anima e vita a volpi e caprioli in amore, di corsa per boschi “che paiono dolcemente usciti da un mondo di fiabe”; al pari delle fanciulle rese vivide da Giacomo Gullo nella perfezione di arabeschi di segno e colore, alle prese con severi fenicotteri rosa in uno scenario di certosina onirica realtà. Imponente e frutto di non poca pazienza, accanto ad abilità scultoree non comuni, anche il tempio dorico (una parte) dedicato ai Dioscuri nella valle dei templi di Agrigento. L’opera è firmata da Pippo Leocata, in legno di pellet e acrilico, e si inserisce in quell’ormai annoso lavoro per cui l’artista, siciliano d’origine, si autodefinisce “raccoglitore di materiali degni di riutilizzo”.

Un viaggio nel tempo. In braccio alla memoria. Intrigante e di particolare raffinatezza esecutiva nelle trasparenze del gesto liberatorio, l’immagine di “Francy”, olio su tela di Dede Varetto; così come “le spirali dorate” e “i profili e i piumaggi perfetti” di Angela Betta Casale, accanto ai simbolici abbracci arborei di Antonio Presti, agli acciai e ai legni di Mario Mondino e ai colori accesi dell’informalità di Bruno Molinaro. L’iter prosegue citando (a grandi passi – e non me ne vogliano gli artisti non menzionati e pur degni d’interesse) con le opere, pagine di singolare poesia, di Daniela Bertolino, con i “labirinti circolari”  di Isidoro Cottino, i deliziosi acquerelli di Eleonora Tranfo, la “felicità affidata ai colori dei fiori” di Adelma Mapelli e di Mariarosa Gaude, fino al delicato ma intenso e di forte profondità emozionale del femminile ritratto in acrilico di Guglielmo Meltzeid. E via ancora. Con una panoramica che prosegue, in un alternarsi di opere abbondantemente ripaganti le fatiche degli organizzatori.

Gianni Milani

 

 

 

“Compagni di viaggio 2”

Palazzo Lomellini, piazza Sant’Agostino 17, Carmagnola (Torino); tel. 011/9724238 o www.palazzolomellini.com

Fino al 5 dicembre

Orari: dal giov. al sab. 15,30/18,30; dom. 10,30/12,30 – 15,30/18,30

 

Nelle foto

–         Sergio Unia: “Bagnante con cappello”, bronzo, 2017

–         Angela Betta Casale: “Vanità”

–         Dede Varetto: “Francy”, olio su tela, 2020

–         Giacomo Gullo: “Togli le scarpe dal muro”, olio su tela, 2018

–         Pippo Leocata: “Sotto il cielo di Sicilia”, legni di pallet ed acrilico, 2021

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Karine Tuil “Le cose umane” – La nave di Teseo- euro 19,00
Karine Tuil è una scrittrice francese di origini tunisine, nata a Parigi nel 1972; ha studiato diritto, poi la
decisione di diventare scrittrice e il successo con il suo romanzo del 2015 “L’invenzione della vita”, finalista al prestigioso premio Goncourt. “Le cose umane” è il suo undicesimo romanzo: ha vinto il Prix Interallié e il Prix Goncourt des Lycéens nel 2019, ed ha ispirato il film con Charlotte Gainsbourg. La trama è notevole, la scrittura ancora di più e narra la torbida vicenda di un’accusa di stupro che rovinerà le vite dei protagonisti. Jean Farel è un uomo di successo self made man, giornalista televisivo che da 30 anni conduce un
seguitissimo programma di politica.
Sua moglie Claire è molto più giovane di lui ed ha stoppato la sua carriera per dedicarsi a marito e figlio. Poi c’è il loro rampollo Alexandre che sta costruendosi un futuro brillante frequentando ingegneria in una prestigiosa università americana. Da quando lui ha preso il volo, Claire ha reimpostato la sua vita, ha ripreso a scrivere, diventando un’intellettuale femminista di spicco, e ha iniziato una relazione con un altro uomo. E’ Adam Wizman, appartiene a una famiglia ebraica tradizionalista e ha sposato Valerie, che a un certo punto è diventata praticante esageratamente ortodossa, totalmente votata all’educazione delle due figlie secondo rigidi principi religiosi. Per 20 anni Adam accetta di vivere con questa “quasi estranea” che detta legge; poi i due prenderanno strade diverse.
Adam si innamora di Claire e i due vanno a vivere insieme. La tragedia irrompe quando la figlia 18enne di Adam, Mila, accusa di stupro Alexander che durante una festa l’avrebbe drogata e obbligata a subire una violenza brutale. Inutile dire che tra Adam e Claire si apre un baratro; mentre il giovane ragazzo perfetto, figlio irreprensibile di buona famiglia famosa, viene trascinato in tribunale e sventrato mediaticamente. Lui si professa innocente, ma Mila insiste a puntare il dito contro di lui. Karine Tuil vi conduce nei meandri delle dinamiche impietose della macchina giuridico-mediatica che non fa sconti a nessuno. E’ abilissima nel raccontare senza peli sulla lingua un tema attuale che rimanda al #Metoo,
denunciando anche l’accanimento che si verifica in Francia quando sul banco degli imputati finisce un uomo
che diventa capro espiatorio di un clima particolare. E mette a nudo pure le possibili motivazioni delle
presunte vittime.
Questa potrebbe essere l’occasione per leggere anche il precedente romanzo di successo di Karine Tuil
“L’invenzione della vita” -Frassinelli- euro 20,00
Il romanzo parla di come si può rinnegare un passato scomodo e reinventarsi una vita del tutto nuova, ma edificata sulla menzogna. Descrive la portata dell’ambizione di chi vuole eccellere nel mondo del lavoro e raggiungere il successo a tutti i costi. La storia coinvolge un triangolo amoroso tra Parigi, la banlieue, e New York dove primeggiare è possibile ma ha sempre un costo elevato. Samuel, Nina e Samir erano un trio legatissimo; i primi due stavano insieme, ma della ragazza era innamorato anche Samir. Nina ha scelto Samuel Baron (amico fraterno di Samir), figlio di una colta famiglia ebrea ed aspirante scrittore. E la sua è la vita che Samir vorrebbe vivere. 20 anni dopo, Samir Tahar è uno degli avvocati più quotati della Grande Mela, ha sposato una donna ricchissima ed ha una famiglia e una vita invidiabili. Ma per sfondare nel campo legale e nella high society ha dovuto rinnegare le sue origini arabe: ha cambiato nome, e si finge ebreo come la famiglia della consorte. La verità non deve venire a galla, però il castello di carte è sempre in bilico. Ed è costato caro. Tanto per cominciare Samir ha dovuto rinunciare all’unica donna che aveva amato, poi ha fatto della sua vita un segreto e della discrezione un modo di vivere. Ma le menzogne tendono a venire smascherate, con
conseguenze che implicano solitudine e sdegno.
Lawrence Osborne “L’estate dei fantasmi” – Adelphi- euro 19,00
E’ il penultimo romanzo di Osborne, è ambientato a Hydra -famosa isola del mar Egeo per il nome del mostro mitologico a più teste- che tra gli anni 60 e 70 del 900 è luogo di ritrovo di ricchi greci, artisti e nomi brillanti del jet set internazionale (tra i quali Onassis, Brigitte Bardot, Jacqueline Kennedy). Osborne racconta di due famiglie, un’americana e una inglese, che si ritrovano sull’isola durante un’estate. Sono gli Haldane, ricchi americani bianchi di New York, con la figlia 20enne, Sam, che non vede l’ora di ripartire. Gli altri sono gli snob britannici Codrington: Jimmie -ricco mercante d’arte-, la sua seconda moglie greca, insopportabile e perfida soprattutto nei confronti della figliastra 24enne Naomi, avvocato disoccupato. Le due giovani rampolle si conoscono e legano. Naomi è l’elemento trainante; fin da piccola habitué dell’isola di cui conosce tutto, compresi i metodi per sfuggire alla noia con rifornimento di spinelli e cocktail ad alto tasso alcolico. La trama fa un balzo quando le due fanciulle trovano un rifugiato in fuga, Faoud, stremato dalla stanchezza del naufragio e semi-svenuto sugli scogli. Che fare? E’ Naomi che studia un rocambolesco piano per aiutare il giovane a raggiungere l’Italia…..ma nulla sarà semplice. L’autore mette in campo più temi: la critica della società perbenista borghese e bianca, il problema dell’immigrazione e le sorti dei rifugiati; tutto in un thriller che valica i confini di Hydra e vi porterà nel Sussex, in Toscana e a New York.
Erica Jong “Senza cerniera. La mia vita” -Bompiani- euro 18,00
Erica Jong è la famosa autrice americana di “Paura di volare” – libro best sellers che nel 1973 ha segnato l’epoca in cui le donne hanno vinto la ritrosia nel parlare delle loro fantasie sessuali- ed ora, all’alba degli 80 anni ci regala la sua autobiografia. Senza nascondere nulla.
L’ha scritta per cercare di capirsi meglio e mettere insieme i pezzi sparsi della sua persona; lei con il suo bagaglio di attacchi di panico, paura della solitudine, dipendenza da psicologi e dagli uomini. E’ nata raccontastorie in una famiglia ebrea newyorkese di artisti, colta e decisamente stravagante. I genitori innamoratissimi, sono stati più che altro amici delle figlie.
Erica è cresciuta con 3 sorelle ed è sempre stata molto attenta ai diritti delle donne. Alle superiori si diletta con la pittura, salvo diventare poi una scrittrice perché in famiglia nessuno lo era. Senza remore racconta le sue passioni –per i cani, i viaggi e i bambini meno fortunati-, i suoi 4 matrimoni, l’amore incondizionato per la figlia Molly. Sciorina pensieri, momenti, successi, fatiche, errori… e tutto quello che ha movimentato la sua vita, mettendosi a nudo con forti pennellate di ironia e schiettezza. Un libro che fa i conti pure con il tempo che passa e la fregatura dell’invecchiare, cosa per niente divertente. A suggerirle l’idea di queste pagine è stata anche l’autobiografia di Lillian Hellman, altra donna notevole.
Ed ecco l’occasione giusta per scoprire l’ autobiografia della commediografa
Lillian Hellman “Pentimento e il tempo dei furfanti” -Adelphi-
La Hellman, nata a New Orleans nel 1905, è morta nel 1984. Cresciuta a New York, fin da piccola rivelò grandi doti nella scrittura e si laureò alla Columbia University.
Sposa lo sceneggiatore Arthur Kober che a Los Angeles lavorava nel mondo del cinema.
Ma nel 1932 si innamora del famoso e tormentato scrittore Dashiell Hammett, genio che avviò il genere letterario “hard boiled” e inventò l’investigatore Sam Spade.
La loro relazione -non sempre facile- durerà fino alla morte di lui.
La Hellmann divenne famosa con la commedia “Le piccole volpi” rappresentata con successo a Broadway nel 1939; da allora scrisse alcune delle più acclamate pièces americane a partire dagli Anni Trenta. Nella sua autobiografia offre una caleidoscopica serie di ritratti di persone che per lei hanno rappresentato molto. Descrive con enorme bravura il clima della sua famiglia del Sud, sullo sfondo di un epoca gravata da
forti contrasti sociali.
Poi narra il legame con la ricchissima, coraggiosa e generosa amica Julia che, nell’Europa sconvolta
dall’ascesa del nazismo, lottò in prima persona contro la barbarie, fino a rimetterci la vita.
Personaggio magnificamente interpretato da Vanessa Redgrave nel film “Julia” di Fred Zinnemann,, del
1977, dove il ruolo di Lillian è affidato ad un’intensa Jane Fonda.
Ma c’è anche il racconto degli anni difficili e bui del Maccartismo nelle cui spire finirono la Hellmann e
Dashiel Hammet. Entrambi vennero duramente perseguitati per le loro idee liberali, privati di ogni possibilità
di lavoro e braccati fino all’arresto di Hammet.

“La passione per la libertà”, i personaggi del Novecento secondo Quaglieni

L’ultimo libro del professore è un monito assolutamente attuale 

La passione per la libertà rappresenta il sottile fil rouge che accomuna personaggi apparentemente diversi tra loro, quali Alfredo Frassati, Ottavio Missoni, Massimo Mila, Giampaolo Pansa, Guido Ceronetti, Philippe Daverio e altri, che sono raccolti nella silloge dell’ultima fatica letteraria del professor Pier Franco Quaglieni, dal titolo, appunto “La passione per la libertà”. Il volume, che reca l’originale e bella copertina dell’artista Ugo Nespolo, edito da Buendia Books, come ha spiegato lo stesso professor Quaglieni, si può leggere senza seguire l’ordine dei capitoli, ciascuno dedicato a un profilo, proprio perché ognuno di essi risulta distinto dagli altri. Ciò che, però, li accomuna è la passione con cui il professore evoca il concetto di libertà, riecheggiando un titolo pannunziano su Tocqueville e invitando al rispetto di tutte le idee espresse, che rappresenta il cardine di ogni civiltà liberale. Non si deve dimenticare che una delle migliori riletture dell’opera di Tocqueville la si deve proprio a un breve saggio composto da Mario Pannunzio, dal titolo “Le passioni di Toqueville”, in cui lo stesso Pannunzio nota come la forza dell’intera opera dello studioso francese non risieda tanto nel suo spirito dottrinario, quanto nella passione, talvolta aristocratica, e nell’amore per la libertà.
Il libro del professor Quaglieni non è una mera successione di profili biografici, quanto un’evocazione di figure tra loro anche diverse, ma tutte colte alla luce della loro libera espressione di pensiero; rappresenta anche la denuncia nei confronti del periodo storico che stiamo vivendo, molto spesso orientato al conformismo.
Quaglieni, uno dei massimi esponenti della cultura liberale contemporanea e non solo italiana, in questo volume riporta anche ricordi di amici che con lui hanno condiviso il cammino di oltre cinquant’anni del Centro Pannunzio, da lui fondato insieme ad Arrigo Olivetti, Mario Soldati e altri giovani studiosi dell’Università di Torino, richiamandosi alla tradizione culturale de “Il mondo” di Pannunzio. Non mancano nel volume pagine autobiografiche nelle quali l’autore ripercorre la storia liberale della sua famiglia, capaci di rendere ancora più profonda la conoscenza del suo pensiero orientato alla passione per la libertà.

Mara Martellotta

Dai dodici titoli in concorso alle “Stanze di Rol”, i tanti volti del 39mo TFF

Dal 26 novembre al 4 dicembre

“Uno strappo, un rapido movimento, una scossa, un’emozione, uno squarcio su un futuro tutto da ripensare e da re-immaginare”. La spianata di piazza Vittorio in una vecchia immagine (credits Maicol Casale e Davide Oberto), il tram d’un tempo che sferraglia lungo il fiume, macchine da presa microfoni e piccoli set, King Kong sulla cupola della Gran Madre, Anna Magnani che nell’ultimo istante urla dietro la camionetta che le sta portando via Francesco, un omaggio al godardiano Jean Paul Belmondo; ma anche una platea di spettatori, Buster Keaton con il suo cappellino schiacciato e il bicchiere di popcorn in mano, Orson Welles con l’eterno sigaro, il robot di “Metropolis”, forse il coltellaccio di “Psyco”, forse Marylin. È l’immagine che accompagnerà dal 26 novembre al 4 dicembre la 39ma edizione del Torino Film Festival, un panorama quantomai colorato del cinema mondiali, un concorso ufficiale con premiazione di rito, una giuria capitanata dalla regista ungherese Ildikò Enyedi, Caméra d’or a Cannes, Orso d’oro a Berlino e nomination agli Oscar (“per molto tempo ho guardato da lontano e desiderato incontrare questa ‘persona’ intrigante, audace e nobile nelle proprie scelte, orgogliosa dei suoi valori e umile nei confronti dei registi – il Torino Film Festival”), una madrina che ha la simpatia di Emanuela Fanelli (la vedremo a breve in “Siccità”, l’ultimo film di Paolo Virzì), la presenza del giurato Alessandro Gassmann, la masterclass della diva Monica Bellucci insignita quest’anno del Premio Stella della Mole per l’Innovazione Artistica, a riconoscimento “per la sua versatilità artistica, per la disponibilità a promuovere l’opera di autori emergenti permettendo così la realizzazione di progetti poliedrici con contenuti e linguaggi nuovi, per la sua capacità di padroneggiare magnificamente una potenzialità creativa che può arricchire enormemente l’arte cinematografica”. In ultimo, ma non ultimo, un budget provvidenziale di un milione e 750mila euro che non sarà quello della pre-pandemia ma che non è nemmeno da buttar via.

Nello sconquasso generale, nelle incertezze e nelle precauzioni necessariamente prese, appare come una importante novità il ritorno in sala, la normalità delle proiezioni in sale (quest’anno Greenwich Village, Massimo e Lux) dove il pubblico può essere accolto al 100%, dove si torna a chiacchierare e a scambiarci giudizi. Persino le code all’entrata, nel loro sciogliersi a passi lenti, vanno benedette. La riconferma sono le opere prime e seconde di autori che lo sguardo del TFF si spinge a “proteggere e promuovere”, come sottolinea il direttore Stefano Francia di Colle, “fortemente convinti che dare risalto a questo lavoro possa essere un utile contributo all’industria dello spettacolo e alla produzione culturale italiana e internazionale”.

Inaugurazione e chiusura sull’onda della musica. La prima è affidata a “Sing 2 – Sempre più forte” diretto da Garth Jennings (uscita natalizia il 23 dicembre), coloratissima commedia musicale d’animazione, sequel del “Sing” di cinque anni fa, storia di successo di un gruppo di animali pronti a organizzare una gara canora per riportare il Moon Theatre al suo vecchio splendore e salvarlo così dalla chiusura. “Mi rendo conto – ha affermato di recente il regista – che le nostre ambizioni per il film sono sempre state allineate con quelle del nostro amato Buster Moon: raggiungere le stelle e dare al pubblico la più meravigliosa, la più strabiliante e più sentita celebrazione del cinema e della musica possibile. Non potremmo essere più orgogliosi del nostro film e siamo tutti felici di portare “Sing 2” al Torino Film Festival”. Anche un’occasione per ascoltare le voci originali di Matthew McConaughey (il koala Buster), Reese Witherspoon (la maialina Rosita), Scarlett Johansson (la porcospina rocker Ash) e Bono (il leone Clay Calloway). La serata finale vedrà sullo schermo Valerie Lemercier, interprete e regista di “Aline”, dedicato alla voce e alla vita di Céline Dion, il pubblico e il privato, l’incontro con il produttore Guy-Claude Kamar e il successo planetario.

181 i film presentati al festival (18 lungometraggi, 68 anteprime mondiali, 14 anteprime internazionali, 4 anteprime europee e 53 anteprime italiane, su un totale di 4500 opere visionate), 12 le proposte nel concorso ufficiale, ospiti tra gli altri Corea del Sud, Canada, Argentina, Svezia, Germania, Cina, Francia, Austria, Germania, Usa. Unico titolo italiano “Il muto di Gallura” di Matteo Fresi, quasi un western ambientato tra i monti e i boschi della Gallura, dove, tra il 1849 e il 1856, si consumò una feroce faida tra le famiglie Mamia, Pileri e Vasa, che causò decine di morti: tra gli artefici c’era Bastiano Tansu, detto il Muto, divenuto protagonista di una leggenda ancora, in parte, avvolta nel mistero. Dalla Turchia (coproduzione Romania/Francia/Spagna) arriva “Between two dawns”, storia del giovane Kadir che conduce felicemente con il resto della famiglia una fabbrica tessile; quando un operaio si ustionerà, per lui le cose cambieranno decisamente. Il tema purtroppo attualissimo della sicurezza sul lavoro, gli incidenti sempre più numerosi e le loro conseguenze, l’annullarsi di ogni certezza nello spirito e nella vita del protagonista. “Clara sola” di Nathalie Alvarez (Svezia/Costa Rica/Belgio/Germania) narra di una ragazza, sofferente per dolori a ossa e muscoli, usata dalla madre superstiziosa come guaritrice in raduni religiosi; di “Feathers” di Omar El Zohairy (Francia/Egitto/Olanda/Grecia) è protagonista una donna, totalmente asservita ai suoi doveri di moglie e madre, decisa ad affrontare un cambiamento radicale dopo che ad una festa un prestigiatore ha trasformato suo marito in un pollo: il gusto della nuova libertà, con conseguenze davvero eclatanti. L’austriaco Sebastian Meise porta “Great freedom”, la storia di Hans, dall’immediato secondo dopoguerra alla fine degli anni Sessanta condannato per omosessualità: anche qui una ricerca continua di libertà, ma altresì anni che trascorrono tra silenzi e sguardi, tra dolore e speranza. Da sottolineare ancora due film di produzione francese: “Une jeune fille qui va bien” di Sandrine Kimberlain, Irène nella Parigi del 1942, giovane ebrea francese con il desiderio di studiare recitazione, un futuro sognato sulle tavole del palcoscenico, la persecuzione che cambierà ogni cosa; e “La traversée” di Florence Miailhe, due fratellini, nella dura realtà dell’Europa dell’Est, allontanati dai genitori e pronti ad affrontare un drammatico viaggio per scappare dalle persecuzioni perpetrate nel loro paese d’origine.

Altri appuntamenti da segnalare, “Jane par Charlotte”, ovvero Jane Birkin vista da Charlotte Gainsbourg, una madre vista dalla figlia, un confronto che serve anche a ristabilire anni fatti di incomprensioni e di deboli riavvicinamenti, un momento per rimettersi in gioco, l’una e l’altra parte; ancora la Gainsbourg in “Suzanna Andler” di Benoît Jacquot dal testo omonimo di Marguerite Duras, un’unica giornata all’insegna di sentimenti, menzogne e tradimenti, l’attesa di un amante, una villa affacciata sul mare della Costa Azzurra. “Bangla – La serie” di Phaim Bhuiyan e Emanuele Scaringi, gli stessi autori del film rivelazione del 2019, la storia del ragazzo di origini bengalesi che vive nel quartiere romano di Torpigrattara, che ha formato con gli amici un gruppo musicale e che ama Asia, una ragazza che è il suo esatto contrario, ribelle e scapestrata; “Cry Macho” di e con Clint Eastwood, un anziano cowboy allevatore di cavalli ed ex star del rodeo, incaricato dal suo capo di riportare in Texas dal Messico il figlio allontanato dalla madre alcolizzata: sarà l’occasione perché s’instauri tra il ragazzo e il vecchio (Eastwood è arrivato ai 91 anni!) un’insolita amicizia; Monica Bellucci rivede tra documentario e finzione il mito di Anita Eckberg in “The girl in the fountain”, quattro storie che s’intrecciano in “La notte più lunga dell’anno”, esordio di cui si dice un gran bene di Simone Aleandri, interpreti tra gli altri Ambra Angiolini, Massimo Popolizio e Alessandro Haber. Un omaggio a Giovanna Marini con “Giovanna, storie di una voce” firmato da Chiara Ronchini, l’immagine di una indimenticata icona della musica folk italiana, una coppia in “Bergman island” di Mia Hansen-Løve che si trasferisce per sei settimane sull’isola di Faro per scrivere ciascuno la sceneggiatura di un nuovo film, immersa nel paesaggio caro al grande regista svedese (il film esce sugli schermi il 7 dicembre).

Per gli appassionati, una felicissimo improvvisata del festival, la sezione “Tracce di teatro/Il respiro della scena”, immagini e tavole del palcoscenico dove si allineano il pucciniano “Gianni Schicchi” con la regia di Damiano Michieletto, “Strehler, com’è la notte?” di Alessandro Turci, suggestioni e riflessioni da non perdere, Gabriele Lavia con il pirandelliano “Uomo dal fiore in bocca” e i due titoli di Eduardo, di prossima programmazione televisiva, “Non ti pago” e “Sabato, domenica e lunedì”, interprete Sergio Castellitto e Edoardo De Angelis regista. Un programma nutritissimo, dentro cui, per molti, per i tanti appassionati, spiccheranno “Le stanze di Rol” (media partner Rai 4), ovvero una sezione “magica” nella certezza che “un mondo parallelo e un altrove al cinema tradizionale esistano”, una sezione che “vuole costruire ponti, non barriere protettive; cerca il dialogo tra realtà diverse, non il conflitto”.

Elio Rabbione

Nelle immagini: il manifesto del 39mo TFF; scene da “Il muto di Gallura”, unico film italiano, e “Une jeune fille qui va bien” di Sandrine Kimberlain (Francia); Clint Eastwood in una scena di “Cry Macho” e Monica Bellucci in “The girl in the fountain”