CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 237

Il Modigliani dei miei ricordi

Di Amedeo Modigliani (Livorno, 12.7.1884 – Parigi, 24.1.1920) scrissi una prima volta quarant’anni fa, ma a quelle pagine val la pena aggiungere qualcosa e queste ultime me lo permettono. Infatti, (a differenza di altri lavori, che, dalle prime ricerche fino alla definizione di una loro veste editoriale, hanno richiesto soprattutto il mio impegno), per ben due volte mi è stato chiesto di occuparmi del “Pittore delle figure dai colli lunghi e gli occhi vitrei”…

Nel 1983, a Rio de Janeiro, dov’ero arrivato, trasferito d’ufficio per la chiusura dell’Istituto Italiano di Cultura di Brasilia, il direttore, che aveva già lavorato con me all’Istituto di Brasilia, era Salvatore Amedeo Zagone (La Spezia, 13.2.1931 – 25.10.2016), docente di materie letterarie nelle scuole superiori e giornalista che, sul dinamismo vivace della sua professione, aveva impostato tutta la vita, gestendo e promuovendo, anche in Brasile, ogni attività. con quel dire diretto, che era del suo carattere, mi chiese se non volevo scrivere un pezzo, per il centenario della nascita di Modì “naturalmente in portoghese” per la rivista che aveva iniziato a pubblicare proprio in quell’anno. Certamente l’invito era motivato dalla stima, soprattutto, perché sapeva della mia attività artistica, infatti aveva apprezzato le mie tavole a fumetti per la Storia di un Burattino di Collodi, tanto che, già nel marzo del 1983, aveva promosso a Rio l’esposizione del mio Pinocchio, e, dopo averla presentata, la fece circolare per il Brasile da San Paolo al Nord Est. Ora, tornando a quel mio scritto, aggiungerò che, ridotto in cinque pagine a stampa, fu pubblicato nel numero di marzo del 1984 di Quaderni di Studi italo brasiliani, con il titolo Modigliani che gli avevo dato io. In Brasile, dove la pittura del Novecento spesso ha le forme e i colori dei quadri di Candido Portinari (San Paolo, 1903 – Rio de Janeiro, 1962), Emiliano Di Cavalcanti (Rio de Janeiro, 1897 – 1976) o di Alfredo Volpi (Lucca, 1896 – San Paolo, 1988), diversi lettori trovarono nelle mie parole le prime notizie del pittore di Livorno (alcune opere del quale sono al MASP – Museu de Arte de São Paulo, il grande museo dell’America Latina, voluto, e creato si può dire dal nulla, da un altro spezzino di vaglia, Pietro Maria Bardi). Poi chiuderò quel ricordo dicendo che, in assoluto, quelle furono le pagine di saggistica da me pubblicate e che non solo esse furono lette nel Quaderno che le aveva accolte ma, di recente, quando le ho riversate sulla rete, tanti, non solo tra i lusofoni, hanno continuato ad apprezzarle.

Negli studi successivi, le mie ricerche hanno approfondito altri temi storici, ma, come anche gli argomenti artistici che ho affrontato, erano riferiti a momenti più lontani nel tempo; tuttavia. Solo verso la fine del Novecento, decisi di studiare i pittori presenti ad Agliè durante l’ultima guerra. Questo lavoro partiva dal ricordo di chi, avendo vissuto quel periodo, lo ricordava ancora. Tra i pittori che là erano sfollati, ebbi modo di indagare meglio i bolognesi Gheduzzi, intorno ai quali s’era formato un alone di leggenda, perché scenografi del Teatro Regio di Torino … L’ultimo loro discendente, Ugo Gheduzzi (Torino, 30.11.1925 – Pianezza / TO, 5.9.2014), a Torino aveva studio di architetto. Lo cercai e mi ricevette nella sua casa di Piossasco, dove con l’amabilità, usuale della gente d’Emilia (terra d’origine della sua famiglia paterna), mi raccontò tutto quello che allora mi bastò per scriverne e, nel 2002, pubblicai ad Ivrea («Bollettino ASAC – Associazione di Storia e Arte Canavesana») Novecento pittorico in Macugnano di Aglié – Annotazioni per due capitoli di storia e… passai ad altro. Se non che, non molto tempo dopo, Ugo Gheduzzi mi cercò per chiedermi di visitarlo a Rivoli, dove nel frattempo si era trasferito, e là, nell’ultima casa che aveva costruito per sé, mi propose di scrivere una storia dei suoi (nonno, padre e zii), pittori della “scenografia” del Teatro Regio di Torino. Così, per un periodo di quattro o cinque anni almeno, lavorai anche a quel progetto. Lo lasciai a un buon livello di redazione, ma, purtroppo, la malattia prima e la morte poi, impedirono all’erede interessato di farlo pubblicare e io non trovai altri sbocchi, se non di intervenire con un contributo al catalogo della mostra antologica dei Gheduzzi che si realizzò a Crespellano / Bologna, nel 2010 e, soltanto negli ultimi tempi, ho pensato di riprendere quel materiale per una memoria che rettifichi le vistose inesattezze che negli ultimi anni furono pubblicate sugli scenografi tosco-emiliani attivi a Torino intorno al Regio. Vedremo se queste intenzioni avranno seguito…

Una delle ultime volte che incontrai il collega Gheduzzi, forse nel 2007, però, con quello sguardo accattivante che gli era proprio, porgendomi le fotocopie di due dattiloscritti (una lettera, su due facciate dalla quale era stata tolta la firma, e un biglietto affatto anonimo) e di alcune immagini, mi disse: “se vuoi dilettarti, fa un buon uso tu di queste cose!” … Non mi ricordai di avere pensato più a quelle carte, anche se, nel frattempo, c’è stato il centenario della nascita di quell’artista, ma so che finalmente è giunto il momento di prenderle in considerazione (almeno il biglietto e alcune delle immagini a cui esso allude), per ritornare nel tempo ai miei trent’anni, quando, con Modigliani, iniziavo a scrivere il mio primo saggio perché scriverne ancora, mi permette di ricordare alcune vivacità della mia gioventù e due amici che non sono più tra noi.

La lettera (che qui non presento) porta è datata Rosta 20 giugno 2007, per questo penserei vicino nel tempo ad essa anche l’appunto (che di seguito trascrivo). I due scritti non sono omogenei tra loro, soprattutto da un punto di vista formale, e il biglietto rivela anche alcune incertezze tanto che chi l’ha scritto sembra essere più preoccupato di seguire un protocollo (che neppure conosce e che, perciò, può anche tradire) e non nasconde neppure qualche imbarazzo.

Tavoletta di cm. 25×18 circa di legno (pioppo?) dello spessore di cm. 2 raffigurante figura umana a mezzo busto, probabile autoritratto, di uomo di età molto giovanile. Abbigliamento, pettinatura e fazzoletto al collo, possono rappresentare le caratteristiche di un artista del primo novecento. In basso a sinistra vi è una scritta “MODIGLIANI” che pare eseguita con un oggetto appuntito che raschia la sottostante tinta.

Guardando la figura trasversalmente ed orizzontalmente si nota come l’autore abbia delimitato i tratti essenziali che contornano la figura, come fossero stati incisi sulle tinte di fondo per delinearne la figura.

Questa tavoletta è sempre appartenuta a mia suocera (nata nel 1903) e che l’ha ereditata dalla propria nonna paterna. La detta nonna Colonna Eufrasia ved. Barberis abitava a Torino in via Mazzini e negli ultimi anni (1910) faceva l’affitta camere.

Da memorie raccontate da mia suocera pare che la suddetta sua nonna avesse trattenuto quest’opera quale remunerazione di pigione non pagata. Altra fumosa rimembranza, la tavoletta fosse stata trattenuta a rifusione di un piano di un armadio segato senza autorizzazione? Fino agli anni ‘960 la tavoletta rimase tra le cianfrusaglie di famiglia ma, in occasione di un trasloco, venne rinvenuta dal sottoscritto. Ultimamente i miei figli la confrontarono con le poche fotografie del Modì giovane, le sottoposero a rifotografarle e sovrapporle uniformandone le dimensioni, e vennero nella convinzione che in effetti può trattarsi dell’immagine e riproduzione di una stessa persona.

Ai tempi in cui era ancora vivo il gallerista Giovanni Bottisio, tra l’altro cugino di mio cognato, si era parlato di una visita a Parigi dove, a suo parere, si poteva trovare chi potesse, eventualmente, autenticare la cosa. Ma, come spesso avviene, non se ne fece nulla ed ora mi ritrovo con gli stessi interrogativi d’allora.

Conoscendo la sua cultura in materia e forse la conoscenza di coscienziosi esperti, mi permetto di sottoporle quanto sopra e chiedere il suo autorevole giudizio. Le allego la fotocopia a colori dell’originale ed alcuni rilievi fotografici tratti da numerosi volumi che ritraggono il Modigliani proprio in quegli stessi anni in cui la tavoletta finì nelle mani dell’ava di mia moglie.

Si tratta di osservazioni spicciole, talora minute e, volutamente, imprecise, le parole sono usate ingenuamente, quasi a dissimulare il motivo vero per cui sono state scritte e questo non nasconde l’impressione, anzi l’illusione, di essere in possesso di un quadro di un certo valore, che può anche essere una “cifra importante”! Non si pensa neppure che, più del valore commerciale, varrebbe avere qualche dato in più per la biografia di Modigliani, un pittore morto, poco più che trentacinquenne, in Francia, nel 1920… Ma che fare? L’appunto non aggiunge nulla: non accenna al periodo in cui, a Torino, Modigliani avrebbe dipinto questo suo autoritratto e, anche se nomina i Bottisio (interpellati come galleristi di un certo nome vicini e conosciuti), manca di considerazioni sulla tavolozza del pittore (che sembrerebbero ancora priva dell’influenza dei fauves, che poi avrebbero influenzato i suoi quadri del periodo parigino), né si rilevano altri altri dettagli (come gli occhi, che nel quadro sono dipinti diversamente che in tante altre sue opere famose). Insomma esso potrebbe veramente dire molto di Modigliani in un periodo precedente al trasferimento in Francia … e questo, tenendo conto che Jeanne, la figlia di Modigliani, nei suoi scritti aveva rilevato la poca attenzione che ci fu per l’opera di suo padre del periodo italiano, quasi ci fosse stato un piano per creare il mito che “Modigliani era diventato artista in riva alla Senna”, lascia pensare comunque che la vita di questo artista non fu mai oggetto di indagini scrupolose da parte degli storici. Non mi accollerò questo incarico io, se mai renderò pubbliche alcune mie considerazioni che, da storico, posso fare su quello che i documenti potrebbero dire, (o, meglio, anche solo se dei documenti qui ricordati, se avessero copie conformi agli originali, cioè se si sapesse il nome dell’autore dalla lettera e se il quadro in questione fosse riprodotto in una buona fotografia) perché, senza approssimazioni, si potrebbe fare una lettura più corretta di tutto…

Se davvero a Torino, c’era una tavoletta dipinta (che potrebbe essere di Modigliani) e se davvero essa fu dipinta, in una camera ammobiliata nei dintorni di Porta Nuova, intorno al 1906 (?), potremmo avere l’opportunità di sapere qualcosa in più di quel pittore ventiduenne, cioè in un momento vicino al suo (per ora poco noto) trasferimento a Parigi! Infatti queste sarebbero le prove minime per rilevare una sua presenza torinese e, forse, potrebbero dirci di chi egli incontrasse, o volesse incontrare, nella nostra città. Insomma: chi cercava a Torino Modigliani? Un parente, un possibile finanziatore o qualcuno che potesse aprirgli la strada a Parigi? Sono argomenti che sfuggono alla storia e, se, la vita di Modigliani non è tutta scritta da scrivere, certamente un suo passaggio per Torino lo sarebbe ancora … per questo, ancora una volta, chi ne dovesse parlare, dovrebbe farlo per lui che non è più, e, per farlo, dovrebbe conoscere bene le cose che attengono la “sua” vita, per poterle diffondere senza tradire la sua memoria. Infatti c’è un dovere morale che pesa sullo storico perché i personaggi del passato non hanno più diritto di replica personale, dunque essi vanno intesi bene attraverso i documenti e compresi correttamente, rispettando la verità storica, e questo non è cosa da poco! Qualcuno si farà carico di tanto impegno per indagare un ipotetico soggiorno torinese di Amedeo Modigliani? Nel rispetto del passato e della vita, noi lo auspichiamo.

Carlo Alfonso Maria Burdet

Stupinigi, Sonic Park: Dal 4 luglio 8 straordinari concerti

MUSICA SENZA TEMPO E GRANDI EMOZIONI

la prima settimana di concerti!

Dopo il concerto-anteprima degli INTERPOL nella Sala Fucine delle OGR Torino si aprono finalmente i cancelli del giardino storico della Palazzina di Caccia di Stupinigi – patrimonio mondiale Unesco – e Fondazione Reverse, con la produzione di Fabio e Alessio Boasi, inaugura la quinta edizione di Sonic Park Stupinigi, promosso da Città di Nichelino e Sistema Cultura Nichelino.

Un programma ricchissimi che ospiterà a partire dal 4 luglio grandi nomi del panorama italiano e super star internazionali per concerti unici, con posti a sedere o in piedi, sempre organizzato con attenzione alla sostenibilità attraverso l’eliminazione delle plastiche monouso a favore di bicchieri riutilizzabili che danno diritto ad acqua gratuita e illimitata, l’utilizzo di materiali compostabili e la distribuzione gratuita di posaceneri portatili.
L’area concerti, situata all’interno del giardino storico sarà allestita anche in questa edizione tra esemplari di querce e carpini dove si aprirà un vero e proprio villaggio di servizi food and beverage. Lo spettacolare palco di 300 mq che si affaccia sulla Palazzina di Caccia crea un immaginario unico capace di ammaliare, un’edizione dopo l’altra, tutti i big della musica che sempre più scelgono Sonic Park per una delle tappe dei loro tour nel nostro paese.

Il programma, che si sviluppa lungo nove giorni per sette concerti esplosivi, si apre nella prima settimana con il primo grande nome internazionale del cartellone il 4 luglio con il concerto dei SIMPLY RED del “rosso” Mick Hucknall per festeggiare l’uscita del nuovo album della band, ‘Time’, prevista il prossimo 26 maggio. Anche il 7 luglio Sonic Park Stupinigi regala agli appassionati un grande ritorno al live con il concerto di BIAGIO ANTONACCI, da oltre trent’anni uno dei cantautori più amati, forte di un pubblico trasversale che abbraccia diverse generazioni di estimatori. Dopo l’opening della torinesissima GINEVRA l’8 luglio, per una serata tutta al femminile, arriva sul palco di Sonic Park Stupinigi MADAME: la giovane cantautrice, dopo la seconda partecipazione al Festival di Sanremo, sta riscuotendo un grandissimo successo di pubblico e critica con il nuovo album L’amore. Una serata davvero da non perdere è quella del 9 luglio: sul palco, insieme, GUÈ e EMIS KILLA per un doppio concerto con due fra i più importanti rapper della scena hip hop nazionale.

MARTEDÌ 4 LUGLIO 2023 ORE 21.30
apertura porte ore 18
SIMPLY RED
platea numerata da 51 a 95 euro + diritti di prevendita
Dopo un 2022 stellare che ha visto la band esibirsi in 73 spettacoli davanti a oltre 600.000 persone in tutta Europa, i Simply Red concluderanno la tournée italiana di cinque date proprio alla Palazzina di Caccia di Stupinigi per Sonic Park dove inaugureranno la quinta edizione del festival.
Il concerto sarà anche la prima occasione per i fan per brani dal nuovo album «Time», uscito lo scorso 26 maggio.
A quattro anni di distanza da Blue Eyed Soul, i Simply Red sono tornati un nuovo album di studio, uptempo e ricco di vibrazioni positive, spesso anche legate all’Italia – dove per esempio Hucknall ha incontrato la moglie.
Soul, funk, R&B e blues sono gli elementi costitutivi della musica dei Simply Red che con una carriera di 12 album in studio, di cui cinque numeri uno, due premi ASCAP Most Performed Song (1987 e 1988) per Holding Back The Years, due Brit Awards consecutivi (1992 e 1993) come Best British Group, un Brit per Best British (1993), il MOBO nel 1997 per Outstanding Achievement, due Ivor Novellos (1992 Songwriter of the Year; 2002 Outstanding Song Collection) e circa 60 milioni di album venduti, sono pronti a regalare a Sonic Park un concerto inaugurale indimenticabile.
La musica è un meraviglioso mezzo di comunicazione. Ogni persona può dare un’interpretazione di un brano a seconda di ciò che significa per lei. Essere in grado di creare qualcosa che poi viene condiviso con milioni di persone in tutto il mondo, che gioia. Come può esserci qualcosa di più gratificante e appagante di questo?”.

Il cieco di Gianluigi De Marchi, come un quadro di Chagall

Gianluigi De Marchi, noto scrittore di finanza, ha dato alle stampe alcuni volumi di carattere economico dal titolo “Sopra il Banca il bancario campa”, “Tanto va il cliente in banca che ci lascia il capitale” e “Cattive compagnie”, editi da Stampe Alternative, che hanno avuto un buon successo con 25 mila copie vendute in soli tre anni.

Negli ultimi tempi si è dedicato alla stesura di testi umoristici e di un romanzo in chiave in parte autobiografica, dal titolo “Il cieco”, in cui ha ripercorso la storia della famiglia De Marchi giunta a Camogli, splendida cittadina del litorale ligure di Levante.

“Gianluigi De Marchi – spiega Riccardo Baracco – mi ha offerto di leggere le bozze del suo ultimo romanzo. Mi sono coinvolto nella lettura una sera, senza interruzione, fino alla fine. La storia ambientata in quel lembo di Liguria in cui l’autore ha le sue radici familiari è interessante anche per chi non conosce Camogli”.

“Se fosse stato possibile trasporre l’opera in pittura paragonerei – prosegue Riccardo Baracco – il nostro testo a un quadro di Marc Chagall”.

In realtà il romanzo, incentrato nella storia di Francesco il protagonista che, improvvisamente, perde la vista e poi ritrova gli occhi della fede più che la vista stessa, della moglie Teresa, della loro famiglia molto unita e del sacerdote amico d’infanzia Gio Batta, ha una sua dimensione onirica. Si potrebbe definire un romanzo corale, in cui certo è presente la matrice religiosa, la conversione di Francesco, ma non questo non rappresenta l’unico fattore. Ne emerge un ritratto di Camogli del passato molto suggestiva, che invita il lettore a scoprire la Camogli di oggi, che non è stata invasa dal turismo di massa, a differenza di altre località della Liguria.

MARA MARTELLOTTA

 

Il Cieco di Gianluigi DE Marchi Raineri

Vivaldelli Editore Torino

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

 

Rachel Cusk “La seconda casa” -Einaudi- euro 16,50

La scrittrice 56enne anglo-canadese Rachel Cusk (autrice della fortunata trilogia “Outline”) torna con un nuovo romanzo nel quale indaga l’ambigua relazione tra arte ed ego. Declina i suoi temi prediletti: relazioni di coppia, maternità, e dinamiche di potere. Pagine intriganti in cui miscela creatività, cattiveria, amore.

Al centro della storia c’è M., scrittrice 50enne che scrive all’amico Jeffers raccontandogli una pagina della sua vita.

M. ha in parte accantonato le sue ambizioni di scrittrice. Tra un libro e l’altro, che le hanno fruttato scarsi guadagni e ancor meno fama, ha svolto diversi lavori, inanellato due mariti e messo al mondo una figlia ora 21enne.

Insieme al secondo marito Tony si è ritirata a vivere in una sorta di paradiso terrestre sulla costa oceanica, vicino ad una palude che regala anche lo spettacolare fenomeno della luminescenza. Una proprietà in cui, oltre alla casa in cui abita, ha sistemato un cottage adibito a residenza per ospitare artisti alla ricerca di pace e ispirazione. Ad occuparsi di tutto (dai lavori manuale alla pesca) è Tony, uomo silenzioso, forte e affidabile.

Nella dependance arriva un pittore non meglio definito che con l’iniziale L. Era cresciuto con i genitori proprietari di un mattatoio, non esattamente un luogo idilliaco in cui crescere. Aveva dato sfogo alla sua arte e raggiunto velocemente la fama, poco più che 20enne, con misteriosi quadri capovolti. Poi la fortuna era andata via via scemando quando la critica aveva puntato il dito contro la violenza delle sue opere. In seguito aveva arrancato tra alterne fortune e una delusione rancorosa tenuta a freno a stento.

M. in passato aveva visitato una sua mostra retrospettiva ed era rimasta ammaliata dalla passione che traspariva dai suoi ritratti femminili, ed è da allora che ha sempre desiderato conoscerlo.

Si sente particolarmente legata all’artista e gli scrive offrendogli ospitalità. Lui dapprima declina l’invito, poi accetta.

M. lo attende carica di aspettative, ma quando lui si presenta insieme alla giovane Brett -di sfolgorante bellezza e qualche prima difficoltà di adattamento nello spartano cottage- le cose andranno diversamente dalle aspettative. Scatta immediata la competizione tra M. e Brett. Preparatevi al confronto tra la sensibilità e le illusioni di M. e l’ego smisurato di L. che, arrogante e umorale, non risparmia colpi bassi e durezza.

 

Kiran Millwood Hargrave “L’albero della danza” -Neri Pozza- euro 19,00

Dopo il successo di “Vardø. Dopo la tempesta” (nel 2020) ora la scrittrice e poetessa 30enne inglese Kiran Millwood Hargrave ci immerge nell’incanto del romanzo storico ambientato nel lontano 1518 a Strasburgo.

L’albero della danza” riporta alla luce una vicenda realmente accaduta, ai tempi del sacro Romano Impero, durante un’estate caldissima che toglie il respiro, aggravata da carestia e siccità che già pesano sulla popolazione in lotta perenne per la sopravvivenza.

Sullo sfondo storico del medioevo, si staglia una storia antica e moderna al tempo stesso, che amalgama temi portanti.

La maternità, il predominio maschile sulle donne (declinato spesso in soprusi e maltrattamenti), la paura del diverso, l’amore proibito, tutto condito da superstizione ed ignoranza. Se eri uomo, bianco, cristiano e ricco, le cose andavano ancora bene; per gli altri, per lo più, invece la vita era grama.

Protagonista è la giovane Lisbet: vive nella fattoria dei Wiler con il marito Henne che dopo 12 dolorosi aborti spontanei sembra non desiderarla più e con la suocera Sophey. Lisbet è nata il giorno in cui una cometa era caduta sulla terra e a 12 anni era rimasta orfana della madre che aveva perso la ragione e si era suicidata.

Nella famiglia del marito -dove è poco considerata e niente amata- ha il compito di occuparsi delle api e degli alveari, fondamentali per il sostentamento. E’ diventata un’abilissima apicultrice che difende le sue arnie dalle mire del monastero che vorrebbe sequestrarle.

Ora Lisbet è incinta per la tredicesima volta e vuole questo bambino con tutte le sue forze.

Nel corso dell’estate torrida, nella piazza del paese, una donna inizia a danzare in modo scomposto e inusuale, agitando testa e corpo forsennatamente. A lei si uniscono via via altre figure femminili di varie età, che continuano a crescere di numero. Le autorità non sanno spiegarsi il fenomeno di centinaia di femmine che battono freneticamente i piedi feriti su un apposito palco. E’ il fenomeno della coreomania, in un primo tempo tollerato dalle autorità che lo interpretano come rito di espiazione e purificazione.

Ma le spiegazioni di cosa possieda quelle donne che danzano per giorni, fino allo stremo e alla morte, si sprecano. Deriva psicopatologica legata ai tempi in cui i fenomeni erano interpretati come azioni del divino o del diabolico, follia scatenata dall’ingerimento di funghi allucinogeni, o ancora, misticismo, espiazione, fenomeni di un periodo maledetto e disperato. Una follia del dolore.

E’ in questo contesto che, dopo 7 anni di forzato allontanamento dalla comunità, torna la sorella di Henne. E’ Nethe, cognata di cui Lisbet sapeva solo che era stata cacciata in una sorta di esilio per espiare una colpa di cui nessuno vuole parlare.

Ed ecco che il romanzo prende quota conducendoci in una storia intrisa di amore, amicizia; ma anche relazioni proibite, condanne a morte e soprusi di ogni tipo. Una lettura appassionante che ci riporta in un passato perfettamente ricostruito con i suoi chiaroscuri e ombre.

 

Antonio Monda “Il numero è nulla” -Mondadori- euro 19,00

E’ il numero 9 dei romanzi che Antonio Monda dedica alla sua amata New York del XX secolo; un progetto titanico per descrivere la città capitale del mondo nell’arco del Novecento, ogni libro dedicato a un decennio diverso. Il risultato è un lavoro imponente che ci offre una magnifica mappatura dei cambiamenti declinati nell’arco di 100 importantissimi anni.

Monda è esperto di cinema, docente alla New York University, profondo conoscitore della città dove vive ormai da quasi 30 anni, amico di registi e scrittori, collettore del mondo culturale americano e ci avvolge in romanzi che scorrono come film accattivanti.

La storia è ambientata negli anni Trenta: terribili, segnati dalla fine del proibizionismo, violenza e criminalità. Protagonista è un personaggio immaginario di cui non viene mai svelato il nome, solo quello dei suoi genitori. Alfonso e Luciana, originari di Lercara Friddi, piccola cittadina siciliana dove nacquero anche Lucky Luciano e il padre di Frank Sinatra.

Del protagonista sappiamo solo che viene soprannominato il “Vescovo”, perché il padre, che era un uomo devoto, per il figlio sognava una carriera ecclesiastica convinto che «….ai Vescovi si deve grande rispetto». Niente di più lontano dalla vita che invece il “Vescovo” si è scelto, nella quale il rispetto se lo è conquistato come killer spietato ed efficientissimo.

E’ un sicario al soldo del gangster realmente esistito, Bugsy Siegel, il criminale che inventò Las Vegas e uno dei più famosi mafiosi sulla torbida scena criminale degli anni Trenta. Da lui il “Vescovo” prende ordini su chi deve uccidere, poi si muove silenzioso e mortale portando a termine ogni incarico senza il minimo tentennamento. Compiti eseguiti alla perfezione, perché lui nel suo lavoro è davvero bravo.

Nel romanzo racconta le sue azioni criminali come se fossero un normalissimo mestiere, è privo di morale ed empatia, ed è un uomo perdutamente solo. Declina i suoi omicidi con precisione e freddezza.

Così come narra l’entusiasmo con cui Bugsy Siegel si vantava dei moltissimi cadaveri fatti seppellire sotto il Rockefeller Center nel cuore di Manhattan; un cimitero privato della mafia che mieteva le vite di chi osava contrastarla. Cadaveri che non verranno mai più ritrovati, occultati anche sotto la pista di pattinaggio sulla quale la gente volteggia inconsapevole di stare pestando la morte.

Eppure il “Vescovo” ad un certo punta incontra una donna, Eimear: onesta, fragile, enigmatica. Lei crede nella vita e porta una ventata nuova nell’anima del sicario. In fondo uccidere era facile, questione risolvibile in un secondo con un proiettile, nulla che implicasse lo sforzo interiore necessario invece ad agire secondo il bene.

L’incontro con Eimear e l’amore che nasce tra i due sono la svolta. Il “Vescovo” inizia a capire che la vita non è solo una sfida inutile; scatta la molla che porta alla redenzione e regala nuovi sbocchi all’eterna lotta degli uomini tra male e bene.

 

Marco Drago “Innamorato” -Bollati Boringhieri- euro 16,00

Questo libro potrebbe essere definito un lungo monologo interiore che rimanda anche all’autobiografia, in cui l’autore racconta il travaglio adolescenziale del protagonista per un amore a lungo covato in silenzio e mai dichiarato, almeno fino a un certo punto in cui la storia svolta decisamente.

L’ossessione per quel primo prorompente innamoramento è di quelle che segnano gli anni giovanili di molti di noi; anni in cui si idealizzava, si sognava e si era timidi quel tanto da esplodere solo dentro se stessi per desideri casti e importantissimi.

L’ossessione per la ragazza dura 40 anni, e Drago inizia a pensare di scriverne dal 6 agosto 1988 quando la storia finisce.

Un libro veloce, a scatti, tanti sipari agili che si aprono su un sentire che lo scrittore mette a nudo. La memoria ripercorre i travagli amorosi di un quindicenne nella provincia degli anni Ottanta. E’ a scuola che vede quella che diventa il suo primo grandissimo amore. Più sognato e vagheggiato che realmente consumato, almeno non durante i 4 anni di liceo in cui il suo cuore batte per lei, ma in segreto, senza neanche conoscerla.

Una somiglianza con Diane Keaton che lui trova irresistibile… e poi la svolta, in quinta liceo quando finalmente si mettono insieme.

Di lei ama tutto –voce, dolcezza, colori, odore, movenze, espressioni e modi di dire- e tanto altro che nel libro viene raccontato con dovizia di particolari. I contorni sono quelli di una straripante passione.

La loro storia dura 2 anni e mezzo e in queste pagine viene narrata fin nei minimi dettagli con un’onestà e un’introspezione a cui sono più avvezze le scrittrici che non i colleghi uomini.

Dopo la fine del loro rapporto non si sono mai più rivisti né sentiti, eppure lei è rimasta ancorata nei suoi pensieri molto a lungo.

E questa sorta di memoir -lungo monologo privo di dialoghi, in cui rimugina su quel sentimento intriso di emozioni, ricordi e pensieri- sembra essere stato anche terapeutico per chiudere un sipario definitivamente.

 

Rock Jazz e dintorni a Torino: Daniele Silvestri e i Manhattan Transfer

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA
Lunedì
. A Torino e in regione al cinema, viene proiettata la versione restaurata di “Ziggy Stardust”,
documentario sul “duca bianco” David Bowie. A Collegno per “Flowers” si esibisce Carl Brave con
il duo Queen Of Saba.
Martedì.
A Rivoli a palazzo Chiozzo è di scena il trio Lastanzadigreta. Inaugurazione a Stupinigi
per “Sonic Park” con i Simply Red. Debutto anche per ”Jazzaria” alla Reggia di Venaria per il
“crooner” Kurt Elling. Per “Flowers” arrivano i Coma Cose preceduti dalla rapper Ele A.
Mercoledì.
A Rivalta per “Borgate dal Vivo” si esibisce il duo Twombao. Allo Stadio Olimpico è di
scena Marco Mengoni. Secondo concerto per “Jazzaria” a Venaria con i mitici Manhattan Transfer nella loro ultima Tournèe di una lunghissima carriera durata oltre mezzo secolo. A “Flowers” si esibisce Dub Fx con il dj set di Mace. Allo Spazio 211 è di scena Tamino preceduto da Emma Nolde.
Giovedì.
Al Comala concerto dell’Uneven Quintet del sassofonista Claudio Bonadè. A “Flowers”
arriva Daniele Silvestri. Allo Spazio 211 l’evento “Torino Soul Night” con vari ospiti tra cui Raphael
Gualazzi. Nell’Anfiteatro dell’Anima di Cervere, Fiorella Mannoia canta accompagnata dal pianista
Danilo Rea. Alla Tesoriera per “Evergreen Fest”è di scena Luca Morino.
Venerdì.
All’Off Topic si esibisce la cantante
Jay Bogat. Ad Alba comincia “Collisioni” con Lazza
Ernia e Geolier. Allo Spazio 211 sono di scena i Notwist. Al “Sonic Park” di Stupinigi si esibisce
Biagio Antonacci. A Moncalieri parte “Fuori campo” con i Savana Funk.
Sabato.
Allo Spazio 211 suonano i Dirty Honey con i Dobermann. A Stupinigi arriva Madame. Per
“Flowers” è di scena Edoardo Bennato. A Trofarello si esibiscono i Fratelli di Soledad. A “Collisioni”
rap con Sfera Ebbasta, Shiva e altri. A Moncalieri sono di scena Plastica e Liede.
Domenica.
Allo Spazio 211 suonano i Punkreas. A “Collisioni” arrivano gli Articolo 31. Per “Borgate
dal vivo” tributo musicale a Italo Calvino a cura di Federico Sirianni al castello Provana di Alpignano.
Per “Flowers” si esibiscono i Nu Genea con i Bab L’Bluz. A Stupinigi per “Sonic Park” sono di scena
Guè e Emis Killa.
Pier Luigi Fuggetta

I libri più letti e commentati del mese

Eccoci al consueto appuntamento con i libri più letti e commentati dalla  community del  gruppo FB della più grande community di lettori in lingua italiana nel mese di giugno, dominato dalle discussioni su Oro Puro, recentissimo e commentatissimo romanzo di Fabio Veronesi, ci offre un avvincente romanzo d’avventura, di quelli al sapore salato dell’oceano, e al contempo un affascinante racconto storico e di formazione, secondo posto per Dennis Lehane, il grande scrittore americano di recente tornato in libreria con Piccoli Atti di Misericordia, una storia travolgente e ricca di spunti di riflessione; molto interesse ha destato anche Oppenheimer di Kal Bird e Martin Sherwin, romanzo premiato con il Pulitzer e alla base del nuovo film di Christopher Nolan: un libro che farà ancora parlare di sé, siamo sicuri.

Incontri con gli autori

 

In giugno facciamo due chiacchiere con  Fabio Piuzzi che torna in libreria con un nuovo thriller nel 2023, Le Torbide Ali Della Mosca (Morganti); con Pierangelo Colombo, che in Hirpu Il Cacciatore (Porto Seguro, 2023) racconta una storia ambientata ai tempi delle Guerre Puniche, che vede protagonista un giovane celta e il suo fatale incontro con Annibale; con Irene Melloni, esordiente autrice di Fontanhaus (Albatros, 2023), un delicato romanzo dal sapore elegiaco ambientato sui monti dell’Appennino.

 

Per questo mese è tutto. Vi invitiamo a seguire Il Passaparola dei libri sui nostri canali sociali e a venirci a trovare sul nostro sito ufficiale per rimanere sempre aggiornati sul mondo dei libri e della lettura! unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Jazzarìa: le notti Blue della Reggia

Due serate di grande jazz internazionale, con Kurt Elling e i “Manhattan Tranfer”, nel Gran Parterre dei Giardini della Reggia di Venaria

Martedì 4 e mercoledì 5 luglio

Venaria Reale (Torino)

Ritorna alla grande il più blasonato jazzinternazionale alla “Reggia di Venaria” che, dopo il successo dello scorso inverno con il concerto gospel di Capodanno, riapre lo scenario incantevole dei suoi “Giardini” per ospitare, in collaborazione con il celebre “Blue Note” di via Borsieri a Milano (l’unico “Jazz Club” europeo a fregiarsi dell’insegna del leggendario locale newyorkese) due imperdibili concerti sotto le stelle, presentati da Gino Castaldo, storica firma de “La Repubblica” e critico musicale fra i più celebri in Italia. Bello il titolo dell’evento “Jazzarìa. Le notti Blue della Reggia”, che si inserisce nell’ambito di “Blue Note Off”, il format nato con l’obiettivo di portare la grande musica del celebre club meneghino fuori dalla storica ventennale sede. L’appuntamento, o meglio il doppio appuntamento, alla “Venaria” è per martedì 4 e mercoledì 5 luglio, sempre a partire dalle 21,30.

Ad inaugurare “Jazzarìa”, martedì 4 luglio, sarà Kurt Elling, autentica superstar della voce jazz, che porta alla “Reggia di Venaria” il suo nuovo progetto: dopo essersi aggiudicato il secondo “Grammy Award” (e la quindicesima nomination) nel marzo 2021, il mutevole e carismatico artista di Chicago (classe ’67) è pronto a stupire tutti con l’innovativo “SuperBlue”, un sorprendente mix di funk, jazz, beats indelebili e testi memorabili, che vanta la presenza del produttore e chitarrista Charlie Hunter. L’inconfondibile voce baritonale di Elling (quattro ottave di estensione e un perfetto controllo della tecnica scatt, imitazione vocale degli strumenti musicali), le sue doti di narratore e la capacità di improvvisazione si sposano con i grooves (potenti impulsi ritmici) della chitarra di Hunter e con la potenza della sezione fiati degli “Huntertones”. Insieme a lui sul palco, oltre a Charlie Hunter alla chitarra, Corey Fonville alla batteria, DJ Harrison alle tastiere, Dan White al sassofono, Chris Ott al trombone e Marcus Tenney alla tromba. Nel 1997 Kurt Elling ha anche preso parte alla registrazione dell’album “Swing” dei “Manhattan Transfer”.


E proprio ai “Manhattan Transfer” è affidata, mercoledì 5 luglio, la seconda serata di “Jazzarìa”. Incomparabili virtuosi della voce e fra i gruppi vocali più famosi al mondo, il leggendario quartetto festeggia il 50° anniversario di un’incomparabile carriera di successi pop e jazz: con 10 Grammy Awards su 20 nomination, sono stati inseriti di diritto nella “Vocal Group Hall of Fame”. Il gruppo ha pubblicato 19 singoli e 29 album (nel 2018, l’uscita di “The Junction”, prodotto da Merv Warren) e la loro musica è stata ampiamente rappresentata in film e programmi televisivi di grande successo. Con tour mondiali tutti sold oute milioni di vendite record, per i “Manhattan Transfer” il 2023 è davvero un anno speciale. L’anno che segna con questo tour l’addio alle scene musicali.

In caso di pioggia i concerti si terranno comunque al “Teatro della Concordia”, in corso Puccini, a Venaria Reale: nel biglietto resta comunque compresa la visita al “Piano Nobile” della Reggia e ai “Giardini”, da effettuarsi il giorno stesso prima del concerto, a partire dalle 18.30, oppure in un giorno successivo.

Per info: “Reggia di Venaria”, piazza della Repubblica 4, Venaria Reale (To); tel. 011/4992300 o www.lavenaria.it

g.m.

Nelle foto:

–       “Gran Parterre Giardini”, ph. credits Fusaro

–       Kurt Elling, ph. credits Dave Stapleton

–       “The Manhattan Transfer”, ph. credits Scott Schafer

Il film: “Stessi battiti”, sogno di un giovane ciclista

Oggi parliamo di un lungometraggio del 2022 di Roberto Gasparro, legato al territorio torinese

L’opera prodotta e distribuita da 35MM produzioni srl, con il sostegno del Comune di Rivara e del Comune di Ozegna (TO), con i patrocini di Film Commission Torino Piemonte, Regione Piemonte, Città Metropolitana di Torino, Consiglio Regionale del Piemonte, Federazione ciclistica italiana rappresenta la quarta esperienza nel segmento ”lungometraggio” del giovane e talentuoso regista torinese e vede la speciale partecipazione di Claudio Chiappucci, grande campione del ciclismo negli anni “80 e “90 , soprannominato El Diablo”

Il film è stato girato tra i comuni di Rivara e Ozegna nei mesi di novembre e dicembre 2021. Lo scorso anno ha vinto il premio per il miglior film italiano al Festival internazionale del cinema di Salerno.

Il cast è costituito da: Riccardo Fiorio, Vittoria Chiolero, Francesco Isasca, Gianni Parisi, Stefania De Francesco, Franco Barbero, Michele Franco, Luciana Nigro, Mauro Tarantini, Simone Moretto, Umberto Anaclerico, Nicola Marchitiello, Paolo Belletrutti, Giada Dovico, Luca Galtieri, Antonio Paolino, Mario Zucca – Simona Beruatto – Franco Balmamion – Giovanni Ellena.

Le musiche sono di Carmine Padula

Sinossi:

Federico, un giovane ragazzo di 17 anni studia, lavora e si allena duramente per realizzare il

suo sogno: diventare un ciclista professionista. Con il tempo formerà una squadra di fortuna con il suo meccanico e Rosella, sua compagna di classe ed esperta di ciclismo.

Quando tutto sembra compromesso giungerà in loro aiuto Claudio Chiappucci, ingaggiato

dall’azienda dove Federico lavora nel doposcuola che li aiuterà negli ultimi giorni di

allenamento, prima di affrontare la gara.

Al Parco Dora di Torino la decima edizione del Kappa FuturFestival

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Al Parco Dora di Torino la decima edizione del Kappa FuturFestival: alla console Fatboy Slim, Peggy Gou, Tale of Us. I partecipanti arrivano da Israele, dalla Repubblica Ceca. Sono migliaia da 118 differenti paesi, appassionati  al mondo del clubbing e alla musica elettronica. L’impatto economico di questa decima edizione sulla città  è stimato  in 20 milioni di euro con mille persone che lavorano all’evento fino a domenica a mezzanotte. Alla consolle ci sono i grandi nomi della scena elettronica: major lazer, the swedish house mafia, fatboy slim, peggy gou, tale of us, per citarne solo alcuni su 5 palchi.

Beeple: Conversazione con l’artista al Castello di Rivoli

Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea è lieto di annunciare l’ingresso nella propria Collezione permanente dell’opera di Mike Winkelmann, alias Beeple, FTX BOARD MEETING, DAY #5676 11.13.2022, generosamente donata dall’artista al Museo.
L’opera, esistente sia nel regno fisico che digitale, si compone di un NFT (non-fungible token), ovvero un’immagine digitale registrata con una tecnologia blockchain tramite uno smart contract in un’edizione unica 1/1, e di una componente fisica, un grande dipinto a olio su tela.Quando il Castello di Rivoli ha tentato di mostrare quest’opera sul canale YouTube del Museo, è stata censurata da YouTube a causa delle loro regole contro il nudo. Per vedere l’immagine non censurata, clicca qui. Sebbene questa immagine sia provocatoria, Beeple usa il linguaggio visivo della pornografia e la grafica da cartone animato del mondo digitale per criticare ciò che considera l’incoscienza e l’immaturità adolescenziale dell’imprenditore tecnologico Sam Bankman-Fried e la più ampia cultura digitale che lo circonda.Dal 1° maggio 2007 Beeple ha iniziato a produrre e postare online ogni giorno un’immagine realizzata personalmente, in un esercizio di rigore e di misurazione del trascorrere del tempo che ricorda le pratiche concettuali del XX secolo, aggiornate per l’era della cultura digitale. Nel tempo ha così costruito una vasta comunità di fan, diventando uno dei più importanti artisti visivi sui social media, con 2,4 milioni di follower su Instagram, più di 500.000 su Facebook e oltre 760.000 su Twitter. Beeple è entrato nella coscienza pubblica più ampia quando il suo lavoro EVERYDAYS: THE FIRST 5000 DAYS, 2021, è stato venduto all’asta da Christie’s a un prezzo record l’11 marzo 2021, in pieno lockdown dovuto alla pandemia da Covid-19. L’opera EVERYDAYS: THE FIRST 5000 DAYS, 2021, è un compendio delle prime 5.000 immagini realizzate dall’artista dal 2007 ai primi giorni del 2021. L’opera ha catturato l’attenzione del settore di riferimento su scala internazionale della comunità digitale globale per aver segnato l’inizio di un nuovo capitolo della storia dell’arte: l’arte digitale. Questo esercizio quotidiano, praticato da Beeple per oltre 15 anni, ha ispirato migliaia di altri artisti digitali a iniziare la loro pratica everyday. I contenuti spesso figurativi e che utilizzano stili diversi, dall’Espressionismo astratto all’illustrazione e alla fantascienza, sono critiche politiche dell’uso anti-ecologico delle tecnologie e delle industrie energetiche estrattive a puro scopo di profitto, sebbene spesso velato da ipocrisia green e menzogne.
L’artista estrapola pochi Everyday dal grande flusso delle sue immagini, per divenire NFT singoli e unici in edizione 1/1 costituendo rare opere d’arte uniche, mentre alcuni drop (pubblicazioni online di sue immagini Everyday NFT) appaiono periodicamente in più accessibili edizioni di 100, come dei multipli.

“L’opera di Beeple FTX BOARD MEETING, DAY #5676 11.13.2022, 2023 (Cinema 4D, Octane Render, Photoshop, NFT, olio su tela 182,9 x 147,3 cm)”, afferma il Direttore del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Carolyn Christov-Bakargiev, “costituisce un’importante donazione che aggiorna la nostra Collezione permanente con un’opera realizzata in un medium estremamente contemporaneo, che unisce il digitale e il fisico. Sono grata a Mike Winkelmann per la sua generosità e il suo rispetto verso la tradizione museale e il nostro museo in particolare”.

L’imprenditore trentunenne Sam Bankman-Fried, uno dei miliardari più giovani dell’area tech al 2022, fondatore ed ex amministratore delegato della piattaforma di scambio di criptovalute FTX, è il soggetto unico e principale di FTX BOARD MEETING, DAY #5676 11.13.2022. L’opera è una riflessione satirica sulla vicenda che ha coinvolto l’imprenditore statunitense, arrestato nel dicembre 2022 per frode telematica e riciclaggio di denaro. Le allusioni a un Altruismo efficace – pensiero filosofico di William MacAskill predicato da Bankman-Fried e spesso adottato dagli imprenditori tech – che si possono leggere sullo sfondo dell’opera di Beeple, contrastano con la supposta condotta di FTX, accusata di aver utilizzato miliardi di dollari provenienti dalla piattaforma di exchange per finanziare operazioni rischiose della società di valute dello stesso Bankman-Fried, Alameda Research, portando all’inevitabile crollo delle criptovalute. L’imprenditore è stato anche oggetto di notizie, trapelate nei giorni successivi al suo arresto, che lo vedevano protagonista di frequenti orge in ufficio. In quest’opera, Beeple si prende gioco di Bankman-Fried in maniera catartica, attraverso la rappresentazione di un’orgia tra computer dove l’immagine dell’imprenditore è moltiplicata all’inverosimile e attraversa qualunque genere sessuale, fino a rappresentare l’onanismo e il solipsismo puri di alcune parti del nuovo mondo digitale. La reiterazione della stessa figura nell’ambiente può essere letta anche come un’allusione alla strettissima cerchia di collaboratori con cui Bankman-Fried lavorava e conviveva in un resort alle Bahamas.

Carolyn Christov-Bakargiev spiega perché ha scelto questa particolare edizione 1/1 di Beeple:
“Volevo un’immagine forte che fosse pertinente al lavoro di Beeple. Sebbene questa immagine possa essere vista come provocatoria, il motivo principale per cui il lavoro digitale di Beeple e degli artisti NFT è diventato noto al grande pubblico è l’aspetto finanziario del mondo digitale e la vendita di Beeple da parte di Christie’s, che è stata pagata in criptovalute. Per me, il crollo del mondo cripto in seguito allo scandalo FTX e alla bolla speculativa esplosa l’anno scorso è stato uno dei momenti chiave di quel mondo – è stato come una bomba atomica esplosa nel mondo delle criptovalute. Il lavoro di Beeple è particolarmente controverso in quella comunità perché è un artista che critica il mondo digitale. Egli mette in discussione la tecnologia e la società che si sviluppa in relazione a tale tecnologia, ma utilizzandone il sistema e le strutture. Per me Beeple è interessante come artista in modo simile a Andy Warhol: entrambi criticano la società in cui sono inseriti. Warhol criticava la società dei consumi che lo circondava: ecco perché ha realizzato le immagini della sedia elettrica, la tragica immagine di Marilyn Monroe e le sue infinite ripetizioni ed esagerazioni della cultura dei consumi. Molti grandi artisti utilizzano i nuovi mezzi e le nuove tecniche del loro tempo, ma allo stesso tempo li criticano e mostrano i rischi del loro “nuovo mondo”. In quest’opera, l’immagine apparentemente pornografica di Beeple allude anche alla natura infantile, immatura e narcisistica del mondo digitale. È importante che tale arte non venga censurata dalle società di social media e dai loro algoritmi”.

In occasione della donazione, il Museo organizza una conversazione pubblica tra l’artista e il Direttore Carolyn Christov-Bakargiev, moderata dal Curatore di contenuti digitali Giulia Colletti e in diretta streaming su YouTube.

L’evento sarà seguito dalla presentazione e dal firmacopie del volume Beeple: Everydays, the First 5000 Days (Abrams, New York, 2023), prima monografia dedicata all’artista, presso il Bookshop del Castello di Rivoli.