CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 350

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Jodi Picoult “Vorrei che fossi qui” -Fazi Editore- euro 19,00

E’ intrigante e sorprendente l’ultimo romanzo della scrittrice americana 56enne, e pare che Netflix abbia già comprato i diritti per trasformarlo in un film.

Al centro della storia c’è una coppia di giovani newyorkesi, Diana e Finn; lei è esperta di arte e lavora per Sotheby’s, lui è specializzando in chirurgia e lavora presso il Presbyterian Hospital. Stanno insieme da tempo, il loro rapporto sembra perfettamente collaudato e avviato verso un rassicurante futuro.

Diana sta per compiere 30 anni e i due hanno programmato un viaggio alle Galápagos; dove lei si aspetta che lui colga l’occasione della romantica cornice tropicale per chiederle di sposarlo.

Fin qui il progetto, poi però dilaga il virus assassino e Finn resta relegato in ospedale per far fronte all’epidemia che scopriamo presto essere di Covid.

Finn incita Diana a partire lo stesso sebbene senza di lui, che pensa magari di raggiungerla appena possibile.

Ma la pandemia sta uccidendo persone in massa, nessuno la conosce bene e nemmeno sa come fronteggiarla; le scene assumono i connotati che ormai conosciamo e Finn non può lasciare l’ospedale.

Diana parte lo stesso e arriva a Isabela, dove però sta chiudendo tutto: niente hotel o ristoranti, lei si ritrova sola e pure senza i bagagli che sono andati smarriti.

Di fatto resta bloccata e isolata in un paradiso dal mare cristallino che cerca di difendersi dal virus con una serrata generale.

Riesce a trovare ospitalità presso una donna del luogo, poi fa la conoscenza di una ragazzina problematica e di suo padre. Buona parte del romanzo racconta la forzata lontananza dagli affetti più cari e dalle certezze in cui Diana si era cullata prima che tutto venisse stravolto.

Le comunicazioni con Finn sono stentate e sporadiche. Lui è costretto a turni massacranti per aiutare i moribondi e nelle sue email c’è tutta la tragedia vista dal versante di chi la combatte in prima persona in corsia.

Intanto Diana va alla scoperta della splendida natura del luogo, tra immersioni memorabili e una forzata solitudine che diventa occasione per ripensare ai suoi progetti, alle priorità, agli affetti e ai dolori. Allontanarsi da tutto per riconsiderare la vita da una prospettiva nuova.

Però ovviamente la trama non finisce qui, e non anticipo di più, se non che la Picoult stupirà in modo repentino ed imprevisto con un colpo di bravura spiazzante per i lettori. E non è solo un romanzo sul Covid, col suo bagaglio di sofferenza e lutti; ma una storia che parla di capacità di adattamento e della necessità di fare il punto sulle nostre vite.

 

 

Eve Babitz “La mia Hollywood” -Bompiani- euro 20,00

Eve Babitz e’ stata un’icona: artista, giornalista, musa, it girl, party girl, autrice di copertine di album rock. Nata nel 1943 a Hollywood, figlia del primo violinista dell’orchestra della 20th Century Fox e di un’artista, è morta nel dicembre 2021. Suo padrino fu Stravinskij, Jim Morrison per lei scrisse “L.A. Woman”, fu fotografata mentre giocava a scacchi nuda con Duchamp, e visse gli anni d’oro di una Hollywood che non c’è più.

Questo è il primo dei suoi libri, uscito nel 1974, quando aveva 30 anni, e lo definiva ironicamente “romanzo confessionale”. E’ una raccolta di saggi autobiografici che ripercorrono la sua infanzia e giovinezza alle prese con un mondo bizzarro e affascinante.

Ci sono gli incontri con personaggi eccentrici, a tratti quasi paradossali.

Tra i ritratti, a volte racchiusi in pochissime righe, emergono la figura di Vera Stravinskij, il bizzarro mecenate inglese dei surrealisti Edward James, attori, avventurieri, musicisti e rockstar, surfisti e perdigiorno, in un caleidoscopico racconto di Los Angeles.

Emblematica la frase scritta nel libro da Eve Babitz in merito agli anni della Depressione in cui «le persone intelligenti se ne andavano a New York, quelle belle venivano sulla West Coast».

Lei a New York ci andò giovanissima come segretaria di redazione in una rivista underground e fu sempre contro il luogo comune per cui Los Angeles sarebbe stata una “Terra desolata” culturalmente parlando.

Fu una gran lettrice curiosa di tutto, e descrisse benissimo la Hollywood dell’arte e della boheme; assetata di esperienze e vita, si mosse vorticosamente tra amanti, alcol e droghe, in un susseguirsi di party ed avventure sopra le righe. Un libro ricco di aneddoti e spaccati di vita che rimandano al fascino anche un po’ perverso della Hollywood tra anni 50 e 60, raccontati da chi c’era e se la viveva a piene mani.

 

Emma Straub “Domani a quest’ora” -Neri Pozza- euro 19,00

Emma Straub, 42 anni e due figli, non è solo una scrittrice di bestseller (5 tradotti in più di 20 lingue), ma anche libraia; proprietaria insieme al marito, il graphic designer Michael Fusco, della libreria indipendente “Books are magic” al 225 di Smith Street, a Brooklyn.

Nel 2016 dopo la nascita del secondo figlio la coppia si trasferì a Coble Hill, vicino a una libreria che amavano, “Book Court”. E quando i proprietari decisero di vendere, Emma e Michael la comprarono.

Questo per dire che la Straub ha anche l’occhio allenato alle ultime novità e tra gli scaffali della sua “Books are magic” ha spesso l’occasione di conoscere altri scrittori e confrontarsi con il pubblico.

In “Domani a quest’ora” (che facilmente diventerà un film e la Straubb sta lavorando alla sceneggiatura), la protagonista Alice Stern, che è alla soglia dei 40 anni, una mattina si risveglia adolescente negli anni 90.

Il romanzo è ambientato nella New York tanto amata dalla scrittrice. Alice è una donna indipendente, newyorkese purosangue che vive nello stesso appartamento di quando era studentessa ed ha una vita tranquilla, senza la foga della carriera, ma in grado di consentirle alcune certezze nella confort zone che si è ritagliata.

La sera del suo 40esimo compleanno, dopo una notevole sbronza, si risveglia nel corpo di una 16enne; è perfettamente consapevole di quello che le sta capitando ed ha intatti i ricordi e la realtà dei suoi 40 anni…. solo che è tornata al tempo del liceo. Allora molte cose erano diverse, a partire dal padre che all’epoca stava benissimo, mentre ora si ritrova in ospedale per i suoi ultimi giorni. E’ Leonard Stern, scrittore di fantascienza, ispirato al padre della scrittrice Peter Straub, che è stato un autore di libri horror e se n’è andato poco tempo fa per le complicanze di una frattura del bacino.

Tutto il romanzo è giocato sull’alternanza dei pensieri di Alice 16enne il cui un futuro deve ancora essere scritto e, dall’altra, la consapevolezza della donna matura che sta affrontando la malattia e la morte del padre al quale avrebbe tanto voluto salvare la vita.

Se lei potesse davvero tornare indietro cosa cambierebbe? Quali decisioni hanno finito per rivelarsi davvero decisive per la sua vita? Se avesse cambiato qualcosa, per esempio il fidanzatino del liceo o scelto un altro lavoro o ancora aiutato il padre a smettere di fumare……quante cose sarebbero andate diversamente?

Un romanzo che invita a farsi domande anche profonde, così come se le è poste la Straub in queste pagine che ha iniziato a scrivere nel 2020 in piena pandemia. Alice non è esattamente lei, ma molti sentimenti sono i suoi ed oltre all’amore per New York che traspare in ogni pagina, ci sono sensibilità e profondità di pensieri che non lasciano indifferente il lettore.

 

A cura di Nadia Fusini e Luca Scarlini “Virginia Woolf e Bloomsbury inventing life” -Electa- euro 29,00

Questo volume è il catalogo della mostra allestita a Roma in collaborazione con la National Portrait Gallery di Londra, per celebrare lo spirito che animò il gruppo di Bloomsbury, enclave di grandi menti artistiche (e non solo) che sperimentarono idee e opere, nonché un nuovo modo di convivere che scardinava i rigidi principi vittoriani.

Rimasti orfani nel 1904, Virginia Stephen (non ancora sposata con Leonard Woolf) e i fratelli Vanessa, Thoby e Adrian lasciano la casa paterna nell’altolocato quartiere di Kensington e si trasferiscono nel quartiere più bohémienne di Bloomsbury. E’ lì che imprimono un nuovo significato alla convivenza, alla vita artistica e intellettuale ed aprono le porte agli amici, tutti intellettuali di altissimo ingegno e livello. L’esposizione capitolina ha voluto raccontare proprio quel nuovo modo di concepire l’amicizia intellettuale e i suoi corollari attraverso dipinti, foto, libri, parole ed oggetti appartenuti al gruppo.

Nelle stanze di Gordon Square a Bloomsbury nasce un nuovo concetto di coabitazione, tra libertà totale e fervore creativo, pittura, lettere, studi e amicizia. Le sorelle Stephen riescono così a dare libero sfogo ai loro talenti; Virginia scrivendo, Vanessa dipingendo, e in un certo senso quella fu la loro università. Nell’ampio soggiorno del primo piano tutto è concepito per ospitare gli amici delle sorelle e dei fratelli Stephen.

A Bloosmbury transitano e si soffermano personaggi che diventeranno poi economisti, storici, filosofi ed artisti famosi; condividono motivazioni sociali, idee artistiche innovative, teorie rivoluzionarie e relazioni romantiche, tra discorsi, analisi profonde ma anche scherzi giocosi.

Tra i nomi di spicco, John Maynard Keynes che rivoluzionerà il pensiero economico mettendo le basi del welfare state; Lytton Strachey che inventerà un nuovo modo di scrivere e raccontare storia e biografie, sarà il biografo per eccellenza in terra britannica, autore di due strepitosi ritratti delle vite delle sovrane Elisabetta I e la Regina Vittoria.

E ancora, il futuro marito di Virginia, Leonard Woolf che sogna una società nuova e con la scrittrice fonderà la casa editrice Hogarth Press; Clive Bell che sposerà Vanessa; il pittore Duncan Grant e il critico Roger Fry che svelerà oltre Manica le nuove tendenze artistiche parigine.

E le donne nel gruppo faranno la loro parte dando un nuovo peso alle loro intelligenze.

A Bloomsbury transitano Vita Sackville –West, Dora Carrington, Lady Ottoline Morrel, Katherine Mansfield. Ma sono molti di più i personaggi che incroceranno Bloomsbury e li trovate tutti nel libro della mostra che dedica ad ognuno un capitolo, tra foto d’epoca, quadri, disegni e materiali inediti.

 

 

L’Orchestra Polledro festeggia dieci anni di attività con il secondo concerto della stagione

Presso  il Teatro torinese Vittoria

 

L’Orchestra Polledro prosegue i festeggiamenti per i primi dieci anni di attività 2012-2022 con il secondo concerto della stagione 2022/23.

Martedì 28 marzo prossimo al teatro Vittoria, in via Gramsci 4, alle 20.30 sul podio il maestro Federico Bisio e oboe solista il maestro Carlo Romano, già primo oboe dell’orchestra Nazionale della RAI.

Il programma prevede la Sinfonia in do maggiore di Marianna Martinez, vissuta negli anni 1744-1812, il Concerto per oboe e orchestra in Sol maggiore di Paul Wranitzky, solista il maestro Carlo Romano, e la Sinfonia in re maggiore op. 3 n.1 B 126 di Ignaz Pleyel, direttore il maestro Federico Bisio.

Marianna Martinez, nata a Vienna il 4 maggio 1744, quinta figlia del maestro di cerimonie della nunziatura apostolica, il napoletano Nicolò, crebbe all’interno di una famiglia agiata che conobbe un’ascesa sociale alla corte degli Asburgo. Se a Vienna una donna apparteneva ai ceti alti, era prassi che si dedicasse ai rapporti sociali e a patrocinare le arti. La famiglia Martinez viveva in un edificio nella Michaelerplatz e, come era frequente prima dell’invenzione degli ascensori, i piani dei palazzi corrispondevano alla classe sociale dei loro abitanti.

Questa convenzione sociale consentì a Marianna di avere uno spazio vitale tale da dedicarsi alla musica con impegno e dedizione. Protetta e seguita nei suoi studi dal celebre vicino di casa Pietro Trapassi detto il Metastasio, poeta cesareo, poté vantare tra i suoi insegnanti il giovane Franz Joseph Haydn e, in particolare, l’anziano maestro italiano Nicolò Porpora, insegnante di canto e compositore molto noto. In un attico freddo e umido, viveva un giovane compositore, Joseph Haydn, che stava tentando di intraprendere la carriera di musicista.

Questa felicissima combinazione fece sì che Marianna potesse diventare, in un breve periodo, la donna compositrice più prolifica della città. Divenuta nel 1773 Accademica Filarmonica onoraria della prestigiosa Accademia Filarmonica di Bologna, per la quale scrisse un Dixit Dominus, la Martinez vide consolidato il suo ruolo nel mondo musicale viennese, grazie a un catalogo di opere comprendenti musica sacra, una Messa e un oratorio.

Dei suoi lavori di più ampia scala ricordiamo la Sinfonia in Do maggiore, di straordinaria vivacità, per un organico di oboi e due corni.

Composta in tre movimenti secondo lo schema dell’Ouverture, il primo e quello finale sono contrassegnati come Allegro Spiritoso e Allegro con spirito, incarnando la vivacità e la grazia dell’autrice.

Il manoscritto rivela il rigore dell’autrice e l’orgoglio che ne traeva.

Marianna dimostrò di avere un buon talento per la composizione, quindi iniziò a prendere lezioni con Johann Adolf Hasse e con il compositore della corte imperiale Giuseppe Bonno.

Ricevette un’ottima educazione, di molto superiore a quella che veniva offerta a donne della sua classe sociale.

Era madrelingua italiana e tedesca e, in una lettera autobiografica scritta a Padre Martini, riferiva di avere una buona conoscenza della lingua francese.

Il programma prevede anche il concerto per oboe e Orchestra in Sol maggiore, di Paul Wranitzky, solista il maestro Carlo Romano e la Sinfonia in Re maggiore op.3 n.1 B. 126 di Ignaz Pleyel.

Pleyel nasce a Ruppersthal in Austria, figlio di Martin, maestro di scuola, e studiò musica prima presso il compositore Johann Baptist Vanhal e, a partire dal 1772, fu allievo di Joseph Haydn ad Eisenstadt.

Trasferitosi in Francia dove assunse il nome francese di Ignace, lavorò a partire dal 1797 come editore musicale e a lui si deve la prima edizione dei quartetti per archi del suo maestro Haydn.

In seguito divenne uno dei maggiori e più famosi costruttori di pianoforti francesi del XIX secolo, facendo concorrenza anche ad altri grandi artigiani quali Sebastien Erard.

La Sinfonia in Re maggiore fu composta quando il maestro Haydn era già impegnato nella prima delle sue tre Sinfonie di Parigi.

Pubblicata per la prima volta nello stesso anno, esiste in varie copie manoscritte nelle biblioteche dall’Italia alla Svezia.

A differenza di Haydn che, a partire dalla metà del Settecento, aggiunse i fagotti e poi i flauti agli strumenti orchestrali richiesti per le sue Sinfonie, nella Sinfonia in re maggiore nel 1785, quando il suo maestro Haydn era impegnato nella prima delle tre Sinfonie di Parigi Pleyel rimase fedele alla strumentazione con archi, oboi e corni, che era la forma consolidata sin dalla metà del Settecento.

Fu pubblicata per la prima volta nello stesso anno e esiste in copie manoscritte nelle biblioteche dall’Italia alla Svezia.

A differenza di Haydn che, a partire dalla metà degli anni Settanta del Settecento, aggiunse i fagotti e poi i flauti agli strumenti orchestrali richiesti per le sue Sinfonie, nella Sinfonia in re maggiore e nella maggior parte delle sue Sinfonie Pleyel rimase fedele alla strumentazione standard con archi, oboi e corni che era la forma consolidata sin dalla metà del Settecento.

Questa Sinfonia rivela già una fantasia formale e una perfezione nel trattamento delle tecniche compositive sinfoniche tali da rendere comprensibile la popolarità di cui godono le sue Sinfonie presso il pubblico contemporaneo.

Il primo movimento, Allegro assai, inizia senza un’introduzione lenta; il suo tema principale si sviluppa in due sequenze fino a un possente tutti orchestrale.

Questo tema principale è seguito da due temi sussidiari nella tonalità dominante di La maggiore, il secondo dei quali si espande con un tono in scherzando.

Un ulteriore tutti dell’Orchestra con una reminiscenza del tema principale e una formulazione cadenzale che si dissolve nel piano del primo e del secondo violino, concludono la presentazione del tema nell’esposizione del movimento.

La sezione di sviluppo inizia con un forte all’unisono degli archi e conduce il movimento iniziale del tema principale nelle tonalità più lontane, in discesa cromatica.

Passaggi poco specifici dal punto di vista tematico enfatizzano il processo di modulazione, avventurandosi fino alle regioni di fa maggiore e fa diesis minore, per poi esaurirsi in un esteso pedale sul fa diesis.

La ricapitolazione del tema principale inizia nella tonalità sottodominante di sol maggiore e la sua brusca interruzione da parte di una serie di cadenze per quinte su larga scala porta al ritorno finale della tonalità principale di re maggiore.

Dal punto di vista tematico la ripresa inizia con il secondo tema sussidiario e, nelle misure successive, guida il tema principale nel basso verso un climax dinamico analogo al primo orchestrale.

Il secondo movimento riserva anch’esso delle sorprese con i suoi elementi formali insoliti.

Un tema iniziale di ampio respiro narrativo e una sezione minore carica di emozione sono seguiti da un Allegro 3/8 che ristabilisce la tonalità principale in sol maggiore del tema in scherzando.

Il tema del minuetto (Minuetto, Allegretto) si presenta con una frase iniziale musicale rustica che ricorda un Landler e una conseguente frase che sfuma verso il piano, molto simile al modello di Haydn. Il trio con due violini solisti si contrappone al minuetto nel tono e nel carattere della melodia.

Il tema del finale, Rondò Allegro, ricorda il tema principale del quarto movimento della Sinfonia n. 39 di Mozart. Il tema del ritornello che si sente tre volte nel corso del movimento è contrastato da due episodi.

Il primo ha un tema leggero nella tonalità dominante in la maggiore, il secondo entra con l’incedere emotivo di un episodio minore e poi, nella tonalità parallela in fa maggiore, ritorna al tema leggero del primo episodio.

Il maestro Carlo Romano nasce a Roma nel 1954 e compie gli studi presso il Conservatorio di Santa Cecilia, studiando pianoforte, armonia e diplomandosi in oboe con il massimo dei voti nella prestigiosa scuola di Giuseppe Tommasini.

Il maestro Federico Bisio ha seguito un doppio percorso di studi, sia universitario sia frequentando i corsi di Composizione sperimentale presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano.

 

Mara Martellotta

 

Rock Jazz e dintorni a Torino: i Modà e i Morlocks

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Lunedì. Al Cafè Des Arts si esibiscono gli AljazZeera. All’Hiroshima Mon Amour è di scena Emilia Gaia.

Martedì. Al Blah Blah suona suonano i Morlocks. Al Teatro Colosseo canta Albano.

Mercoledì. Sempre al Blah Blah è di scena il quartetto punk Gentilesky.

Giovedì. Al Cafè Neruda suona il trio del chitarrista Max Carletti. Al Magazzino sul Po si esibisce Rares. Al Jazz Club è di scena il quintetto della vocalist Mirella Gallo. All’Hiroshima Mon Amour rap con MxRxGxA. Nel foyer del teatro Regio in coda a “Il flauto magico” di Mozart si, esibisce Napoleone.

Venerdì. Al Blah Blah suonano Starving Pets e Tree Horn. Allo Ziggy sono di scena i Breathe Me In. All’Hiroshima si esibisce il rapper Murubutu. Al Bunker suonano i Salò per il “RatFest”. All’Off Topic è di scena Francesco Di Bella. Al Cap 10100 si esibisce Bassi Maestro.

Sabato. Al Jazz Club suona il trio del pianista Dario Yassa. Allo Ziggy sono di scena i Little Pieces of Marmelade. Al Magazzino sul Po si esibiscono i Cado nello Specchio. Al Folk Club è di scena Eleonora Bordonaro. Al Blah Blah suonano gli Ash Code. Allo Juvarra è di scena Bungaro con Marco Passarani.

Domenica. Al Jazz Club suona in versione acustica la Momo Rock Band. Al teatro Colosseo festa per i 20 anni di carriera per  i Modà in concerto con orchestra.

Pier Luigi Fuggetta

La versione del professore

Che cosa unisce Tiziano Sclavi e Michele Paolino?

Il primo ha creato un mito fumettistico e poi cinematografico: DYLAN DOG.
Il secondo sta producendo un genere letterario che il lettore divora in pochissime ore. Romanzi gialli, noir, thriller ricchi di emozioni e suspense. Tieni costantemente il fiato sospeso perché, fino all’ultima riga, non sai come va a terminare l’intricata vicenda. Michele Paolino si supera ogni volta, appena fa nascere un nuovo libro.
Questa volta tocca a “La versione del professore”, tantissimi colpi di scena con protagonisti il professor Gilberto Ferrony, insegnante (in pensione) di letteratura slava, già addetto culturale presso un’ambasciata italiana in un Paese dell’Est, traduttore, curatore di una biblioteca privata, che vive in una casa circondato da migliaia di libri e poi c’è l’avvelenamento di un opinionista televisivo, simpatizzante No Vax ed anche di una influencer marketing? chissà!!!Ad indagare ci sono Serena Valente, luogotenente del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri, e l’ispettore capo Domenico Pescatore della Questura di Torino.  Ne siamo certi che presto li vedremo in azione anche in TV ed al cinema!

Enzo Grassano

Cabaret e Chicago per Musical a Corte

Domenica 26 marzo, ore 19

I musical di John Kander e Fred Ebb  nel Salone d’Onore della Palazzina di Caccia di Stupinigi

Cabaret e Chicago è dedicato a due giganti del teatro musicale e del cinema americano, autori di canzoni strepitose e spettacoli infallibili. John Kander e Fred Ebb, tra gli anni ’60 e gli anni ’90 del secolo scorso, si ispirano e rinnovano i generi teatrali della prima metà del Novecento – vaudeville, cabaret berlinese, musical degli anni ’30 – raggiungendo una qualità assoluta e un grande successo di pubblico, senza tralasciare le componenti politiche o sociali implicite in quelle forme di intrattenimento. Nelle loro opere si canta e si balla sempre sull’orlo del baratro: in Chicago, da un’idea di Bob Fosse, siamo nell’America alla soglia del crollo del ’29, in Cabaret, ispirato ai racconti di Christopher Isherwood, ci troviamo a Berlino prima del secondo conflitto mondiale; Il bacio della donna ragno, tratto dal romanzo di Manuel Puig, è ambientato nella Buenos Aires dei desaparecidos negli anni ’70. John Kander compone toccando i vari stili del Teatro Musicale e Fred Ebb trova soluzioni liriche di vertiginosa qualità, ritraendo un’umanità decadente, cinica, senza valori morali e con un solo grande desiderio: l’assoluta voglia di vivere.

Il programma presenta le più grandi canzoni di Kander ed Ebb – da Money Money And All That Jazz,da Willkommen Kiss of the Spider Woman, da New York, New York Mein Herr – contestualizzandole nell’ambiente più citato e rappresentato nei loro musical: il carcere, dove i numeri si trasformano in veri e propri tentativi di evasione. Questo omaggio vuole essere come gli spettacoli che antologizza: popolare e sofisticato, coinvolgente e pungente esaltando il raffinato cinismo, l’erotismo irriverente, la sfacciata ironia del teatro musicale di Kander ed Ebb.

PROGRAMMA

Willkommen (Cabaret, 1966)

Don’t Tell Mama (Cabaret, 1966)

All That Jazz (Chicago, 1975)

Two Ladies (Cabaret, 1966)

She’s A Woman (Kiss of the Spider Woman, 1993)

Dear One (Kiss of the Spider Woman, 1993)

Mein Herr (Cabaret, 1972)

When You’re Good To Mama (Chicago, 1975)

Married (Cabaret, 1966)

Cell Block Tango (Chicago, 1975)

All I Care About (Chicago, 1975)

Money Money (Cabaret, 1972)

Roxie (Chicago, 1975)

Mr. Cellophane (Chicago, 1975)

Me and My Baby (Chicago, 1975)

Kiss of The Spider Woman (Kiss of the Spider Woman, 1993)

Maybe This Time (Cabaret, 1972)

Nowadays (Chicago, 1975)

Cabaret (Cabaret, 1966)

New York, New York (New York, New York, 1977)

INTERPRETI

Andrea Ascari, MC/Amos

Gaia Bellunato, Sally Bowles

Sabrina Di Iorio, Roxie Hart

Matteo Giambiasi, Molina/Billy Flinn

Laura Grosso, Mama Morton

Sofia Megar, Velma Kelly

Giuseppe Guerrera, Pianoforte/Fred Casey

Andrea Ascari, Testi e guida al concerto

 

La rassegna Lirica e Musical a Corte è organizzata dal Teatro Superga in collaborazione con STM e Fondazione Ordine Mauriziano.

INFO E BIGLIETTI

Palazzina di Caccia di Stupinigi, piazza principe Amedeo 7, Stupinigi – Nichelino

Posto unico: 30 euro

Info e prenotazioni: 011.6279789 biglietteria@teatrosuperga.it

www.teatrosuperga.it biglietteria@teatrosuperga.it

IG + FB: teatrosuperga

Telegram: https://t.me/tsnteatrosuperga

“Shakespeare kills radio stars”, di e con Alessandro Balestrieri

 

UN CONCERTO-SPETTACOLO PER CELEBRARE SHAKESPEARE

Un concerto-spettacolo dove si incontrano le parole di Shakespeare e il rock con influenze di elettronica, trip pop e techno: va in scena sabato 25 marzo alle 21 allo Spazio Kairos, via Mottalciata 7, “Shakespeare kills radio stars”, di e con Alessandro Balestrieri che sale sul palco insieme a tre musicisti: Bernardino Balestrieri, Mattia Balestrieri e Amedeo Morosillo. I biglietti (intero 13 euro, ridotto 10) sono in vendita su www.ticket.it.

 

Il titolo è un chiaro rimando al celebre brano “Video Killed the Radio Star” del gruppo new wave britannico The Buggles. L’idea iniziale infatti era quella di costruire una performance musicale, un concerto poetico partendo dalle parole di William Shakespeare. «Così abbiamo iniziato a comporre musica elettronica, originale, e l’abbiamo fatta incontrare con testi shakespeariani – afferma Alessandro Balestrieri – Da qui, è nato il primo studio del progetto in cui le musiche registrate si facevano personaggi e scenografia di uno spettacolo per attore solo».


“Shakespere Kills Radio Stars” ha mosso i primi passi in questa forma finché non si è trasformato, tornando a quella che era l’idea iniziale. Rilavorando gli arrangiamenti, sono stati resi suonabili dal vivo e il lavoro è diventato un concerto/spettacolo caratterizzato dalla presenza di una piccola band in scena. Voce e chitarra, basso, batteria: la band di Shakespeare che diventa Radio Star e sbaraglia con la forza della sua poesia.

Lo spettatore si trova di fronte qualcosa di  difficilmente inquadrabile: una performance che va oltre il concerto, un non-concerto, un non-spettacolo, un ibrido nel quale perdersi lasciandosi guidare dalle parole, dai suoni e dalle immagini. Inutile cercare il filo conduttore, voler sciogliere il nodo drammaturgico, capire la storia. La storia non c’è. Come in un concerto, ogni brano è una storia a sé.


I testi utilizzati provengono sostanzialmente da tre opere: “Sogno di una notte di mezza estate”, “Romeo e Giulietta”, “Macbeth”. Opere molto diverse tra loro ma che insieme restituiscono l’interezza delle passioni umane. Bene e male, amore e odio, linguaggio alto e basso, tragedia e commedia. A essi si aggiungono altri innesti provenienti da “Come vi piace”, “Amleto” e “Coriolano.

 


Shakespeare kills radio stars

di e con Alessandro Balestrieri

musiche Riccardo Romano e Alessandro Balestrieri

musicisti dal vivo Bernardino Balestrieri, Mattia Balestrieri, Amedeo Morosillo

collaborazione artistica Titta Ceccano e Julia Borretti

“Ugo Nespolo & African Icons” in mostra a Spazio Musa

Vernissage: 24 marzo 2023 ore 18:00

Via della Consolata 11/E, 10122, Torino

Spazio Musa e Galleria Senesi di Cuneo presentano una mostra collettiva unica nel suo genere.

Ugo Nespolo in dialogo con larte Africana.

Ad accogliere i visitatori nello spazio di Via della Consolata 11/E, Ugo Nespolo, artista torinese poliedrico che da sempre esplora le tante sfaccettature dellarte, pittura, fotografia, scrittura, teatro, cinema e molte ancora.

26 opere ripercorrono il lavoro svolto negli ultimi anni, tra ironia e trasgressione, colori e citazioni storiche.

Le famose Visite al museo  che ritraggono spettatori mentre osservano grandi mostre, andando a  ricreare un effetto inception con lo spettatore stesso.

Numeri e colori caratterizzano opere e sculture, la numerologia è da sempre un tema ricorrente in tutti i suoi lavori.

Si ritrovano anche citazioni ai capolavori del cinema e musicali insieme agli immancabili omaggi ad amici artisti tra i quali Enrico Baj, Capogrossi e Andy Warhol.

Al piano sotterraneo, come a voler simboleggiare le radici dellumanità, una collettiva africana, 13 artisti provenienti da 7 paesi differenti, tra cui Sud Africa, Tanzania, Senegal e Congo.

Tra i più conosciuti del continente esposti in mostra: Esther Mahlanghu, George Lilanga e le sculture di Seni Awa Camara.

Parte di queste 40 opere sono state gentilmente concesse della Fondazione Sarenco, che da sempre si impegna a curare e comunicare larte africana nel mondo.

Lesperienza di Sarenco ha portato un profondo contributo per larte Africana. La nascita dellArte Africana Contemporanearisale alla metà degli anni 50 del XX° secolo. Anni difficili, durante i quali i paesi africani iniziavano la loro lotta per lindipendenza dal colonialismo europeo. Indipendenza che a tuttoggi non è ancora stata del tutto realizzata. LAfrica è un enorme continente, patria dellhomo sapiens e terreno di grande cultura originaria, legata allanimismo e alle culture tribali.

Larte africana cosiddetta antica’ è ormai ben rappresentata nei grandi musei internazionali, in America e in Europa, proditoriamente sottratta da pionieri ed esploratori, da religiosi avveduti e da ogni sorta di masnadieri.

Unarte che è ormai in tutto il mondo. Unarte che affonda le sue radici nellorigine dellumanità.

INFORMAZIONI

Nella prima parte della serata, dalle 19:00 alle 20:00, il duo Camillo Nespolo al Sax e Giangiacomo Rosso alla chitarra, accompagneranno la visita con un Soft Jazz.

Dalle ore 21:00 alle ore 24:00 la serata si sposterà al piano -1, il Dj Set by M@kossa darà la possibilità di godere a pieno lesperienza immersiva dellafrica remota, attraverso musica etnica contemporanea.

Spazio Musa, Via della Consolata 11/E – 10122 Torino

+39 393 3377799 –  spaziomusa.torino@gmail.com. –  www.spaziomusa.net

Orari per il pubblico

Dal 25 marzo al 5 maggio 2023 la mostra è visitabile dal martedì al venerdì dalle ore 14:30 alle ore 19:30 e il sabato e la domenica dalle 10:30 alle 19:30.

Masterclass di Aurora Ruffino alla Gypsy Academy

Il 25 marzo protagonista il celebre volto dell’attrice piemontese

Il 25 marzo Gypsy Academy è  in programma la masterclass con Aurora  Ruffino, uno dei volti più amati nel panorama cinematografico italiano.

Era soltanto una ragazzina quando entrò a far parte della famiglia Gypsy . Originaria del 1989 di Druento, è  stata destinata a diventare uno dei volti più noti e amati della fiction italiana.

Dalle aule della Gypsy è passata direttamente al grande schermo esordendo nel 2010 nel film “La solitudine dei numeri primi”, tratto dall’omonimo romanzo del torinese Genovese.

Aurora tornerà  sabato 25 marzo laddove tutto è iniziato, per raccontare attraverso una masterclass i segreti del suo percorso di continua crescita.

Dopo la partecipazione a la Solitudine dei numeri primi  il cinema italiano la vede protagonista di un successo consacrato con il film Bianca come il latte, rosso come il sangue”, entrando  a far parte del cast  dei Bracialetti Rossi che le valse i primi premi all’Explosive Talent Award e il premio alla Giuria al Roma Fiction  73esima edizione.

MARA MARTELLOTTA

 

Gypsy Musical Academy

Via Pagliani 25

Tel p11p968343

Alice Visentin vince il Premio d’arte internazionale Collective

Per il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea ed entra nelle Collezioni del Museo

Alice Visentin (Ciriè, Torino, 1993) è la vincitrice della prima edizione del Premio d’arte internazionale Collective per il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea. Grazie all’acquisto effettuato dai Soci di Collective, l’opera di Visentin Banda di fiori (Notturno), 2021, entra in qualità di donazione a far parte della Collezione permanente del Museo.Promosso da Collective, Associazione italiana di collezionisti d’arte contemporanea costituita nel 2019, il Premio d’arte internazionale Collective per il Castello di Rivoli ha come obiettivo l’acquisizione e donazione al Museo di un’opera realizzata da una/un artista di età inferiore ai 35 anni. Corrispondente a 20.000 euro, il Premio ha cadenza biennale.

Visentin è stata selezionata da una commissione dedicata al progetto, composta dal Direttore del Castello di Rivoli Carolyn Christov-Bakargiev, dal Vice Direttore e Capo Curatore Marcella Beccaria e dal Curatore Marianna Vecellio, a partire da una rosa di 36 lavori realizzati da artiste/i italiani e internazionali proposti dai Soci di Collective.

Profondamente radicata nel suo territorio di origine, l’arte di Alice Visentin si ispira a tradizioni orali, dettagli di fatti storici ed elementi fantastici. L’opera vincitrice Banda di fiori (Notturno) è un importante ciclo pittorico composto da 5 tele. Emergenti dall’oscurità della notte, i fiori rappresentati in ciascuna delle tele diventano per l’artista “metafora della condizione umana, collegata all’universo fisico e trascendentale. Attraverso l’immagine naturale dei fiori e della notte – entrambi archetipi e simboli di un inconscio collettivo – ho immaginato le radici che scendono nella terra, mentre foglie e petali si estendono in alto, verso i cieli pieni di stelle. Tra gli steli, le foglie e i petali, le piante ci offrono piccolissime frasi e parole come fossero oracoli o consigli”.

“Fin dalla nascita del Museo”, dichiarano Marcella Beccaria e Marianna Vecellio, “le Collezioni del Castello di Rivoli sono cresciute secondo un processo organico che si fonda su sinergie e legami tra gli artisti e le opere. Negli ultimi anni in particolare il Museo si è dedicato a nuove forme di espressionismi, ponendo attenzione alla relazione tra l’umano, l’espressione individuale e la sintesi proposta dal mondo digitale. Spesso nate a partire da storie minime, sospese tra realtà e fantasia, le opere pittoriche di Alice Visentin alludono a un immaginario che intenzionalmente si riallaccia a tradizioni effimere e locali, lontane dall’attuale appiattimento tecnologico. Per questa prima edizione la nostra scelta privilegia un’artista italiana. Ringraziamo Collective per questa donazione che con generosità e lungimiranza contribuisce a consegnare nuove opere al tempo lungo della memoria museale”.

“Mi congratulo per questa nuova iniziativa privata a favore di sostenere le ricerche di un’artista come Alice Visentin e un museo pubblico”, aggiunge il Direttore Carolyn Christov-Bakargiev, “e ringrazio il Vice Direttore Marcella Beccaria per aver tessuto con cura le relazioni con Collective e il Curatore Marianna Vecellio per lo studio, raggiungendo un ottimo risultato”.

 

Banda di fiori (Notturno), 2021
tecnica mista su tela
5 elementi, 130 x 150 cm ciascuno
Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino
Donazione Premio d’arte internazionale Collective
Foto Sebastiano Pellion