CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 125

Il Piemonte si tinge di giallo

Un interessante evento culturale si è svolto domenica 12 maggio alle ore 11 nella Sala Lilla del Padiglione 2 al Salone del Libro di Torino.

La casa editrice Lisianthus Editore ha organizzato un convegno dal titolo Piemonte in Giallo per esplorare il fascino che Torino e le Langhe esercitano sui lettori di libri mystery.

Erano presenti gli autori Laura Graziano ed Enrico Cabianca, entrambi esponenti del genere giallo, ma con diverso stile e ambientazione. L’incontro è stato moderato da Federica Spagone che ha introdotto l’argomento con un excursus storico e ha posto molte interessanti domande ai due scrittori. Ne è emerso un quadro avvincente, dove il metodo di costruzione di un romanzo a enigmi si è fuso con l’importanza del tema sociale e del microcosmo che ne consegue.

Come si congegna la trama di un giallo? I due autori hanno sottolineato la differenza del loro procedimento creativo, spiegando come, a volte, scrivere di un omicidio sia la catarsi per allontanare le brutture del mondo.

Graziano e Cabianca hanno anche parlato di quanto il Piemonte sia carico di attrattive per gli amanti del genere. Sia Torino che le colline delle Langhe sono terreno fertile per i romanzi gialli. La prima per la sua tradizione storica di città misteriosa e ricca di segreti e le seconde per l’apparente pacifica calma che, come tradizione vuole, nasconde molto di più.

Un evento culturale dinamico e coinvolgente, quindi, che ha visto una folta partecipazione da parte del pubblico. Diverse persone, infatti, hanno posto curiose e stimolanti domande.

L’autrice piemontese Laura Graziano ha parlato del suo ultimo libro “Saverio Grave – delitto al buio”, seconda indagine ambientata nelle Langhe, mentre Enrico Cabianca ha presentato il suo ultimo romanzo “La dea muta – delitti senza nome”, opera vincitrice del Premio letterario e fotografico nazionale “Il Paliotto”. Entrambi i romanzi sono pubblicati da Lisianthus editore.

È per episodi come questo che amiamo il Salone Internazionale del Libro di Torino, che permette alla cultura di prendere il sopravvento e stregare ancora una volta i lettori – in questo caso di mystery – e tutti gli amanti dei libri.

Mara Martellotta

“Libraccio”: la sua storia raccontata da uno dei fondatori

Quando i sogni cambiano le regoleè possibile trasformare un’idea in un progetto imprenditoriale, come quello che sta dietro al “Libraccio”, la più importante catena di libri usati in Italia, che dal 1979 fa la storia dell’editoria italiana. Dalla sua prima sede storica, a Milano in via Corsico, oggi “Libraccioè una holding che controlla varie società e gestisce più di 60 librerie in Italia.

L’affascinante storia di questo progetto nasce dall’amicizia di quattro ragazzi che si incontrano casualmente nei mercatini di libri usati di largo Richini a Milano – Pietro Fiechter, Tiziano Ticozzelli, Silvio Parodi ed Edoardo Scioscia- che dalla comune condivisione di ideali e proposti daranno vita ad una realtà unica nel panorama nazionale.

La storia ce la siamo fatta raccontare- al Salone del Libro di Torino- proprio da uno dei padri fondatori del progetto iniziale, Pietro Fiechter.


Una grande idea e una solida amicizia sembrano esser stati gli ingredienti fondamentali per dare vita al “Libraccio”. Cosa vi ha spinto a partire con questo progetto?

È nato tutto a Milano negli anni 70 e, all’epoca, eravamo militanti di gruppo di sinistra. Ci sembrava un’idea politicamente corretta e affine al nostro pensiero quella di proporre i libri usati per le famiglie più povere.

 

Ma da lì a poco le cose si sono evolute diversamente.

Sì, infatti i nostri primi clienti sono stati i figli della “borghesia” milanese. Infatti le famiglie meno abbienti volevano mandare i loro ragazzi a scuola con i libri nuovi, mentre quelle più ricche- forse non avendo questo tipo di preclusione in generale- si sono avvicinati all’ usato con maggiore interesse.

 

Quando vi siete però resi conto che il vostro progetto stava funzionando?

Quando ci siamo resi conto che stavamo fornendo un servizio vero e proprio. Erano pochissime le librerie specializzate nel settore scolastico aperte durante tutto l’anno e noi eravamo tra quelli. Inoltre le persone potevano scegliere tra il nuovo o l’usato: è stato l’elemento che sicuramente ha determinato il nostro successo.

 

Oggi il modo di concepire il libro è completamente cambiato. Come vede questa nuova prospettiva?

Si diceva che il libro sarebbe morto nel giro di qualche anno;  ma nella nostra realtà i prodotti digitali rappresentano una piccola fetta delle vendite, fatta qualche piccola eccezione per i settori più tecnici.

 

I libri hanno sempre fatto parte della sua vita. Cosa rappresentano a livello personale?

Per me sono qualcosa di fondamentale. Avere un libro in mano in un qualsiasi luogo mi da una soddisfazione che il supporto digitale non mi trasmette. Infatti, oltre ad essere un librario, sono anche un collezionista di libri “rari” (prime edizioni e libri autografati). Per questo un evento come il Salone diventa un momento fondamentale: a mio parere ci vorrebbe un evento uguale anche nel centro sud.

 

Valeria Rombolà

Sembra troppo facile fuggirsene col malloppo!

Sul palcoscenico del Gioiello, sino a domenica 19 maggio

Arriva trafelato a casa il signor Henry Perkins, arriva sbigottito e terrorizzato dal momento che ha scoperto che nella “sua” ventiquattrore non stazionano più l’agenda di lavoro e il panino al formaggio non più freschissimo ma molto più di un milione di dollari. Chiaramente uno scambio, una borsa identica alla sua che ha cambiato mano. È chiaro che quei soldi puzzano e che qualcuno molto presto li verrà a cercare: per cui all’aria i festeggiamenti per il suo compleanno con la moglie Christie e i vecchi amici Vic e Betty, che sono in arrivo, qualcosa buttato velocemente in valigia, una chiamata al taxi e via in aeroporto. Un’isola lontana o Barcellona, qualsiasi direzione andrà comunque bene.

Questo il già caotico inizio di quel “Funny Money” – ribattezzato sul palcoscenico del Gioiello “In fuga col malloppo” (repliche sino a domenica 19) – che il prolifico Ray Cooney scrisse trent’anni fa per i successi newyorkesi dopo aver già scritto quegli esempi di sfacciato divertimento che in Italia sarebbero arrivati nelle mani di Pietro Garinei con i titoli di “Se devi dire una bugia dilla grossa” e “Taxi a due piazze”, casi di riprese e tournée infaticabili. Parole e battute e situazioni dentro cui si corre a rotta di collo, una montagna sempre più difficile da scalare, perché non soltanto si dovrà fare di tutto per camuffare la valigetta, perché da quella porta d’ingresso non soltanto entrerà la coppia di amici ma anche il taxista che scalda sotto i motori per arrivare in tempo alla partenza e un paio di sergenti di polizia e detective che da subito arrivano a ficcare il naso in quel contenuto che scotta, non ultimo il malandrino autentico proprietario del malloppo. Un ingranaggio che scivola via senza intoppi per il divertimento senza mezze misure del pubblico, un ritmo serrato che ha l’esattezza di un vecchio Feydeau, gli scambi di persona e le identità inventate di sana pianta che vengono ad affollare la scena e gli ingarbugliamenti del testo e degli attori, l’immancabile divano che suona come il refugium peccatorum di personaggi in cerca di riparo e di momenti di eccessiva ressa. Tutti quanti, personaggi e attori, vengono presi follemente nel meccanismo e per certi momenti paiono non uscirne vivi, catturati come sono dal trovarsi l’uno di fronte all’altro (inevitabilmente, gli interpreti) e perdersi nelle proprie risate e nelle proprie facce a cui non possono sottrarsi – con buon coinvolgimento del pubblico -, trovando anche l’occasione per reclamizzare lo sponsor che ha fornito l’arredamento per la scena e per quei farfugliamenti o forzature o storpiature – al termine dello spettacolo, tra applausi e ringraziamenti, verranno definiti “guittate” – che inaspettatamente buttano il più minuscolo sassolino nell’ingranaggio di cui sopra.

È lo spettacolo, bellezza!, direbbe qualcuno, con le sue leggi e i suoi peccati più che veniali. Restando tuttavia grati a Claudio Insegno (nessun compagno di cordata che l’abbia omaggiato mentre lui per gli altri s’è speso in un elenco interminabile di bellezze e di doti!) che, inventandosi un adattamento e riversando trovate e romanità in terra di States forse oltre il dovuto, trascina la vicenda come un buon guerriero al continuo attacco e spremendo il suo Vic con estrema simpatia: con tutti i suoi compagni, ad iniziare da Andrea Beltramo, impareggiabile, lontanissimo dal risparmiarsi, vera macchina da guerra all’interno dello spettacolo. Paure, eroismi, simpatia, sbalordimenti, voci diverse, invenzioni, ha spalle grandi ed eroiche per supportare tutto quanto. Con loro, infaticabili altrettanto, Carlotta Iossetti (non troppo ben trattata dall’autore che l’ha relegata in una ubriacatura pressoché continua), Lia Tomatis, Diego Casale, Ettore Lalli, Step Minotti e non ultimo Guido Ruffa, vero e puro divertimento a parte con le sue fantomatiche tazze di tè e la sua doppia personalità, un concentrato ben tagliato a metà di mansuetudine e irascibilità. Pubblico abbiamo detto facilmente coinvolto, ne consegue successo come di rado ci si imbatte a teatro.

Elio Rabbione

Ad Asti l’arazzo con l’opera di Gribaudo, dai Diari di New York

Giovedì 16 maggio, Arazzeria Scassa

 

L’Arazzeria Scassa, ad Asti, presenterà giovedì 16 maggio l’arazzo di Ezio Gribaudo, tratto dai Diari di New York.

La calata di un arazzo dal telaio rappresenta un autentico vernissage, durante il quale l’opera d’arte viene consegnata al mondo. Se si considera la laboriosità di questa forma d’arte, che richiede 500 ore di lavoro per la realizzazione di un metro quadro, si comprende la rarità e la portata della cerimonia per l’arazzo tratto da un dipinto dell’artista Ezio Gribaudo, che si svolgerà giovedì 16 maggio alle 18 ad Asti, nell’antica Certosa di Valmanera, sede di Arazzeria Scassa. C’è molta attesa e trepidazione nel mondo del collezionismo per il taglio dei fili di ordito dal liccio del telaio su cui ha preso forma la trama del prezioso arazzo (134×169cm) tratto da una delle opere di Gribaudo raccolte nei Diari di New York.

A seguire una conferenza moderata dal filosofo, curatore e critico d’arte Roberto Mastroianni. Interverranno a parlare di “Arazzi ad alto liscio oggi. Prospettive e sfide dell’arte contemporanea “ la figlia dell’artista Paola Gribaudo, presidente dell’Archivio Gribaudo, la storica dell’arte Silvana Cincotti e Massimo Bilotta, ad di Arazzeria Scassa.

La conferenza sarà anche l’occasione per conoscere più approfonditamente i segreti della tecnica di tessitura inventata da Ugo Scassa per rendere al meglio le sfumature dell’arte contemporanea e per scoprire la poetica e la sensibilità artistica di Ezio Gribaudo, uno tra i più acclamati artisti ed editori d’arte del Novecento, scomparso nel 2022, le cui opere sono conservate in numerosi musei quali il Moma, il Museum of Modern Art di New York, il Museum of Imagination di Hudson a New York, la Peggy Guggenheim Collection e Cá Pesaro di Venezia, il Museu di arte moderna di Rio De Janeiro.

L’incontro permetterà di approfondire le opportunità che gli arazzi contemporanei offrono agli artisti, le sfide tecniche della loro realizzazione e l’interesse del collezionismo per questa forma d’arte applicata, oltre che scoprire i dettagli del sodalizio tra Scassa e Gribaudo, che ha portato alla realizzazione di numerosi arazzi tratti dai lavori dell’artista torinese.

L’ingresso è libero.

Volpiano, un incontro con Enrico Pandiani


A partire dal recente «Ombra», un’occasione per riscoprire i successi del giallista

Venerdì 17 maggio alle 21, a Volpiano nella Sala «Maria Foglia» di via Trieste 1, è in programma un incontro con lo scrittore Enrico Pandiani; ingresso libero.

Così la presentazione: «Approfittando dell’uscita del suo ultimo giallo intitolato “Ombra” (2023), la biblioteca comunale di Volpiano ha invitato Enrico Pandiani per condividere con i lettori la sua esperienza di autore: un momento unico per ripercorrere i suoi successi e comprendere le sfumature di una delle penne thriller più apprezzate d’Italia».

“Foggia 11”, quando poesia e architettura si fondono

Poesia e architettura si sposano perfettamente nell’installazione urbana presente all’esterno del palazzo di via Foggia 11/a a Torino, realizzata dai curatori e ideatori Laura Milani, Stefano Cerruti e dalla BSA Bottega Studio Architetti.

La poesia che campeggia come installazione urbana appartiene al poeta, drammaturgo e ideatore di programmi di poesia Davide Rondoni. Laura Milani è l’incarnazione di un pensiero creativo sempre in essere, generativo e trasformativo per sua natura. La sua vita professionale è contrassegnata dalle tappe come lo IAAD, il Museo Nazionale del Cinema, la Scuola Possibile, la Fondazione degli Ordini degli Architetti e Paratissima. La prospettiva dei lavori, sfruttando il bonus 110 e l’incontro con l’architetto e partner della Bottega Studio Architetti Stefano Cerruti hanno portato a formulare una domanda: come sfruttare questa occasione per realizzare un’opera d’arte urbana?

Le risposte non hanno tardato ad arrivare. Stefano Cerruti indaga e opera da circa vent’anni sulla possibilità di diminuire la distanza che intercorre tra periferia e centro, e di rendere appetibile la prima offrendo una progettualità capace di favorire la connessione attiva tra spettatore – fruitore dell’ambiente circostante. Se la mancanza d’attenzione nei confronti delle strutture di recente costruzione è provocata dalla loro scarsità di appeal, allora l’intervento architettonico non può limitarsi all’essere strutturale, ma deve essere anche contenutistico.

La prima azione in questa direzione risale a un progetto del 2006 chiamato “Volumi”, in via Parma 33, a Torino.

“Abbiamo notato che la partecipazione si verifica davvero – spiega Stefano Cerruti – se l’intervento presenta dei buoni contenuti e un buon appeal, generando curiosità e interesse, due sensazioni sempre necessarie per porsi delle domande. Non volendo limitarci a un singolo progetto, come quello in via Parma, è nata l’idea di creare edifici di interesse ubicati in zone specifiche nel centro storico e in zone periferiche, per generare un circuito in grado di attirare visitatori e turisti”.

La scelta artistica si è concentrata sui versi di Davide Rondoni, che dirige la collana i Passatori-Contrabbando di poesia per CartaCanta. È autore di teatro e di traduzioni, tra cui poesie di Baudelaire, Rimbaud, Péguy, Jiménez e Shakespeare. Ha pubblicato alcuni volumi di poesia, tra i quali ricordiamo “La natura del bastardo”(Mondadori,2016), “Compianto vita”(Marietti,2004), “Apocalisse amore”(Mondadori, 2008), “Le parole accese per ragazzi”(Rizzoli,2008), “Tre. Tommaso, Paolo, Michelangelo”(Marietti,2009), “Rimbambimenti”(Raffaelli,2010), “Si tira avanti con lo schianto”(Whitefly,2013). Il verso che è stato scelto per l’installazione urbana, e che è piaciuto molto a Laura Milani, è “Amare è l’occupazione di chi non ha paura”. Questa poesia è stata scritta nel 2002 e pubblicata nel 2003 dall’editore Guanda, sotto il titolo “Avrebbe amato chiunque”. Il titolo è una sorta di fil-rouge della raccolta di poesie.

Non è la prima volta che i versi di Davide Rondoni campeggiano nelle città come installazioni di arte contemporanea; un esempio è a Milano Marittima.

In merito agli aspetti tecnici del progetto, le schermature solari sono a supporto dinamico del testo di Rondoni, i cui versi hanno lo scopo di generare curiosità e interesse per i passanti. La casualità nell’uso delle schermature, derivante dalle singole necessità dei diversi condomini, renderà il testo spesso incompleto, e proprio per questa ragione ne verrà stimolata l’interattività con il fruitore, che potrà partecipare alla sua interpretazione: AMA, AMARE, AMARE È. Per facilitare le lettura e goderne della sua interezza il componimento viene rivelato integralmente due volte al giorno sempre negli stessi orari, alle 16 e alle 22.

“Il pensiero artistico creativo – conclude Laura Milani – è sempre possibile e applicabile se lo si concepisce a monte di qualsiasi progetto. Questa installazione dimostra come sia possibile trasformare un’occasione predeterminata in una azione plurivaloriale, leggibile e fruibile a vari livelli. Uno dei nostri obiettivi è quello di immaginare altri interventi per ampliare il numero di edifici con queste caratteristiche sparsi per la nostra città. L’occasione è quella di generare un circuito di interesse per un turismo parallelo. Le forme artistiche espressive possono variare da intervento a intervento. Poesia, pittura e illustrazione sono tre di quelle possibili. Per fare questo è necessario avere una committenza illuminata che abbia la volontà di contribuire a generare dei progetti da condividere con la comunità”.

 

Mara Martellotta

Le quattro donne del primo Consiglio regionale del Piemonte

STORIA

Furono quattro le donne che condivisero la comune esperienza nel primo Consiglio regionale del Piemonte, negli anni “fondativi” che segnarono l’avvio dell’esperienza regionalista della regione subalpina. Due democristiane e due comuniste che seppero, pur nella distinzione dei ruoli e delle fedi politiche, contribuire ai primi passi del nuovo ente nella prima metà degli anni ‘70. La più anziana tra loro fu Albertina Soldano che, all’epoca, aveva cinquant’anni essendo nata a Torino il 19 settembre del 1920. Eletta nella circoscrizione di Cuneo per la Democrazia Cristiana, restò in Consiglio per dieci anni, dal 1970 al 1980, ricoprendo diversi incarichi istituzionali. La Soldano, scomparsa il 6 gennaio del 2020 a 93 anni dopo aver passato gli ultimi anni ospite delle suore missionarie di Villavecchia, fu la prima e unica donna monregalese a ricoprire il prestigioso incarico regionale. Militante nelle file dello scudocrociato fin da giovanissima, venne eletta nel Consiglio comunale di Mondovì e in quello di Frabosa Sottana, località della quale fu sindaca per 14 anni. Nel suo impegno pubblico Albertina Soldano ricevette un sostegno prezioso dalla sorella Rosalba, anche lei professoressa, che dedicò la sua vita all’insegnamento e alla famiglia. A entrambe è stato dedicato un libro, “Le sorelle Soldano”, edito da Araba Fenice. Anna Maria Vietti , anch’essa eletta per la DC nella circoscrizione di Torino, classe 1923 ( era nata il 23 febbraio di quell’anno a Lanzo Torinese) in Consiglio regionale rimase per nove anni, dalla prima alla seconda legislatura che interruppe ai primi di aprile del 1979, dimettendosi e lasciando il posto al collega di partito Domenico Conti per candidarsi alla Camera dei Deputati. Nell’arco temporale della prima legislatura regionale la Vietti, protagonista della Resistenza, ricoprì gli incarichi di assessore supplente nella prima Giunta regionale (Calleri) e di assessore ai Servizi Sociali e ai problemi dell’immigrazione – dal 29 luglio 1971 a fine legislatura nel 1975 – nelle Giunte guidate da Calleri e Oberto Tarena. A Montecitorio, dal 1979 al 1983, è stata segretario della giunta delle Autorizzazioni a procedere e componente della Commissione Permanente Sanità. Dagli esordi con l’Azione Cattolica ai tanti impegni nella sua lunga vita ( fu anche sindaca di Lanzo  e rappresentante del ministro della Pubblica Istruzione, dal 1981 al 1988, nel CdA dell’Università di Torino) Anna Maria Vietti – deceduta il 19 novembre 2016, anch’essa a 93 anni – si dedicò con “rettitudine e passione” come disse l’allora Presidente dell’Assemblea di Palazzo Lascaris Mauro Laus commemorandone la figura. Le sue orme furono seguite dal nipote, Michele Vietti, più volte parlamentare e vice presidente del Csm. Fu consigliera solo per 21 giorni Nella Bar Griffa, dal 9 al 30 marzo del 1972. Nata l’8 giugno 1927 a Bussoleno in Val di Susa e deceduta nel 2003, venne eletta nella lista del PCI della circoscrizione di Torino. In Consiglio era subentrata al biellese Giovanni Furia e lasciò quasi subito il posto a Mario Vecchione. L’altra esponente del Pci, Carmen Pierina Fabbris Dazzi, nata  il 17 settembre del ’29 a Palestro nella Lomellina pavese ( scomparsa a 92 anni l’11 novembre 2021 a Biella) venne eletta nelle liste comuniste in provincia di Vercelli e restò in carica per le prime due legislature. Con la famiglia – i genitori erano immigrati dal Veneto – si trasferì giovanissima nella capitale del riso dove lavorò dal 1945 al 1950 come operaia maglierista alla ditta Faini. Nel 1950 lasciò la fabbrica per impegnarsi prima nella Federazione giovanile comunista di Vercelli  e poi, dopo il trasferimento a Biella, nella Fgci biellese e nell’Unione donne italiane. Dirigente del sindacato tessile della Camera del lavoro dal 1962,prestò sempre grande attenzione ai temi del lavoro e dei diritti, dell’orario di lavoro, tutela della maternità e della parità salariale tra donne e uomini. Nella legislatura costituente  fu Vicepresidente  della IV Commissione permanente (problemi della salute, Sanità, Igiene e Sicurezza sociale) oltre ad interessarsi dei temi del lavoro, ambiente e territorio. Eletta nell’Ufficio di Presidenza come consigliere segretario dal  21 luglio 1975, Carmen Fabbris prese parte attivamente ai lavori di numerose commissioni nel primo periodo di quella che viene ricordata come la stagione della prima “giunta rossa” in Regione. Quattro storie diverse riunite in una, più o meno lunga, esperienza comune che contribuì a far decollare anche il Piemonte che, come le altre Regioni a Statuto ordinario, vedeva la luce con vent’anni di ritardo rispetto alla previsione della Costituzione.

Marco Travaglini

 

La stagione della De Sono chiude con musiche di Schubert e Brahms

Un trio al femminile conclude la stagione della De Sono con musiche di Schubert e Brahms mercoledì 15 maggio 2024, alle 20:30, al Conservatorio Giuseppe Verdi, in piazza Bodoni, a Torino

 

Si intitola “Vienna da camera” la serata conclusiva di mercoledì 15 maggio alle ore 20:30, presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di piazza Bodoni, a Torino. Un concerto dedicato alla grande tradizione cameristica viennese. In scena un ensemble al femminile costituito da strumentiste sostenute nel presente e nel recente passato dell’associazione De Sono: Margherita Succio al violoncello, Beatrice Spina al violino e Chiara Biagioli al pianoforte sono chiamate ad eseguire la sonata per arpeggione D 821 di Franz Schubert e il Trio op.8 di Brahms. La sonata per arpeggione pianoforte in la minore D 821 fu scritta da Franz Schubert, a Vienna, nel novembre 1824. La sonata è l’unica composizione sostanziale esistente oggi per l’arpeggione (una chitarra ad arco). È stato adattato per archi e strumenti a corda, in particolare per il violoncello. Il pezzo fu probabilmente commissionato dall’amico di Schubert Vincenz Schuster, un virtuoso dell’arpeggione, strumento inventato soltanto nell’anno precedente. Quando la sonata fu pubblicata postuma nel 1871, l’entusiasmo per la novità dell’arpeggione era ormai sparito da tempo, insieme allo strumento stesso. L’arpeggione era un ibrido tra il violoncello e la chitarra. Suonato con l’arco, e tra le ginocchia come il violoncello, contava sei corde come la chitarra, della quale riprendeva la forma della cassa e l’aspetto della tastiera. Nel giro di pochi anni lo strumento cadde in disuso, trascinando nell’oblio anche la sonata di Schubert, e si dovette attendere il 1871 per assistere alla rinascita del lavoro nella nuova edizione arrangiata per violoncello, violino e pianoforte.

Il trio per pianoforte e archi n.1 in si maggiore op.8 di Brahms è un trio pianoforte, violino e violoncello. Composto negli anni 1853-1854, ad Hannover, venne rivisto nel 1891, ed eseguito la prima volta il 27 novembre 1855 alla Dodsworth Hall di New York nella versione del 1854, poi rieseguito il 18 dicembre 1855 a Breslavia. Il trio sarebbe rimasto uno dei lavori più cari al compositore, come conferma la revisione del 1890, quando venne ritoccato e sfrondato di quella ridondanza giovanile che ne appesantiva alcuni passaggi. Di conseguenza l’opera attuale è una sovrapposizione delle migliori caratteristiche espressive di due periodi estremi della creatività di Brahms: lo slancio travolgente, melodico giovanile e la lirica concisione del periodo maturo.

 

Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria sul circuito Eventbrite.

 

Mara Martellotta

‘Un delitto avrà luogo’ in scena con Beltramo, Iossetti e Tedesco

 Al teatro Erba fino a venerdì 31 maggio

Da giovedì 23 a venerdì 31 maggio al teatro Erba sarà di scena il giallo con i Beniamini di Torino Spettacoli, nella pièce teatrale “Un delitto avrà luogo” di Agatha Christie per la regia di Girolamo Angione, in cui Carlotta Iossetti interpreterà il personaggio di Miss Marple.

Dopo aver inaugurato la stagione del teatro Gioiello a ottobre con un tutto esaurito ed essere stato in cartellone a dicembre, torna al teatro Erba di Torino da giovedì 23 a venerdì 31 maggio il nuovo giallo prodotto dalla Compagnia Torino Spettacoli, “Un delitto avrà luogo” dal testo di Agatha Christie, per l’adattamento di Leslie Darbon e la traduzione di Edoardo Erba, la regia di Girolamo Angione. Le scene sono di Gian Mesturino.

Carlotta Iossetti sarà nel ruolo di Miss Marple, seguita da Elia Tedesco, Andrea Beltramo, Elena Soffiato, Patrizia Pozzi, Barbara Cinquatti, Vittoria Chiolero, Elisabetta Gulli, Luca Simeone e i Germana’s Erba Talents Sarah Bonomo e Simone Marietta.

La Compagnia Torino Spettacoli, con trent’anni di specializzazione in Agatha Christie al suo attivo, grazie alle rappresentazioni di Trappola per topi, la Tela del ragno, Assassinio sul Nilo e Caffè nero per Poirot, e dopo il successo della passata stagione con L’ospite inatteso, replicato nei teatri Erba, Alfieri e Gioiello, ha firmato questa nuova produzione ‘Un delitto avrà luogo’.

La Compagnia Torino Spettacoli affonda le sue radici nella sessantennale attività risalente al grande pioniere Giuseppe Erba e alla sua straordinaria esperienza produttiva in Italia e nel mondo.

La Compagnia, che si avvale della direzione artistica di Irene Mesturino, è impresa di produzione teatrale riconosciuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e tra i suoi filoni di maggior successo figurano i gialli, i classici antichi, i capolavori di tutti i tempi e testi contemporanei di divulgazione come “Parlo italiano”.

A Chipping Cleghorn, tranquillo villaggio della campagna inglese, la vita scorre piuttosto monotona. Un bel giorno sul giornale locale compare un insolito annuncio “Un delitto avrà luogo venerdì 29 ottobre alle 18.30 a Little Paddocks. Si pregano gli amici di voler prendere nota di questo avvertimento che non sarà più ripetuto”. Questo programma viene rispettato. Alla presenza di tanti curiosi, accorsi pensando di partecipare ad un gioco di società, qualcuno riesce a portare a termine un vero omicidio. Solo Miss Marple, capitata come sempre al posto giusto nel momento giusto, riuscirà a venire a capo del problema.

Repliche da giovedì 23 a venerdì 31 maggio.

Un delitto avrà luogo

Teatro Erba. Corso Moncalieri 241

 

Mara Martellotta

 

“L’unica cosa che importa ora è quel che tu pensi di me”

MUSIC TALES LA RUBRICA MUSICALE

“L’unica cosa che importa ora è quel che tu pensi di me

in te io trovo il mio valore, in te trovo la mia identità

Lauren Daigle ha iniziato a cantare nel coro della sua chiesa, di cui è diventata la voce principale, e ha studiato per diventare una psicologa e consulente per famiglie all’Università della Louisiana. Si è presentata alle audizioni per American Idol due volte: nel 2010, anno in cui non è stata selezionata fra i 24 finalisti e nel 2012, quando non ha passato le selezioni dei giudici a Las Vegas.

La cantante ha firmato un contratto con la Centricity Music, sotto la quale ha pubblicato nella primavera del 2015 il suo album di debutto, “How Can It Be”, che ha raggiunto il 28º posto nella classifica statunitense ed è stato certificato disco di platino dalla Recording Industry Association of America per aver venduto oltre un milione di copie.

Nell’autunno dell’anno successivo è uscito Behold: A Christmas Collection, album natalizio che si è piazzato 29º in classifica negli Stati Uniti.

Nell’estate del 2018 Lauren Daigle ha pubblicato “You Say” di cui vi manderò ascolto oggi, il singolo di lancio dal suo secondo album d’inediti. Il brano segna un traguardo per la cantante, visto che è diventato il suo primo ingresso nella Billboard Hot 100, dove ha raggiunto la 34ª posizione. You Say anticipa l’uscita del secondo album della cantante, Look Up Child, il 7 settembre 2018. Il disco ha debuttato al 3º posto nella classifica statunitense con 115 000 copie vendute nella prima settimana.

Oggi ho voluto parlare di questa artista per dare qualche indicazione sulla musica cristiana.

Probabile non tutti sappiano che la musica di ispirazione cristiana include la musica cristiana contemporanea, il rock cristiano, il Christian metal, i canti di lode contemporanei, il gospel e la musica cristiana hip hop. L’origine della musica cristiana parte dalle Chiese evangelicali nord americane e in un secondo momento, dopo il Concilio Vaticano II, è stato parzialmente accolta anche dal mondo cattolico. In America è talmente diffusa e radicata che l’organizzazione BMI ha creato i “Christian Music Awards”. Chi ascolta musica cristiana è spesso già cristiano, tuttavia la musica di ispirazione cristiana è utilizzata a fini di evangelizzazione.

Gli artisti (musicisti, autori, cantanti) utilizzano il loro background per diffondere il loro credo spirituale. L’idea di base è quella di far conoscere il Cristianesimo e i suoi valori cantando ed esprimendo la gioia della propria fede.

“Nell’atto di fede c’è sempre un momento in cui bisogna chiudere gli occhi e buttarsi in acqua con cuore intrepido e senza garanzia apparente”.

(Paul Claudel)

Buon ascolto

CHIARA DE CARLO

https://www.youtube.com/watch?v=sIaT8Jl2zpI

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Ecco a voi gli eventi da non perdere!