CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 27

 I concerti del Teatro Regio inaugurano con “Abissi”

La nuova stagione de I concerti 2025-2026 del teatro Regio di Torino si aprirà sabato 18 ottobre 2025, alle ore 20, con “Abissi”, un percorso ideale dantesco dall’Inferno al Paradiso, che attraversa le profondità dell’animo umano tra destino, amore e spiritualità.
Protagonisti della serata saranno il direttore musicale del Regio Andrea Battistoni, alla guida di Orchestra, Coro e Coro di Voci Bianche del Teatro. Maestri dei cori Ulisse Trabacchin e Claudio Fenoglio. In programma la fantasia Sinfonica Francesca da Rimini  di Cajkovskij, Il canto del destino  di Brahms, su versi di Hölderlin, e il Prologo in Cielo dall’opera Mefistofele di Boito, ispirato al Faust di Goethe. Quest’ultimo brano vedrà come solista un ospite d’eccezione, il celebre basso baritono Erwin Schrott, la cui voce magnetica dialogherà con la forza corale e orchestrale del Regio.

“La nuova stagione de I Concerti dimostra ancora una volta la capacità del teatro Regio di offrire un programma musicale di altissima qualità e di respiro sempre più internazionale – commenta il sindaco della Città di Torino Stefano Lo Russo, presidente della Fondazione Teatro Regio –  a partire dal concerto di apertura che porterà in scena la suggestione di un viaggio dantesco con le sinfonie di Cajkovskij, Brahms e Boito. Ancora una volta il Regio saprà offrire al pubblico un programma davvero da non perdere e vedrà il talento dell’Orchestra e del Coro, diretti dal maestro Andrea Battistoni, protagonisti anche fuori dai confini cittadini, ospiti all’Auditorium della città di Lione, con cui Torino intrattiene una lunga tradizione di scambi e relazioni, soprattutto in campo artistico e culturale”.

“La stagione Sinfonica nasce in dialogo profondo con quella d’Opera e di Balletto, di cui rilancia le suggestioni tematiche e le risonanze interiori – spiega Mathieu Jouvin, sovrintendente del teatro Regio. Attraverso un percorso che predilige i repertori dell’Ottocento e del Novecento, affiancando riscoperte italiane e nuove creazioni, essa si pone come naturale prosecuzione del cammino intrapreso con la Francesca da Rimini, un itinerario di pensiero e di emozione che interroga l’animo umano e ne esplora gli abissi e le ascensioni, in un continuo rimando tra arte, poesia e vita”.

“Desidero esprimere un sincero ringraziamento ai maestro Battistoni per la dedizione e l’energia con cui ha accolto il nuovo incarico, rendendosi fin da subito presenza costante e generosa nella vita del nostro teatro. Dopo aver inaugurato la Stagione d’Opera e di Balletti con Francesca da Rimini,  che sta riscuotendo un grande successo di pubblico e di critica, apre ora la stagione sinfonica con Abissi,  concerto che coinvolge tutte le masse artistiche del teatro, Orchestra, Coro e Coro di Voci Bianche e che ne mette in luce la compattezza espressiva. La partecipazione di Erwin Schrott aggiunge un ulteriore segno di prestigio a un programma di grande fascino e profondità musicale”.
La fantasia Sinfonica Francesca da Rimini di Cajkovskij restituisce con orchestrazione turbinosa i tormenti dell’Inferno dantesco . Nel canto del destino di Brahms, su versi di Hölderlin, la beatitudine dei Campi Elisi si contrappone alla vita raminga dei mortali.
Infine il Prologo in Cielo del Mefistofele di Arrigo Boito, ispirato al Faust di Goethe, incornicia tra canti celestiali la sfida a Dio lanciata dal demonio e qui affidata al carisma di Erwin Scrott.
“Ho voluto che il concerto inaugurale mettesse in relazione musica e letteratura – ha spiegato Andrea Battistoni – il viaggio sonoro di Abissi si muove  tra le cupezze infernali di Caikovskij  e l’anelito al destino e alla speranza di Brahms e l’epifania paradisiaca evocata da Boito, tre visioni che parlano all’uomo contemporaneo con la forza universale della musica”.

Mara Martellotta

“Intracore”, ideata da Ghëddo, presenta diciotto artisti italiani emergenti

Aprirà il 23 ottobre prossimo, dalle 18 alle 22, presso la Cripta di San Michele, in piazza Cavour 12, a Torino, la mostra “Intracore”, promossa e curata dall’Associazione Ghëddo

Nella Cripta di San Michele, di piazza Cavour 12, a Torino, si inaugura giovedì 23 ottobre, alle ore 18, la mostra “Intracore”, ideata da Ghëddo, che presenta le opere di diciotto artisti italiani emergenti. La mostra è la prima tappa del programma annuale ideato da Ghëddo, che ogni anno porta artisti da tutta Italia a Torino con mostre negli spazi indipendenti, quali gallerie, musei e fondazioni della città.
La quarta edizione del programma TOBE è sostenuto da Fondazione Compagnia di Sanpaolo e Fondazione Venesio, patrocinato dalla Città di Torino e dall’Accademia Albertina. La mostra unisce i lavori di Anouk Chambaz, Francesco Bendini, Benedetta Ferrari, Giulia Gaffo, Alessandra La Marca, Luce Lee, Sara Lepore, Giacomo Mallardo, Ginevra Mazzoni, Matteo Melotto, Filippo Minoglio, Eleonora Maria Navone, Giulia Querin, Nicola Ranzato, Snem Snem, Miho Tanaka, Pietro Vedovato e Federico Zeltman.

Intracore nasce dall’unione tra “intra”(nel mezzo) e “core” (cuore). Al centro di questa edizione vi è il processo creativo inteso come nucleo complesso e ambivalente, dove convivono slancio e stallo, fiducia e dubbio, vulnerabilità e resistenza. Si tratta di un’indagine sul cuore vivo dell’arte emergente italiana che non teme l’inquietudine, ma l’assume come forma salvifica; l’ansia, l’angoscia e la rabbia, considerati sentimenti marginali e privi di slancio, vengono proposte come energie trasformative, capaci di aprire varchi verso nuove visioni e significati divergenti. Le opere site specific concepite per questa occasione dialogano con l’architettura, la storia e le simbologie della Cripta di San Michele Arcangelo a Torino, lo spazio circolare ipogeo situato nel cuore della città. La Cripta, ubicata nei sotterranei della chiesa, è stata costruita verso la fine del Settecento come edificio cattolico, oggi sede di culto bizantino. Questo luogo custodisce al proprio interno una stratificazione di storie e simbologie: la sua natura sotterranea e la forma circolare ne fanno una soglia ambivalente tra discesa e ascesa, tra dimensione sacra e terrena, tra linearità dell’esistenza e le temporalità circolari.

La mostra è frutto di una attività di ricognizione e mappatura delle pratiche artistiche emergenti avvenuta nei mesi di giugno e luglio 2025, e inaugura la quarta edizione del programma TOBE. Si tratta di un percorso promosso e curato da Ghëddo, volto a stimolare l’incontro e lo scambio tra artisti emergenti e professionisti del settore, che prevede diverse occasioni di confronto, review e studio visit realizzati insieme all’artista. I risultati di questo processo confluiranno in una serie di mostre tra gennaio e giugno 2026, ideate in dialogo con I partner del progetto. Il focus tematico delle edizioni di quest’anno è dedicato all’intreccio tra estrattivismo, razializzazione, sfruttamento umano e naturale che colpiscono l’equilibrio ecologico e sociale nel suo insieme. Questo tema è un invito a riconoscere i confini non come barriere, ma come membrane permeabili, zone dove coesistere è un atto politico e poetico.

Mara Martellotta

Alba (sempre) tragica, una sceneggiatura e una regia che girano a vuoto (per Roma)

Sugli schermi “Tre ciotole” dal romanzo di Michela Murgia

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

Di una sceneggiatura che a quattro mani è stata tratta dal romanzo che Michela Murgia consegnò all’editore a pochi mesi dalla morte (agosto 2023), vedere l’idolo musicale coreano, sino al giorno prima semplice cartonato, catturato all’ultimo dal ritiro del camion della spazzatura, a cui la protagonista ha consegnato le sue pene d’amore e d’esistenza, uscire dall’armadio di casa, scendere in strada e fare un ciao ciao con la manina verso la finestra della suddetta, beh, quello è il momento più disarmante di uno script che ha già fatto acqua da tutte le parti. La colpa non è soltanto della regista catalana Isabel Coixet, dalle ideuzze striminzite, e del suo collaboratore Enrico Audenino: credo che la colpevolezza risalga a monte, al cattivo lavoro di una coproduzione italiana-iberica, che ha messo in cantiere l’accoppiata Alba Rohrwacher/Elio Germano, entrambi fuori ruolo, scompaginati d’aspetto e di movimenti, di intenti e di piagnistei e di discussioni, lei, su cui maggiormente poggia e pesa l’impianto narrativo – mentre di lui ci si dimentica abbastanza presto, accantonato com’è, risarcito più o meno con un fervorino nel finale – come poche altre volte monocorde, con le stesse facce e intonazioni, quelle che le abbiamo visto in un curriculum troppo fitto, un’attrice osannata (e impegnata cinematograficamente) più del dovuto, di cui già sei preparato a ogni singolo atteggiamento e sguardo.

Marta, insegnante di educazione fisica in un liceo romano, bisticcia per un niente che le stravolge la vita con Antonio, chef in un ristorantino che vuole emergere a tutti i costi, e lui la lascia. Chiaro che Marta se la passi male e, siccome se Atene piange Sparta non ride, anche lui non gode di ottimo umore, fornelli a parte e una stagista che se lo fila quel poco. Marta si chiude sempre più in se stessa è lì ad affrontare un dolore sconosciuto, gira per la casa vuota, guarda (e noi con lei) le tracce dove prima era appeso un quadro e cincischia perennemente con quelle “tre ciotole” del titolo che, il giorno che fu ovvero la strada che fu un dì dell’allegria, il supermercato aveva omaggiato a entrambi. Oppure, nelle idee della Coixet, la vita s’anima di filmini in super8, quando l’unione era felice e i nostri correvano sotto la pioggia ridendo e gocciolanti, quando il collega di filosofia (Francesco Carril, che ci pare il più sincero), che scomoda pure Ludwig Feuerbach e il “noi siamo quello che mangiamo” pur di metterle un po’ di pepe addosso, le fa gli occhioni dolci dolci e recupera una cena a casa di lei – con l’ormai frusto uso delle famose tre ciotole a reggere ricette e cibi inventati dall’altro, il convitato di pietra, l’indaffarato Antonio che accontenta il turista americano rifilandogli un hamburger al posto di una tartare – con prolungati baci al posto del dessert, o l’invito per una pizza dell’affettuosa sorella o l’ultimo abbraccio con Antonio, sulla sponda dell’isola Tiberina, dove nemmeno quello è capace d’esprimersi appieno, con un vistoso scivolone di Germano; o ancora con la macchina da presa che ci dà dentro a inseguire le forsennate biciclettate dell’eroina, che ha tutta l’aria di una Duplessis del nuovo millennio. Laddove quelle corse in bicicletta e altro ancora fanno sì che la regista impieghi, invece di concentrarsi maggiormente sul dramma che avrebbe tutto l’obbligo d’essere il corpus della narrazione, troppo del suo tempo – complessivi 122’ – a girovagare per la città eterna, per carità bella bellissima, dove ognuno s’attarda a lasciarci il cuore, ma non qui, a cominciare da certi “stormi di uccelli neri nel vespero migrar” che aprono e chiudono, e poi il cupolone e Trastevere, il Gasometro all’Ostiense e i ruderi, e le fontane e le piccole piazze, le stradine verso casa e i portoni che vorrebbero proteggere.

Poi tutto esplode, al di là della tristezza e della sperata rigenerazione tutto esplode, un tumore al quarto stadio – con tutto il panorama autobiografico che ne consegue, le pagine e gli ultimi incontri della Murgia hanno insegnato -, le terapie che hanno la faccia d’aiutare ma che non faranno nulla, per cui sarà inevitabile andare verso una morte, lasciando agli altri, agli amici agli ex a chi forse poteva costruire una nuova storia, una casa ormai vuota. Nel tentativo di renderci complici della storia, ma non arriviamo mai a esserlo – e non per cuore indurito – e di costruire la vita (e le vite) che scorrono attorno alla protagonista, nel proprio grande arrembaggio alle storie che compongono l’omonimo romanzo della scrittrice scomparsa, Coixet ha pasticciato e truccato malamente il mondo scolastico e giovanile, la solitudine, la ragazzina che non è ancora pronta a sapere cosa esattamente vuole negli affetti e nella vita, la rabbia e le piccole tappe che maldestramente sono mantenute qui come riempitivi, a cominciare da quella che è vista come l’intrusione più vistosa, i sospetti e la scoperta, guardandole dall’alto, in un cesso scolastico, di due ragazze con l’abitudine di tagliarsi le braccia. Un’occasione imposta, alla spicciolata, gettata lì alla rinfusa, che non ha affatto il tempo per essere sviluppata. Imbarazzante, inconcludente, spropositata. D’intralcio. Troppe cose si rivelano scontate o estremamente deboli e se di una cosa siamo sicuri è che la regista (con gli attori) non ha reso un buon servizio alla scrittrice e alla sua dolorosa pagina scritta.

Camminate Reali immersi nella storia a Moncalieri

In programma domenica 19 ottobre 

Fin dal 2018, il Consorzio delle Residenze Reali Sabaude ha dato vita al progetto Camminate Reali, con un duplice obiettivo: valorizzare il sistema delle 16 Residenze Sabaude del Piemonte e, al contempo, offrire un’esperienza unica attraverso un cammino che unisce storia, paesaggio e benessere. Queste manifestazioni non competitive si sono affermate con grande successo, capaci di attirare ogni volta migliaia di partecipanti e di conquistare una enorme attenzione mediatica. La prossima tappa si svolgerà domenica 19 ottobre, con data di riserva in caso di maltempo fissata per domenica 26 ottobre, e punterà i riflettori su una delle perle sabaude, il castello di Moncalieri.
Imponente custode di storia, affacciato sulla collina torinese, il castello sarà il fulcro di un‘esperienza che promette scorci paesaggistici sorprendenti e inaspettati. Due percorsi ad anello pensati per soddisfare ogni passo, entrambi con partenza dal Comune di Moncalieri e con arrivo al Bosco del Re. Un tracciato più impegnativo, di circa 17 km, con un dislivello di 350 metri, che prenderà il via alle 8.30, e un percorso più breve, circa 10 km, con un dislivello di circa 200 metri, che partirà alle 9. Il “kit del Viandante” potrà essere ritirato sabato 18 ottobre sia presso le biglietterie della Reggia di Venaria e del Castello di Moncalieri , sia domenica 19 ottobre direttamente in piazza del Comune di Moncalieri, prima della partenza. Non mancano le opzioni per il parcheggio, con numerose zone gratuite come via Petrarca, piazza Garibaldi, interscambio stazione FFSS e Brandina, oltre a un’opzione a pagamento nel parcheggio multipiano di via Alfieri, tutte situate a pochi minuti a piedi dal punto di partenza.
Le Camminate Reali sono realizzate in collaborazione con la Direzione Regionale Musei Piemonte, Città di Moncalieri, i Comuni coinvolti e Visit Moncalieri, per garantire una giornata indimenticabile tra arte, storia e natura.

Info: www.camminatereali.it

Mara Martellotta

“Da Fontana, a Crippa, a Tancredi”. Il Museo Accorsi-Ometto si apre ancora al Novecento 

 

La formidabile avventura del Movimento spazialista

Il Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto prosegue la sua ricerca sull’arte italiana del Novecento, che ha visto di recente protagonista Carol Rama. Dal 17 ottobre prossimo al 15 febbraio 2026, lo fa con la mostra dal titolo “Da Fontana, a Crippa, a Tancredi. La formidabile avventura del Movimento spazialista, a cura di Nicoletta Colombo, Serena Redaelli, Giuliana Godio, e con la consulenza scientifica di Luca Massimo Barbero.

“ Il nostro museo, incentrato su opere settecentesche, da tempo si dedica in particolare all’arte del Novecento – spiega Luca Mana, direttore del Museo Accorsi-Ometto – e con questa mostra intende indagare il ruolo dello spazialismo nel rinnovamento artistico dell’immediato secondo dopoguerra”.
La trasformazione dell’arte italiana è iniziata nella seconda metà degli anni Quaranta e non è immaginabile senza l’approccio concettuale al problema dello spazio, individuato, in pittura, da segni – base, linee, buchi e tagli nelle tele. Questo cambiamento trova impegnati in prima linea i protagonisti del Movimento spazialista, affascinati da una nuova visione del cosmo, sintetizzata in manifesti usciti tra il 1947 e il 1958.

“Fondamentale risulta il sodalizio tra Lucio Fontana (1899-1968), artista e autore dell’interpretazione dello spazio allusivo a una dimensione immateriale, e il collezionista Carlo Cardazzo (1908-1963), editore e illuminato mercante d’arte, titolare della galleria Del Cavallino di Venezia e della galleria del Naviglio di Milano – ha dichiarato il professor Luca Massimo Barbero, consulente scientifico della mostra – Lo Spazialismo o ‘Concetto spaziale dell’arte’ coinvolge l’interesse di intellettuali, artisti, scrittori e poeti che riconoscono in Fontana un leader provocatore e rivoluzionario, ideatore dal 1949 delle sperimentazioni sui ‘buchi’, costellati da un ordito di materie, pietre, sabbie e vetri colorati, in cui il vuoto diventa l’elemento costruttivo di un nuovo cosmo. Dopo il 1958 Fontana proseguirà la sua ricerca con i Tagli, noti come ‘Concetti spaziali-attese’, ricchissimi di varianti, realizzati con l’intento di rappresentare la tridimensionalità in pittura”.

L’esposizione riunisce le circa 50 opere di 24 maestri provenienti da musei, raccolte istituzionali e private, e si apre con Lucio Fontana, formatosi artisticamente a Torino, per proseguire con Roberto Crippa (1921-1972), artista in dialogo con le tendenze internazionali del gesto e del segno, interpretate in formule vorticose, spiraliformi e dinamiche, riflessi del personale vitalismo e della passione per il volo acrobatico, con escursioni nel riferimento al surrealismo e al primitivismo totemico. Il percorso espositivo esplora le tematiche dei protagonisti dello spazialismo milanese, fucina creativa delle ricerche del Movimento con opere di Gianni Dova, Cesare Peverelli, Emilio Scanavino, Ettore Sottsass, Beniamino Joppolo, Aldo Bergolli e Gian Carozzi, autori interessati a implicazioni surrealiste ed esistenziali, sostenuti dalle iniziative espositive culturali di Cardazzo, collezionista e gallerista aperto a confronti internazionali e al coinvolgimento collezionistico con Peggy Guggenheim, aspetti che conferiscono allo scenario spazialista importanti riferimenti cosmopoliti.
La rassegna documenta anche il notevole contributo allo Spazialismo dato dagli artisti veneziani, giunti alla sperimentazione sulla fenomenologia spaziale tra il 1951 e il 1952: Virgilio Guidi, Tancredi Parmeggiani, Mario Deluigi, Edmondo Bacci, Vinicio Vianello, Gino Morandis e Bruna Gasparini, Ennio Finzi, Saverio Rampin e Bruno De Toffoli, protagonisti delle novità apportate dalla pittura astratta degli anni Cinquanta, con una sensibilità squisitamente veneta nei confronti della luce, del colore e di un linguaggio transitato da scansioni spaziali in tramature astratte, al fascino del vuoto ricco di segni e di deflagrazioni cromatiche. Dal carattere inclusivo del Movimento e dalla ampia visione strategica di Cardazzo, derivano le presenze spazialiste di Roberto Sebástian Matta Echaurren, Giuseppe Capogrossi, Enrico Donati, Iaroslav Serpan e di Remo Bianco, testimoni delle contaminazioni surrealiste, segniche e nucleari ricorrenti nel clima interdisciplinare degli anni Cinquanta.

La mostra ospita un’opera di Iaroslav Serpan mai esposta prima, intitolata “Bruvs woun” del 1954, e un’opera di Lucio Fontana del 1957 intitolata “Concetto spaziale n.115”. Entrambe le opere provengono dalla raccolta della Fondazione Milena Milani. La prima mostra di luce nera del cosiddetto “Ambiente spaziale” di Lucio Fontana fu ospitata da Carlo Cardazzo nella sua galleria del Naviglio a Milano, che diventò così la sede storica dello Spazialismo, la cui rapida diffusione avvenne grazie al lavoro del medesimo. Il 6 novembre 1951, presso la galleria del Naviglio, venne firmato il Manifesto dell’Arte Spaziale, da vari artisti tra cui Milena Milani come unica donna. Il termine fa riferimento alla nuova “era spaziale”, con gli sviluppi in campo tecnologico e le novità che permisero di disintegrare i limiti creati dalla materia, e che condussero verso l’esplorazione della comunicazione via etere. Apparecchi come la radio e la televisione divennero modelli di ispirazione, capaci di abbattere la tridimensionalità materiale per aprire una finestra sulla quarta dimensione. In questo senso il Movimento spaziale ha restituito pienamente il volto del proprio tempo fornendo un resoconto della società di quegli anni, che stava scoprendo le possibilità consentite dai nuovi mezzi. Nel 1949 iniziò la serie dei “Concetti spaziali”, a cui appartiene la tela della Fondazione in prestito a Torino.
“La scoperta del cosmo è una dimensione nuova, è l’infinito – dichiarò Lucio Fontana a Carla Lonzi in una celebre intervista – allora io buco questa tela, base di tutte le arti, creando una dimensione infinita”.
Il ‘buco’ non è un gesto distruttivo, ma un’azione che porta il concetto di spazio nell’opera e l’apertura oltre il limite. L’operazione mentale che dà origine al gesto di aprire la materia alla concezione spaziale è quella che avrebbe portato Fontana alla serie cui il suo nome rimarrà legato in maniera permanente, i “Tagli”.  Oltre a questa tela, la Collezione Milena Milani in Pinacoteca conta anche su una tela della serie dei “Tagli” e su due sculture in ceramica realizzate ad Albissola, località di cui Fontana era frequentatore assiduo e dove possedeva anche uno studio.

Orari: martedì, mercoledì e venerdì 10-18 / giovedì 10-20 / sabato, domenica e festivi 10-19 / lunedì chiuso

Visite guidate alla mostra: sabato, domenica e festivi 11.30-17.30 / costo 6 euro più biglietto intero euro 14
Speed Tour: durata 35 minuti da martedì a venerdì ore 17 – costo 3 euro+biglietto d’ingresso
Giovedi spaziale: visita guidata alla mostra 23/10, 30/10, 6/11, 4/12, 1/1 2026, 8/1 2026  e 5/2 2026 – 6 euro + biglietto d’ingresso
Visita guidata con il direttore Luca Mana: giovedì 20/11, 11/12 e, dal 2026, 22/1 e 12/2 alle 12.30 – 12 euro + biglietto d’ingresso.

Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto – via Po 55, Torino – telefono: 011 837688

Mara Martellotta

La pièce “Salām/Shalom. Due padri” apre la stagione del Baretti

Si inaugura sabato 18 e domenica 19 ottobre 

La stagione 2025/2026 del teatro Baretti si inaugura sabato 18 ottobre, alle ore 21, (sold out) e domenica 19 ottobre, alle ore 16, con la pièce “Salām/Shalom. Due padri”, uno spettacolo di e con Massimo Somaglino e Alessandro Lussiana, dal romanzo “Apeirogon” di Colum McCann, per l’adattamento di Paolo Fresa. Si tratta di una produzione  del Teatro Stabile d’Innovazione del Friuli Venezia Giulia e Festival Vicino-Lontano Premio Terzani.

In un periodo così doloroso e complesso per ciò che sta accadendo in Medio Oriente, la stagione teatrale “Aurea Familia” del teatro Baretti, con la direzione di Sax Nicosia, sceglie di aprire con un segnale forte per la pace, “Salām/Shalom. Due padri”. Una storia che intreccia vite, affetti e scelte, storie contemporanee, verità e paure. Tratte dal romanzo “Apeirogon” di Colum McCann, straordinaria opera che ha vinto il Premio Terzani nel 2022, lo spettacolo è una testimonianza necessaria davanti all’orrore in Palestina. L’autore, McCann, ha raccolto nei milleuno frammenti che compongono il romanzo i brandelli di un conflitto apparentemente senza soluzione, già da prima dell’ormai tristemente noto 7 ottobre, e che oggi ha dato luogo al genocidio cui stiamo assistendo. Infiniti sono i lati del poligono chiamato Apeirogon, da cui il libro prende il titolo, come infiniti sono i punti di vista da cui due padri, l’israeliano Rami e il palestinese Bassam, persone reali che McCann ha conosciuto, cercano di comprendere una realtà troppo complessa per essere osservata e giudicata da un unico lato. Due padri, portati sulla scena da Massimo Somaglino e Alessandro Lussiana, sono uniti dallo stesso strazio indicibile per la perdita delle loro bambine, uccise dalla guerra dell’altro; due padri che hanno avuto il coraggio di diventare uomini di pace e di imbracciare come unica arma il loro dolore contro la tentazione della vendetta e la trappola dell’odio.
Abbracciarsi, tenersi la mano, guardarsi negli occhi, ascoltarsi, piccoli gesti normali per tempi normali. Per tempi di pace. Gesti eroici, quando il tempo della guerra devasta le vite degli uomini. Infiniti gli sguardi, come mutevoli sono le cose del mondo, luogo del caos e del rischio. Dentro questo caos vi sono due padri con lo stesso dolore e la stessa forza, che cercheranno di trasformare le parole dell’odio in parole di pace. Nella geometria dell’Apeirogon ogni luogo è raggiungibile, ogni punto può essere toccato anche quando sembra impossibile.

Lo spettacolo è uno degli appuntamenti del progetto artistico e umano “Come ali sulle radici”, che unisce teatro e comunità, mettendo al centro la persona nelle relazioni, realizzato nell’ambito di “Torino che Spettacolo !”. Le attività ideate da Baretti ETS, Alma Teatro e Scuola Popolare di Musica intrecciano trasmissione intergenerazionale, integrazione culturale e dialogo inclusivo. Il progetto propone un teatro vivo, accessibile, capace di accogliere il nuovo senza perdere il legame con la memoria e le sue radici.

Cineteatro Baretti – via Baretti 4, Torino

Informazioni e biglietti su www.cineteatrobaretti.it

Gian Giacomo Della Porta

Diego Pleuteri, giovane scrittore, primo direttore artistico junior dello Stabile

Complice in questi giorni al Carignano, con il compito di adattatore e traduttore, del progetto “Amleto” con il regista Leonardo Lidi, Diego Pleuteri (classe 1998) – da quest’anno già drammaturgo residente dello Stabile – è stato nominato dal Consiglio di Amministrazione della Fondazione del Teatro Stabile di Torino nel ruolo di direttore junior. Per la prima volta, nuovo festeggiamento per il settantenario del Teatro, affiancherà il direttore artistico Valerio Binasco “nello sviluppo di quella parte di programmazione dedicata alla ricerca di nuovi artisti nazionali e internazionali e nuovi spettacoli da proporre al pubblico, con una particolare attenzione ai talenti emergenti e ai nuovi linguaggi delle arti formative, favorendo così il ricambio generazionale.”

Una giovanissima età ma una carriera di tutto riguardo. Pleuteri, dopo aver frequentato il Corso di Scrittura per lo Spettacolo della Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi, si è diplomato alla Scuola per Attori del TST, allievo di Lidi. Ha già all’attivo numerosi testi, “Madri” (2019) vincitore del Premio Eurodram, “Come nei giorni migliori” (2023), testo di vasto successo, rappresentato anche a Roma e Milano, per la terza volta in programma nel corso della presente stagione (alle Fonderie Limone, dal 3 al 15 febbraio 2026; il testo è stato segnalato quest’anno al premio Carlo Annoni, è stato pubblicato dalla casa editrice SuiGeneris e nel ’26 verrà promosso nella versione in lingua bulgara dal Theatre 199 Valentin Stoychev di Sofia). Nel 2024 Pleuteri ha scritto “Appello all’Europa”, con debutto a Bad Ischl, in Austria, e l’anno prossimo l’Istituto Italiano di Cultura di Parigi proporrà la rappresentazione di tre suoi testi, “Come nei giorni migliori”, “Tutto in me è amore” e “Madri”.

Nel prossimo mese di aprile, ancora per la stagione dello Stabile torinese, Pleuteri vedrà rappresentato l’ultimo suo testo, quel “Resteremo per sempre qui buone ad aspettarti” che per ora vede l’attrice Marta Malvestiti unica scritturata. La regia sarà ancora una volta affidata a Lidi. È la storia di Briciola, Luna e Wanda ovvero una cagnolina, una gatta e un pesce rosso di sesso femminile, improvvisamente sole, lasciate dal loro padrone uscito per recarsi sul posto di lavoro. Nell’attesa giocano, abbaiano e miagolano, girano in tondo, dormono e sognano, imparando a confrontarsi con un affetto che manca, con qualcuno che è assente e che li nutre. L’autore promette un testo che sotto la scorza della favola è altresì “una metafora della sopraffazione a cui si è sottoposti, a vari livelli, da una società fintamente empatica.”

Elio Rabbione

Nella foto di Estelle Valente, Diego Pleuteri.

“Poesia visiva. Racconto di un animo malinconico” di Teiler

Al Circolo degli Artisti di Torino 

Verrà inaugurata il 25 ottobre prossimo, alle  ore  17, presso la sede del Circolo degli Artisti di Torino, in corso San Maurizio 6, la mostra “Poesia visiva. Racconto di un animo malinconico”, con opere pittoriche e rame sbalzato dell’artista Teiler, al secolo Ferruccio Spezzati.
L’evento, che ha la curatela di Carla Bertone, proseguirà con ingresso gratuito fino al 7 novembre e sarà  visitabile dal martedì al sabato dalle 15.30 alle 19.30.
La mostra, corredata da un ricco dépliant con testi di Carla Bertone e Remigio Bertolino, esprime un modo di concepire l’arte che Teiler ha ben riassunto nel pensiero che lo rappresenta: “Lampi di creatività per sfuggire alla realtà vissuta. Che l’arte sia fuga?”.
Ferruccio Spezzati nasce a Valprato Soana nel 1945 e vive e lavora attualmente a Vicoforte.
Teiler, il suo nome d’arte, rievoca gli antenati che, a partire dal Seicento, tessevano in val Soana tele sottili di canapa, dando origine alla rista, la tela fine più pregiata, utilizzata nei corredi.
La sua carriera artistica inizia negli anni Settanta quando prende avvio un percorso di mostre e collaborazioni con stimate gallerie d’arte italiane. Espone in diverse mostre collettive private in Italia e all’estero.
Negli ultimi anni i suoi dipinti hanno trovato audacia ed espressività, divenendo riflesso della sua identità, dei suoi pensieri e delle sue passioni. Il processo creativo si svolge in modo naturale e istintivo, a testimonianza della profondità della sua intuizione artistica. Teiler ha riportato in vita la tradizione familiare della lavorazione del rame, dando vita ad opere a sbalzo, dimostrando una sapiente manualità in linea con la  tradizione e l’eleganza del segno”.

“Il Circolo degli Artisti – spiega il suo direttore Davide Mabellini – negli ultimi sei anni ha ripreso in modo pregnante quella che era la sua indole ottocentesca, quella di accogliere artisti e creativi in un luogo di condivisione. Per noi è quindi un vero piacere ospitare, nella settimana torinese dell’arte contemporanea,  una significativa selezione di opere del maestro Spezzati, offrendo la possibilità ai molteplici visitatori che, in quei giorni, frequenteranno la ricca offerta culturale in città, di conoscere o riscoprire l’arte di questo artista “.
“Teiler – spiega la critica e curatrice Carla Bertone – lavora sulla tela ordendo la sua trama pittorica in maniera rappresentativa e al tempo stesso emozionale.  Arte, storia, déja-vu, malinconia e ironia sono le tematiche e i sentimenti su cui si impernia l’arte di Ferruccio Spezzati.  La sua è  un’analisi profonda e sottile dell’esistenza umana rappresentata con accenti lirici di rara eleganza nei toni neutri del grigio sulle campiture uniformi di colore che regalano un’atmosfera trasognata e enigmatica. La sua sintassi si dipana su un impaginato neutro che esalta la figurazione umana, delineata in grisaille con poche e sapienti ombre tonali. Sono, infatti, i colori puri a definire la materia. Scarni tratti evocativi in nero, grigio, rosso, bianco, con pochi accenni azzurrati. Sulle sue tele si legge il racconto della commedia umana attraverso una scrittura simbolica, per immagini, a tratti surreale. Uomini vestiti di tutto punto, con giacca e cappello, si individuano per le mani scarne, dialogiche e interlocutorie, in attesa di un riscontro, come nell’opera “Gotico sentimentale”. In altre opere sono ritratti di schiena, oppure frontalmente senza un volto. Un vuoto tra cappelto e giacca che lascia trasparire la bellezza della natura e dell’amato paesaggio.
Le donne sono statuarie, con corpi plastici che sembrano stupendi manichini animati che incantano e provocano l’uomo. La donna viene ritratta con una sensualità carnale, ma elegante, anche senza capelli, perché  a comunicare è  il movimento di una mano o una posa particolare del corpo capace di conferirle  un erotismo sofisticato, l’essenza della femminilità.
Spezzati,  attraverso la sua arte, ci invita ad andare oltre le apparenze, il giudizio frettoloso, a cogliere la profondità delle cose ed anche a  vedere, al di là di un corpo statuario, per capire l’anima dell’essere umano.
Teiler porta avanti la tradizione dei Ruga, artigiani valsoanesi che, di generazione in generazione, si sono tramandati l’arte di lavorare il rame. Come già fece suo padre Marco Spezzati, apprezzato ed abile magnin in Mondovì Carassone, Teiler ha elevato ad arte la sua competenza di incidere e sbalzare lastre di rame. Le opere di Telier sono veri e propri gioielli che prendono forma da un soggetto determinato, dettagliatamente analizzato attraverso vari studi e bozzetti. Il disegno viene riportato sulla lastra ed inciso a bulino, per poi assumere tridimensionalità grazie alla sfera per lo sbalzo, che consente di deformare il metallo a cui viene data forma e rilievo grazie ai punzoni.
I suoi soggetti spaziano dall’arte sacra ai galli tipici delle decorazioni sulle ceramiche monregalesi, a scene di caccia o a opere decisamente importanti come il Trittico commissionato dalle Associazioni ANPI e gli Spigolatori sul tema della Resistenza e della testimonianza del lager vissuta da Lidia Rolfi e dalla compagna di deportazione Germaine Tillion”.

Per informazioni tel 0118128718

Mara Martellotta

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Salvatore Tedesco Biosfere – La luce e il vivente: Operaparken Copenaghen

RISONANZE
Primo ciclo di conferenze tra arte e filosofia

a cura di Chiara Bertola e Federico Vercellone

 

da giugno a ottobre 2025

GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino

Sala incontri

IL SESTO APPUNTAMENTO

 

GIOVEDI 16 OTTOBRE ORE 18

Salvatore Tedesco

Biosfere – La luce e il vivente: Operaparken Copenaghen

“Operaparken” – una delle più recenti fra le molte innovative soluzioni architettoniche che negli ultimi anni stanno profondamente rinnovando lo spazio urbanistico di Copenaghen – offre una significativa occasione di riflessione sulla luce e sulla relazione tra lo spazio e i viventi, sulla scorta di autori come Vernadskij e Portmann, del dibattito sulla biodiversità e delle poetiche scandinave contemporanee, come esemplarmente illustrato dal concetto di levendes land (la terra dei viventi).

Salvatore Tedesco insegna Estetica presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Palermo; è autore di tredici monografie, fra le quali “L’estetica di Baumgarten” (2000), “Il metodo e la storia” (2006), “Forme viventi” (2008), “Morfologia estetica” (2010), “Fuoco pallido. W.G. Sebald: l’arte della trasformazione” (2019), “La poesia e la forma del nostro tempo” (2023), “Artemisia Gentileschi” (2025). Curatore di numerose edizioni di classici filosofici della modernità, da Baumgarten a Shusterman, oltre che di numerosi volumi collettivi (fra i quali “Glossary of Morphology”, con F. Vercellone), nonché di un centinaio di articoli scientifici, è membro dalla fondazione della Società italiana d’Estetica, curatore della collana “Gli anelli di Saturno” presso Meltemi e componente del comitato scientifico di numerose riviste di settore.

Costo: 6€ comprensivo del diritto di prevendita

Acquisto online a questo link: https://www.gamtorino.it/it/evento/salvatore-tedesco/

 

Tra giugno 2025 e marzo 2026 la GAM di Torino organizza un ciclo di incontri, in collaborazione con il Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università degli Studi di Torino, curato da Chiara Bertola e Federico Vercellone.

Gli incontri, articolati in singole conferenze, ripercorrono i temi delle Risonanze che attraversano la programmazione espositiva della GAM dall’ottobre il 2023 alla primavera del 2026: luce, colore e tempo; ritmo, struttura e segno; incanto, sogno e inquietudine, e vedono la partecipazione di studiosi e studiose di rilievo internazionale nel campo della filosofia, della storia dell’arte e delle scienze umane, offrendo un’occasione unica di riflessione interdisciplinare, in cui pensiero e visione si intrecciano per generare nuovi livelli di lettura delle opere e dell’esperienza estetica.

Il primo ciclo di incontri da giugno a ottobre 2025 vede alternarsi grandi esperti di arte, estetica e filosofia contemporanea: Horst Bredekamp, Elio Franzini, Victor Stoichita e Anna Maria Coderch, Riccardo Venturi, Claudia Cieri Via e Salvatore Tedesco.

Il secondo ciclo di incontri prenderà avvio a partire da novembre 2025 e si concluderà a febbraio 2026, con la partecipazione di studiosi di prestigio internazionale come Massimo Cacciari, Fabio Belloni, Tonino Griffero, Francois Jullien e Chiara Simonigh.

GAM – GALLERIA CIVICA D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA – Via Magenta, 31 – 10128 Torino

Orari di apertura: martedì – domenica: 10:00 – 18:00.
Chiuso il lunedì. La biglietteria chiude un’ora prima.