Cosa succede in città- Pagina 429

Decoro urbano: Palazzo a Vela non sia esempio di incuria

STORIE DI CITTA’  di Patrizio Tosetto

Incuria, Incuria, Incuria.  Non ci sono altre parole per descrivere lo stato di totale abbandono dell’ area esterna del Palavela. Mia moglie mi ha messo sull ‘allerta. Danno il permesso ai padroni di cani di entrare nel recinto? Possono? Confesso, non ci credevo e ho dovuto ricredermi. Campionati mondiali di biliardo.  Bello e funzionale all interno. Desolante all’ esterno. Sicuramente un non invitante biglietto da visita internazionale. Peccato per tutti noi torinesi. Un’ occasione mancata. Ed ultimamente non c’ e’ da scherzare per la nostra citta’. Accidenti…eppure il Palavela è  tra le bellezze architettoniche del mondo. Costruito per il centenario dell’Unità d’Italia.  Sono I fratelli  Rigotti che hanno avuto l’idea vincente delle Vele. Poi Nel 2006 la ristrutturazione guidata da una icona Italiana dell’ architettura, Gae Aulenti.  Ora? Semplicemente una domanda: cosa fare per evitare l’incuria. Francamente poco: come tagliare l’erba ed estirpare le erbacce, impedire l accesso agli incivili. 

Ci siamo fatti persuasi che basterebbe una organizzazione a basso costo per chi gestisce la struttura di proprietà del Parco Olimpico.  Una Gestione decisamente non brillante. Speriamo che  funzionari e ammistratori del Parco Olimpico ne terranno conto quando dovranno scegliere il nuovo operatore per Gestire la struttura. 

 

Patrizio Tosetto

I costi del “Matrimonio all’Italiana”. Quanto si spende a Torino?

Compass e ProntoPro.it stilano la classifica dei costi che gli sposi devono sostenere in Italia e nelle città capoluogo di regione

 

 

Milano, luglio 2017 – Estate, tempo di matrimoni, e in Italia sembra essere tornata la voglia per il fatidico “Si”, stando agli ultimi dati dell’ISTAT, che registrano nel 2015 ben 194.377 unioni, in aumento del +2,4% rispetto all’anno precedente. Nonostante questo, si è ben lontani dai valori pre-crisi del 2008, in cui si erano celebrati 246.613 matrimoni.

Un calo progressivo dettato dai costi, spesso elevati, che variano da città a città.
Secondo l’analisi di Compass e di ProntoPro.itTorino si classifica al terzo posto tra le città più care d’Italia, richiedendo per un matrimonio per 100 persone fino a 17mila€, contro una media nazionale di circa 15mila €. A questo bisogna aggiungere ulteriori costi non inclusi nell’analisi, come la location, le bomboniere e il viaggio di nozze, che hanno comunque un peso non indifferente sul budget familiare, portando spesso gli sposi a dover fare delle rinunce.

 

Per aiutare a fronteggiare i costi dell’organizzazione di uno dei giorni più belli della propria vita, esistono soluzioni di credito come il Prestito Personale Compass, un finanziamento adatto per affrontare questo tipo di esigenze e richiedibile per sostenere le spese di  matrimoni, ma anche di cerimonie come battesimi, comunioni e cresime. Per chi è invece alla ricerca di professionisti degli eventi e vuole consultare più preventivi, in modo da scegliere le opzioni più convenienti, un valido aiuto arriva daProntoPro.it, il portale che mette in contatto domanda e offerta di lavoro professionale e artigianale in più di 430 categorie di servizi.

 

Sono tanti gli aspetti da considerare per rendere indimenticabile il giorno del matrimonio, dai fiori, al fotografo, passando per il buffet, alla scelta dell’abito e alle note musicali che accompagneranno l’evento.

 

Torino la spesa media più alta per un “matrimonio all’italiana” nel 2017 riguarda il catering, che costringe gli sposi locali ad investire il budget più elevato, arrivando a spendere fino a 9mila € per un banchetto nuziale per 100 persone.

 

L’abito è l’altra voce impegnativa da mettere in conto per le spose locali (4.350 ), seppur più economica rispetto a quella di romane e milanesi, che risultano le più esigenti, scegliendo rispettivamente modelli sartoriali da 5.200€ e 5.000€.

 

Il momento musicale invece, che sia in Chiesa o durante il rinfresco, è fondamentale per creare l’atmosfera, intrattenere gli invitati ed esaltare l’aria di festa della giornata. Ingaggiare una band costa in media 550€, considerando che la presenza di un DJ ha una spesa aggiuntiva, che in questo caso tocca i 485€.

 

Infine, picco alto a Torino anche per i fiori, con bouquet, decorazioni e centritavola che prevedono un budget di 1.300€ e per il fotografo, disponibile per 1.350€.

 

WiFi per tutti grazie alla rete wireless di Università Torino

L’Università di Torino mette a disposizione  la propria rete wireless a tutti i cittadini dotati di credenziali Spid, il Sistema Pubblico di gestione dell’identità digitale (da marzo 2018  obbligatorio per tutte le Pubbliche Amministrazioni). Prima realtà in Italia ad attivare il servizio, l’ateneo subalpino si rivolge  ai suoi 75mila utenti tra studenti e dipendenti, e anche a tutti coloro, residenti o di passaggio in città, che hanno bisogno di collegarsi al WiFi. Sono 1200 gli access point diffusi su un ampio territorio che comprende le 130 sedi di Torino, Piemonte e Valle d’Aosta. Le credenziali Spid (le stesse utilizzate per entrare nei siti dell’Agenzia delle Entrate, dell’Inps e in molte altre Amministrazioni) permettono di usufruire della rete universitaria.

 

(foto: il Torinese)

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

Ai lettori

Il “diavoletto” della tipografia, dai tempi dei caratteri di piombo fino ad oggi, è l’incubo dei giornali. Puoi schierare i migliori titolisti e correttori di bozze ma, alla fine, quando la mattina apri il giornale, ti accorgi che il folletto dispettoso ti ha fatto la sorpresa: una doppia mancante o una parola di troppo e ormai il gioco è fatto. Nell’era del web tutto è (o appare) più semplice. Se trovi un errore lo correggi all’istante. Così almeno dovrebbe essere. Peccato, però, che dalla tipografia il burlone con le corna si sia aggiornato e, di tanto in tanto, si infili non nei testi battuti al computer  ma direttamente nel server. E quando il sistema si blocca l’unica soluzione è attendere che venga riparato. Ieri il “diavoletto” ha paralizzato il “Torinese” per diverse ore, costringendoci a trasformare per una volta la “Rubrica della domenica” di Pier Franco Quaglieni in “Rubrica del lunedì”. Ce ne scusiamo con l’autore e con i lettori.

Il direttore

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di Pier Franco Quaglieni

Grande e piccola Parigi – Il Barone Fusilli che seppe anche rischiare la vita – Pinin Pacot e Tavo Burat  – Un ricordo di 50 anni fa a Roma – Mario Gliozzi storico della scienza e docente fuori ordinanza

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Grande e piccola Parigi
E’ passata quasi sotto silenzio in Italia la nomina di Françoise Nyssen  da parte di Macron a ministro della Cultura,una dizione che in Francia suscitò dibattito perché l’intitolazione del dicastero più corretta sarebbe ministero per la cultura. Le “Figaro” ha definito la Nyssen  “energica,determinata,semplice,diretta “. Non viene dalla politica,ma dal mondo editoriale,quindi dalla cultura. Il nostro Franceschini, che,pur avvocato ,come dice di essere, si fa bocciare dal Tar i decreti di nomina dei direttori stranieri di alcuni musei italiani,non è neppure minimamente paragonabile.Come non lo sarebbero Rutelli e tanti altri ministri che si sono succeduti ai Beni Culturali.Gli unici che si possano salvare,sono Spadolini che ha creato il ministero, Domenico Fisichella , Antonio  Paolucci e Alberto Ronchey .Spesso il ministero è stato affidato a persone che non avevano alcuna dimestichezza con i temi di competenza del ministero. La Nyssen ,pur non essendo allo stesso livello,ci fa pensare ad André Malraux ,lo scrittore che de Gaulle volle ministro nel 1945 e fu Ministro per gli Affari culturali dal 1959 al 1969 .Malraux seppe affrontare l’ondata del ’68 che in Francia venne subito arginata. Meriterebbe di essere ricordato anche in Italia dove ci furono spesso pavidi  presidenti del Consiglio e ministri  dell’istruzione che consentirono  un eterno ’68 per decine d’anni.La salma di Malraux non a caso riposa  nel Pantheon di Parigi. Un’altra novità di Macron  è aver chiamato nel suo staff Claudia Ferrazzi che il sindaco di Milano Sala aveva appena voluto al Comune di Milano.  Anche lei  è una figura di spicco,con grandi esperienze nel mondo della cultura. A Torino avevamo una persona ancora migliore,Patrizia Asproni,che aveva allestito grandi mostre,facendo di Torino un’attrazione internazionale. Una grande dame della cultura internazionale,con incarichi importanti. La sindaca Appendino si è rifiutata più volte di riceverla e lei , lo scorso anno, ha lasciato la presidenza della Fondazione Torino Musei,carica che ricopriva a titolo gratuito. Da allora Torino appare morta. Nessuna iniziativa culturale di rilievo per un anno. E neppure una prospettiva per il futuro. L’assessorato alla cultura è stato affidato a un’ottima  funzionaria dell’apparato che finora non ha quasi dato segni di vita.Non interviene neppure alle manifestazioni culturali anche perché la delega alle manifestazioni culturali è nelle mani del Sindaco.Per i 170 del Circolo degli Artisti portò il saluto un’altra assessora che rimase dieci minuti o poco più. Non basta la mostra per l’autoritratto di Leonardo,un anniversario  incredibilmente anticipato di due anni, a mimetizzare la mancanza di eventi.  Non si può certamente continuare a ripetere che Torino è la “piccola Parigi”.Forse è  soltanto piccola.Le idee sul futuro culturale della Città sembrano non esserci e il dibattito stesso langue.Cosa sarà di Torino alla ripresa d’autunno? E’ una domanda che sarebbe doveroso porsi. Giustamente stanno pensando all’incolumità dei torinesi,ma poi bisognerebbe anche pensare a qualche progetto. Finora domina il silenzio.

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Il Barone Fusilli che seppe anche rischiare la vita 
Oggi andrò-interrompendo per un giorno le vacanze  marine – a parlare a Rivoli su invito della benemerita associazione internazionale “Regina Elena”. Sono stato parecchie volte a Rivoli,una volta anche nel Castello salvato dal presidente Viglione,ma usato per un museo dell’arte contemporanea che il pubblico,a torto o a ragione,snobba perché  l’arte “povera “stenta ad  essere apprezzata. Non ho mai potuto ricordare in qualche occasione il barone Guglielmo Fusilli.  Guglielmo,parente stretto e soprattutto amico dei miei,aveva una bella e storica villa in viale Alpignano a Rivoli,anche se amava le vacanze nel magico Grand Hotel di Alassio che negli anni ’50 riecheggiava  ancora l’eco della belle Epoque.Visconti avrebbe potuto girarvi un suo film per l’atmosfera decadente che vi si respirava. Oggi è un hotel ristrutturato in molto moderno, frequentato da ricchi russi e persino da principesse arabe con un seguito di 50 servitori. L’atmosfera del Grand Hotel, amato da aristocratici russi e inglese nel secolo scorso, è totalmente scomparsa.E’ stato chiuso per circa quarant’anni e solo la tenacia del sindaco di Alassio Melgrati l’ha salvato dal degrado. Ad Alassio Fusilli andava con una giovane amica e quando mi invitava bambino a colazione  al Grand Hotel mi presentava questa avvenente signorina, spesso in bikini mozzafiato già alla fine degli anni Cinquanta,come la sua segretaria, aggiungendo :”Sai, ,lo zio è obbligato a lavorare anche in vacanza”. Ebbi allora un’idea orribile di Alassio ,una città in cui si  doveva lavorare anche in vacanza. Crescendo, capii che la realtà era molto diversa perché ci si poteva divertire con la scusa di dover lavorare… Da quel  momento ho sempre amato molto la cittadina del Ponente ligure e vi torno sempre volentieri. Ma quell’avvocato  Fusilli non era stato solo con Gianni Agnelli un elegante e brillante ufficiale del “Nizza Cavalleria”,aveva combattuto in Grecia durante la II Guerra mondiale ed ebbe un ruolo di una qualche importanza a fianco di Martini Mauri nella Guerra di Liberazione come ufficiale fedele al giuramento prestato . Venne arrestato nel 1944 dai fascisti, finì alle “Nuove” di Torino e venne liberato appena in tempo il 25 aprile del 1945. C’era in carcere con lui il futuro magistrato Silvio Pieri con cui divenni amico quando gli ricordai Fusilli. Ad aspettarlo fuori dalle carceri c’era mio padre.  Amava la bella vita,aveva creato nel dopoguerra l’istituto di vigilanza “Argus” che ebbe grande successo(anche se il figlio,morto cinquantenne nel 1981, non seppe essere all’altezza del padre)ma, nel momento difficile dell’oppressione nazifascista, seppe mettere in gioco la sua vita. Forse Rivoli dovrebbe ricordarlo. Non era solo un Dandy con la mantella azzurra del “Nizza” che piaceva alla donne.

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Pinin Pacot e Tavo Burat  
Pinin Pacòt, in italiano Giuseppe Pacotto,è stato uno dei maggiori poeti piemontesi,certamente più significativo del pur importante Nino Costa.  Egli non espresse solo la tradizione,ma anche l’innovazione.Soldati lo definì “poeta di forza profonda che niente ha da spartire i belletti di un provincialismo minore”. Non si poteva considerare un intellettuale e in effetti non lo fu. Questo non essere intellettuale va quasi a suo merito.La sua opera merita di essere riletta e solo in parte si rivela caduca. Ci sono stati altri scrittori e poeti in dialetto (io non considero il piemontese una lingua e questo è stato oggetto in passato di polemiche). Ho conosciuto Censin Pich,Vincenzo Pich, che da un certo momento in poi si è dedicato ,mente e corpo, alla tradizione piemontese ed è divenuto scrittore. Prima  lo  avevo conosciuto come brillante pubblicista e saggista. Il poeta è ricordato in modo molto modesto in un prato dei Giardini Cavour dove svetta il monumento a di Robilant.  Un altro che ho conosciuto è Tavo Burat, Gustavo Buratti Zanchi, imprenditore biellese che, dopo la chiusura dell’azienda,si dedicò all’insegnamento. Burat ha lasciato un’opera di qualche importanza anche se la sua pur forte personalità si è rivelata dispersiva. I troppi interessi gli hanno impedito gli approfondimenti necessari.Si infiammava per qualsiasi causa gli sembrasse giusta. Fu ardente monarchico e per parecchi anni fu consigliere comunale di Biella del PNM. Poi divenne socialista e infine verde  ambientalista. Fu strenuo difensore delle minoranze linguistiche. Era innamorato della storia di Fra Dolcino l’eretico condannato dall’Inquisizione e arso vivo nel 1307. E in effetti fu anche lui un po’ un Fra Dolcino moderno dedito a nobili cause. In una  sua biografia pubblicata su Internet appare aver iniziato la sua carriera politica nel PSI,cosa che non corrisponde affatto con la verità. Ricordo che una volta a me diciottenne parlò delle sue “maturazioni gobettiane  intimamente sofferte”,dicendomi che Gobetti ci induceva alla serietà fin dall’adolescenza.un programma di vita difficile e poco seducente.  Una volta Alessandro Passerin d’Entrèves adattò su di me quell’espressione gobettiana e ne fui molto lusingato.C’è stato chi ,più banalmente,mi ha detto che non sono mai stato giovane.Una critica o un complimento ? Buratti sicuramente fu un vero intellettuale carico di inquietudine. Ma il poeta vero fu solo il non intellettuale  Pacòt.

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Un ricordo di 50 anni fa a Roma 
La fiaschetteria Beltramme ,da Cesaretto,è uno storico locale romano in via della Croce,punto di riferimento per la cucina romana come “Da Armando al Pantheon” e pochi altri locali.
Dagli anni ’60 incominciò ad essere frequentata da De Chirico,Guttuso,Burri, Moravia,Maccari,Pasolini,Soldati,Fellini.Flaiano e Moravia idearono in quello stanzone
la sceneggiatura de “La dolce vita” di “8 e mezzo”. Era luogo abituale di incontro di Pannunzio e di molti redattori del “Mondo”. Pannunzio non andava solo in via Veneto,ma in tanti locali  vicini a piazza di Spagna,quasi ogni sera ,quando usciva dal giornale.Flaiano era stato redattore capo e Mino Maccari ,insieme a Bartoli,il vignettista del settimanale. Nel 1980 il Ministero dei Beni Culturali decretò che fosse da considerare di rilevante valore e così Cesaretto venne salvato dallo sfratto.

 

Fu decisivo un elzeviro  sul “Corriere della sera” a firma di Mario Soldati del maggio dello stesso anno.Cinquant’anni fa in una sera afosissima del luglio 1967 Arrigo Olivetti mi fece incontrare Pannunzio da “Cesaretto”:fu per me una grande emozione. Fu l’unica volta che lo vidi.Non ebbi il coraggio di parlare con lui.Stetti ad ascoltarlo. Parlava della sua solidarietà ad Israele per la guerra arabo-israeliana dei Sei giorni. Mi chiese di Torino,mi parlò di Cavour che lui teneva dietro la sua scrivania quand’era direttore. Era un uomo profondamente sfiduciato,nel marzo dell’anno precedente aveva chiuso il giornale. Ricordo che fumava continuamente.Da quell’incontro si creò, in nuce, il futuro centro Pannunzio.Peccato che i selfie allora non ci fossero. Ma ho un ricordo indiretto: Maccari che cenava a poca distanza ,mi regalò una sua caricatura che aveva appena fatto su un tovagliolo che raffigurava Pannunzio,Olivetti e me di cui ovviamente non sapeva nulla.Solo anni dopo ci incontrammo e diventammo anche amici. Disegnò il logo,si direbbe oggi, del Premio “Pannunzio” che venne assegnato il primo anno Spadolini. Venticinque anni dopo ad una cena di amici sulla collina torinese il pittore Enrico Paulucci mi schizzò un piccolo ritratto, raffigurandomi con la barba e mi disse che la barba mi avrebbe donato.  Il giorno dopo provai a farla crescere e da allora non l’ho più tagliata.

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Mario Gliozzi storico della scienza e docente fuori ordinanza

Nel luglio 1977 morì il professor Mario Gliozzi ,”terribile” docente di Matematica al Liceo classico “Cavour” di Torino,anche se poi l’incarico di componente del Consiglio Superiore della Pubblica istruzione lo allontanò dall’insegnamento. Ho conosciuto ex allievi che ancora ricordano la severità di quell’ometto piccolo e magro che all’apparenza sembrava mite e inoffensivo. Era un uomo austero e severo innanzi tutto con sè stesso che rifiutava ogni forma di retorica. I suoi funerali civili furono privi di qualsiasi discorso commemorativo. dall’Ospedale Molinette la salma venne portata nello squallido Cimitero Sud e subito inumata,malgrado fossero presenti amici come Bobbio che avrebbero potuto dir qualcosa di lui.Una scelta per uscire di scena in punta di piedi. Era stato un insigne  storico della scienza con pubblicazioni importanti che gli valsero anche l’incarico universitario. Era presidente della FNISM,la gloriosa federazione dei docenti italiani fondata nel 1901 da Salvemini e Kirner,che si poteva considerare l’aristocrazia della scuola italiana. C’era al suo fianco latinisti come Luciano Perelli ,italianisti come il preside del “Cavour” Luigi  Vigliani che per il suo coraggio nell’opporsi alla contestazione venne considerato un fascista, e persino il preside di Magistero Guido Quazza che , nato socialdemocratico di Saragat,divenne il sostenitore più caparbio della contestazione come continuazione della “Resistenza tradita”:un abbaglio non di poco conto per uno storico.C’era il mazziniano Giuseppe Tramarollo noto per il suo motto “Nè messe nè masse”che ebbe funzioni importanti nel Movimento Europeo. Oggi sopravvive stancamente una Federazione che vorrebbe ereditare quel passato,ma il suo sbilanciamento a sinistra l’ha resa una sorta di piccola succursale della CGIL. Gliozzi ,morendo,non poteva pensare la triste fine politica di un’associazione con cui si era identificato per tanti anni.

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Lettere scrivere a quaglieni@gmail.com

 

Un parroco eretico a Perignano 

Caro Quaglieni,

sono in vacanza sul litorale pisano e ho letto che sulla chiesa di Perignano hanno affisso uno striscione dedicato al parroco con su scritto “Eretico”.Il parroco è noto fin dal G8 di Genova per il suo estremismo politico. Cosa ne pensa?

                                                                                                                                                      Filippo Fogli 

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Ho letto di quella vicenda locale e le dico che chi ha posto quello striscione non coglie che Stato e Chiesa dovrebbero essere realtà diverse e  che definire, da parte di una forza politica, “eretico” un sacerdote è concettualmente sbagliato perché è un’invasione di campo.Gli eretici li decide la Chiesa,non altri. Una delle tante anomalie italiane,forse tipiche di contesti provinciali che ricordano Peppone e don Camillo in  versione moderna in cui le idee di Peppone diventano quelle di don Camillo.Di qui la confusione che si è generata.

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La fionda di Albenga 
 
Egregio Professore,

Dopo un anno,  in vacanza ad Albenga, ho visto sulla strada che conduce alla cittadina ligure un’immensa fionda illuminata anche di notte.  L’anno scorso non c’era. Ho chiesto ai bagni e mi hanno spiegato che è un elemento storico dell’Albenga medievale riscoperto di recente da un’associazione molto attiva in quella città. Sembra che sia opera di un notissimo artista,ma io che mi occupo di arte da trent’anni ,non l’ho mai sentito nominare.  L’idea della fionda di per sè mi fa inorridire perché mi evoca l’idea della  violenza,come scriveva Quasimodo:”sei ancora quello della pietra e della fionda “. Si riferiva all’uomo primitivo che si serviva di esse per uccidere.

Lei che è uno storico, cosa ne pensa?

                                                                                                                                                  Ennia Pautasso

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Anch’io dell’artista non so nulla,ma non mi occupo d’arte. Escluderei,anche in base alla storia recente di Albenga scritta da uno scrupoloso erudito locale,il prof. Mario Moscardini, che la fionda abbia un riferimento specifico nella storia di Albenga.Lei si goda il bellissimo centro storico di Albenga , le specialità gastronomiche della terra ingauna  e beva il suo ottimo Pigato; vada  anche a visitare l’Istituto internazionale di studi liguri.Se riesce, parli con la prof. Costa che conosce come nessun altro la storia  e l’ arte della città romana e medievale e legga la straordinaria  guida  di Nino Lamboglia, un grande studioso che ha reso nota nel mondo la città delle torri,come la definì il giornalista Romano Strizioli che amava profondamente la sua città. Non a caso, sull’autostrada, c’è un cartellone ufficiale che dà il benvenuto ad Albenga definita  città romana e medievale.

                                                                                                  PFQ

Dagli studenti del Poli oggetti per bambini con disabilità

Per il secondo anno alcuni studenti del Politecnico di Torino iscritti al corso di “Tecnologie per la Disabilità”, partecipando ad Hackability@TecDi al posto del tradizionale esame, hanno lavorato insieme a maker, designer e famiglie seguite dalla Fondazione Paideia per provare a rispondere alla richiesta di presidi e oggetti progettati o adattati in base alle esigenze delle persone con disabilità.


Hackability è un format nato a Torino nel 2015 e adottato dal corso di “Tecnologie per la Disabilità” nel 2016, con l’obiettivo di usare la co-progettazione come occasione di empowerment e inclusione e costruire un ambiente dove maker, designer e persone con disabilità possano arrivare alla prototipazione e alla realizzazione personalizzata e in piccoli numeri di presidi e oggetti a basso costo in grado di supportare le persone con disabilità nella vita quotidiana.

Hackability@TecDi è stato realizzato dal Team Studentesco Hackability@Polito, nato dagli studenti che l’anno scorso hanno partecipato all’iniziativa, grazie al supporto del Politecnico di Torino, di Hackability, del Laboratorio Nazionale AsTech del Consorzio CINI e di Fondazione Paideia.

Lorenzo, uno dei genitori che ha partecipato al progetto, ha raccontato così la sua esperienza: “Per progettare un triciclo in grado di garantire più sicurezza e stabilità rispetto alle normali biciclette con le rotelle per mio figlio Simone abbiamo pensato insieme agli studenti a un sistema simile a quello degli scooter a tre ruote, con il corpo pedali con catena rimovibile che diventa un triciclo a spinta e a sua volta si trasforma praticamente in un passeggino e grazie al supporto per iPad gli permette di stare comodamente seduto a guardare i cartoni animati”.

Giuseppe Airò, che per conto di Hackability ha seguito il progetto, ha aggiunto: “Per il secondo anno, grazie a Fondazione Paideia e al lavoro del Team Studentesco riusciamo a calare gli studenti in un’esperienza che permetta loro di co-progettare, lavorare in team, sviluppare competenze trasversali partendo da bisogni concreti, un’esperienza non solo di studio e di lavoro, ma anche umana”.

Record italiano: Torino sarà tele – riscaldata all’80 per cento

Sotto la Mole vantiamo già il primato di città più teleriscaldata d’Italia, ma Torino raggiungerà l’80% di popolazione teleriscaldata, con l’ampliamento alla zona nord della città. Ne ha parlato a margine del convegno sulle utility promosso da Confservizi, l’ad di Iren Energia Giuseppe Bergesio che annuncia all’agenzia Ansa uno “sviluppo ulteriore del 20% del teleriscaldamento. Da qui al 2021 toccheremo a gli 80 milioni di metri cubi che corrispondono a circa l’80% della volumetria riscaldabile. Il che significa una ulteriore decarbonizzazione con vantaggi evidenti per l’inquinamento. E dopo Nichelino e Moncalieri teleriscalderemo anche Beinasco e Borgaretto che saranno così interconnesse al sistema di teleriscaldamento torinese”. 

Colonscopia Virtuale, primo Centro Diagnostico in Italia

Per la diagnosi precoce dei tumori del colon-retto

E’ stato inaugurato il primo Centro Diagnostico in Italia esclusivamente dedicato alla Colonscopia Virtuale CAD per la diagnosi dei tumori del colon-retto, anche con l’ausilio di un sofisticato CAD (Computer Aided Detection).

 

Il Centro diagnostico, situato presso gli ambulatori dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, nel Presidio San Lazzaro di via Cherasco 23, è frutto di una Convenzione stipulata tra la Città della Salute e della Scienza di Torino e Im3D, una startup fondata da Davide Dettori e sviluppatasi in Piemonte, con competenze e tecnologie specifiche sia nell’ambito dei servizi di screening sia nel campo dell’intelligenza artificiale applicata alla diagnosi oncologica (CAD). Molinette ha messo a disposizione quasi 500 mq di ambulatori presso l’ospedale Dermatologico, Siemens Healthineers, quale partner del progetto, ha contribuito installando tecnologie all’avanguardia, mentre Im3D ha fornito le competenze operative per progettare e gestire una struttura diagnostica caratterizzata da eccellenza ed efficienza, anche grazie all’impiego di una tecnologia innovativa, frutto di una lunga validazione clinica, denominata CAD COLON.

 

Le caratteristiche innovative del progetto sono rappresentate dalla partnership pubblico / privata, ma anche da un felice incontro tra una multinazionale ed una start-up: Siemens Healthineers e Im3D.

 

Al taglio del nastro erano presenti il Presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino e l’Assessore Regionale alle Attività Produttive Giuseppina De Santis.

Il progetto è stato presentato da Gian Paolo Zanetta, Commissario della Città della Salute e della Scienza di Torino, dal professor Ezio Ghigo, Direttore della Scuola di Medicina dell’Università degli Studi di Torino, e dal professor Giovanni Gandini, Direttore del Dipartimento Diagnostica per Immagini e Radioterapia della Città della Salute e della Scienza di Torino, che ha illustrato la tecnica e le indicazioni della colonscopia virtuale e del CAD ed i vantaggi nei confronti della colonscopia tradizionale.

 

Marco Fumagalli, Amministratore Delegato di Im3D, ha evidenziato come la colonscopia virtuale supportata dal CAD, grazie alla sua natura digitale, sia una metodica in continua evoluzione, cosicché potrebbero in un prossimo futuro ampliarsi le indicazioni e migliorare ulteriormente le performance.

 

Carlo Sacchi, di Siemens Healthineers, ha concluso: “Il mondo della sanità sta vivendo un momento di profondo e radicale mutamento e Siemens è parte attiva di questo cambiamento, non solo mettendo a disposizione tecnologie all’avanguardia, che contribuiscono a migliorare l’efficienza operativa della sanità, ma partecipando al rischio d’impresa”.

 

La struttura è aperta tutti i giorni. Per informazioni o prenotazioni è possibile chiamare il numero verde apposito, tel 800-911763, oppure il Sovracup regionale come per tutti gli esami medici.

 

 

Nuove telecamere per controllare gli ingressi alla Ztl

Presto  nuovi ‘occhi’ elettronici controlleranno gli accessi in Ztl. La giunta municipale ha dato il via libera all’attivazione di 6 nuove porte elettroniche: 4 nell’attuale perimetro della Ztl Centrale e 2 all’esterno sulle corsie riservate di piazza Statuto e via Valperga Caluso.  L’intervento costerà  560 mila euro e  sarà finanziato dal ministero dell’Ambiente. L’assessora alla Viabilità e ai Trasporti, Maria Lapietra, spiega all’Ansa che la decisione è stata presa “dopo aver riscontrato un significativo numero di accessi non autorizzati in alcune aree di Ztl riservate al transito dei mezzi pubblici di trasporto. Per ragioni di pubblico interesse -e per agevolare il trasporto collettivo abbiamo deciso di rafforzare l’attuale sistema di controllo sulle corsie riservate a tram, bus e taxi”.

 

(foto: il Torinese)

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

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Cossiga il presidente picconatore, ma non solo – Onorò l’Italia in pace e in guerra – Salgàri  riscoperto  a Milano  Un grill sull’autostrada Savona -Torino Pirandello 150 anni

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Cossiga il presidente picconatore, ma non solo
Sono stato in rapporti di amicizia con il presidente Francesco Cossiga, un uomo fuori ordinanza e un presidente su cui ancora oggi è impossibile dare un giudizio storico. Le sue “picconate” e le sue “esternazioni” insieme alle assurde richieste di Occhetto di metterlo sotto impeachment , guastarono un settennato non privo di dignità. Era un sardo con un carattere caparbio e un coraggio capace di fronteggiare tutte le situazioni. Intuì le degenerazioni del CSM che affrontò secondo modalità non proprio ortodosse,pur di denunciare le cose che incominciavano a delinearsi.   Capì che la I Repubblica stava morendo e lui stesso finì di dargli il colpo di grazia. Lasciò il Quirinale, lui di profondi sentimenti repubblicani,al suono dell’Inno Sardo. Venne una volta a visitare una mostra da me organizzata alla Biblioteca Nazionale Universitaria su “Cavour nella caricatura”che gli piacque e di cui volle ricevere al Quirinale qualche vignetta. Assediato dai giornalisti,si lasciò trascinare nelle solite “esternazioni” che ridussero i servizi televisivi della visita a poche immagini.Ci rimasi male,Mario Soldati,intuendo la cosa andò a cena con il Presidente la sera precedente ,ma preferì non trovarsi all’appuntamento. Fui costretto a riceverlo io,aiutato all’ultima ora  dal capo del cerimoniale del Quirinale.Mi scrisse lettere e messaggi bellissimi che ,a volte, rileggo.Solo Ciampi fu più benevolo ed amico di lui. Una volta mi invitò a cena alla prefettura di Torino insieme a Bobbio ,Galante Garrone e pochi altri. “Repubblica” intitolò l’articolo “Una cena  tra amici”. Si parlò di tutto e di tutti,senza seguire cerimoniali. Bobbio

(AP Photo/Luca Bruno/Files)

disse che Miglio,il futuro ideologo  della Lega,era uno studioso di rango,il presidente parlò di un maestro del diritto come Arturo Carlo Jemolo ed ebbe un giudizio non entusiasmante su Calamandrei. Bobbio e Galante Garrone amici di Calamandrei, non proferirono parola.
Era il 1989,era caduto il Muro di Berlino e si poteva parlare liberamente senza giungere alle fratture irrimediabili che purtroppo caratterizzeranno gli anni successivi. Claudio Gargioli, il grande chef del ristorante “Armando al Pantheon” di Roma racconta in un suo recentissimo libro di cui scriverò in altra occasione,di un incontro fortuito in una chiesa della Capitale con il presidente che dimostrò, anche in quell’occasione, il suo spirito libero che sapeva sorprendere gli interlocutori. A Torino in un suo discorso nell’Aula del Consiglio comunale aveva invece messo in difficoltà il sindaco liberale Zanone,salutando pubblicamente e con molti elogi l’ex Rettore Giorgio Cavallo e la M.O. Sogno,due liberali che Valerio non amava.

 

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Onorò l’Italia in pace e in guerra
Vent’anni fa moriva mio padre.Nel necrologio apparivano le parole :”Servì con dignità e onore l’Italia in pace in guerra”. C’erano tante autorità ed amici nella chiesa dove vennero celebrati i suoi funerali. Dissi qualche parola in suo ricordo con parole spezzate dall’emozione. Pur gravemente malato dal 1992,piansi quando mi telefonarono, mentre facevo lezione,per dirmi che stava morendo.Non arrivai in tempo,in effetti era già mancato prima della telefonata. Il prof. Luigi Resegotti scrisse anni dopo in un suo libro:”Quando dirigevo la Divisione Ospedaliera di Ematologia delle Mollinette avevo occasione di seguire una persona di grande rilievo,di cui non dimenticherò mai la squisita signorilità e il coraggio con cui affrontava la malattia e la sofferenza(…).” Rinunciò di fatto alle vacanze in luglio ed agosto per stargli vicino e curarlo.Spesso parlava con lui,cercando di rincuorarlo. Mio Padre, severissimo sulle piccole cose (guai se tardavo nel rientrare a casa e guai se non mettevo, almeno in città, sempre la giacca e la cravatta:potei disporre,di fatto,delle chiavi di casa solo quando venni eletto consigliere comunale) era un vero liberale nelle scelte importanti.

Mi consentì sempre di pensarla come volevo e non mi evitò errori che il suo intervento avrebbe potuto impedirmi. Ricevette molte onorificenze importanti,ma non amava esibirle,anzi non le considerava importanti. L’ho conosciuto, di fatto, profondamente solo nei lunghi colloqui durante la sua degenza nel reparto pensionanti delle Molinette nell’afosa estate del 1992. C’erano nelle stanze accanto il prof. Wick,grande scienziato allievo di Fermi e il prefetto di Torino Lessona con i quali scambiava qualche parola. Amava profondamente il lavoro;pur febbricitante,si alzava dal letto per finire un lavoro incominciato che voleva assolutamente finire. Una grande lezione data coll’esempio. Aveva vissuto gli anni durissimi della guerra,aveva subìto ,a causa di un  devastante bombardamento la perdita della casa e durante gli anni dal ’43 al ’45 si era dovuto adattare a  percorrere lunghi chilometri in bicicletta, d’estate e d’inverno. Visse pochi periodi davvero sereni,ricambiato dall’amore incondizionato di mia madre.Forse solo nella casa di Bordighera ( che amava ,vedendola trasfigurata nella celebre opera di Monet )e nella casa di campagna di Almese,in mezzo alle sue  piante e ai suoi  fiori ,fu felice.Io non so assecondai nel suo lavoro di giardiniere appassionato,ma poi col tempo io stessi divenni giardiniere.Ambedue capimmo che era ora di “coltivare il nostro giardino” come il Candide di Voltaire.  Riposa a Torino in una tomba per la quale Luigi Spazzapan creò una sua scultura che  per la sua bellezza finì parecchie volte sui giornali. Io detestavo frequentare i cimiteri,ma, quando lui morì,sentii per lunghi periodi la necessità  di andare settimanalmente a dialogare  silenziosamente con lui,riprendendomi i lunghi periodi in cui ci parlavamo poco, un po’ per i suoi impegni,un po’ per il mio carattere “poco affettuoso”,come a volte mi disse.Dialogare con il suo“cenere muto” come scriveva Foscolo. Ancora oggi penso che la mia vita sarebbe stata migliore e, soprattutto, non avrei commesso alcuni errori,se avessi avuto l’umiltà di attingere alla sua esperienza.Non lo feci e sbagliai.

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Salgàri  riscoperto  a Milano

Il “Corriere della Sera”ha iniziato a ripubblicare le opere di Emilio Salgàri e non Salgari come molti dicono a Torino.Salgàri come Bengàsi e non Bengasi. Lo scrittore si suicidò nella nostra città un po’ per le gravi condizioni della moglie,per il suo stato di indigenza,per l’avidità degli editori strozzini e per lo scarsissimo interesse suscitato dai suoi libri nella critica che lo relegò nel lazzaretto degli scrittori per ragazzi.Solo la regina Margherita si era accorta di lui ,conferendogli il cavalierato della Corona d’Italia:troppo poco per vivere in una Torino provinciale e chiusa che non era in grado di capire lo scrittore. In verità, Torino fu avarissima anche verso tanti altri intellettuali costretti ad emigrare per veder riconosciuto il loro talento.Salgari commise l’errore inverso ,cioè quello di trasferirsi a Torino:un errore irrimediabile. A rivalutarne l’opera ci pensò Andrea Viglongo che pubblicò per anni Salgàri. Forse senza Viglongo, non sarebbe stata pensabile neppure l’iniziativa editoriale del “Corriere”. Mi ha addolorato non leggere il suo nome nelle due pagine del “Corriere” dedicate al lancio promozionale della vendita .Anche la televisione con le puntate dedicate a “Sandokan” ha contribuito a farlo conoscere,sia pure in modo parziale. Aveva anche scritto il romanzo storico “Cartagine in fiamme” e “Le meraviglie del Duemila “,un romanzo quasi fantascientifico che andrebbe riletto oggi che nel Duemila siano entrati da 17 anni. Fa piacere che il maggior quotidiano italiano lo riscopra,riavvicinandolo al grande pubblico.Il primo volume  è dedicato ad un aristocratico piemontese, il conte Emilio di Roccabruna,Signore di Ventimiglia,il Corsaro Nero.

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Un grill sull’autostrada Savona – Torino
Gran parte dei torinesi conoscono e continuano ad apprezzare da tempo il grill di Vispa,frazione di Carcare. Scriveva nel 1994 Stefano Pezzini che, dopo tanti anni come giornalista di rango  nella gloriosa redazione de “La Stampa” di Savona capitanata da Sandro Chiaramonti, dirige il blog “Liguria e dintorni” ,una guida alle meraviglie liguri ,con un occhio attento anche alla gastronomia:” “Protagonista dell’abbinamento  viaggio-promozione-turismo è Diego gestore di una delle più caratteristiche aree di servizio autostradali”. Io non amo particolarmente i panini,ma in quel posto essi sono buoni,freschi ,originali: frittata appena fatta, uova al tegamino con tartufo, parmigiana alle melanzane e tanto altro. E si è sempre trattati con molta cortesia,anche se Diego io non l’ho mai visto. Unica  piccola pecca è che il distributore attiguo della Tamoil non abbia il GPL,una carenza in un lungo pezzo di autostrada che consente prezzi esosi ai gestori successivi,in particolare a quello dove c’è anche una specie di ristorante self-service che fa desiderare avidamente i panini di Diego. A Vispa c’è davvero un’oasi piacevole in cui il consumismo e la globalizzazione che distruggono i sapori,  non sono ancora arrivati.

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Pirandello 150 anni
Luigi Pirandello nacque  a Girgenti,l’attuale Agrigento, il 28 giugno 1867.Sicuramente è stato il più grande drammaturgo italiano. Di livello davvero internazionale,oltrepassando ,come nessuno scrittore siciliano riuscì a fare,l’originario “provincialismo” di origine verista .  Il riconoscimento del Premio Nobel conta poco perché tanti premiati non ebbero la statura di grandi scrittori,anche a prescindere dal Nobel più immeritato,quello conferito a  Dario Fo. Il riconoscimento vero lo ebbe e continua ad averlo dal pubblico che lo apprezza e lo ama.In qualche modo Pirandello,come Montale nella poesia, ha incarnato il dramma esistenziale dell’uomo moderno e anche in un periodo post -moderno la sua opera continua ad interessare. Fu acuto indagatore della crisi post -risorgimentale,così come ebbe una caduta che spesso viene sottaciuta: nel 1924 ,all’indomani del delitto Matteotti chiese a Mussolini “l’onore” di entrare nel partito fascista. In effetti fu un fascista molto atipico che omaggiò il regime molto meno di tanti altri che poi si rifecero una sorta di verginità antifascista,se non addirittura resistenziale. Spiace ricordarlo, Ungaretti,sommo poeta,su fascistissimo. Per i 150  anni anche in Piemonte si sono svolte e si svolgeranno molte manifestazioni che meriterebbero di essere citate.“Il Torinese” ne ha già scritto e ne scriverà. Nel 1901 Pirandello trascorse un periodo di vacanza a Coazze ospite della sorella e rimase entusiasta di quei luoghi.Ne scrisse in un quadernetto  dedicato a Coazze che nel 2001 ha dedicato sontuosi festeggiamenti al centenario della vacanza di Pirandello il quale  rimase colpito da una scritta a caratteri cubitali sul campanile della chiesa : “Ciascuno a suo modo”. Un’orribile scritta di fine ‘800 che però trasmette un messaggio rispettoso di tutti,direi quasi un messaggio laico-liberale. Quasi un ossimoro, se pensiamo il luogo dove venne scritto.Ma quella scritta sottintende anche una sorta relativismo ante litteram  insito nello stesso Pirandello che riteneva la verità impossibile da trovare:Uno,nessuno centomila,per dirla con un suo titolo di successo.Lo stesso drammaturgo parlerà di “tante maschere e pochi volti”.Sta di fatto che quella frase sul campanile di Coazze divenne a sua volta  il titolo di un suo dramma.Un vecchio giavenese  mi raccontava che era stato il parroco a far scrivere sul campanile il titolo del dramma pirandelliano come omaggio all’illustre ospite,ma non era la verità,anzi la sovvertiva. Il racconto spiega però il culto che  Pirandello continua ad avere in tutta la Val Sangone per appena due mesi di vacanza nel 1901.

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LETTERE  scrivere a quaglieni@gmail.com

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Gentile Professore,

ho letto “Quando la borghesia non c’è più” e vi ho trovato espresse molte riflessioni che faccio da tempo. L’osservazione sulla cose “che possono capitare solo in Piemonte a dei dilettanti improvvisati” rispecchia l’impressione che ho da 10 anni, da quando vi abito arrivando da Milano, dove sono nata, cresciuta e vissuta. Negli anni “di piombo” e di “mani pulite” per me il Piemonte rappresentava un luogo di riferimento, un orizzonte a cui guardare, perché a Torino e nella regione vedevo svilupparsi progetti che “facevano scuola” di innovazione sociale. In particolare, alcune esperienze in cui si sviluppavano insieme un confronto aperto tra classi operaie, borghesia e “aristocrazia” imprenditoriale e un dialogo inter-religioso che coinvolgeva i sacerdoti insieme a laici, agnostici e spiriti di ogni credenza e convinzione con la stessa sensibilità – un “senso della dignità” che oggi sembra svanito, evaporato e disperso, come “andato in fumo” perché, appunto, bruciato insieme a una pioggia torrenziale di soldi spesi in grandi, colossali opere e “macchine” culturali… Eppure, come nella “Milano da bere” degli anni ’90, quando invece che frequentare i circoli intellettuali del centro-città stavo in periferia e mi davo da fare con chi non si preoccupava degli affari di “mani pulite” perché soldi da “maneggiare” non ne aveva, non li aveva mai avuti e non li avrebbe mai ricevuti, anche in questi anni a Torino e in Piemonte ho incontrato persone che agiscono con competenza, che hanno fatto esperienze edificanti in una gavetta di cui i giornalisti parlano poco perché una sostanza che non fa clamore e “cassetta”! Sotto le ceneri dei trionfanti fuochi artificiali esplosi con dispendio di soldi “bruciati” dagli ingordi covano le scintille – sempre accese! – di chi ha fame perché non mangia e sa bene che con il fumo degli arrosti altrui non ci si riempie la pancia… Non disperi e continui, per favore, a dire la verità sui “re nudi” e le loro “corti dei miracoli”.

Maddalena B.

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La ringrazio per l’attenzione, la Sua lettera merita ampio spazio per cui la mia risposta sarà breve. In larga parte concordo con Lei,anche se il mondo a cui Lei forse  fa implicito riferimento ,lo sento estraneo o addirittura negativo: il Cardinale Pellegrino,anzi padre Pellegrino, umanamente e religiosamente algido,non mi ha mai entusiasmato e meno che mai il giornalista  che con lui iniziò un dialogo destinato  a spianargli l’elezione a sindaco.A me piaceva il vecchio Cardinal Fossati che per Torino fece moltissimo anche durante la guerra e che nessuno ricorda. Io rimpiango la Torino liberale ,pur con i suoi limiti,di Badini Confalonieri ,Jona, Zanone. Se posso dirlo, amo anche la Torino civile raccolta nei decenni attorno al Centro “Pannunzio”. Ma le Sue osservazioni sono giuste e  io mi impegno a continuare ad esprimere delle opinioni libere .La verità è un’altra cosa perché la verità è  per me crocianamente  un continuo divenire,un continuo farsi e quindi comprende anche l’errore. I punti di arrivo sono sempre nuovi punti di partenza. Così mi insegnavano i miei maestri all’Università ,altri fondamentali punti di riferimento di una Torino che non c’è più. Al massimo, quelli della mia generazione sono diventati professori senza mai riuscire a diventare maestri.          

   PFQ

Torino pulita, ecco la campagna rivolta ai padroni dei cani

“Raccoglierla non sarà un piacere, ma pestarla è molto peggio!”. Con questo slogan Amiat – Gruppo Iren, in collaborazione con la Città di Torino, ha scelto di riportare l’attenzione sul problema dell’abbandono delle deiezioni canine

 

Parte in questi giorni la campagna di comunicazione che la società ha promosso per richiamare i padroni degli animali a quattro zampe ad un comportamento semplice quanto fondamentale per permettere a tutta la comunità di vivere in una città pulita: raccogliere le deiezioni del proprio cane. Il visual scelto è un fumetto spiritoso, con una cane che, lasciato il proprio “ricordino”, viene condotto via dal proprio padrone, proprio ad evidenziare che la negligenza è solo dell’uomo, non di certo dell’incolpevole animale. Il linguaggio è spiritoso e vuole far sorridere, lanciando tuttavia un messaggio serio su un tema molto sentito dalla cittadinanza.   La campagna si articola su diversi media, una diversificazione dettata dalla volontà di raggiungere il target più ampio possibile, cioè tutti i padroni di cani che vivono a Torino: nei primi 20 giorni di luglio, infatti, il messaggio apparirà con spazi dedicati sui principali quotidiani torinesi e nella affissioni interne degli autobus in servizio su 50 linee cittadine. Per coinvolgere specificamente i destinatari primari della campagna, cioè i padroni dei cani, sono state prodotte card e locandine che saranno distribuite gratuitamente in un centinaio di negozi di articoli per animali e nei punti informativi della Città (tra cui Circoscrizioni e biblioteche civiche).

 

“Oltre ai quotidiani compiti di pulizia e raccolta rifiuti – ha detto l’Amministratore Delegato di Amiat Gianluca Riu – la nostra azienda è impegnata in attività di comunicazione e sensibilizzazione rivolte ai cittadini affinché gli stessi contribuiscano, con la propria condotta, a mantenere una città pulita e ordinata a beneficio di tutti. Questa campagna, che abbiamo voluto realizzare in modo divertente e spiritoso, pone l’attenzione su un problema, che soprattutto in estate, genera molto disagio e fastidio”.

 

 

“Gli spazi pubblici sono beni comuni la cui cura è compito di tutti – afferma l’assessore all’Ambiente della Città di Torino, Alberto Unia -. Raccogliere le deiezioni del proprio cane è un atto di rispetto della comunità e di amore verso la città: un semplice gesto che può fare la differenza. Pensare al marciapiede come a un pezzo della propria casa, come a qualcosa di proprio da proteggere e tenere in ordine, è il modo migliore per restituire alla nostra città un’immagine consona alla sua bellezza e al suo fascino, in ogni angolo del suo territorio”.