http://www.museodiffusotorino.it/Sostieni-il-Museo.
Marco Travaglini
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Marco Travaglini
Nuovi materiali e biotecnologie, architettura, design, riprogettazione e sviluppo urbano: sono questi i temi su cui si focalizzerà la collaborazione tra Politecnico di Torino e Kyoto Institute of Technology – KIT (Kyoto, Giappone), grazie a un memorandum of understanding siglato oggi a Torino dal Rettore Marco Gilli e dal Presidente KIT Masao Furuyama
Torino e Kyoto saranno quindi più vicine, grazie allo scambio di studenti dei corsi di laurea magistrale e dottorato di ricerca e a iniziative di formazione congiunte, come summer school dedicate a temi di grande attualità. Gli studenti avranno anche la possibilità di svolgere periodi di tirocinio nei due Paesi.
Dal punto di vista della ricerca, l’accordo propone la partecipazione congiunta a bandi e la realizzazione di progetti congiunti di frontiera relative alle tematiche che animano l’accordo. In più, la partnership prevede l’istituzione di un Centro congiunto di ricerca e formazione, che diventerà una vera e propria piattaforma nella quale convergeranno ricerca, formazione e trasferimento tecnologico, con due sedi fisiche: una a Kyoto e una al Politecnico.
L’accordo, di durata quinquennale, prevede anche attività di condivisione dei risultati della ricerca attraverso seminari, convegni e workshop, per produrre ricadute socio-economiche sui territori di riferimento, sia in Italia che in Giappone.
“Questo accordo apre interessanti prospettive di collaborazione con il Giappone tramite una sua prestigiosa università tecnica”, commenta la responsabile dell’iniziativa per il Politecnico Laura Montanaro (Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia), che prosegue: “I settori individuati per le attività comuni godono di importanti complementarietà tra le due Istituzioni e sono altamente qualificanti, sia dal punto di vista delle prospettive di ricerca, che per quanto riguarda gli aspetti didattici. L’interesse del Kyoto Institute of Technology di collaborare con noi su queste tematiche conferma che si tratta di ambiti di eccellenza del nostro Ateneo riconosciuti a livello internazionale e ringrazio il professor Giuseppe Pezzotti, Vice Rettore di KIT, per aver creato questa opportunità che avvicinerà le nostre due università”.
Anche il Vice Rettore del Kyoto Institute of Technology Giuseppe Pezzotti conferma l’interesse per la collaborazione: “La realizzazione di un progetto di collaborazione con una Università di grande tradizione come il Politecnico di Torino è per il Kyoto Institute of Technology motivo di prestigio e simboleggia la forte volontà di internazionalizzazione delle Università giapponesi nei confronti degli Atenei europei”.
Dopo il grande caldo arriva il fresco, con il transito di una perturbazione di origine atlantica che porterà una nuova fase di maltempo sulle regioni settentrionali, in particolare Piemonte e Lombardia
Il Dipartimento della Protezione Civile ha emesso un avviso di condizioni meteorologiche avverse, che segnala da ieri precipitazioni da sparse a diffuse e temporali, sulle due regioni, specie sui settori settentrionali. Previsti rovesci di forte intensità, fulmini, grandinate e forti raffiche di vento. In riferimento fenomeni previsti è stata valutata, per la giornata di oggi, allerta gialla su gran parte del Piemonte e della Lombardia.
(foto: il Torinese)
Alberto Morano (Lista Civica Morano), Osvaldo Napoli (Forza Italia ), Fabrizio Ricca (Lega Nord), Roberto Rosso (Direzione Italia) lunedì a Palazzo Civico presenteranno la mozione che verrà depositata per la discussione in Consiglio Comunale per chiedere lo spostamento in un’altra città italiana del G7 sui temi dell’economia e del lavoro in programma a Torino dal 26 al 30 settembre. Spiega il notaio-consigliere Morano:
“Purtroppo non sussistono più le condizioni per poter organizzare un evento come il G7 nella nostra Città. Le gravi minacce di Askatasuna riportate da La Stampa, la contiguità tra alcuni esponenti della maggioranza Cinque Stelle ed il movimento Askatasuna, l’ambiguità del Sindaco Appendino che non ha il coraggio e la forza di prendere le distanze dai centri sociali e l’incapacità della Giunta in relazione al tema sicurezza, drammaticamente messa in evidenza dai fallimenti nell’ultimo mese, non lasciano adito a dubbi. Torino non può permettersi in alcun modo di diventare un’altra Genova e non si può chiedere ai Torinesi di vivere nella paura e nell’angoscia di un assedio dagli esiti imprevedibili”.
“Lunedì – aggiunge Morano – presenterò in Consiglio Comunale una mozione con cui chiederò che il grande meeting in programma tra il 25 settembre e il 1 ottobre, venga spostato in un’altra città italiana per evidenti e innegabili ragioni di ordine pubblico, tutela e incolumità dei cittadini e della cosa pubblica. Il centro Città messo a ferro e fuoco da black block e antagonisti e la possibilità di scontri tra forze dell’ordine e centri sociali è un’ipotesi folle e da allontanare in ogni modo”.
Oggi, giovedì, al tribunale di Torino (ore 16), Cesare Lombroso, considerato uno dei fondatori della criminologia, salirà sul banco degli imputati. Sarà ovviamente un processo storico, ma con tanto di pubblica accusa, di difesa e di testi a favore e contro.
Allo scienziato, Torino, la sua città di adozione, ha dedicato un museo che raccoglie i frutti dei suoi studi. Personaggio controverso – tanto famoso in vita, quanto vituperato dopo la morte – ancora nelle scorse settimane è stato al centro di una vicenda giudiziaria che ha visto il comune calabrese di Motta Santa Lucia opposto all’ Università di Torino, cui chiedeva la restituzione di uno dei reparti del museo torinese, il cranio del brigante Villella. E’ dunque evidente che l’ iniziativa del circolo milanese di Cultura e Scienza PIRI PIRI, specializzato in processi a personaggi storici, sarà ricca di spunti sia per l’ accusa che per la difesa di Lombroso.
di Pier Franco Quaglieni
A Torino si sono sbiadite tante tradizioni, a Torino è venuto meno lo spirito torinese che è fatto di tanti elementi ,compresa la fede cristiana che ha un valore molto importante. E’ stato superato lo spirito meschino e gianduiesco di certa torinesità che non può essere rimpianta, ma insieme è evaporato anche ciò che andava preservato.
Il 20 giugno Torino festeggia la Vergine Consolata che ,dopo l’assedio francese del 1706, divenne copatrona di Torino insieme a san Giovanni Battista a cui è dedicato il Duomo . Il 20 giugno sarebbe, secondo la tradizione, l’anniversario del miracolo del cieco di Briancon (c con cediglia ) che aiutò a ritrovare l’antica icona della vergine e riebbe la vista. Anche un laico non laicista come me, specie in certe occasioni , crocianamente “non può non sentirsi cristiano” e anche un torinese che ama ,come Einaudi, sempre guardare oltre la Mole e oltre le Alpi e le colline, non può non sentirsi profondamente torinese. Il Santuario è da secoli il centro della cristianità torinese, paragonabile solo in parte alla Basilica di Maria Ausiliatrice voluta da Don Bosco nell’’800.”La Consolata” come la chiamiamo noi torinesi ,ha origini remote: fin da quando il vescovo San Massimo, nel V secolo, fece erigere una piccola chiesa sui resti di un tempio pagano; fin da quando Torino, prima di Emanuele Filiberto che la fece capitale nel 1563 , era una città secondaria del Piemonte, storicamente dietro a Saluzzo, Casale, Vercelli, Ivrea. Il santuario è opera di artisti illustri : Guarini, Juvarra, Ceppi che segnano i diversi periodi in cui è stato costruito e ampliato. In un angolo della basilica c’è il sarcofago del cardinale Agostino Richelmy, un principe della Chiesa molto significativo della storia torinese tra fine ‘800 e primo ‘900,quando gli arcivescovi di Torino erano non solo per tradizione cardinali . Frequentavano il santuario don Bosco, il Cottolengo, il beato Cafasso i cui resti sono venerati nella Basilica. Il Cafasso era il confessore dei condannati a morte al ” Rondò dl’ forca” in corso Regina e venne canonizzato nel 1947 da Pio XII.
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Va ricordato che molti reduci di guerra donarono le loro spalline al santuario: mio padre mi indicava sempre gli ex voto ,testimonianza spesso di una fede popolare ingenua, ma sicuramente genuina. Una pagina della storia oggi un po’ trascurata. Nel santuario ci sono le statue delle due regine Maria Teresa e Maria Adelaide, mogli di Carlo Alberto e di Vittorio Emanuele II, scolpite in preghiera da Vincenzo Vela. De Amicis negli immediati dintorni ambientò il suo romanzo “Amore e Ginnastica”, Soldati inserì nel breve filmato sui campionati del mondo di calcio del 1990 la processione che si terrà anche stasera. Di fronte alla chiesa c’è il locale del Bicerin che nella superficiale fantasia turistica rischia di offuscare persino la Consolata: follie dei tempi presenti in cui troppo spesso ogni valore viene confuso e perde il suo significato. Stasera si terrà la storica processione per la festa della Consolata ,nessun’altra manifestazione religiosa torinese ha l’impatto di questa processione fortemente, intimamente piemontese. Nino Costa ha dedicato alla Consolata una celebre poesia in cui definisce la Vergine “confort ai disperà” e “protetris dla nostra antica rassa”. Papa Francesco a Torino citò, sia pure in Italiano ,alcuni versi di Costa dedicati alla nostra “rassa”. Certo il messaggio cristiano è universale, riguarda tutte le donne e gli uomini del mondo, di ogni colore e di ogni lingua, persino, direi, di ogni religione. Sarebbe sbagliatissimo renderlo “torinese” , sarebbe quasi blasfemo. Ma la Consolata è anche un elemento indentitario di Torino, della nostra Torino, della sua storia più bella. Non ci sono miti laici che tengano al confronto, neppure quello troppo enfatizzato per essere vero, di Gobetti. Solo il Conte di Cavour potrebbe fare da contraltare, ma lo statista era un liberale che morì, chiedendo i conforti religiosi. Anche il “Risorgimento scomunicato” di cui scrisse Gorresio, è passato sotto le sue navate, anche il giovane principe di Piemonte Umberto di Savoia andava a pregare alla Consolata.
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In un momento difficile per la mia vita ci sono andato anch’io, confortato dall’amicizia fraterna di Franco Peradotto, prete -giornalista amico di Valdo Fusi. Mons. Peradotto ,ad un anno dalla morte di Soldati, celebrò una Messa in suo suffragio in cui si ritrovò tutta la Torino civile, in primis il sindaco Castellani, una città fatta di credenti, non credenti e diversamente credenti. Valdo Fusi che aveva il suo primo studio in via della Consolata, passava spesso al santuario. E anch’io ,a volte ,ci vado, ricordando don Franco e Valdo e l’avvocato Claudio Dal Piaz che aveva lo studio a pochi passi dalla basilica in via Sant’Agostino. Non amo il quadrilatero romano e i suoi locali, ma il santuario che è quasi la sua antitesi ,sì. Oggi quella processione è assai meno sentita del passato. Tanti “torinesi” non sanno neppure che si tenga, confortati in ciò dal silenzio minimizzante di troppi organi di stampa. Per anni a casa mia su tutti i quattro balconi mettevamo il 19 giugno, vigilia della festa, dei lumini accesi inseriti in antichi bicchieri di Murano comprati da mio nonno a Venezia. Abbiamo dovuto smettere sia perché i bicchieri nel frattempo si sono rotti ,sia soprattutto perché nella via c’eravamo solo più noi a illuminare i balconi. Dalla metà degli Anni ’60 la bella tradizione si è interrotta. Quand’ero bambino, eravamo in tanti anche nella mia casa. A Torino si sono sbiadite tante tradizioni, a Torino è venuto meno lo spirito torinese che è fatto di tanti elementi ,compresa la fede cristiana che ha un valore molto importante. E’ stato superato lo spirito meschino e gianduiesco di certa torinesità che non può essere rimpianta, ma insieme è evaporato anche ciò che andava preservato. E non è laicità quella di trascurare la festa della Consolata. Hanno voluto ridurre a “santi sociali” don Bosco e il Beato Cottolengo che erano e sono tanto di più soprattutto in termini religiosi e spirituali. Riscopriamo almeno per una sera il sentimento della gente di Torino aristocratica e plebea, colta e ignorante ,che nei secoli ha fatto della processione della Consolata un appuntamento immancabile per la loro vita.
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Qualche giorno fa parlavo con un uomo eccezionale , il cardinale Gianfranco Ravasi, di “laicità e spiritualità” al Quirinale, nel corso di un evento culturale memorabile. Ebbene, stasera sarà il momento della sola spiritualità .Senza aggettivi. Con intensità profonda e il fascino che arriva dai secoli passati. La Consolata e Torino si identificano, almeno per una sera.
Ieri una corrente d’aria da nord ha attenuato la calura portando vento sotto la Mole e qualche nuvola sulle Alpi, ma già da oggi l’afa torna sovrana sulle aree di pianura. Molto caldo martedì, con massime oltre i 36 gradi, tempo variabile mercoledì, con rovesci e temporali sparsi nelle ore centrali della giornata per il passaggio di “una debole ondulazione depressionaria a ridosso dell’arco alpino”, dice il bollettino dell’ Arpa. Secondo 3bmeteo.com, “il caldo si farà intenso in particolare nella seconda parte della settimana. L’afa potrebbe tornare opprimente anche sulla Pianura Padana, con temperature percepite superiori ai 36 gradi e condizioni calde e afose anche di sera, specie nei grandi centri urbani”.
(foto: il Torinese)
di Pier Franco Quaglieni
Briga e Tenda 70 anni fa – Via Nizza e via Madama Cristina, cose senza senso – Berrino, Matteotti e il pasticcere torinese – Il grande Umberto Eco – Maria Valabrega, Lucio Pisani e la scuola torinese
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Briga e Tenda 70 anni fa
Con il trattato di pace firmato il 10 febbraio 1947 e ratificato nel settembre dello stesso anno- oltre all’Istria ,alla Venezia Giulia, alla Dalmazia e a Fiume che passarono alla Jugoslavia- passò alla Francia anche la piccola comunità italiana delle Alpi Marittime di Briga e Tenda. Invano Benedetto Croce all’Assemblea costituente difese l’italianità di quelle terre. Invano Vittorio Badini Confalonieri che fu deputato alla Costituente e al parlamento italiano in rappresentanza del Collegio di Cuneo, si battè per impedire la mutilazione richiesta dalla Francia. Anche la M.O. della Resistenza Enrico Martini Mauri che aveva combattuto fascisti e tedeschi a capo delle Divisioni Alpine Autonome, si schierò per la difesa dell’italianità di Briga e Tenda. Solo i comunisti si comportarono come fecero con le terre del confine orientale. E infatti a scrivere di quella vicenda è stato uno dei più faziosi giornalisti che si siano occupati di Resistenza , quel Mario Giovana, partigiano sicuramente valoroso, che nessuno però può seriamente considerare uno storico, ma semmai un ideologo prestato alla storiografia. In un saggio pubblicato incredibilmente da Firpo, Giovana vide come forma di totalitarismo novecentesco il nazifascismo , trascurando l’altro mostro totalitario, il comunismo sovietico, cinese ecc. Ho conosciuto Giovana e ho potuto constatare di persona la sua istintiva, sanguigna faziosità. Era così di natura, neppure le forme venivano salvate. Chi la pensava diversamente da lui ,era un nemico, magari un neofascista. Con il suo libretto “Frontiere ,nazionalismi e realtà locali” edito dal Gruppo Abele egli non ha “recuperato la dimensione esatta di quei conflitti nel contesto di una realtà complessa”, ma ha sparato a zero contro chi ebbe il coraggio di difendere il nome di un’Italia sconfitta che non doveva essere umiliata. Vittorio Emanuele Orlando ,riguardo al trattato di pace del ’47 , parlò di “cupidigia di servilismo” verso i vincitori. E Giovana ha anche ovviamente dimenticato la matrice italiana di Nizza che fu la patria di Giuseppe Garibaldi. Ancora oggi tanti italiani come il benemerito Achille Ragazzoni, ci ricordano quella storia e molti nizzardi sentono le profonde radici italiane della loro terra .Anche al Consolato italiano di Nizza si ritrovano tanti italiani non necessariamente solo in vacanza sulla Costa Azzurra.
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Via Nizza e via Madama Cristina, cose senza senso
Il piano di lavori per via Nizza che partiranno in autunno rappresenta un gravissimo errore.
Rivela la gretta miopia del quartiere 8 ,incapace di vedere che via Nizza è una via importante dell’intera città, non di San Salvario. Avevano già devastato, ”riqualificandola”, piazza Saluzzo ,suscitando le giuste critiche del critico d’arte Angelo Dragone, ma almeno quella piazza è interna al quartiere e può, al massimo, riguardare la movida che impazza e i funerali nella Chiesa dei Santi Pietro e Paolo. Via Nizza collega la stazione con il Lingotto e con piazza Bengàsi (non Béngasi, come dicono i torinesi). Pensare di mettere due piste ciclabili dicasi due, riducendo ad una sola corsia la percorrenza delle auto appare assurdo, ma occorrerebbe ben altro aggettivo, per rendere l’idea dell’assurdità del progetto.Spariscono anche 125 parcheggi a partire dalla stazione , in una zona in cui ci sono le Poste e altri uffici importanti. In compenso, ci sarà lo spazio per qualche piantina. Bizzarria ambientalista inutile che neppure i Verdi, ai loro tempi, avrebbero pensato di fare. Gianni Vernetti era ed è una persona intelligente, anche quando era verde. Solo altri pensarono di incatenarsi alle piante di piazza Madama Cristina per impedire il parcheggio sotterraneo, ma poi anche loro capirono e smisero. Carpanini che era uomo di buon senso, forse li convinse. Il piano di riqualificazione di via Nizza esprime una logica da sabato del villaggio, da natio borgo selvaggio, avrebbe detto Bepi Dondona, non da città. Non dico da grande città perché sarebbe pretendere troppo. Un’idea pregrillina, che trova nei grillini gli entusiasti realizzatori. I lavori di asfaltatura in Via Madama Cristina della corsia dei tram appare priva di senso. Non intendono ripristinare il 18 come linea tranviaria ,lasciando il bus. Il 18 è una delle poche linee che funzionino con cadenza ragionevole. Perché investire soldi in una asfaltatura che non serve ? Un rebus inestricabile. Sempre a riguardo di linee di bus ,anche il 67 transita in via Madama Cristina. Parte da piazza Albarello ed arriva a Moncalieri. A Moncalieri ha deviato il vecchio percorso per servire più punti della città. Ma a Torino è una linea fantasma.L’attesa di un 67 è di circa mezz’ora, a volte anche oltre. Forse sarebbe il caso di intervenire per rendere quella linea un servizio per la città. Spesso, dopo aver atteso inutilmente il 67, vado a piedi o ricorro ad un taxi. Ma c’è chi deve spostarsi necessariamente in bus e viene trattato da cittadino di serie b.
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Berrino, Matteotti e il pasticcere torinese
Ad Alassio Enzo Canepa, ottimo sindaco della città regina del turismo ligure, ha deciso di intitolare i giardini del Comune a Mario Berrino, artista noto a livello internazionale, artefice del turismo alassino, creatore del celebre Muretto. Una proposta che fui il primo ad avanzare già nel 2011 quando morì. Questa intitolazione ha suscitato gli appetiti dei parenti di altri alassini e dei loro amici.
Il comandante dei vigili urbani di un paesino vicino ad Alassio ha avanzato -con quali titoli con si sa- la proposta di intitolare una piazza al pasticcere di origini torinesi il cui nonno inventò i “baci” di Alassio, in sé non una grandissima idea perché i baci, sotto nomi diversi, sono diffusi un po’ dappertutto e forse lo erano già prima. Un po’ come i cuneesi che si trovano in tutti i paesi della Provincia Granda. A fare i baci ad Alassio, ad esempio, c’è anche il grande pasticcere Sanlorenzo che produce senza spocchia ottimi prodotti. Anche il Sindaco Canepa, se non vado errato, produce nella sua azienda degli ottimi baci, anche se è laureato in Economia. Per alcuni anni il pasticcere in attesa di ricordo toponomastico ha anche realizzato un caffè concerto in piazza Matteotti dove ha sede il suo locale, che poi chiuse. Una bella ,ma breve meteora degli anni Cinquanta, quando a Torino c’è il caffè concerto Dadone. Ciascuno lecitamente può proporre chi ritiene alla riconoscenza pubblica . E’ un diritto di tutti. Il prof. Tommaso Schivo sicuramente ebbe meriti maggiori del pasticcere che seppe condurre molto bene i suoi affari, ma non si può oggettivamente dire che si sia speso disinteressatamente per Alassio in qualcosa di significativo. La legge che impone dieci anni dalla morte per procedere ad un’intitolazione è molto saggia, ma, in alcuni casi, gli anni per valutare dovrebbero essere raddoppiati. Quando però c’è stato qualcuno che ha buttato lì l’idea peregrina di dedicare al pasticcere piazza Matteotti, mi sono sentito ribollire di rabbia. Giacomo Matteotti non si tocca. E’ un’offesa grave alla storia anche solo pensare di eliminarlo dalla toponomastica alassina. Matteotti è stato un martire della libertà. Pagò con la vita per le sue idee, come i fratelli Rosselli, don Minzoni, il giornalista Carlo Casalegno ammazzato 40 anni fa dai sicari delle BR. Qualche sciocco mi ha rimproverato perché io torinese non ho parteggiato per un altro torinese. Se avevo dei dubbi, questo rimprovero mi ha dato la certezza che l’esimio cav. Balzola, pasticcere in Alassio, deve attendere in lista di attesa. Checchè ne dica l’esimio vigile urbano proponente.
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Il grande Umberto Eco
Umberto Eco era già considerato un maestro venerabile quand’era ancora in vita. Malgrado lui abbia chiesto intelligentemente di evitare convegni su di lui almeno per dieci anni, le messe cantate in suo onore , più che in suo suffragio, sono molte. Ha incominciato la Regione Piemonte a dedicargli la sua biblioteca. Poi le celebrazioni sono continuate. Certamente è stato un grande personaggio e un mio amico , alto magistrato, che fu suo compagno di scuola ad Alessandria ,mi ha raccontato della eccezionalità dell’uomo. Anch’io lo conobbi in qualche occasione e fu il francesista Mario Bonfantini il cui figlio era suo assistente a Bologna, a farmelo conoscere.
Di fronte alla contestazione e anche al terrorismo nascente non fu un buon maestro. Eco è stato in primis il teorico della semiotica in Italia e nel mondo. Guai in certi anni se la lettura di un’opera letteraria, non fosse stata condotta secondo i canoni semiotici. Come ha osservato Paolo Fabbri ,direttore del Centro internazionale di scienze semiotiche , “l’impatto della diminuì già negli anni 90.Oggi la semiotica appare quasi morta. Era la disciplina di cui Eco fu precursore e voce indiscussa. Come si vede, il tempo passa e finisce di toccare anche i grandi. Ed Eco, che piaccia o non piaccia, è stato un grande. L’unico piemontese importante e noto nel modo per i suoi romanzi, del secondo Novecento.
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Maria Valabrega, Lucio Pisani e la scuola torinese
Maria Valabrega Buffa di Perrero è stata la giornalista che dal 1967 -iniziando a seguire la contestazione studentesca-si è occupata per decenni di scuola. Io la conobbi quando lavorava alla Sip di cui era direttore del personale mio zio che la assecondò nella sua passione giornalistica per cui si sentiva nata. Il lavoro di impiegata le stava stretto e riuscì ad entrare alla “Stampa”. Fece cronache della contestazione che spesso erano in contrasto con la linea del giornale espressa nelle pagine nazionali. Era con il cuore dalla parte dei contestatori. Fu severissima con i professori, i presidi e con molte scuole. Lei, laicissima, vedeva in Don Milani un riferimento ideale. La minima cosa che non funzionasse e che a lei pareva giusto segnalare, veniva subito scritta. Una volte stava per “rovinare” un preside che era disperato e si rivolse a me. Io , pur esitante, telefonai a Maria e le spiegai la situazione, senza chiederle nulla. Capi’ che la sua valutazione era sbagliata e scrisse l’articolo con il giusto equilibrio. Salvò un poveruomo senza colpe e senza polso che, con me ,si dimostrò anche privo di gratitudine. Forse dovevo ,alla luce di eventi futuri, lasciarlo massacrare. Si rivelò un vigliacco , quando, tempo dopo, comminò una sanzione disciplinare ad una professoressa, considerata anello debole della catena, dopo aver tollerato tutte le illegalità, le leggerezze e l’inadeguatezza professionale di tutti i tesserati al sindacato confederale . Maria ha svolto comunque una funzione utile perché ha messo in evidenza le pecche della scuola torinese, anche se a volte esagerava. Solo il provveditore Lucio Pisani, futuro deputato del Pci per una legislatura, riuscì a tenerle testa con la sua diplomazia. Pisani, liberandosi dai ruoli istituzionali, riuscì, attraverso la cronaca di Maria Valabrega, ad emergere come un personaggio mediatico. Dispiacque al ministro della P.I. Guido Bodrato, ma trovò il sostegno dei comunisti e dei sindacati confederali.
Con Maria ci siamo frequentati a lungo, spesso mi telefonava e ci siamo anche voluti bene, pur ben sapendo che la pensavamo in maniera diversa, se non opposta. Ma lei aveva rispetto per le idee degli altri. In questo senso era una giornalista esemplare. Fu anche coraggiosa perché non si lasciò imbrigliare da nessuno.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
Caro Professore, ho letto i suoi articoli sulle vicende di piazza San Carlo del 3 giugno. Ho apprezzato il suo coraggio e il suo equilibrio. Dopo che è stato dichiarato il lutto cittadino per la morte di una delle vittime della mancata sicurezza della piazza (giudicherà il magistrato ovviamente le singoli responsabilità personali) non ritiene che qualcuno/a debba fare un passo indietro?
Lina Agosti
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Anch’io mi sono posto il problema di un passo indietro. Ovviamente vanno distinte le responsabilità penali che riguardano la magistratura da quelle politiche che riguardano il Consiglio Comunale e che ogni cittadino ha il diritto di giudicare. Mi pare che il sindaco Appendino abbia sottovalutato gli eventi, abbia tardato a dare spiegazioni, limitandosi a leggere la relazione dei vigili urbani e a garantire che fatti così non sarebbero mai più capitati. Troppo poco. Fuori posto la sostituzione dell’assessore all’Ambiente. La delega alla sicurezza era del Sindaco, non di altri. Non vorrei peccare di intellettualismo, ma sono convinto che, se i responsabili avessero letto Machiavelli, forse si sarebbero comportati diversamente. Il prefetto Saccone l’ha sicuramente letto, è persona coltissima. Il grande fiorentino diceva che l’imprevedibile della vita (che lui definiva fortuna ) doveva essere sempre considerato ,anche se sfuggiva alle previsioni. Parlando attraverso una metafora, diceva che le piene dei fiumi non si possono prevedere, ma se si costruiscono dei buoni argini, esse possono essere contenute o comunque possono essere meno devastanti. In piazza san Carlo sono mancati i buoni argini della prevenzione, d’altra parte già “Valentina” che finì contro i pilastri del ponte della Gran Madre per la piena del Po, era stata un segno non bello di imprevidenza. Non era successo neppure sul Tevere ,con la sindaca Raggi.
pfq
Storie di città / di Patrizio Tosetto
Sicuramente Marco Giusta ha un suo stile. Diverso negli atteggiamenti politici da chi lo ha preceduto nell’incarico di assessore. Diciamolo cosi: non se la tira ed e’ stato subito disponibile a rilasciare questa intervista. Sabato 17 giugno appuntamento al corteo del Torino Pride.
Mi fa contattare dalla sua segreteria dell’Assessorato alle Politiche Giovanili e Pari Opportunità per fissare giorno ed ora. E’ la prima volta che ritorno dopo un anno.
Sei tra i piu’ giovani assessori di Torino. Quanti anni hai?
35 , il più giovane dopo la sindaca in questa giunta…
Come sei diventato assessore?
Abbiamo contribuito come casa Arcobaleno alla stesura del programma dell’Appendino. Ci siamo incontrati e lei ha fatto molte domande. Poi ho risposto al bando. Sono stato scelto e sono contento del clima in giunta e del lavoro svolto fin qui.
Ma sei stato presidente Arci Gay. Un altro mondo rispetto ai pentastellati.
Infatti sono stato scelto per le mie competenze tecniche. Sono un assessore tecnico, ma con i pentastellati mi trovo molto bene.Tutti abbiamo voglia di capire ed imparare. Ottima la scelta di far entrare il capogruppo in giunta.
Di piazza San Carlo che mi dici…
Non conosco le procedure che hanno portato a questa scelta, ma penso di conoscere Chiara con la sua piu’ assoluta buona fede.
Che ne pensi di Giordana?
Competente..forse un carattere un po’ scorbutico, ma sempre …appunto, competente.
Nessun problema dunque?
No, anzi ..tanti. Ma vogliamo fare e facciamo il nostro dovere.
Opposizione del Pd?
Sbagliano nel voler essere ‘ arbitro che si limita a fischiare i falli. Io ho ad esempio un ottimo rapporto con Ilda Curti mia predecessore. Tendo sempre al voler collaborare.
Da quanti anni ti interessi di diritti?
Oltre 10, ed ho avuto anche esperienze sindacali nella Cgil, tra cuneo e Torino.
Maggiore delusione?
Troppa burocrazia, realizzare e’ piu’ difficile di ciò che mi aspettavo e credevo. Bello comunque il rapporto umano con funzionari ed impiegati. In particolare del mio assessorato.
Maggiore soddisfazione?
Avere avvicinato il mondo associazionistico alle istituzioni.
Allora tutti al 17 al corteo del Torino Pride?
Assolutamente!
Oggi piu’ di ieri?
Assolutamente! Oggi che il Pride è uno degli appuntamenti di una settimana ricca di eventi in tutto il territorio da Torino a Bra.
(foto: il Torinese)
Dopo il successo dello scorso anno, dal 27 giugno al 3 luglio torna la Torino Fashion Week. Con cinque giorni dedicati agli stilisti mondiali e due a quelli torinesi o stranieri residenti nel capoluogo, l’edizione targata 2017 dimostra di avere un taglio ancora più internazionale rispetto all’edizione passata, che aveva ospitato aziende e fashion designer di 15 Paesi oltre a quelli locali e del territorio piemontese
Protagonisti, come nel 2016, sono gli stilisti emergenti testimonial di una nuova cultura dell’imprenditoria, dell’innovazione e della creatività che punta sulla globalizzazione, ma non sull’omologazione. Come in precedenza, l’evento è organizzato dall’associazione TMODA ed ha il patrocinio della Città di Torino; i partner istituzionali sono Unioncamere Piemonte, Entreprise Europe Network (rete europea a sostegno delle PMI cofinanziata dalla Commissione europea), CNA, Slow Fashion, Camera di Commercio e Industria Italiana per il Regno Unito, Turismo Torino e Associazione Piemontese Agenti e Rappresentanti di Commercio – USARCI.
Le sfilate si tengono presso i magazzini Devalle nella splendida cornice dei Murazzi del Po al n. 5, nel cuore della città e della movida. Una location raffinata e avanguardistica che si sposa perfettamente con la Torino Fashion Week, brand innovativo che unisce diverse forme creative legate alla ricerca estetica e stilistica locale, nazionale e mondiale. I 65 fashion designer, che presentano ognuno una capsule collection realizzata appositamente per la sfilata a loro dedicata, sono in minima parte torinesi, mentre la maggioranza proviene da Asia, Europa, Nord e Sud America.
A caratterizzare ulteriormente l’edizione 2017 è il Modest Fashion ovvero la moda islamica, composta da 31 stilisti, che per la prima volta stringe un accordo con una Fashion Week italiana. La presenza straniera è stata resa possibile grazie alla partnership con Unioncamere Piemonte in qualità di partner della rete Enterprise Europe Network che supporta le piccole e medie imprese offrendo servizi volti all’internazionalizzazione. Tra gli ospiti di questa edizione si segnala il prestigioso Islamic Fashion and Design Council che sfila durante 3 giornate (01-02-03 luglio) e vede la partecipazione di Alia Khan, Presidente dell’Islamic Fashion and Design Council. Con uffici in dieci Paesi del mondo, l’IFDC è leader del Consiglio moda e del Modest design che rappresenta l’economia islamica e si pone come un protagonista del mercato globale. Il 3 luglio al termine della sfilata una giuria speciale composta anche da Yamna Aghrib, Brand Ambassador LVMH, e Djamila Kerdoun founder del Sommet International de la Mode (SIM), premia i 4 migliori designersIFDC con il prestigioso Luxury Awards. Il primo classificato sfilerà al SIM di Parigi e sarà invitato dai più importanti brand del fashion luxury per presentare le proprie creazioni.
Chiara Appendino, Sindaca della Città di Torino, sottolinea: “Nel distretto piemontese sono molti gli atelier dove vengono ideati, disegnati e prodotti capi, accessori e gioielli portacolori del made in Italy nel mondo. Dalle botteghe ai laboratori agli studi più creativi, le imprese di eccellenza del fashion formano un connettivo del tessile e delle griffe legato al gusto che sa coniugare sapientemente tradizione e laboriosità e rappresenta la dimensione locale sui mercati internazionali, con un ritorno economico di assoluta importanza. Nell’ultima edizione del Tief, il Turin Islamic Forum, ad esempio, abbiamo constatato come l’eccellenza artigiana possa diventare ambasciatrice del saper fare piemontese. Sono queste le ragioni che mi portano ad affermare con determinazione che per lo sviluppo economico, sociale e culturale del territorio sia strategica una forte alleanza con quello che è considerato a tutti gli effetti il tessuto aggregante del sistema produttivo, una spina dorsale economica e manifatturiera che è elemento di congiunzione con il mercato globale”.
Claudio Azzolini, Presidente dell’Associazione TMODA composta anche dall’Avvocato Luciano Zagarrigo e da Luigi Silvestro Direttore artistico della manifestazione, evidenzia: “La Torino Fashion Week è una grande opportunità che offriamo ai designer di mostrare al mondo il proprio talento. Per noi l’emergente è fonte di ispirazione ed è la conferma che la moda si basa sulla ricerca e sulla sperimentazione. Sono particolarmente soddisfatto della partnership con IFDC perché è unendo gli skill che si ottengono i risultati migliori”.
Come lo scorso anno, nell’ambito della 7 giorni Unioncamere Piemonte – in partnership con la rete Enterprise Europe Network, cofinanziata dalla Commissione Europea, ed il Sector Group Textile and Fashion di cui è partner – organizza il Torino FashionMatch 2017 (29-30 giugno, per informazioni www.b2match.eu/to2-fashionmatch2017). Gli incontri business to business bilaterali sono gratuiti e mettono in contatto stilisti, aziende, buyers, agenti e società di e-commerce internazionali per facilitare la creazione di collaborazioni e partnership commerciali e tecnologiche. Tra gli appuntamenti in agenda, un workshop che coinvolge aziende ed esperti dell’Islamic Fashion Council con la presenza di Alia Khan. Tanti i temi trattati: il luxury management, i servizi di digitalizzazione per le imprese del fashion e una serie di consigli utili per le startup di settore per definire nuovi business models e nuovi trends. Il Segretario Generale di Unioncamere Piemonte, Paolo Bertolino, ha commentato: “Il comparto moda rappresenta uno dei settori più importanti della nostra regione: in Piemonte hanno la propria sede legale più di 4.000 imprese della moda e vi lavorano quasi 30mila addetti, per un valore aggiunto che sfiora il miliardo e mezzo di euro. Non poteva quindi mancare il sostegno del Sistema camerale, casa delle imprese, a questa iniziativa, che rappresenta un’ottima strategia di marketing territoriale, capace di dare visibilità al nostro territorio mettendo a fattor comune le esperienze e le competenze dei diversi attori economici e istituzionali. Attraverso il b2b Torino Fashion Match che abbiamo organizzato in collaborazione con la Rete Enterprise Europe Network e nell’ambito di questa settimana torinese della moda, daremo l’opportunità alle Pmi del settore di incontrare potenziali partner commerciali, designer, blogger e stilisti emergenti provenienti da tutta Europa, interessati a creare nuove partnership internazionali. Questo è uno dei tanti esempi di azioni del Sistema camerale a supporto delle aziende che vogliono aprirsi o consolidare la propria presenza sui mercati esteri, diventando così ambasciatori delle eccellenze del nostro Piemonte. Siamo infatti fermamente convinti che le rotte dell’export siano un potente motore dell’economia, e anche in questo settore i dati ce lo dimostrano: nel 2016 il comparto tessile piemontese (che comprende anche abbigliamento, pelli e accessori) ha esportato merci per 3,3 miliardi di euro”.
In occasione della TFW, dal 20 giugno al 3 luglio il Circolo del Design ospita una mostra dedicata al Modest Fashion con un’esposizione di abiti firmati dagli stilisti islamici che sfilano nel capoluogo piemontese e il 28 giugno, in occasione del “Mercoledì del design”, si tiene l’incontro dal titolo “Dall’Islam all’Italia, la moda etica” al quale partecipano Roberto Strocco Responsabile Area Progetti e Sviluppo del Territorio di Unioncamere Piemonte, Alessio Stefanoni Responsabile CNA Federmoda, il Prof. Paolo Biancone Direttore del Centro di Ricerca Europeo per la Finanza Islamica, l’azienda torinese Oscalito 1936 e la stilista torinese di origine marocchina Hind Lafram; modera Ruben Abbattista Presidente del Circolo del Design.
L’Istituto Europeo di Design di Torino, partner della seconda edizione, inaugurerà la Torino Fashion Week sfilando con progetti di emerging fashion designer dal mood cosmopolita. Nello specifico si alterneranno una sfilata dedicata al progetto di tesi 2017 del Corso triennale in Fashion Design realizzato in collaborazione con YKK, leader mondiale negli accessori per chiusura, e di cui la parte video è stata sviluppata con il supporto tecnico del software CLO3D di Prisma Tech, software innovativo nella prototipazione virtuale dell’ambito fashion. A seguire saliranno in passerella una selezione di gioielli contemporanei del Corso di Design del Gioiello e Accessori, di cui una selezione realizzata in collaborazione con il laboratorio torinese di Dante Di Lilla, una collettiva dei migliori progetti IED Torino dell’area Moda ed infine due sfilate dedicate a giovanissimi designer esordienti internazionali, ex-studenti IED. La presenza dell’Istituto alla Torino Fashion Week conferma una vocazione della sede a scommettere sulle occasioni di valorizzazione del territorio dove l’Istituto è presente come leader formativo e sui profili emergenti che, dopo il Diploma Accademico IED, si avvicinano al mondo delle professioni creative. La scelta di TMODA di avere partner IED Torino dimostra invece l’attenzione posta dagli organizzatori sui nuovi talenti emergenti che saranno i fashion designer di domani.
La sede istituzionale e operativa dell’Associazione TMODA durante tutto il periodo della Torino Fashion Week è in Galleria San Federico 26. L’edificio storico ospita il Torino FashionMatch 2017 oltre che un temporary show room dedicato alla moda internazionale e una serie di shooting a tema. Per conoscere tutti gli eventi della settimana e gli orari delle sfilate: www.tfwofficial.com.
TMODA – Torino Moda è un’associazione senza fini di lucro nata per volontà di Claudio Azzolini, Luigi Silvestro e Luciano Zagarrigo con lo scopo di rappresentare i più alti valori della moda italiana; è una piattaforma che accelera il business, proponendo uno spazio fisico che va oltre i comuni atelier ed allaccia rapporti internazionali con il settore. I suoi intenti sono tutelare, coordinare, diffondere e potenziare l’immagine e lo stile sia in Italia sia all’estero e riproporre il mondo del fashion nella Città di Torino e in Piemonte sviluppando e promuovendo il commercio grazie anche agli stilisti emergenti. La sua finalità è rispondere in maniera concreta al processo di sviluppo e riaffermazione del comparto moda nel capoluogo piemontese passando attraverso gli stilisti locali e internazionali. Grazie a TMODA, quindi, Torino torna ad essere un osservatorio del fashion locale, nazionale e mondiale.