CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 196

Il valore delle note culturali di Giuseppe Possa

 

A tempo libro, il volume che raccoglie le recensioni scritte da Giuseppe Possa nell’arco temporale di un quadriennio, tra il 2019 e il 2023 segnato dal lockdown imposto dalla pandemia del Covid-19, soffermandosi su artisti, autori, intellettuali che vivono nella provincia più piccola e più a nord del Piemonte, testimonia la vivacità vita culturale di questa terra di frontiera. Confinante con la Lombardia, con la quale condivide il lago Maggiore, e con la Svizzera, il Vco offre un vasto campionario di autori e artisti in grado, con le loro opere, di elevare la qualità culturale di questo cuneo di terra e di gente incastonato tra laghi e montagne, regioni e nazioni confinanti. In questa terra la mescolanza di esperienze e radici culturali ha consentito di mettere in rilievo quella ricchezza e quel dinamismo che Giuseppe Possa ha saputo tradurre in queste note critiche, portando alla luce e offrendo a tutti i lettori un vasto mondo fatto di storie, esperienze, capacità che hanno dato forza e fiato ad una identità culturale per molti versi nuova e inaspettata. E’ una fortuna che questo critico, che predilige mettere in rilievo le positività e il talento di tanti artigiani della pittura, letteratura, poesia, scultura e musica, abbia voluto pubblicare questa interessante raccolta vincendo la sua nota ritrosia. E’ una fortuna perché consente di comprendere quanta varietà e ricchezza culturale offrono le decine di profili che ha voluto tratteggiare, dai più noti ai meno conosciuti. Compresi i ricordi di alcuni personaggi importanti come i poeti Walter Alberisio e Filippo Crea, il filologo Gianfranco Contini, lo scrittore Benito Mazzi, il partigiano Franco Sgrena. Rocco Cento, nella sua postfazione, scrive che Giuseppe Possa è stato il protagonista di cinquant’anni di testimonianze perché “dall’Ossola a Milano non c’è stato un evento o personaggio con cui non abbia conversato o collaborato, scrivendone”. Ed è la pura verità. Possa, nato a Domodossola nel novembre del 1950, si è sempre interessato di critica letteraria e d’arte. Ha dato alle stampe quattro libri di poesie, ottenendo numerosi riconoscimenti letterari. I suoi scritti figurano in numerosi giornali, riviste e antologie (è stato tradotto in francese, inglese, tedesco), ha fondato a Milano la rivista d’arte e cultura Controcorrente, con il poeta Giorgio Quaglia condivide il blog PQlaScintilla e ha collaborato con tante altre, curando e presentando cataloghi, libri e pubblicazioni varie di letterati e artisti. Solo una piccola parte di questo imponente lavoro è racconta nelle note di A tempo libero. L’augurio è che rinunci al proposito di “appendere la penna al chiodo”, continuando a dare il suo contributo culturale quanto mai prezioso in questi tempi piuttosto opachi e difficili.

Marco Travaglini

I libri di Rossotti, gentleman della carta stampata

Che bella sorpresa trovare ancora, a dieci anni dalla scomparsa, i libri di Renzo Rossotti sulle bancarelle dei mercatini e anche in qualche libreria, ristampati in nuove edizioni. Libri sempre attuali, in grado di attirare l’attenzione dei lettori interessati a conoscere non solo la storia di Torino ma anche i segreti e i misteri della città sabauda.
Una persona simpatica Rossotti, sempre sorridente, di grande cultura. É un modo per ricordarlo, noi giornalisti del Torinese lo abbiamo conosciuto bene e talvolta gli abbiamo fatto anche compagnia all’ora del mitico aperitivo, mitico per lui, favoloso per tutti quando si beve un buon champagne.. Lo si poteva incontrare nel suo caffè preferito, da Platti in corso Vittorio, mentre sorseggiava una coppa di champagne con l’immancabile sorriso, tutti i giorni, verso sera. Chiacchierare con lui era un piacere e, su Torino, città che amava profondamente, si imparava sempre qualcosa di nuovo. Giornalista torinese, o meglio chierese, scrittore, autore di romanzi e saggi, sempre molto distinto e gentile, Renzo era considerato un vero gentleman dei libri. Amava in particolare l’Inghilterra e le vicende della famiglia reale britannica, da Londra è stato corrispondente per quotidiani e settimanali ma con Torino aveva un feeling particolare. Come non ricordare i “gialli” di Rossotti e i volumi sulla Torino magica ed esoterica e gli infiniti libri, tutti i momenti ne sfornava uno nuovo, su case, piazze, strade, palazzi e monumenti della sua città. Grazie a lui sappiamo tutto su Torino. Una persona dai mille interessi.
Appassionato di filatelia, è stato un noto giornalista filatelico che curava rubriche su riviste e quotidiani. Tra i suoi libri, ricordo in particolare “Curiosità e misteri di Torino” del 1992, più volte ristampato, che divenne un bestseller con 40.000 copie vendute e nove ristampe, ma anche “Storia insolita di Torino” (2002), “Se c’era la luna”(1993), “Villarbasse, Cascina fatale” del 2002 e uno splendido “Le sabbie di Lawrence d’Arabia” del 2001.
  Filippo Re

Le sculture che raccontano la vita dei clochard

Nel giardino Sambuy di piazza Carlo Felice, sino al 15 novembre

Vita reale e vita artistica – assai più poetica – quasi si sovrappongono in questi giorni nel giardino Sambuy di piazza Carlo Felice, una mostra nata da un’idea di Raffaele Palma e dalla collaborazione tra CAUS – Centro Arti Umoristiche e Satiriche e le Associazioni Culturali Due Fiumi, “Giardino Forbito, “Maranzana, il Paese dei Babaci”, “Libri in Piola e non solo”, “Volo2006 ODV per il Volontariato” e “Bartolomeo & C.”. È nata “CLOveCHARD”, con la partecipazione di 14 scultori (partecipano tra gli altri Enzo Sciavolino, Mirco Andreis, Rosalba Boccaccio e Marilena Ciravegna, Lorella Massarotto, Bruno Roberto e Pierangelo Bertolo) che hanno realizzato altrettante opere polimateriche – uomini e donne distesi o seduti, addormentati, ricoperti di ogni loro avere, gli occhi fissi sul passante frettoloso, ognuno fatto di carta, stoffa, alluminio (lo ha usato con del polistirolo espanso Giancarlo Laurenti per il suo clochard, chiuso nel pensiero della propria vita e dimentico del freddo fino a morirne), juta, lana, legno, plastica, carta: anche le cassette che in un mercato hanno contenuto il pesce sono servite (da parte di Luciana Penna) a dar vita ad una scultura, il desiderio di una casa, sognata, tutta propria -, posizionate sulle panchine della piazza, alcune ad occuparle completamente, altre a permettere, quasi ad invitare, al visitatore di sedere accanto. Palma non ha dimenticato la poesia: ha infatti trovato posto una sezione parallela in cui sono presenti i testi di 22 poeti, stampati su foglietti per essere distribuiti a titolo gratuito al pubblico.

Un mondo di povertà, di tragedie della vita, d’incapacità d’adattamento, di violenza, di morti improvvise cui nessuno ha dato importanza, sotto gli occhi di tutti. Un mondo irrisolto. Certo per qualcuno, anche un mondo cercato e voluto, una volontà dura a morire che nessuno riuscirà mai a estirpare pienamente. Nell’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica e le Autorità verso quanti vivono per la strada e gettare uno sguardo al deteriorarsi, più o meno simbolico, di quei materiali confrontati con il più concreto realismo di negazione di quanti essi rappresentano, “CLOveCHARD” fa seguito ad una esperienza analoga che aveva visto tre anni fa coinvolti vari pittori (la ricerca e i ritratti di clochard cittadini, sulle orme di alcuni artisti rinascimentali alla ricerca dei loro soggetti immortalati nelle opere d’arte che ancora oggi vediamo nelle chiese e nei musei, Caravaggio uno per tutti), senza dimenticare quella del 2022, “ClocharDesign”, in cui si è vista da parte di designer l’ideazione e per qualche esempio la realizzazione di piccoli ricoveri per queste persone, disegni e prototipi che hanno poi trovato una esposizione nei locali della Biblioteca Civica Centrale. La mostra rimarrà aperta (dalle 8 alle 20, con ingresso gratuito) sino a mercoledì 15 novembre.

e.rb.

Le cianotipie di Alice Serafino “Sono solo lune di carta”

In piazzetta IV Marzo sono in mostra alla galleria Elena Salamon 

Sono cinquanta le opere in mostra nella galleria di Elena Salamon, nella centrale piazzetta IV Marzo, dell’artista Alice Serafino, sotto il titolo “Sono solo lune di carta”. Si tratta della retrospettiva degli ultimi quattro anni della produzione dell’artista pinerolese, frutto di una particolare ricerca sulla cianotipia.

Questo è un antico metodo di stampa fotografica che sfrutta l’azione di due sali di ferro che poi reagiscono ai raggi UV dando vita all’immagine fotografica dal tipico colore blu Prussia, il tutto mescolato al collage e all’acquerello, ottenendo un tuffo surrealista e sognante, all’opposto lineare in eccesso, privo di elementi ddisturbanti.

“La cenotipia è una tecnica – spiega Alice Serafino – semplice e molto versatile con la quale ho iniziato a lavorare dal 2016, progettando intere serie di ‘Naturalia’, ‘Lunedì e Bambù ‘ e ‘Minuscule’.

Il rigore che ha caratterizzato i miei primi anni di attività e che è evidente, per esempio, negli sfondi di Lunatiche e nella serie di opere intitolate “Out of the Blue” si è poi andato ridimensionando, sostenuto dall’impulsività e immediatezza del gesto e, talora, anche del caso”.

Nella mostra compaiono molte gambe di donna e l’artista spiega questo fatto dicendo che da piccola giocava molto con le scarpe della nonna. Da questi soggetti sembra emergere una sana rievocazione bunueliana, che contraddistingue molte cianotipie acquerellate associate al collage di Alice Serafino.

La mostra è visitabile fino al 20 novembre

Con orario martedì, mercoledì e giovedì dalle 15 alle 19, e giovedì e sabato dalle 10.30 alle 19 ( orario continuato)

Mara Martellotta

La “Atene del Canavese” approda a Torino. Ultimi giorni

In visione al “Collegio San Giuseppe” i libri più recenti di Donatella Taverna e le venticinque illustrazioni che ne completano la suggestiva veste editoriale

Fino al 10 novembre

“Atene del Canavese”: di certo ha scelto un nome ben impegnativo l’editore Giampaolo Verga quando, tredici anni fa, decise di dare vita alla sua preziosa Casa Editrice (particolarmente attenta alla valorizzazione del territorio canavesano e piemontese in genere) in quel di San Giorgio Canavese. Comune confinante con le cosiddette “Terre di Fruttuaria” (“terre abbaziali” di San Benigno, Montanaro, Lombardore e Feletto) e dominio per molti secoli dei Conti di Biandrate, fino al 1631 quando passò sotto il dominio dei Savoia, da allora, San Giorgio è diventato importante punto di riferimento, nonché terra natia, di celebri intellettuali (da Carlo Tenivelli, poeta e scrittore, al pittore Carlo Bossi fino allo storico sangiorgese Carlo Botta nella cui casa natale ha oggi sede il “Museo Nòssi Ràis – Nostre Radici”, al matematico Carlo Ignazio Giulio, fino a Bernardino Drovetti di Barbania e al giurista altro sangiorgese Matteo Pescatore solo per citarne alcuni) che ne hanno tracciato dal ‘700 in poi, la storia, guadagnandole l’alto titolo, di “Atene dal Canavese”.

Titolo saggiamente fatto proprio, ecco svelato l’arcano del nome dato alla Casa Editrice, dal Verga, editore indubbiamente meritevole di una premiante “trasferta” sotto la Mole. Dove, da alcuni giorni, e fino al 10 novembre prossimo, sono in pubblica e piacevolissima visione al “Collegio San Giuseppe” di via San Francesco da Paola, tre libri, fra le pubblicazioni più recenti e di maggior successo, a firma di Donatella Taverna (torinese, giornalista e nota critica d’arte), figlia dell’indimenticato scultore– allievo e collaboratore del Bistolfi – Giovanni Taverna e alle spalle una solida formazione specialistica (vitale passione!) in “Archeologia orientale”, acquisita nel periodo glorioso in cui all’Ateneo torinese insegnavano ancora Giorgio Gullini e Antonio Invernizzi. Tre, si diceva, i libri esposti, realizzati dalla Taverna fra il 2020 e il 2023. In ordine cronologico: “Esseri misteriosi nella tradizione popolare piemontese”, “Celti, fate e altre storie della tradizione popolare piemontese” e“Acque, stelle e genti lontane nella tradizione popolare piemontese”.

In ogni titolo e all’interno di ogni volume, comune e costante fil rouge, il tema della “tradizione popolare piemontese”: un mondo di fiabe (con figure misteriose che vanno dalla fata Melusina agli immaginifici “Pedoca” che abitavano le cime e le valli segrete ricche d’oro, ai draghi serpentini e alati fino all’ “uomo selvatico”, l’“òm searvy” delle vallate piemontesi, mezzo uomo e mezzo scimmia, “un mondo fantastico – sottolinea Donatella – che però contiene saggezze remote di cui troppo spesso ci si è dimenticati”.

E che servono a svelare ( attraverso le numerose tracce, ancora oggi ben vive, lasciate dalle antiche popolazioni celtiche o da quei Salassi fondatori di Eporedia –Ivrea o dalle genti che abitavano la Gallia della Provenza fino alla Bretagna) quella ricca e complessa civiltà del Piemonte preromano (146 a. C.) “troppo spesso studiata come se esprimesse soltanto rozzi pastori primitivi senza cultura e senza scrittura”. Pagine suggestive che riportano a precise realtà storiche, attraverso una ben definita formazione scolastica , sulla quale “agì non poco durante la mia infanzia e la mia giovinezza – continua la Taverna –  anche la presenza di un padre scultore appassionato di archeologia e di una madre pittrice appassionata di storia”.

Storia e arte. Realtà che trovano forma viva nell’iniziativa organizzata al “San Giuseppe”, dove in parete trovano anche spazio venticinque illustrazioni(a varie tecniche) di undici importanti artisti torinesi contemporanei servite a corredo iconografico delle pubblicazioni della Taverna. Dal fantastico “pesce fossile” di Giovanni Macciotta alle “Figure”, frammenti scultorei alla ricerca di una comune identità, del grande Sandro Cherchi, fino agli inquietanti “idoli del mare” (parte di una cartella dedicata a Paul Verlaine) di Guido De Bonis, ai “draghi” (a nerofumo) di Luisa Porporato e all’“Alcantara” di Carla Parsani Motti, richiami allo stupendo “controluce” di Lia Laterza, accanto al “grande padre serpente”opera dell’“alchimista” Isidoro Cottino. A seguire la scultorea, onirica classicità di Luigi Rigorini, controcanto all’astratto rigo musicale (“Vinias”) di Mario Gomboli e alle scomposte geometrie acquerellate (“Montagna”) di Eugenio Gabanino, altro dalla leggendaria (pluricelebrata in arte) “Danae” di Mario Gramaglia.

Pagine da leggere e opere da osservare. Con curiosità, attenzione e voglia di conoscere meglio noi stessi e le nostre radici. “Il prossimo studio – conclude Donatella Tavernaprenderà le mosse dalla presenza longobarda in Piemonte, dal VI secolo dopo Cristo, che ha lasciato nella nostra regione tracce ben più profonde di quanto possiamo pensare non solo nella cultura popolare, ma nella storia stessa”.

Gianni Milani

La “Atene del Canavese”

“Collegio San Giuseppe”, via San Francesco da Paola 23, Torino;tel. 011/8123250 o www.collegiosangiuseppe.it

Fino al 10 novembre

Orari: dal lun. al ven. 10,30/12,30 e 16/18,30; sab. 10/12

Nelle foto: “Cover” libri, Donatella Taverna, Guido De Bonis “Idoli del mare”, Luisa Porporato “Draghi”, Carla Parsani Motti “Alcantara”

In scena la Tragédie de Carmen a Savigliano, Venaria e Bra

Per il circuito lirico piemontese 2023 

La tragédie de Carmen sarà rappresentata a dicembre a Savigliano, Venaria e Bra

La leggendaria versione della Carmen di Bizet, rivisitata da Peter Brook, la Tragédie de Carmen, rappresenta il primo appuntamento del circuito lirico piemontese del 2023.

Il debutto avverrà il primo dicembre alle 20.45 al teatro Milanollo di Savigliano, con repliche il 3 dicembre alle 16 al teatro Concordia di Venaria e il 6 dicembre alle 21 al teatro Boglione di Bra, nel Cuneese.

Sono ormai passati 38 anni dalla celebre prima rappresentazione de La tragédie de Carmen, firmata da Peter Brook, Jean Claude Carriere e Marius Constant. Da quel giorno del 1981 alle Bouffes aux Nord di Parigi esistono due versioni, due Carmen nel repertorio operistico, la classica versione originale di Bizet e quella immaginata da Peter Brook, che fece tanto parlare di sé da farne addirittura un film.

Si tratta di una versione ristretta, condensata, dove l’elemento pittorico e folkloristico lascia spazio all’urgenza drammaturgica del racconto e accelera l’intreccio. L’attenzione è tutta riposta nel Quartetto dei personaggi formati da Carmen, José, Micaela, Escamillo, che trascinano lo spettatore nella dimensione intima delle loro emozioni. Il libretto di Carrière attinge alla novella di Mérimée, che rappresenta la fonte primaria, facendo resuscitare Garcia, il marito di Carmen. Constant ridimensiona la poderosa partitura originale in un atto unico per orchestra di venti elementi.

Tutto questo permette di rinnovare il mito di Carmen e di offrire nuove chiavi di lettura. La zingara diventa una donna blasfema, che ride di fronte al soffocante patriarcato che la circonda, esprimendo la sua indipendenza ad ogni costo.

Per dare corpo a questa versione la regia firmata da Alberto Barbi si rifà all’idea di spazio vuoto di Peter Brook. Il palcoscenico è una scatola dove contano solo i personaggi con le loro voci e i loro drammi.

Il Circuito Lirico Piemontese mira a rendere stabile e sostenibile l’opera, bilanciando tradizione e innovazione, con un cartellone che propone opere classiche alternate ad altre più contemporanee.

L’impresa lirica Tamagno è una realtà di riferimento nella produzione di spettacoli lirici sul territorio nazionale, avendo alle spalle ben trenta anni di attività nella diffusione di questo genere ad un pubblico popolare. In linea con il suo programma di rilancio territoriale, l’impresa ha selezionato 10 giovani artisti under 35 che prenderanno parte ai percorsi formativi e relative produzioni, in collaborazione con i principali conservatori del territorio piemontese.

MARA MARTELLOTTA

 

Info e prenotazione 3890606202

liricatamagno.to@gmail.com

Al “MAO” di Torino, incontro con l’artista ed illustratore taiwanese Animo Chen

Il Museo di via San Domenico ospita la mostra “Una breve elegia”

Martedì 7 novembre, ore 18,30

“I suoi fumetti – è stato scritto – insegnano ad abitare la quotidianità di un dolore”. Animo Chen è un artista ed illustratore taiwanese. Ha lavorato come fotografo, art director per il cinema e regista di video-animazioni. Il suo primo libro “Una breve elegia” (“add editore”) ha vinto il “BRAW” come miglior fumetto alla “Bologna Children’s Book Fair” del 2020, dove anche il suo ultimo lavoro (2021) “Love Letter” si è portato a casa una menzione speciale nella categoria dedicata alla “Poesia”.


Artista di grande interesse e sicuramente in grado di coinvolgere emotivamente, attraverso le sue opere, una larga fetta di pubblico, Animo Chen sarà presentato, in dialogo con Ramona Ponzini (artista e performer), martedì 7 novembre, presso gli spazi del “MAO-Museo d’Arte Orientale”, in via San Domenico 11, a Torino. L’occasione nasce (creando una suggestiva continuità di parole ed immagini) dall’esposizione “Una breve elegia” (a cura di “add editore”, fino al 7 gennaio 2024), che raccoglie nelle sale del “MAO” una selezione di tavole estratte dai suoi due ultimi succitati lavori editoriali, e un’animazione video con le musiche e la voce di Sam Liao, musicista taiwanese. Durante l’incontro, verranno anche presentate l’edizione italiana del volume “Una breve elegia” e la mostra delle tavole estratte dal libro omonimo e da “Love letters”, ultimo suo lavoro.

L’ingresso è libero, fino ad esaurimento posti.

“In un processo di conversione di parole in immagini – si scrive – le illustrazioni di Animo Chen restituiscono un racconto denso e delicato, un’esplorazione della mancanza, della perdita, della lontananza, dell’amore, con un linguaggio che permette alla poesia di prendere corpo nel colore e nelle immagini.

Nei suoi lavori l’artista indaga i sentimenti più profondi e viscerali dell’essere umano e racconta con tratto leggero ma di grande potenza visiva la gioia, il dolore, i desideri minuti di ogni giorni: il primo incontro di un bimbo con la morte, la vita di una coppia, la perdita di un figlio, il viaggio di una ragazza in una città lontana, alla ricerca del suo amato”.

L’esposizione è realizzata con il contributo del “Ministero della Cultura” della Repubblica di Cina (Taiwan).

Per ulteriori info: “MAO-Museo d’Arte Orientale”, via San Domenico 11, Torino; www.maotorino.it

g.m.

Nelle foto:

–       Immagine guida della mostra “Una breve elegia”

–       MAO: giardini interni

Gonzaga al castello San Giorgio Gozzani

L’illustre visita è avvenuta in forma privata nell’antico castello monferrino il 16-10-2021 a conferma della relazione materna tra i Gozzano di Agliè e i Gonzaga, pubblicata sul Torinese online il 3-8-2021. Il proprietario architetto Francesco Rolla ci ha descritto l’evoluzione della struttura risalente all’anno 859, costruita attorno alla torre di origine sassone detta del Barbarossa. Fu sede feudale di nobili famiglie investite dai marchesi del Monferrato. Con le possenti mura edificate dai Paleologi rappresenta una delle fortezze più antiche meglio conservate. Con il passaggio del Monferrato al duca Federico II° Gonzaga di Mantova, il maniero venne occupato dai francesi e in parte distrutto dagli spagnoli agli inizi del ‘600 durante la guerra di successione.
Fu ceduto dal duca Ferdinando Carlo Gonzaga-Nevers a Giovanni Gozzano il giovane per 2100 doppie d’oro nel 1670, succedendo alla famiglia dei Galeazzi-Salvati e infeudato della contea di San Giorgio, proprietà della famiglia Gozzano proveniente da Luzzogno fino agli inizi del ‘900. Nei piani nobili vivevano la corte e gli ambienti amministrativi mentre i piani inferiori erano adibiti a scuderie, cantine, granai e le strutture esterne a panificio, ghiacciaia e l’immenso parco a frutteto. Evidenti i segni lasciati dai marchesi Gozzani: stemmi di famiglia, il doppio scalone barocco, la terrazzata con finestre a scomparsa, il nome in rilievo sulla campana della torre.
La ricerca relativa alle due famiglie si è sviluppata tramite l’atto di cresima del principe SRI Maurizio Gonzaga, celebrata in Vaticano da papa Pio XII° il 16-6-1949 e conclusasi nell’archivio del duomo di Alba con la genealogia della ricca famiglia Alliana che ne ha confermato la parentela. Padrino della cresima fu il neuropsichiatra Mario Gozzano, figlio del generale Francesco di Agliè e nipote del generale principe SRI don Maurizio Ferrante Gonzaga. Ingrid Gozzano, neuropsichiatra infantile a Roma, unica figlia vivente di Mario è ancora in contatto con il cugino Maurizio Gonzaga.
Curiosamente, al battesimo di Maurizio Gonzaga del 3-12-1938 il padrino fu il duca d’Aosta, il re e cavaliere di Spagna a cui era stato offerto dagli ufficiali di cavalleria un trofeo in bronzo posto sulla tomba di Superga dal marchese generale Carlo Giovanni Gozzani, nipote di Evasio detto il marchese pazzo. A Roma venne istituita nel 2010 una visita virtuale a Villa Borghese con due guide d’eccezione, Paolina Bonaparte ed Evasio Gozzani, personale amministratore di casa Borghese e curatore delle nuove mostre nel 1812, accompagnati dalle preziose melodie di Bach, Monteverdi e Pergolesi.
Il principe Maurizio Gonzaga (*1938), discendente da Giovanni (1474-1525) terzo figlio di Federico I° di Mantova e Margherita di Baviera, ancora oggi utilizza una dialettica famigliare con accento italo-tedesco. Maurizio è autore di due romanzi: Fiori nel deserto (12 racconti che accendono una speranza ai piccoli e adolescenti oppressi e indifesi) e Assalto al castello (storia delle famiglie Scotti-Gonzaga nell’Italia del XVI° secolo dominata dalle due superpotenze dell’epoca, i guelfi allineati con la chiesa di Roma e i ghibellini, facenti capo al Sacro Romano Impero). Ad Agazzano i Gonzaga possiedono una rocca del 1200, elegante dimora signorile del rinascimento e un castello del 1700. Le due residenze nobiliari fanno parte dei castelli del ducato di Parma, Piacenza e Pontremoli, ereditati dai tre figli di Corrado Gonzaga (1941-2021) marito della principessa Erica De Ponti Gonzaga.
Armano Luigi Gozzano

Le sperimentazioni artistiche della fotografa e visual artist Loredana Frisoli

RITRATTI TORINESI

Le fotografie artistiche della visual artist torinese Loredana Frisoli sono percorse da rigore compositivo e attenzione alla qualità dei cromatismi. Il suo senso estetico si sposa alla sua eclettica personalità ed entrambi le consentono di tradurre contenuti e concetti ispirati anche dalla semplice quotidianità. Alle figurazioni nette l’artista alterna declinazioni informali vigorose, raggiungendo il risultato di una base variegata di progetti fotografici come in quello denominato “Metamorphosis”, in cui l’artista vede prevalere l’esigenza di rappresentare l’universo estetico e astratto, che connota il desiderio intimo di espressività libera da quei vincoli figurativi presenti in altri suoi progetti artistici. In questa serie, che si adatta anche agli interni abitativi e a quelli degli uffici, ella struttura le sue opere in sequenze di pura sperimentazione informale, dove la configurazione grafico espressiva si libera in una esasperata contrapposizione cromatica. Il risultato è un piacevole e efficace connubio tra forma e colore, intessuto in un equilibrio e in un’armonia grafica espressiva che risulta funzionale alla rappresentazione dell’espressività dell’artista, a metà tra istinto e razionalità. Metamorphosis è il frutto di un progetto artistico avviato nel 2012, quando l’artista decide di oltrepassare i limiti dell’arte figurativa per addentrarsi nell’astrattismo, e si protrarrà fino al 2016, anno in cui il progetto troverà il suo completamento naturale.

Loredana Frisoli nasce a Torino nell’autunno del 1964 e collabora per sei anni con lo studio fotografico “Fotoflash” in Torino, specializzandosi in lavori di fotoritocco e fotoritratti in studio, seguendo anche un corso serale di fotografia presso lo storico circolo fotografico “La Mole di Torino”. Ha poi collaborato con “Fotoarchivio internazionale “ in qualità di gestione dell’archivio fotografico e delle relazioni esterne, realizzando poi, dalla metà degli anni Duemila, in collaborazione e su commissione, servizi fotografici di taglio editoriale per la Regione Piemonte e per un fotografo giornalista, Roberto Borra.

Sue fotografie e servizi sono comparsi sulla rivista Italy Italy, distribuita in Canada e Usa, e Rivista 20, bimestrale di arte contemporanea. Dal 2015 fa parte dello staff grafico dell’Associazione culturale “Collettivo 37 Arte Contemporanea” a Torino.

E mail lore.art@virgilio.it

Mara Martellotta

Il Ministro Sangiuliano loda lo “spirito libero e curioso” del Centro Pannunzio

In un messaggio al presidente Pier Franco Quaglieni in occasione del 55. anniversario del Centro. Il Premio Pannunzio viene consegnato quest’anno a Giordano Bruno Guerri

Egregio Presidente,

purtroppo gli impegni di governo non mi permettono di partecipare al cinquantacinquesimo anniversario della fondazione del Centro Pannunzio di Torino, una realtà culturale che con le sue attività porta alta la bandiera dell’idea liberale crociana sviluppata nel dopoguerra da Mario Pannunzio nell’incredibile fucina di talenti giornalistici che fu la rivista settimanale “Il Mondo” da lui fondata e diretta dal 1949 fino alla chiusura nel 1966.

Furono molte e diverse tra loro le intelligenze raccolte intorno a questa iniziativa editoriale che seppe anche essere un centro di discussione sui principali temi della prima Italia repubblicana grazie ai “Convegni del Mondo”. L’approccio crociano, vivificato delle eredità di Gaetano Salvemini e Luigi Einaudi, produsse un ambiente di intensa vivacità culturale, in cui esperienze e percorsi differenti si incrociarono, portando al superamento delle pregiudiziali ideologiche dell’immediato dopoguerra. E ciò avvenne a beneficio di una militanza civile non subordinata alle discipline di partito, una militanza capace di accogliere idee delle più varie provenienze per contribuire al progresso sociale, civile e democratico della nostra Nazione.

L’Italia di oggi deve molto a Mario Pannunzio e la vostra attività da oltre  mezzo secolo ha il merito non solo di tener viva la sua memoria, ma anche di promuovere iniziative pienamente rispondenti al suo spirito libero e curioso. Nel rivolgere a tutti Voi il mio personale saluto, auguro alla celebrazione di questa importante ricorrenza il successo che merita.

Gennaro Sangiuliano