CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 168

Quando Bard fermò Napoleone

E’ sempre stato un baluardo inespugnabile il forte valdostano di Bard, una fortezza di sbarramento resa famosa dall’assedio di Napoleone e ricostruita dai Savoia. Si arrese solo alle truppe di Napoleone ma quanta fatica, quante perdite umane, che onta per il grande Napoleone Bonaparte che quel giorno rischiò perfino di essere catturato. Andò su tutte le furie per non essere riuscito ad impadronirsi velocemente del forte a causa della valorosa resistenza dei soldati italiani e austriaci e alla fine decise di raderlo al suolo. Con una curiosità: nel maggio del 1800 Napoleone varcò il Gran San Bernardo non su un maestoso cavallo bianco come si vede nel celebre dipinto del David ma a dorso di mulo accompagnato da una giovane guida che trainava l’animale con sopra Napoleone il quale chiese poi a David di essere ritratto su un cavallo focoso. Ma il fatto straordinario di questa vicenda è che Bard, l’avamposto difensivo dell’esercito austro-piemontese, bloccò la Campagna d’Italia di Napoleone. Bard tenne testa ai francesi alla perfezione. Ma come si svolsero questi fatti storici? Per saperne di più è assai utile leggere il libro “La fortezza inespugnabile di Bard: storia dello sbarramento tra Valle d’Aosta e Pianura Padana” dello storico Mauro Minola, edizioni Susalibri. Fu un’incredibile battuta d’arresto per Napoleone, autoproclamatosi Primo Console con il colpo di Stato del 1799, un tale disonore che lo costrinse a reagire in seguito con la distruzione totale del Castel de Bard. Ma torniamo un po’ indietro. L’unico ostacolo imprevisto che si opponeva alla veloce avanzata dei francesi verso la pianura era appunto il forte di Bard, un bastione imprendibile che controllava e difendeva la Valle d’Aosta. Napoleone lo sottovalutò rischiando di far fallire i suoi piani. Eppure la fortezza era difesa da meno di 400 persone contando anche magazzinieri, cuochi e tamburini. All’esterno premeva una forza soverchiante di 40.000 francesi dell’Armée de Réserve. Come si presentava il forte di Bard nel maggio 1800? Aveva ancora la fisionomia di una fortezza medievale ed erano state realizzate nuove batterie per consolidare le difese in vista dell’attacco. Le scorte di viveri e d’acqua erano sufficienti per oltre due mesi ma dai documenti ufficiali dell’epoca trapela che gli ufficiali francesi non avevano nessun timore del forte e dei suoi difensori a tal punto che la fortificazione non era stata tenuta in nessun conto. Minola spiega che “la causa della sottovalutazione di Bard da parte dei generali di Napoleone fu dovuta alla mancanza di informazioni precise e alla carenza di una cartografia aggiornata della Valle d’Aosta. Secondo recenti ricerche dei cartografi Aliprandi è da cercare proprio in questi fattori il motivo per cui Bard non fu considerato un ostacolo così importante”. Nella notte tra il 21 e il 22 maggio un gruppo di soldati francesi camminando curvi dietro i parapetti che costeggiano la strada si avvicinarono alle postazioni difensive degli austro-piemontesi mentre un secondo gruppo di zappatori e granatieri scese lungo i dirupi della montagna impadronendosi della borgata. Occupato il paese di Bard che contava 246 abitanti cominciò l’assedio al forte con “un audace stratagemma” ideato dai francesi. Far passare i cannoni attraverso l’unica strada che lambiva il borgo appena preso dagli assedianti non era impresa facile. Vari tentativi fallirono per la pioggia di fuoco che arrivava dal forte sovrastante e investiva soldati e mezzi militari. Allora si decise di agire di notte ricoprendo le ruote dei cannoni con paglia e fieno per contenere al massimo i rumori del movimento e ingannare la sorveglianza dei difensori sulla strada del paese. La strada lastricata fu ricoperta di letame, paglia e materassi presi nelle case. I cavalli da tiro vennero sostituiti da squadre di 50 uomini adibiti al traino. Tutto perfetto ma non funzionò come era previsto nei piani. Alcuni cannoni passarono integri sotto le difese della fortezza ma ben presto gli austro-piemontesi scoprirono il traffico in corso nella via del paese e scatenarono un inferno di fuoco sui francesi che nonostante le perdite di uomini e mezzi riuscirono a far passare nell’arco di alcune notti una quarantina di cannoni. Infastidito per i ritardi subiti nella spedizione militare Napoleone lasciò Aosta e si avvicinò a Bard per verificare di persona la situazione ma venne circondato a sorpresa da un drappello di soldati austriaci. Si salvò grazie al pronto intervento delle sue guardie che lo seguivano a breve distanza. Era giunto il momento di farla finita. Sul monte che sovrasta il forte vennero portati con grande fatica diversi cannoni ma la potenza di fuoco anche questa volta non fu sufficiente a costringere i difensori alla resa. Il capitano Stockard von Bernkopf, comandante della guarnigione, rifiutò più volte di arrendersi. Dopo alcuni tentativi falliti che lasciarono sul terreno centinaia di morti e feriti, un cannone da 12 libbre venne posizionato di fronte al portone del forte, fuori dalla portata di tiro degli assediati. Il bombardamento aprì brecce sempre più larghe nella mura del forte ma l’esito non fu decisivo per la conquista della fortezza. Decisiva fu la resa degli assediati, stremati ed esausti: la resistenza della guarnigione era giunta alla fine e il comando austriaco ordinò di cessare il fuoco e di arrendersi. I francesi persero oltre 1500 uomini contro i 13 morti e i 61 feriti tra le fila dei difensori. Il baluardo valdostano fu poi nello stesso anno completamente raso al suolo a colpi di mine. Trent’anni dopo Carlo Felice di Savoia lo farà ricostruire. Tra le fortificazioni alpine sabaude il forte di Bard è l’unico che ha conservato l’aspetto che aveva fin dai tempi della sua riedificazione nel 1838. Abbandonato alla fine dell’Ottocento, il forte divenne un carcere militare e in seguito polveriera dell’Esercito italiano. Oggi è di proprietà della Regione Autonoma Valle d’Aosta. Un libro di storia da leggere tutto d’un fiato.. aspettando “Napoleon”, il kolossal di Ridley Scott, a novembre sul grande schermo.                     Filippo Re
Nelle foto:
Forte di Bard
Copertina libro di Mauro Minola
Napoleone varca le Alpi a cavallo e a dorso di mulo
Napoleone assedia Bard, rievocazione storica

“Gru Kids Festival” nella Piazza Centrale di “Le Gru”

Quattro fine settimana di “educational games” per tutti i ragazzi under 14

Dal 23 settembre al 15 ottobre

Grugliasco (Torino)

In tutto 12 appuntamenti. Tutti gratuiti. Quattro weekend tematici, tra laboratori, incontri giochi, letture e spettacoli pensati appositamente per aiutare i più giovani (under 14) a interrogarsi su temi di stretta attualità, come l’ambiente, l’uso consapevole della tecnologia, l’espressione artistica, i viaggi, i mondi lontani e vicini, avvicinandoli alla creatività e alle più diverse discipline espressive. Tutto questo è “Gru Kids Festival” che, alla sua seconda edizione, si terrà da sabato 23 settembre a domenica 15 ottobre, nell’area esterna coperta di Piazza Centrale, al primo piano di “Le Gru”. Il programma, anche quest’anno e ancora di più quest’anno, propone il meglio della “cultura” per l’infanzia, considerando il fatto che il “Mall” avveniristico di Grugliasco (via Crea, 10) – inaugurato nel ’94 ed oggi il più grande del Piemonte – è entrato proprio quest’anno a far parte dell’“Agenda della Disabilità”, un progetto realizzato dalla “Consulta per le Persone in Difficoltà” con la “Fondazione CRT”, che coinvolge più di 270 soggetti locali “profit” e “no profit”, volto alla sensibilizzazione su disabilità, inclusione e sviluppo sostenibile. “Gru Kids Festival” sarà quindi completamente accessibile a tutti i bambini e ragazzi. Quali i contenuti? Ogni fine settimana “Gru Kids” presenterà un tema diverso, una proposta che andrà a ripetersi sia il sabato sia la domenica, così da permettere la massima partecipazione.

Si inizia sabato 23 settembre, con il weekend dedicato ai “Videogiochi!” e i laboratori di “Merende Digitali”associazione torinese che si occupa di corsi di informatica e robotica educativa nelle scuole. Durante il workshop i bambini avranno la possibilità di creare il proprio videogioco e di usare in modo critico la tecnologia e la rete. I laboratori saranno due: uno dalle 14 alle 16 rivolto ai bambini dai 6 agli 8 anni, e uno dalle 16 alle 18 con fascia di età dai 9 agli 11 anniFra le 18 e le 19, spazio alla fantasia musicale con Luca Morino: il celebre musicista, compositore e scrittore torinese guiderà i ragazzi dai 9 agli 11 anni nella produzione di una vera e propria “colonna sonora” di un videogioco, un appassionante viaggio artistico attraverso i suoni per immagini.

L’ “Ambiente” sarà invece al centro del fine settimana 30 settembre – domenica 1° ottobre. Con la “Scuola Internazionale di Comics”, si terrà (ore 15bambini dai 7 ai 10 anni) un laboratorio artistico per creare un “pop-up” su diversi habitat naturali. Attenzione! Con materiale riutilizzabile e riciclabile. Alle 16,30, con le Associazioni “Restarters Torino” e “Soluzioni InformEtiche”, i ragazzi dai 10 ai 13 anni si impegneranno in “Cosa c’è nel tuo smartphone”, smontando e rimontando dei telefoni cellulari imparando quali sono i componenti, da dove vengono i materiali “critici” e perché “riparare” viene prima di “riciclare”. Alle 18, Carola Benedetto e Luciana Ciliento proporranno una “presentazione-gioco” legata al loro libro “I viaggi di Mia – alla scoperta dell’acqua” pubblicato per “Tre60/Tea”. Attraverso quiz divertenti e storie del regno animale, le autrici porteranno i bambini alla scoperta del pianeta e di ciò che serve per la sua salvaguardia.

Il terzo weekend, sabato 7 e domenica 8 ottobre (fasce di età 11 – 14 anni) vedrà come protagonisti i “Manga” e il “Giappone”, con un  “mercatino”, dove i ragazzi appassionati di fumetti avranno la possibilità di scambiare i propri “anime” e i propri “manga”, mentre, alle 15, la “Scuola Internazionale di Comics” proporrà il laboratorio artistico “Crea il tuo personaggio manga”Alle 17,15 spazio al “Giappone” con Martina Folena – La Cantastorie. Partendo dal libro “Yahho Nippon!” (edizioni “Ippocampo”) l’artista proporrà un “laboratorio creativo” con “lettura animata” che porterà i bambini alla scoperta della “Terra del Sol Levante” e dei suoi più strabilianti personaggi, ma soprattutto, i più piccoli potranno inventare gadget bizzarri come Kodomo, l’artista tokyota specializzata in arte chindogu. Il pomeriggio si concluderà alle 18,15 con “J-POP”, uno dei principali editori di Manga in Italia, dove richiama oltre 10milioni di lettori.

In chiusura, sabato 14 e domenica 15 ottobre, sarà la volta de “I Mondi e i Viaggi”. Si parte alle 15 con lo “spettacolo animato” di pupazzi con Caterina Paolinelli che vedrà protagonista la Pimpa, la cagnolina giramondo nata, quasi cinquant’anni fa, dal genio di Altan. “Le avventure di Pimpa e Olivia Paperina” verrà replicato alle 15,45Dalle 16 alle 17 e dalle 17 alle 18, l’ “Associazione Feliz” proporrà un “laboratorio” per scoprire la tecnica del film d’animazione in “stop motion” e i bambini potranno creare una propria cartolina digitale animata da spedire agli amici!

Tutti i laboratori e gli incontri di “Gru Kids Festival” sono a ingresso gratuito e su prenotazione al “Box info Le Gru” o via mail all’indirizzo: boxinnfo@legru.it .  Ogni laboratorio ha una fascia di età e una capienza specifica comunicate sul programma completo consultabile su www.legru.it

g.m.

Nelle foto: Logo Festival; Luca Morino; Caterina Paolinelli

Incontro con Luca Scarlini alla gam

LA GAM PER “LA CULTURA DIETRO L’ANGOLO” Feste d’Autunno

L’apparenza inganna: un viaggio tra immagini dell’altrove alla GAM

Venerdì 22 settembre alle 18:00

BEEOZANAM, Madonna di Campagna,

via Foligno, 14 Torino

ingresso libero

     

Le collezioni di un museo sono evidenti e allo stesso tempo segrete, il luogo stesso è evidente e misterioso, perché è impossibile padroneggiarlo in tutti gli angoli, a ogni svolta e corridoio. Non per caso i musei sono spesso ambientazione di film gotici o thriller.

Luca Scarlini disegna un racconto tra opere che esplorano luoghi dell’altrove nelle collezioni torinesi.

Per La cultura dietro l’angolo la GAM ha invitato tre intellettuali a interrogarsi sulle ragioni per le quali varcare, magari per la prima volta, la soglia di un museo d’arte moderna e contemporanea come la GAM di Torino e scoprirne le collezioni e le esposizioni. Questa seconda conversazione pensata per le “Feste d’autunno” vede protagonista Luca Scarlini, scrittore, drammaturgo, performance artist.

Raccontatore d’arte, collabora con numerosi musei e insegna tecniche narrative presso la Scuola Holden di Torino, IED e ha collaborato con numerose istituzioni teatrali italiane e europee, tra cui il National Theatre di Londra, la compagnia Lod a Ghent, il Festival Opera XXI a Anversa, La Batie e il theatre amstramgram a Ginevra. Da sempre crea racconti per spazi museali.

GUARDA IL VIDEO

Seguirà un momento musicale a cura di Mito per la Città con il quartetto di sassofoni Kosobate Quartet: Micaela Stroffolino, sassofono soprano, Mariagrazia Massanova, sassofono contralto, Sofia Ferraro, sassofono tenore, Eugenio Enria, sassofono baritono (scuola di sassofono di Pietro Marchetti). Musiche di Johann Sebastian Bach, Edward Elgar, Jean Baptiste Singelée, Pedro Iturralde, John Kander, John Williams, Jean Matitia.

Le Feste d’autunno di La cultura dietro l’angolo si svolgono a Torino da giovedì 21 a sabato 23 settembre 2023. Le case del quartiere, le biblioteche civiche e i presidi del territorio si animeranno di spettacoli teatrali, performance artistiche, incontri, letture, appuntamenti di divulgazione scientifica e molto altro ancora. Tra le novità di questa edizione, vi è la sinergia con Mito per la Città che arricchirà le feste con alcuni momenti musicali: le melodie di Bach, Wagner ed Ennio Morricone accompagneranno il pubblico in un viaggio musicale e si incontreranno nei quartieri con l’arte contemporanea, la fotografia, la storia egizia e i classici della poesia.

La cultura dietro l’angolo è un programma della Fondazione Compagnia di San Paolo realizzato con la collaborazione della Città di Torino e propone attività ed eventi diffusi nelle circoscrizioni della città. Da maggio a dicembre la cultura sarà a poca distanza da casa, ovunque si abiti, con nuove occasioni di relazione, condivisione e partecipazione.

ULTIMO GIORNO – “Florilegium”. Segni e colori per raccontare la magia della natura

In mostra alla “Precettoria” di Sant’Antonio di Ranverso, le immagini “floreali” di Ines Daniela Bertolino

Dal 22 luglio al 24 settembre

Buttigliera Alta (Torino)

Acrilici e acquerelli sono i grandi “alleati” della pittura di Ines Daniela Bertolino. Tecniche, l’acquerello in particolare, di assai difficile gestazione, in cui la pittrice torinese riesce a dare tutto il meglio – e di più – di sé, nel campo di una procedura artistica dov’è ben difficile bleffare, dove il mestiere ti impone di muoverti seguendo certe regole in vista di determinati risultati che non lasciano margini a sotterfugi. O ad attenuanti. E allora il mestiere o ce l’hai o non te lo puoi inventare.

Se ce l’hai, è lì ben evidente davanti a tutti. Ma se non ce l’hai è un disastro, che (ahinoi!) è comunque e sempre lì davanti a tutti. Non capita per la Bertolino. Artista vera, non improvvisata, per  la quale fare arte non significa voler sbalordire a tutti i costi con le più strane interpretazioni del “raccontare per segni e colori”. Fare arte significa poggiare ben bene, e mai dimenticarlo, su solide basi accademiche per poi permettersi di seguire voli fantastici e improvvisazioni emotive che liberano il “soggetto” dagli stretti vincoli terreni per dargli ali capaci di portarlo a rappresentare sogni, fantasie e giochi di poesia che sono manna vitale per la vera opera artistica. In questi spazi si colloca la pittura della Bertolino, forte di studi ben assimilati (dopo il  Liceo Artistico”) all’“Accademia di Belle Arti” di Torino, a “Scuole di grafica pubblicitaria” (che la portano, fra l’altro, a lavorare presso studi pubblicitari, serigrafici e laboratori di ceramica) fino al “Corso Internazionale per l’incisione artistica” presso l’“ISIA-Istituto Superiore per le Industrie Artistiche” di Urbino. Un lungo serio tirocinio che emerge con piena evidenzia nella rassegna a lei dedicata presso l’antica (ultimi anni del XII secolo) “Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso”, a Buttigliera Alta, fino a domenica 24 settembre.

Rinascimentale il titolo della mostra“Florilegium”, vuole subito indicarci che trattasi di una ben accurata raccolta antologica (una ventina di acrilici su tela e tavola) delle tantissime opere dedicate dall’artista alla natura, alle “sue” piante, ai “suoi” fiori, a paesaggi che guardano al cielo, in un connubio di “naturale” e “spirituale” che contraddistingue sempre la poetica delicatezza della sua cifra stilistica e della sua narrativa. Dove la perfezione delle forme lascia, pur anche, spazio a certa piacevolissima immediata informalità compositiva e alla trasparenza di dettati cromatici che inducono a oniriche fantasiose o immaginifiche interpretazioni dei soggetti. Che bello quel “Trittico” di piante – sovrani e maestosi guardiani del bosco – che si ergono verso l’alto in tutta la loro maestosità, quasi sospese da terra e lasciate andare in volo verso l’azzurro intenso del cielo. Pochi colori. Sempre (spesso) l’azzurro o il blu raccolto in tutte le sue più variegate sfumature, da quelle più intense a quelle più diluite. Alla Bertolino piace, è stato fatto notare, il blu, fra i colori primari più usati fin dall’antichità: dall’arte bizantina, a quella egizia fino al Medioevo, a Giotto (pensiamo all’inimitabile volta della patavina “Cappella degli Scrovegni”, oggi “Patrimonio Mondiale Unesco”), via via fino agli impressionisti a Renoir a Matisse (“un certo blu penetra nella tua anima”), al blu “oltremare profondo” di Klein. Van Goghdiceva che il blu “è un colore divino e non c’è nulla di così bello per mettere l’atmosfera intorno alle cose”; per la moderna Psicologia, il blu è il colore dell’affidabilità e consegna all’uomo sicurezza interiore e fiducia in sé. Non fu così per il grande Picasso che, nel famoso “periodo blu” lo usava affiancato spesso al verde per esprimere un profondo stato di malinconia e sofferenza, dopo il suicidio del  caro amico Carlos Casagemas.

Certo, nell’antologica alla “Precettoria”, Ines Daniela Bertolino dà prova di una rara sapienza nell’uso di cromie in cui, se blu e azzurro necessariamente compaiono a far da quinta celeste alle sue composizioni floreali, pur non tralasciano ricche variazioni sul tema fra grovigli di rosso, rosa, verde e blu (“Le rose di Rocco”) o fra l’arancio e il rosso della peruviana “Nastruzio” così come fra le varie sfumature di rosa, bianco e rosso delle più semplici “Pratoline” o delle tenere “Primule”che fanno capolino al primo svanir della  neve. Magnifico quel piccolo nido “Tra i filari nascosti”, fra informali intrecci di arbusti, che fanno da riparo a vite nascenti osservate, fra luci e ombre, da un cielo azzurro che ispira pace, serenità e vicinanza umana. Che meraviglia! E il cielo sa quanto ne abbiamo, oggi più che mai, bisogno!

Per info e prenotazioni: “Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso”, Località Sant’Antonio di Ranverso, Buttigliera Alta (Torino); tel. 011/9367450 (da mercoledì a domenica) o ranverso@biglietteria.ordinemauriziano.it

Gianni Milani

Nelle foto:

–       “Trittico”

–       “Le rose di Rocco”

–       “Nasturzio”

–       “Tra i filari nascosti”

La pittura innovativa (ma con uno sguardo al passato) di Ilio Burruni

ILIO BURRUNI  (Ghilarza / OR, 25 aprile 1917 – Bioglio / BI, 20 febbraio 2016)

Se, in Piemonte, il Novecento letterario vede le pagine diCesare Pavese impallidire al confronto con quelle diAlbert Camus, la pittura còlta di Felice Casorati,riferimento robusto agli insegnamenti di Piero della Francesca, nulla dovrà a quella di Amedeo Modigliani,pittore giovane, poco attento al passato e maledetto, incline all’alcool e alla droga qui però varrà la pena di soffermarci sui pittori che, in gioventù, frequentarono lo studio di Pavarolo perché genuine espressioni di quella Scuola…

Riprendo le pagine che per Ilio scrissi in momentiprossimi alla sua despedida: poco prima di allora, mi aveva pregato con insistenza di andare nel biellese da lui per potermi parlare più a lungo e senza interruzioni. Purtroppo, però, non avrei potuto farlo, ché, da tempo, ho, per poca salute, rinunciato a ogni mia trasferta!

Burruni lo vidi la prima volta all’Istituto Italiano di Cultura di Rio de Janeiro!

Ero arrivato da Brasilia e stavo cercando un mio ufficio in quella sede (spazio che avrei trovato in anticamera, cioè quasi sul pianerottolo del quarto piano), e sarebbe diventato un ambiente gradevole perché tutti mi passavano davanti ma pochi si trattenevano, così io lavoravo tranquillo, senza sentirmi isolato dal mondo!

Ilio aveva sulle spalle Rodolfo ancora piccolo e la mia collega Marilda me lo presentò, dicendomi che era unpittore di Torino (come me) e che, poco prima che io arrivassi tra loro, aveva esposto i suoi quadri nel grande salone dell’Istituto.

Qualche tempo dopo, ebbi davanti a me il primo quadro di Burruni: uno scorcio di Chieri dai toni caldi dei laterizi e dei tetti in coppo. Fu nell’appartamento di Morosi, il professore addetto all’Istituto che avevatrovato per noi una casa nel palazzo stesso in cui viveva.A prima vista, con i suoi colori e le sue forme, quella tela mi parlava di un ambiente noto, infatti avevo insegnato tutta una stagione in quella cittadina.

Ilio, lo seppi poi, era sardo di nascita e giovanissimo era arrivato a Chieri con i suoi e di là, aveva frequentato a Pavarolo la scuola di Casorati. Questi, non solo gli aveva fatto amare la pittura ma aveva indirizzato i suoi studialla facoltà di giurisprudenza, e là, come il Maestro, anche Ilio si era laureato.

Burruni, però, in diversi momenti della sua vita, avevatratto la sua vitalità proprio dal sud America. Ne parlò durante una visita, che gli facemmo a Botafogo, in un caldo pomeriggio assolato. Là nell’appartamento in cui viveva e dipingeva, eravamo con lui adulti Adele, Carmen ed io, e il piccolo Rodolfo.

Raccontò anche del Brasile della sua gioventù, quando alla Urcala zona di Rio ai piedi del Pão de Açucaraffrescò enormi spazi in alcuni palazzi di abitazione e, tra un lavoro e l’altro, si era concesso dei buoni periodi di vacanza in Europa… E mi parlò anche dell’Argentina di prima dell’ultima guerra, delle ceramiche che aveva realizzato, e mi mostrò alcuni dei suoi lavori su carta:portavano ben visibili i timbri e le scritte delle autorità di quel paese che, insieme con il suo, autorizzavano il loro l’espatrio ... poi ancora parlò della sua Costa Azzurra...

Ma furono i quadri ai quali stava lavorando a prendersitutta la mia attenzione.

Ne ricordo due, in particolare: il cesto di frutta dalCaravaggio e un autoritratto, con zuccotto rosso in testa,dipinto alla maniera di Antonello da Messina. Opere ad acrilico di grande valenza artistica, in cui una bella tavolozza, ricca di gradazioni cromatiche, dà vita a delle pitture dense davvero di significato.

Credo che, nel rileggere i quadri del passato, Ilio abbia realizzato un progetto originale, unico e esclusivo quanto impegnativo e proficuo, per i risultati ottenuti e leinterpretazioni personali che si è concesso. Infatti i fruttidi ispirazione caravaggesca, che nel cesto si ritagliano un loro spazio di luce, sono l’esito di una profonda lettura critica dell’opera del Pittore lombardo e quel quadro, che nella produzione del Merisi costituisce un unico, pieno com’è di chiare luminosità, ben si è offertoagli occhi di Burruni, per una lettura nuova.

Nel secondo quadro poi, la figura di sé, che Ilio ci ha lasciato sotto forma di autoritratto, è un’icona dall’emblematico significato simbolico, dipinta con eccezionale bravura, il cui risultato la pone tra i quadri più ‘moderni’ dei nostri contemporanei. Le luci e i colori rivelano un processo creativo, certamente non veloce, frutto di minuziose sperimentazioni, e, se verrebbe da porla subito tra le riproduzioni, un esame più attento cipermette di rilevare i più reconditi passaggi creativi, nessun ripensamento trascurando, tra quelli che l’Artista del passato ebbe nel realizzare il capolavoro. Questo è il risultato più intenso, il messaggio più completo della Pittura di Burruni: una pittura delicata e còlta che,insieme a unattenta rivisitazione del Passato, creaimmagini innovative, perché non esiste una proposta artistica nuova, senza una (ri)lettura attenta del passato.

Ilio, nel ricordo mio infine, poiché, anche quando,ritornato a Torino, mi capitava di pensare a lui, ecco che,di repente, c’era un quadro, in fotografia o in cornice, asegnalarmi la sua vicinanza, quasi ad avvisarmi lanciandomi un suo personalissimo son qua (aTorino) eccomi! Così in Via Po la locandina per la mostra alla Galleria di Piazza Hermada (nostro primo incontro italiano!), quindi una mia vista al Borgo San Dalmazzo… poi, ancora, nei locali di una Circoscrizione di Torino, dove un’esposizione di panfili e velieri dipinti, costituiva un vero e proprio contraltare per le chiese del Brasile coloniale, altre sue opere che davvero ben conoscevo (e quadri tutti, i cui colori, giocati tra i bianco-grigi e gli azzurri intensi, rimangono esemplariper la sua tavolozza)! Infine, per ultimo, perché ha favorito i nostri ultimi contatti, il quadro dei re Magi(che fu per me sorpresa vedere esposto all’Istituto San Giuseppe) anch’esso impostato sui grigi e sugli azzurri:momento culminante di un crescente interesse di Burruniper l’arte sacra!

Con i suoi ritorni, quasi in sordina, egli chiamava l’attenzione, sempre con discrezione, e, con la sua presenza bonaria, sapeva dire tanto in amicizia vera. Laddove, più che parlare, egli amava fare, e fare bene, efacendo, beneficiava in primo luogo sé stesso poi tutti gli altri, perché con i suoi quadri trasmette ancora serenità, a prescindere dal fatto che, nei periodi più lontani, quelli si facessero carico di travagli espressionisti. Ora però, in un lento processo alchemico – solo questo termine permette di spiegare il lavorio della sua arte – la lezione degli antichi l’ha portato a una figurazione essenziale più sintetica. Sarà così che, vero trait d’union tra l’uno e gli altri, l’artista puro, con fede, agisce in rapporto di continuità con chi l’ha preceduto. Perché qualcosa di grande fa da sottofondo all’essenzialità dell’arte, ed è meno intuibile per sua complessità nel processo creativo! Ora però, senza approfondire questo assioma, concluderò che Ilio era davvero una persona rara perché,ad ogni sua comparsa, rinnovava la gioia dell’incontro,sempre dandogli un senso di immediatezza più che una dimensione di consuetudine. Ed era la sua presenzasenza formalismi, quasi scanzonata, cordiale, verasempre e vivace, come si addice a una persona bella, dallo sguardo più che incantevole incantato e, ad un tempo, intenso e puro!

In Italia, sono diminuite le occasioni che, in Brasile,c’erano di incontrare Persone eccezionali ma, cosciente di questo, custodisco il ricordo di alcuni personaggi che,tuttora, mi fanno compagnia. C’è, a San Paolo, Pietro Maria Bardi che mi accoglie nel suo MASP; a Brasilia, lungo i corridoi dell’Ambasciata italiana, Marcello Candia, Uomo che la Chiesa già annovera tra i Venerabili, che mi esprime il suo piacere di conversarecon me; e, a Rio, ecco c’èIlio Burruni – senza allargarmi a quei brasiliani, scrittori e artisti, che ho visto e rivisto quando ero in Goiás – amici cari che il tempo ha avvicinato a me nessuno scalfirà mai i nostri ricordi:essi rimarranno perfetti, senza patire danno da parte di chi intenda portarceli via!

Carlo Alfonso Maria Burdet

La scuola di oggi vista dai pittori di ieri

 

Così parlò  il Dio Algoritmo. 

Le procedure per l’assegnazione delle cattedre paiono terminate, molti precari sono già certi del proprio futuro, almeno per quest’anno scolastico, le molteplici istituzioni si sono presentate ai genitori impazienti degli alunni con un corpo docente al completo e tra un orario provvisorio e l’altro è addirittura trascorsa la prima effettiva settimana di lezione.
Settembre è un mese peculiare, segna l’inesorabile passaggio tra l’estate e lo studio, si fa portatore di buoni propositi, si investe dell’onere di nuove avventure, nuove situazioni, nuove esperienze.
Settembre è “l’inizio”, un inizio che fortunatemente ci viene riproposto annualmente e che magari prima o poi riusciremo a sfruttare a pieno.
In questo clima di fermento intorpidito, ho conosciuto anch’io leclassi con cui lavorerò per quest’anno, ho incrociato sguardiindagatori e respirato l’odore di aule e corridoi ancora inesplorati, lo ammetto con un’amalgama di curiosità e malinconia nel cuore, poiché ad ogni volto ancora sconosciuto corrisponde un alunnodel passato, lasciato nelle mani di qualcun altro.
È ovviamente presto per dichiarare le prime impressioni, eppure credo sia il momento opportuno per una piccola riflessione sulla scuola, proprio ora che siamo un po’ tutti rancorosi nei confronti delle vacanze e un po’ tutti annoiati del solito tran-tran che ci risucchierà, volenti o nolenti: ricordiamocelo che tra una sveglia presto, una macchina parcheggiata in seconda fila e un nonno che va a prendere all’uscita da scuola i suoi nipotini, vi è il senso vero e l’importanza effettiva dell’istruzione.

È una battaglia continua, quella che si porta avanti tra i banchi, una lotta perpetua contro l’Ignoranza, contro il non saper pensare, a favore di quel “logos” tanto caro agli antichi e così essenziale oggi, in una società confusa e superficiale che va in un qualchemodo cambiata, modificata, resa più a portata d’uomo.
Non illudiamoci, non saranno di certo gli adulti ad innalzare le barricate –almeno non saranno la maggioranza- ormai troppo egoisti e disattenti, la speranza è tutta nei giovani, nei ragazzi, negli studenti.
È necessario non distogliere lo sguardo, poiché proprio le generazioni future paiono essere le vittime predilette di questo nostro tempo, relegati in un mondo virtuale dove quella fragilità insita nei più piccoli non può venir meno, ma al contrario èamplificata, fino a che –spesso- l’insicuro diviene bullo, il debole non è aiutato, mentre il calderone delle “vittime” si mostra ormai colmo fino all’orlo.
Concordo pienamente con le parole di Massimo Gramellini, riportate anche su “Il Resto del Carlino” : “Qualcuno ti dirà che la scuola serve solo a trovarti un lavoro. Non credergli. La scuola serve se riesce a fornirti gli strumenti per gestire un sentimento, smascherare un ciarlatano e ammirare un tramonto, non solo una vetrina”.
Del resto, tralasciando il concetto di “paideia” e tutto ciò che riguarda l’erudizione in epoca classica, già lo stesso Carlo Magno aveva ben chiara l’essenzialità della formazione dei giovani, egli per primo infatti si impegna per introdurre nelle corti la figura del precettore, persona a cui è affidato il compito di educare i figli dei nobili, passeggiando sotto i colonnati e osservando il mondo, riprendendo l’esempio dei greci e dei latini.
Da sempre c’è chi sostiene l’importanza dello studio, i “maestri” compaiono in sculture e dipinti dai tempi più remoti, eppure è opportuno non dimenticare i veri protagonisti della vicenda, poiché ad ogni docente corrisponde un allievo o più.
La meraviglia della scuola è questa: è quella cosa che non può cambiare mai, mentre tutto il resto è in movimento. Essa non può che rimanere immobile, perché tale rimane la fugura dello studente: “intelligente ma non si applica”.
Lo testimonia l’opera di Benozzo Gozzoli “Presentazione di S. Agostino alla scuola di Tagaste”, appartenente al ciclo dedicato a S.Agostino, eseguito tra il 1464 e il 1465 nella chiesa di Sant’Agostino a San Gimignano, su commissione di fra’ Domenico Strambi. Nella scena, su un tipico sfondo cittadino rinascimentale, si svolge una lezione di grammatica, il maestro declama e gli studenti attorno fingono visibilmente un falso interesse.
Gli atteggiamenti che riscontriamo noi docenti oggi, nelle nostre aule multimediali, tra LIM e corsi di robotica, sono i medesimi che dipingeva Isaac van Ostade nell’opera “Scuola del villaggio” (1642). In un ambiente umile e spoglio, l’unica fonte luminosa pervade la figura di uno scolaro dai capelli biondi, sarà stato il “primo della classe”, oggi l’avremmo definito “secchione”, è il più vicino al maestro, un uomo austero e attento, a sua volta concentrato sul quaderno che lo studente gli sta porgendo. A terra compaiono altri bambini, alcuni intenti a leggere, altri invece incuriositi da un buco nelle calze o dalla tipica mosca che entra sempre svolazzante nelle ore meno apprezzate.
Altre espressioni tipiche si osservano nella tela di Jan Steen, “Maestro di scuola” realizzata nel 1668, in cui un autoritario docente barbuto redarguisce un giovinetto che ascolta la fervente correzione, stropicciandosi un occhio, probabilmente per trattenere una lacrimuccia.  A fianco al povero interrogato c’è chi tenta di copiare, forse per evitare la medesima sgridata, e chi ridacchia”, divertito che la cosa non sia successa a lui.
Diciamoci la verità: abbiamo tutti visualizzato le “nostre” pesti, mentre si passano i fazzoletti, fanno cadere la gomma, starnutiscono e s’improvvisano maestri di yoga acrobatico mentre dalla loro postazione tentano di visualizzare il compito degli altri.
Lo sappiamo, non ci si può distrarre in classe, perché se accade qualcosa è sempre colpa del docente, poiché i ragazzi si sa, sono delle dolci creature che mai si comporterebbero in modo “non adeguato all’ambiente scolastico”. E se i genitori di oggi si sentono forti di tali convinzioni, Jan Steen, con mano lapidaria, immortala una verità assai diversa nel suo quadro “Una classe con il maestro addormentato”del 1672. Un paffuto insegnante, probabilmente sopraffatto dalla stanchezza post-Collegio docenti,si assopisce durante l’ora di lezione e ciò che ci stupisce davvero è come faccia a non ridestarsi in quella evidente bolgia infernale. La tela trasuda il baccano e le sonore risate: tre scolari non perdono l’occasione di vendicarsi dei brutti voti e, armati di calamaio, si apprestano a fare le proprie correzioni sul volto del professore; sullo sfondo un arzillo giovinetto dimostra le sue qualità canore, mentre davanti a lui c’è chi cerca specifiche terminologie sul dizionario, chi porta in aula un roseo maialino e chi invece si diverte ad andare contro il pubblico pudore, urinando nella brocca dell’acqua.
Una situazione similare, ma tutta al femminile, la dipinge Jacob Taanmann, nella sua “Quando il maestro è girato” del 1876. Un ignaro docente volta le spalle alle sue scolare. Potrebbe essere l’incipit” di un racconto dell’orrore, lo sappiamo, mai distogliere lo sguardo da chi non aspetta altro che un nostro passo falso, tuttavia talvolta ci costringiamo a fidarci dei nostri teneri allievi e cadiamo in errore. È andata bene al docente raffigurato, perché le ragazzine dipinte si limitano ad un chiacchiericcio diffuso, ma chissà quante malelingue tra quei sorrisini angelici!
Nell’opera di André Henri Dargelas, “Attorno al mondo” del 1906, sono di nuovo “i vivaci” della classe i protagonisti: un giovane irriverente cavalca un mappamondo, mentre un amico lo aiuta a ruotare la sfera terrestre un altro lo guarda assorto, ammirando il gesto eroico dello sfrontato compagno di classe.

Tutto avviene in primo piano, intanto che sullo sfondo si apre una porticina, dalla quale fa capolino un giovane e inesperto maestro disperato, il quale, incapace di fronteggiare la situazione, si limita ad alzare le mani in gesto di costernazione.
È bene sottolineare che agli scolari disattenti, assonnati e svogliati, ben rappresentati da Gustav Igler, nel quadro “Banco per alunni indisciplinati” del 1882, fanno da contraltare gli allievivolenterosi e impegnati, come testimonia ad esempio l’opera di Paul Louis Martin des Amoignes, titolata “In classe” ed eseguita nel 1886. Il protagonista indiscusso della scena è un giovane studente, si staglia tra i suoi compagni vestiti con il medesimo grembiule di un azzurro sbiadito e logoro, sta ritto sullo scrittoio, alza le dita come se contasse e il suo sguardo assorto rivela la determinazione di raggiungere la soluzione del problema, il luccichio degli occhi rispecchia quello dell’animo volenteroso.  
Anche Nikolay Bogdanov-Belsky decide di soffermarsi su un gruppo di giovani assorti, nella tela “Aritmetica a mente nella scuola pubblica di S. Rachinsky” (1895), l’anziano maestro, impeccabile nei suoi abiti eleganti, sembra decisamente orgoglioso dei suoi alunni, tutti concentrati e pensosi a risolvere l’operazione scritta alla lavagna. Anche qui, ognuno di noi docenti potrà riconoscere i propri scolari: chi è più razionale e si prende il suo tempo, chi invece s’illumina arrivando alla risoluzione, chi invece non osa declamare i propri pensieri, chi si confronta con l’amico e chi è più audace e bisbiglia al professore il risultato.
L’iconografia raffigurante il meraviglioso mondo della scuola è assai numerosa, queste poche opere che ho voluto citare, sono solo alcune delle molteplici creazioni che testimoniano come alcune dinamiche non potranno cambiare, nonostante i banchi con le rotelle, gli ambienti d’apprendimento e tutte quelle novità in ambito pedagogico-metodologico che in realtà sono sempre esistite, solo non indicate con diciture anglofone.
L’arte ancora una volta testimonia la verità. La scuola sarà salva finchè gli studenti rimarrano studenti, fiammelle scoppiettanti, animi birichini e dispettosi, sguardi attenti e bocche annoiate. È il gioco delle parti, il maestro che s’arrabbia e lo scolaro che gli fa i dispetti, il maestro che insegna e l’alunno che non vuole imparare, il maestro che mette i voti e l’allievo che non accetta l’insufficienza, e infine il maetro e lo studente che escono dalla stessa porta, uno vicino all’altro, perché entrambi sanno che questo pezzo di vita lo si affronta insieme.

ALESSIA CAGNOTTO 

Mandy Barker a CAMERA per Oasi iTierra! di Lavazza

ARTE E SCIENZA PER IL PIANETA

Incontro con MANDY BARKER, 

artista inglese pluripremiata a livello internazionale.  Apertura di Oasi iTierra! di Lavazza

 

21 settembre 2023 | ore 18.30 | Gymnasium di CAMERA, Torino

Ingresso gratuito

Con l’arrivo di settembre, ricominciano gli appuntamenti aperti al pubblico de “I Giovedì in CAMERA”, in occasione della mostra Dorothea Lange. Racconti di vita e lavoro visitabile fino all’8 ottobre nelle sale di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino.

Il ciclo degli appuntamenti si concentra su alcune delle tematiche affrontate negli scatti della fotografa americana che ha tracciato una radiografia visiva di ambienti e condizioni di vita che hanno caratterizzato alcune aree degli Stati Uniti negli anni Trenta e Quaranta del Novecento, ma non così lontane da quanto viviamo oggi in termini di crisi climatica e migrazioni. A partire dalle fotografie di Dorothea Lange, e grazie alla partecipazione di professionisti e narratori della nostra contemporaneità, il programma di incontri è un’occasione per riflettere su tematiche urgenti e attuali e creare, così, occasioni di dibattito.

Giovedì 21 settembre, alle ore 18.30, CAMERA ospita Mandy Barker (1964), artista inglese pluripremiata a livello internazionale, in occasione dell’inaugurazione di Oasi iTierra! di Lavazza. In dialogo con il direttore artistico Walter Guadagnini, Barker ci racconterà il lavoro fotografico, riconosciuto a livello mondiale, che da oltre tredici anni conduce sui detriti plastici marini creando eleganti e suggestive composizioni che viste da vicino raccontano una scioccante realtà: l’impatto della plastica sul mondo marino e sulle barriere coralline. In collaborazione con gli scienziati, attraverso le sue fotografie l’artista mira a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’inquinamento da plastica negli oceani del mondo, evidenziando gli effetti nocivi sulla vita marina, sui cambiamenti climatici e, in ultima analisi, su noi stessi, inducendo lo spettatore ad agire.

Agli effetti delle attività dell’uomo sull’ambiente è dedicata anche la parte più rilevante della carriera di Dorothea Lange. Nel corso delle spedizioni organizzate dalla Farm Security Administration racconta, infatti, le terribili conseguenze di una forte siccità che negli anni Trenta del Novecento colpisce i territori delle Grandi Pianure, aggravate dall’impoverimento del suolo dovuto dall’aratura aggressiva del terreno, innescando una grave crisi agricola e la migrazione di migliaia di persone.

Intervengono:

Mandy Barker, artista

Walter Guadagnini, direttore artistico di CAMERA

La serata è un’occasione speciale per aprire al pubblico la nuova area break di CAMERAcon il progetto Oasi iTierra! di Lavazza, partner di CAMERA fin dalla sua fondazione.

Lavazza accetta la sfida di migliorare e rendere valoriale il momento della pausa caffè. Oasi iTierra! è un progetto innovativo che nasce con l’obiettivo di trasformare il modo in cui si vive il momento della pausa, portando il consumatore in uno spazio nuovo, ingaggiante, tecnologico e attento alla sostenibilità. All’interno dell’area si potranno gustare le capsule per vending machine Blue iTierra! For Planet Espresso Bilanciato compostabili, che rappresentano l’unione tra qualità e sostenibilità. Anche nella proposta di prodotto la volontà è stata quella di optare per una soluzione allo stesso tempo consapevole e di valore. Nell’Oasi iTierra! troviamo l’attenzione alla sostenibilità sia nel prodotto offerto sia nell’ambiente che ci circonda: uno spazio dal design contemporaneo modulabile e integrabile in qualsiasi ambiente, con materiali 100% naturali, senza plastica o resine ma solo con legno, cemento e vetro che rendono l’oasi una vera e propria isola verde dall’atmosfera tropicale, dotata di purificatore d’aria, diffusore di aromi e ricca di piante e verde vivo.

Per ciascuna Oasi iTierra! Lavazza si impegna a piantare più di 1.000 alberi in diverse parti del mondo a supporto di progetti di riforestazione in collaborazione con Tree-Nation.

 

L’avventura controcorrente di Radio Caroline, la più famosa radio pirata del mondo

Era il 28 marzo 1964, quasi all’ora di pranzo. I due “ragazzi terribili” alla consolle, Chris Moore e Simon Dee, sapevano bene che in acque internazionali le leggi inglesi non valevano e che la musica poteva librarsi nell’etere senza ostacoli

Questa è Radio Caroline sul 199, la vostra stazione musicale 24 ore su 24”. Con questo messaggio pre-registrato, lanciato da una vecchia nave passeggeri danese, la MV Caroline , al largo delle coste dell’Essex, a sudest dell’Inghilterra, venne annunciato l’inizio delle trasmissioni della prima “radio libera” ( “pirata”, si diceva al tempo) del mondo, di gran lunga certamente la più famosa. Era il 28 marzo 1964, quasi all’ora di pranzo. I due “ragazzi terribili” alla consolle, Chris Moore e Simon Dee, sapevano bene che in acque internazionali le leggi inglesi non valevano e che la musica poteva librarsi nell’etere senza ostacoli.

La prima canzone che venne mandata in onda fu Not Fade Away dei Rolling Stones. A quel tempo, in Gran Bretagna, suonavano, tra gli altri, i Beatles, i Moody Blues, gli Who, i Rolling Stones, gli Yardbirds di Eric Clapton e i Kinks. Pur in presenza di uno scenario unico e straordinario nella storia della musica pop e rock, le trasmissioni radiofoniche erano dominate dai tre canali radio dellaBBC, che confinava questi gruppi e le loro canzoni  nello spazio angusto e risicato di pochissime ore la settimana e non voleva saperne di ospitare  le band delle etichette indipendenti, mostrando di subire l’influenza delle grandi case discografiche come EMI e Decca. Quest’approccio piuttosto grigio in stile “old british” della radio pubblica e le regole piuttosto strane che, ad esempio,  limitavano a cinque ore il  tempo massimo in cui si potevano suonare dischi in diretta  o la scelta di  mandare in onda canzone cantate da altri interpreti o in versioni solo strumentali, fece guadagnare a Radio Caroline un successo incredibile. L’idea  della stazione “galleggiante” era venuta a Ronan O’Rahilly, un ragazzo irlandese di 24 anni, con l’ambizione di diventare un imprenditore musicale. O’Rahilly .

Così venne riadattata una nave passeggeri danese di 700 tonnellate, la MV Fredericia ( formalmente registrata a Panama). La sua famiglia, benestante, era  proprietaria di un piccolo porto privato a Greenore, nel nord dell’Irlanda. Le apparecchiature radio vennero installate con l’aiuto di un ingegnere svedese, Ove Sjöström, che aveva lavorato in una esperienza simile in Svezia. O’Rahilly disse che, per il nome, si ispirò a una delle celebri foto di Caroline Kennedy che gioca nello Studio Ovale. Radio Caroline trasmetteva musica pop tutto il giorno e arrivò a raggiungere, dopo pochi mesi dall’inizio delle trasmissioni, quattro milioni di ascoltatori. Si apriva così una stagione del tutto nuova e molte altre radio “libere” iniziarono l’attività al punto che, in un sondaggio del 1966, quasi metà dei sudditi di Sua Maestà, dichiarava di sintonizzarsi regolarmente su una radio pirata o su Radio Luxembourg, la potente emittente lussemburghese che era una specie di antenata delle radio pirata. Il governo britannico non stette con le mano in mano e pose di fatto fine all’epoca delle radio pirata con il Marine Offences Act, che entrò in vigore il 15 agosto 1967. La legge, tuttora in vigore, “proibisce di trasmettere dalle navi, dalle strutture off-shore e dagli aerei in acque territoriali britanniche, o da navi e aerei registrati nel Regno Unito dovunque si trovino”. Quasi tutte le radio pirata smisero di trasmettere ma il testardo O’Rahilly, da buon irlandese, decise di andare avanti e, poco dopo la mezzanotte di quel ferragosto di quarant’otto anni fa, disse “Radio Caroline continua” e mandò in onda  All You Need Is Love dei Beatles.  Qualche anno dopo Radio Caroline ripartì a bordo di una nuova nave,l’ex rompighiaccio Ross Revenge, dalle quali le trasmissioni continuarono fino al 1989quando il ministro inglese Margaret Thatcher ordinò la presa di forza della nave con successiva chiusura della radio. Ma nemmeno la Lady di Ferro riuscì a zittire l’emittente. Da allora Radio Caroline ha ripreso e interrotto le trasmissioni diverse volte ed oggi è ancora sulla breccia, trasmettendo via satellite.

 

Marco Travaglini

 

Incantevole, il melodramma italiano. “Memorabili pagine” a Chieri

Nella Chiesa settecentesca dei Santi Bernardino e Rocco, in piazza Cavour

Venerdì 22 settembre, ore 20,30

Chieri (Torino)

Gli artisti sono di notevole levatura e la location fra gli splendori storici e architettonici del Settecento chierese. “Memorabili pagine del Melodramma italiano” si inserisce nell’ambito della rassegna, ad ingresso gratuito, “Musica e Architettura”, un progetto della Toret Artist Management, direttore artistico il musicista Francesco Ronco.

Vedrà esibirsi nella splendida cornice della Chiesa dei “Santi Bernardino e Rocco” (appartenente alla Confraternita del SS. Nome di Gesù in San Bernardino, ultima ricostruzione fra il 1740 ed il 1744, realizzata su disegno dell’architetto Bernardo Antonio Vittone, con facciata a opera di Mario Ludovico Quarini) il soprano astigiano Erika Grimaldi con il tenore gigliese Gianni Mongiardino, accompagnati al pianoforte dal cuneese Giulio Laguzzi, direttore musicale del Palcoscenico al “Teatro Regio” di Torino.

“Musica e Architettura” prosegue dunque, con successo, nel suo intento di valorizzare, insieme alla grande musica, anche il patrimonio artistico ed architettonico di Chieri. Per questo, dopo il “Battistero del Duomo” che a giugno ha ospitato il concerto della violinista Clarissa Bevilacqua, è stata scelta per questa occasione la “Chiesa dei Santi Bernardino e Rocco”, che custodisce, fra le varie opere, tre tele di Guglielmo Caccia, detto “il Moncalvo”, un “San Nicola da Tolentino” del Cinquecento e un Organo del XVIII secolo, il più antico della Città, oltre all’altare in stile barocco in legno e cartapesta con la statua di “San Benedetto Martire”, patrono dei tintori. La presentazione della chiesa sarà a cura del Presidente della “Confraternita” Lorenzo Musso.

“È sicuramente un motivo di orgoglio per tutta l’amministrazione comunale ospitare il concerto ‘Memorabili pagine del Melodramma Italiano’ – afferma l’assessora alla Cultura di Chieri Antonella Giordano – La presenza di artisti internazionali riconosciuti in tutto il mondo arricchisce ulteriormente l’ampio programma di appuntamenti di musica classica proposto quest’anno dalla Città. Così come avvenuto per la straordinaria Clarissa Bevilacqua, ci auguriamo di entusiasmare e incuriosire i cittadini e i turisti con musica e cultura sempre di alto livello”.

Il programma della serata prevede brani tratti da “Un ballo in maschera”, “La Traviata”“La Forza del Destino” e  “Aida” di Giuseppe Verdi; a seguire, brani da “La Gioconda” di Amilcare Ponchielli, dall’“Andrea Chènier” di Umberto Giordano e dalla “Turandot” di Giacomo Puccini.

Per info: “Chiesa dei Santi Bernardino e Rocco”, piazza Cavour, Chieri (Torino); tel. 338/2350795 o www.comune.chieri.to.it

g.m.

Nelle foto:

–       Erika Grimaldi (soprano), Gianni Mongiardino (tenore) e Giulio Laguzzi (pianista)

–       Esterno della Chiesa dei “Santi Bernardino e Rocco”

“Parliamo di soldi” In avvio a Biella la quarta edizione del Festival “ContemporaneA“

“Parole e storie di donne”

Dal 22 al 24 settembre

Biella

Non poteva scegliersi immagine – guida migliore per la quarta edizione di “ContemporaneA”, progetto di “BI-Box – APS” (a cura di Irene Finiguerra e Barbara Masoni) che, per tre giorni, da venerdì 22 a domenica 24 settembre, porterà a Biella alcune delle più interessanti protagoniste del mondo finanziario, letterario, artistico, storico e giornalistico di oggi, impegnate a confrontarsi – a Palazzo Ferrero, al Lanificio Sella e all’Auditorium di “Città Studi” – sul tema “Parliamo di soldi”, di “denaro” e senza reticenze, perché è intorno a questo che si gioca una partita fondamentale: quella dell’emancipazione femminile. E’ dunque il non plus ultra l’illustrazione – logo del “Festival edizione 2023” realizzata dall’artista torinese Elisa Seitzinger, che si è ispirata alla leggendaria Regina di Saba, sovrana di straordinaria ricchezza, adoratrice del Sole, dunque personificazione al femminile sia di potere che di sapienza.

“L’ho rappresentata – spiega l’artista – con un libro e un Oro in mano su un cavallo, colmo d’oro. Il cavallo infatti, emblema di vitalità, è l’animale che in mitologia è in stretto contatto con il Sole e di conseguenza con l’elemento Oro … Il simbolo degli Ori, o Denari, nei tarocchi e in generale nei mazzi di carte a semi latini, è legato alla realtà materiale, all’abbondanza e alla generosità. Questo ‘visual’ può essere interpretato anche come la fusione tra la ‘Regina di Denari’ con il ‘Cavaliere di Denari’. Ultimo dettaglio: anche il fiore di zafferano, che fa da pennacchio al cavallo, è un simbolo di prosperità”.

Tema trasversale, quello del “denaro” verrà affrontato nella tre giorni biellese, attraverso diverse lenti, dalla finanza al teatro, dalla letteratura alla moda com’anche dalla scienza ai “tarocchi”.

Per l’intero programma, le locations e gli orari, consultare www.contemporanea-festival.com .

38 le/gli ospiti per 28 appuntamenti. Di seguito alcuni, fra i più interessanti.

La serata inaugurale è all’insegna della comicità: venerdì 22 settembre, con “Uno spettacolo esecrabile al sole”, le due autrici di Mammadimerda”, al secolo Sarah Malnerich e Francesca Fiore, portano all’Auditorium di “Città Studi” (corso Pella, 10), la tappa conclusiva del loro tour estivo: una fotografia della condizione femminile attuale, uno “spettacolo esecrabile” appunto, con un’operazione di satira sociale nello stile dissacrante che le contraddistingue.

Di particolare interesse, anche quest’anno, gli incontri dedicati alla “letteratura” e al “giornalismo”. Due su tutti: quello con Annalena Benini, (scrittrice e direttrice del “Salone del Libro di Torino”) che dialogherà con Marco Cassini ( direttore editoriale di “Sur” e co-curatore del Festival “La grande invasione”) e, per quanto riguarda il “giornalismo”, quello con Carmen Lasorella, prima giornalista italiana a ricoprire il ruolo di “inviata di guerra” televisiva, anchor-woman e autrice di reportage, che  racconterà del suo approdo in libreria con il suo primo romanzo “Vera e gli schiavi del Terzo Millennio”(“Marietti1820”, 2023).

Novità di questa edizione, il “Salotto di ContemporaneA”: uno spazio informale allestito in una delle sale dello storico “Palazzo Ferrero”, costruito tra il XV e il XVI secolo, sede del festival dalla sua seconda edizione. Qui si terranno incontri e laboratori con alcuni degli ospiti e le ospiti di questa edizione: la poetessa e saggista Francesca Genti (editore per i tipi di “Sartoria Utopia”) con “Istantanee dal destino” effettuerà una lettura poetica dei tarocchi “ad personam”, intesi come mappe per orientare i propri desideri. In questa stessa location avrà luogo anche il laboratorio a cura di “Gomitolorosa”, tenuto da esperte maestre volontarie del “knit&crochet” (lavoro a maglia e all’uncinetto): un’occasione di condivisione, benessere e solidarietà volto alla realizzazione di “tante piastrelle colorate” che insieme comporranno una coperta da donare a persone in stato di fragilità.

Non mancherà un format molto atteso dal pubblico di “ContemporaneA”, quello del “Pranzo con la scrittrice”. Sabato 23 settembre, la scrittrice e traduttrice Franca Cavagnoli terrà un intervento sulla scrittrice neozelandese Katherine Mansfield (di cui ha curato l’edizione completa di “Tutti i racconti”(Mondadori, 2013), mentre domenica 24Marco Cassini parlerà di Grace Paley (1922 – 2007), scrittrice, poetessa ed attivista statunitense considerata una maestra delle “short stories”.

Info e location: venerdì 22 settembre gli incontri si tengono nella “Sala Mostre” del “Lanificio Sella” (via Corradino Sella); mentre gli eventi in programma nelle giornate del 23 e 24 settembre si svolgono a “Palazzo Ferrero”(corso del Piazzo 25, Biella) e sono a ingresso libero fino a esaurimento posti. Prenotazione obbligatoria per lo spettacolo di “Mammadimerda” all’“Auditorium” di “Città Studi” (Corso Giuseppe Pella, 10) e i due “Pranzi con la scrittrice” : segreteria.contemporanea@gmail.com o tel. 392/5166749.

g. m.

Nelle foto: Illustrazione Elisa Seitzinger; Annalena Benini; Carmen Lasorella