Frida Kahlo, prosegue il “viaggio amoroso” alla Palazzina di Caccia

“Frida Kahlo. Through the lens of Nickolas Muray”

Ritorna alla “Palazzina di Caccia” di Stupinigi il fotografico “viaggio amoroso” dedicato alla più celebre pittrice messicana del Novecento

Dal 12 marzo al 5 giugno

“Frida Kahlo on white bench”, “Frida Kahlo sul bancone bianco”: sfondo verde con fiori bianchi, occhi neri e labbra rosse e carnose, sguardo fiero e sopracciglia tanto folte da sembrare disegnate apposta per il suo volto, una coroncina di fiori sui capelli raccolti da una vistosa treccia, un medaglione al collo e un’ampia gonna (com’era solita portare, ispirata al costume delle donne “matriarche” di Tehuantepec) con scialle nero a coprirle le spalle. Datata 1939 è questa l’immagine-guida della mostra, certamente la più iconica fra le molte altre scattate dal fotografo ungherese, naturalizzato americano, Nickolas Muray a Frida Kahlo (Coyoacàn, 1907 – 1954), la più celebre pittrice messicana del secolo scorso. A lei e agli scatti fotografici a lei dedicati per l’appunto dal grande Nickolas Muray (Seghedino, 1892 – New York, 1965), torna ad aprire le porte dal 12 marzo al 5 giugno, con una mostra-evento già stoppata causa Covid nel 2020 e rinviata di una settimana per l’emergenza bellica internazionale, la “Citroniera di Ponente” della “Palazzina di Caccia” di Stupinigi. A cura di “Next Exhibition” e “Ono Arte” (con il patrocinio dell’Ambasciata del Messico in Italia, del Consolato Onorario del Messico a Torino e di Città Metropolitana), la rassegna, per la prima volta approdata in Europa, porta a Stupinigi la collezione completa degli scatti più segreti – sessanta in totale – realizzati su Frida dall’amico e amante Nickolas, celebre fotografo delle dive hollywoodiane (da Greta Garbo a Liz Taylor a Esther Williams a Marilyn Monroe) nonché pioniere nel campo della fotografia pubblicitaria a colori fin dai primi anni della sua carriera. L’incontro fra i due avviene in Messico, attraverso il comune amico e artista Miguel Covarrubias, nel ‘31. Lei vive, in quegli anni, un matrimonio turbolento e molto “libero” con il famoso pittore e suo maestro Diego Rivera. Anticonformista, nemica accesa di pregiudizi e comuni convenzioni, carismatica, fortemente politicizzata (dal ’28 é attivista del Partito Comunista Messicano) e artista dai tratti naif di tradizione precolombiana, Frida resta subito affascinata da quel fotografo di bell’aspetto, neppure quarantenne e già così famoso nel mondo stellare d’oltre Oceano, self made man emigrato negli States a soli 21 anni “con 25 dollari e 50 parole di inglese in tasca”. Fra i due è subito pura “chimica” d’amore. Amore – amicizia – complicità spirituale che dureranno fino alla morte di Frida nel 1954. Un legame fortissimo, un capirsi immediato l’uno con l’altra che bene si intuiscono nelle foto realizzate dal 1937 a Tizapan,  in Messico, fino a quelle del 1948 scattate a Pedregal e a Coyoacan piuttosto che a New York: in studio (suggestiva quella in cui Frida, osservata da Nickolas, siede a fianco di un suo celebre autoritratto a mani incrociate con quattro dei suoi emblematici pappagalli) o in posa “con la blusa di satin  blu” o sui tetti della “Big Apple”. Sigaretta in mano. Forte. Aria di sfida. Altera come gli enormi grattacieli che le stanno alle spalle. Quest’era Frida Kahlo. Prima donna di una vita profondamente travagliata, trascorsa nella voragine di dolori spirituali e fisici sopportati con una forza e un coraggio davvero rari. Nell’arco dell’intera esistenza.

Se si pensa che a soli 18 anni rimase vittima di un incidente sull’autobus che da scuola la riportava a casa e che la costrinse a subire ben 32 interventi chirurgici, fino all’amputazione della gamba destra, nel 1953, un anno prima della scomparsa. Anche questo racconta la mostra, dove, accanto alle foto di Muray e alle lettere originali scambiate fra i due, troviamo pure le riproduzioni degli ambienti e degli arredi di “Casa Azul”, come il celebre “letto d’arte e di sofferenze” (su cui, grazie ad uno specchio a soffitto, compose i suoi primi terapeutici “autoritratti”), i monili e gli abiti larghi ricamati e variopinti, a testimoniare la sua incrollabile adesione ad un’identità messicana mai venuta meno nel tempo. Inseriti in rassegna anche il documentario “Artists in Love”, in collaborazione con “SKY Arte” (sulla tormentata relazione con Diego Rivera) e alcuni video realizzati dalla stessa Kahlo. Special guest, per una mostra nella mostra, l’artista di origine messicana, Karla De Lara, considerata oggi la madre dell’iperrealismo della Pop Art, che in undici dipinti su legno, racconta in modo assolutamente singolare la sua “indagine profonda e delicata sull’essere Frida Kahlo”.

Gianni Milani

“Frida Kahlo. Through the lens of Nickolas Muray”

“Palazzina di Caccia”, piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi (Torino); per info www.fridatorino.it

Fino al 5 giugno

Orari: dal lun. al ven. 10/18; sab. 10/20; dom. 10/18

Nelle foto:

–         “Frida on White Bench”, Nickolas Muray Photo Archive, 1939

–         “Frida e Nickolas in studio”, Nickolas Muray Photo Archive, 1941

–         “Frida Bue Dress hig rez”, Nickolas Muray Photo Archive, 1939

–         “Frida NY rooftop”, Nickolas Muray Photo Archive, 1946

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