CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 170

La grande pittura del Quattrocento nelle opere di Felice Casorati

Nelle sale rinnovate della Fondazione Accorsi – Ometto, sino all’11 febbraio

Qual era lo status artistico che veniva respirato nella Torino di inizio anni Venti? Quello di una città uscita anch’essa da un conflitto europeo, che aveva mietuto vittime, e che ora ristagnava, posta alle periferia di un paese che già assorbiva artisticamente esiti di ragguardevole importanza? La città subalpina è ancora legata ad una linea filo-ottocentesca, che vede al proprio centro i nomi di Giacomo Grosso e di Leonardo Bistolfi, fari decisamente irrinunciabili: mentre nell’industriosa Milano già si pongono le basi del Futurismo. Ma qualcosa a Torino cambia, qui maggiormente si accoglie quell’aria che convoglia verso il “Ritorno all’ordine”, la scintilla decisiva la porta con decisione Felice Casorati, un’infanzia e una giovinezza di spostamenti e di nuove abitazioni al seguito della carriera militare del padre, Novara Milano Reggio Emilia Sassari, poi una laurea in giurisprudenza a Padova e studi artistici a Napoli inseguendo Pieter Brueghel il Vecchio a Capodimonte. Arriva a Torino nel 1917, dopo la morte del padre ed entra ben presto nelle cerchie intellettuali della città, frequentando tra gli altri Alfredo Casella, grazie al quale riscalda il vecchio amore per la musica (“verso sera, per tutta la vita dedicò almeno mezz’ora al pianoforte, suonava per sé e non per gli altri, sovente a quattro mani con mia madre”, dirà anni dopo in un’intervista il figlio Francesco) e Piero Gobetti, abbracciandone nel ‘22 le idee e la stretta vicinanza al gruppo antifascista “Rivoluzione Liberale”, frutto pure un arresto e qualche giorno di carcere.

Intorno alla figura del grande pittore muove l’apertura della mostra “Da Casorati a Sironi ai Nuovi Futuristi. Torino-Milano 1920-1930 Pittura tra Classico e Avanguardia” (fino all’11 febbraio) curata nelle sale ampliate della Fondazione Accorsi – Ometto di via Po da Nicoletta Colombo e Giuliana Godio, due sale a lui completamente dedicate, disposizione e illuminazione delle opere davvero impeccabili, l’avvio trionfale con il “Concerto” del 1924 a mostrare al visitatore sei nudi femminili, quasi religiosi, avvolti nel silenzio, una grande macchia color arancio ai loro piedi, posizioni le più differenti (una ad imbracciare una chitarra), chine soprattutto, l’ultima sul fondo contro un ampio spazio aperto d’azzurro. Corpi che paiono sospesi, accomunati e unici allo stesso tempo, riempiti di luce e ricamati nelle ombre, posti al riparo di uno scuro tendaggio, dalle forme perfette, ogni viso, ogni tratto a riportarci felicemente alla pittura quattrocentesca di Piero della Francesca intesa con linguaggio moderno, geometricamente novecentesco, del tutto razionale. Ogni cosa all’opposto di quanto stava succedendo in altra parte del territorio: “Vorrei saper proclamare la dolcezza di fissare sulla tela le anime estatiche e ferme, le cose mute e immobili, gli sguardi lunghi, i pensieri profondi e limpidi… la vita di gioia e non di vertigine, la vita di dolore e non di affanno. No, perché fuggire veloci in automobile, perché imitare il fulmine, la saetta, il lampo? Io vorrei invece adagiarmi nel più morbido letto e avere intorno a me, così a portata di mano, le cose più care, sempre, eternamente… Quale sincerità si cerca nell’arte? La sincerità esterna o la sincerità intima, interiore?” E le anime estatiche e ferme compaiono appieno nella seconda sala dell’esposizione, con “La donna e l’armatura” (1921), con il “Ritratto di Cesarina Gualino Gurgo Salice” (1922), una Madonna dei Bellini o dell’Angelico o del Mantegna, con quello del figlio Renato del 1923, ieratico nella sua giovinezza, con quelle due figure sul fondo in ombra che paiono uscite da una tela fiorentina; altresì con i semplici paesaggi (“Rubiana” del ’27) o con le cose (come gli affetti) semplici, quelle di ogni giorno (“Le uova sul cassettone”, quindici per l’esattezza, posate a formare deboli ombre sul piano del mobile antico: in un gioco di simbologie, come non ripensare all’uovo della Pala di Brera di Piero o alla scenografia approntata da Pierluigi Pizzi per “Il gioco delle parti” pirandelliano messo in scena dalla Compagnia dei Giovani a metà degli anni Sessanta?).

Su Casorati e sulla sua arte veglieranno il mecenatismo di Riccardo Gualino e la presenza decisiva di Lionella Venturi. Spetterà al Maestro promuovere e vegliare con una scuola-bottega su un ristretto gruppo di giovani autori, quei “Sei di Torino” in cui si raccolgono – “nutriti dalle premesse culturali europeiste filtrate dall’insegnamento di Venturi e dal successivo avvento critico di Edoardo Persico” – Jessie Boswell (qui con “Casa Gualino” del ’30), Gigi Chessa, Carlo Levi che propone nel suo “Nudo” del 1929 la lezione parigina di Matisse, Nicola Galante (l’elegante “Natura morta con pesci rossi”, 1924), Francesco Menzio ed Enrico Paulucci, di cui è presente l’arioso quanto solare panorama di “San Michele di Pagana”, ancora 1930. Dilatandosi le pareti dell’entourage casoratiano, si inseriranno Daphne Maugham (eccezionali le geometrie, i differenti piani e le separazioni, i colori, la solitudine, le cose di ogni giorno nella “Colazione” del 1929), Emilio Sobrero, Giulio da Milano e, più discosto, l’inquieto Luigi Spazzapan.

Mentre ci si spinge nelle sale successive – sono una settantina le opere in mostra, in un percorso ricco di idee e di spunti, di tele famose e meno, di sorprese e di prestiti assai interessanti provenienti da Musei, Fondazioni italiane, collezioni private e grazie alla collaborazione con gli archivi degli autori selezionati -, s’incrociano gli autori che attorno al nome e all’opera di Fillia (al secolo Luigi Colombo) diedero vita a partire dal 1923 al Secondo Futurismo, ambizioso di una partecipazione maggiormente a carattere nazionale. Erano Giacomo Balla, qui con i suoi “Merli futuristi”, piegati, seghettati, in un panorama divertente e colorato (1924), Diulgheroff, Pippo Oriani, Bruno Munari, Osvaldo Bot e Enrico Prampolini di forte personalità. Infine, Milano, con il suo “Novecento” artistico, ispirato alle linee teoriche di Margherita Sarfatti, “le cui premesse vertono su sobrietà del colore, antirealismo e antiromanticismo, recupero di una classicità aggiornata, composizione secondo le leggi di equilibrio e di proporzione e importanza della forma, scandita da linee architettoniche e geometriche”.

Pronto per le ultime attenzioni alle opere esposte, la Fondazione ha mutato la vecchia sala delle conferenze in un nuovo, ampio e illuminato spazio espositivo. Qui, in lineare esposizione, una decina di tele e disegni di Mario Sironi, Achille Funi (“Ragazza con frutta”, 1924), Piero Marussig, Anselmo Bucci e i suoi “Giocolieri” in un grandioso gioco di prospettiva, Leonardo Dudreville e i suoi “Occhiali” del 1925, un piccolo gioiello d’arte, Carlo Carrà e il paesaggio, Filippo Usellini e Gian Emilio Malerba, sua una “Natura morta” dal Museo del Novecento milanese, la semplicità di tre frutti un piatto e una scodella da sbalordire.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Felice Casorati, “Concerto”, 1924, tempera su tavola, Collezione RAI, Direzione Generale, Torino; Felice Casorati, “Ritratto di Cesarina Gualino Gurgo Salice”, 1922, olio su tavola, Collezione privata; Leonardo Dudreville, “Gli occhiali”, 1925, Coll. Mita e Gigi Tartaglino; Daphne Maugham Casorati, “La colazione”, 1929, olio su tavola, coll. Paola Giovanardi Rossi.

Riapre il teatro Serenissimo di Cambiano, gestito da E20inscena

 

 

Dopo anni di chiusura riapre il teatro Serenissimo di Cambiano sotto la gestione di E20inscena, l’Associazione diretta da Stefano Mascagni, già gestore del cinema teatro Gobetti di San Mauro Torinese e direttore artistico delle stagioni teatrali del Comune di Noceto, in provincia di Parma.

Il teatro Serenissimo, in via San Francesco d’Assisi, a Cambiano, dispone di 276 posti suddivisi in platea e galleria, ed è pronto ad alzare il sipario sulla stagione teatrale 2023/2024, con gli spettacoli che avranno inizio alle ore 21:00. L’apertura sarà tutta al femminile, con Debora Villa e Maria Pia Timo, che ci delizieranno con il meglio dei loro spettacoli per una serata esclusiva creata appositamente per l’apertura del teatro Serenissimo. Uno spettacolo all’insegna dell’ironia e del divertimento, intitolato “Il teatro è Rosa”. Sabato 30 dicembre approderà il Gran Galà della Danza dell’International Ballet Company Italia, diretta da Alessandro Bonavita. In scena danzeranno i solisti e i primi ballerini provenienti dal Moscow State Ballet, dal Balletto di San Pietroburgo, dall’Arena di Verona, dall’Opera di Spalato e dal Balletto Nazionale Ucraino e Polacco. Si esibiranno nei brani più significativi del repertorio classico, tra cui il “Grand Pas de Deux”, dal “Don Chisciotte”, il “Grand Pas de Deux”, dal “Corsaro”, l’Adagio del cigno bianco e del cigno nero tratto dal celebre “Lago dei cigni” di Tchaikovsky, il Passo aDue da “Lo Schiaccianoci” e il “Gran Pas di Paquita”, Giselle, ma anche in nuove coreografie e canzoni, così da ottenere un coinvolgimento totale del pubblico.

Venerdì 19 gennaio sarà la volta del giallo comico più atteso del momento. Dopo il grande successo di Torino e Bologna, torna in scena la commedia “Sherlock Holmes e il mistero di Lady Margaret”, con Margherita Fumero, Mauro Villata, Mario Bois, Davide d’Urso, Maria Occhiogrosso e tanti altri straordinari attori diretti da Cristian Messina. Si tratta di una commedia in cui comicità e mistero si uniscono in un abbraccio così stretto con gli spettatori, tanto da trasformare il teatro in una vera e propria scena del crimine. La vicenda si svolge nel grande salone di Old Artist, una casa di accoglienza per artisti a riposo in un piovoso settembre del 1899. La struttura sorge nella campagna di Seven King, un piccolo sobborgo di Londra isolato e lontano dalla città, raggiungibile solo in carrozza. Sherlock Holmes e il suo assistente Dottor Watson sono chiamati da Miss Elizabeth Barret, direttrice dell’istituto, per garantire la sicurezza di Lady Margaret Flower, famosa e ricca attrice invitata a trascorrere qualche giorno nella struttura.

Gli spettacoli proseguiranno sabato 3 febbraio, sabato 9 marzo e si concluderanno sabato 20 aprile con un’altra commedia dai colori gialli e tutta al femminile. Ussi Alzati e Barbara Bertato saranno le protagoniste di “Piccoli crimini condominiali” di Giuseppe Della Misericordia, per la regia di Teo Guadalupi. L’improvvisa dipartita di un anziano vicino di casa scatena in due cugine il senso di rivalsa che da sempre covano contro lo stato, contro i vicini e, forse, anche contro loro stesse. Perché non far sparire il corpo dell’uomo e continuare a incassare la sua pensione ? Sembra la scelta più giusta da compiere, cosicchè le due donne decidono di prendersi con cinica leggerezza ciò che pensano di meritare e, giacché ci sono, tentano di costruirsi una vita più felice. In fondo basta poco: qualche altro vicino da far sparire e qualche altra pensione da incassare.

 

La biglietteria del teatro Serenissimo è aperta tutti i sabati dalle 10 alle 13. In occasione del primo spettacolo resterà aperta anche martedì 5 dicembre dalle ore 17 alle 20 e durante tutti i giorni di spettacolo dalle ore 15 in avanti.

Teatro Serenissimo, via San Francesco d’Assisi 1, Cambiano.

Telefono: 3926405385

Mara Martellotta

“Che Capodanno! … a Chieri” con Marta Viola

 

In piazza Cavour, il nuovo anno si apre con la voce della giovane, talentuosa promessa del canto italiano, Marta Viola e il “Gran Galà” di “Cirko Vertigo”

Domenica 31 dicembre, ore 22,30

Chieri (Torino)

Dalle luci di “Canale 5”, dove mercoledì scorso ha stravinto la quinta edizione di “Io canto Generation”, il programma condotto da Gerry Scotti (che ha visto sfidarsi ben 24 giovani interpreti dai 10 ai 14 anni) al palco di piazza Cavour, allestito a Chieri per la magica notte di Capodanno, sarà proprio la giovane (14 anni!) chierese Marta Viola ad aprire (alle 22,30) il “Gran Galà” di fine anno “Le Cirque Magnifique”, organizzato dalla “Città di Chieri”, da “Fondazione Cirko Vertigo” e dall’Associazione “L’Albero del Macramè”.

Sicuramente la voce che incanta di Marta (che aveva già rappresentato l’Italia, a Gliwice in Polonia, allo “Junior Song Contest” del 2019 con il brano “La voce della Terra”), sarà accolta con il massimo dell’entusiasmo dal pubblico di casa, come si conviene ad una vera stella nascente del firmamento della musica italiana. Fra i brani da lei proposti, non mancheranno quelli proposti a “Mediaset”, da “My Hearth Will Go On” di Celine Dion a “Di Sole e d’Azzurro” di Giorgia.

A seguire in attesa dello scoccare della mezzanotte, si potrà assistere alle “meraviglie” di “Cirko Vertigo”, con artisti straordinari e di caratura mondiale, protagonisti di  emozionanti numeri di cerchio e tessuti aerei, roue cyr, mano a mano, corda molle, bandiere, scala di equilibrio. Tutti gli artisti in scena fanno parte di compagnie di teatro danza e circo contemporaneo del territorio e internazionali. A condurre la serata, l’attrice comica Luisella Tamietto, affiancata sul palco dagli acrobati e danzatori Sara Frediani, Eleni Fotiou, Simone Menichini, Michelangelo Merlanti, Elisa Mutto, Vladimir Ježić, Carlos Rodrigo Parra Zavala, Gabriel Taiar e Filippo Vivi. Al termine dello spettacolo si terrà il count-down per salutare l’anno nuovo assieme al sindaco Alessandro Sicchiero e alla Giunta comunale.

L’ingresso all’evento é gratuito ma è necessaria la prenotazione su www.eventbrite.it. Per maggiori informazioni: info@cirkovertigo.com  – tel. 011/ 071 4488.

“Il Capodanno in piazza – sottolineano il sindaco Alessandro Sicchiero e l’assessora alla Cultura, Antonella Giordanoè uno speciale momento di festa che la nostra Amministrazione ha voluto introdurre in questi anni. La collaborazione con la ‘Fondazione Cirko Vertigo’ ci permette di proporre uno spettacolo straordinario per accogliere insieme il 2024. Ci ritroveremo in piazza Cavour vestita a festa grazie alla video proiezione sulla ‘Chiesa dei SS. Bernardino e Rocco’ e con un’ospite speciale, la nostra Marta Viola, vincitrice in questi giorni della trasmissione televisiva ‘Io canto Generation’. La seguiamo da sempre e siamo certi che il suo talento le offrirà grandissime opportunità nel futuro”.

E non finisce qui.

A chiudere il periodo delle vacanze natalizie, sarà infatti il “Befana show” sempre con “Cirko Vertigo”, in programma sabato 6 gennaio in piazza Umberto, a Chieri, dalle 16 alle 17: uno spettacolo di circo contemporaneo con gli artisti di “Fondazione Cirko Vertigo”e l’animazione di una “simpatica” Befana.

Per info: info@cirkovertigo.com  – tel. 011/ 071 4488

g.m.

 

I cellulari e le coscienze dei “Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese

Si replica sino al 7 gennaio, al Carignano

Sedici milioni di euro l’incasso totale, più di venticinque remake tuttora sparsi ad ogni latitudine, i visi e le storie di un cult che nel 2016 invadeva gli schermi, i due David di Donatello e i tre Nastri d’argento per non contare altri premi, un viaggio oltreoceano e un premio per la miglior sceneggiatura al Tribeca Film Festival: “Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese è diventato presto un caso cinematografico, l’idea, lo svolgersi della vicenda e i dialoghi, gli attori, tutto perfetto. Perché, s’è detto il regista, non incrociare la storia in altro ambito e trasportarla tra le tavole di un palcoscenico. Adattabilissima, senza alcun intoppo, anzi magari più immediata sotto la presenza e lo sguardo del pubblico che quasi la “tocca”, che la riconosce, che “se la ripassa”, che ancora una volta è coinvolto dal “gioco” affidato a quella scatola nera delle nostre coscienze che sono i cellulari, alle bugie, alle confessioni, alle invenzioni, ai sotterfugi, al voler cancellare ad ogni costo, a quell’è stato o non è stato, a quell’abbiamo giocato oppure no, a quelle “sliding doors” delle nostre esistenze, che coinvolgono i sette amici che, metti, una sera a cena, decidono di rivelarsi l’uno all’altro. Ogni cosa sotto il respiro di un’eclisse di luna che li osserva e che anche noi, per pochi secondi, osserviamo.

Sono Eva, analista, e Rocco, chirurgo plastico (“in fondo io e te facciamo lo stesso mestiere, tu salvi i cervelli e io salvo i culi e le tette”), ad aver deciso quella cena, per commentare anche di quella coppia d’amici comuni che si sono divisi, in un momento in cui anche per loro le cose non è che filino al riparo da venti contrari. C’è anche il rapporto tesissimo di Eva con Sofia, la figlia sedicenne, che la giudica niente più che una stronza mentre al padre s’è attaccata per consigli e appoggi di ogni genere, vuoi anche per la notte che potrebbe essere l’occasione della sua prima esperienza sessuale. C’è la scoperta del fatto che Rocco, da sempre contrario, s’è messo in analisi ma da un collega della moglie e c’è la decisione di Eva a rifarsi le tette, ma non sotto l’esperienza di Rocco ma grazie al nominatissimo professor Blanchard, svizzero, manco a dirlo, perché così ha consigliato caldamente papà, che di quel genero non ha mai saputo granché cosa farsene. E poi Lele e Carlotta, Cosimo e Bianca, e il solitario Peppe che avrebbe dovuto farsi accompagnare da una misteriosa Lucilla ma che alla porta si presenta soltanto con due bottiglie in mano e un sorriso largo così, pronto a essere spento di lì a poco.

Storie troppo conosciute per particolareggiarle ancora qui, semmai le lasciamo scoprire a quei pochi, ma davvero pochi, che non abbiano visto il film: un mare di peccati e peccatucci, nulla di innocuo, niente che non lasci una pena, messaggi, scambi quantomai sciagurati di cellulari, telefonate, voci di donne angosciate e foto compromettenti, uomini che sono ansiosi di baci, segreti inconfessati, bugie che si sommano a bugie, tutto cala da quella nuova tecnologia, lasciata sul tavolo della casa, che ha rovinato le esistenze. Con il panorama nero e traumatico di relazioni offese e terremotate, con l’affronto di problematiche che mai oseresti affrontare, con la fragilità che invade le coppie e l’omofobia che deflagra tra quelle quattro pareti. Genovese riadatta ai nuovi spazi, taglia e cuce con intelligenza e con spirito sempre nuovo, intensifica e comprime nel chiuso del palcoscenico i sentimenti che fanno acqua dappertutto, gioca quasi di montaggio ritagliando personaggi e scene sotto la ristrettezza di una luce, come degli a parte di coppia, costruisce 80’ di spettacolo interrompendo quel ricordo iniziale dello schermo che potremmo avere (e che immancabilmente abbiamo) per farci godere appieno di questa nuova riscrittura. Alla quale, inutile dirlo, concorre un cast che sembra raggruppato lì da secoli, tanta la naturalezza, la padronanza del proprio personaggio, il cogliere la più piccola piega dell’attimo, della sensazione, della bruciatura dell’animo, della scoperta amara. Uno per tutti, non rimpiangiamo Giallini quando qui Paolo Calabresi, con il suo personale Rocco, offre alla figlia i suoi consigli di padre per la serata che forse affronterà. Con lui, Valeria Solarino, Dino Abbrescia, Lorenza Indovina, Marco Bonini, Alice Bertini e Massimo De Lorenzo, tutti applauditi a scena aperta e al termine della serata, composta in quel divertimento sfacciato e amaro allo stesso tempo che lascia un’impronta anche nel cosiddetto teatro “leggero”. Repliche (da non perdere, è un consiglio, caldo, di fine anno) sino al 7 gennaio, al Carignano, per la stagione dello Stabile torinese.

Elio Rabbione

Le immagini dello spettacolo sono di Salvatore Pastore

Un Gran Galà della Danza per chiudere l’anno

Sabato 30 dicembre ore 21
INTERNATIONAL BALLET COMPANY ITALIA
Un Gran Galà della Danza con i brani più significativi del repertorio classico tra cui il Grand Pas de Deux dal Don Quixote, il Gran Pas de Deux dal Corsaro, l’Adagio del Cigno bianco e Cigno nero tratto dal celebre Lago dei Cigni, il passo a due dello Schiaccianoci, il Gran Pas di Paquita, Giselle e tanti altri, ma anche nuove creazioni coreografiche con celebri canzoni, così da ottenere un coinvolgimento totale del pubblico e mostrare le molteplici capacità artistiche, interpretative e stilistiche dei ballerini della Compagnia International Ballet Company Italia.
Saranno proprio i Solisti e Primi Ballerini provenienti dal Moscow State Ballet, dal Balletto di San Pietroburgo, dall’Arena di Verona, dall’Opera di Spalato, dal Balletto Nazionale Ucraino e Polacco a esibirsi durante questa serata di grande danza.
La biglietteria è aperta tutti i sabati dalle ore 10 alle 13
Abbonamenti e biglietti sono in vendita anche su Vivaticket.com
PREZZI BIGLIETTI PLATEA
Intero 22 € + 2 € diritti di prevendita
*Ridotto Over65 – 18 € + 2 € diritti di prevendita
*Ridotto Under20 – 15 €
PREZZI BIGLIETTI GALLERIA
Intero 15 € + 2 € diritti di prevendita
*Ridotto Over65 e Under20 – 12 € + 2 € diritti di prevendita

Natale in Reggia, ultimi due appuntamenti 

Quattro appuntamenti pomeridiani nel magnifico scenario della Sala di Diana e nella Cappella di Sant’Uberto della Reggia di Venaria per vivere la magia delle festività fra brani salottieri romantici, gemme della musica da camera fin de siècle, ritmi spagnoli e rivisitazioni di grandi classici dal temperamento spensierato. Si intitola Natale in Reggia la nuova edizione della rassegna cameristica che Lingotto Musica presenta dal 27 al 30 dicembre in collaborazione con il Consorzio delle Residenze Reali Sabaude entro il palinsesto di mostre e attività culturali della Venaria Reale. Protagonisti giovani formazioni emergenti quali il Trio Sheliak, il duo composto dal violoncellista Fabio Fausone e dal pianista Stefano Musso, la coppia flauto-chitarra con Rebecca Viora e Pietro Locatto, e l’ensemble Running Flutes.

La rassegna si apre, mercoledì 27 dicembre alle 16 in Sala di Diana, con l’omaggio a Schubert del Trio Sheliak, che esegue l’ampio Trio n. 2 in mi bemolle maggiore op. 100 D. 929, il cui secondo movimento è divenuto celebre in tempi moderni come colonna sonora del film Barry Lyndon di Stanley Kubrick. Nato nel 2019 alla Scuola di Musica di Fiesole e ammesso nel 2022 allo Stauffer Center for Strings di Cremona per studiare con il Quartetto di Cremona, il Trio Sheliak è formato da Emanuele Brilli al violino, Matilde Michelozzi al violoncello e Sergio Costa al pianoforte. Vincitore di numerosi concorsi, fra cui il Filippo Nicosia Chamber Music Award 2022, attualmente si sta perfezionando a Lucerna, oltre a frequentare il master di musica da camera tenuto dal violista Patrick Jüdt a Berna. Il concerto è realizzato in collaborazione con Le Dimore del Quartetto, di cui il Trio Sheliak è “Ensemble dell’anno” 2022.

Giovedì 28 dicembre alle 16 in Sala di Diana, spazio alla calda espressività del violoncello di Fabio Fausone che, in duo con Stefano Musso al pianoforte, affianca la breve e enigmatica Sonata n. 4 in do maggiore op. 102 n. 1, che segna l’avvio del terzo stile beethoveniano, alle miniature salottiere dei Phantasiestücke op. 73 di Schumann e a due rarità della musica da camera italiana di fine Ottocento quali la Romanza op. 72 n. 1 di Martucci e i Feuillets d’album op. 111 di Bossi. Entrambi musicisti provenienti dal Conservatorio di Torino, dove hanno iniziato a suonare insieme in giovane età, Fausone e Musso si sono perfezionati rispettivamente al Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano e alla Hochschule für Musik di Basilea, avviando un’attività artistica che li vede regolarmente ospiti di istituzioni e festival italiani e europei. Il concerto è realizzato in collaborazione con De Sono Associazione per la Musica, che ha assegnato loro una borsa di studio.

Segue, venerdì 29 dicembre alle 16 in Sala di Diana, il viaggio nei ritmi e nei colori seducenti dell’esotismo musicale nella Francia dell’Ottocento proposto dal duo nato dalla collaborazione fra il chitarrista Pietro Locatto e la flautista Rebecca Viora, entrambi ex borsisti di De Sono che si esibiscono stabilmente per stagioni concertistiche di rilievo. Per questo organico insolito ma di notevole forza espressiva saranno adattati celebri brani di Ibert (Entr’acte), Fauré (Après un rêve op. 7 n. 1 e En prière), Satie (Gymnopédie n. 1 e Gnossienne n. 1) e Ravel (Pièce en forme de habanera), fino all’outsider argentino Astor Piazzolla (Histoire du tango).

Chiude, sabato 30 dicembre alle 18 nella Cappella di Sant’Uberto, la sorprendente cavalcata nella storia della musica dell’ensemble Running Flutes, originale riunione di famiglia che esplora tutte le possibilità timbriche del flauto con formazioni variabili (dagli 11 ai 18 elementi) composte da allievi ed ex allievi del Conservatorio di Torino. Si parte con Bach (Badinerie dalla Suite n. 2 in si minore BWV 1067), Vivaldi (Concerto in do maggiore RV 533) e Mozart (Divertimento n. 3 in fa maggiore KV 138), si prosegue con la Danza Ungherese n. 6 di Brahms e l’aria pucciniana di Lauretta “O mio babbino caro” da Gianni Schicchi, per concludere con i Favourites di George Gershwin e la Bahn frei Polka op. 45 di Eduard Strauss.

BIGLIETTI

DOVE ACQUISTARE

  • Online su lavenaria.museitorino.it
  • Biglietteria c/o Reggia di Venaria (via Mensa 34, 10078, Venaria Reale) con orari consultabili qui

INFORMAZIONI

Marta Viola, 14 anni, di Chieri, vince “Io canto generation”

Marta Viola, 14 anni, di Chieri, ha vinto ieri sera in tv “Io canto Generation”. Il programma in onda su Canale 5 condotto da Gerry Scotti che ha visto sfidarsi ben 24 giovani interpreti dai 10 ai 14 anni divisi in 6 squadre capitanate da Iva Zanicchi, Fausto Leali, Mietta, Anna Tatangelo, Cristina Scuccia e Benedetta Caretta.

A giudicarli, Al Bano, Orietta Berti, Michelle Hunziker e Claudio Amendola. Nella parte finale della serata Marta Viola, appartenente alla squadra di Benedetta Caretta, ha sbaragliato gli altri concorrenti in una sfida a tre contro Daniele Mattia Inzucchi e Sofia Leto. Marta ha fatto il pieno di 10 nelle due sfide conclusive. La scelta è  poi passata al pubblico presente in studio per la classifica finale che l’ha incoronata non di certo a sorpresa vincitrice. Marta Viola ha già rappresentato l’Italia allo Junior European Song Contest nel 2019 con il brano “Il sale della terra”. Un vero talento!

Igino Macagno

Quando, a Torino, Philip Roth intervisto’ Primo Levi

Rileggendo in questi giorni ‘’ Lamento di Portnoy ’’ (traduzione italiana Einaudi, ed. or. 1969 ) di Philip Roth salutato all’epoca come il primo scandaloso romanzo introspettivo della letteratura moderna americana, dove la grammatica del lettino dello psicoanalista, descriveva in prima persona e in forma parzialmente autobiografica, le nevrosi dell’americano medio sradicato, nichilista e oggi si direbbe postideologico e sessualmente frustrato, mi sono ricordato della visita nella nostra città del grande scrittore americano, in occasione di un incontro con Primo Levi nel 1986, per intervistarlo per il ‘’New York Times Book Review ’’. 

Venne a Torino con la moglie Claire Bloom che Levi amava ricordare per essere stata interprete di ‘’Luci della ribalta’’ che fu con la Paulette Godard del ‘’Grande dittatore’’ la musa ispiratrice preferita di Charles Chaplin. Andarono subito a Settimo alla Siva, lo stabilimento chimico industriale nel quale lo scrittore torinese lavorò per molti anni fino alla pensione, che Roth voleva visitare, per conoscere il background di Levi, di cui lesse. La distanza letteraria e culturale tra Philip Roth e Primo Levi non poteva essere più grande. Roth fu eccelso narratore dell’epopea yiddish e suo traghettatore alla fase attuale e postmoderna di Nathan Englander, Levi testimone dell’Olocausto tra i più alti. Uno con Bernard Malamud e Isaac Singer  la migliore espressione del milieu intellettuale ebraico nordamericano, l’altro voce documentaria e realista degli orrori del Novecento e dell’ebraismo piemontese laico e assimilato. Eppure si trovarono e avvenne ‘’miracolosamente’’ l’alchimia tra le due personalità e i due mondi, così tanto distanti. Andarono a pranzare al Cambio, si recarono alla libreria Luxemburg di Angelo Pezzana, dove Philip Roth firmò alcune copie delle sue opere più significative, poi si trasferirono allo studio di Primo Levi in corso Re Umberto 75, dove proseguì la loro conversazione, che fu trascritta curiosamente solo a distanza mesi dopo, al di là dell’Atlantico, in forma di epistolario, quando Philip Roth tornò negli Stati Uniti e rimise piede nella sua abitazione. Primo Levi non parlò a Roth della sua grave depressione e fece amicizia con la Bloom che trovò bella, colta ed empatica, all’epoca ancora legata a Philip. Roth scrisse che in Levi ‘’ la scrittura emanava come da un chimico divenuto narratore suo malgrado, piuttosto che il contrario’’, come l’opera ‘’Il Sistema periodico’’ starebbe a sottolineare e le necessità esistenziali dello scrittore torinese a richiederlo. Tutto in Levi è intuito, folgorazione, analisi caratteriale, fiuto del modo di pensare dell’altro, secondo l’americano. Primo Levi non parlò a Philip Roth della sua letteratura pur avendo letto alcune opere, preferì l’atteggiamento schivo, che da sempre umanamente lo caratterizzò, conoscendo poco la critica letteraria, attività che l’americano per contro esercitò sempre in parallelo, a quella di romanziere. Tra Newark nel New Jersey e Torino avvenne una storica stretta di mano e due ambienti culturali agli antipodi videro per sempre il proprio volto riflesso.

Aldo Colonna

“Il lago dei cigni” al Teatro Concordia

Teatro Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

Martedì 2 gennaio, ore 21

 

Con il Teatro Nazionale dell’Opera Rumena di Iasi

 

 

“Il lago dei cigni” è uno degli immortali capolavori della storia del balletto del XIX secolo firmato Marius Petipa. Rappresentato nel 1877 per la prima volta al Teatro Bol’šoj di Mosca, nonostante le musiche di Caikovskij, nell’immediato non ebbe il successo che fu poi raggiunto nel 1894, anno in cui venne messo in scena al Teatro Marijinskij di San Pietroburgo.

“Il lago dei cigni” racconta l’incantevole storia d’amore fra il giovane principe Siegfried e Odette, una creatura ultraterrena trasformata in cigno dal perfido mago Rothbart per aver rifiutato il suo amore.

A far rivivere l’emozione di questo classico dalle atmosfere ovattate, con disegni di luci e scenografie suggestive, il Balletto dell’Opera di Iasi, una delle più acclamate compagnie di danza classica che da più di 24 anni compie tournée in tutta Europa.

 

Martedì 2 gennaio, ore 21

Il lago dei cigni

Coordinatore coreografico e regia: Cristina Todi

Assistenti coreografi: Cristian Preda

Direzione tecnica: BogdanTuluc

Corpo di ballo del Teatro Nazionale dell’Opera Rumena di Iasi

Biglietti: intero da 38 a 48 euro, ridotto bambini e gruppi da 30 a 42 euro, visibilità ridotta 20 euro

Gustav Klimt, le avventure di un capolavoro

Da Piacenza al valdostano “Forte di Bard”, in bella mostra il celebre “Ritratto di signora” dell’artista viennese

Fino al 10 marzo 2024

Bard (Aosta)

Al “Forte”, lo definiscono un “quadro evento”. Certamente, la sua esposizione al pubblico rappresenta un appuntamento più che speciale nell’ambito della stagione espositiva invernale. Dipinto dal funambolico destino, il quadro di cui si parla, e che sarà in visione negli spazi della “Cappella Militare” al “Forte di Bard”fino a domenica 10 marzo, è il famoso “Ritratto di signora” dipinto fra il 1916 e il 1917 da Gustav Klimt (Vienna 1862 – 1918), fra i più significativi e celebri artisti della cosiddetta “Secessione viennese – Wiener Secession”, da lui fondata (insieme ad altri diciannove artisti, simbolisti, naturalisti e modernisti) nel 1897, come rifiuto totale dell’arte accademica tradizionale.

L’opera arriva a Bard dalla “Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi” di Piacenza cui appartiene ed è una delle tre opere realizzate dal grande maestro viennese presente sul suolo italiano, nonché l’unica ad essere stata acquistata da un collezionista privato, a differenza della “Giuditta” (1901) della veneziana “Ca’ Pesaro” e de “Le tre età della donna” (1905) – entrambe appartenenti al “periodo aureo” di Klimt – della “Galleria Nazionale d’Arte Moderna” di Roma. Il quadro venne acquistato nel 1925 dal nobile industriale piacentino Giuseppe Ricci Oddi, per 30mila lire, dal gallerista milanese Luigi Scopinich che, a sua volta, lo aveva acquistato a Vienna dal gallerista austriaco Gustav Nebehay. Il dipinto fu inizialmente appeso in parte nella sala da biliardo di casa Ricci Oddi, per poi approdare alla “Galleria” aperta dal collezionista stesso nel 1931. La storia del dipinto, segnata da avventurose vicende, viene svelata al “Forte” valdostano attraverso un allestimento di grande impatto scenico grazie ad un progetto curato da “Forte di Bard”, “Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi” e “Skira”, il più antico e glorioso marchio nella storia dell’editoria d’arte internazionale. La tela appartiene al “periodo maturo” (o “fiorito”), all’ultima fase dell’attività di Klimt che, l’anno successivo, di ritorno da un viaggio in Romania, morirà colpito dall’epidemia di influenza spagnola. E’ un periodo per l’artista di forte “messa in discussione” del proprio linguaggio artistico, entrato in contatto e criticamente scontratosi con la produzione di artisti come Van Gogh, Matisse, Toulouse-Lautrec e, soprattutto, con la pittura espressionista di Egon Schiele ed Oskar Kokoschka (già suoi allievi) che lo portano completamente fuori dal precedente “fulgore dell’oro” e dalle decorative linee dell’“Art Nouveau”. La sua pittura si fa allora meno sofisticata e più spontanea, pronta ad abbracciare gli inviti spontanei di una tavolozza più accesa, con pennellate quasi “sbrigative”, rapide e marcate e meno attente ai rigori del segno per un approccio ai soggetti (ritratti femminili, in particolare, dai rossi accesi di labbra e gote e dai blu intensi degli occhi fino al nero corvino dei capelli) più emozionale e poeticamente più istintivo. Nel dipinto “Ritratto di signora” non  è nota l’identità della donna raffigurata, che con ogni probabilità è una delle tante modelle che posarono per l’artista. L’opera deve la propria fama alle incredibili vicende che l’hanno vista protagonista.

Spetta a una studentessa di un liceo piacentino – Claudia Maga – avere intuito nel 1996 la particolarissima genesi dell’opera poi confermata dalle analisi, cui la tela è stata sottoposta: Klimt la dipinge, infatti, sopra un precedente ritratto già ritenuto perduto raffigurante una giovane donna identica nel volto e nella posa all’attuale effigiata, ma diversamente abbigliata e acconciata.

Ma i colpi di scena non finiscono qui: il 22 febbraio 1997, la tela di Klimt viene rubata dalla “Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi” con modalità che le indagini non riusciranno mai a chiarire. Per la ricomparsa del dipinto occorrerà aspettare quasi ventitré anni e il suo ritrovamento sarà ancora più enigmatico del furto. Esso avviene il 10 dicembre 2019durante alcuni lavori di giardinaggio lungo il muro esterno del Museo piacentino. Qui, in un piccolo vano chiuso da uno sportello privo di serratura, viene rinvenuto un sacchetto di plastica, dentro al quale vi è una tela: è il “Ritratto di signora” di Klimt. Quando il caso s’allea con la fortuna!

Gianni Milani

“Gustav Klimt, le avventure di un capolavoro”

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it

Fino al 10 marzo

Orari: feriali 10/18; sab. dom. e festivi 10/19. Lunedì chiuso

Nelle foto: Gustav Klimt “Ritratto di Signora” (dettaglio) e ambientazione, olio su tela, 1916 – ’17; Credits “Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi”  di Piacenza