CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 202

“La locandiera” di Miriam Mesturino, femminismo e languori

Repliche all’Erba nel mese di gennaio

È stata definita la più bella commedia di Carlo Goldoni, nata al teatro Sant’Angelo di Venezia negli ultimi giorni del 1752, “La locandiera”, anche “la più morale, la più utile, la più istruttiva”, stando alle parole dell’autore. In una Firenze che mette l’autore al riparo dai malumori della maggiore classe veneziana, un brillante personaggio femminile, tratteggiata con pieno realismo e a tutto tondo (lontano da quelle maschere che erano ancora materia della commedia dell’arte e che possono essere qui incarnate dalle due comiche), una donna non priva di difetti ma dalle molte virtù, intraprendente e combattiva, onesta e corteggiata, un esempio ante litteram di donna manager, antesignana evidente del femminismo odierno, inequivocabile esempio di donna ”moderna” che bada giorno dopo giorno ai propri interessi, esempio, seppur piccolo, di una borghesia mercantile che nel secolo di Goldoni si sta espandendo, una donna capace di tenere a bada gli assalti amorosi dei nobili e nobilastri che arrivano nelle stanze della sua locanda. Una donna che usa parole secche e abili moine, che lusinga e che allontana, che sa tenere a bada, che usa attenzioni e che non esita a mettere all’angolo un atteggiamento o una parola di troppo dell’avversario: con lei non vince il Conte che forte del proprio denaro sfoggia regali preziosi, né tantomeno il Marchese, capace ancora di vantare una nobiltà ormai trascorsa e di trincerarsi dietro azioni che salvaguardino le sue debolissime sostanze. Nè il Cavaliere, “disprezzator delle donne”, campione di misogenia, che, pure desideroso di alzare una inviolabile barriera e sbandierando ogni sua personale convinzione, scivola a poco a poco travolto dai gesti d’attacco sempre guantati della locandiera.

A fronte di una nobiltà verso cui l’autore è profondamente critico, si pone il “popolano” Fabrizio, che non accampa aspirazioni sociali ma ad ogni apparizione rivendica il suo innamoramento, strenuo e antico, per Mirandolina. Di cui il lieto fine, “amoroso”, non riuscirà a scalfire il carattere malizioso ma soprattutto l’intraprendenza e l’indipendenza, irrinunciabili.

Da tredici anni Torino Spettacoli porta in scena, appuntamento d’obbligo della compagnia, il che vuol anche dire aggiornamenti nei ruoli, con la svelta regia di Enrico Fasella, il testo goldoniano, interprete Miriam Mesturino: la quale ormai si rigira tra le mani il personaggio come vuole, con intelligenza e con grande divertimento, esatta a ogni estro e a ogni sospiro, languori e svenimenti e quotidiane filosofie, aspra e dolce secondo chi le stia davanti. Con lei, Alessandro Marrapodi che dà una bella corposità al suo Conte di Albafiorita, dagli occhi alle invenzioni vocali è tutto da goderselo, come il Cavaliere di Ripafratta di Luciano Caratto denuncia un più che convincente percorso di robustezza iniziale per poi mostrare con giusti ritmi il proprio cedimento. E ancora il godibilissimo Stefano Fiorillo come Marchese, Barbara Cinquatti e Maria Elvira Rao nei ruoli delle due comiche. Stefano Bianco è Fabrizio: emozione e imperizia forse gli fanno nascondere in più occasioni il peso e la presenza determinante del personaggio, la voce gli si soffoca e pare abbia voglia sul termine degli interventi di sparire in fretta dalla scena. Le repliche (nei prossimi 11, 15 e 16 gennaio alle ore 10, il 12 alle ore 11, sabato 13 alle 21 e domenica 14 alle 16) sono lì a dargli più coraggio. Nota a margine per uno spettacolo applauditissimo da un pubblico numeroso, davvero divertito, nella sala dell’Erba di corso Moncalieri.

Elio Rabbione

Nuove repliche per Extreme Magic Show

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Successo straordinario per l’appuntamento natalizio con la magia alla Casa del Teatro che ha già venduto oltre 4000 biglietti

Fino al 7 gennaio in scena un varietà per tutta la famiglia prodotto da Muvix con gli artisti del Circolo Amici della Magia di Torino, la più importante realtà magica italiana. Arrivano così a 22 le repliche programmate di cui numerose sold out

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Gli artisti del Circolo Amici della Magia sono abituati allo stupore e alla meraviglia ma questa volta si sono superati. Il loro Extreme Magic Show, prodotto da Muvix Europa e in cartellone alla Casa del Teatro fino al 7 gennaio sta inanellando una serie di sold out a catena superando i 4000 biglietti già venduti. Un successo straordinario che ha indotto gli organizzatori ad aggiungere, a grande richiesta, due ulteriori repliche (mercoledì 3 e giovedì 4 gennaio alle 15.30) che portano a 22 il totale degli spettacoli previsti.

Lo spettacolo porta in scena il tentativo del giullare Nespolo di diventare principe attraverso il bacio di una principessa, ma per raggiungere il suo obiettivo, dovrà superare le prove del Grande Maestro di Magia, Marco Aimone (primo prestigiatore laureato alla Silvan Magic Academy, da diversi anni Presidente del Circolo Amici della Magia di Torino). L’inedita coppia sarà protagonista di istanti di divertimento e meraviglia.

Guest star di questa edizione, Ottavio Belli, uno degli Illusionisti Italiani di maggior successo nel mondo, laureato in Cina come “Excellent Act Award” e “Special Prize of the Jury” al “Chimelong International Circus Festival”. Ottavio Belli e Claudia Veneziano sono specializzati nelle grandi illusioni, effetti magici di grande impatto visivo in grado di regalare istanti di suspense e stupore e proporranno una serie di effetti di notevole spettacolarità. Diego Allegri, artista molto seguito dai giovani su YouTube nei suoi tutorial magici, coinvolgerà il pubblico in numeri di manipolazione sorprendenti. Ma ci sarà spazio anche per la poesia e la magia delle ombre cinesi, forma d’arte visuale antichissima e ricca di suggestione e meraviglia.

Meraviglia, dunque, sorpresa e divertimento per trascorrere 75 minuti di grande spettacolo tra realtà e illusione, dove manipolazione di oggetti misteriosi, sparizioni, riapparizioni e coinvolgimento del pubblico sono solo alcuni degli ingredienti di uno spettacolo divertente e per tutta la famiglia.

La produzione è curata da Muvix Europa, realtà di produzione artistica capace di coniugare l’illusionismo con le più diverse discipline dello spettacolo, per realizzare soluzioni su misura.

I biglietti sono acquistabili presso la biglietteria della Casa del Teatro (Corso Galileo Ferraris 266), oppure sui siti www.magic-show.it e casateatroragazzi.it.

EXTREME MAGIC SHOW

Prodotto da Muvix Europa in collaborazione con il Circolo Amici della Magia di Torino

Con Marco Aimone, Diego Allegri, Ottavio Belli e Claudia Veneziano e Nespolo Giullare (Manuel Bruttomesso)

Fino al 7 gennaio 2024

Mercoledì 3 gennaio ore 15.30 e ore 18

Giovedì 4 gennaio ore 15.30 e 18
Venerdì 5 gennaio ore 18 e 21

Sabato 6 gennaio 15.30, 18 e 21

Domenica 7 gennaio 15.30 e 18

CASA DEL TEATRO RAGAZZI E GIOVANI – Corso Galileo Ferraris 266, Torino

Intero € 20
Ridotto € 16 (over 65, abbonati stagione 2023/2024, associazioni e CRAL convenzionati)
Ridotto ragazzi € 12 (under 14)

Info e prenotazioni Tel. 389.2064590 – biglietteria@casateatroragazzi.it

magic-show.it – casateatroragazzi.it

BIGLIETTERIA

Fondazione TRG c/o CASA del TEATRO RAGAZZI e GIOVANI
c.so Galileo Ferraris, 266 – 10134 Torino
tel. 011/19740280 – 389/2064590
biglietteria@casateatroragazzi.it     www.magic-show.it –  www.casateatroragazzi.it

Lo sbarco in Normandia e “i lunghi singulti dei violini d’autunno” di Verlaine

Per diverse settimane, dopo le imponenti celebrazioni ufficiali, la Normandia ospiterà le rievocazioni storiche in occasione dell’ottantesimo anniversario dello sbarco alleato del 6 giugno 1944 che aprì il secondo fronte europeo contro le armate del Terzo Reich, allo scopo di alleggerire il fronte orientale dove da tre anni l’Armata Rossa sovietica stava combattendo contro i tedeschi. Una vicenda che cambiò la storia europea, imprimendo una svolta al secondo conflitto mondiale, iniziata molto tempo prima quando venne pensata e organizzata l’imponente operazione militare tra la penisola del Cotentin e la zona di Caen, capoluogo del Calvados normanno, preparando mezzi e truppe, considerando il meteo, le distanze marine, le maree. L’annuncio dello sbarco venne dato con delle frasi in codice trasmesse da Radio Londra utilizzando la poesia Canzone d’autunno di Paul Verlaine. Furono utilizzati i primi versi (“I lunghi singulti dei violini d’autunno” ) il primo giugno e poi i versi successivi al massimo nelle 48 ore precedenti l’attacco per avvertire la Resistenza francese. Il terzo e il quarto verso della poesia (“mi lacerano il cuore di un languore monotono”) arrivarono la sera dal 5 giugno 1944. All’alba del giorno dopo ebbe inizio la più grande offensiva militare della storia. In quello che verrà ricordato come il “giorno più lungo” – in codice, operazione Overlord – gli anglo-americani impiegarono un impressionante numero di uomini e mezzi. Circa 150mila soldati americani, britannici, canadesi, polacchi e francesi attraversarono il Canale della Manica, trasportati o appoggiati da quasi 7 mila navi e 11 mila aerei, sbarcando su cinque spiagge – ribattezzate Utah, Omaha, Gold, Juno e Sword– nel tratto di costa normanna che si estende per circa un centinaio di chilometri tra Le Havre e Cherbourg. I nazisti del Terzo Reich avevano costruito, dalla Norvegia al sud della Francia, un sistema di bunker e fortificazioni conosciuto come il Vallo Atlantico ed erano convinti che un eventuale sbarco alleato sarebbe avvenuto nel Pas de Calais, nel punto in cui la costa inglese e quella francese sono più vicine. E lì avevano concentrato gran parte delle loro forze.

L’operazione Overlord avvenne invece più a sud, sulle spiagge di Nomandia e la battaglia divampò violentissima. Nel primo giorno dello sbarco furono più di diecimila le perdite alleate tra morti – oltre un terzo del totale – feriti, prigionieri e dispersi. Oltre novemila quelle tedesche. Sul litorale della Côte de Nacre, la splendida costa di madreperla, da Deauville a Cherbourg, da Arromanches al promontorio della Pointe du Hoc, si consumò una delle vicende più drammatiche e sanguinose della storia del Novecento. Il panorama stupendo che domina e s’affaccia sull’oceano rende quasi impossibile immaginare tanta violenza e dolore. Eppure basta guardarsi attorno per vedere ancora le ferite prodotte dai campi di battaglia: voragini aperte nel terreno dalle bombe piovute dal cielo e dal mare, resti delle casematte e dei pontoni sulle spiagge, bunker e postazioni d’artiglieria pesante, i tanti cimiteri e musei di guerra disseminati ovunque a testimoniare ciò che accadde ottant’anni fa. Lo sbarco in Normandia fu decisivo per la vittoria degli alleati che ad un prezzo altissimo riuscirono a conquistare una testa di ponte, combattendo per altri due mesi prima che l’esercito tedesco cedesse e cominciasse una ritirata che sarebbe finita soltanto ai confini della Germania. La battaglia di Normandia durò dal 6 giugno al 25 agosto del 1944, con la liberazione di Parigi, e fu una delle più cruente tra quelle combattute sul fronte occidentale, costando più di 70mila morti fra gli alleati e oltre 200mila fra i tedeschi. Altri 20mila furono i morti fra i civili. Moltissimi di quei soldati caduti riposano oggi nei 30 cimiteri distribuiti in tutta la regione, dei quali 22 nel solo dipartimento del Calvados. Ci sono quelli canadesi di Bretteville-sur-Laize e Bény-Reviers e quelli britannici (ben sedici), a partire da Bayeux, una delle prime città ad essere liberate dai nazisti dove, il 16 giugno 1944, il Generale De Gaulle tenne il suo primo discorso sul suolo francese libero. Il cimitero di Bayeux raccoglie le spoglie di quasi quattromila combattenti britannici e un memoriale che ricorda i 1809 soldati del Commonwealth che non hanno ricevuto una sepoltura. C’è quello imponente di Colleville-sur-Mer, il più famoso cimitero americano della seconda guerra mondiale in Europa che ospita, allineate sotto le croci bianche, le tombe di 9387 soldati caduti durante lo sbarco e i combattimenti che seguirono, situato sulle alture che sovrastano la spiaggia ribattezzata “bloody Omaha”, la sanguinosa Omaha. Quindici chilometri più a sud, quasi sperduto nella campagna, non distante dal piccolo abitato di La Cambe c’è il cimitero dove riposano i corpi di 21.222 soldati tedeschi, il doppio di quelli sepolti a Colleville. Non c’è vigilanza armata e nemmeno un religioso silenzio lì attorno, essendo quasi ai bordi dell’autostrada Parigi-Cherbourg, dove rombano le auto e i Tir. Non è a ridosso della linea del fronte, affacciato sulle spiagge del D-day. In quel tempo era una retrovia. Eppure, nonostante quello di La Cambe sia “un cimitero dei vinti” è pienamente percepibile forse più lì che altrove l’orrore, la violenza e l’incubo della guerra. Una scritta in pietra ammonisce in tedesco “dunkel ist”, è buio. Buio come il tempo che ci è dato vivere, con le guerre in Medio Oriente e ai confini europei dell’Est, a riprova che, con buona pace di Cicerone, la storia non è quasi mai maestra di vita. Buio come il destino dei tanti che caddero su entrambi i fronti nel 1944, sotto quella luce del nord di Normandia che gli impressionisti immortalarono sulle loro tele fondando la loro straordinaria corrente artistica che celebra quest’anno il suo secolo e mezzo di vita.

Marco Travaglini

“Fotografia è donna”…  in 120 scatti “da donna a donna”

In mostra, a “La Castiglia” di Saluzzo e al “Filatoio” di Caraglio, suggestive visioni dell’ “universo femminile”, cristallizzato da dodici donne-fotografe appartenenti alla “Magnum Photos”

Fino al 25 febbraio 2024

Saluzzo (Cuneo)

Donne fotografe e donne fotografate. Donne davanti e donne dietro l’obiettivo. Sono decisamente tutti “scatti d’autore”. Nel complesso 120, pagine di nitida, poetica o delicata o bruciante interpretazione di un “universo femminile” che corre e scorre con tutto il suo carico di affetti, ansie, gioie e paure lungo settant’anni di Storia, dal Dopoguerra ad oggi. Dietro a tutte, un marchio che è assoluta garanzia: quello dell’Agenzia “Magnum Photos”, fra le più importanti agenzie fotografiche del mondo, fondata nel lontano 1947 (dopo vari incontri al ristorante del “Moma” di New York) niente meno che da Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, David Seymour, George Rodger e William Vandivert. Come dire: dal gotha dell’arte fotografica del tempo. E di oggi, ancora. Dodici sono le autrici, ma con loro anche sei autori della “Magnum” appassionati interpreti delle tematiche in gioco, intorno a cui ruota “Fotografia è donna. L’universo femminile in 120 scatti dell’agenzia ‘Magnum Photos’, dal Dopoguerra a oggi”, mostra ospitata fino al 25 febbraio 2024, nelle sale dell’antico Castello, oggi Museo, de “La Castiglia” a Saluzzo (Cuneo).

Curata da Walter Guadagnini (direttore di “CAMERA”) e da Monica Poggi, la rassegna vede l’organizzazione del “Comune di Saluzzo” e di “Fondazione Artea”, in collaborazione con la torinese “CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia”, “Magnum Photos” e “Fondazione Amleto Bertoni”. Sei i nuclei tematici, cui è affidato il compito di descrivere il “Pianeta-Donna”, visto, recepito e fermato nello spazio e nel tempo attraverso molteplici punti di osservazione, in ottiche diverse ma “corali” nella definizione della specifica essenza della condizione femminile, immortalata nei più disparati luoghi del mondo e in epoche temporali assolutamente diverse. “Il contesto famigliare”“La crescita”“L’identità”“I miti della bellezza e della fama”“Le battaglie politiche” e “La guerra”: su questi “passaggi” fondamentali e identificativi ruota un iter espositivo in cui passano e si manifestano i grandi cambiamenti sociali che hanno caratterizzato la seconda metà del XX secolo ed i primi decenni del XXI, in un continuo intreccio di vicende individuali ed episodi di più complessa e larga attualità. Fra le 12 firme al femminile rappresentate in mostra, le prime due “capostipiti” – donne ad essere accolte alla “Magnum Photos”: l’austriaca Inge Morath e l’americana Eve Arnold“Pioniere del protagonismo femminile nella narrazione per immagini della realtà, Inge ed Eve hanno aperto la strada – sottolineano i curatori – a una visione empatica e più attenta alla vita degli esseri umani. In molte ne hanno seguito le orme, smettendo i panni di muse dei grandi artisti dinanzi all’obiettivo e ponendosi invece dietro ad esso, per divenire le testimoni dirette dei mutamenti del loro tempo”.

Fra di esse, le altre dieci raccolte a “La Castiglia”, autrici di fama internazionale e giovani fotografe contemporanee, presenti con reportage realizzati in situazioni anche molto diverse sotto l’aspetto storico e geografico, ma sempre attente a mai sprecare, fino all’ultima carta, le difficoltà e le opportunità di un mestiere scelto in tutto e per tutto. E , in certi casi, nonostante tutto. I loro nomi: le inglesi Olivia Arthur e Marylin SilverstoneMyriam Boulos (Libano), le spagnole Cristina De Middel e Lùa RibeiraBieke Depoorter (Belgio), Nanna Heitmann (Germania), le americane Susan Meiselas e Alessandra Sanguinetti e l’iraniana Newsha Tavakolian. In parete anche i grandi scatti di alcuni celebri fotografi “che hanno saputo dar forma all’identità femminile, contribuendo a denunciare un contesto sociale che ha visto e vede ancora troppo spesso i diritti delle donne messi in discussione”: da Robert Capa (fra i fotografi di guerra più famosi e influenti del XX secolo) a Bruce Davidson ed Elliot Erwitt, per finire con Rafal Milach e gli italiani Paolo Pellegrin e Ferdinando Scianna.

In stretto collegamento con la mostra di Saluzzo, la “Fondazione Artea” propone inoltre al “Filatoio” di Caraglio (Cuneo), sempre fino al 25 febbraio 2024, la monografica “Inge Morath. L’occhio e l’anima” che celebra, nel centenario dalla nascita, la prima fotogiornalista nella storia della “Magnum”, portando oltre 200 delle sue opere nelle sale dello storico opificio.

Gianni Milani

“Fotografia è donna”

“La Castiglia”, piazza Castello 2, Saluzzo (Cn); tel. 0175/240006 o comune.saluzzo.cn.it

Fino al 25 febbraio 2024

Orari: ven. 15/19; sa. Dom. e festivi 10/19

Nelle foto (“Magnum Photos”): Eve Arnold “A baby’s first five minutes”,1959; Inge Morath “Untitled”, 1961; Marilyn Silverstone “Mrs Kennedy and her sister Princess”, 1962; Nanna Heitmann “Anti-war protests in Moscow”, 2022;  Robert Capa “In the middle Simone Segouin French Resistance fighter”, 1944

I libri più letti e commentati: dicembre

Un anno se ne va e quali letture accompagnano il fatidico passaggio? Nel nostro gruppo FB Un Libro Tira L’Altro Ovvero Il Passaparola Dei Libri i titoli più discussi del mese di dicembre sono stati: Le Armi Della Luce, ultimo romanzo di Ken Follett, che senza entusiasmare ha comunque incontrato il giudizio favorevole dei lettori; Giù Nella Valle, di Paolo Cognetti, che ha convinto tutti i lettori;  Apeirogon, di Colum McCann che tratta un argomento tragicamente attuale.

Incontri con gli autori

Questo mese vi invitiamo a conoscere Emanuele Martinuzzipoeta dalla ricca produzione lirica, Marianna Scagliola che esordisce con  Una Famiglia Allargata Cane Compreso(Graus, 2022) ovvero le avventure esilaranti della famiglia Schiattarella; segnaliamo qui anche il nostro speciale su Francesca Ceccherini e la saga di Sofia.

Per questo mese è tutto: vi ricordiamo che se volete partecipare ai nostri confronti, potete venire a trovarci su FB e se volete rimanere aggiornati sulle novità in libreria e gli eventi legati al mondo dei libri e della lettura, visitate il nostro sito ufficiale all’indirizzo www.unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Successo anche per il concerto – bis di Capodanno

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Ottima affluenza di pubblico anche per il secondo concerto di capodanno, in questo caso di musica classica, oggi alle 16,30 in piazza Castello a Torino. “Abbiamo voluto iniziare l’anno scommettendo ancora una volta sulla cultura, celebrando insieme il 2024 e una delle nostre eccellenze, il Museo Egizio, Torino, che entra nell’anno del suo primo bicentenario e a cui è dedicato il programma eseguito sul palco di Piazza Castello”, ha commentato il sindaco di Torino Stefano Lo Russo. Trasmesso  in diretta su SKY Classica HD, il concerto verrà riproposto questa sera su Rete 4 alle 23:45.

Piemontesi di Britannia

Raccontare la storia non è mai un fatto scontato e quando si cerca di superare gli steccati disciplinari, travalicando metodi, aggregando diversi elementi in un disegno composito, l’operazione diventa molto interessante e originale.

E’ il caso di Piemontesi di Britannia, importante libro di Andrea Raimondi sui legami spesso invisibili che intercorrono tra la regione subalpina occidentale e il Regno Unito. Se poi la scrittura mantiene una efficacia comunicativa che si accompagna al rigore della ricerca delle fonti e dell’argomentazione, il risultato può essere piacevolmente sorprendente. Andrea Raimondi, novarese di nascita, laureato in Lingue e Letterature dell’Europa e delle Americhe presso l’Università del Piemonte Orientale e con un dottorato in Italian Studies presso l’irlandese University College Cork, collaboratore della la rivista Savej, impegnatissima a divulgare la cultura piemontese, si era già segnato per l’impegno di ricerca su diversi temi. Tra le sue pubblicazioni più note si segnalano Il multilinguismo degli scrittori piemontesi – Da Cesare Pavese a Benito Mazzi (Edizioni Grossi, Domodossola) e Emigrazione piemontese – Una storia che si ripete, in Rapporto Italiani nel Mondo 2017, a cura di Delfina Licata per la Fondazione Migrantes. Nel poderoso volume Piemontesi di Britannia si sofferma su aspetti che spesso vengono scarsamente considerati dalla storiografia generale come se non avessero la dignità che meritano le indagini sugli scambi e rapporti individuali, le contaminazioni culturali che influiscono nel corso del tempo tra Stati, Imperi e regioni. Raimondi si è posto l’obiettivo di affrontare una prospettiva storiografica capace di mettere in rilievo i molteplici rapporti tra entità territoriali differenti, prendendo come riferimento le relazioni “speciali” che nei secoli hanno avvicinato il Regno Unito all’attuale regione piemontese. Le ragioni che spiegano i motivi di questa originale e antica “amicizia” sono seguite da dieci capitoli dedicati ad altrettanti personaggi (incluso un personaggio particolare: il Vercelli Book, conosciuto anche come Codex Vercellensis, uno dei quattro antichissimi manoscritti in lingua anglosassone, datato intorno al 975) che, in modo diverso, hanno contribuito a tracciare e irrobustire il ponte che idealmente unisce le isole britanniche al Piemonte. Per parecchi dei personaggi trattati (come il cardinale Guala Bicchieri, il musicista Felice Giardini, il pittore vigezzino Giuseppe Mattia Borgnis e sir James Hudson, ultimo rappresentante britannico nel Regno di Sardegna) non esistono biografie aggiornate, mentre per Samuel Morland (matematico, inventore e diplomatico ingiustamente dimenticato) sono stati pubblicati profili biografici in lingua inglese, ma mai in italiano. Interessantissimi anche gli altri profili da David Rizzio, politico e compositore, segretario privato di Maria Stuarda, regina di Scozia, al critico e poeta torinese Giuseppe Baretti, noto anche lo pseudonimo di Aristarco Scannabue, dal leggendario maleschese Giovan Maria Salati, autore dell’impresa di attraversamento del canale della Manica a nuoto fino al grande scrittore albese Beppe Fenoglio del quale quest’anno si celebra il centenario della nascita. Gli intrecci  e le dinamiche  delle loro vite si intersecano con la grande storia, accompagnando il lettore alla ricerca dei fili invisibili ma ben saldi che legano il Piemonte dalle dentate e scintillanti vette di carducciana memoria al Regno sul quale sventola l’Union Jack.

Marco Travaglini

“Ivo Saglietti. Lo sguardo nomade”. Al Museo del Risorgimento la prima retrospettiva del grande fotografo

“Nomade” e ribelle, una vita a raccontare gli ultimi del mondo

Fino al 28 gennaio 2024

… Quando si dice … il destino! E nel destino Ivo Saglietti ci credeva. Eccome, se ci credeva! “Ho aperto gli occhi – scriveva – nella luce del Mediterraneo, a Tolone, nel sud  della Francia, dove, se lo guardi a lungo, il sole diventa un cerchio nero. Credo che il primo sguardo determini anche un destino: quasi sicuramente è grazie a questa luce che sono diventato fotografo”. E di “destino” gli parlava anche l’amico scrittore Paolo Rumiz“Amico mio, alla fotografia hai sempre chiesto qualcosa che va molto oltre gli effetti speciali, qualcosa  che si chiama destino”. Già, il destino. Ognuno di noi ha il suo, si dice. Ed è un susseguirsi di eventi che ti accompagnano, senza vie d’uscita, per tutta la vita. E a volta ti giocano anche brutti scherzi che sarebbe bene non accadessero. In forme inaccettabili. Crudeli. Come quella, per un artista, di trasformare l’omaggio di una mostra a lui dedicata nella sua prima “retrospettiva”. La prima mostra del “dopo”. E’ il caso proprio di Ivo Saglietti (Tolone, 1948 – Genova, 2023), scomparso il 2 dicembre scorso, a poco più di una settimana dall’avvio della personale a lui dedicata nella “Manica” della Camera Italiana al “Museo Nazionale del Risorgimento” di Torino.

Personale divenuta dunque (per destino!) “mini-retrospettiva” volta ad omaggiare, fino a domenica 28 gennaio prossimo“la storia professionale dell’artista entrata a titolo definitivo nel Pantheon che raccoglie i grandi fotoreporter del nostro Paese”. Parole accorate, queste di Michele Ruggiero, presidente de “La Porta di Vetro” (impegnata dal 2013 in importanti attività di social engagement) promotrice della mostra – è ormai la quarta – realizzata con la curatela di Tiziana Bonomo (“ArtPhotò”), in collaborazione con il “Consiglio Regionale del Piemonte”, il “Comitato Diritti Umani e Civili” e “Intesa San Paolo”. 53 sono gli scatti esposti, tutti in bianco e nero (cifra linguistica ideale per esaltare i contrasti formali e quell’arsura di luce che impregna a fondo ogni immagine), quasi tutti di piccolo formato all’interno dei passepartout e incorniciati di nero, come la grande “scuola francese” (da Saglietti intensamente amata) ha sempre insegnato.

In parete troviamo un saggio, che va dagli anni ’80 al 2018, di un’importante carriera professionale ((ben tre i “World Press Photo Award” vinti, oltre ad altri numerosi e prestigiosi riconoscimenti) che si srotola per oltre quarant’anni, dall’inizio delle rivolte in Centro America – Cile e Perù – ad Haiti e ancora dal vicino Oriente al “Mar Musa” in Siria, dove Ivo incontra padre Paolo Dall’Oglio con cui stringe un sodalizio importante ed una complicità di idee sfociata in alcune mirabili foto presenti in mostra (“Padre Dall’Oglio sale nella luce verso la montagna”) e nel libro (negli anni ne ha realizzati otto) “Sotto la tenda di Abramo” (Peliti Editore), prima del rapimento nel 2013 del gesuita italiano mai più ricomparso. Si tratta di lavori in assignement come quelli per il “New York Times Magazine”, “Time”, “Der Spiegel”, “Newsweek” e collaborazioni con prestigiose agenzie di fotogiornalismo come “Sipa Press”, “Stern” e “Zeitenspiegel”. Ma ad Ivo non piaceva il lavoro “mordi e fuggi” sottoposto ai ritmi frenetici della cronaca. Da “cavallo solitario” e di gran razza, amava – l’immancabile Leica sempre a portata di scatto – la “lentezza”. Diceva: “La lentezza è un fondamento della fotografia …  Quando arrivo sul luogo del mio lavoro, il primo giorno raramente estraggo la macchina fotografica. Avanzo torno indietro, passeggio, giro intorno, osservo, prendo appunti. Tutto con grande lentezza, lasciandomi penetrare dalle sensazioni, cercando di entrare in sintonia con i luoghi e con le persone”. Mirabili, in questo senso, la foto dei “Braceros” a Cuba o quella dell’infermiera che bacia sulla fronte, sempre a Cuba, un bambino vittima del disastro di Chernobyl o ancora a Srebrenica l’immagine delle due donne vestite di bianco, con il velo sul capo, chinate in preghiera sopra le bare dei propri cari, premio “World Press Photo” 2010. Cristallizzazioni di sofferenze e dolori e tragedie indicibili. Vuote però di rabbia, di urla sguaiate, di esibizionismi rancorosi.

La fotografia, secondo Saglietti, non ha nulla da “dimostrare”, ma tanto da “mostrare”. Scrive Tiziana Bonomo:  “Neri intensi, ombre lunghe, colpi di luce muovono le magie che Saglietti usa per commuoverci. In lui sono inseparabili amore, disperazione e speranza”. E coraggio. Tanto. Quel coraggio “che non si  esprime soltanto – conclude Michele Ruggiero – nella ricerca di un bianco e nero che vuole snidare l’indifferenza dalle nostre coscienze, ma nell’amore che esprime per gli ultimi, che sono anche i più deboli”.

Gianni Milani

 

“Ivo Saglietti. Lo sguardo nomade”

Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, piazza Carlo Alberto 8, Torino; tel. 011/5621147 o www.museorisorgimentotorino.it

Fino al 28 gennaio 2024

Orari: dal mart. alla dom. 10/18

Nelle foto: “Braceros il giorno della paga”, Repubblica Domenicana, 1993; “Padre Dall’Oglio sale nella luce verso la montagna”, Mar Musa – Siria, 2002; “La città dei bambini”, Cuba, 1993; “Due donne piangono dopo aver trovato le bare dei propri cari”, Srebrenica-Potočari (Bosnia ed Erzegovina), 2009

Il “Natale” di Eduardo, un capolavoro di risate anche oggi

Sino al 7 gennaio sul palcoscenico del teatro Alfieri

Dici Eduardo e dici “Natale in casa Cupiello”. L’autore e la “sua” commedia. Dici il groppo in gola, dici il divertimento, dici la risata come pure il dramma di una famiglia che si sta sgretolando, sotto l’occhio non più troppo vigile di quel padre che crede di avere tutti e ogni cosa in pugno ma che al contrario, ora, inciampa in una moglie, Concetta, che dentro quell’aria devota che ha stampata in faccia trova gli spiragli della derisione, in un figlio, Tommaso, fannullone, mariuolo sempre teso a rovistare nelle tasche e nella “robba” altrui, bamboccione ante litteram, pienamente contestatore (“nun me piace ‘o presepio”), in una figlia, Ninuccia, che piomba in casa, la vigilia della festa, a sbandierarti, senza un po’ di pudore, che ha tutta l’intenzione di lasciare quell’uomo ricco che le hanno dato per marito, con la sua fabbrica di bottoni, e di fuggirsene con il bel Vittorio per godersi tutta la vita sua. Una valanga che cala scena dopo scena, sempre più pesante, mentre il capofamiglia si rifugia in quel presepe che va a fatica costruendo, mentre il caso e la disattenzione di qualcuno sono lì pronti a distruggerlo.

Un capolavoro di sentimenti, ormai bacati e tutti sghembi, datato 1931, nato come atto unico che poi, negli anni successivi, in più occasioni, Eduardo ampliò sino a renderlo come oggi lo vediamo. E continuiamo ad ammirare. Vincenzo Salemme – che lo porta a Torino, al teatro Alfieri, sino al 7 gennaio, con una numerosa quanto variopinta compagnia – è nato, era la fine degli anni Settanta, alla scuola del grande autore napoletano, gli si avvicinò un giorno a Cinecittà mentre erano in corso le riprese televisive della commedia. “Aveva sulle spalle lo scialle color vinaccia pallido, un camicione da notte e i mutandoni che finivano dentro i calzettoni di lana”: quello era, per sempre, Luca Cupiello. Una scuola che ha dato i suoi frutti ma che poteva anche avviluppare del tutto, sostituirsi, non lasciare un respiro: invece il Luca di Salemme vive di vita propria, mostra i segni concreti di questo autunno del patriarca, il carattere sbiadito, è quanto di più personale ci si possa aspettare, segue certo la vecchia strada ma attualizzandola la ringiovanisce con convinzione, con spirito inesplorato, con estro decisamente maturo. L’attore accresce in quel personaggio la sbadataggine mentale, i chiaroscuri della vita, tutta la cecità che si porta appresso, il tragico e il tragicomico che lo seguono ad ogni battuta: ne firma la sconfitta, propria e di quella atmosfera natalizia costruita ora dopo ora. Mentre le tragedie si compiono, Luca crede che sia ancora tempo di comparire in scena con le candeline accese e con i mantelli e le corone dei re magi, come se tutto continuasse a essere un gioco.

Nella commedia “più bella, più amara, più divertente, più sentimentale, più intensa, più malinconica, più festosa, più struggente della storia” Salemme ha riversato tutto lo spirito di Eduardo, il suo desiderio di rovistare, anche a costo di ferirsi, all’interno di tanti nuclei familiari, come tutta l’allegria possibile: ne sono prova l’inizio della tournée fatta di tutti esauriti e il debutto a Torino, fitto di risate e applausi ritmati a scena aperta da un pubblico letteralmente e piacevolmente coinvolto. Un successo: di un interprete e regista, di una compagnia tutta in cui ha avuto un proprio giusto spazio la Concetta di Teresa Del Vecchio: l’attrice è stata chiamata da Salemme soltanto il giorno prima del debutto torinese, soltanto un unico giorno di prove per un ruolo che la vede sempre in scena, chiamata a sostituire la collega che sino a quel momento aveva ricoperto il ruolo, impossibilitata per un serio problema di salute che l’aveva costretta al ricovero in ospedale. Sostituzione eccellente, con la messa a fuoco di un carattere pieno di concretezza e di realismo, del pragmatismo vissuto tra le quattro mura, ma pure delle difficoltà, dei segreti tenuti per sé, delle quotidianità da portare come un grosso peso. Una bella prova, di grande sicurezza, anch’essa rimarcata dagli applausi finali del pubblico che riempiva la sala come di rado s’è visto.

Elio Rabbione

Da Capodanno all’Epifania nei musei di Torino

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Una visita ai musei di Torino, occasione di passare le feste all’insegna della cultura

A dicembre e gennaio, in occasione delle Festività, i Musei Reali sono aperti con il consueto orario, da martedì a domenica, unica chiusura anticipata il 24/12 alle ore 16 (biglietteria 9-15).

 

Domenica 31/12 dalle ore 16, in occasione del concerto che avrà luogo in piazza Castello, l’ingresso sarà consentito esclusivamente da piazza San Giovanni 4 (accanto al campanile del Duomo).

 

In occasione delle festività il Museo Nazionale del Cinema propone una serie di aperture straordinarie e variazioni d’orario:

tutti i sabati apertura  fino alle 22

 

domenica 31 dicembre apertura dalle 9 alle 18

lunedì 1 gennaio apertura dalle 14 alle 19

martedì 2 gennaio apertura dalle 9 alle 19

sabato 6 gennaio apertura  fino alle 22

La biglietteria è aperta fino a un’ora prima della chiusura del Museo.

Il Museo prevede per tutto il periodo natalizio una serie di eventi e visite legate alla mostra  Il Mondo di Tim Burton.

Al piano accoglienza della Mole Antonelliana si può ammirare un Albero di Natale alto quattro metri, appositamente realizzato dalle Scuole Tecniche San Carlo in linea con l’estetica dei più celebri film burtoniani.

 

Mercoledì 6 gennaio ore 17
VOLA VOLA LA BEFANA! – LABORATORIO DI TRUCCHI ED EFFETTI SPECIALI

Al cinema nulla è impossibile: volare sulla scopa come la befana, animare oggetti o creare una perfetta copia di sé! Un laboratorio per sperimentare la magia degli effetti speciali e dei trucchi cinematografici. I partecipanti riceveranno il video realizzato durante il laboratorio. Per bambini dagli 8 anni.
Durata 1ora e 30 minuti – costo € 6 + ingresso ridotto al Museo

Inoltre, tutte le domeniche e, dal 24 dicembre al 7 gennaio, tutti i giorni alle ore 15:

ALLA SCOPERTA DEL MUSEO DEL CINEMA | Visita guidata
Per conoscere il Museo del Cinema e le sue meraviglie, dal teatro d’ombre ai fratelli Lumière fino ai grandi protagonisti della storia del cinema.
Durata 1ora e 30 minuti – costo € 6 + ingresso ridotto al Museo – max 15 partecipanti – prenotazioni a questo LINK

e tutti  i Sabati e  le  domeniche alle ore 10.20,  14.00 e 16.40

SALITA A PIEDI ALLA CUPOLA DELLA MOLE ANTONELLIANA

Visita guidata alle meraviglie architettoniche e ai luoghi mai visti della Mole Antonelliana. Un percorso a piedi, dal piano terra fino alla Terrazza Panoramica a 85 metri di altezza, lungo le scale dell’intercapedine della Cupola.

La visita alla Cupola è sconsigliata ai visitatori affetti da difficoltà motorie, gravi difetti della vista o dell’udito, cardiopatie o patologie polmonari, claustrofobia, sindromi da disorientamento (labirintite, vertigini, ecc.).
La visita alla Cupola non è consentita ai bambini di età inferiore a 6 anni.
Durata 1h – Costo € 10 a persona
MERCHANDISING XMAS EDITION

Per tutto il mese di dicembre e fino al 7 gennaio 2024, il merchandising della mostra si arricchisce con diverse christmas baubles limited edition, in acquisto presso il bookshop del Museo. Per coloro che vorranno condividere la magia della mostra con i propri cari, sarà disponibile per la prima volta la formula “A Natale regala Tim Burton”: alle casse della Mole si potrà acquistare il pack che include due biglietti per la mostra e una pallina di Natale componibile in limited edition: una vera chicca per gli appassionati e i collezionisti.

Costo bambini: € 8 (biglietto di ingresso alla mostra gratuito per i bambini fino a 5 anni);

Costo adulti accompagnatori: biglietto di ingresso alla mostra ridotto; gratuito per i possessori di Abbonamento Musei

Informazioni e prenotazioni: 0115211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

Prenotazione obbligatoria e pagamento online

 

Il Museo Nazionale del Risorgimento  sarà aperto con il consueto orario:
dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18 (ultimo ingresso ore 17).

Chiusure:
24-25 dicembre e 1° gennaio.

Visite guidate
Sono previste visite guidate al percorso espositivo del museo nei giorni 26-30 e 31 dicembre e 6 gennaio, con partenza alle ore 15.30. Prenotazione telefonica obbligatoria al numero 011 5621147 (biglietto di ingresso al museo + 4 euro per visita guidata; per possessori di Abbonamento Musei e Torino+Piemonte Card solo 4 euro per la visita guidata).

 

MAUTO Museo Nazionale dell’Automobile:

Domenica  31 dicembre

Dalle 10:00 alle 14:00

Lunedì  1 gennaio 2024
Dalle 14:00 alle 19:00

In tutti gli altri giorni il Museo osserva i consueti orari di apertura.

 

La Galleria della Scrittura al Museo Egizio

Dopo lavori di consolidamento e restauro, riapre il terzo piano del Museo che amplia così il percorso espositivo con un nuovo allestimento: la Galleria della Scrittura.
Si tratta di mille metri quadrati che ospitano 248 reperti, un viaggio in 10 sezioni all’origine delle scritture dell’antico Egitto, a ritroso nel tempo di 4000 anni.

Non solo geroglifici e l’avventura che nei secoli portò alla loro decifrazione e alla nascita dell’Egittologia, ma anche lo ieratico, il demotico e poi il copto. Raccontare la storia della scrittura antica, nelle sue varianti ed evoluzioni significa anche descrivere la società, le articolazioni dello stato e in ultimo la figura dello scriba, custode della memoria storica dell’antica civiltà egizia e depositario di un saper fare, che affonda le sue origini nel mito ed è avvolto da un’aura quasi sacra.

Il progetto espositivo è a cura di Paolo Marini, Federico Poole e Susanne Toepfer, quest’ultima responsabile della Papiroteca del Museo Egizio.