CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 138

Il dramma di Tennessee Williams rivive tra i dettagli della compagnia Eleftherìa

Sabato 6 aprile al Teatro Cardinal Massaia e sabato 11 maggio al Teatro della Provvidenza va in scena Lo Zoo di Vetro con la regia di Claudio Destino e Federica Tucci.

 

Torino è una città che ha imparato a mostrare i suoi punti di forza, ad attirare turisti e a incantare i visitatori di passaggio. Ma è negli angoli nascosti che cela tesori inaspettati. Sono le sale oltre l’entrata dei caffè storici, i cortili con statue e fregi dei palazzi, le fabbriche dismesse trasformate in luoghi di cultura e svago. Non fanno eccezione i teatri come il Cardinal Massaia di Via Sospello 32/c che, come uno scrigno, sabato 6 aprile si aprirà per mostrare una piccola manciata di pietre preziose.

 

La compagnia Eleftherìa debutta nel 2016 per esigenza creativa e artistica di Claudio Destino e Federica Tucci, attori e registi che si sono formati al Centro di formazione attori Gruppo Teatro 1 guidato da Maurizio Messana. Portano così in scena Ionesco, Pirandello, Dario Fo e ora Tennessee Williams, che avevano già affrontato con 27 Vagoni di Cotone e che con il suo Zoo di Cristallo ci riporta nelle angosce più che mai attuali dell’America degli anni 1940.

Ho incontrato, o per meglio dire mi sono imbucata ad una delle prove della compagnia, nel sabato piovoso che ha preceduto la Pasqua, in una Torino grigia che ha deciso di fare da scenografia naturale alle vicende della famiglia Wingfield. Claudio e Federica dirigono e interpretano i figli Tom e Laura, Angela di Tria è l’ingombrante madre Amanda e Claudio Errico il controverso Jim.

 

Con Zoo di Vetro ritroviamo una società malinconica, una famiglia in piena decadenza. D’altronde Williams scrive a ridosso di quella crisi del 1929 da cui l’America non si è ancora ripresa e che vive in bilico tra sogno americano e disillusione. La sola speranza è partire per la guerra, per l’avventura.

 

Al dramma di un’intera società si affianca quello di una famiglia abbandonata dal padre dove una madre deve fare i conti con una figlia zoppa che non riesce a trovare marito. I personaggi vivono nel loro immaginario, tanto che lo stesso Williams lo definisce un dramma di memoria. Madre, sorella e fratello vivono immaginando qualcosa che non hanno o che hanno perso: la madre una gioventù ormai sfiorita. Tutto è immobile, cristallizzato in un tempo che non c’è più. I personaggi sono come gli animaletti di vetro della figlia: uno zoo, per l’appunto, di cristallo.

 

Ho chiesto a Claudio e Federica se non sia un ostacolo essere coppia sul lavoro e nella vita. Rispondono completandosi a vicenda: “No, perché portiamo in scena un’idea comune, una visione dove inserire tematiche a noi care. Le idee degli autori sono più che mai condivise oltre che attuali.” In effetti Williams avrebbe potuto scrivere questo testo nel 2024, cambiando un dettaglio o due.

 

La stessa complicità dei due registi si ritrova nell’intero gruppo di lavoro. Gli attori sembrano muoversi con delicatezza sulla scena. L’atmosfera è sospesa, complice un tappeto sonoro italiano anni 1960, studiato dal regista e coadiuvato da Marcello Coco, che ci permette di identificarci e che trasporta i personaggi, ormai archetipi, nel nostro tempo. Impossibile non riconoscere in un’Amanda talvolta isterica, quell’amore tossico che porti in terapia in età adulta, o non arrabbiarsi di fronte all’ambiguità di Jim che oggi forse ti bloccherebbe vigliaccamente sui social senza darti spiegazioni.

 

La compagnia Eleftherìa si muove perfettamente tra l’aderenza al testo e la libertà di proporlo a noi con atmosfere che, a ridosso di una pandemia, sentiamo purtroppo familiari. Noi come loro in quello stesso zoo di cristallo. Il pericolo è di riuscire a sentire quelle stesse angosce e soffrire con i personaggi. Esattamente come succede quando una buona compagnia mette in scena il teatro dell’assurdo. Il rischio di non poter sopportare quelle atmosfere porta lo spettatore a saltare sulla sedia, a sentirne tutta la scomodità e ad abbandonare il teatro prima della fine. E, purtroppo o per fortuna, gli Eleftherìa sono bravi, inopportunamente bravi.

 

A questo punto il lettore si starà chiedendo perché andare a vederli. Per due motivi. Intanto per apprezzare la cura maniacale dei dettagli che vanno dalla scelta degli oggetti di scena, ai brani anni 1960 (no, non posso e non devo svelarvi tutto).

 

E poi perché l’arte non è solo denuncia, memoria o svago. L’arte ci permette di assimilare, analizzare e rielaborare. Come in una seduta psicoanalitica, l’arte ci dona quella leggerezza che solo la consapevolezza può regalarci. O forse dovrei dire libertà, che è anche la traduzione dal greco di Eleftherìa. Affrontate questo spettacolo con la tenacia di chi sa che, per alleggerirsi, deve attraversare il fuoco, non girarci attorno.

 

 

 

Per maggiori informazioni e per acquistare i biglietti

 

https://teatrocardinalmassaia.com/lo-zoo-di-vetro/

 

6 Aprile ore 21 – Teatro Cardinal Massaia, Via Sospello 32/c Torino (prenotazione in teatro o online)

 

11 Maggio ore 21 – SpazioPRO – Teatro Provvidenza, Via Asinari di Bernezzo 34/a Torino (prenotazione al numero 3407896306 o per e-mail eleftheria.teatro@gmail.com)

 

Lori Barozzino

 

Il Pci, una storia italiana

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Nel gennaio del 1921, centotre anni fa, veniva fondato a Livorno il Partito Comunista Italiano. Una storia politica che terminò trentatré anni fa, il 3 febbraio 1991 quando, durante il suo XX° Congresso, la maggioranza dei delegati approvò la svolta della Bolognina voluta da Achille Occhetto e diede vita al Partito Democratico della Sinistra mentre la minoranza dissenziente scelse di costituire il partito della Rifondazione Comunista. Da tempo, ben oltre il centenario celebrato nel 2021, si sono svolte e si svolgono moltissime iniziative legate all’evento con convegni, celebrazioni, giornate di studio mentre moltissimi libri sono stati pubblicati e altri certamente arriveranno nelle librerie. L’originale vicenda dei comunisti italiani verrà analizzata, studiata e riproposta sotto varie angolature perché, in fondo, si tratta di una storia collettiva che per sette decenni nell’arco del ‘900 ha coinciso e si è sovrapposta a quella della nazione.

La lotta antifascista, la Resistenza, la Costituzione repubblicana, la costruzione della democrazia, le tante battaglie sociali e civili, una fitta rete di “buon governo cittadino” in tantissime amministrazioni comunali e regionali restano  a testimonianza di quanto i comunisti siano stati “dentro” la storia di questo Paese e l’abbiano influenzata. Tra i tanti libri e le varie testimonianze una è particolarmente originale e s’intitola Voi personaggi austeri, militanti severi.., parafrasando il testo dell’Avvelenata, una delle più note canzoni di Francesco Guccini. L’autore del libro, edito qualche tempo fa dalla torinese Impremix Visual Grafika, è Marco Travaglini, un ex dirigente della sinistra piemontese. Nei ventisei racconti che riempiono le 128 pagine del libro ( l’ex ministro Livia Turco ne ha curato la prefazione) lo scrittore-giornalista – torinese d’adozione, nato a Baveno sulle rive del lago Maggiore –  racconta le “storie di compagni che sapevano ridere anche di se stessi”. Dare conto di questa straordinaria e articolata vicenda umana, fatta di gesti generosi e impegno civile, così come di ipocrisie e di errori storici, momenti drammatici e un enorme sforzo pedagogico di massa non era un compito facile, soprattutto facendo la scelta di raccontare episodi  che si propongono di strappare un sorriso. Storie, tra l’altro, che hanno come sfondo fatti reali.

In alcuni casi vissuti in prima persona dall’autore che è stato l’ultimo segretario provinciale del PCI della Federazione di Verbania (realtà della quale è stato praticamente coetaneo avendo entrambi visto la luce nell’autunno del 1957, quando si separò dalla realtà novarese) e, come tale, ha potuto viverne da protagonista una fase importante della storia e le successive evoluzioni. Quasi tutti i racconti si svolgono in Piemonte, tra l’Ossola, le terre delle risaie e il biellese, le terre dei laghi Maggiore e d’Orta, con qualche puntata nella lomellina pavese e sulla sponda magra del Verbano, in Lombardia. Dalle lotte operaie dell’acciaieria Cobianchi alle cene elettorali a base di polenta e coniglio in Valle Strona, dalle avventure di un comunista omegnese tra le risaie vercellesi a caccia dei voti dei monarchici al tempo della “legge truffa”  alla strana bandiera che sventolò sulle Settimane musicali di Stresa, queste storie – ricche di situazioni grottesche generate perlopiù da malintesi- strappano sorrisi nel dar conto di una importante e per certi versi non comune vicenda umana. “Nei racconti cito vicende più o meno note, utilizzando solo una parte di una vasta casistica immagazzinata dalla memoria”, afferma l’autore. “Naturalmente, come insegnava Piero Chiara,  quel che mancava a raggiungere l’effetto narrativo l’ho aggiunto. Del resto, nessuna realtà è buona per sé”. Apparentemente fatti “tutti d’un pezzo”, i protagonisti di questi racconti  dimostrano – il più delle volte loro malgrado, inconsapevolmente – di non esser privi d’ironia. Sorridono, ammiccando a malintesi e disavventure di questo o quell’altro loro “compagno”.

Sono vicende, in gran parte tramandatesi oralmente e arricchitesi con il trascorrere del tempo fino a diventare sempre più grottesche e ironiche, modificandosi e ingigantendosi un poco come i pesci nei racconti dei  pescatori. Storie romanzate  ma sempre con un fondo di verità (con le opportune modifiche a nomi e cognomi) a riprova dell’umanità di quelle donne e quegli  uomini che all’ombra della stessa bandiera hanno contribuito a fare la storia di un partito che è stato tanta parte della realtà politica e della società italiana. Livia Turco, già ministro e autorevole esponente di quello che un tempo fu il Pci di Berlinguer, oggi Presidente della fondazione Nilde Iotti, nella sua prefazione ha scritto: “il bel  libro di Marco Travaglini ci consente di fare un tuffo in una storia bellissima, di incontrare la comunità dei comunisti italiani. Per raccontarla sceglie il modo più autentico ed efficace. Racconta le persone in carne ed ossa, i loro contesti di vita, la loro quotidiana normalità. Questa umanità generosa avrebbe dovuto molto di più entrare nella narrazione e nella rappresentazione dell’Italia. Sono convinta che l’idea e la pratica della politica raccontata in queste pagine sia non solo moderna, ma necessaria. In questa nostra società,  in questo nostro tempo, ciò che alimenta le  passioni  tristi è la solitudine, la fragilità delle relazioni umane.

C’è bisogno di comunità e di compagnia”. Tutti i principali protagonisti di quelle vicende, ambientate negli anni dal primo dopoguerra agli anni ’80, hanno fatto parte di quel PCI voluto da Togliatti nel 1944 come un “partito nuovo” con l’obiettivo di trasformare l’ossatura clandestina e resistenziale dell’organizzazione comunista in  un partito di governo, progressista e democratico. Una lunga storia testimoniata da documenti, congressi, atti parlamentari, campagne elettorali, libri – a partire dagli straordinari Quaderni dal carcere di Antonio Gramsci –  fino a quaderni della propaganda con i quali il partito organizzava la sua presenza nei territori e tra la gente. Travaglini sorride e ricorda la “Guida al segretario di cellula”, uno dei manuali per la propaganda capillare che riportavano, in copertina, le citazioni di Togliatti per definire la linea. Ne legge un brano: “..il Partito si sviluppa e si rafforza quando sa lavorare non soltanto per chiusi interessi di organizzazione e di gruppo, ma per gli interessi di tutto il popolo e di tutta la nazione”. I suoi anni sono stati però gli anni di Berlinguer, del colpo di stato in Cile e del  compromesso storico, del rinnovamento culturale e politico del Pci a partire dalla “questione morale” (l’eccesso di occupazione dello spazio pubblico da parte dei partiti), della capacità de gli ultimi tempi della segreteria berlingueriana di immaginare una strategia fondata su una nuova lettura della società italiana.

Si coglie, tra le righe dei racconti, una lieve nota malinconica e qualche rimpianto non solo per gli anni più belli della gioventù. “ E’ vero. Per certi versi mi manca quel partito”, dice il giornalista e scrittore, ormai lontano dalla politica attiva. “Non era per nulla esente da difetti, anche seri; era certamente imperfetto ma al tempo stesso autentico, popolare, molto più vicino alle necessità delle persone di quanto non sia la politica oggi. Continuerà a mancarmi e  sono certo che questo sentimento è comune a molti pur avendo coscienza che ciò che è stato fa parte della storia e va considerato con rispetto, senza indulgere in nostalgie”.

B.C.

Addio a Mario Mazza, devoto cantore del Monferrato

Con la scomparsa di Mario Mazza Casale ha perso un devoto cantore del Monferrato, tema costante della sua pittura da quando, nel 1960, si trasferì dalla Calabria nella nostra città.

Con ancora negli occhi e nel cuore il mitico mare di Crotone, gli aspri boschi, i suggestivi ulivi antropomorfi, il sentore delle mimose di Montagna Piana, trovò rimedio alla nostalgia della sua terra immergendosi nella bellezza del nostro paesaggio collinare.

Qui ritrovò la gioia di vivere e di dipingere cangianti vigneti autunnali, calde distese di girasole, fantastici tramonti sul Po e vecchi filari di gelsi, che ancora si trovano nella nostra campagna, sulle rive di rogge in cui si riflettono gialle giunchiglie tra il riverbero del sole.

Ogni angolo del Monferrato è stato osservato e dipinto con l’entusiasmo della scoperta trasformatosi presto in un amore viscerale e in riconoscenza per la terra che gli ha dato la possibilità di passare, da semplice decoratore, a vero e proprio pittore.

Uomo semplice e modesto, ma non modesta la sua arte, allievo del chiarista Giuseppe Campese e dell’espressionista Alberto Bertazzi, Mazza apprese da loro  i segreti del mestiere per poi procedere verso un suo singolare Realismo fatto di immagini non convenzionali e transitorie bensì universalizzate come archetipi, forme di vita sedimentate e durature nel tempo.

Il suo lungo percorso artistico si avvale di innumerevoli collettive e personali in diverse città italiane, in particolare a Casale, basta ricordare la mostra al Castello Paleologo e l’ultima, come premio alla carriera del 2023 nello splendido edificio settecentesco del Ricovero cittadino.

Molti i riconoscimenti, dal conferimento del “Campidoglio d’Oro” a Roma nell’Accademia Burckhardt all’acquisto del suo bellissimo quadro “Vento tra gli ulivi” nel Museo d’arte contemporanea di Crotone.

Giuliana Romano Bussola

(Da “Il Monferrato”)

FOTO. Paesaggio monferrino

La rassegna dei libri del mese

Eccoci al consueto appuntamento con i libri più letti e commentati dal gruppo FB Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri, il gruppo che sta dalla parte del lettore con oltre 295.000 iscritti: al primo posto tra i libri più commentati del mese troviamo Tutto Il Blu Del Cielo, di Melissa Da Costa, seguito da Beviamo Un Altro Bicchiere, antologia di racconti di scrittori giapponesi contemporanei; terzo posto per Viola Ardone e il suo recente Grande Meraviglia.

Incontri con gli autori

Questo mese abbiamo intervistato uno degli autori più amati dai nostri lettori, ovvero il saggista Fabio Piuzzi, che torna in libreria con Il Campo Dei Morti (Morganti, 2023) una nuova indagine archeologica; Stefano Butti, l’esordiente autore de Il Manoscritto del Diavolo (Bolis, 2023), un thriller storico ambientato nella Roma del XVI secolo; Adriano Morosetti, scrittore ligure nato e vissuto a Sanremo, è autore de Il Breve Mestiere Di Vivere (Mursia, 2024), un divertente e appassionante “noir mediterraneo” ambientato a Sanremo durante il festival; Giulio Giorgetti, romano,  autore di  Immortal1 – Spie Di Fiducia (Auto-pubblicazione, 2024) romanzo ambientato in una Roma del futuro nella quale una piccola ditta di tecnologie  sviluppa un potente software che promette l’immortalità.

“La notte è troppo silenziosa, l’amore è un’altra cosa.”

Music Tales, la rubrica musicale

“Semplice, sembrava tutto così semplice,

per chi credeva nelle favole come noi,

cercando un’altra verità.

Senti che ci manca qualcosa,

che c’è sempre una scusa,

che la gioia si è offesa,

che non c’è la scintilla,

che si è spenta la stella,

ma una colpa non c’è.

La notte è troppo silenziosa,

l’amore è un’altra cosa.”

Arisa, pseudonimo di Rosalba Pippa (Genova, 20 agosto 1982), è una cantante e personaggio televisivo italiana.

L’artista è arrivata alle luci della ribalta accompagnata da Giuseppe Anastasi, autore del brano Sincerità e sua prima fiamma. Poco tempo dopo i due hanno interrotto la loro relazione e così ha iniziato una storia d’amore con Lorenzo Zambelli, il suo ex manager. Da sottolineare il fatto che la cantante abbia conservato un ottimo rapporto con Giuseppe Anastasi, grande amico, collaboratore e confidente.

Proprio dalla sua penna arriva, tra i tanti, “l’amore è un’altra cosa”.

Nel 2020 la sua relazione con Lorenzo è terminata. Ma la vita di Arisa ha preso subito una nuova svolta positiva, e stando a quanto rivelato, ha già iniziato una nuova relazione con il suo manager Andrea Di Carlo.

I due sembravano a un passo dal matrimonio, ma poco prima di Pasqua si sono improvvisamente lasciati nel 2021, per poi rimettersi insieme subito dopo, e iniziare un lungo tira e molla. Stanno insieme oggi? La risposta è no.

Nel 2021 ha conosciuto a Ballando con le stelle Vito Coppola. I due vincono insieme il programma e sviluppano un feeling che li porta a frequentarsi anche lontano dal programma. Le cose non vanno come sperato e il loro flirt dura ben poco. Oggi Arisa avrebbe comunque ritrovato l’amore in un uomo più grande di lei, ma la sua identità resta un mistero…

Vi propongo una versione di “l’amore è un’altra cosa” che porta la firma mia e di una mia band, i No More Noise.

“Ti ho amato prima di saperlo

e forse è solo così che si ama” – P. C. Freitas

Buon ascolto in una versione inaspettata

https://www.youtube.com/watch?v=QylbnjmxdZs

 

CHIARA DE CARLO

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Ecco a voi gli eventi da non perdere!

Orchestra Rai di Torino, giovedì 4 aprile il concerto “Restauri d’autore”

Marcio Angius e Anna Tifu saranno protagonisti 

 

Si intitola “Restauri d’autore” ed è dedicato al rinnovamento in chiave contemporanea del linguaggio di tre grandi compositori italiani attivi tra il XVI e XVIII secolo, Costanzo Porta, Giovanni Gabrieli e Tommaso Vitali dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, in programma giovedì 4 aprile alle 20:30, all’Auditorium Rai “Arturo Toscanini” di Torino, trasmesso in live streaming sul portale di Rai Cultura e registrato da Radio 3, che lo proporrà in differita. La serata fa parte di Rai Nuova Musica, la rassegna Rai dedicata alla musica contemporanea, che si svolge durante la stagione sinfonica della sua orchestra. Sul podio Marco Angius, raffinato specialista della musica di oggi. In apertura di serata verrà proposto “Pour un livre à Venise”, la prima raccolta di Costanzo Porta di Giuseppe Sinopoli, composta nel 1975 per il Festival d’Olanda. È basato su arrangiamenti di Mottetti, considerato tra i grandi rappresentanti della scuola veneziana, vissuto nel 1500. Il brano è stato eseguito per la prima volta ad Amsterdam il 20 giugno 1975 per la direzione di Giuseppe Sinopoli. Nei primi due numeri, “Contrappunto primo e Hommage” a Costanzo Porta, il contrappunto originario perde la sua fisionomia e si stratifica su più livelli tramite il timbro, mentre il terzo, la canzone “La Gerometta”, originariamente per doppio coro, è stata trascritta per quattro gruppi strumentali disposti con effetto quadrifonico.

Segue “Il Vitalino Raddoppiato” per violino e piccola orchestra, sulla “Ciaccona” di Tommaso Vitali (1663-1745), realizzato nel 1777 da Hans Werner Heinze (1926-2012). Il brano fu proposto per la prima volta il 2 agosto 1978 al Festival di Salisburgo, che lo aveva commissionato, e guarda direttamente alla vita e alle opere del compositore bolognese Tommaso Vitali. A interpretarlo è chiamata l’artista italo rumena Anna Tifu.

La serata si concluderà con le canzoni “Prima” e “Tredicesima” con la Sonata Diciannovesima di Giovanni Gabrieli (1557-1612), trasmesse per orchestra da Claudio Ambrosini (1948) e commissionate per il Festival Milano Musica. Le trascrizioni ampliano l’organico originario per arricchire i brani con nuove combinazioni strumentali, grazie anche all’utilizzo di un massiccio numero di percussioni.

Tutti e tre i brani in programma sono proposti per la prima volta dall’OSN Rai di Torino. Il concerto è preceduto da un’introduzione all’ascolto realizzata dal Direttore Artistico dell’OSN Rai Ernesto Schiavi, in collaborazione con il Direttore d’orchestra Marco Angius.

 

Auditorium Rai, Piazza Rossaro, Torino

Tel: 011 8104996

 

Mara Martellotta

Rock Jazz e dintorni a Torino: Cosmo sold out alle Ogr, poi Alfa e Gazzelle all’Inalpi Arena

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Gli appuntamenti musicali della settimana

Lunedì. Il party itinerante “Luovo, con vari deejay nostrani, si sposta alla bocciofila Rami Secchi.

Martedì. Tutto esaurito per Cosmo in concerto alle Ogr.

Mercoledì. Al Blah Blah concerto di Steve Wynn e Chris Cacavas, storici esponenti di punta delPaisley Underground” californiano.


Giovedì.
Nel Duomo delle Ogr, per Ogr Club, sfida a colpi di note tra Giovanni Truppi, con la sua band, e Sibode Dj. Al Milk scena e microfoni per Gianluca Grignani. Allo Spazio 211 concerto di N*O*Y*S*E (Punkreas) + Ralph Penegun. Al BlahBlah arriva, da Denver, Reverend Deadeye, on stage con l’elvetica Nicotine Sue. Ricominciano i concerti al Circolo della Musica di Rivoli con il live show di Matteo Tambussi.

Venerdì. Al Folk Club la statunitense Alice Howe. All’Hiroshima Mon Amour i romagnoli Nobraino. Al Blah Blah il trip hop dei milanesi Pindhar. Allo Ziggy con gli Ash Code affiancati da The Elephant Man. Al Café Müller tocca al collettivo Pietra Tonale, alCapolinea 8 il jazz del trio guidato da Luigi Tessarollo; alla Piazza dei Mestieri reading dell’attrice Sara D’Amario accompagnato dalla musica live di Giorgio Li Calzi. Al Phenomenon di Fontaneto d’Agogna il blues di Fabio Treves e all’Ambra di Alessandria l’Ale Sound Festival Blues Edition con le performance di di Dario Lombardo e Andrea Scagliarini.

Sabato. Dal Festival di Sanremo, Alfa è in concerto all’InalpiArena. Al Blah Blah live show degli Irossa. Ad Alessandria ancora blues con Marco Pandolfi e la Gnola Blues Band.

Domenica. All’Inalpi Arena luci e microfoni sulla musica di Gazzelle. Al Bunker il sound system britannico Jah Tubby’s con il vocalist brasiliano Junior Dread. Al Cap10100 i Vocal eXcess. Canzoni e divertimento al teatro Concordia di Venaria con lo show musicale di Ruggero de I Timidi. Allo Splendor di Aosta, coppia di cantautori performer in scena: Simone Cristicchi è affiancato da Amara per un tributo alla memoria di Franco Battiato.

Pier Luigi Fuggetta

Ferruccio Borio il grande giornalista

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

E’ uscito in quel di Cuneo un libro in ricordo di Ferruccio Borio, giornalista italiano e torinese importante della seconda metà del ‘900. Dalle anticipazioni che ne leggo, temo che sia un tentativo mancato di ricordarlo degnamente e che possa anzi apparire un conato un po’ meschino,  di ridurlo ad una macchietta o poco più. Chi scrive lo ha conosciuto molto bene e l’ha frequentato a lungo; di fronte a questo che parrebbe un inadeguato tentativo di ricordarlo, mi sento impegnato a scriverne diffusamente, anche al di là del suo ruolo giornalistico.

Ferruccio Borio partecipo’ da vicino insieme a sua figlia Simonetta alla fase iniziale del Centro “Pannunzio” come  fecero Giulio De Benedetti e Alberto Ronchey che per ragioni diverse furono amici di Mario Pannunzio. Intervenne ad una cena offerta da Arrigo Olivetti al Ristorante del Cambio di Torino insieme a Ugo La Malfa, Niccolò Carandini, Mario Soldati, Gaetano Zini Lamberti e pochi altri amici.  Durante quella cena ristretta ad una quindicina di persone nacque il Centro “Pannunzio” nel maggio 1968.  Fu da subito una scelta controcorrente di cui molto bene ha scritto Gabriella Poli, per molti anni braccio destro di Ferruccio – e poi prima e unica donna capocronista alla “Stampa” -, ricordando un mio incontro con lei nella redazione di via Roma durante un chiassoso corteo studentesco. Con Ferruccio non ebbi subito un profondo rapporto perché, da quanto capivo, da vero giornalista voleva mantenere la sua indipendenza anche dal Centro, rimanendo defilato.

Il nostro rapporto si strinse e si approfondì a partire dal 1974 per merito di Valdo Fusi che insieme a me e all’avvocato Giacomo Volpini voleva realizzare la mostra dei disegni di Leonardo conservati alla Biblioteca Reale di Torino ed esposti l’ultima volta per il matrimonio del principe ereditario Umberto di Savoia nel 1930.  A partire dal direttore della Biblioteca per giungere all’alta burocrazia ministeriale, c’erano ostacoli da rimuovere che sembravano insormontabili. Fusi ed io andammo da Borio che non dovemmo convincere della bontà della proposta e che si impegnò a sostenere sul giornale. Infatti nel 1975 il ministro per i Beni culturali Spadolini, sia pure in modo obliquo, inauguro’ la mostra che ebbe 150 mila visitatori e fu lanciata a livello internazionale da un manifesto in più lingue realizzato da Armando Testa. Da quel momento si può dire che nacque il nostro rapporto. Il Centro “Pannunzio” divenne il luogo prediletto in cui uno straordinario e scintillante Stefano Reggiani ambiento’ i suoi ironici raccontini con il Conte di Cavour e Vittorio Emanuele II pubblicati sulla Cronaca de “La Stampa”. Nel 1975 venne a moderare un dibattito alla vigilia delle elezioni amministrative al Centro “Pannunzio” in cui si confrontarono tutti i capilista, ma in cui soprattutto duellarono Diego Novelli e Giovanni Porcellana, i due maggiori contendenti alla carica di sindaco.

Borio seppe stabilire uno straordinario rapporto con i torinesi,  creando incontri ed eventi che giustificarono lo slogan “Un giornale, una città”con centinaia di migliaia di lettori del giornale. Anche quando andò al “Piccolo”come direttore rimanemmo in rapporti perché nel frattempo la figlia Simonetta era diventata vicepresidente del Centro “Pannunzio”. Al “Piccolo” seppe fare una grande battaglia di informazione civile e democratica contro il demagogismo prepopulista del Melone. Ricordo che Borio a Trieste andò come primo atto alla Risiera di San Sabba e alla foiba di Basosovizza, lui che era stato partigiano di GL. Una volta mi invito’ a Trieste a ricordare il IV novembre 1918 e fui molto contento di parlare della Grande Guerra vittoriosa, dopo essere stato insieme a Borio al Sacrario di Redipuglia. Con noi venne anche Arrigo Levi direttore de “La Stampa”. A Trieste Borio fece la battaglia contro il qualunquismo del Melone, la lista civica che pareva aver sconvolto la storia stessa della città di San Giusto. Ricordo l’abbraccio affettuoso che ci scambiammo ai funerali di Carlo Casalegno, ucciso dalle Br. Forse l’uomo giusto a sostituire in trincea Carlo era Borio condirettore, ma gli fu preferito il letterato Mondo.

Poi iniziò la mia lunga collaborazione con “Stampa Sera“ con i direttori Torre e Bernardelli e Borio, tornato a Torino dopo la direzione del “Lavoro” a Genova – dove cercò di salvare la vecchia testata socialista che fu di Canepa, Ansaldo, Pertini e Vittorelli – avrebbe desiderato che io iniziassi come editorialista alla nuova “Gazzetta del Popolo” che aveva fatto risorgere sotto la sua direzione. La presenza del deputato Borsano impedì il rilancio. Ritenni di non dover accettare la sua generosa proposta, ma gli feci avere spesso delle note senza firma. Borio fu sospeso per un anno dall’Ordine per aver accettato l’abusivismo imposto dall’editore di cui godettero tanti finti virgulti che diventarono esponenti di punta del nuovo giornalismo subalpino.

La nostra amicizia continuo’ fino a quando l’ictus lo costrinse ad un ritiro drammatico che per un uomo attivo ed entusiasta come lui, deve essere stato un vero tormento. Si chiuse in casa e non volle più avere rapporti esterni. Resta una delle figure più importanti del giornalismo italiano della sua epoca ed insieme a Carlo Casalegno e Giovanni Giovannini uno dei più significativi giornalisti torinesi del secondo Novecento.  Una schiena diritta capace di essere sempre se’ stesso, richiamandosi con coerenza al suo passato, sempre presente, di combattente per la libertà.  Non la macchietta descritta ieri in un anticipo infelice del libro. Borio riuscì a sorpassare e mettere alle corde con la qualità del suo giornalismo una testata storica come la “Gazzetta del Popolo” rimasta forte in alcune aree piemontesi dove il giornale concorrente non aveva giornalisti come Borio.  Simile a lui io ricordo in Liguria Sandro Chiaramonti che sorpasso’  il “Secolo XIX” e creò le edizioni liguri della “Stampa” con tanti eventi connessi come Borio fece a Torino e in tutta l’area metropolitana.

Sergio Ronchetti che fu suo vice e successore ha rilasciato su Internet una bella e lucida intervista che risarcisce Borio di una celebrazione che appare un po’ strumentale. Se fosse viva Simonetta, sarebbe andata su tutte le furie. Non dimentichiamo che Borio riusciva con una o due pagine di cronaca a rappresentare interamente la realtà torinese che oggi neppure venti pagine descrivono perché la faziosità preconcetta di certi redattori esclude e censura la città a misura del Polo e del Circolo diventati senza aggettivi gli unici protagonisti di una cultura settaria e di parte che esclude la ricchezza di una città che neppure la monocultura della Fiat e l’egemonia del PCI erano riusciti a distruggere, per merito di giornalisti come Borio.

Radio RBE festeggia i suoi quarant’anni

 

 

Il 2024 è un anno speciale per Radio RBE, emittente radio televisiva comunitaria piemontese, in quanto festeggia i primi quarant’anni dalla messa in onda. Nel corso dell’anno saranno molte le occasioni per celebrare la sua storia guardando al futuro, con eventi in onda e dal vivo con cui RBE desidera rafforzare il proprio carattere comunitario, facendosi player culturale sui territori in cui trasmette i programmi. Quarant’anni sono un traguardo non scontato per una radio nata nel 1984 sull’onda delle radio libere che, dal primo giorno “On Air”, non ha mai interrotto le proprie trasmissioni. Oggi RBE è una delle poche realtàcomunitarie del panorama radiofonico ancora presenti nell’etere, e ha saputo rispondere alle sfide del presente mantenendo intatto lo spirito pionieristico che ne ha dettato la nascita, cercando sempre nuovi linguaggi e modi di partecipazione all’agorà, come quando, nel 2022, ha aggiunto un importante pezzo alla sua storia con la nascita di RBE TV, in onda 24 ore su 24 sul canale 87 del digitale terrestre. RBE, in un contesto in cui i media tradizionali faticano a stare al passo con i tempi e con le modalità di comunicazione, ha costruito un percorso che la sta portando ad avere una relativa stabilità e un gruppo che porta avanti un progetto editoriale coerente. Al momento la radio conta 12 dipendenti, cui si aggiunge un gruppo di collaboratori e liberi professionisti di supporto alle attività redazionali, tecniche e amministrative, e una decina di volontari, che realizzano trasmissioni in radio e in televisione. L’emittente è sempre stata “una radio oltre la radio”, la cui cifra è il saper dialogare con diverse realtà e oltrepassare il confine delle frequenze FM, uscendo dai propri studi per conoscere, raccontare ed essere di servizio al territorio, con un impianto laico e uno spiccato sguardo nazionale e internazionale. RBE, le cui prime trasmissioni coprivano il Comune di Torre Pellice , trasmette oggi in FM in provincia di Torino, Val Germanasca, Val Chisone, provincia di Cuneo, provincia di Imperia e Val Bormida e, attraverso la tecnologia DAB, interessa oggi anche le province di Genova, Savona e Asti.

Il calendario degli eventi di aprile si aprirà giovedì 4 a Torino, quando la radio sarà protagonista di un corso di formazione dell’Ordine dei Giornalisti dal titolo “Entra nelle case e ci parla direttamente – i cento anni della radio e i quarant’anni di RBE”, per indagare le prospettive future di un mezzo sempre attuale, nonostante l’avvicendarsi dei nuovi media. Sabato 13 aprile, a Torre Pellice, sarà alla Civica Galleria d’Arte Contemporanea Filippo Scroppo, di cui è partner culturale in occasione delle iniziative organizzate a trent’anni dall’inaugurazione della sua sede espositiva. La radio sarà presente all’apertura alle 10:30 con Melting Box, una postazione che permetterà a chiunque lo desideri di registrare un messaggio audio e video dedicato al polo culturale. I messaggi verranno poi uniti per formare u prodotto corale che testimoni il valore di questi spazi per la cittadinanza. Inoltre verrà trasmessa alle 17 l’inaugurazione della mostra “In dialogo”. Mercoledì 17 aprile, la Radio RBE si immergerà nella vitalità del mercato cittadino di Pinerolo con Claudio Petronella, che porterà il suo Café Bleu radiofonico in diretta tra banchi e bancarelle. Dal 9 al 13 maggio sarà la volta della partecipazione al Salone del Libro di Torino, in cui Radio RBE aprirà ai propri microfoni al pubblico del Salone. Chi lo vorrà potrà sperimentare l’esperienza radiofonica leggendo alcuni passaggi di racconti e dando vita a un podcast comunitario e condiviso.

Lo sviluppo di RBE negli anni è stato possibile grazie al sostegno dell’8 per 1000 della Chiesa Valdese, che ha permesso di costruire progetti editoriali comunitari  con una forte impronta di servizio al territorio.

 

Mara Martellotta