Domani, martedì 23 ottobre, alle ore 18:00, Lorenzo Casini presenterà il suo libro “Potere Globale. Regole e decisioni oltre gli stati” (Editore Il Mulino)
Oggi sono migliaia le istituzioni, le regole, le procedure e le decisioni che prendono forma oltre gli Stati, in ogni settore, dall’ambiente allo sport, dal commercio a Internet, dalla finanza alla salute, alla ricerca, alla moda, al cibo, alla cultura.Il libro vuole ricostruire i processi decisionali di Stati e organizzazioni internazionali, soffermandosi sugli intrecci tra procedimenti locali, nazionali e ultra statali: come sono ripartite le competenze, quali effetti reciproci si determinano, come sono risolti i conflitti. Lorenzo Casini, è professore ordinario di Diritto amministrativo nella Scuola IMT Alti studi di Lucca. È co-Presidente
dell’International Society of Public Law (ICON-S) ed è nel consiglio direttivo dell’Istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione (IRPA). Dall’aprile 2014 al maggio 2018 è stato Consigliere giuridico del Ministro dei beni e della attività culturali e del turismo. Dall’aprile 2014 al maggio 2018 è stato Consigliere giuridico del Ministro dei beni e della attività culturali e del turismo.A dialogare con l’autore, la Presidente Evelina Christillin e il Direttore Christian Greco. Infine, durante la presentazione, interverrà anche Claudia Ferrazzi, Conseillère Culture et Communication della Presidenza della Repubblica Francese.
Ingresso libero fino a esaurimento posti.
















fatta un’eccezione. I due erano a metà della carreggiata quando un’auto che viaggiava a tutta velocità li indusse a fare un passo indietro. Una vettura in arrivo dalla parte opposta sfiorò Poletti e urtò in pieno Meroni che, sbalzato sull’altra corsia, venne investito da una Fiat 124 Coupé che lo trascinò per più di cinquanta metri sull’asfalto. Portato all’ospedale Mauriziano, morì poche ore dopo, alle 22.40. Se ne andava così Gigi Meroni, a soli ventiquattro anni. La farfalla granata non
volò più. Colmo del destino, l’automobile che lo investì era guidata da un suo tifoso diciannovenne che si chiamava Attilio Romero e che diventò, nel duemila, presidente del Torino. Un cognome e un destino, quello di Meroni, già tragicamente comparso nella storia granata, al tempo della tragedia di Superga. Si chiamava, infatti, Pierluigi Meroni il comandante del trimotore Fiat che si schiantò sulla collina della basilica il 4 maggio del 1949. Gigi Meroni, nato e cresciuto calcisticamente a Como, dopo aver vestito la maglia lariana e quella del Genoa, approdò nel 1964 a Torino, nella
parte granata della città dell’auto. Agli ordini del “Paròn “Nereo Rocco, l’ala numero sette incantò tutti con le sue giocate, i dribbling ubriacanti e quei suoi goal che, pur non molti (con la maglia del Toro ne insaccherà 24), spesso finirono nelle cineteche del calcio per la bellezza del gesto atletico che li accompagnava,rendendo possibile ciò che ai più pareva impossibile. Era lui il
“calciatore-beat” , quello che non amava i tiri da fermo e men che meno i rigori ma sentiva il bisogno dell’azione, della lotta per conquistarsi la palla, dell’invenzione artistica del gol. I difensori impazzivano e spesso non trovavano alternative ai mezzi più bruschi per fermarlo, mettendolo giù senza tanti complimenti. I compagni ne sfruttavano le doti quando l’ala destra dai capelli lunghi e dai basettoni passava loro la palla al momento giusto, con il gesto generoso e altruista di chi concede agli altri
l’onore di gonfiare la rete alle spalle del portiere avversario. Anche lui, come Gorge Best, il suo “gemello-diverso”, andava controcorrente. Quando Edmondo Fabbri lo chiamò in nazionale gli impose una condizione: tagliarsi i capelli. Lui, con l’animo dell’artista che si disegnava da solo i vestiti da indossare,prendendo a modello quelli dei Beatles, e lo spirito trasgressivo che lo portava a passeggiare per le vie di Como portandosi al guinzaglio una gallina, non rinnegò se stesso e rifiutò la convocazione. Era amatissimo dai suoi tifosi, Luigi Meroni. L’ipotesi del suo passaggio alla Juventus, nell’estate del 1967, provocò una sollevazione dei tifosi del Toro, mandando a gambe all’aria
l’operazione. Era l’idolo non solo dei granata ma di tutti coloro che amavano il bel calcio, la fantasia e l’improvvisazione di quest’artista che sapeva trattare con incredibile abilità la sfera di cuoio. Ai suoi funerali parteciparono più di ventimila persone e l’intera città trattenne il fiato. L’emozione fu grande e toccò tutti, compresi alcuni detenuti delle “Nuove” che fecero una colletta per mandare dei fiori. Solo la Diocesi di Torino si oppose al funerale religioso di quel “peccatore pubblico” e criticò aspramente don Francesco Ferraudo, cappellano del Torino, che lo celebrò comunque. Meroni conviveva con Cristiana Uderstadt e la sua ragazza – di origine polacca e figlia di giostrai – era ancora sposata, in attesa di poter divorziare. Un peccato, all’epoca, da non perdonare anche da morto a quel ragazzo che, come scrisse Gianni Brera “ era un simbolo di estri bizzarri e libertà sociali in un paese di quasi tutti conformisti sornioni”.