CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 205

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Tove Ditlevsen “Dipendenza” -Fazi Editore- euro 15,00

E’ l’ultimo tassello dell’opera autobiografica di Tove Ditlevsen, l’importante poetessa e scrittrice danese nata nel 1917 e morta suicida nel 1976. Autrice della Trilogia di Copenaghen in cui ripercorre le tappe principali della sua perigliosa esistenza: “Infanzia” (primo volume, pubblicato in patria nel 1967), seguito da “Gioventù” ed ora concluso con lo struggente “Dipendenza”.

Anche in questo capitolo finale il suo sguardo sulla vita è amaro e disincantato; ci trascina nel suo mondo, nel suo sentire e nella sua sofferenza con parole che ci afferrano e non ci lasciano più.

Dopo un’infanzia difficile («… lunga e stretta come una bara ….» così la descrisse) e una giovinezza altrettanto stentata, alla ricerca della realizzazione di quel talento innato per la scrittura, ora Tove è una donna adulta.

Ha appena 20 anni, ma si sente pesantemente sposata da una vita con l’editore 53enne Viggo Frederik Møller; e non è certo un matrimonio d’amore, pilotato più che altro dalla madre di lei.

Viggo è freddo, supponente e distante. Ma lei gli è grata per averla sposata e per avere pubblicato la sua prima poesia sulla sua rivista.

Adesso Tove sta cercando di scrivere il suo primo romanzo, a mano su carta protocollo gialla e in silenzio, senza usare la macchina da scrivere per non disturbare col rumore il marito.

Poi nella sua vita irrompe il 25enne studente di economia Ebbe, che assomiglia a Leslie Howard e la incanta fin dal primo incontro. Per lui lascia il marito, e lo sposa in seconde nozze. Un amore passionale e travolgente che si assopisce di colpo dopo la nascita della figlia Helle. Poi di nuovo un rapporto sempre più difficile, con in mezzo un sofferto aborto clandestino e tante incomprensioni.

Infine entra in scena il medico Carl, che lei non ama affatto, ma dipende da lui dal momento in cui per procurarle un altro aborto illegale le ha somministrato la Petidina. Un potente analgesico che propaga nel suo corpo una beatitudine mai provata prima. E’ l’inizio della vorticosa discesa negli inferi della tossicodipendenza.

Tove lascia anche il secondo marito, pur di avere costantemente libero accesso a quel pericoloso liquido che la «…eleva all’unico piano di esistenza al quale mi interessa vivere».

La sua esistenza deraglia, lei peggiora a vista d’occhio e si isola da tutti, scivolando sempre più nell’abisso al quale seguirà il ricovero e la faticosa disintossicazione …..

Come andrà a finire la vita della scrittrice lo sappiamo.

Lei, che era uno spirito creativo e libero, non riuscirà mai a venire a patti con la vita; si sentirà sempre fuori posto ed affogherà il suo male di vivere in alcol e droghe. Fino al tragico epilogo: la morte per un’overdose di sonniferi che fermò la sua vita a soli 58 anni.

E questo libro ci fa comprendere a fondo il suo male di vivere.

 

Norman Mailer “Un sogno americano” -La nave di Teseo- euro 20,00

Mailer, di cui ricorre il centenario della nascita, per alcuni è stato uno dei maggiori autori americani; per altri invece troppo dedito ad eccessi, violenza, sesso e misoginia.

Nato nel New Jersey il 31 gennaio 1923 e morto a New York nel 2007, fu più cose. Presunto boxeur, candidato 2 volte come sindaco della Grande Mela, inanellò 6 mogli ed ebbe 9 figli. Incontrò la fama come scrittore nel 1948 con “Il nudo e il morto”. Autore di 40 libri, vincitore di 2 Premi Pulitzer; ma anche poeta, giornalista, sceneggiatore e regista.

Un sogno americano”, quarto romanzo di Mailer, uscì nel 1965, in 8 puntate su “Esquire” in piena epoca beat, e suscitò parecchio scalpore. Narra una torbida storia che si consuma nell’arco di 32 ore vertiginose ed è anche una meditazione sul male.

Il protagonista è Steven Rojack: laureato ad Harvard, eroe di guerra, amico di J.F. Kennedy, professore di psicologia esistenziale, personalità televisiva, attore e figura pubblica. E alcuni tratti della sua vicenda richiamano la vita vera di Mailer che negli anni Sessanta accoltellò la seconda moglie Adele (che però non sporse denuncia).

Invece il protagonista 45enne, mezzo ebreo, Steven Rojack, sposato per interesse con l’ereditiera Deborah, ora sta affrontando il divorzio che si trascina per le lunghe. Una sera va a trovarla, i due bevono e discutono, lui ubriaco perso in un accesso incontrollato d’ira la strangola, poi la lascia riversa sul pavimento e si infila nel letto della cameriera di lei, come se niente fosse.

In un secondo tempo torna nella stanza del delitto e scaraventa il cadavere dalla finestra per simulare un suicidio. Un volo nel vuoto e un’auto che passa sopra la vittima aumentano lo scempio del suo corpo.

Ovvio che i sospetti ricadano subito su Rojack, che però se la gioca abilmente: tra fughe nei bassifondi newyorkesi e jazz club, mafiosi, scambi erotici bollenti, sesso con la cantante di night – club Cherry della quale forse si innamora, vincite inaspettate a Las Vegas e continue pressioni della polizia affinché confessi il delitto.

E’ un’anima nera quella del protagonista: ambiguo moralmente e sospeso tra continui riferimenti al bene e al male, accenni al diavolo, un torbido cocktail di sesso, violenza e ambiguità morale.

Dal romanzo fu tratto anche il film nel 1966 diretto da Robert Gist, “An american dream”, in italiano tradotto “Vivi e lascia morire”, con Eleanor Parker nel ruolo di Deborah.

 

Elisa Fuksas “Non fiori ma opere di bene” -Marsilio- euro 19,00

E’ il secondo romanzo della scrittrice e regista nata a Roma nel 1981 e racconta la sua perigliosa ricerca della tomba del nonno paterno, che tutti erano convinti riposasse al Cimitero del Verano a Roma. Invece scoprirà che non è così. Elisa Fuksas è la figlia dei fondatori dell’omonimo famoso studio di architettura cosmopolita e visionaria.

Questo libro è affascinante, un intelligente e profondo viaggio tra vita e morte, tra il regno dei vivi e quello dell’eterno riposo di chi non c’è più. Un peregrinare tra senso della vita e ineluttabilità della fine, ma anche nelle radici del proprio passato, non sempre facile da rintracciare e ricostruire.

La protagonista -autrice inizia il suo percorso a ritroso, partendo da suo padre, Massimiliano Fuksas rimasto orfano a soli 6 anni nell’Italia del dopoguerra. Del nonno, Elisa sa pochissimo e annaspa tra scarne informazioni.

E’ come una fantasma che aleggia nella vita di Elisa; sa che si chiamava Raimundas o Raimondo, era lituano italianizzato, medico e in un certo senso ebreo. Aveva conosciuto la moglie all’università dove studiava filosofia e lui medicina; si erano sposati contro il volere della famiglia di lei, andando a vivere in un misero monolocale. Raimondo era sempre elegante e abituato a fare colazione in giacca e cravatta; ben diverso dai familiari romani e caciaroni della sposa.

Raimondo era morto giovane il 15 ottobre del 1950, non si sa bene di cosa: ictus, ischemia, embolo. L’unica testimonianza a cui aggrapparsi era stata quella della nonna, rimasta vedova prestissimo, ma campata fino alle 100 candeline e morta da pochi anni.

Lei ricordava che il marito era spirato in casa, al Gianicolo, all’improvviso una notte, vomitando acqua.

Il loro era stato un grande amore, tranciato troppo presto dal destino; e dopo 20 anni di vedovanza la moglie si era risposata con un italiano. Ora le loro ceneri riposavano in due urne vicine, nel loculo di un cimitero di campagna.

Invece Raimundus dove era sepolto solo solingo? Secondo il padre della scrittrice le spoglie riposano nella tomba di famiglia della nonna, insieme a quei parenti acquisiti ma invisi. Lui non ci va da 60 anni ma ricorda che la tomba era la 132, nona a destra dell’ingresso principale del Verano….

E’ così che la protagonista intraprende il complicato viaggio nel monumentale cimitero capitolino. Una vasta città dei morti edificata in seguito all’editto di Saint Cloud del 1804 che imponeva le sepolture fuori dalle mura cittadine, nei secoli cresciuta fino a coprire la superficie immensa di oltre 83 ettari.

Elisa che non frequentava volentieri i camposanti, ora invece vi si addentra con il fiuto del segugio, andando così anche alla ricerca delle sue origini nella lontana Lituania che non ha mai neanche visitato. Ed è un ‘avventura- metafora di tutte le morti, le sparizioni.

Una continua riflessione sulla vita e la morte; su tutto quello che sta intorno al morire, tra riti, sepolture e tantissimo altro. Un libro che induce a meditare….

 

 

Maria Castellitto “Menodramma” -Marsilio- euro 16,00

Questo è l’esordio letterario della 25enne figlia del regista Sergio Castellitto e della scrittrice Margaret Mazzantini, sorella di Pietro che a sua volta è attore, regista e scrittore con al suo attivo il romanzo “Iperborei”.

Maria in realtà ha sempre scritto fin da bambina, ma senza mai farne parola in famiglia; poi a 20 anni ha iniziato a pubblicare articoli su un giornale. Ma lo scatto è avvenuto mentre studiava in Inghilterra e sul computer annoverava vari inizi di possibili storie, oltre alle materie di studio.

Il resto è venuto da sé, incoraggiata dai genitori ai quali aveva fatto leggere parti del romanzo.

E in parte l’esperienza londinese traspare nel libro, la cui protagonista è la quasi 24enne Duna, romana laureata in Filosofia che vive a Londra dove si mantiene leggendo sceneggiature.

Duna non è un personaggio autobiografico, ma in alcune interviste Maria Castellito ha chiarito che certi pensieri e stati d’animo della sua protagonista li ha vissuti anche lei.

La storia racconta anfratti delle nuove generazioni. Parla di confusione, disperazione, delusioni; sostanzialmente della difficoltà di incasellarsi nel mondo secondo la propria natura più autentica e profonda. In un certo senso è un romanzo generazionale, in cui a dubbi e insicurezze fa da contraltare la costante ricerca di risposte e soluzioni.

Intorno a Duna si muovono suoi coetanei con problematiche simili, senso di inadeguatezza in generale, ma soluzione diverse. Per esempio il miglior amico, il problematico Alexander, alla fine finisce in una clinica psichiatrica.

Potremmo dire che il romanzo parla di quel male del vivere e senso della fine che attanaglia ogni processo di crescita, ma che in gioventù appare spesso molto arduo.

Nelle pagine scorre un senso della fine che sembra stia per arrivare e coincide con la fine della giovinezza che ha già nostalgia di se stessa.

Ma è una sorta di morte simbolica, e anche se il pensiero del suicidio sfiora Duna, alla fine la vita fa sempre uno scatto.

La Fondazione ricorda Martin Amis

 

VINCITORE DELLA QUARTA EDIZIONE DEL PREMIO LATTES GRINZANE NEL 2014

(Monforte d’Alba, 21 maggio 2023). La Presidente Caterina Bottari Lattes e la Fondazione ricordano Martin Amis, scomparso nelle scorse ore e vincitore del Premio Speciale Lattes Grinzane nel 2014.

Amis, considerato una delle più influenti e innovative voci della letteratura britannica, vivace critico del conformismo sociale, ha tenuto una straordinaria lectio magistralis in occasione della cerimonia di ritiro del Premio ad Alba, incentrata sulla figura di Primo Levi.

 

Nelle parole della sua lectio troviamo un messaggio prezioso che Martin Amis ha lasciato a tutti noi:

Gli scrittori muoiono due volte: muoiono quando muore il loro talento (come più o meno inevitabilmente accade), e muoiono ancora quando anche il loro corpo muore. […] Fortunatamente, però, l’estinzione non è sempre definitiva. […] I libri rimangono, continuano a vivere. […] Il corpo fisico può essersene andato, ma il corpus dello scrittore è pronto per l’immortalità.

 

Nella foto Caterina Bottari Lattes e Martin Amis, vincitore del Premio speciale Lattes Grinzane 2014

Salone del Libro, il Centro Pannunzio presenta gli scritti italiani di Gustaw Herling

LUNEDÌ 22 MAGGIO ALLE ORE 10,15 al Salone Internazionale del libro, Sala Indaco, si terrà un convegno dedicato a Gustaw HERLING dal tema “UN PONTE SULL’EUROPA: Gli scritti italiani di Gustaw Herling”. Saluti di Marta HERLING e Pier Franco QUAGLIENI. Interverranno Alessandro AJRES, Alberto CAVAGLION, Cesare PANIZZA. Introdurrà Krystyna JAWORSKA. Gustaw Herling-Grudziński, scherzando, si definiva un “polacco-napoletano”. Era infatti nato a Kielce, nel sud della Polonia ed è morto (e sepolto) a Napoli, dove era vissuto dal 1955, dopo aver sposato, in seconde nozze, Lidia, figlia di Benedetto Croce. Nel 1940, dopo la spartizione della Polonia tra tedeschi e russi, fu arrestato dai sovietici ed inviato in un campo di lavoro da cui uscì nel 1942. In seguito si arruolò nell’esercito polacco che combatteva a fianco degli alleati e che nel dicembre 1943 sbarcò in Italia e combattè, tra l’altro, a Monte Cassino. Basandosi sulle sue esperienze nel Gulag, Herling ha scritto uno dei libri più importanti del Novecento: “Un mondo a parte”, pubblicato dopo molte traversie. Gli “SCRITTI  ITALIANI”, imponenti per quantità, per significato e contenuti, testimoniando il  suo esilio in Italia, divenuta per lui una “seconda patria”. In queste pagine si rivelano principii e valori che connotano tutta l’opera di Herling e la sua “duplice vita di scrittore”: fra letteratura e impegno politico, sempre al servizio della verità, unita alla crociana “religione della libertà”.

La Calabria vista attraverso le fiabe di Calvino

Si terrà domenica 21 maggio alle ore 11.30 presso lo Stand Regione Calabria, Pad. Oval W174/X173, all’interno del Salone Internazionale del Libro di Torino (Lingotto Fiere, via Nizza 294), una conferenza per il centenario di nascita di Italo Calvino dal titolo: La Calabria vista attraverso le fiabe di Calvino. Ospite della serata lo scrittore, docente e mitologo Paolo Battistel, che dialogherà sul tema delle fiabe di Calvino con la l’assessore alla cultura di Moncalieri e presidente SBAM Laura Pompeo.
Nella conferenza – inserita all’interno dei festeggiamenti per il centenario della nascita di Calvino – verranno prese in esame le fiabe calabresi e grecaniche inserite nella sua nota raccolta dal titolo Fiabe italiane, uscita in libreria per la prima volta nel 1956. Si analizzerà in chiave mitologica e antropologica questi antichi racconti ancestrali, facendo riferimento alle molteplici fonti del premio Nobel italiano e cercando di mettere in luce gli elementi simbolici legati al mito romano e greco. Dalla Bella dei Sett’abiti al Re serpente fino alle disavventure della più nota La bella addormentata e i suoi figli, Calvino mette su carta i ricordi ancestrali e magici di una regione e di un popolo erede della grecità e cuore pulsante del mediterraneo.
Sarà possibile acquistare l’ultimo libro di Paolo Battistel L’arcolaio delle fiabe. Il femminile e la trasfigurazione nei racconti popolari Oligo Editore in anteprima nazionale al Salone Internazionale del Libro.
Paolo Battistel, laureato in filosofia e specializzato in mitologia, è profondo conoscitore dei miti e delle leggende precristiane. Vanta numerose collaborazioni con testate giornalistiche e trasmissioni televisive nazionali e locali come Mistero e Mistero Experience. È speaker di Radio Giano (Università Roma Tre). Ha scritto la raccolta di fiabe occitane Lu Barban, il diavolo e le streghe; il saggio di storia locale Il mistero della Roccaforte dei Rosacroce; tre saggi d’argomento storico-mitologico: Il sangue di Caino, I figli di Lucifero e Il dio cornuto; ha scritto il saggio letterario J.R.R. Tolkien, il lungo sentiero tra ombra e luce. Il suo saggio sulle fiabe: La vera origine delle fiabe. Gli ultimi frammenti di un mondo perduto è diventato un bestseller. È appena uscito il suo ultimo libro L’arcolaio delle fiabe. Il femminile e la trasfigurazione nei racconti popolari. Vive e lavora a Torino come scrittore, docente ed editor.
Laura Pompeo, laureata in lettere classiche, ha lavorato quindici anni come archeologa in vari siti d’Italia, d’Europa e del Medio Oriente. Specializzata in Museografia e in Gestione e Comunicazione dei Beni culturali ha maturato esperienze specifiche nel settore della valorizzazione dei beni e delle attività culturali attraverso molte collaborazioni, dall’arte antica a quella contemporanea. È socia dell’icon. Ricopre il ruolo di Assessore (al secondo mandato) della città di Moncalieri con deleghe a Cultura, Turismo, Pari Opportunità e Relazioni Internazionali. È presidente del Sistema Bibliotecario dell’Area Metropolitana (sbam). È Vicepresidente dell’Assemblea costituente della Riserva della Biosfera Collina Po-Mab (unesco) e Consigliere dell’Ente di gestione della Comunità delle Aree Protette del Po piemontese.

Al Maffei “30 anni di cinema a Ponticelli”

Domenica 21 maggio. Cinema Maffei.

ANTEPRIMA REGIONALE A TORINO PER “30 ANNI DI CINEMA A PONTICELLI”

Previsto dibattito finale. Arriva da Napoli anche la regista Isabella Mari

Anteprima regionale   domenica 21 maggio, alle 17,30 al Cinema Teatro Maffei, via Principe Tommaso 5, per “30 anni di cinema a Ponticelli” della regista napoletana Isabella Mari: sarà lei a parlare con il pubblico alla fine del film insieme a Antonio Borelli, vicepresidente di Ucca Nazionale, militante di Arci Movie e presidente di Arci Servizio Civile Napoli, e Lorenzo Siviero, presidente di Arci Servizio Civile Piemonte, moderati l’incontro Max Borella di Arci Torino e Ucca.

Il documentario ha una peculiarità: è ricavato dal grandissimo archivio di materiali audiovideo raccolti dal Circolo Arci Movie, storico circolo Arci italiano, nei suoi 30 anni di attività e iniziative che hanno visto la partecipazione di grandi registi e protagonisti della scena cinematografica tra cui Ken Loach, Mario Monicelli, Francesco Rosi e Toni Servillo.

«Nel film è l’archivio a parlare – dice la regista Isabella Mari – Ho cercato sempre di conferire alle immagini la medesima passione, forza ed energia con le quali sono state al tempo girate, ma anche con le fragilità di una esperienza di trent’anni in un territorio difficile. Il tutto rielaborato senza mai dimenticare il fascino di uno sguardo al passato che si fa, al contempo, possibilità di riscoperta di un presente fondamentale per guardare al futuro». Il documentario è prodotto e realizzato da uno storico circolo Arci italiano, Arci Movie di Ponticelli a Napoli.

La proiezione è organizzata dai Circoli Ucca di Torino, Arci Torino e Asc Piemonte. Il documentario racconta un’esperienza di 30 anni di resistenza civica e cittadinanza attiva, in un contesto particolare in cui il cinema diventa un mezzo di emancipazione culturale, di educazione, di protagonismo giovanile, di attivazione civica e partecipazione democratica. Tutto questo è il servizio civilem: nasce così la proposta di un invito particolare, per la serata, ai volontari e alle volontarie in servizio civile della rete Asc Piemonte in un momento che vede la fine del percorso per 200 giovani che hanno iniziato un anno fa la loro esperienza e l’inizio di un nuovo percorso per 270 giovani che stanno per avviare la loro esperienza di impegno e partecipazione sul territorio regionale dedicata al territorio, alla promozione culturale e dei diritti, alla difesa e tutela dei territori, delle comunità, degli spazi di partecipazione.

SINOSSI
La storia dell’associazione Arci Movie eÌ anche un po’ quella degli ultimi 30 anni di Ponticelli, quartiere di cinquantamila abitanti della periferia est di Napoli. Una storia fatta di testimonianze, ricordi, immagini, amore per la cultura e per un territorio che, con la promozione del cinema nel segno della condivisione, ha potuto cambiare la propria prospettiva. Tanti i volti noti che hanno prima preso parte negli anni ’90 alla battaglia per salvare il cinema Pierrot – storica sala del quartiere destinata a diventare un supermarket come tanti – e che poi, nel tempo, hanno continuato a sostenere l’azione associativa di Arci Movie sul territorio, da Ken Loach a Mario Monicelli, da Francesco Rosi a Ettore Scola, da Toni Servillo a Paolo e Vittorio Taviani, da Frederick Wiseman a Mario Martone, da Enrico Ghezzi a Ferzan Ozpetek, da Michele Placido a Roberto Faenza, da Pupi Avati a Giuliano Montaldo. Tantissimi, infine, gli attivisti, gli educatori, gli operatori culturali, gli studenti, i giovani, i docenti, i soci e i semplici cittadini protagonisti di una storia di cinema che ha lasciato segni nella comunita come poche altre esperienze della storia recente di Napoli.

PROGRAMMA
Inizio proiezione ore 18 preceduta dai saluti e dall’intervento di Lorenzo Siviero, presidente ASC Piemonte.

A fine proiezione interverranno Max Borella di Arci Torino e Ucca Nazionale; Antonio Borrelli, produttore del doc, vicepresidente di Ucca Nazionale, militante di Arci Movie e Presidente di Arci Servizio Civile Napoli ed Isabella Mari, regista del documentario, volontaria e militante di Arci Movie.

La presentazione ha un’altra peculiarità: è organizzata per riflettere sul ruolo culturale del cinema all’interno delle realtà circolistiche e di come il cinema possa diventare un mezzo di emancipazione culturale, di incontro e di convivenza democratica. Invitati speciali saranno i volontari del Servizio Civile Universale che, attraverso la proiezione e il dibattito potranno comprendere e conoscere quali siano le dinamiche con cui un circolo si va a formare e quali siano gli scopi e gli obiettivi di chi fa cultura in questi spazi.

Ingresso gratuito per i soci Arci.

“Via di Portonaccio 104. Tutta la passione di cui sono capace”

Giovedi 25 maggio, alle 19:30, presso il Circolo Eridano in Corso Moncalieri 88, verrà presentato il libro di Maurizio Rufini

 

Maurizio Rufini, tipografo di professione, regala ai lettori un’autentica e coinvolgente autobiografia che ci consente di conoscere la sua storia personale e professionale. Il libro è ambientato nella Roma degli “anni di piombo”, un periodo storico molto complesso per la città e lo Stato italiano. Nel volume, colleghi e amici vengono presentati caratterizzati da soprannomi insoliti; il racconto si snoda tra il 1979 e il 1982, anno in cui Maurizio lavorava in una tipografia, subito dopo aver conseguito il diploma in una scuola tecnica e professionale. La sua scelta – non scelta – all’inizio non fu in linea con le sue reali attitudini e passioni. Maurizio, attraverso le pagine di “Via di Portonaccio 104”, fa partecipare il lettore alle avventure e agli aneddoti che lo hanno formato professionalmente, in una serie di vicende divertenti. Il volume rappresenta una lettura godibile per chi ama le autobiografie umoristiche e consente di far conoscere la Roma degli “anni di piombo” attraverso gli occhi di un protagonista.

“Iniziando a rievocare i ricordi del passato – afferma Rufini – mi sono reso conto che molte immagini, situazioni e aneddoti erano ormai sfuocati e confusi nella mia mente, così ho deciso di allenare la mia memoria in tutte le sue forme utilizzando tecniche di memorizzazione mentale, fotografica e visiva, consultando fonti orali, scritte e di stampa. Tra le tante riviste che ho acquistato in elevata quantità c’erano i numeri di RockStar, che avevo impaginato e prodotto insieme ai ragazzi di Via di Portonaccio 104. Man mano che procedevo nella scrittura mi sono reso conto che stavo creando qualcosa di più importante di un semplice esercizio di memoria. Volevo condividere le storie e le esperienze e le lezioni di vita ricevute, trasmettendo allo stesso tempo la passione che ho avuto per il mio lavoro e la vita in generale”.

“Via di Portonaccio 104” – aggiunge l’autore – si riferisce alla sede della Fotocomposer, azienda che mi ha formato e nella quale ho appreso la filosofia di vita che mi ha accompagnato nel corso degli anni. Pur essendo nato a Roma, città fondamentale nella mia vita e punto di riferimento costante per me, sono cresciuto prima a Cocciano, piccola frazione di Frascati e poi proprio nella medesima Frascati. La mia vita mi ha portato a vivere in diverse città e a incontrare persone importanti lungo il cammino. Torino è la città che mi ha adottato dal 2015, anche se le mie radici rimangono a Roma”.

Mara Martellotta

Estro made in Italy e nuovi americani

CALEIDOSCOPIO ROCK USA ANNI 60

Già in precedenti articoli ho accennato al fatto che nel mondo del garage rock USA di metà anni Sessanta la bandiera a stelle e strisce non di rado si intrecciasse abbondantemente col tricolore italiano. Specialmente nelle grandi aree urbane della costa atlantica (New York, Boston, Philadelphia), erano innumerevoli i musicisti di origini o ascendenze italiane che si trovavano particolarmente a proprio agio nelle sezioni ritmiche delle bands (basso, batteria, più di rado all’organo). Ma cognomi italiani erano pure frequentissimi a livello di produzione musicale; e in questo caso la distribuzione geografica era più omogenea, anche nelle aree del Midwest, degli USA centrali o centro-occidentali e abbondantemente su tutta la costa pacifica, ma in primis nell’area attorno Los Angeles. Non è un mistero che il carattere aperto, socialmente attivo e coinvolgente degli italiani avesse buon gioco nello stringere relazioni e conoscenze, nel creare quella rete fondamentale per gestire il management musicale, le date dei concerti, gli eventi di opening da parte di bands di secondo piano. Tutto questo “sottobosco” intricato e di instancabile vivacità era proprio il terreno ideale per la duttilità e la scaltrezza tipica del “fare di italica maniera”, con una gestione basata su creatività, capacità di improvvisazione e ingegno nelle situazioni meno favorevoli (se non del tutto avverse) allorquando sagacia e perspicacia erano il sale del “saperci fare”; non di rado infatti gli americani (ancora fin troppo “inquadrati”, razionali e logicamente lineari) si sorprendevano della capacità dei “nuovi americani” italici (estrosi, dinamici, istintivi) di intravedere opportunità, genio e spirito creativo anche in controluce e “in filigrana”, laddove nessuno avrebbe scommesso mezzo dollaro sulla buona riuscita di un’impresa o di un progetto avviato. Tra le svariate case discografiche che coinvolsero anche cognomi italiani tra produttori e discografici, si segnala qui l’etichetta ”Rally Records” di Los Angeles, che a mio modesto parere tra i soli 6-7 numeri di catalogo prodotti seppe sfornare (dopo gli esordi jazz/funk) almeno un paio di 45 giri garage / psych garage di buon valore. In Rally Records agivano Bob Todd, Dan Gates, Dave Briggs ma anche la compagine “tricolore” con George Motola, Joe Saraceno e Tony Butala (quest’ultimo, in particolare, instancabile collettore di talenti e dall’innato “fiuto” per gruppi emergenti scovati quasi dal nulla).

Si riporta qui in chiusura il ridotto catalogo di Rally Records (1965-1967):

– Billy Quarles “Bringing Up What I’ve Done Wrong” / Billy & The Ar-Kets “Little Archie” (501) [1965];

– Beverly Noble “Better Off Without You / Love Of My Life” (502) [1965];

– Hillary Hokom [Suzi Jane Hokom] “Can’t Let You Go / Tears Of Joy” (503) [1965];

– The Agents “Gotta Help Me / Calling An Angel” (504) [1965];

– The Grodes “Love Is A Sad Song / I’ve Lost My Way” (505) [1966];

– Perpetual Motion Workshop “Infiltrate Your Mind / Won’t Come Down” (506/507) [1967].

Gian Marchisio

Le proposte della Regione al Salone del Libro

Le principali proposte di sabato 20 maggio curate dalla Regione Piemonte

Ore 10:30 – SALA ARGENTO

Proclamazione dei vincitori della XXII edizione del premioInediTO – Colline di Torino, punto di riferimento in Italia tra i concorsi letterari per opere inedite delle varie sezioni e dei premi speciali del 2023.

Ore 13:00 – ARENA PIEMONTE

Presentazione del libro del ministro per la Famiglia Eugenia Roccella Una famiglia radicale” (Rubbettino). L’assessore regionale alle Politiche sociali Maurizio Marrone dialogherà con il ministro.

ORE 13.00 – SALA LILLA

La spedizione Stella Polare. Presentazione dei dati scientifici raccolti sulla geologia della regione artica.

ORE 14:00 – SALA ARGENTO

Presentazione del progetto “Animae Loci: itinerario letterario e artistico alla ricerca dei luoghi dell’anima.

Ore 17:00 – ARENA PIEMONTE

Gesso sulle mani: 1871-1954 Edoardo Rubino, specchio di un’epoca. L’assessore alla CulturaVittoria Poggio partecipa alla presentazione della collezione Rubino a lungo conservata dalla Regione Piemonte, che ha lasciato Torino per trovare casa a Monastero Bormida.

Ore 17:00 – SALA ARANCIO

Presentazione del Premio Plus. Seconda edizionededicato ai giovani e rivolto alle opere che indagano in profondità il mondo dell’adolescenza attraverso gli occhi degli adulti e degli adolescenti stessi.

Ore 19:00ARENA PIEMONTE

Semifinale del campionato itinerante per scrittrici e scrittoriIncipit Offresi”, una vera e propria arena in cui combattere per poter convincere una giuria di esperti sulla bontà dell’opera inedita.

Il progetto è realizzato in collaborazione con Regione Piemonte e Fondazione ECM-Biblioteca Archimede con gli attori e le attrici di B-Teatro.

Quando in Piemonte c’erano i Templari

Dal cuneese a Tenda, da Acqui ad Alessandria, da Asti a Casale, da Chieri a Ivrea, da Novara a Moncalieri, dalla Val Susa a Torino e a Vercelli, i Templari hanno cavalcato pianure e montagne piemontesi attraversando da nord a sud anche le strade della nostra regione.

Avevano precettorie e magioni, ospizi e domus, al servizio di pellegrini e forestieri, e piazzavano i loro insediamenti vicino ai fiumi, in campagna, nei pressi dei valichi alpini, in paesi e città, in zone frequentate da viaggiatori e mercanti vicine alle arterie principali del Piemonte che i Cavalieri del Tempio potevano controllare agevolmente. Difendevano abbazie, conventi e monasteri dall’assalto di briganti e banditi, raccoglievano fondi, alimenti e armi da inviare ai Cavalieri che combattevano in Terra Santa al tempo delle Crociate.

Sono numerosi i luoghi dove vissero i Templari in Piemonte, come si vede nella mappa a fianco. Il più antico insediamento templare in Piemonte, ai piedi del sistema viario alpino, era quello di Susa, datato 1170, con un ospedale per i pellegrini dedicato a Santa Maria a cui ne seguirono tanti altri, San Giorgio Canavese, Biandrate, Mondovì, Fossano, Alba, Vercelli, Ivrea, Savigliano, Testona, Casale e Tortona, solo per citarne alcuni. Una domus templare che offriva assistenza ai pellegrini si trovava al Colle di Tenda mentre a Cavallermaggiore sorgeva un grande centro templare, la commenda di San Giovanni della Motta, oltre al cascinale di San Bartolomeo, detto “castello dei Templari”. Ad Alessandria, in posizione strategica tra il Bormida e il Tanaro, la chiesa di Santa Margherita nel rione Bergoglio era una mansione templare passata dopo il 1312 all’Ordine giovannita, i futuri cavalieri di Malta.

Ad Asti gli studiosi concordano sul fatto che Santa Maria del Tempio, che sorgeva lungo l’attuale corso Alfieri, era l’insediamento più importante della città mentre a Casale Monferrato i Templari, che facevano riferimento alla precettoria di Santa Maria del Tempio alla periferia della città, si erano stanziati lungo il Po per proteggere i pellegrini che andavano a pregare sulla tomba di Sant’Evasio. Cavalieri rossocrociati presenti anche a Chieri dove si insediarono verso la fine del 1100 nella chiesa di San Leonardo la cui domus templare conserva tuttora la facciata in cotto con un grande rosone e il portone decorato con formelle che riproducono croci latine alternate a croci di Malta.

A Ivrea esisteva un convento di Templari presso San Nazario che passò poi ai Cavalieri di Malta e secondo gli storici potrebbe trattarsi del più antico insedimento templare in Italia. Alle porte di Torino i Cavalieri del Tempio si stanziarono nella grande mansione di Sant’Egidio di Testona, vicino al Po, nel 1196. Oggi resta la chiesa, più volte ristrutturata, e una lapide ricorda l’origine templare. Cavalieri del Tempio presenti anche a Nizza Monferrato nel Duecento e a Novara con le domus di Santa Maria e di San Guglielmo che nel secolo successivo passarono all’Ordine degli Ospedalieri di San Giovanni.

A Vercelli invece i Templari possedevano la chiesa di San Giovanni d’Albareto nell’attuale piazza Camana che fu abbattuta nell’Ottocento. Mentre a Savigliano il documento più antico che certifica la presenza dei Templari in città risale al 1181, in Val Susa l’Ordine del Tempio arrivò verso la fine del XIII secolo. Oltre a Susa, nella vicina San Giorio si trovano alcune croci templari murate nella facciata della canonica e sopra il portone di un’altra cappella di fronte alla chiesa parrocchiale. A Torino i cavalieri rossocrociati si erano stabiliti nella magione di Santa Margherita e possedevano case e beni nei sobborghi di Vanchiglia, di San Solutore e in Val San Martino.

A Moncalieri, dai documenti disponibili, emerge una presenza templare molto attiva nel Duecento mentre a Villastellone i Templari possedevano la magione di San Martino della Gorra. “I Templari in Piemonte” dell’antropologo Massimo Centini e “Quando in Italia c’erano i Templari” della studiosa Bianca Capone Ferrari sono due eccellenti libri, ricchissimi di informazioni e note storiche su luoghi, personaggi e vicende dei Templari in terra subalpina. Il volume di Bianca Capone, in particolare, è dedicato “alla memoria della Cavalleria templare, immolatasi eroicamente per la difesa di San Giovanni d’Acri nel 1291, ultimo baluardo cristiano in terra d’Oltremare”.

Filippo Re

TOdays Festival giunge alla nona edizione: a Torino dal 25 al 27 agosto

La nona edizione di TOdays diretta da Gianluca Gozzi è in programma dal 25 al 27 agosto. Il Festival, che ospita 121 artisti nazionali e internazionali, 12 band, provenienti da 29 diversi Paesi nel mondo, porta in città, dal primo pomeriggio a notte inoltrata, oltre 30 ore di musica, arte, incontri, produzioni esclusive, anteprime, performance, eventi formativi e d’incontro con il meglio della scena musicale contemporanea.

Capisaldi del festival, anche quest’anno sono la ricerca imparziale degli opposti e la creazione di nuovi equilibri; l’anticipazione di idee e trend e la commistione di generi diversi; l’incrocio di attitudini, emozioni, suoni che intrecciano presente, passato e futuro della musica; la compresenza sul palco di grandissimi nomi affermati della scena internazionale e nuove eccellenze emergenti; la tensione a rendere centrali musiche e luoghi di confine.

TOdays, inoltre, è la prima rassegna musicale italiana a offrire pari rappresentatività ad artiste donne e ad artisti uomini allestendo un cartellone equilibrato che supera ogni disparità di genere.

Attraverso la musica, linguaggio universale più immediato e vicino alle nuove generazioni, il Festival è capace di coinvolgere giovani e giovanissimi che ogni anno, a fine agosto, raggiungono Torino da tutta Europa.

TOdays, in virtù delle scelte artistiche e musicali, rappresenta quindi un’occasione unica nel panorama nazionale per presentare a questo pubblico il meglio delle creazioni contemporanee e dei nuovi suoni, permettendo di ampliare il bagaglio conoscitivo, sviluppare la creatività e allo stesso tempo abbattere barriere, pregiudizi e differenze sociali e culturali. E si inserisce perfettamente in TORINO FUTURA, il percorso intrapreso dalla Città e coordinato dagli assessorati alla Cultura e alle Politiche Educative e Giovanili, che intende coinvolgere attivamente i ragazzi nella formazione e nella vita culturale della città creando esperienze di coinvolgimento, formazione e crescita, oltre a moltiplicare le occasioni di dialogo e di protagonismo dei futuri cittadini.

Il manifesto dell’edizione 2023 racconta un cartellone equilibrato che supera ogni disparità di genere. Per fare questo sono stati accostati due intensi colori dalla forte identità cromatica: il rosso fluo, che richiama le emozioni e gli stimoli più vivaci in continuo divenire e l’argento a cui si associano l’avanguardia, l’innovazione e la modernità. Le fitte geometrie di curve si sovrappongono e intersecano in una immaginaria tela estesa che simboleggia la virtù della costruzione quotidiana di uno spazio fluido e in movimento per suggerire il mutare nel tempo senza costrizioni di genere e condizioni prestabilite, costantemente interconnessi con se stessi e con tutto l’universo.

“TOdays conferma la nostra città quale tappa privilegiata per il meglio della scena musicale contemporanea – dichiara il Sindaco, Stefano Lo Russo -. Il festival porta Torino, e in particolare l’area nord dove organizzano gran parte degli eventi, alla ribalta di giovani, creativi e opinion maker internazionali. Il programma, anno dopo anno, si dimostra capace di sostenere e valorizzare lo straordinario patrimonio di energie e competenze presenti nel nostro territorio. La Città sosterrà questo importante progetto per farlo crescere e continuare ad attrarre le migliori esperienze musicali internazionali”.

Main stage principale è il consueto grande prato verde di sPAZIO211,  palcoscenico a cielo aperto, spazio urbano rigenerato nella periferia della città che durante le tre serate, dalle ore 18 alle ore 24, ospiterà concerti con artisti fuori dall’ordinario.

Diffusi in città, invece, gli appuntamenti diurni e le attività educational del progetto TOlab che – grazie al sostegno e alla collaborazione di numerosi partner e alla co-progettazione con oltre 30 realtà associative ed eccellenze territoriali – daranno voce a nuove idee. Opinion maker, giovani artisti e professionisti si incontreranno per muoversi trasversalmente fra i differenti linguaggi in campo musicale, artistico e sociale.

Con questa edizione, inoltre, TOdays rafforza il suo impegno di responsabilità contro le sfide ambientali. È infatti intenzione della Città di Torino rendere sempre più sostenibili i propri eventi implementando le azioni in ambito di trasporti, mobilità, consumo d’acqua, rifiuti, riciclo ed energia, per educare, ispirare e motivare uno stile di vita più consapevole e rispettoso.

Informazioni su: http://www.todaysfestival.com/