Storie di città / di Patrizio Tosetto
Sicuramente Marco Giusta ha un suo stile. Diverso negli atteggiamenti politici da chi lo ha preceduto nell’incarico di assessore. Diciamolo cosi: non se la tira ed e’ stato subito disponibile a rilasciare questa intervista. Sabato 17 giugno appuntamento al corteo del Torino Pride.
Mi fa contattare dalla sua segreteria dell’Assessorato alle Politiche Giovanili e Pari Opportunità per fissare giorno ed ora. E’ la prima volta che ritorno dopo un anno.
Sei tra i piu’ giovani assessori di Torino. Quanti anni hai?
35 , il più giovane dopo la sindaca in questa giunta…
Come sei diventato assessore?
Abbiamo contribuito come casa Arcobaleno alla stesura del programma dell’Appendino. Ci siamo incontrati e lei ha fatto molte domande. Poi ho risposto al bando. Sono stato scelto e sono contento del clima in giunta e del lavoro svolto fin qui.
Ma sei stato presidente Arci Gay. Un altro mondo rispetto ai pentastellati.
Infatti sono stato scelto per le mie competenze tecniche. Sono un assessore tecnico, ma con i pentastellati mi trovo molto bene.Tutti abbiamo voglia di capire ed imparare. Ottima la scelta di far entrare il capogruppo in giunta.
Di piazza San Carlo che mi dici…
Non conosco le procedure che hanno portato a questa scelta, ma penso di conoscere Chiara con la sua piu’ assoluta buona fede.
Che ne pensi di Giordana?
Competente..forse un carattere un po’ scorbutico, ma sempre …appunto, competente.
Nessun problema dunque?
No, anzi ..tanti. Ma vogliamo fare e facciamo il nostro dovere.
Opposizione del Pd?
Sbagliano nel voler essere ‘ arbitro che si limita a fischiare i falli. Io ho ad esempio un ottimo rapporto con Ilda Curti mia predecessore. Tendo sempre al voler collaborare.
Da quanti anni ti interessi di diritti?
Oltre 10, ed ho avuto anche esperienze sindacali nella Cgil, tra cuneo e Torino.
Maggiore delusione?
Troppa burocrazia, realizzare e’ piu’ difficile di ciò che mi aspettavo e credevo. Bello comunque il rapporto umano con funzionari ed impiegati. In particolare del mio assessorato.
Maggiore soddisfazione?
Avere avvicinato il mondo associazionistico alle istituzioni.
Allora tutti al 17 al corteo del Torino Pride?
Assolutamente!
Oggi piu’ di ieri?
Assolutamente! Oggi che il Pride è uno degli appuntamenti di una settimana ricca di eventi in tutto il territorio da Torino a Bra.
(foto: il Torinese)


Temperature massime attorno ai 37 gradi ieri nell’Alessandrino, con il picco nel comune di Isola S.Antonio (36.7) rilevato nella stazione meteo Arpa
Progetto rivolto a chiunque, nell’ambito del no profit, voglia accrescere le proprie competenze e capacità imprenditoriali in campo culturale
lanciato nel 2016, rivolto ai talenti, che mette a disposizione delle “borse-progetto” per sostenere la realizzazione di produzioni creative (tramite servizi, strutture, risorse umane ed economiche).
D’altro canto, la ricarica delle batterie richiede ancora tempi piuttosto lunghi durante i quali il veicolo deve stare fermo e collegato alla stazione di ricarica. Nessun problema, quindi, per un utilizzo urbano del veicolo con ricarica notturna, ma la situazione si fa critica se si ha in programma un viaggio più lungo. La necessità di fermarsi più volte durante il tragitto renderebbe il viaggio decisamente poco confortevole con il continuo rischio di non avere abbastanza energia per poter raggiungere la destinazione prefissata.
Mojtaba Khalilian, sta per essere testato in un circuito di prova a Susa (TO) presso il centro Guida Sicura MotorOasi Piemonte nell’ambito di un’iniziativa di ricerca promossa dall’Ateneo insieme a 24 partner internazionali del progetto europeo FABRIC (Feasibility analysis and development of on-road charging solutions for future electric vehicles).
Di Pier Franco Quaglieni
Carlo e Nello Rosselli 80 anni dopo
condizionato da Gobetti che da Rosselli e sfociò, salvo alcune eccezioni, nel filocomunismo. Il torinese Aldo Garosci fu il suo maggiore biografo e fu suo compagno di lotte antifasciste ,ma anche Nicola Tranfaglia scrisse su di lui un pregevole saggio. Garosci che fu mio maestro all’Università, era rimasto un rosselliano fortemente anticomunista. Per questo fatto è stato quasi totalmente dimenticato. Era un uomo intransigente come Carlo. Gli resero la vita impossibile all’Università di Torino e dovette trasferirsi a Roma. A Meana di Susa dove nacque, è stato dimenticato e non gli è bastato essere cugino di Giorgio Agosti a cui è stato intitolato l’Istoreto. L’impegno di Garosci ,proprio sul terreno dell’antifascismo ,fu grandissimo ed eroico, ma neppure questo è stato sufficiente a salvarlo dall’oblìo. Craxi cercò di riprendere il messaggio di Rosselli, ma ormai era tardi. Le strade imboccate dalla sinistra erano irreversibilmente altre, quelle del dialogo con i cattolici progressisti. Resta il suo martirio eroico che merita un ricordo e suscita un profondo rispetto. Apparteneva ad una ricca famiglia pisana e mise tutta la sua ricchezza al servizio di una nobile causa a cui dedicò tutto sé stesso. Una figura di politico che oggi non esiste più . E’ molto triste che la Fondazione torinese a lui dedicata sia finita in molto non adeguato alla figura del martire a cui era stata intitolata con la partecipazione di Pertini, Amato, Spadolini, Bobbio e tanti altri.
il carcere come Valiani, Rossi , Venturi ecc. di cui scrivo nel libro. Un errore davvero imperdonabile. Al signore indignato ho replicato rivendicando con orgoglio il fatto di aver inserito nel libro Montanelli con cui ho avuto un rapporto anche personale molto bello. Venne più volte al Centro “Pannunzio” e gli conferimmo il Premio “Pannunzio”. In quell’occasione disse che noi lo avevamo liberato dal ”ghetto in cui per dieci anni era stato rinchiuso ,moralmente rinchiuso ,per aver detto con un po’ troppo anticipo le cose che ora dicono tutti”. Era il 1990. L’anno dopo la caduta del Muro di Berlino. Nell’anno di grazia 2017 c’è ancora chi lo ritiene un appestato. Ritenevo che i festeggiamenti ai festival dell’”Unità” lo avessero finalmente fatto uscire, in modo definitivo, dal “ghetto”,ma non è così. Nel prossimo volume ho già in mente di inserire altre figure che susciteranno le critiche degli ultimi faziosi rimasti in circolazione a dispetto dello scorrere dei decenni. Come si usa dire oggi, dovranno farsene una ragione perché i buoni e i cattivi non si scelgono in base alle appartenenze ideologiche.
bambini israeliani .La guerra dei Sei giorni nel giugno 1967 fu una vera e propria aggressione al piccolo Stato ebraico che difese il suo diritto all’esistenza e seppe facilmente prevalere sui suoi nemici che volevano il suo annientamento. Il Pci era stato quasi subito contrario ad Israele, divenuto stretto alleato degli Americani. Il legame con Mosca non consentiva scelte diverse. Gian Carlo Paletta si espose più di ogni altro nella polemica aperta contro Israele, schierandosi dalla parte di Nasser.Israele non era l’aggredito ,ma l’aggressore espansionista, militarista, violento. Certo, la questione palestinese era aperta e andava affrontata con coraggio dalle diplomazie internazionali all’atto della creazione del nuovo stato ebraico, cosa che non avvenne. E da allora si è trascinata come un incubo della politica mediorientale. Ma un conto era considerare il problema pur grave dei palestinesi e un conto era schierarsi nettamente contro Israele, negando il suo stesso diritto all’esistenza. La fine della guerra il 10 giugno 1967 vide lo schiacciante prevalere del piccolo Stato che ebbe il suo territorio
accresciuto di quattro volte. La solidarietà dei torinesi nei confronti di Israele fu nettamente prevalente ,con “La stampa” di Giulio De Benedetti schierata a favore. Eugenio Scalfari, genero di De Benedetti che dirigeva “L’Espresso”, si dichiarò invece per gli arabi, creando una spaccatura nel mondo laico con Arrigo Benedetti che lasciò il giornale che aveva fondato. Uomini come Alberto Todros e Tullio Benedetti, esponenti di punta del Pci piemontese ,ambedue ebrei, furono nell’occhio del ciclone. Todros era stato deportato a Mauthasen . Giorgina Arian Levi, nipote acquisita di Togliatti, che dovette emigrare in Bolivia per salvarsi dalle leggi razziali, ebbe una posizione a favore di Israele. I comunisti torinesi si schierarono quasi unanimi per il mondo arabo, i socialisti ,in larga misura, per Israele, come fecero i liberali e i repubblicani. Nel 1967 era avvenuta la riunificazione socialista. Nella DC prevalse la solidarietà a favore di Israele, anche se in futuro buona parte della Dc e dello stesso Psi di Craxi finì di scegliere una politica estera italiana favorevole al mondo arabo, ad Arafat e all’OLP.Dal 1967 in poi
certamente Israele commise molti errori e i “falchi” non fecero un buon servizio alla causa israeliana. Commisero anche delle efferatezze . Va però ricordato che il terrorismo arabo minacciò e continua a minacciare quotidianamente i cittadini dello Stato ebraico che, nato rigorosamente laico, ha finito per “clericalizzarsi”. Vivere in Israele ha significato mettere a repentaglio la propria vita ogni giorno, anche solo uscendo in strada. Come sta accadendo con l’Isis in Europa e in Medio Oriente. Primo Levi prese in tempi successivi talmente le distanze da Israele, schierandosi, di fatto, a favore degli Arabi. Lo stesso mondo ebraico si divise, anche se va detto che i confini tra sionismo, antisemitismo e Stato di Israele non sono mai stati ben chiari. In molte situazioni è prevalso un antisemitismo strisciante, mascherato con ragioni politiche contigenti e diversamente motivate. Cinquant’anni fa le ragioni degli uni e le ragioni degli altri erano invece molto chiare. Chi scelse Nasser fece una scelta sbagliata. Chissà se oggi ci si rende conto di quell’errore? E, ovviamente, anche degli errori degli Israeliani nei decenni successivi.
strani ,alla ricerca di giovani palati non troppo esigenti, ma finiscono per chiudere i vecchi locali. Forse è fisiologico ed inevitabile che ciò accada. Ogni generazione ha i suoi posti di ritrovo e Petrini non è confrontabile né con Artusi né con Soldati che sarebbe il gourmet che ha fatto conoscere agli italiani il cibo genuino in Tv. Canavacciuolo è diventato a sua volta un mito dopo l’astro di Vissani è tramontato. Ha chiuso l’anno scorso “La pace” uno storico locale torinese fondato dalla famiglia Ficini ,poi trasferitasi all’”Appennino Pistoiese”, trasformato da anni in pizzeria come l’altrettanto celebre “Abetone”. Adesso nei locali storici di via Galliari ha aperto un ristorante messicano gestito da un gruppo di giovani molto gentili e accoglienti. Si sta anche piuttosto bene. Ma io preferivo il vecchio oste, a volte un po’ scorbutico, con i suoi piatti tradizionali. Questione di gusti, anche se aveva ragione l’Artusi quando scriveva di amare “il bello e il buono ovunque si trovino”.
Il Dipartimento Educazione Castello di Rivoli guidato da Anna Pironti ha concepito con il personale dell’ospedale una grande oper-azione rigenerativa, adottando la metafora del giardino che nelle varie culture rappresenta il luogo dell’origine, della vita e dell’umanità. Il Sant’Anna per definizione è uno dei luoghi più interculturali della città, dove ogni anno nascono oltre 7000 bambini da genitori provenienti da 85 nazionalità diverse.
Sant’Anna, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino.
Il
CASA NEL PARCO | VIA PANETTI 1