La Diocesi di Torino, la Regione Piemonte e il Comune di Venaria Reale patrocinano la manifestazione musicale internazionale
Nel Teatro Gospel House a Venaria, l’11 e il 13 maggio, in contemporanea con l’Eurovision Song Festival.
Con il Patrocinio della Diocesi di Torino, della Regione Piemonte e del Comune di Venaria Reale, si terrà, l’11 e il 13 maggio, nel Teatro Gospel House a Venaria Reale, alle ore 20.30, la prima Edizione dell’Euro Christian Music Festival, il cui ideatore e Direttore artistico è il cantautore Fabrizio Venturi.
Il Teatro Gospel House dispone di oltre 500 posti ed è situato di fronte al nuovo Juventus Allianz Stadium. Parteciperanno al Festival anche la Russia e l’Ucraina, che, per scelta del Direttore artistico Fabrizio Venturi, non saranno in gara in segno di disapprovazione nei confronti della guerra, ma si esibiranno insieme per diffondere, a livello mondiale, un messaggio di speranza a favore della pace tra le loro rispettive nazioni, attanagliate da una guerra disastrosa.I Paesi in gara sono l’Italia, l’Argentina, la Svizzera, l’Olanda, il Brasile, l’Inghilterra, il Sud Africa, la Repubblica di Mauritius, la Svezia, lo Stato di Israele e la Repubblica Democratica del Congo.
Particolare interesse riveste la partecipazione di Israele, rappresentato da Nothingless, prete cristiano che vive a Gerusalemme da 13 anni, il quale si esibirà in coppia con la cantante israeliana Nitsan, di fede ebraica ed, insieme, canteranno, in lingua israeliana, “Greater love“, inno ad un solo Dio, seppur diverse sono le loro religioni, cristiana ed ebraica.
Di enorme rilievo artistico saranno gli ospiti i quali parteciperanno al Festival internazionale della Christian Music, tra cui il musicista cristiano britannico Noel Hugh Robinson, il cui stile musicale fonde lo stile della musica cristiana contemporanea e lo stile della musica gospel, Nicola Legrottaglie, ex calciatore della Juventus e della Nazionale, membro dell’Associazione Atleti di Cristo, che si ispira alla religione cristiana evangelica, ideatore del progetto “Missione Paradiso”, il compositore Stefano Rigamonti, vincitore dello Zecchino d’Oro, Don Carlo Franco, Parroco del Duomo di Torino, Rettore della Chiesa di San Francesco d’Assisi in Torino, Direttore del Museo Diocesano di Torino e Direttore dell’Istituto Diocesano di Musica e Liturgia, il cantautore Fabrizio Venturi, che canterà il brano “Caro Padre”, inno ufficiale della Fondazione Internazionale “Giovanni Paolo II”, il cantautore Gionathan il quale canterà “Tu mi hai amato per primo”, a cui è stato attribuito il premio “Alberto Testa” al Festival della Canzone Cristiana Sanremo 2022″, la cantautrice Karen Marra, la quale canterà “That’s my story”, brano cantato al Festival della Canzone Cristiana Sanremo 2022, l’artista russa Tania Corti Soka Okoulova, la mandolinista ucraina Olana Kurkina, il chitarrista Mimmo Sparacio, accompagnato dal violinista Walter Matacena. Nella serata finale vi sarà l’esibizione di Noel Robinson, di Fabrizio Venturi e di Gionathan e Karen, i quali canteranno insieme.
Di seguito i nomi degli artitsti e delle canzoni in gara:
Olanda – Artista: BlackRockStar (Rivelino Ridges) Brano: You give me reason
Argentina – Artista: Mikaela Sabrina Brano: Poesia
Sud Africa – Artista: SaulCity Brano: Silence
Brasile – Artista: Fra Vinicius (vincitore Festival della Canzone Cristiana Sanremo 2022) Brano: Vale la pena (in portoghese)
Svizzera – Artista: Melissa Lischer Brano: Always after you
Inghilterra – Artista: Josephine Eaton Brano: Free
Repubblica Democratica del Congo – Artista: Don Alfred Imonda Iloko Brano: Uniti si può (cantata in congolese)
Israele – Artista: Nothingless & Nitsan (duo) Brano: Greater love
Italia – Artista: Shoek & Stella Sorrentino (duo) Brano: Mi arrendo Ti arrendi
Repubblica di Mauritius – Artista: Brian Galchoolah Brano: The crack
Svezia – Artista: Daali Brano: When the stars begins to fall
“Frida Kahlo on white bench”, “Frida Kahlo sul bancone bianco”: sfondo verde con fiori bianchi, occhi neri e labbra rosse e carnose, sguardo fiero e sopracciglia tanto folte da sembrare disegnate apposta per il suo volto, una coroncina di fiori sui capelli raccolti da una vistosa treccia, un medaglione al collo e un’ampia gonna (com’era solita portare, ispirata al costume delle donne “matriarche” di Tehuantepec) con scialle nero a coprirle le spalle. Datata 1939 è questa l’immagine-guida della mostra, certamente la più iconica fra le molte altre scattate dal fotografo ungherese, naturalizzato americano, Nickolas Muray a Frida Kahlo (Coyoacàn, 1907 – 1954), la più celebre pittrice messicana del secolo scorso. A lei e agli scatti fotografici a lei dedicati per l’appunto dal grande Nickolas Muray (Seghedino, 1892 – New York, 1965), torna ad aprire le porte dal 12 marzo al 5 giugno, con una mostra-evento già stoppata causa Covid nel 2020 e rinviata di una settimana per l’emergenza bellica internazionale, la “Citroniera di Ponente” della “Palazzina di Caccia” di Stupinigi. A cura di “Next Exhibition” e “Ono Arte” (con il patrocinio dell’Ambasciata del Messico in Italia, del Consolato Onorario del Messico a Torino e di Città Metropolitana), la rassegna, per la prima volta approdata in Europa, porta a Stupinigi la collezione completa degli scatti più segreti – sessanta in totale – realizzati su Frida dall’amico e amante Nickolas, celebre fotografo delle dive hollywoodiane (da Greta Garbo a Liz Taylor a Esther Williams a Marilyn Monroe) nonché pioniere nel campo della fotografia pubblicitaria a colori fin dai primi anni della sua carriera. L’incontro fra i due avviene in Messico, attraverso il comune amico e artista Miguel Covarrubias, nel ‘31. Lei vive, in quegli anni, un matrimonio turbolento e molto “libero” con il famoso pittore e suo maestro Diego Rivera. Anticonformista, nemica accesa di pregiudizi e comuni convenzioni, carismatica, fortemente politicizzata (dal ’28 é attivista del Partito Comunista Messicano) e artista dai tratti naif di tradizione precolombiana, Frida resta subito affascinata da quel fotografo di bell’aspetto, neppure quarantenne e già così famoso nel mondo stellare d’oltre Oceano, self made man emigrato negli States a soli 21 anni “con 25 dollari e 50 parole di inglese in tasca”. Fra i due è subito pura “chimica” d’amore. Amore – amicizia – complicità spirituale che dureranno fino alla morte di Frida nel 1954. Un legame fortissimo, un capirsi immediato l’uno con l’altra che bene si intuiscono nelle foto realizzate dal 1937 a Tizapan, in Messico, fino a quelle del 1948 scattate a Pedregal e a Coyoacan piuttosto che a New York: in studio (suggestiva quella in cui Frida, osservata da Nickolas, siede a fianco di un suo celebre autoritratto a mani incrociate con quattro dei suoi emblematici pappagalli) o in posa “con la blusa di satin blu” o sui tetti della “Big Apple”. Sigaretta in mano. Forte. Aria di sfida. Altera come gli enormi grattacieli che le stanno alle spalle. Quest’era Frida Kahlo. Prima donna di una vita profondamente travagliata, trascorsa nella voragine di dolori spirituali e fisici sopportati con una forza e un coraggio davvero rari. Nell’arco dell’intera esistenza.

Uno spettacolo-simbolo di una storia teatrale costruita solidamente e con intelligenza negli anni, la ”necessità” di una ripresa a venticinque anni dal debutto (poi un terreno sondato in altri modi, con altri titoli), il successo e l’affermazione di una straordinaria quanto viscerale e appassionata Maria Luisa Abate (titolare della pièce, l’altra sera, in una delle repliche, confermatasi – se ancora ce ne fosse bisogno – tale ancora una volta, oggi ad alternarsi con Paolo Oricco), l’ideazione del Grande Girello – e la scommessa vinta da Daniela Dal Cin, ad un passo dal premio Ubu nel ’97 per la migliore scenografia: con la ripresa del 2006 s’inaugurava alla Promotrice torinese l’esposizione del lavoro della scenografa -, a sostituire il monticello di sabbia beckettiano e oggi ridimensionato per il palcoscenico della sala Marcidofilm! (il Grande Girello o la Grande Gogna?, strutture ferrose e cinghie in bella vista).