Cosa succede in città- Pagina 307

La Banda Cavallero, ricordi di una brutta storia in Barriera

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COSA SUCCEDEVA IN CITTÀ

Il 28 settembre del 1967 ci svegliammo  in Barriera di Milano con la consapevolezza che dei mostri abitavano nelle nostre vie

A 10 anni e vedendo il telegiornale conobbi l’esistenza di Pietro Cavallero. Si autodefiniva comunista.
Guardai mio padre che non ebbe dubbi nel rispondermi: un poco di buono,  ed abbiamo fatto bene buttarlo fuori dal Partito. Molto conosciuto in Barriera.  Soprattutto tra piazza Crispi e le case Snia a ridosso della ferrovia. Per tutto corso Vercelli. Via Desana , in particolare. Solo anni dopo ho capito fino in fondo. C’era chi diceva che era solo un semplice iscritto,  chi segretario della sezione 32 o 9,  e chi addirittura funzionario di Partito. Nessuno ne parlava volentieri. Tanta era la vergogna perché qualcuno sapeva o perlomeno sospettava. La banda Cavallero operò per almeno 5 o 6 anni. Romoletto ex partigiano,  tanto fegato e cervello da gallina.
Alla sua prima rapina fu preso il minorenne Lopez. Sante Notarnicola che per tutta la vita cerco’ di darsi un alibi di rivoluzionario. Diventantando in qualche modo un’icona del terrorismo rosso. Dimostrazione che la stupidità umana non ha colore politico. Considerato un povero disgraziato raccontava di quanto rubo’ un camion di scarpe solo sinistre. Un’allegoria per significare la sua nullità. Capo indiscusso Pietro Cavallero. Cinico,  indubbiamente intelligente,  sicuramente un esaltato.
17 rapine con tanti, troppi morti,  sono tante, sono troppe. Cosa faceva la polizia?  Non capiva da dove arrivassero le armi. Già,  proprio cosi , da dove arrivavano le armi per fare le rapine?
Raccontata oggi può sembrare l’uovo di Colombo, ma non lo era 60 anni fa. Pietro Cavallero raccoglieva soldi tra i compagni di Barriera. Compero’ armi per i patrioti algerini contro l’occupazione Francese. Effettivamente consegno’ le armi , tenendosene una minima parte per se’. Dunque? Qualcuno sapeva e tacendo ne è  diventato in qualche modo complice. Sapeva tutto? Forse no, anzi quasi sicuramente no,  ma era ed è altrettanto chiaro che qualcosa non tornava.
Orbene,  non credo di aver letto o sentito tutto ciò che è stato raccontato sulla banda Cavallero. Nessuno,  che io sappia ha raccontato,  ad esempio,  questo episodio sulle armi. Poi nessuno,  sempre che io sappia,  di Barriera,  nato e/o vissuto in Barriera ha scritto della Banda. Niente da dire se non che , si tende a raccontare ciò che è bello. La Storia della Banda Cavallero non ha nulla di bello  e Barriera solo la vergogna di aver dato i natali a queste persone. Ma anche questa è Storia. Ed anche ricordarcelo fa parte delle nostre Vite. Della nostra memoria,  del nostro voler sapere per potere capire fino in fondo. Il più delle volte il male è limitrofo al bene. Saperlo non è cosa da poco per essere,  ancora,  dei genitori,  che hanno ancora qualcosa da raccontare ai propri figli.
Anche le cose brutte,  anche il male,  per poter essere  sempre  dalla parte del giusto.

Patrizio Tosetto 

Pace e conflitti, il duro lavoro della diplomazia. Nostra intervista a Staffan De Mistura

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Conosce bene Torino essendo stato uno dei fondatori della Cittadella delle Nazioni Unite lungo le sponde del grande fiume. Nel 2006 l’ambasciatore Staffan De Mistura divenne direttore dello Staff College del campus dell’Onu, incarico che mantenne per quasi due anni quando dal Palazzo di Vetro di New York lo chiamò il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon e lo nominò suo inviato speciale in Iraq. Nel frattempo il Campus torinese dell’Onu è cresciuto ed è diventato uno dei più importanti centri di formazione per dirigenti delle Nazioni Unite.

Ospite in collegamento on line al Sermig di Torino l’ambasciatore italo-svedese Staffan De Mistura ha risposto alle domande di un gruppo di giovani dell’Arsenale della Pace sul tema della pace e del dialogo tra le nazioni. Diplomatico di lungo corso e mediatore dell’Onu nelle zone più calde e martoriate del pianeta, dall’Iraq all’Afghanistan, dalla Siria al Sudan, la missione della sua vita è stata quella di cercare formule per negoziare ed evitare nuovi conflitti. Si è seduto al tavolo delle trattative con dittatori, miliziani armati fino ai denti, capi tribali, tagliagole e jihadisti estremisti. Ha battuto ripetutamente i pugni sul tavolo del negoziato, finché è riuscito a convincere i belligeranti a sospendere almeno temporaneamente le ostilità e ad aprire quei fondamentali “corridoi” per consentire ai profughi di fuggire prima dell’assalto finale. Nella sua carriera ci sono successi, sconfitte e delusioni.
Ambasciatore De Mistura, lei ha lavorato per decenni per le Nazioni Unite battendosi per imporre la pace nelle zone di guerra ma quale è stato il metodo, il segreto per ricomporre i conflitti?
R C’è una serie molto lunga di tecniche negoziali, una di queste consiste nell’ascoltare bene l’altra parte senza rispondere, senza dare subito la propria opinione, e poi osservare i gesti degli altri, gli sguardi, cercare di capire cosa c’è dietro tutto ciò, quali sono i veri obiettivi dei leader politici, dei capi delle milizie o dei guerriglieri che hai di fronte, che siedono al tavolo negoziale. Cercare di trovare i punti di minimo comune denominatore e poi, vedere se c’è lo spiraglio per una possibile intesa senza toccare subito il nocciolo vero della questione che può essere territoriale, economico o anche solo psicologico.
Con la presenza di tanti attori, locali e internazionali, nel teatro mediorientale il lavoro dei diplomatici è oggi più complesso, a volte quasi impossibile.
R – Sì, proprio così, dopo il crollo del Muro di Berlino e la fine dell’Urss siamo entrati in un sistema multicentrico con tante nazioni che, bene o male, perseguono le proprie agende, non solo Stati Uniti e Russia come accadeva in passato ma anche Cina, India, Iran, Turchia, Arabia Saudita e così via. Tutto ciò ha complicato enormemente anche il nostro lavoro di mediatori internazionali, tanto è vero che oggi in Siria ben undici Paesi sono coinvolti nella guerra e cinque eserciti sostengono i governativi o si battono contro il regime di Bashar al Assad e contro i miliziani jihadisti. Un episodio mi ha colpito molto alcuni anni fa: un gruppo di donne siriane mi ha consegnato due enormi libri neri con i nomi di oltre 300.000 siriani morti durante la guerra. In quel momento ho capito la dimensione della tragedia della Siria con i suoi numeri smisurati.
E allora come si fa a negoziare nelle situazioni più complicate, a trattare con feroci jihadisti o signori della guerra con le mani sporche di sangue? Cosa significa il dialogo per lei?
R – Anche nei momenti più difficili, anche quando il dialogo sembrava impossibile tra le parti il mio obiettivo è sempre stato quello di ridurre la sofferenza dei civili, della popolazione insistendo con fermezza per raggiungere una tregua e aprire “corridoi umanitari”. Questo è stato il mio sforzo che ha prodotto in certi contesti una riduzione della violenza complicando la vita a chi pensava di poter vincere la guerra distruggendo tutto.
La visita in Iraq di Papa Francesco ha avuto un impatto molto profondo nella popolazione, sia cristiana che musulmana.
R – Conosco bene l’Iraq, ci ho vissuto per lavoro prima, durante e dopo Saddam Hussein, e so quanto quel Paese è sempre stato un mosaico di etnie e di civiltà. Il vero problema è quello di trovare un modus vivendi tra le etnie principali, sunniti, sciiti e curdi mentre i cristiani, che rappresentano un’antichissima comunità locale, devono continuare ad essere parte integrante di un Paese in cui hanno sempre vissuto.
Vede segni di speranza in quella regione?
R – Il Medio Oriente sta attraversando un periodo non facile. Secondo me c’è bisogno di una pace di Vestfalia tra sciiti e sunniti, cioè di quel trattato che nel Seicento in Europa mise fine alle lunghe e sanguinose guerre di religione tra cristiani, e, al tempo stesso, considero necessario avviare un dialogo, seppure oggi molto difficile, tra l’Iran e l’Arabia Saudita. So che è un sogno ma cambierebbe molte cose in Medio Oriente.
La corsa al riarmo continua e sembra impossibile arrestarla…
R – Immaginare un mondo senza armi mi sembra molto difficile oggi e non c’è nessuna giustificazione per continuare a produrre armi sempre più micidiali per poi usarle anche contro i civili come è avvenuto in Siria, in Libia e in Yemen. Invece di fabbricare nuove armi sarebbe meglio combattere la povertà e costruire scuole e ospedali. Ricordate le mine? Erano dovunque e ci sono ancora ma la mobilitazione internazionale contro il mercato di questi ordigni ha fatto nascere un grande movimento di protesta che ha messo in serio imbarazzo molti produttori di bombe e mine e questo ci fa ben sperare. Si toglie una mina e nello stesso buco si pianta un albero: questo fu fatto da noi alla frontiera tra il Libano e Israele.
La pandemia, come cambia i rapporti tra gli Stati?
R – Il virus, questo piccolo e crudele nemico, tocca tutti, le nazioni più potenti e quelle più deboli, le economie più forti e quelle più fragili. Questo significa che le grandi sfide dell’umanità non possono essere risolte da una sola nazione, ma è necessario il multilateralismo. Si deve operare insieme per affrontare i grandi temi della povertà, la fame, il clima, le disuguaglianze e la stessa pandemia. Solo lavorando insieme si potranno vincere queste sfide.
Filippo Re

Contro l’usura, dai banchi di scuola: in campo Consiglio regionale e Centro per l’Unesco

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Imparare a trasmettere agli studenti i concetti di base in tema di risparmio e investimento, sul ruolo delle banche, sul costo del prendere a prestito il denaro, contribuendo così a formare cittadini consapevoli e a contrastare l’usura. È questa la finalità principale del corso pilota di formazione “Principi e metodi di un’educazione finanziaria per il XXI secolo: credito o usura?”, organizzato dall’Osservatorio regionale sui fenomeni di usura, estorsione e sovra indebitamento del Consiglio regionale insieme al Centro per l’Unesco di Torino.

Il corso, la cui prima lezione si è svolta oggi in videoconferenza, si rivolge ai docenti degli istituti superiori del Piemonte.  Ad aprire i lavori portando il saluto dell’Assemblea legislativa di Palazzo Lascaris sono stati i componenti dell’Udp, Giorgio Bertola e Gianluca Gavazza.

“Per contrastare fenomeni insidiosi come l’usura e il sovra indebitamento – ha spiegato Bertola – occorre diffondere il più possibile la cultura di un uso responsabile del denaro. Il Consiglio regionale da anni è in prima linea con l’organizzazione di iniziative virtuose a sostegno dei piemontesi, con un’attenzione particolare per i più giovani. Questo corso rivolto agli insegnanti è infatti importante proprio per le ricadute positive che avrà anche nei confronti delle nuove generazioni, per prevenire comportamenti a rischio, fornendo informazioni utili sui temi dell’economia e della finanza”.

“Partecipare alla videoconferenza organizzata dall’Osservatorio, del quale ho l’onore di essere consigliere delegato – ha dichiarato Gavazza -, mi ha dato la possibilità di presenziare all’incontro con docenti di differenti discipline delle scuole secondarie piemontesi. Una lodevole iniziativa che ha lo scopo di sensibilizzare ed educare all’uso del denaro. Un obiettivo che ritengo fondamentale per consentire agli insegnanti di trasferire la necessaria sensibilità ai nostri giovani sull’uso responsabile del denaro. In definitiva, si tratta di fornire ai docenti gli strumenti necessari per costruire un futuro a misura d’uomo contro ogni abuso e sopruso”.

La prima lezione del corso è stata incentrata sul ruolo sociale dell’educazione finanziaria e ha visto l’intervento della professoressa Elsa Fornero, economista dell’Università di Torino e fondatrice del CeRP (Center for research on pensions and welfare policies), che ha sottolineato l’importanza di interventi per l’alfabetizzazione finanziaria, dei ragazzi ma anche degli adulti, come strumenti per contribuire a rendere le persone meno fragili, migliorando non solo la condizione del singolo cittadino ma di tutta la società nel suo complesso.  Sul ruolo sociale dell’educazione finanziaria è poi intervenuto Marco Disarò, ricercatore del CeRP, mentre la professoressa Maria Paola Azzario presidente del Centro per l’Unesco di Torino ha ricordato come questa iniziativa voglia fornire il proprio contributo, approfondendo il tema dell’usura, delle sue cause e dei rischi ad essa connessi, allo scopo di raggiungere alcuni dei principali obiettivi dell’Agenda Onu 2030 e in particolare quello di sconfiggere la povertà.

Il corso di educazione finanziaria per insegnanti  proseguirà  lunedì 12 aprile (dalle ore 15 alle 17) e lunedì 26 aprile (in forma laboratoriale dalle 15 alle 18).

Lilt Torino ha bisogno dei voti online

La LILT Torino partecipa al contest “OurPeople4People 2021” di Reale Mutua Fountation tramite la presentazione del progetto “Volontari per l’Oncologia”.

LILT TORINO HA BISOGNO DEL VOSTRO VOTO!

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO – C’è tempo fino alla fine di marzo per votare il progetto LILT Torino, che potrà essere realizzato solo grazie al maggior numero possibile di preferenze.

Con questo progetto LILT Torino intende integrare tramite il volontariato l’assistenza al malato oncologico. L’Associazione si pone quindi l’obiettivo di evitare quel senso di solitudine che si crea quando non c’è continuità tra ospedale e territorio, e la Persona viene lasciata sola nell’affrontare il percorso clinico, terapeutico e assistenziale.
Chiaramente, tutto questo non può essere svolto senza l’adeguata formazione supervisione dei volontari.
Per questo, votare è molto semplice e ma fondamentale: basta cliccare sul link seguente, scegliere di dare il proprio voto assegnando le stelle (cinque è il numero ideale), inserire quindi nome e mail… Ed è fatta!

Il link è questo:
https://realefoundation.org/it/contest/our-people4people-2021/volontari-per-l39oncologia-765.html

Votate e fate votare questo importante progetto!

AgriFlor, oggi in Piazza Vittorio riparte la Primavera

Domenica 28 marzo, dalle 9 alle 18 in Piazza Vittorio Veneto a Torino, torna l’appuntamento mensile con il mercatino di Agriflor, con florovivaisti e produttori agroalimentari del Piemonte

L’appuntamento di Agriflor marzo è in programma domenica 28 marzo in Piazza Vittorio Veneto a Torino dalle 9 alle 18. Sarà organizzato in totale sicurezza e incentrato sui prodotti agricoli e su piante e fiori che in questa Primavera stanno esplodendo in mille colori e profumi.

Un’occasione molto importante per i florovivaisti e i piccoli produttori di mettere in mostra le proprie varietà ed eccellenze, in una situazione estremamente complessa per le loro attività, sempre più in crisi in questo periodo.

Saranno tante le novità “floreali”, provenienti esclusivamente dal Piemonte che si potranno scoprire girando per i banchi di Agriflor: dalle rose, alle ortensie, dalle azalee alle camelie, dagli arbusti alle orchidee, passando per aceri e cactacee. Non mancheranno piante ornamentali ed erbacee perenni, bonsai e piccoli frutti, piante aromatiche e piante annuali.

Un vero e proprio tripudio di colori per allietare il pubblico amante della natura e delle piante. Insieme alla proposta florovivaistica, Agriflor ospiterà anche alcune eccellenze agroalimentari piemontesi con i prodotti tipici del nostro territorio, come i formaggi, verdure essiccate, il miele, i liquori e il genepy ma anche le farine e i biscotti.

Come sempre, sarà un’edizione organizzata in totale sicurezza, con il controllo delle temperature, ingressi scaglionati e contingentati e con la garanzia e il controllo del giusto distanziamento tra i banchi e tra le persone per evitare assembramenti anche minimi.

Per scoprire il sempre più ampio e rigoglioso mondo florovivaistico di FLOR, tutti potranno continuare a collegarsi su eflor (www.eflor.it) la prima piattaforma floreale italiana che mette in contatto tutti gli appassionati del verde, con gli esperti del settore e i florovivaisti.

Un luogo di incontro virtuale dove sarà possibile “visitare” i vivai, ammirare le foto delle piante, conoscere tutte le loro caratteristiche, scambiarsi opinioni “green”, chiedere suggerimenti e, naturalmente, acquistare fiori di ogni tipo ma anche oggettistica per il giardinaggio, libri, sementi e prodotti naturali, decorazioni per la casa e il giardino.

Ad Agriflor di febbraio sarà presente un banco eflor dove poter ritirare le piante ordinate sulla piattaforma e fare quattro chiacchiere con gli organizzatori per avere suggerimenti e farsi indirizzare verso la pianta migliore per le proprie esigenze.

Un nuovo logo per il Politecnico di Torino

È il primo passo di un grande progetto di revisione dell’immagine dell’Ateneo e della sua presenza online, per rappresentare un’Università che guarda al futuro e ai bisogni della società rimanendo ben connessa con le sue radici

 “Il Politecnico di Torino ha un’identità forte, con radici ben salde nella storia accademica, economica e sociale del nostro territorio e del nostro Paese. Tuttavia tutte le identità evolvono e noi non facciamo eccezione, tanto più in un periodo di grandi cambiamenti come quello che stiamo vivendo e con un Politecnico che da tre anni si è aperto a dimensioni in parte nuove nel modo di intendere le sue missioni istituzionali e il suo rapporto con la società. Abbiamo così sentito l’esigenza di avviare un grande progetto non solo di revisione dell’immagine dell’Ateneo, ma anche della sua ampia e articolata presenza online, oggi più importante che mai. Il primo risultato di questo progetto che – con grande piacere – condividiamo col pubblico è la presentazione del nuovo   logo dell’Ateneo. Per la nostra comunità accademica, intesa in senso lato, quindi per esempio anche tutti i nostri laureati e laureate in giro per l’Italia e per il mondo, il logo è una componente importante della nostra identità collettiva, un’immagine che in maniera compatta rappresenta le nostre radici, i nostri valori, le nostre missioni.  Crediamo che questo nuovo logo rappresenti molto bene tutto questo, ma – rispetto al precedente – con una sensibilità molto più contemporanea, molto più aperta al futuro”. Il professor Juan Carlos De Martin, Vice Rettore per la Cultura e la Comunicazione, spiega così le ragioni che hanno portato il Politecnico di Torino a intraprendere un percorso di revisione della sua immagine, che parte dal logo, ma riguarderà il complesso delle modalità con cui l’Ateneo si presenta ai propri interlocutori e che riguarderà anche tutta la presenza online dell’Ateneo, con un nuovo sito che verrà presentato nei prossimi mesi. Per questo progetto, l’Ateneo si è affidato al lavoro di due società esperte di comunicazione e digitale: la digital agency milanese Wellnet e l’agenzia di comunicazione torinese Sixeleven.

Un nuovo logo, quindi, che mira a valorizzare la tradizione, valore fondante dell’Ateneo, recuperando gli elementi più importanti del sigillo storico, rivisti però in chiave più moderna, con un tratto più chiaro e leggibile e adatto agli attuali utilizzi di comunicazione.

Il logo è il primo risultato di un percorso che ha visto un’articolata fase di analisi preliminare, i cui risultati sono diventati il riferimento per un più complessivo intervento sulla “brand identity”. Attraverso quasi 5.000 questionari, la comunità del Politecnico è stata interpellata per capire quali valori avrebbe dovuto rappresentare: docenti, studenti, alumni, aziende, ricercatori hanno avuto l’opportunità di esprimere la loro opinione. Decine di interviste one to one con le figure cardine dell’Ateneo, 9 focus group, l’analisi di circa 400 recensioni raccolte online hanno completato una raccolta ampia di dati e suggestioni utili a impostare il lavoro.

Si è deciso di operare un “restyle”, per confermare quel patrimonio di conoscenze e tradizione che il precedente “sigillo” di stile pittorico rappresentava. Allo stesso tempo, nella creazione di un vero e proprio “logo”, le scelte compiute a livello estetico e di linguaggio grafico hanno voluto raccontare la direzione del Politecnico di oggi e di domani: un’istituzione rivolta al futuro, all’innovazione, all’apertura verso nuove prospettivealla costruzione di un nuovo umanesimo tecnico-scientifico.

Alcune scelte sono state all’insegna della razionalizzazione: su tutte, il mantenimento di una sola scritta “Politecnico di Torino”, come logotipo, e di un’unica data, il 1859, l’inizio della storia dell’Ateneo. Altre decisioni hanno guidato la ricerca di razionalizzazione e sintesi del logo stesso, con l’eliminazione di alcuni elementi giudicati non così centrali.

Le scelte più rilevanti sono state compiute nella valorizzazione dei tasselli fondamentali. Il Castello del Valentino, sede fin dalle origini della Scuola di Applicazione degli Ingegneri, ha ora una maggiore centralità ed è stata completamente ridisegnata. La testa di Minerva Galeata, dea della saggezza, dell’ingegno e delle arti utili, riacquista rispetto alla versione precedente anche l’elemento della lancia. Il ramo di alloro baccato e di quercia, elementi tradizionali dell’araldica, simbolo rispettivamente di gloria e forza morale e del titolo di laurea conferito agli studenti dell’Ateneo, chiudono in un cerchio perfetto gli altri elementi, in sostituzione del precedente doppio cerchio.

Anche il colore ha subito un restyle: è rimasto il blu, ma in una tonalità differente, che sostenesse l’idea di contemporaneità nella continuità. Il blu di Prussia rende il logo più attuale; noto anche come Blu degli ingegneri, era usato in una speciale miscela per verificare la regolarità di una superficie. Il colore secondario è l’arancione, complementare del blu.

Il lettering della scritta “Politecnico di Torino” ha smussato alcune rigidità precedenti, mettendosi maggiormente in dialogo con il logo, come ad esempio nella scelta del cerchio perfetto che simboleggia unità e inclusione, presente nella figura geometrica – che idealmente racchiude gli elementi grafici – e anche nelle “o” e nei puntini delle “i” del logotipo. I font hanno un aspetto più tecnico ma anche di apertura, di proposizione verso il futuro, grazie ai tagli di alcune lettere che puntano verso l’alto e in avanti, a simboleggiare la direzione intrapresa dal Politecnico.

“Si è trattato di mettere maggiormente in evidenza elementi fondanti e tuttora centrali per il Politecnico di Torino – racconta Gabriele Pinzin, Direttore creativo dell’agenzia Sixeleven che si è occupata del restyle – dandogli un maggiore respiro, valorizzandoli e trasmettendo un senso complessivo di progresso, di avanzamento, di potenzialità future”.

“Viviamo una stagione in cui alle Università si chiede di rispondere a sfide nuove, che ci vengono poste dalla società, dai nostri studenti, dall’economia”, conclude il Rettore Guido Saracco: “Anche il nostro Ateneo si sta trasformando e l’avvio del processo di rinnovamento della nostra immagine è stato un’occasione per la nostra comunità politecnica di interrogarsi su questi cambiamenti e sulla direzione che vogliamo intraprendere: ringrazio tutti i colleghi, gli studenti e tutti gli altri  nostri interlocutori   che hanno portato il loro contributo in termini di idee e di suggerimenti. Con questo progetto di ridefinizione della nostra immagine e della sempre più importante presenza online dell’Ateneo vogliamo comunicare a tutti la direzione in cui si sta muovendo il Politecnico. Sono certo che tutta la nostra grande comunità si riconoscerà in questo nuovo logo, e sarà orgogliosa di portarlo nel mondo come simbolo della nostra capacità di rinnovarci, al passo coi tempi ma rimanendo sempre ben connessi con le nostre radici”.

Il video di presentazione del nuovo logo

L’Imbarco Perosino rischia di chiudere per sempre dopo 80 anni

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Ci scrivono i titolari dell’Imbarco Perosino, storico ristorante sul Po

 

Caro direttore, all’ Imbarco Perosino siamo in difficoltà e quel che è peggio, questa volta rischiamo di chiudere.

Sono dieci anni che siamo in giudizio contro il Comune di Torino per rivendicare,
convinti delle nostre ragioni, il diritto di poter continuare a vivere e lavorare
all’Imbarco, come facciamo da oltre 80 anni, con amore e dedizione.
Ma la legge, purtroppo, sembra non essere dalla nostra parte. In ogni momento
potremmo essere sfrattati dal luogo creato da nostro nonno Alberto Perosino
nel 1936 per costruire barche da fiume, dove Graziella Perosino è nata nel 1940
e vive tuttora insieme a Gianni, dove noi siamo cresciuti, dove la nonna Anna
iniziò negli anni ’60 l’attivitàdi solarium estivo e noleggio barche, e dove
Graziella dal 1987 avviò il ristorante ed il bar dove molti di voi avranno passato
giornate e serate di festa, svago o relax.
Tutto questo sta per finire, se non facciamo nulla. La cifra che il Comune ci chiede è molto alta e
l’unico modo per evitare lo sgombero (a cui noi ci stiamo opponendo da anni) è raggiungere con il Comune
un accordo che dal nostro punto di vista è totalmente ingiusto, ma è l’ unica possibilità che abbiamo per chiudere tutte le cause in corso.
La cifra è molto alta e la pagheremo con il nostro lavoro, come sappiamo fare.
La cifra che ci serve adesso con urgenza è € 138.000 che non abbiamo in
questo momento di grave crisi a causa della pandemia Covid-19 che perdura
da oltre un anno.
Da qui il motivo di questa iniziativa.
E’ tanto, lo sappiamo, ma è sono solo una piccola parte della somma totale che
dovremmo pagare in totale nel corso dei prossimi anni. Ma sappiamo anche
che siete tantissimi a volerci bene, ad avere a cuore l’Imbarco Perosino.
Perché è un posto storico per Torino e unico nel suo genere nel Valentino:l’
esistenza di un approdo fluviale sotto il castello Sabaudo del Valentino è
documentata su stampe antiche a partire dal 1700; qui è dove la Peota Reale di
Carlo Emanuele III approdava durante i matrimoni regi e i festeggiamenti
cittadini lungo il fiume sino dal 1730; la struttura dell’edificio ligneo attuale
venne realizzata durante Esposizione Universale del 1911 che si svolse al
Valentino; i nostri nonni lo acquistarono nel 1936 con regolare rogito notarile
regio vendendo le propria attività di maestro d’
ascia e di stireria/maglieria inSan Salvario e da allora esso è tenuto con cura dalla nostra famiglia.
Ma anche perché, forse, nei decenni scorsi siamo stati in grado di farvi passare
dei bei momenti sulle sponde del nostro amato fiume. Con i soldi che riusciremo a raccogliere avremo la possibilità
di continuare apreservare questo edificio storico, proteggerlo dalle ricorrenti piene del Po,
intraprendere nuove iniziative sportive e di svago sul fiume, proseguire l’attività
del ristorante e del bar, esattamente come abbiamo sempre fatto da
85 anni. Il resto dei debiti verso il Comune li pagheremo ovviamente noi, con i
redditi dell’attività.
Lo sgombero esporrà gli immobili all’evidente rischio di atti vandalici o peggio a
rischio di incendi (come avvenuto ai locali siti nella medesima zona) che per un
immobile storico totalmente in legno sarebbero irreparabili cui si aggiungerebbero, considerato l’ avvicinarsi dei mesi primaverili,
i danni catastrofici derivanti dalle inevitabili piene annuali del Po.
Pertanto, è indubbio che, in caso di sgombero, le sorti dell’Imbarco Perosino sarebbero del tutto incerte.
Ecco come funziona
Potete aiutarci donando su
https://salviamoimbarcoperosino.starteed.eu
e aprescindere dall’ importo che raccoglieremo, faremo tutto il possibile per raggiungere la soglia di € 138.000, coinvolgendo anche imprenditori della
ristorazione con cui siamo in contatto, in modo tale da avere tutto quello che serve per chiudere l’accordo con il Comune di Torino e salvare l’imbarcoPerosino.
Se non ce la dovessimo fare e verremo sfrattati, tutto l’importo raccolto sarà utilizzato per sgomberare i locali dell’Imbarco Perosino e trovare una nuova sistemazione per Graziella e Gianni.C

Online dalla Reggia di Venaria, il concerto “Musica a corte. Natura e artificio”

“Early Music Day – Giornata Europea della Musica Antica”: IX edizione. Domenica 28 marzo, ore 17

La sua musica è stata riconosciuta nel dicembre scorso quale Patrimonio Culturale dell’Umanità Unesco. E’ il “corno da caccia” – se vogliamo il simbolo della Reggia di Venaria come della Palazzina di Caccia di Stupinigi (con i loro magnifici giardini e i vicini spazi boscosi) – lo spunto da cui prende vita il concerto “Musica a corte.

Natura e artificio” organizzato in occasione della nona edizione dell’ “Early Music Day – Giornata Europea della Musica Antica”, nata nel 2013: da allora, in occasione del 21 marzo, giorno della nascita di Johann Sebastian Bach e inizio della primavera, si celebra il patrimonio di musica antica dell’Europa. Il concerto verrà trasmesso domenica 28 marzo alle 17 sul canale YouTube dell’ “Accademia di Sant’Uberto”, sulla pagina Facebook “Corni da Caccia della Regia Venaria-Accademia di Sant’Uberto”, sui social della “Reggia di Venaria”, che supporta e contribuisce all’iniziativa, e sui social di “VisitPiemonte” e “Palazzina di Caccia di Stupinigi”.  L’organizzatore e coordinatore europeo di tutta la Giornata è, a livello europeo, il “Réseau Européen de Musique Ancienne” (REMA).
Protagonista del concerto, l’ “Orchestra Barocca dell’Accademia di Sant’Uberto” (nata nel 1996) insieme all’ “Equipaggio della Reggia di Venaria – Corni da caccia dell’Accademia di Sant’Uberto”. Il concerto rientra infatti nel “Progetto Barocco” che, dal 2016, l’ “Accademia” sviluppa in collaborazione con il “Liceo Classico Musicale Cavour di Torino”: gli studenti che partecipano al progetto, integrati nell’orchestra, ricevono dall’“Accademia” la dotazione di strumenti originali e il supporto di tutor esperti. Inserito nell’ambito del filone “SognareGreen” del programma 2021 della “Reggia di Venaria”, l’evento musicale dedicato alla natura e all’ambiente, è stato registrato nei giorni scorsi nella Sala Diana della Venaria, dove si trovano le prime raffigurazioni di “corno circolare” ad oggi conosciute, 20 corni della stessa tipologia appartenenti al ciclo delle cacce del pittore fiammingo – attivo in Italia nel gruppo della “Scuola dei Bamboccianti” – Jan Miel realizzato tra il 1659 e il 1661. Dalla sala la prospettiva si allunga all’infinito, da un lato verso la città di Venaria Reale, nata con la Reggia nel XVII secolo, con la via Maestra a forma di collare dell’Annunziata, la massima onorificenza sabauda, dall’altro verso i giardini, la peschiera, il bosco e le montagne. La musica è, nel suo dna, uno strumento in grado di ricreare e promuovere un “paesaggio sonoro”, che comprende residenze, giardini e spazi naturali. Nella candidatura multinazionale della pratica musicale del corno da caccia presentata all’“Unesco” da Francia, Belgio, Italia e Lussemburgo, il nostro Paese è stata proprio rappresentato dalla comunità di suonatori dell’“Accademia di  Sant’Uberto”, conosciuta come  “Equipaggio della Regia Venaria”. Lo strumento, nato nel XVII secolo per le cacce reali, si è rivelato subito una opportunità per la musica d’arte.
“La nona edizione  di ‘Early Music Day 2021’, consacrato alla musica barocca, è occasione per presentare il programma, ‘Musica a corte. Natura e artificio’. Il titolo prende lo spunto dal corno da caccia,  pratica riconosciuta come ‘Patrimonio Culturale  Immateriale dell’Umanità Unesco’ dal dicembre 2020, ma anche spiritus loci della reggia di Venaria e della Palazzina di caccia di Stupinigi, con i loro giardini e i contigui spazi boscosi. La musica come strumento in grado di ricreare e promuovere un paesaggio sonoro, che comprende residenze, giardini e spazi naturali” dichiara Pietro Passerin d’Entrèves, presidente dell’“Accademia di Sant’Uberto” che organizza l’iniziativa con “Città di Venaria Reale”, “Fondazione Ordine Mauriziano” e “Reggia di Venaria”. Partner, la “Fédération Internationale des Trompes de France” e la “Fondation pour le Rayonnement de la Trompe Musicale” mentre maggior sostenitore è “Compagnia di San Paolo”.

g. m.

Ambulanti non alimentari, una situazione difficile

DA PALAZZO CIVICO L’assessore al Commercio Alberto Sacco ha risposto  in Sala Rossa, ad una richiesta di comunicazioni del consigliere Raffaele Petrarulo (Forza Italia) in merito alle difficoltà riscontrate dai commercianti ambulanti extra alimentari nel proseguire la propria attività nel periodo di pandemia.

Sacco, nel ribadire la vicinanza ad una categoria di lavoratori che ha subito notevoli danni economici a causa del perdurare dell’emergenza sanitaria, ha precisato che il problema nasce dalla necessità di rispettare la normativa nazionale. La normativa prevede che all’interno dei mercati sia consentito vendere solo prodotti alimentari, ma l’incongruenza è data dal fatto che alcuni dei prodotti vietati: biancheria, cosmetici, detersivi, abbigliamento per bambini, siano invece acquistabili nei negozi e nei supermercati.

L’assessore ha spiegato che la Città, oltre ad avere già sollecitato il Governo nel tentativo di porre fine a questo squilibrio, ha provato ad intervenire direttamente per risolvere almeno in parte la questione. Di fatto, viene consentita la vendita di questi prodotti non alimentari in aree definite di copertura commerciale. Sono aree più piccole e tecnicamente non definibili come mercati, che permettono ad alcuni operatori di riprendere la propria attività.

Soddisfatto Petrarulo per la risposta dell’assessore “che dimostra di avere recepito in modo corretto il grido d’allarme lanciato da un settore in forte crisi”. Per il consigliere servono, però, regole nazionali precise e non discriminanti, mentre la soluzione adottata dalla Città di permettere l’utilizzo di spazi alternativi ai mercati, pur essendo una buona idea, risolve solo parzialmente il problema. Per il ristretto numero di operatori che possono usufruire di questa soluzione e per la difficoltà di ottenere un incasso adeguato.

Tomografo di ultima generazione inaugurato alle Molinette

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Inaugurato il nuovo Tomografo PET/CT della Città della Salute di Torino

E’ stato inaugurato oggi, alla presenza dell’Assessore alla Sanità della Regione Piemonte Luigi Genesio Icardi, del Segretario Generale della Fondazione Compagnia di San Paolo Alberto Anfossi e del Direttore generale della Città della Salute Giovanni La Valle, il nuovo Tomografo PET/CT di ultima generazione dell’ospedale Molinette di Torino.

Sarà operativo dal 1° aprile 2021, presso la Medicina Nucleare universitaria (diretta dalla professoressa Désirée Deandreis), afferente al Dipartimento di Diagnostica per Immagini e Radiologica Interventistica (diretto dal professor Paolo Fonio). Si tratta di un nuovo Tomografo PET/CT a tecnologia digitale VEREOS di Philips, acquisito grazie al contributo di 2 milioni di euro della Fondazione Compagnia di San Paolo.

Questo tomografo di nuova generazione sostituirà il tomografo acquistato precedentemente grazie al contributo di 2 milioni e mezzo che la Compagnia aveva erogato nel 2002.

Come Fondazione, attraverso la missione Promuovere il benessere dell’Obiettivo Pianeta, vogliamo stimolare azioni che permettano al Sistema sanitario di migliorare l’efficienza ed offrire un’assistenza di alto livello, – spiega Alberto Anfossi, Segretario Generale della Fondazione Compagnia di San Paolo– mediante un’innovazione organizzativa e gestionale della sanità, specie se associata ad una dimensione tecnologica.

Nel caso del tomografo di nuova generazione, il sostegno della Compagnia è finalizzato a rendere le prestazioni fornite a pazienti adulti e pediatrici migliori in termini quantitativi e qualitativiQuesto grazie all’incremento del numero di esami erogati giornalmente ed annualmente, alla riduzione delle liste d’attesaed all’allargamento del bacino d’utenza.

Un impatto positivo e misurabile per il territorio e le persone: nel piano organizzativo che ha affiancato l’acquisizione della tecnologia è prevista la possibilità di garantire ai pazienti circa 4.500 prestazioni annue, quasi il doppio rispetto ai 2.500 esami forniti con l’attuale tecnologia.

I cittadini dell’area torinese e piemontese in generale saranno i diretti beneficiari di queste metodiche innovative uniche sul territorio, senza escludere la possibilità di creare un polo di attrazione per i pazienti di provenienza extraregionale.
Oltre a migliorare l’esperienza di visita e la qualità della diagnosi, il nuovo tomografo potrà consentire
anche di incrementare l’attività di ricerca svolta dal Centro.”

L’imaging molecolare con metodica PET/CT (Positron Emission Tomography/Computed Tomography) rappresenta una pietra miliare nell’ambito della medicina personalizzata e di precisione per studiare e comprendere il comportamento biologico di molteplici patologie, non esclusivamente in ambito oncologico, ma anche neurologico, internistico e cardiologico. Il rapido sviluppo della ricerca ha portato infatti all’ampliamento delle applicazioni cliniche della PET/CT, che rendono il panorama della medicina nucleare e delle sue applicazioni vasto ed in continua evoluzione, con grande impatto clinico.

I nuovi tomografi PET/CT a tecnologia digitale sono caratterizzati da una migliore sensibilità ed accuratezza diagnostica, da tempi di acquisizione delle immagini nettamente ridotti e da altrettanto ridotta esposizione a radiazioni del paziente e del personale sanitario.

Il tomografo PET/CT in dotazione alla Città della Salute rappresenta lo stato dell’arte della produzione Philips PET/CT ed in Piemonte risulta ad oggi il primo installato e operativo dotato di questa particolare tecnologia digitale, che consente di evidenziare lesioni di minori dimensioni, in maniera più definita e con un maggior dettaglio. Questo avrà un grande impatto in molte discipline, in particolare in ambito oncologico, permettendo di identificare precocemente eventuali recidive di malattia o neoplasie in fase iniziale. Per quanto riguarda invece la netta riduzione dei tempi di acquisizione tale aspetto favorirà i pazienti con sintomatologia algica o con difficoltà a mantenere la posizione supina a lungo, permettendo comunque di eseguire l’esame in tempi molto rapidi, garantendo altresì un notevole aumento delle prestazioni eseguite quotidianamente, con conseguente riduzione delle liste d’attesa.

Il contenimento della dose di radiazioni invece sarà cruciale in particolare per la popolazione pediatrica, garantendo un esame di ottima qualità con minor esposizione. Infine, tale tecnologia permetterà la sincronizzazione delle immagini con il ciclo cardiaco o con il ritmo respiratorio permettendo di eseguire tipologie di esami molto complessi e protocolli di acquisizione avanzati per lo studio specifico di alcuni organi o apparati.

Di pari passo l’obiettivo è anche quello di rafforzare l’attività scientifica e di ricerca già in atto, portando alla creazione di un polo di innovazione tecnologica unico sul territorio che possa favorire la partecipazione della struttura a reti di collaborazione tra Centri di eccellenza nazionali ed internazionali e l’acquisizione di fondi per la ricerca.

Siamo nel solco della Sanità che vogliamo – osserva l’Assessore regionale alla Sanità del Piemonte, Luigi Genesio Icardi – per un Piemonte che sappia prevenire le malattie e curarsi attraverso le migliori strutture e tecnologie mediche del momento, capace di potenziare l’offerta sanitaria, in modo da renderla attrattiva anche per i pazienti delle altre regioni, con centri d’avanguardia ad alta specializzazione, pronti a recepire le continue evoluzioni delle scoperte scientifiche. Diamo atto con riconoscenza dello straordinario sforzo compiuto anche in questa occasione dalla Fondazione Compagnia di San Paolo, che non manca di offrire il suo apporto concreto al Servizio sanitario regionale, e alla Città della Salute di Torino che si conferma come polo di riferimento per i pazienti provenienti non solo dal Piemonte, ma anche da fuori regione. Stare al passo con l’evoluzione tecnologica va considerata una priorità per la Sanità pubblica, insieme all’alta specializzazione dei medici e degli operatori sanitari. E’ la strada maestra per garantire a tutti i cittadini l’accesso gratuito alle cure, come previsto dalla Costituzione”.

“Ringraziamo la Fondazione Compagnia di San Paolo e tutti i nostri professionisti, che in tempo record hanno messo a disposizione della Città della Salute questo tomografo PET di ultima generazione, di cui avevamo estremo bisogno, considerato che il precedente era ormai obsoleto” – commenta Giovanni La Valle, Direttore generale Città della Salute di Torino – “Voglio inoltre ricordare che questa nuova Pet ci permetterà di conciliare l’aspetto tecnologico della diagnosi con quello umano della cura messo a disposizione dal nostro personale medico. I numeri dicono che alla Città della Salute di Torino fa riferimento più del 20% dei pazienti oncologici della nostra regione Piemonte. Inoltre questa tecnologia avanzata ci permetterà di ampliare le applicazioni cliniche non solo all’ambito oncologico, ma anche a quelli neurologico, internistico e cardiologico”.