CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 295

Fondazione Torino Musei, tutti gli eventi della settimana

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Segnaliamo in particolare:

 

Venerdì 11 novembre ore 10.30

COS’È UN CODICE MINIATO

Biblioteca civica don Milani, via dei Pioppi 43 – conferenza con Simonetta Castronovo, conservatore di Palazzo Madama

(comunicato stampa con il programma completo in allegato)

 

Martedì 15 novembre 2022, ore 18

PRESENTAZIONE DELLA DONAZIONE DI LIBRI D’ARTISTA COLLEZIONE PECCOLO

GAM – conferenza in Sala Uno

 

AGENDA APPUNTAMENTI FONDAZIONE TORINO MUSEI

11 – 17 novembre 2022

 

 

VENERDI 11 NOVEMBRE

 

Venerdì 11 novembre ore 10.30

COS’È UN CODICE MINIATO

Biblioteca civica don Milani, via dei Pioppi 43 – conferenza con Simonetta Castronovo, conservatore di Palazzo Madama

Quali sono le operazioni che portano alla realizzazione di un codice manoscritto nel Medioevo? Quali gli strumenti di lavoro dello scriba e del miniatore? Com’era organizzato uno scriptorium? Nel corso della conferenza si scopriranno le operazioni necessarie a produrre un codice, dalla preparazione della pergamena alla rigatura, dalla scrittura ai pigmenti e alla decorazione con iniziali figurate e istoriate o intere scene a pittura, senza dimenticare la doratura e la legatura.

L’appuntamento fa parte del ciclo di incontri Miniature rivelate, organizzato da Palazzo Madama in collaborazione con le Biblioteche civiche torinesi, dedicato ad approfondire l’arte del libro tra Medioevo e Rinascimento attraverso le collezioni di arte antica del Museo Civico di Torino.

Ingresso libero fino a esaurimento posti

 

Venerdì 11 e sabato 12 novembre ore 15

ARTE E TÈ IN ORIENTE

MAO – visita guidata alla mostra Buddha10 con degustazione di tè.

A cura di Theatrum Sabaudiae in collaborazione con The Tea

Nella mostra temporanea, un’installazione di composizioni vegetali accoglie il pubblico e depura l’aria: un momento di purificazione che prepara ad accedere agli spazi successivi della mostra, custodi di icone buddhiste sacre e devozionali.

L’incontro con straordinarie statue buddhiste delle collezioni del MAO, alcune delle quali mai esposte al pubblico, messe in dialogo e in contrasto con alcuni esemplari provenienti dal Museo delle Civiltà di Roma e dal Museo d’Arte Orientale E. Chiossone di Genova e con significative opere di artisti contemporanei, diventa l’occasione per riflettere su molteplici tematiche, spaziando dall’originaria collocazione e funzione delle opere, alle modalità di importazione in occidente, dalle logiche e procedure di restauro, alle complesse relazioni fra vero e falso.

Questi e altri interrogativi saranno al centro della visita guidata che si propone come momento di condivisione e riflessione su questioni che si celano dietro a soggetti dalla natura e funzione essenzialmente sacra.

Segue La fragranza celeste dell’autunno: l’osmanto, una proposta autunnale per la degustazione di tè Gui Hua, a cura di Claudia Carità (The Tea – Torino), studiata come ideale prosecuzione dell’esperienza in mostra.

I fiori di osmanto e la loro inebriante fragranza autunnale, costituiscono un’icona dell’immaginario orientale. Nelle regioni remote di Cina e Giappone è possibile trovare arbusti di osmanto coltivati nei giardini dei templi buddhisti per ricordare la riconoscenza alle divinità lunari.

La degustazione si accompagnerà con dolcezze e piccole preparazioni ideali in abbinamento ai tè proposti, servite in monodose ad ogni partecipante presentate su un piccolo vassoio dedicato.

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Claudia Carità, selezionatrice di té, laureata in economia e commercio presso l’Università di Torino, fonda nel 2011 il marchio The Tea che identifica un catalogo di tè scelti attraverso il confronto diretto con produttori e importatori con preferenza per chi si avvale del marchio ETP (Ethical Tea Partership). Dal 2013 The Tea è stato scelto da Slow Food Italia e valutato dal Laboratorio Chimico della Camera di Commercio per rientrare nel progetto “Maestri del Gusto” di Torino e Provincia.

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Prenotazione obbligatoria, l’iniziativa verrà attivata con un minimo di 10 partecipanti, fino a un massimo di 20 persone.

Info 011.5211788 –  prenotazioniftm@arteintorino.com (da lunedì a domenica 9.30 – 17.30)

Costi: 19 € a partecipante

Costi aggiuntivi: biglietto di ingresso alla mostra; gratuito per possessori di Abbonamento Musei Torino Piemonte.

Appuntamento 15 minuti prima dell’inizio.

 

 

Venerdì 11 novembre ore 16.30

UN GIORNO A CORTE

Palazzo Madama – visita guidata tematica

Galateo, abitudini e socialità tra cerimoniali e protocolli “regali”. Sarà come essere invitati a pranzo dalla Regina. La visita guidata si propone proprio questo: raccontare usi, abitudini e costumi a corte. Quali menù si proponevano agli invitati? Quale abito avrebbe scelto una giovane contessa per partecipare al cerimoniale di corte? Quanti e quali inchini avrebbe dovuto rivolgere alla sovrana? Come attenersi perfettamente alle regole del protocollo?

Visitando le sale della mostra Margherita di Savoia, Regina d’Italia, che, con il loro allestimento ben evocano i fasti del momento, si sveglieranno le consuetudini, i divertimenti e i passatempi dei sovrani al tempo di Margherita.

Costo: 6 € per il percorso guidato + biglietto di ingresso al museo secondo tariffe (gratuito con Abbonamento Musei e Torino Piemonte Card).

Info e prenotazioni: t. 011 5211788 (lun-dom 9-17.30); prenotazioniftm@arteintorino.com

 

 

SABATO 12 NOVEMBRE

 

Sabato 12 novembre ore 16

AVVENTURA TRA LE PAGINE. Miti e leggende giapponesi di Fabiola Palmeri

MAO – in occasione di Kid Pass Days

L’autrice leggerà insieme a noi nella galleria dedicata all’arte Giapponese alcuni racconti dal suo nuovo libro per ragazzi uscito a fine settembre. In laboratorio sarà possibile dare forma e colore ad alcune illustrazioni ispirate ai racconti.

Costo: bambini €4; adulti accompagnatori ingresso ridotto alle collezioni permanenti (gratuito con Abbonamento Musei).

Prenotazione obbligatoria t.011.4436927/8 oppure maodidattica@fondazionetorinomusei.it

 

Sabato 12 e domenica 13 novembre ore 10 – 17

FLORA D’INVERNO E BIGLIETTI DI NATALE

Palazzo Madama – workshop di acquerello botanico con Angela Petrini

Il corso permetterà di avvicinarsi a quelle piante, alcune delle quali presenti nel Giardino Botanico Medievale, che hanno il loro punto di maggior splendore in inverno, un momento tutt’altro che povero di colori e forme: basti pensare alla varietà di rosso delle bacche dell’agrifoglio, delle rose antiche o di quelle del gigaro; al viola e al nero dei cavoli e delle rape; al giallo intenso delle zucche.

Angela Petrini accompagnerà i partecipanti in questo esercizio di attenzione e creatività che può trasformarsi in un colorato biglietto d’auguri o in un regalo personalizzato destinato alle persone più care.

Il corso è aperto anche ai principianti che riceveranno un’impostazione necessariamente di base, mentre i più esperti potranno esercitarsi nell’approfondimento della tecnica per rappresentare dettagli botanici particolarmente impegnativi, come dipingere il bianco sul foglio bianco o rendere la granulosità di certe superfici.

Il corso ha una durata di 12 ore ed è accreditato per l’aggiornamento degli insegnanti (legge 170 del 21/03/2016 art. 1.5). È possibile ricevere fattura per rimborso della Carta del docente.

 

Il corso ha una durata di 12 ore, si svolge il sabato e la domenica dalle ore 10 alle 17, ed è accreditato per l’aggiornamento degli insegnanti (legge 170 del 21/03/2016 art. 1.5).

 

Angela Petrini ha ottenuto il Diploma con lode in disegno e acquerello botanico dalla Society of Botanical Artists di Londra; è Presidente dell’Associazione Italiana Pittori Botanici “Floraviva”. Premiata dalla Royal Horticultural Society con la Gold Medal al Plant and Botanical art Fair 2018, Londra.

 

Prossimi appuntamenti:

 

4-5 marzo 2023 ore 10-17 | Gli agrumi

1-2 aprile 2023 ore 10-17 | La Primavera nell’orto medievale

7-8 maggio 2022 ore 10-17 | Alcune varietà di rose botaniche

10-11 giugno 2022 | Ciliegie e piccoli frutti

 

Materiale occorrente: acquerelli; pennelli tondi a punta fine numeri 4, 2, 0; matita HB; gomma (evitare possibilmente la gomma pane); carta liscia satinata 300 gr. formato 30×40 circa. A chi non avesse il materiale l’insegnante può fornire carta, pennelli e colori necessari per lo svolgimento al costo di 5 €. È necessario segnalarlo al servizio prenotazioni.

 

Costo: € 140 / ogni incontro

Posti disponibili per ogni appuntamento: 7
Prenotazione obbligatoria: tel. 011 4429629; e-mail: madamadidattica@fondazionetorinomusei.it

 

Sabato 12 e domenica 13 novembre ore 15

MATERIA VIVA. LEGAMI METALLICI
GAM – visita guidata tematica

Materia viva, malleabile, modellabile e splendente, il metallo ha accompagnato la storia dell’uomo dall’antichità fino ai giorni nostri. Utilizzato inizialmente nella creazione di manufatti di uso quotidiano è diventato uno dei materiali più impiegati nell’espressione artistica Dai bagliori ramati delle forme ascendenti di Fausto Melotti al ferro che racconta il fuoco, elemento naturale e vivo nella scultura di Eduardo Chillida, all’uso quasi alchemico di oro e rame nelle opere di Yves Klein e Gilberto Zorio. Un viaggio tra le opere delle collezioni della GAM da inizio 900 fino ai giorni nostri.

 

Tariffa: 6 € a persona

Durata: 90 minuti

Possibilità di prenotazione per gruppi di massimo 25 persone in settimana e weekend:

Tariffa: 96 € a gruppo (comprensivo di diritti di prenotazione)

Durata: 90 minuti

Tariffa: 81 € a gruppo (comprensivo di diritti di prenotazione)

Durata: 60 minuti

Per informazioni e prenotazioni: 011 5211788 prenotazioniftm@arteintorino.com

 

 

DOMENICA 13 NOVEMBRE

 

Domenica 13 novembre 2022, ore 15

KID PASS DAYS – IL FILO MAGICO

GAM – attività per le famiglie

La GAM aderisce all’iniziativa di KID PASS DAYS dedicata all’illustrazione per l’infanzia con un’attività creativa rivolta ai bambini. La lettura de “Il filo Magico” di Mac Barnett permetterà ai piccoli visitatori di immergersi nel mondo della generosa Annabelle che, con il suo infinito filo multicolore, riesce a portare la bellezza nel suo villaggio, immerso nelle fredde tonalità dell’inverno. Faremo poi uscire quel filo dalle pagine stampate e continueremo a seguirlo, come tanti piccoli Teseo, nelle sale del museo alla scoperta di opere in cui la forma si riduce ad una semplice linea, curva o spezzata, chiusa o aperta; una sorta di filo che si allunga e si assottiglia creando percorsi ricchi di significato. Negli spazi dell’Educational Area, ispirati da quanto visto e ascoltato, i bambini potranno dedicarsi a un lavoro di tessitura e cucitura creando meravigliosi messaggi di bellezza.

Costo: Euro 7 a partecipante

Costo aggiuntivo: adulti biglietto di ingresso al museo ridotto; gratuito per i possessori di Abbonamento Musei Torino Piemonte e Valle d’Aosta

Informazioni e prenotazioni: 0115211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

 

 

MARTEDI 15 NOVEMBRE

 

Martedì 15 novembre 2022, ore 18

PRESENTAZIONE DELLA DONAZIONE DI LIBRI D’ARTISTA COLLEZIONE PECCOLO

GAM – conferenza in Sala Uno

Ingresso libero fino a esaurimento posti

Intervengono: Roberto Peccolo, Giulio Paolini, artista e Riccardo Passoni, direttore della GAM

I volumi della donazione Peccolo sono entrati a fare parte delle collezioni della Biblioteca d’Arte della Fondazione Torino Musei nella primavera del 2022, grazie alla volontà del fondatore e titolare della galleria stessa, Roberto Peccolo. La galleria, aperta a Livorno nel 1969, ha cessato la sua attività alla fine del 2019 ed è stata per più di mezzo secolo un importante punto di riferimento per il mondo dell’arte contemporanea. Le pubblicazioni donate comprendono l’intera collana “Memorie d’Artista”, costituita da 50 esemplari editi tra il 2008 ed il 2019 e nati dal desiderio di pubblicare non delle semplici monografie cataloghi di mostre, ma dei veri e propri libri creati da un artista. Ogni volume è stato stampato con una tiratura limitata a 200 copie, in formato in folio, mantenendo costanti le 32 pagine, i caratteri, il colore e l’impostazione della copertina. All’autore artista è stata lasciata totale libertà nel decidere che cosa inserire: solo immagini, solo testo oppure un misto fra testo e immagini.

Per dare risalto alla donazione, successivamente alla consueta catalogazione informatizzata nel Sistema Bibliotecario Nazionale (SBN), tutti i volumi sono stati collocati in uno scaffale dedicato e schedati con una segnatura di collocazione che ne consentisse l’accorpamento e l’immediata reperibilità qualora qualche studioso volesse consultarne l’intera serie.

La collana completa costituisce un unicum nel panorama torinese, dal momento che la maggior parte dei cataloghi è consultabile solo in alcune biblioteche di Livorno.

Info www.gamtorino.it

 

 

 

 

Theatrum Sabaudiae propone visite guidate in museo

alle collezioni e alle mostre di Palazzo Madama, GAM e MAO.

Per informazioni e prenotazioni: 011.52.11.788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

 

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/gam.html

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/mao.html

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/palazzo-madama.html

 

 

La realtà e la libertà di un artista, la “violenza” della Chiesa

Sugli schermi “L’ombra di Caravaggio” di Michele Placido

 

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

 

Tanti sono i momenti e le componenti che convincono dell’”Ombra di Caravaggio” (coprodotto tra Italia e Francia) che Michele Placido ricava oggi da un vecchio progetto teatrale dei lontani anni Sessanta. Un film riuscito, che forse avremmo voluto andasse più in profondità, al di là di quel che già non abbia fatto, all’interno della tragedia intima e umana, della torbida mescolanza tra “alto” e vita votata alla malvivenza, di colui che più di chiunque altro ha impresso una direzione nuova all’arte pittorica, ma che certo riempie gli occhi quanto a “ricostruzione” e ha tutte le carte in regola (con “La stranezza” di Roberto Andò) per correggere e dare una bella spinta ad un problema che sta diventando sempre più preoccupante, la affievolita presenza del pubblico nelle sale cinematografiche. Visto che ci stiamo ripetendo che il problema è dovuto anche alla presenza di operine mediocri, dei troppi che finora hanno trovato soldi facili per produrre “cose” che non vanno al di là del solito “spazio di un mattino”, allora afferriamole, in fretta, quelle opere che sembrano riconciliarci con un mondo che continuiamo ad amare ma da cui abbiamo in tempi recenti poche soddisfazioni.

Lo scorrere narrativo dentro il primo decennio del XVII secolo, altalenante tra date e luoghi, in un movimento continuo e febbricitante e ossessivo come solo le ossessioni sanno essere, i dialoghi che non poche volte gli sceneggiatori (Sandro Petraglia e Fidel Signorile con il regista) s’ingegnano a riformulare in una lingua seicentesca, gli apporti tecnici eccellenti, i costumi di Carlo Poggioli e le scenografie di Tonino Zera, sopra tutti la fotografia di un ispirato Michele D’Attanasio che costruisce immagini sghembe o sfuggenti, fluide, che reinventa con un preciso linguaggio le luci e le ombre del pittore inviso e maledetto, è sufficiente lo spalancarsi di una finestra, lassù in alto, perché il caos dello studio di Caravaggio si animi come per incanto, perché lo sguardo dello spettatore si posi sulla caduta di San Paolo; non ultimi i tanti vIsi scoperti per ridare vita alle corti dei miracoli napoletane e romane, al ricovero raccolto attorno alla figura di Filippo Neri, negli ambienti di Santa Maria in Vallicella, fatto di mendicanti (il cameo impagabile di Alessandro Haber, usato a far da San Pietro nella ”Crocifissione” di Santa Maria del Popolo) e prostitute, un mondo senza sfreni e vitale, visi e corpi denudati, messi o schiacciati in primo piano, in tutta la carnalità giusta e sfacciata che Placido pone come ossatura del suo ultimo film, come il sangue (sin dalle prime scene, Caravaggio assalito e trafitto nella guancia da un colpo di pugnale) e le torture (la morsa di ferro a squarciare la bocca di Giordano Bruno, con un Gianfranco Gallo che dà vita estrema, con grande convinzione, agli ultimi istanti di un martire e ad una delle scene più convincenti del film) e le violenze, verbali e fisiche.

Attraverso le immagini, come in un film d’investigazione, serpeggia l’Ombra, un religioso, in rigoroso abito nero (Louis Garrel), un misterioso inquietante inquisitore a cui Paolo V (Maurizio Donadoni), auspice non della verità ma del conforme, ha dato incarico di comprendere, negli interrogatori subdoli o violenti che avrà con quanti lo hanno conosciuto e frequentato, se nell’artista si nasconda il genio o l’uomo blasfemo, l’impudico e l’assassino, in lotta con le leggi di una Chiesa uscita dal Concilio di Trento, che auspica Madonne angelicate e santi ispirati e l’azzurro dei cieli, un uomo da perseguitare anche in quell’abitudine di raffigurare la Vergine con il viso e le forme di quelle prostitute che ha incontrato in strada ed elette al ruolo di amanti, Lena Antonietti (Micaela Ramazzotti) e Anna Bianchini Lolita Chammah) che la Storia ci ha tramandato. Da perseguitare per quell’uccisione del giovane Ranuccio Tomassoni, per cui è in attesa della grazia, nel suo girovagare tra il sud italiano e Malta e le coste laziali, dove verrà emessa la parola fine, mentre come in un baratto si suggerisce all’artista di abbandonare la propria arte: credo con un falso storico, anche alla luce degli ultimi studi e dei più recenti ritrovamenti. A lato la simpatia di quanti lo appoggiano e lo proteggono, Costanza Colonna (Isabelle Huppert) e il cardinal Dal Monte (lo stesso Placido) e Scipione Borghese, il nipote del pontefice (Gianluca Gobbi); pregio poi non ultimo del film, la “ricostruzione” di tante tele del Caravaggio, da quelle di san Matteo ad Anna come Maddalena o interprete della “Morte della Madonna” (al Louvre) dove ancora una volta è presa a prestito, lei suicida nel Tevere, il ventre gonfio, e circondata dagli apostoli, dalla “Madonna dei mendicanti” dove campeggiano le sembianze di Lena o alla “Madonna dei palafrenieri”, dove Sant’Anna ha il viso ricorrente di una popolana incontrata in altre occasioni e ancora Lena sfida il peccato con il suo prorompente seno che certo non poteva essere accettato su di un altare in San Pietro.

Placido non ci fa mai vedere il suo Caravaggio mentre dipinge le sue tele, sono già lì, concluse, a testimoniare una grandezza, ne ricostruisce come un maestro la storia, ci spinge ad uscire dalla sala per correre a casa a sfogliarci un volume e assaporare quei capolavori una volta ancora, a studiarlo ancora di più, magari a spingerci domani tra le  chiese e i musei romani a riempirci gli occhi. E ogni cosa sarebbe un bel traguardo. E Riccardo Scamarcio è estremamente convincente, padrone del proprio corpo, spavaldo nel metterlo in mostra, capace di abbracciare appieno le luci e le ombre, il successo e la disfatta del suo artista, il sublime e la violenza entro cui Caravaggio visse.

“Pippo Leocata. Antologia” Antichi miti e passioni senza tempo

Mezzo secolo d’arte raccontato nelle opere del pittore “adranita” esposte al “Collegio San Giuseppe” di Torino

Fino al 26 novembre

“Processo”. O “Crocifissione”. Tela dal rosso acceso. Che toglie campo ai neri ai bruni e al verde appena accennato e striato di rivoli di sangue. La corona di spine e di “scherno” a cingere il capo del “re dei Giudei”. Dietro, la salita del Calvario. Il Golgota, “luogo del cranio”, lo spazio narrativo.  E i volti del Cristo. Sofferente e agonizzante. Forme informi. Non dissimili ai volti dei “poveri cristi”, compagni di strada d’ogni tempo. Del Nazareno, allora. E nostri e noi, ancor oggi e ogni giorno. Schizzi, disegni a matita (tracciati sul tram che, anni fa, portava il giovane studente Pippo da Mirafiori all’Università), poi tradotti in opere.

In cascate di colore e materia. Che, via via, diventano pagine dai colori accesi e violenti, sospese in un magico intreccio di passato e presente. Tante opere. Fra queste, per l’appunto, “Processo” realizzato da Pippo Leocata nel 1969. Quadro per il quale l’artista torinese, ma originario di Adrano (la siciliota Adranon – Vulcano, alle falde dell’Etna che tanto ha inciso e continua ad incidere sulla sua produzione artistica) venne allora definito dal grande Marziano Bernardi “un giovane pittore tra fede e ribellione”. Metà anni Sessanta. Pippo frequentava la Facoltà di Architettura al Politecnico di Torino e si laureava con il leggendario Carlo Mollino. Un dio ai suoi occhi. Che nei cromosomi del giovane studente lasciò impronte tali da non poter che farne il grande artista che oggi é. A renderne contezza, proprio la rassegna allestita, fino al prossimo 26 novembre, nelle sale espositive del “Collegio San Giuseppe” di Torino. “Antologia”, il giusto titolo. Nel prestigioso “Collegio” dei “Fratelli delle Scuole Cristiane”, scorrono infatti, attraverso trentacinque opere, oltre cinquant’anni di vita e di avventura artistica di Leocata.

Si parte, per l’appunto, dal ’69 per arrivare ai giorni nostri con le ultime produzioni, singolari sculture in legno pallet, dove l’impostazione architettonica tesa ad equilibrare forme, a comporre strato su strato remote figure, a interpretare elementi e storiche presenze di quella Grecia antica così sorella alle rocche, alle cupole e ai cavalieri della sua Sicilia, raccontano di talenti, doti e abilità acquisite con lo studio e artigianalmente (ma che Artigianato!) manipolate negli anni, con intuizioni di geniale creatività, su percorsi che del reale hanno fatto supporto di base per spiccare il volo nei cieli della più artistica libertà espressiva. Sua. E solo sua. Inconfondibile. Ecco allora, le opere lignee. In una sala che ha i contorni e le immagini della Grecia antica, fra “Cariatidi” dell’Eretteo sull’Acropoli di Atene, parate dei “Cavalieri” omaggio a Fidia” e “Figure alate” della “Nike” di Samotracia, oggi al “Louvre” di Parigi, scopriamo un lavoro certosino nell’intagliare, nel sovrapporre “legno a legno”, nell’ideazione di suggestive “tridimensionalità”, ottenute aggiungendo e non sottraendo ritagli, profili e scarti di legno ”come fossero– racconta lo stesso Leocata– pennellate di colore su tela o segni di matita su carta”. Storia e Mito.

Accanto al fascino dei reperti greci, troviamo infatti, narrate a tinte visionarie, forti e vigorose come colate (non a caso) di materia lavica le antiche memorie della sua Terra, del suo Vulcano capace di lanciare al cielo il magma infuocato di ignote vite sotterranee trasformate in forme e figure immaginifiche o in bianche e tonde lune o soli accecanti gialli o rosso fuoco o neri da far paura.

La sua Adrano, colonia greca di Corinto, alle falde dell’Etna, eterna presenza in ogni sua opera. Sia pure per riflesso, per antica memoria. Con il suo terrifico – amato Vulcano, le sue battaglie, i suoi guerrieri, i suoi cavalli alati e i suoi cavalieri armati di lunghe lance, scudi e coriacee armature. Racconti che riportano a galla antiche, fanciullesche paure. Come ne “Il mistero della Giannina”, dove si narra di quella vecchia casa arroccata sulle mura ciclopiche che i piccoli Adraniti, e Pippo e il fratello Vincenzo, avvicinavano in silenzio tenendosi per mano. Abitata da chissà quale demoniaca presenza! “Il tempo della memoria”. Che Pippo ripercorre in un lungo e in largo senza fine. In un iter pittorico e mentale che trova emozione profonda in quel “Siam polvere di stelle”, titolo preso a prestito proprio da una poesia del fratello Vincenzo, scomparso da alcuni anni. Immagine pittorica e parole in versi: “Vorrei librarmi in alto lassù/e toccare con mano quello spicchio di luna in cielo… giungere alla fine dell’infinito all’ultimo lembo/E scoprire che in realtà/’Siam polvere di stelle’”. Pippo e Vincenzo. E tutti noi. Mano per mano.

Gianni Milani

 

“Pippo Leocata. Antologia”

“Collegio San Giuseppe”, via San Francesco da Paola 23, Torino; tel. 011/8123250 o www.collegiosangiuseppe.it

Fino al 26 novembre

Orari: dal lun. al ven. 10,30/12,30 – 16,30/18,30 e sab. 8,30/12

 

Nelle foto:

–       Processo”, olio su tela, 1969

–       Cariatide dell’Eretteo” (part.), legni di pallet e acrilico, 2021

–       Il mistero della Giannina”, tecnica mista su carta, 2017

–       “Il tempo della memoria”, olio su tela, 2014

–       “Siam polvere di stelle”, tecnica mista su carta, 2019

Ivrea e i suoi dintorni

LA GEMMA DEL CANAVESE TRA DISTESE DI NATURA E BELLEZZE

 

A pochi chilometri da Torino, bagnata dal fiume Dora Baltea e avvolta dal Canavese, si trova Ivrea, un piccolo centro affascinante e suggestivo. Fondata dai Salassi nel quinto secolo A.C. divenne colonia romana dal 100 A.C. con il nome di Eporedia da cui deriva il nome dei suoi abitanti, epoderiesi.

Patrimonio dell’Umanità per Unesco, questa preziosa cittadina è testimone di diverse vicende storiche che l’hanno attraversata e caratterizzata, dalla presa dei Longobardi, ai Franchi, al Regnum Italicum di Re Arduino che la cede alla Chiesa, ai Savoia che la difendono da francesi e spagnoli. Dai primi del ‘900 Ivrea diventa un importante centro industriale grazie alla Olivetti che rappresenta ancora oggi una eredità socio-culturale che la influenza e la contraddistingue.
Considerata il capoluogo del canavese, animata da circa 23.400 abitanti, questa gemma piemontese è ravvivata da locali tipici, negozi, ristoranti e centri culturali raccolti attorno alla strada centrale pedonale, Via Arduino. Il periodo più vivace dell’anno è sicuramente quello del Carnevale Storico, risalente al 1808 quando in città sfilarono diverse persone vestite con abiti medioevali. La Battaglia delle Arance, che si tiene gli ultimi 3 giorni della mascherata, è l’evento più famoso ed atteso con moltissimi turisti che accorrono per assistere alla battaglia delle squadre di aranceri che, dai carri e a piedi scalzi, si affrontano simulando la battaglia del popolo contro la nobiltà.
Molte e di diversa tipologia sono le visite da fare ad Ivrea, tra le più interessanti e legate alla celebre Olivetti sono il MaAM – Museo a cielo aperto di Architettura Moderna – che si articola in un percorso di due chilometri, fatto di vetro acciaio e cemento, che fu la sede della famosa azienda, il Laboratorio Museo Tecnologic@mente dove sono esposti storici dispositivi a tastiera, calcolatori e personal computer e l’Ex Hotel Serra, progettato alla fine degli anni ’60, particolare e stravagante per la sua forma di macchina da scrivere.

I Giardini di Giusiana rappresentano l’area verde della città, una zona di relax ma anche di interesse architettonico grazie alla Torre di Santo Stefano costruita nel 1041 e una volta facente parte di un monastero demolito nel Cinquecento.
Il centro storico è accogliente e gradevole tra palazzi eleganti, la Cattedrale di Santa Maria Assunta, il Castello e la romantica la passeggiata sul lungo Dora che porta al suggestivo Ponte Vecchio, il più antico di Ivrea, e al Borghetto, un piccolo centro di edifici stretti tra loro sulla sponda destra del fiume ricco di botteghe e attività artigianali.
Tappa obbligata e gustosa da fare assolutamente è alla pasticceria Balla famosa per la sua torta ‘900.

La Chiesa di San Bernardino, situata in uno scenario moderno e parte di un complesso monastico risalente al 1400, è un meraviglioso esempio di pittura rinascimentale con vivaci affreschi, realizzati da Gian Martino Spanzotti, che ritraggono il ciclo della Vita e Passione di Cristo.
La visita è possibile solo su prenotazione alla Associazione Spille D’oro.

Da Ivrea parte inoltre la tappa numero 07 della Via Francigena che arriva fino a Viverone; con 20 chilometri di percorso di media difficoltà, questo cammino ai piedi della Serra d’Ivrea, la morena più grande d’Europa, offre paesaggi incantevoli, chiesette e ruderi da visitare e il villaggio-strada di Piverone.

A pochi minuti di macchina dalla città invece si sviluppa un’area caratterizzata da boschi che ospita 5 laghi deliziosi, il Sirio il più frequentato grazie alle spiagge, ai locali e ai ristoranti sulle sue rive, il Lago Campagna, e i Laghi Nero e di San Michele collegati da fitti sentieri.
Nelle vicinanze molto belli e caratteristici ci sono anche i Borghi. Montalto Dora con un castello solitario e il Parco Archeologico del Lago Pistono è nel bel mezzo di una torbiera, un lago esaurito sul cui fondo si sono depositati nel corso del tempo vegetali e materiale organico che creano, quando ci si cammina sopra, un effetto morbido e danzante come se fosse un grande materasso, per questo motivo questo luogo è stato soprannominato “terra ballerina”. L’altro borgo è Chiaverano con la sua Bottega del Frer, un’officina di fabbro ferraio risalente ai primi anni del Settecento, e la millenaria Chiesa di Santo Stefano di Sessano.

E’ vero che è finalmente tempo di mare, di relax in spiaggia e bagni marini ma una gita in questa perla piemontese, eletta una tra le più belle “città sul fiume”, vale davvero la pena. Ivrea è una cittadina dalle molte vocazioni come quella artistica, o quella tecnologica, naturale, folcloristica e sicuramente romantica, una meta ideale per passare qualche giorno immersi nella bellezza.

Maria La Barbera

Artissima, la fiera che stimola gli spettatori alla comprensione dell’arte contemporanea

IL COMMENTO

Si è conclusa domenica 6 novembre scorso la 29esima edizione di Artissima, la famosa fiera d’arte contemporanea del capoluogo piemontese. Una tra le principali fiere di arte in Italia e l’unica rassegna italiana esclusivamente dedicata all’arte contemporanea che può vantare la presenza di gallerie d’arte provenienti da tutto il mondo.

Una delle principali novità di quest’anno è stata la direzione per il primo anno da parte di Luigi Fassi, nominato direttore della fiera lo scorso febbraio con un incarico triennale. In aggiunta all’esposizione fieristica (Main Section, Monologue/Dialogue, New Entries, Art Spaces & Editions), Artissima si è strutturata in tre sezioni curate dirette da board di curatori e direttori di musei internazionali, dedicate agli artisti emergenti (Present Future), alla riscoperta dei grandi pionieri dell’arte contemporanea (Back to the Future) e al disegno (Disegni). Da quest’anno le tre sezioni curate sono tornate ad essere presentate nel padiglione fieristico con stand monografici e su piattaforma digitale con un approfondimento specifico. Sin dalla sua fondazione, nel 1994, Artissima si è sempre caratterizzata per unire la presenza nel mercato internazionale a una grande attenzione per la sperimentazione e la ricerca.

Andando ad Artissima, infatti, si va alla scoperta di ricercatori, gente che sperimenta.
In un’epoca in cui esiste la macchina fotografica, la rappresentazione della realtà è già assolta dalla fotografia stessa. Per questo motivo l’arte contemporanea è un’arte concettuale e non figurativa.
L’arte contemporanea è fondamentalmente concettuale e per comprenderla non si può prescindere dalla conoscenza dell’artista, da che cosa abbia voluto rappresentare, dal messaggio che ha voluto inviare, dalle sue emozioni ed il suo stato d’animo in quel momento.Il verso di Dante “Amor, ch’a nullo amato, amor perdona” è il verso più conosciuto ma di cui nessuno sa il suo esatto significato: per apprezzarne la bellezza bisogna innanzitutto conoscerne il significato.
Così come una tela di Pollock, un quadro di Kandinsky. Come sempre l’arte è relativa, non assoluta.

Come diceva Picasso l’artista con la A maiuscola è un contemporaneo così contemporaneo che i suoi contemporanei lo considerano un anticipatore. L’arte contemporanea però non può non piacere, al massimo non la si comprende, non la si capisce perchè è sperimentazione, ricerca pura. Perchè non può non piacere qualcosa che non si è capito.L’arte è relativa perchè tutti i movimenti artistici sono ricerca, per questo le varie correnti finiscono sempre con il suffisso -ismo. Ll’impressionista è colui che rappresenta lo stesso soggetto in momenti diversi e in lui ogni momento suscita emozioni, sensazioni e stati d’animo diversi.
Dopo tutto l’arte può essere definita come la capacità di un artista nel rappresentare un’epoca attraverso i mezzi espressivi dell’epoca e quelli della nostra epoca adesso sono: neon, installazioni, materiali metallici, cemento, vetro, video, il 3D. Arrivederci alla prossima edizione!

Emanuele Farina Sansone

Foto L. Barozzino

Donny Hathaway pioniere della musica “soul”

MUIC TALES, LA RUBRICA MUSICALE

Sento voci, vedo persone

Sento voci di molte persone

Sento voci, vedo persone

Sento voci di molte persone

Dire che tutto è tutto”

Considerato dalla rivista Rolling Stones uno dei pionieri della musica “soul”, inserito nella lista della medesima rivista alla posizione 49 tra i 100 cantanti più grandi di sempre, con il tempo non ha mai smesso di influenzare artisti provenienti dalla realtà afroamericana anche contemporanea e non solo, i quali lo hanno citato tra le loro fonti d’ispirazione; tra questi troviamo: Stevie Wonder, Alicia Keys, Beyoncé, R. Kelly, Chris Brown, John Legend, Amy Winehouse, George Benson, Justin Timberlake, Christina Aguilera, Anthony Hamilton e tanti altri.

Sto parlando di Donny Hathaway, Nato a Chicago, figlio di Drusella Huntley e nipote di Martha Pitts, cantante di gospel, Hathaway comincia a cantare nel coro gospel della chiesa con la nonna fin dall’età di tre anni. Si è diplomato alla Vashon High School nel 1963. Ha avuto la possibilità di studiare musica grazie ad una borsa di studio presso la Howard University di Washington, dove conosce Roberta Flack, con la quale instaura un forte sodalizio umano ed artistico durato fino alla sua morte. Abbandona la Howard University nel 1967, subito dopo aver ricevuto offerte di lavoro nel mondo della musica.

Lavora a Chicago, inizialmente come produttore ed autore presso la Twinight Records, dove ha la possibilità di collaborare con artisti come Aretha Franklin, Jerry Butler, Curtis Mayfield, The Staples Singers, Carla Thomas, ma il suo debutto discografico avviene nel 1969, anno in cui firma un contratto con la Atco Records, della quale esponente di spicco e produttore è King Curtis, e pubblica il suo primo singolo The Ghetto, Pt. 1 contenuto nel LP Everything Is Everything, acclamato dalla critica.

Ma voglio raccontarvi una cosa. L’indirizzo è prestigioso: 160 Central Park South, Manhattan.

L’edificio è bellissimo – 44 piani e ben 509 camere in stile Art Dèco. E’ li dal 1931 con un’insegna rossa alta sei piani sul tetto, visibile in tutta la città.

Il presentatore del Saturday Night Live ne parlava spesso: ”le nostre star dormono tutte li, alla Essex House” diceva.

Un’icona di New York dunque. Ma anche un edificio maledetto. Nasconde molti misteri e conta molte morti. La prima è Sarah Berlinger, madre della più grande star degli anni quaranta e cinquanta milton Berle, l’uomo che per l’America è Mr Television.

La donna abitava in un appartamento della Essex House e venne ritrovata morta all’età di 77 anni una mattina del 1954.

Anche la star del cinema muto Mary Boland è morta in una camera della Essex House nel 1965 come il grande compositore Igor Stravinskij che ha vissuto qui dal 1969 al 1971, anno della sua morte.

Ma questi non sono misteri ma quello di Donny si.

Il 13 gennaio 1979, New York si sveglia con questa notizia:”il corpo senza vita del cantante Donny Hathaway nato 33 anni fa è stato ritrovato dal portiere dell’Essex House, sul marciapiede di fronte all’hotel. Un volo di quindici piani.

Le indagini della polizia svelano una verità terribile: la porta della stanza è chiusa dall’interno e non ci sono segni di scaso. Il vetro della finestra è stato rimosso ed appoggiato sul letto. Donny si è suicidato. La prima a non crederci è la sua migliore amica Roberta Flake (killing me softly) che però ammette di averlo visto, negli ultimi tempi, come alienato, depresso…come se la sua anima si stesse spezzando.

Da alcuni anni gli è stata diagnosticata una schizofrenia paranoide per la quale prende molti farmaci.

Ricorda che qualche settimana prima, durante la registrazione dell’ultimo album, fermò tutti e disse che degli uomini bianchi stavano entrando nella sua testa per rubare la sua musica.

La Essex continua ad essere un luogo misterioso, il 19 settembre 2009 una donna d’affari di Dubai, Andree Bejani, viene ritrovata nella sua camera con la gola tagliata.

La polizia arresta il manager dEll’hotel, Derrick Praileu.

La morte è un mantello calato all’improvviso, capace di convertire in buio la delicata docilità della luce sopra le cose; Quando un uomo muore, un capitolo non viene strappato dal libro, ma viene tradotto in una lingua migliore.”

Aspetto di sapere come è stato questo ascolto!

Chiara De Carlo

 

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Ecco a voi gli eventi da non perdere!

Al “Pannunzio” per conoscere Caravaggio

INCONTRO DI APPROFONDIMENTO  MERCOLEDI 9 NOVEMBRE PRESSO LA SEDE DEL CENTRO 
MERCOLEDÌ 9 NOVEMBRE ALLE ORE 17,30 in via Maria Vittoria 35h, incontro con Franco MORO, autore dell’affascinante saggio edito da Allemandi: “CARAVAGGIO SCONOSCIUTO”, dove viene indagata, con interessanti  scoperte,  l’attività  giovanile del genio lombardo prima del suo arrivo a Roma. Con l’autore dialogherà Ettore GHINASSI.

“A score of emptiness”. Performance per Buddha10

ZHUO MENGTING

Martedì 8 novembre 2022 ore 18.30

MAO Museo d’Arte Orientale, Torino

Il music public program nell’ambito della mostra Buddha10a cura di Chiara Lee & freddie Murphy, si apre con l’appuntamento dedicato a Zhuo Mengting e “A score of emptiness”, una partitura sonora site specific per acqua, oggetti amplificati e feedback, che esplora ciò che è là fuori e ciò che non può essere visto.

Zhuo Mengting è un’artista di base a Londra, originaria di Canton, Cina.

Fondendo corpo, suono, oggetti e luoghi, crea opere che emergono dal qui e ora, in forma di performance, installazioni partecipate e concerti. Il suo lavoro è stato presentato a livello internazionale, inclusi Regno Unito, Cina, Germania, Repubblica Ceca e Italia.

Zhuo indaga le politiche dell’ascolto ed esplora un linguaggio sonoro che traduca la risonanza in segnale e rumore. “A score of emptiness”, la sua performance site-specific per il MAO, si svilupperà a partire proprio dal concetto di risonanza. Giocando tra suoni minuscoli e amplificazione, traducendo spazi vuoti in segnale e rumore, l’artista presenterà un atto sonoro concettuale utilizzando i suoni del vuoto e la discordanza tra il vedere e l’udire.

 

 

Prenotazione obbligatoria a eventiMAO@fondazionetorinomusei.it .

Costo: 15 € intero | 10 € ridotto studenti

I premi Zenato Academy e Operae a The Others

Tra gli appuntamenti più attesi che hanno animato il sabato di The Others Art Fair, l’assegnazione dei primi importanti Premi dell’undicesima edizione, proposti con i partner Zenato Academy, progetto dell’azienda vinicola fondata da Sergio Zenato per promuovere la riflessione sui temi e i valori che animano il mondo del vino attraverso la ricerca fotografica, e Operæ, il più diffuso sistema di archiviazione e gestione su smartphone e tablet per collezionisti.

 

PREMIO ZENATO ACADEMY PER LA FOTOGRAFIA CONTEMPORANEA

 

E’ stato consegnato il Premio Zenato Academy per la fotografia contemporanea a Enrico Smerilli per l’opera “Serie Balloon” (2016), della galleria torinese CRAG. A selezionare l’opera, che entrerà a far parte della Collezione della Zenato Academy, una giuria composta dal direttore artistico di The Others Lorenzo Bruni, dal critico d’arte Luca Panaro e dall’imprenditrice Nadia Zenato.

 

Ci fa molto piacere consegnare il Premio Zenato Academy a The Others, – dichiara Nadia Zenato, l’imprenditrice veneta che con l’azienda di famiglia esporta nel mondo le pregiate etichette di Lugana e Amarone – luogo ideale per incontrare le espressioni artistiche nazionali e internazionali più innovative, in linea con la filosofia della Zenato Academy: promuovere una sperimentazione artistica che sappia guardare oltre, esplorare al di là di ciò che già conosciamo”.

 

“La Serie Ballon” – racconta Luca Panaro, direttore artistico della Zenato Academy – rispetta i canoni della nuova iconografia fotografica, immagini ravvicinate, che restituiscono un’idea ambigua dell’oggetto rappresentato. Fotografie di dettagli di palloncini che rappresentano degli ombelichi, invitando ad affrontare il tema della diversità ed al tempo stesso della condivisione di vita e di esperienze in un’ottica di lettura “morbida” ma al tempo stesso dalla capacità comunicativa diretta”.

 

 

PREMIO OPERÆ PER L’ARTE CONTEMPORANEA

 

La prima edizione del “Premio Operæ” per l’Arte Contemporanea è stato assegnato a “Draft #1” (2022) degli artisti Zeroottouno, presentata dalla galleria Fabbrica EOS (Milano), e a “Stallion Stamina” (2021) dell’artista Malte Linnebjerg, proposta dalla galleria Stereo Exchange (Copenhagen). La prima opera è stata scelta con la seguente motivazione: l’opera trasmette un forte senso di armonia e relazione che sta alla base del lavoro della coppia di artisti ed unisce in perfetto dialogo due diverse tecniche. Una antica, il disegno, e una tecnologica, il neon. Il risultato e’ di grande impatto visivo tale da ben rappresentare il concetto di condivisione di “operae”. La seconda opera perché “genera stupore ed ammirazione per l’equilibrio tra capacità tecnica nella scultura del legno, il sapiente uso del neon azzurro e la riconoscibilità del simbolo italiano di stile e lusso (il cavallino della Ferrari). Il risultato è di grande impatto visivo tale da ben rappresentare il concetto di condivisione di Operæ“.

 

L’individuazione delle opere vincitrici del Premio Operæ è avvenuta attraverso la votazione di una giuria composta dal Coordinatore del Board Curatoriale di The Others, Lorenzo Bruni, dalla collezionista Chiara Casolo Ginelli, dal collezionista e fondatore di Operæ, Emilio Bordoli, dal CEO di Operæ Gloria Amorena e da Giuseppe Violetta, co-fondatore di Operæ e del The Heillandi Collection Trust Fund. Le opere scelte verranno inserite nella nascente “Collezione Operæ”.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Hannah Rothschild “L’improbabilità dell’amore” -Neri Pozza- euro 19,00

Non tradisce le aspettative l’ultimo romanzo della scrittrice e regista 60enne inglese baronessa Hannah Rothschild (prima donna presidente della National Gallery di Londra) che ci avvolge in pagine trascinanti. Prende spunto da un quadro totalmente inventato, ma ispirato dal vero “Pierrot” di Watteau, artista francese che ha lanciato il movimento Rococò.
Il libro inizia con l’asta multi miliardaria del quadro “L’improbabilità dell’amore” attribuito a Watteau, conteso da magnati e governi di mezzo mondo. Questa tela è la vera protagonista delle pagine che leggerete.

La storia rocambolesca e affascinante del romanzo torna indietro di qualche mese ed è un’alchimia di quadri preziosi e trafugati, storia dell’arte, distorsioni del suo mercato internazionale, misfatti e misteri.
La Rothschild mette in scena un parterre di personaggi bizzarri dei quali ripercorre le traiettorie che li hanno condotti alla casa d’aste: mercanti d’arte senza scrupoli, nobildonne dimenticate, oligarchi in esilio, faccendieri e mecenati.

L’eroina è la 30enne Annie McDee che fatica a mantenersi con l’umile lavoro di cuoca e vive in uno squallido e minuscolo appartamento londinese. Ha conosciuto quello che ritiene l’uomo giusto e in occasione del suo compleanno compra un quadro in un negozietto da rigattiere per una manciata di sterline. Lo spasimante non si presenta e quando lei, pentita dell’acquisto, torna per riportarlo indietro scopre che il negozio è andato a fuoco e l’uomo è morto.
Quella piccola tela, in realtà, ha un valore inestimabile ed una storia incredibile da raccontare. Tutto ha origine dalla genialità di Antoine Watteau, nato a Valenciennes nel 1684 da un costruttore di tetti alcolizzato. Nel 1703 quando ha solo 19 anni e lavora presso un pittore decorativo, vede e si innamora perdutamente della fanciulla più ambita di Parigi, Charlotte Desmare, meglio conosciuta come Colette, amante del Duca d’Orleans, nipote di re Luigi XIV.

Da questo amore folle e dall’impeto che spinge Watteau a catturare e immortalare il suo struggente sentimento nasce il quadro che nel romanzo racconta se stesso così: «Fui dipinto per celebrare le selvagge cascate dell’amore».
E’ la genesi del capolavoro e di un nuovo modo di dipingere.
Watteau morirà di consunzione e con il cuore spezzato nel luglio del 1721, ma la sua opera continuerà a viaggiare nei secoli. E’ il quadro che nel romanzo ci narra la sua rocambolesca storia, passato di mano in mano nel corso dei secoli, pegno di grandi amori, appeso nelle alcove di imperatrici, re, cocottes e tanti altri personaggi.

Ma la trama è ancora più ricca e sorprendente, tra i tentativi di Annie di scoprire il valore del quadro, il suo lavoro di cuoca alle dipendenze di un’altolocata famiglia di antiquari con qualche scheletro nell’armadio, e parecchi colpi di scena.

Monique Roffey “La sirena di Black Conch” -Marsilio- euro 18,00

Diventerà anche un film questo libro della scrittrice e giornalista britannica, studiosa di letteratura coloniale, nata a Port of Spain, a Trinidad nel 1965.
Queste pagine sono un brillante mix di realismo e fiaba che narrano come da secoli nelle acque caraibiche al largo dell’immaginaria isola di Black Conch nuoti una sirena. E’ Acayia, che una volta era la fanciulla più bella e sensuale del suo villaggio, oggetto dell’invidia delle altre donne che con le loro maledizioni l’hanno trasformata in una creatura marina, intrappolata in un corpo metà pesce e metà donna.
Da allora lei nuota al largo ed emerge dall’acqua quando sente la melodia cantata dal pescatore solitario David Baptiste, solo allora si avvicina alla barca e gli narra la sua storia.
Ma un giorno un ricco americano di Miami organizza una pesca d’altura in cerca di marlin, e il caso vuole che il suo inesperto figlio 20enne, tra lo stupore dei pescatori indigeni, riesca a fare abboccare al suo amo proprio Acaya, (che pensava di aver abbordato la solita barca amica).
Acaya nonostante lotti fino allo stremo per sfuggire alla cattura, viene pescata e issata a bordo. Scopriamo così che, ben lungi dalle sirene diafane e bionde di Ulisse, è invece una poderosa creatura dal corpo rosso come quelli delle donne indie, statuaria, squamosa e scintillante, con lunghe chiome nere intricate e simili a tanti tentacoli.
L’idea degli americani sarebbe guadagnare fama e soldi vendendola allo Smithsonian Museum. Una volta tornati a terra appendono la preda a testa in giù nel porto, e vanno a festeggiare ubriacandosi nella taverna dell’isola.
Chi invece gioisce poco sono i pescatori veterani del luogo perché credono alle leggende secondo le quali pescare una sirena porterebbe sfortuna.
Il giovane David Baptiste quando la vede agonizzante sulla banchina portuale entra in azione e riesce a liberarla, poi la nasconde nella sua casa tra i boschi ed ecco che il romanzo si trasforma in una bellissima storia d’amore e complicità che vi farà sognare.

 

Julian Barnes “Niente paura” -Einaudi- euro 19,50

Queste sono pagine intense e colte, divagazioni sulla morte dello scrittore inglese Julian Barnes (nato a Leicester nel 1946), vincitore del Man Booker Prize nel 2011 con “Il senso di una fine”.
Quello della fine è un tema particolarmente importante per Barnes che gli ha dedicato anche altri scritti.
“Niente paura” inizia con l’affermazione «Non credo in Dio però mi manca».
Di lì in poi, l’autore discetta e riflette sulla paura atavica della propria fine. Lo fa con pensieri fulminanti, aforismi e aneddoti familiari; ci inchioda a pensare a fondo sul destino comune e su come viverlo, con continue incursioni in filosofia, letteratura, musica e arte.
Impossibile riassumere queste pagine in cui abbondano scetticismo, arguzia, ironia, del tipo «Non so se Dio esiste, ma per la sua reputazione sarebbe molto meglio se non esistesse». Barnes ripercorre anche il suo atteggiamento nei confronti del tema tanto importante che lo ossessiona da sempre: era ateo a 20 anni, e si ritrova agnostico a 60.
Dichiara di pensare alla morte almeno una volta al giorno, soprattutto verso sera, e di provare una «paura moderata, ragionevole, realista». Cita grandi della letteratura che sulla morte hanno lasciato pagine e pensieri memorabili, tra loro Flaubert, Turgenev, Zola.
Poi ci offre spunti dalla filosofia antica, esamina i vari argomenti a favore e contro Dio, mescola scienza e ricordi. Compone una sorta di “tanatoenciclopedia” (dal greco θάνάτός, morte) in cui ricorda le posizioni di celebri tanafobici (coloro che hanno paura della morte) della storia come Montaigne, Renard, Rachmaninov e Larkin.
Ma inanella anche esperienze familiari, il modo di affrontare la morte dei nonni e dei genitori, per arrivare al legame con il fratello Jonathan, docente di filosofia che in questo libro è uno stimolante interlocutore. 246 pagine che ci aiutano a cercare di capire se del buco nero della morte e dell’abisso ci sia da aver paura oppure anche no……da meditare

David Lagercrantz “Obscuritas” -Marsilio- euro 19,90
L’autore è lo scrittore norvegese quasi 60enne che ha completato la saga “Millenium” dello scomparso Stig Larsson (morto nel 2004 a soli 51 anni). Ora torna con un thriller e una strana coppia di protagonisti: Micaela e Hans, che a Stoccolma indagano sull’omicidio di un arbitro di calcio di origini afgane, picchiato a morte.
Micaela Vargas è una giovane poliziotta straniera figlia di immigrati, cresciuta nella periferia della capitale, totalmente dedita al dovere, dura come l’acciaio, e tosta tanto da poter resistere al dolore e alla fatica. Contraltare di tanta efficienza sul lavoro è un privato che contempla cedimenti e senso di solitudine, inoltre cerca di nascondere una lieve zoppia conseguenza di una ferita sul lavoro.

Hans Rekke invece è nato nel privilegio, aristocratico e ricchissimo, accademico e psicologo, particolarmente arguto, geniale e abile nel suo complesso lavoro. Ma dietro la facciata professionale soffre di depressione che lo sprofonda in periodi di apatia e buio, tende ad abusare di psicofarmaci e pozioni varie, e ama suonare il pianoforte esibendosi in notevoli virtuosismi.

Due personalità diversissime per background, carattere e modo di affrontare vita e lavoro. Le loro traiettorie si intersecano nel 2003 – quando il mondo è ancora sotto shock per l’attentato alle Torri Gemelle di New York dell’11 settembre 2001- e la polizia svedese indaga sul brutale pestaggio e assassinio di Jamal Kabir; rifugiato afgano, arbitro di calcio.
Viene subito sospettato il padre italiano di uno dei giocatori; ma Micaela vorrebbe andare più a fondo per escludere o meno altre piste che leghino la vittima afgana alla guerra contro i talebani. E’ così che viene chiamato a collaborare Hans, noto psicologo di fama mondiale.

Di più non si può anticipare, se non che il libro spazia anche in una sorta d’indagine sociale, a partire dalle differenze di classe dei due protagonisti, per affrontare tematiche come razzismo, xenofobia, ingiustizia sociale, e il clima del nuovo millennio sul suolo svedese, con l’arrivo di ondate di profughi.