CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 191

Natale in Reggia, ultimi due appuntamenti 

Quattro appuntamenti pomeridiani nel magnifico scenario della Sala di Diana e nella Cappella di Sant’Uberto della Reggia di Venaria per vivere la magia delle festività fra brani salottieri romantici, gemme della musica da camera fin de siècle, ritmi spagnoli e rivisitazioni di grandi classici dal temperamento spensierato. Si intitola Natale in Reggia la nuova edizione della rassegna cameristica che Lingotto Musica presenta dal 27 al 30 dicembre in collaborazione con il Consorzio delle Residenze Reali Sabaude entro il palinsesto di mostre e attività culturali della Venaria Reale. Protagonisti giovani formazioni emergenti quali il Trio Sheliak, il duo composto dal violoncellista Fabio Fausone e dal pianista Stefano Musso, la coppia flauto-chitarra con Rebecca Viora e Pietro Locatto, e l’ensemble Running Flutes.

La rassegna si apre, mercoledì 27 dicembre alle 16 in Sala di Diana, con l’omaggio a Schubert del Trio Sheliak, che esegue l’ampio Trio n. 2 in mi bemolle maggiore op. 100 D. 929, il cui secondo movimento è divenuto celebre in tempi moderni come colonna sonora del film Barry Lyndon di Stanley Kubrick. Nato nel 2019 alla Scuola di Musica di Fiesole e ammesso nel 2022 allo Stauffer Center for Strings di Cremona per studiare con il Quartetto di Cremona, il Trio Sheliak è formato da Emanuele Brilli al violino, Matilde Michelozzi al violoncello e Sergio Costa al pianoforte. Vincitore di numerosi concorsi, fra cui il Filippo Nicosia Chamber Music Award 2022, attualmente si sta perfezionando a Lucerna, oltre a frequentare il master di musica da camera tenuto dal violista Patrick Jüdt a Berna. Il concerto è realizzato in collaborazione con Le Dimore del Quartetto, di cui il Trio Sheliak è “Ensemble dell’anno” 2022.

Giovedì 28 dicembre alle 16 in Sala di Diana, spazio alla calda espressività del violoncello di Fabio Fausone che, in duo con Stefano Musso al pianoforte, affianca la breve e enigmatica Sonata n. 4 in do maggiore op. 102 n. 1, che segna l’avvio del terzo stile beethoveniano, alle miniature salottiere dei Phantasiestücke op. 73 di Schumann e a due rarità della musica da camera italiana di fine Ottocento quali la Romanza op. 72 n. 1 di Martucci e i Feuillets d’album op. 111 di Bossi. Entrambi musicisti provenienti dal Conservatorio di Torino, dove hanno iniziato a suonare insieme in giovane età, Fausone e Musso si sono perfezionati rispettivamente al Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano e alla Hochschule für Musik di Basilea, avviando un’attività artistica che li vede regolarmente ospiti di istituzioni e festival italiani e europei. Il concerto è realizzato in collaborazione con De Sono Associazione per la Musica, che ha assegnato loro una borsa di studio.

Segue, venerdì 29 dicembre alle 16 in Sala di Diana, il viaggio nei ritmi e nei colori seducenti dell’esotismo musicale nella Francia dell’Ottocento proposto dal duo nato dalla collaborazione fra il chitarrista Pietro Locatto e la flautista Rebecca Viora, entrambi ex borsisti di De Sono che si esibiscono stabilmente per stagioni concertistiche di rilievo. Per questo organico insolito ma di notevole forza espressiva saranno adattati celebri brani di Ibert (Entr’acte), Fauré (Après un rêve op. 7 n. 1 e En prière), Satie (Gymnopédie n. 1 e Gnossienne n. 1) e Ravel (Pièce en forme de habanera), fino all’outsider argentino Astor Piazzolla (Histoire du tango).

Chiude, sabato 30 dicembre alle 18 nella Cappella di Sant’Uberto, la sorprendente cavalcata nella storia della musica dell’ensemble Running Flutes, originale riunione di famiglia che esplora tutte le possibilità timbriche del flauto con formazioni variabili (dagli 11 ai 18 elementi) composte da allievi ed ex allievi del Conservatorio di Torino. Si parte con Bach (Badinerie dalla Suite n. 2 in si minore BWV 1067), Vivaldi (Concerto in do maggiore RV 533) e Mozart (Divertimento n. 3 in fa maggiore KV 138), si prosegue con la Danza Ungherese n. 6 di Brahms e l’aria pucciniana di Lauretta “O mio babbino caro” da Gianni Schicchi, per concludere con i Favourites di George Gershwin e la Bahn frei Polka op. 45 di Eduard Strauss.

BIGLIETTI

DOVE ACQUISTARE

  • Online su lavenaria.museitorino.it
  • Biglietteria c/o Reggia di Venaria (via Mensa 34, 10078, Venaria Reale) con orari consultabili qui

INFORMAZIONI

Marta Viola, 14 anni, di Chieri, vince “Io canto generation”

Marta Viola, 14 anni, di Chieri, ha vinto ieri sera in tv “Io canto Generation”. Il programma in onda su Canale 5 condotto da Gerry Scotti che ha visto sfidarsi ben 24 giovani interpreti dai 10 ai 14 anni divisi in 6 squadre capitanate da Iva Zanicchi, Fausto Leali, Mietta, Anna Tatangelo, Cristina Scuccia e Benedetta Caretta.

A giudicarli, Al Bano, Orietta Berti, Michelle Hunziker e Claudio Amendola. Nella parte finale della serata Marta Viola, appartenente alla squadra di Benedetta Caretta, ha sbaragliato gli altri concorrenti in una sfida a tre contro Daniele Mattia Inzucchi e Sofia Leto. Marta ha fatto il pieno di 10 nelle due sfide conclusive. La scelta è  poi passata al pubblico presente in studio per la classifica finale che l’ha incoronata non di certo a sorpresa vincitrice. Marta Viola ha già rappresentato l’Italia allo Junior European Song Contest nel 2019 con il brano “Il sale della terra”. Un vero talento!

Igino Macagno

Quando, a Torino, Philip Roth intervisto’ Primo Levi

Rileggendo in questi giorni ‘’ Lamento di Portnoy ’’ (traduzione italiana Einaudi, ed. or. 1969 ) di Philip Roth salutato all’epoca come il primo scandaloso romanzo introspettivo della letteratura moderna americana, dove la grammatica del lettino dello psicoanalista, descriveva in prima persona e in forma parzialmente autobiografica, le nevrosi dell’americano medio sradicato, nichilista e oggi si direbbe postideologico e sessualmente frustrato, mi sono ricordato della visita nella nostra città del grande scrittore americano, in occasione di un incontro con Primo Levi nel 1986, per intervistarlo per il ‘’New York Times Book Review ’’. 

Venne a Torino con la moglie Claire Bloom che Levi amava ricordare per essere stata interprete di ‘’Luci della ribalta’’ che fu con la Paulette Godard del ‘’Grande dittatore’’ la musa ispiratrice preferita di Charles Chaplin. Andarono subito a Settimo alla Siva, lo stabilimento chimico industriale nel quale lo scrittore torinese lavorò per molti anni fino alla pensione, che Roth voleva visitare, per conoscere il background di Levi, di cui lesse. La distanza letteraria e culturale tra Philip Roth e Primo Levi non poteva essere più grande. Roth fu eccelso narratore dell’epopea yiddish e suo traghettatore alla fase attuale e postmoderna di Nathan Englander, Levi testimone dell’Olocausto tra i più alti. Uno con Bernard Malamud e Isaac Singer  la migliore espressione del milieu intellettuale ebraico nordamericano, l’altro voce documentaria e realista degli orrori del Novecento e dell’ebraismo piemontese laico e assimilato. Eppure si trovarono e avvenne ‘’miracolosamente’’ l’alchimia tra le due personalità e i due mondi, così tanto distanti. Andarono a pranzare al Cambio, si recarono alla libreria Luxemburg di Angelo Pezzana, dove Philip Roth firmò alcune copie delle sue opere più significative, poi si trasferirono allo studio di Primo Levi in corso Re Umberto 75, dove proseguì la loro conversazione, che fu trascritta curiosamente solo a distanza mesi dopo, al di là dell’Atlantico, in forma di epistolario, quando Philip Roth tornò negli Stati Uniti e rimise piede nella sua abitazione. Primo Levi non parlò a Roth della sua grave depressione e fece amicizia con la Bloom che trovò bella, colta ed empatica, all’epoca ancora legata a Philip. Roth scrisse che in Levi ‘’ la scrittura emanava come da un chimico divenuto narratore suo malgrado, piuttosto che il contrario’’, come l’opera ‘’Il Sistema periodico’’ starebbe a sottolineare e le necessità esistenziali dello scrittore torinese a richiederlo. Tutto in Levi è intuito, folgorazione, analisi caratteriale, fiuto del modo di pensare dell’altro, secondo l’americano. Primo Levi non parlò a Philip Roth della sua letteratura pur avendo letto alcune opere, preferì l’atteggiamento schivo, che da sempre umanamente lo caratterizzò, conoscendo poco la critica letteraria, attività che l’americano per contro esercitò sempre in parallelo, a quella di romanziere. Tra Newark nel New Jersey e Torino avvenne una storica stretta di mano e due ambienti culturali agli antipodi videro per sempre il proprio volto riflesso.

Aldo Colonna

“Il lago dei cigni” al Teatro Concordia

Teatro Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

Martedì 2 gennaio, ore 21

 

Con il Teatro Nazionale dell’Opera Rumena di Iasi

 

 

“Il lago dei cigni” è uno degli immortali capolavori della storia del balletto del XIX secolo firmato Marius Petipa. Rappresentato nel 1877 per la prima volta al Teatro Bol’šoj di Mosca, nonostante le musiche di Caikovskij, nell’immediato non ebbe il successo che fu poi raggiunto nel 1894, anno in cui venne messo in scena al Teatro Marijinskij di San Pietroburgo.

“Il lago dei cigni” racconta l’incantevole storia d’amore fra il giovane principe Siegfried e Odette, una creatura ultraterrena trasformata in cigno dal perfido mago Rothbart per aver rifiutato il suo amore.

A far rivivere l’emozione di questo classico dalle atmosfere ovattate, con disegni di luci e scenografie suggestive, il Balletto dell’Opera di Iasi, una delle più acclamate compagnie di danza classica che da più di 24 anni compie tournée in tutta Europa.

 

Martedì 2 gennaio, ore 21

Il lago dei cigni

Coordinatore coreografico e regia: Cristina Todi

Assistenti coreografi: Cristian Preda

Direzione tecnica: BogdanTuluc

Corpo di ballo del Teatro Nazionale dell’Opera Rumena di Iasi

Biglietti: intero da 38 a 48 euro, ridotto bambini e gruppi da 30 a 42 euro, visibilità ridotta 20 euro

Gustav Klimt, le avventure di un capolavoro

Da Piacenza al valdostano “Forte di Bard”, in bella mostra il celebre “Ritratto di signora” dell’artista viennese

Fino al 10 marzo 2024

Bard (Aosta)

Al “Forte”, lo definiscono un “quadro evento”. Certamente, la sua esposizione al pubblico rappresenta un appuntamento più che speciale nell’ambito della stagione espositiva invernale. Dipinto dal funambolico destino, il quadro di cui si parla, e che sarà in visione negli spazi della “Cappella Militare” al “Forte di Bard”fino a domenica 10 marzo, è il famoso “Ritratto di signora” dipinto fra il 1916 e il 1917 da Gustav Klimt (Vienna 1862 – 1918), fra i più significativi e celebri artisti della cosiddetta “Secessione viennese – Wiener Secession”, da lui fondata (insieme ad altri diciannove artisti, simbolisti, naturalisti e modernisti) nel 1897, come rifiuto totale dell’arte accademica tradizionale.

L’opera arriva a Bard dalla “Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi” di Piacenza cui appartiene ed è una delle tre opere realizzate dal grande maestro viennese presente sul suolo italiano, nonché l’unica ad essere stata acquistata da un collezionista privato, a differenza della “Giuditta” (1901) della veneziana “Ca’ Pesaro” e de “Le tre età della donna” (1905) – entrambe appartenenti al “periodo aureo” di Klimt – della “Galleria Nazionale d’Arte Moderna” di Roma. Il quadro venne acquistato nel 1925 dal nobile industriale piacentino Giuseppe Ricci Oddi, per 30mila lire, dal gallerista milanese Luigi Scopinich che, a sua volta, lo aveva acquistato a Vienna dal gallerista austriaco Gustav Nebehay. Il dipinto fu inizialmente appeso in parte nella sala da biliardo di casa Ricci Oddi, per poi approdare alla “Galleria” aperta dal collezionista stesso nel 1931. La storia del dipinto, segnata da avventurose vicende, viene svelata al “Forte” valdostano attraverso un allestimento di grande impatto scenico grazie ad un progetto curato da “Forte di Bard”, “Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi” e “Skira”, il più antico e glorioso marchio nella storia dell’editoria d’arte internazionale. La tela appartiene al “periodo maturo” (o “fiorito”), all’ultima fase dell’attività di Klimt che, l’anno successivo, di ritorno da un viaggio in Romania, morirà colpito dall’epidemia di influenza spagnola. E’ un periodo per l’artista di forte “messa in discussione” del proprio linguaggio artistico, entrato in contatto e criticamente scontratosi con la produzione di artisti come Van Gogh, Matisse, Toulouse-Lautrec e, soprattutto, con la pittura espressionista di Egon Schiele ed Oskar Kokoschka (già suoi allievi) che lo portano completamente fuori dal precedente “fulgore dell’oro” e dalle decorative linee dell’“Art Nouveau”. La sua pittura si fa allora meno sofisticata e più spontanea, pronta ad abbracciare gli inviti spontanei di una tavolozza più accesa, con pennellate quasi “sbrigative”, rapide e marcate e meno attente ai rigori del segno per un approccio ai soggetti (ritratti femminili, in particolare, dai rossi accesi di labbra e gote e dai blu intensi degli occhi fino al nero corvino dei capelli) più emozionale e poeticamente più istintivo. Nel dipinto “Ritratto di signora” non  è nota l’identità della donna raffigurata, che con ogni probabilità è una delle tante modelle che posarono per l’artista. L’opera deve la propria fama alle incredibili vicende che l’hanno vista protagonista.

Spetta a una studentessa di un liceo piacentino – Claudia Maga – avere intuito nel 1996 la particolarissima genesi dell’opera poi confermata dalle analisi, cui la tela è stata sottoposta: Klimt la dipinge, infatti, sopra un precedente ritratto già ritenuto perduto raffigurante una giovane donna identica nel volto e nella posa all’attuale effigiata, ma diversamente abbigliata e acconciata.

Ma i colpi di scena non finiscono qui: il 22 febbraio 1997, la tela di Klimt viene rubata dalla “Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi” con modalità che le indagini non riusciranno mai a chiarire. Per la ricomparsa del dipinto occorrerà aspettare quasi ventitré anni e il suo ritrovamento sarà ancora più enigmatico del furto. Esso avviene il 10 dicembre 2019durante alcuni lavori di giardinaggio lungo il muro esterno del Museo piacentino. Qui, in un piccolo vano chiuso da uno sportello privo di serratura, viene rinvenuto un sacchetto di plastica, dentro al quale vi è una tela: è il “Ritratto di signora” di Klimt. Quando il caso s’allea con la fortuna!

Gianni Milani

“Gustav Klimt, le avventure di un capolavoro”

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it

Fino al 10 marzo

Orari: feriali 10/18; sab. dom. e festivi 10/19. Lunedì chiuso

Nelle foto: Gustav Klimt “Ritratto di Signora” (dettaglio) e ambientazione, olio su tela, 1916 – ’17; Credits “Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi”  di Piacenza

“La materia parla”. A Chieri, un ricco panorama di “sculture d’autore”

In dialogo con i più importanti siti storici della Città

 

Fino al 7 gennaio 2024

Chieri (Torino)

Sculture d’autore. Sculture d’arte contemporanea di peso internazionale, proposta in una molteplicità di caratteri e sfumature su cui riflessione e dialogo sono chiamati, giocoforza, al confronto e alla più libera interpretazione. Sono 18 gli artisti rappresentati nella rassegna “La materia parla. Sculture in dialogo con la Città”, curata da Monica Trigona, e allocata in cinque punti strategici, fra i siti storicamente più rilevanti della Città di Chieri. Inaugurata il 31 ottobre scorso, in occasione della riapertura al pubblico (dopo un importante intervento di restauro conservativo) della seicentesca “Cappella dell’Oratorio di San Filippo Neri”, la rassegna si svilupperà, fino al 7 gennaio del prossimo anno, in altre quattro importanti location chieresi: la “Cappella dell’Ospizio di Carità (Giovanni XXIII)”, i sagrati della “Chiesa di San Filippo” e della “Chiesa di San Bernardino”, per finire con l’“Imbiancheria del Vajro”. Mix perfetto, che di più non si può, fra architetture di imponente classicità e declinazioni artistiche assolutamente contemporanee, la mostra non è evento isolato nel territorio, connettendosi idealmente ad altre esperienze espositive ricorrenti, volte a valorizzare quella “Fiber Art” che è consolidata espressione artistica del “Tessile” chierese, lecitamente raccontato “attraverso l’utilizzo di qualsiasi ‘medium’, a fronte di una forte e sincera verve creativa”. L’iter espositivo mette insieme un nutrito gruppo di opere “che dagli anni Ottanta del secolo scorso – spiega Monica Trigona – fino ai giorni nostri hanno concorso allo sviluppo della multiforme espressione contemporanea, attribuendo grande importanza all’elemento profondo e primario che è sostanza del proprio linguaggio”: la “Materia”, asservita ai voleri, al pensiero, ai “capricci” dell’artista per trasformarsi appunto in “materia parlante”. Quali opere troviamo, dunque, sul cammino ideato fra i cinque siti coinvolti nell’iniziativa? In primis vanno ricordate l’informale scultura bronzea (anni ’60) del grande “caposcuola della rivoluzione novecentesca”, Umberto Mastroianni, posizionata nel Giardino dell’“Imbiancheria del Vajro” (via Imbiancheria), mentre nella “Cappella dell’Ospizio di Carità (Giovanni XXIII)”, in via Cottolengo, troviamo la suggestiva riproduzione bronzea (seconda metà anni ’50) di Maria Lai, rappresentante un “Presepio” con due semplificate (“quasi geometrizzate”) figure umane, in cui si legge chiara la lezione di Arturo Martini, di cui l’artista sarda fu allieva. Nella stessa suggestiva cappella barocca svetta la “scultura tessile” di juta riciclata della giovane svedese Diana Orving e, ancora, negli spazi esterni dell’“Imbiancheria del Vajro”, ecco le due sculture in bronzo (fine anni ’80), che già dai titoli (“Lobby Star” e “Faccia di bronzo”) strappano un sorriso, dell’ironico orientaleggiante Aldo Mondino, mentre all’interno dell’edificio ci si imbatte nei lavori (“Latomia”, fine anni ’80) di Piero Fogliati, impegnato nel “trasmutare in pratica artistica la percezione di fenomeni fisici”. Il “palleggiare” continuo sui sentieri del “contemporaneo” ci porta a un lungo peregrinare fra la “Sottiletta” in lamiera, marmo e ferro del milanese Umberto Cavenago, posta nella “Cappella di San Filippo” dove troviamo anche il “carretto-giocattolo” del vicentino Silvano Tessarollo e il modellino di “sommergibile” inglobato in una bottiglia di vetro del visionario Antonio Riello da Marostica. Per continuare con i “gessi” di Giacinto Cerone e con le opere “patinate” di Carlo Pasini, fino agli “Incidenti planetari” di Marco Mazzucconi e alla “scultura esile” di Stefano Bonzano. Più vicine ai nostri giorni, spiccano le “plastiche in resina” di Domenico Borrelli, le quattro inquietanti “teste in cemento” con penzolanti stoffe colorate di Paolo Grassino, da cui staccarsi  per ritrovare un briciolo di sereno nell’“installazione ambientale” di Theo Gallino, così come nell’esibizione del prezioso tecnicismo di Gabriele Garbolino Rù nella “Cappella di San Filippo”, in cui trova spazio anche il “maestoso portale” in acciaio inox di Salvatore Astore, mentre sul sagrato della “Chiesa di San Filippo” termina il percorso con il gruppo scultoreo (figure stilizzate e dinamiche) più recente, opera del torinese Carlo D’Oria.

Da segnalare: a corollario dell’iniziativa, venerdì 24 novembre, alle 18, all’“Imbiancheria del Vajro” la “tavola rotonda” su “L’evoluzione della materia” alla quale parteciperanno la curatrice della mostra Monica Trigona, Roberto Mastroianni, docente all’“Accademia Albertina di Belle Arti”, e alcuni artisti partecipanti al percorso espositivo.

Tutte le informazioni sul sito: www.comune.chieri.to.it

Gianni Milani

Nelle foto: Salvatore Astore “Sconfinamenti”, acciaio inox, 2022 (Ph. Renato Ghiezza); Domenico Borrelli “Memorie – per abitarsi”, resina, 2016-2020; Paolo Grassino “Senza nome”, cemento e stoffe, 2021; Theo Gallino La valle dei pollini”, terracotta, acciaio corten, 2021

Luca Bono. L’Illusionista: one man show al Teatro Superga

TSN – Teatro Superga Nichelino (TO)

Mercoledì 27 dicembre, ore 21

Il primo one man show del giovane talento italiano della magia internazionale, diretto da Arturo Brachetti

“L’Illusionista” Luca Bono porta in scena mercoledì 27 dicembre al Teatro Superga il primo one man show, diretto da Arturo Brachetti, in cui ripercorre con sincerità e passione il proprio percorso umano e professionale, tra grandi illusioni, close up, manipolazione e coinvolgimento del pubblico in una formula originale e inedita per i palcoscenici teatrali che stupisce, emoziona, diverte e cattura gli spettatori di tutte le età.

In scena, un percorso spettacolare e tecnologico tra illusioni di grande effetto scenico ed emotivo, manipolazione di oggetti e close up. Ma non si tratta di uno show di sole illusioni, bensì di un lavoro teatrale autobiografico fresco e sorprendente che attraverso la magia veicola un messaggio forte: mai smettere di inseguire i propri sogni; allenamento, determinazione, motivazione possono far superare gli ostacoli che la vita riserva.

Al fianco di Luca Bono, Sabrina Iannece, artista ed assistente che da anni lavora al suo fianco e che in questo spettacolo è co-protagonista.

La regia è di Arturo Brachetti, il maestro internazionale del quickchange, che di Luca è direttore artistico. In alcuni momenti lo spettacolo si avvale di filmati e proiezioni su grandi schermi attraverso i quali il pubblico, anche più lontano, potrà rendersi conto che davvero “non c’è trucco e non c’è inganno” e che il close up e la prestidigitazione sono tecniche di pura maestria e non consentono di celare trucchi.

La produzione è curata da Muvix Europa, realtà di produzione artistica capace di coniugare l’illusionismo con le più diverse discipline dello spettacolo, per realizzare soluzioni su misura.

“L’Illusionista” è uno spettacolo unico che emoziona gli adulti e allo stesso tempo coinvolge e diverte i più giovani che vengono trasportati in un mondo di pura illusione, in cui sarà difficile distinguere i confini tra realtà ed apparenza.

LUCA BONO, BIO

Luca Bono (Pino Torinese, 1992) è considerato dai media tra i talenti magici più interessanti della sua generazione. Il suo primo importante riconoscimento lo conquista infatti a soli 17 anni con la vittoria al Campionato Italiano di Magia, e due anni dopo si aggiudica il Mandrake d’Or, riconosciuto come l’Oscar dell’illusionismo assegnato ogni anno ai più promettenti talenti internazionali.
Da allora i successi si susseguono: fa televisione e gira il mondo con Arturo Brachetti, anche suo direttore artistico e regista nello spettacolo “L’illusionista”, prendendo parte al tour di Brachetti and Friends e agli spettacoli “Comedy Majik Cho” e “Brachetti che sorpresa!” portati in scena in Canada e in Europa.
Luca è stato protagonista di “The illusionist – La grande magia” (Canale 5), primo talent dedicato all’illusione in cui Bono è stato l’unico italiano ad arrivare in finale. È stato insegnante di Marco Columbro e Catherine Spaak nella prima edizione di “Si può fare” (Rai Uno). Dal 1° dicembre 2017 al 2 marzo 2018 è stato protagonista in prima serata su BOING di “Vuuaalà! Che Magia!”, un programma dedicato a candid camera magiche e alle risate. In questi anni Luca ha sovente commentato l’attualità sul web creando video magici che sono diventati virali venendo ripresi sovente dalle testate giornalistiche nazionali, un modo sicuramente diverso e originale di fare magia.

Mercoledì 27 dicembre, ore 21

Luca Bono, L’illusionista

Scritto da Luca Bono

Con Sabrina Iannece

Regia di Arturo Brachetti

Produzione Muvix Europa

Biglietti: 17 euro galleria, 23 euro platea

La stagione 2023-2024 del Teatro Superga è promossa dalla Città di Nichelino e Sistema Cultura, con il sostegno di Fondazione CRT e Regione Piemonte, firmata dalla direzione artistica di Alessio Boasi, Fabio Boasi e Claudia Spoto, in collaborazione con Piemonte dal Vivo. Produzione esecutiva Fondazione Reverse. Creative mind: Noir Studio.

Info

Teatro Superga, via Superga 44, Nichelino (TO)

011 6279789

www.teatrosuperga.itbiglietteria@teatrosuperga.it

IG + FB: teatrosuperga

Orari biglietteria: mar, gio, ven e sab 16-19; mer 10-13 e 14-19

I biglietti si possono acquistare presso la biglietteria del Teatro Superga, sul luogo dell’evento nei giorni di spettacolo dalle ore 18

Donata al Castello di Rivoli l’opera NFT di Agnieszka Kurant

Sentimentite #57 (COVID-19 vaccines announced), 2022

Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea è lieto di annunciare l’ingresso nella propria Collezione permanente dell’opera NFT di Agnieszka Kurant Sentimentite #57 (COVID-19 vaccines announced), 2022, generosamente donata al Museo da Pablo Rodriguez-Fraile, mecenate americano e grande collezionista di arte digitale.
L’opera di Kurant, che si compone di un NFT (non-fungible token), ovvero un’immagine digitale registrata con una tecnologia blockchain tramite uno smart contract, indaga il rapporto tra capitalismo digitale e geologia. Ispirandosi al modo in cui le forze naturali nel tempo modellano rocce e meteoriti, le forme in evoluzione della Sentimentite
la moneta minerale speculativa del futuro ideata da Kurant sono plasmate dai cambiamenti della società del XXI secolo: 100 eventi storici di grande portata, milioni di post raccolti su Twitter e Reddit e miliardi di emozioni umane aggregate. I tweet, le azioni e i like sono il nuovo petrolio e il nuovo gas.

Per Agnieszka Kurant “l’attuale abbandono delle energie dei combustibili fossili e la loro graduale sostituzione con le energie rinnovabili sembra coincidere con la smaterializzazione del denaro e la sua parziale sostituzione con le valute digitali, la cui produzione dipende principalmente dall’energia. L’estrazione tradizionale di combustibili fossili e minerali è oggi accompagnata dall’estrazione di criptovalute, non a caso definite nuove forme di gas”.

Quando vengono riscattati, questi NFT espansi si trasformano in sculture fisiche realizzate con il materiale fittizio di Agnieszka Kurant, la Sentimentite. Per realizzare l’opera, l’artista ha polverizzato 60 oggetti usati come valute nel corso della storia in questo nuovo minerale-moneta.

Carolyn Christov-Bakargiev, Direttore del Castello di Rivoli, afferma “L’opera si compone di un breve video che aggrega i sentimenti in rete in costante mutamento, e di una possibile parte fisica nel futuro. La parte digitale, questo NFT #57 di Sentimentite, si aggiunge alla donazione di Beeple avvenuta nel 2022, costituendo la Collezione di prime opere digitali del Museo. Ringrazio Pablo Rodriguez-Fraile e Desiree Casoni per questo importante dono”.

Biografia

Agnieszka Kurant (Łódź, Polonia, 1978) è un’artista concettuale il cui lavoro indaga l’intelligenza collettiva, le intelligenze non umane e lo sfruttamento del capitale sociale all’interno del capitalismo di sorveglianza. Collabora spesso con scienziati e studiosi di diversi campi disciplinari. La sua ricerca dialoga con più autori tra cui gli scritti sulla plasticità e gli automatismi di Catherine Malabou e Franco Bifo Berardi, il lavoro di David Graeber, Manuel DeLanda e gli scritti del neuroscienziato Antonio Damasio.
Kurant ha ricevuto il LACMA A+T Award 2020, il Frontier Art Prize 2019, il Pollock-Krasner Award 2018 e il Google Artists + Machine Intelligence Grant 2021. Attualmente è Artist Fellow presso il programma Transformations of the Human del Berggruen Institute ed è stata artista in residenza al MIT CAST nel 2017 – 2019. Suoi lavori sono stati esposti al Museum of Modern Art di New York, alla Biennale di Istanbul, alla Kunsthalle Wien, al Kunstverein di Salisburgo, all’Hamburger Kunstverein, al De Young Museum di San Francisco, al MOCA di Toronto, al Jameel Arts Centre di Dubai e alla Triennale di Milano. Le sue mostre personali includono Agnieszka Kurant. Crowd Crystal, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino (2021); Error-ism, Museum Sztuki, Lódz (2021); The End of Signature, commissionato dal MIT List Visual Arts Center a Kendall Square, Cambridge, MA (2021); The End of Signature, Guggenheim Museum, New York (2015); Exformation, Sculpture Center, New York (2013) e Stroom den Haag (2014). Nel 2010 Kurant ha co-rappresentato la Polonia alla 12. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia (in collaborazione con l’architetto Aleksandra Wasilkowska) presentando il progetto Emergency Exit al Padiglione Polacco. Il suo lavoro è stato esposto anche al Palais de Tokyo, Parigi; Guggenheim Bilbao; Witte de With, Rotterdam; Moderna Museet, Stoccolma; Whitechapel Art Gallery, Londra; Biennale di Cleveland; The Kitchen, New York; Bonner Kunstverein; Grazer Kunstverein; Kunsthalle Meinz; Museum of Modern Art, Varsavia; MOCA, Detroit; CAC, Cincinnati; Mamco, Ginevra; Frieze Projects, Londra; MUMOK, Vienna; Performa Biennial and Momentum Biennial. La monografia di Kurant Collective Intelligence è stata pubblicata da Sternberg Press / MIT Press nell’autunno del 2021.

Libri da Regalare o Regalarti per Natale

Il Natale si avvicina e con esso l’entusiasmante ricerca del regalo perfetto per le persone care. Tra le numerose opzioni disponibili, i libri rappresentano sempre una scelta apprezzata, offrendo l’opportunità di viaggiare con la mente, scoprire storie avvincenti, imparare nuove cose o riflettere su temi importanti. Per agevolare la vostra selezione, ecco una lista di nove libri che potrebbero soddisfare i gusti di chi li riceverà, spaziando tra novità editoriali e classici intramontabili, romanzi e saggi, generi diversi e autori di spicco.

  • Donne che pensano troppo di Susan Nolen-Hoeksema

Un saggio illuminante e pratico che esplora il liberarsi dalla trappola del pensiero eccessivo, una tendenza tipicamente femminile associata a depressione, ansia e bassa autostima. Questo libro offre utili consigli su come gestire le emozioni per vivere con serenità e fiducia in sé stesse.

  • Succede sempre qualcosa di meraviglioso di Gianluca Gotto

Un romanzo coinvolgente che narra il viaggio in Vietnam di Davide, un uomo alla ricerca di significato nella vita, e di Guilly, un personaggio misterioso e saggio che gli insegna un approccio alternativo e luminoso all’esistenza. Una storia di rinascita, accettazione e amore per la vita.

  • Omicidio fuori stagione di Arwin J. Seaman

Un giallo classico e avvincente ambientato sull’isola di Liten, dove il commissario Erik Winter deve indagare sull’omicidio di una giovane donna, figlia di un noto politico. Tra segreti, bugie e colpi di scena, Winter dovrà scoprire la verità in un’atmosfera nordica di irresistibile fascino.

  • Quando eravamo giovani di Charles Bukowski

Una raccolta di poesie dedicate alla giovinezza, intesa come quell’età incerta e misteriosa compresa tra adolescenza e prima maturità. Bukowski, con il suo stile crudo e sincero, esplora temi come amicizia, amore, sesso, solitudine, ribellione, sogni e disillusioni, regalando un mix di nostalgia e ironia.

  • Doveva essere il nostro momento di Eleonora C. Caruso

Un romanzo irriverente e surreale che segue le avventure di Leo e Cloro, due personaggi agli antipodi che si ritrovano a viaggiare in auto dalla Sicilia alla Lombardia proprio mentre l’Italia sta per entrare in lockdown. Attraverso dialoghi esilaranti e riflessioni profonde, i due scopriranno di avere più cose in comune di quanto credano.

  • Il mondo secondo Karl di Jean-Christophe Napias, Sandrine Gulbenkian e Patrick Mauriès

Un libro che raccoglie le frasi più celebri e divertenti di Karl Lagerfeld, il geniale stilista che ha rivoluzionato il mondo della moda. Un concentrato di saggezza, ironia e provocazione che svela il pensiero e lo stile di un’icona indimenticabile.

  • Destino di Paulo Coelho

Un libro che invita a scoprire la vita da nuovi punti di vista, cercare se stessi e realizzare il proprio luminoso destino. Attraverso le storie di vari personaggi, Coelho offre una serie di “non-regole” che possono aiutare ad amare la vita e la sua intrinseca incertezza.

  • Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald

Un capolavoro della letteratura americana che trasporta il lettore negli Stati Uniti degli anni ’20, l’epoca del jazz e del proibizionismo. La storia si concentra su Jay Gatsby, un misterioso e ricco personaggio che cerca di riconquistare il suo antico amore, Daisy, in una trama di passione, ambizione e illusione che riflette sul sogno americano.

  • La scienza dei cosmetici di Beatrice Mautino

Un manuale informativo e divertente che fornisce conoscenze approfondite sui prodotti di bellezza quotidiani. Dalla skincare allo shampoo, dagli ingredienti alle etichette, dalle bufale alle istruzioni per l’uso, questo libro aiuta a orientarsi nel mondo dei cosmetici, consentendo di fare scelte consapevoli.

Con queste nove proposte, avrete un’ampia gamma di opzioni per accontentare gli amanti della lettura nella vostra lista regali natalizia o per regalarlo a te stesso.

Buona lettura e buon Natale!

CRISTINA TAVERNITI

“La mia notte”, un turbinio di misteri

Fresco di stampa il romanzo di Roberto Lanzo – “La mia notte” (Intrecci Edizioni). Un noir caratterizzato da profonda introspezione psicologica e un set ricco di personaggi e storie che si intrecciano, con ritmo incalzante e una narrazione che sa nascondere fino all’ultima pagina la soluzione di ognuno dei misteri che avvolgono il protagonista in un turbinio di vicende e stati d’animo, talvolta schizofrenici. Perché niente, o quasi, è come appare…

“Nell’arco di una sola notte, un quarantenne torinese racconta l’ultimo anno della sua vita a una donna misteriosa, cercando di recuperare il senso degli eventi.

Ricky è legato da profonda amicizia e complicità alla sua ex moglie, Emma;  frequenta Davide, equilibrato e puntiglioso, e nel mondo virtuale ha costruito un legame tenero e intenso con Katia.

L’incontro con Valentina, sposata con un violento malavitoso, lo travolge.

Sia lui che Emma subiscono una serie di aggressioni, fino a rischiare la vita. Decidono di indagare per scoprire il mandante e tutto riporta al marito di Valentina.

Tra le pieghe del racconto, si intuiscono le fragilità del giovane uomo, affetto da Parkinson da alcuni anni, che nei momenti di crisi più buia si è abbandonato a un “limbo” fatto di esperienze trasgressive. Vive, inoltre, un incubo ricorrente – che affonda le radici nella sua infanzia: uno spettacolo di pagliacci che si conclude in un lago di sangue!

Quando nella sua vita arriva Sonia, Ricky scopre che è l’unica donna capace di amarlo anche per le sue debolezze. Sembra che ogni cosa possa andare finalmente a posto, ma la vita gli riserva un nuovo dolore e una cocente delusione.”

INTRECCI EDIZIONI
ROBERTO LANZO, torinese, classe 1963, ha iniziato a scrivere romanzi per poter esprimere e condividere una parte di sé che aveva voglia di uscir fuori ed essere raccontata, come i diciotto tatuaggi incisi sulla sua pelle, ognuno simbolo di un preciso stato d’animo.