CRONACA- Pagina 27

Confartigianato Alessandria compie 80 anni

E porta in scena il Talk-Show “L’Italia e le PMI Quale futuro?”

Politica e media a confronto con ospiti illustri per fare il punto sul rilancio dell’economia del territorio.

“Confartigianato Imprese Alessandria” compie 80 anni. Quasi un secolo, dal dopoguerra ad oggi, accanto alle micro e piccole imprese del territorio, accompagnandone lo sviluppo, la crescita e il progresso, sostenendole e rappresentandole attraverso anni a volte più complessi e sfidanti come gli attuali.

Un traguardo autorevole e altrettanto significativo che merita di essere celebrato degnamente. La scelta è caduta su una tavola rotonda in formato talk-show, proprio come in tv ma senza telecamere. Un grande momento di aggregazione e confronto, seguito da alcuni eventi in corso d’anno, sulla scorta dei valori che da sempre segnano e alimentano il contesto e il percorso associativo: condivisione, incontro, dialogo, proposte.

Un appuntamento di ritrovo e di rilievo con gli attori economici e sociali del territorio quali in primis, politici, amministratori pubblici, imprenditori, cittadini e famiglie.

Venerdì 16 maggio, all’interno dell’elegante cornice di Palazzo Monferrato in Via San Lorenzo 21 in Alessandria, a partire dalle ore 17.00, andrà in scena l’incontro-dibattito dal titolo “L’Italia delle PMI: Quale futuro?”.

Un’occasione di approfondimento e scambio culturale nel corso della quale rinomati ospiti illustri dell’economia, del giornalismo e della politica, alla presenza di un parterre selezionato di oltre 100 partecipanti tra rappresentanti delle istituzioni locali, imprenditori ed invitati, illustreranno la propria visione di come rileggere e affrontare al meglio il momento attuale sotto il profilo socioeconomico, con uno sguardo attento ai cambiamenti e le trasformazioni in atto, declinate in chiave di sviluppo economico e sociale del nostro territorio. L’obiettivo è abbracciare il futuro in un’ottica integrativa e sinergica con l’evoluzione globale in essere, restando comunque coerenti ai principi che ci hanno permesso di arrivare sino a qui”, esordisce Adelio Giorgio Ferrari, Presidente di “Confartigianato Imprese Alessandria” e “Confidare”.

A lui spetterà il compito di introdurre e dare ufficialmente inizio ai lavori, dopo un momento iniziale dedicato alla consegna delle targhe di riconoscimento per la fedeltà associativa a un gruppo di imprenditori associati provenienti da tutta la provincia.

Modera Maurizio Scandurra, giornalista e saggista opinionista de “La Zanzara” di “Radio 24”. Intervengono Pietro Senaldi (Condirettore di “Libero”), Gilberto Pichetto Fratin (Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica), Marco Granelli (Presidente di Confartigianato Imprese Nazionale), Riccardo Molinari (Presidente dei Deputati Lega alla Camera), Federico Fornaro (Deputato PD alla Camera), Claudia Porchietto (Sottosegretario alla Presidenza Regione Piemonte) e Federico Riboldi (Assessore alla Sanità Regione Piemonte).

L’iniziativa è realizzata con il Patrocinio degli Enti Comune di Alessandria e Provincia di Alessandria, il sostegno della Camera di Commercio di Alessandria-Asti e della Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona, Fondazione Cassa di Risparmio Alessandria insieme ad altri sponsor privati tra i quali Banca Valsabbina, Azimut C.M. SGR S.p.a., Generali Assicurazioni Ag.AL, Artespazio S.r.l., Prometeia S.p.a., Siall, Saldema S.p.A., D&N Eventi S.r.l., Sidep -Scuola Italiana di Estetica Professionale, Baila Phytocosmetici, Primula Costruzioni, GrandiAuto, New Alarm, Salumificio Miglietta, T.M.G. Tende e Serramenti, Federico Nicola & Partners.

Ma c’è di più. Il talk-show primaverile è l’atto introduttivo di una serie di altre iniziative che abbracceranno anche altri stagioni dell’anno, e sarà seguito in autunno dal format “Scuola per Genitori: come gestire il passaggio generazionale”, condotto dagli psicologi-psicoterapeuti Lucio Zanca, Osvaldo Poli e Stefania Andreoli, in tre eventi divulgativi destinati al pubblico sul tema del ricambio generazionale e del rapporto tra genitori e figli, fondamentale per orientare le loro scelte lavorative future, soprattutto in riferimento delle peculiarità del tessuto produttivo italiano, composto principalmente da realtà imprenditoriali di piccole e medie dimensioni a gestione familiare, che negli ultimi anni ha rilevato crescenti difficoltà nel reperire ed attrarre i giovani.

Tutti gli incontri della “Scuola per Genitori” si svolgeranno presso il “Teatro Alessandrino” in Via G. Verdi, 12 ad Alessandria, con orario 21.00 – 22.30.

Maggiori informazioni sul sito www.confartigianatoal.it.

Centri estivi a Rivoli, riduzione delle tariffe

Stanziati 254 mila euro dall’Amministrazione per centri estivi attenti all’inclusione ed alla libertà di sceltaAmpliato il periodo di apertura. Riduzione delle tariffe.

 

L’estate rappresenta un tempo prezioso: una pausa dalla scuola, ma anche un’occasione di crescita, socialità e scoperta. Con questa consapevolezza, la Città di Rivoli presenta il programma 2025 dei centri estivi, frutto di un grande lavoro di pianificazione e di un investimento mirato per garantire servizi di qualità, inclusivi e accessibili a tutte le famiglie.

L’offerta di quest’anno, rivolta principalmente ai bambini dai 3 agli 11 anni, si distingue per il rafforzamento delle misure di sostegno personalizzate, per la continuità con le esperienze passate e per l’introduzione di importanti novità.

Uno dei pilastri del progetto è l’attenzione dedicata ai minori con disabilità. Ogni bambino, infatti, potrà contare su un operatore educativo dedicato 1 a 1, con la possibilità di scegliere liberamente il centro estivo più adatto, anche in funzione delle sue necessità terapeutiche. Una vera e propria individualizzazione del sostegno, che mette al centro la persona e la sua unicità.

Per garantire questo servizio, l’Amministrazione ha stanziato 254.149 euro e affidato l’intervento alla Cooperativa Aldia, con l’obiettivo di favorire, ove possibile, la continuità educativa con i professionisti già coinvolti durante l’anno scolastico.

Sono previste fino a 6 settimane di presenza dell’educatore per i bambini della primaria e secondaria di primo grado, e 4 settimane per i bambini dell’infanzia (considerando che la scuola termina il 30 giugno). Un impegno significativo, se si considera che ogni settimana di supporto costa oltre 1.000 euro per bambino.

Anche sul fronte dell’accessibilità economicail Comune ha voluto mantenere e rafforzare le agevolazioni: 10 euro di riduzione settimanale per tutti i residenti; ulteriori 5 euro di sconto per ogni fratello/sorella iscritti; sconti in base alla fascia ISEE.

Il contributo complessivo stanziato per la riduzione delle tariffe è di 55.000 euro. Le riduzioni si applicano fino a un massimo di 8 settimane per i bambini della primaria e 5 settimane per quelli dell’infanzia. In caso di reperimento di ulteriori fondi (comunali o statali) sarà possibile rivalutare l’impianto di sostegno alle tariffe.

Novità di quest’anno, l’ampliamento del periodo di apertura10 settimane di attività per la scuola primaria7 settimane per l’infanzia, con inizio il giorno successivo alla chiusura scolastica.

I servizi saranno sospesi solo durante le due settimane centrali di agosto, dal 9 al 24.

Accogliere davvero tutti richiede competenze. Per questo motivo torna e si amplia il progetto “Summer4All”, un percorso di formazione e accompagnamento rivolto agli operatori dei centri estivi (coordinatori, educatori, animatori) per migliorare l’esperienza dei bambini con diagnosi di autismo. Il progetto, promosso dal Consorzio Ovest Solidale con la Diaconia Valdese – Centro Boom, prevede incontri iniziali e momenti di supervisione continua, e si estende a tutti i Comuni del territorio consortile, dopo gli ottimi risultati registrati nella scorsa edizione.

L’estate rivolese non si rivolge solo ai più piccoli. Anche gli adolescenti avranno la loro occasione di mettersi in gioco. Per i giovani tra i 13 e i 16 anni, sarà attivato a luglio il progetto gratuito “Piazza Ragazzabile”, un vero e proprio cantiere-laboratorio di ecologia urbana.

Durante tre settimane, dalle 9.30 alle 12.30, circa 25 ragazzi parteciperanno ad attività concrete per prendersi cura della città, sviluppare senso civico e lavorare in squadra. L’iniziativa, alla sua terza edizione, si inserisce in un percorso più ampio avviato anche durante l’anno scolastico.

Nel riconoscere il valore sociale e aggregativo degli oratori e delle parrocchie, il Comune ha destinato 15.000 euro a sostegno delle loro proposte estive rivolte ai bambini e ragazzi dai 6 ai 14 anni. I fondi saranno distribuiti in base al numero di iscritti, alla durata delle attività e alla qualità progettuale.

Per rafforzare ulteriormente il senso di rete tra tutte le realtà coinvolte – cooperative, associazioni, enti religiosi e del terzo settore – è in programma per martedì 1 luglio anche una mattinata di festa e incontro pubblico, per condividere esperienze, fare comunità e celebrare l’impegno educativo che unisce tutta la città.

L’estate è un tempo prezioso per la crescita e l’equilibrio dei nostri bambini e ragazzi” dichiara l’Assessore all’Istruzione Lidia Zanette “Con questa programmazione, l’Amministrazione ha scelto di investire sulle persone, sulla libertà di scelta, sull’individuazione del sostegno e sul rafforzamento della rete educativa del territorio. Ogni bambino, deve sentirsi accolto e valorizzato nella sua unicità.

Iscrizioni partite il 5 maggio 2025.

Torino, nella chiesa di Sant’Agostino messa per Papa Leone XIV

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Parrocchia S. Agostino in Torino, via Sant’Agostino angolo via Santa Chiara.
(La storica parrocchia agostiniana di Torino)

Oggi venerdì 9 Maggio ore 18.30
S. Messa per Papa Leone XIV, frate agostiniano. In rendimento di Grazie e pregando per il suo ministero. “Con voi sono cristiano, per voi sono vescovo” (S. Agostino – citato nel primo saluto papale di ieri)

Igino Macagno

Monopattini e bici sotto i portici di via Cernaia

GIACHINO SCRIVE AL SINDACO LO RUSSO
Caro Sindaco,
Sbucando da via Fabbro in via Cernaia ho rischiato di essere investito da una bicicletta che passava sotto i portici di via Cernaia.  Stavo commentando con un Signore che aveva assistito alla scena ed ecco arrivare sempre sotto i portici un monopattino. Ho già segnalato altre volte questa situazione ma vedo che i risultati non ci sono. Puoi vedere Tu?
Grazie della attenzione
Mino Giachino

Con il maltempo arriva anche il tornado

Un vero e proprio tornado in Piemonte.  È durato alcune decine di secondi il fenomeno atmosferico mercoledì  nel Novarese, a Landiona. Per fortuna nessun danno. Un video, dal quale è stata tratta l’immagine è stato postato sulle pagine Facebook “Meteo Novara e provincia” e di Andrea Vuolo meteorologo.

Il nonno del Papa, Jean Lanti Prevost, nacque a Torino?

In base a quanto rilevato dal sito di ricerche genealogiche wikitree, che cita come fonti i dati anagrafici del governo USA, il nonno del Papa, Jean Lanti Prevost, sarebbe nato a Torino nel 1876 e deceduto nel 1960 a Cook, in Illinois. Si sarebbe sposato  con Suzanne Louise Marie Fabre, di origini italo-svizzere, prima di emigrare negli Stati Uniti, stabilendosi a Chicago, dove nel 1920 nacque il padre di Robert Prevost, Luis Marius. Bisogna anche però  precisare che, nelle biografie diffuse in queste ore, le origini del nuovo vescovo di Roma vengono descritte in modo generico come franco-italiane e, al momento, non risultano riscontri certi negli archivi anagrafici italiani.

Il mestiere della giornalista nello sguardo di Stefania Battistini e Serena Danna

Primo incontro di “Giornaliste. Raccontare e fotografare il mondo” al Circolo dei lettori

Al Circolo dei lettori è ripartito il ciclo “Giornaliste. Raccontare e fotografare il mondo”, ideato da Annalisa Camilli. Un omaggio alle voci femminili del giornalismo – del presente e del passato – che sanno e hanno saputo raccontare il proprio tempo attraverso parole e immagini, da davanti o dietro un obiettivo. Un viaggio tra testimonianze dirette, documenti d’archivio e memorie personali, per restituire frammenti di mondo e offrire nuovi sguardi sulla realtà.

Nel primo incontro di mercoledì 7 maggio Stefania Battistini, inviata speciale del TG1 in dialogo con Serena Danna, vicedirettrice di Open, ci hanno aiutato a capire come si spiegano i conflitti e il mondo che cambia così velocemente, in un periodo storico in cui si fa fatica a rincorrere le guerre.

Il mestiere dell’inviato di guerra

Durante uno degli episodi più delicati del conflitto in Ucraina Stefania Battistini si è trovata nuovamente sul campo, testimone diretta di un momento che segnava un cambio di strategia da parte di Kyiv. Era agosto del 2024, quando le forze ucraine tentarono per la prima volta in due anni e mezzo un’incursione oltre il confine russo, con l’obiettivo dichiarato non di conquistare dei territori, ma di guadagnare una posizione di forza in vista di eventuali negoziati di pace.

“Gli ucraini non hanno mai detto: invadiamo la Russia per prenderci un pezzo di territorio. Hanno puntato a un obiettivo strategico, la centrale nucleare di Kursk, per cercare di ottenere indietro città come Zaporižžja,” ha spiegato Battistini. Il suo lavoro, come sottolinea, è stato quello di ogni cronista: verificare con i propri occhi, essere presente e raccontare.

La giornalista ha ribadito come, nel mestiere del reportage di guerra, sia fondamentale trovare un equilibrio tra l’emozione, inevitabile di fronte al dolore e alla morte, e la lucidità analitica. “C’è chi lavora dal desk, chi corre sul posto. Ma alla fine il punto d’incontro dentro una redazione nasce proprio da questa osmosi tra chi analizza e chi vive sul campo.”

Un esempio emblematico di quanto sia complesso e delicato il ruolo del giornalista nei teatri di guerra si è verificato durante la liberazione della città di Kherson, nel sud dell’Ucraina. Le immagini di cittadini in festa che sventolavano la bandiera ucraina, hanno smontato la narrazione russa secondo cui gli ucraini avrebbero accolto con favore l’occupazione. Tuttavia, le autorità ucraine decisero di limitare l’accesso alla stampa internazionale in quel momento cruciale, bloccando anche giornalisti accreditati, a differenza di colleghi della BBC e della CNN che riuscirono comunque a entrare, pur con grande rischio. per la prima volta i cittadini che erano finiti sotto occupazione potevano raccontare delle cose e sarebbe stato un momento di propaganda fortissimo, che però gli ucraini non si sono voluti giocare.

Secondo Battistini, la decisione di Kyiv fu dettata dalla paura di eventuali incidenti ai danni dei giornalisti occidentali e dalle conseguenze diplomatiche che ne sarebbero potute derivare. “Temono che un morto tra i reporter possa essere visto come una strumentalizzazione a fini di propaganda. C’è una grande attenzione verso la sicurezza degli inviati, un’attenzione che raramente si vede in altri conflitti,” ha affermato.

Il mestiere del giornalista di guerra, specie per chi lavora per la televisione, impone una certa vicinanza alla scena. “Un fotografo deve vedere con i propri occhi, un reporter della carta stampata può anche rimanere un po’ più distante, ma chi lavora per la TV deve poter mostrare.” E raccontare la guerra in Ucraina è vero che puoi farlo dalle città perché è un conflitto che non risparmia i centri abitati, dove vengono colpite scuole, case e ospedali, con i civili che pagano il prezzo più alto.

Ma qualche volta bisogna anche uscire dalle aree urbane per documentare ciò che accade lungo le linee di contatto tra gli eserciti, dove l’accesso è strettamente controllato. “Il primo posto di blocco puoi raggiungerlo da solo, ma per avvicinarti davvero al fronte servono i mezzi militari. A volte sono semplici jeep verdi, che non garantiscono alcuna protezione reale.” E ogni volta che un giornalista viene portato su quei percorsi, aggiunge Battistini, c’è il rischio concreto di diventare un bersaglio.

Una realtà dura, che trova conferma anche in altri teatri di guerra come Gaza: “Il giornalista non è protetto dalla Convenzione di Ginevra. E gli ucraini, questa responsabilità, se la sentono tutta.”

Il giornalista come bersaglio

Dal confronto tra Serena Danna e Stefania Battistini emerge con forza un problema cruciale del nostro tempo: il progressivo screditamento dei giornalisti, in particolare di chi lavora sul campo in contesti di conflitto. Quello che un tempo era considerato un mestiere di testimonianza e servizio pubblico, oggi viene spesso messo in discussione, attaccato, persino ridicolizzato.

Serena Danna sottolinea un trend globale: i giornalisti non sono più visti semplicemente come osservatori, ma sempre più spesso come pedine di propaganda o, peggio ancora, come nemici da smascherare. In un clima di crescente sfiducia, ogni narrazione che non si allinea alle aspettative di una parte viene accusata di parzialità o manipolazione, come nel caso degli attacchi ricevuti da alcuni inviati italiani o americani. Danna parla di un vero e proprio “rogo pubblico” che colpisce il singolo cronista, trasformando l’informazione in campo di battaglia.

Dal canto suo Stefania Battistini racconta quanto questi ultimi tre anni siano stati i più difficili per chi, come lei, lavora nei teatri di guerra. Non solo per il pericolo fisico, ma per il dubbio sistematico che grava sul loro lavoro. Il cuore del problema è che viene costantemente messo in discussione non solo ciò che si racconta, ma il principio stesso della realtà osservata. Anche di fronte a un cadavere, anche con prove documentate, c’è chi nega, chi insinua, chi distorce la realtà.

Battistini rivendica con fermezza la verità dell’esperienza diretta. Ha sempre descritto con lucidità le città ucraine sotto assedio, i civili colpiti durante la fuga, esattamente come i colleghi stranieri provenienti da tutto il mondo, che hanno documentato le stesse cose. Eppure, di fronte a questa coralità di testimonianze, la contro-narrazione negazionista o complottista – spesso formulata da chi è lontano dal fronte– diventa strumento di delegittimazione. E spesso a screditare la fonte sono proprio altri giornalisti che seguono le notizie dal divano di casa.

Ed è proprio qui che si apre la frattura più pericolosa della nostra epoca: la trasformazione della verità in opinione, del giornalista in bersaglio. In un clima di “post-verità”, la realtà non è più ciò che accade, ma ciò che conviene pensare. E il giornalista, anziché essere ponte tra fatti e cittadini, diventa figura scomoda, da smentire o zittire.

Nel proseguire il dialogo, Serena Danna solleva una domanda cruciale: perché chiunque oggi si sente legittimato a mettere in discussione la testimonianza di un giornalista che lavora sul campo? Dai profili anonimi dei social media a colleghi che osservano i conflitti dal divano di casa, il lavoro dei cronisti viene costantemente sottoposto a un giudizio superficiale, spesso strumentale.

Stefania Battistini risponde sottolineando una frattura sistemica nel mondo dell’informazione. Le testate giornalistiche tradizionali, come quelle del servizio pubblico o quelle considerate “mainstream”, sono vincolate da regole stringenti: ogni errore ha conseguenze legali e reputazionali, ogni querela può trasformarsi in una sentenza che pesa anche sul piano economico. La credibilità va difesa con rigore, perché la responsabilità di chi raggiunge milioni di spettatori è enorme.

Al contrario, alcuni spazi televisivi – in particolare i talk show – non sono testate giornalistiche e non sono tenuti a rispettare gli stessi standard. Battistini critica apertamente l’abitudine di invitare ospiti che, consapevolmente, distorcono la verità o negano fatti storici documentati. La responsabilità editoriale si dissolve in nome dello spettacolo e del “pluralismo”, ma il risultato è una continua erosione del confine tra informazione e opinione.

Preoccupa, dice la giornalista, la sovrapposizione tra certe narrazioni di analisti italiani e quelle dei media russi: quando i messaggi coincidono, a distanza di pochi giorni, diventa lecito chiedersi se ci sia solo ingenuità o una deliberata regia del racconto. Continuare a ospitare chi mente, su fatti presenti e passati, è una scelta editoriale che chiede spiegazioni.

In un’epoca di disinformazione diffusa, il rischio è che il giornalismo venga delegittimato non per ciò che dice, ma per ciò che rappresenta: una voce scomoda, un testimone in più. E difendere la sua integrità significa difendere la possibilità di comprendere il mondo.

L’esperienza più paurosa per Battistini

Durante l’incontro con il pubblico, qualcuno ha chiesto a Stefania Battistini quale sia stata la volta in cui ha avuto più paura. La giornalista, con semplicità, ha risposto: “Non sono una persona paurosa”. Eppure, un episodio le è rimasto dentro.

È accaduto quando i droni, utilizzati per documentare il fronte, hanno iniziato a essere dotati di granate. Da quel momento, per motivi di sicurezza, i movimenti si facevano solo di notte. Gli appuntamenti erano fissati per mezzanotte, con l’obiettivo di raggiungere le zone di combattimento sotto la copertura del buio.

Quella notte, la Battistini era sola, senza operatore, i militari l’accompagnano in un territorio aperto e gelido, una pianura spoglia. Le vecchie trincee sono state sostituite da “tane del coniglio”, piccoli rifugi interrati dove si pilotano i droni. Ma la prima tana è già occupata, bisogna raggiungerne un’altra, a piedi. Intorno, solo luci lontane: “Quelli lì sono i russi, quelli lì pure, e anche lì”, le dicono. L’ansia inizia a sovrastarla. Nella nuova tana si entra in quattro, ma c’è posto solo per tre. Un militare resta fuori al freddo. Dentro, si accende una candela, ognuno con la testa china sul proprio schermo. La tensione è palpabile. Lei guarda Twitter, scorre notizie per distrarsi e poi, all’improvviso, si addormenta per lo stress. “Mi sono addormentata per la fatica di gestire l’attesa, lo stress. Ad un certo punto il cervello si spegne, un po’ per darti una via di fuga.”

“Mai più una tana del coniglio”, dice oggi. Ma da quell’esperienza ha capito cosa significa davvero la guerra vissuta da vicino: giovani che fino a ieri lavoravano all’università o nella tecnologia e oggi, obbligati, si ritrovano in prima linea a combattere e sopravvivere.

Una testimonianza cruda, che scava nella carne viva del mestiere e nella verità del conflitto.

Come nasce una vocazione

Un’altra domanda arriva dal pubblico, questa volta da una giovane universitaria: “Come ha iniziato a fare la giornalista?”

Stefania Battistini sorride. Racconta che sì, il giornalismo è sempre stato un sogno. Ma il suo ingresso nella RAI è stato anche un colpo di fortuna supportato dall’ostinazione ostinazione. È successo quando venne aperto un nuovo canale sul digitale terrestre. “Sono entrata così, quasi per caso. Ma poi è iniziata la lunga trafila del precariato. Dieci anni di contratti a tempo: tre mesi, poi due, poi un altro breve rientro. Il “club dei precari”, lo chiama con ironia. “Un girone infernale: precario uno, precario due… e uno solo assunto.” Ma grazie anche al lavoro sindacale e a un cambio di approccio interno, la regola dell’anzianità è stata finalmente rispettata. E così, dopo dieci anni, è arrivato il contratto stabile.”

La carriera è proseguita con la cronaca nera, poi quella locale “lì ho imparato tanto, mi sono formata.” Ma la passione per gli esteri era sempre lì, viva: “durante le ferie andavo in Siria. Un classico per noi giornalisti: investiamo tutto quello che guadagniamo per inseguire ciò che ci muove davvero.”

Poi, un po’ di fortuna, un po’ di contingenze e il coraggio di offrire la propria disponibilità nei momenti in cui nessuno voleva partire. Così è cominciato il suo viaggio da inviata per raccontare il mondo da vicino e da dentro.

Per i prossimi appuntamenti di “Giornaliste. Raccontare e fotografare il mondo” consultare il programma al seguente link https://torino.circololettori.it/giornaliste2025/

GIULIANA PRESTIPINO

Smog, Comitato Torino Respira: “normativa non permette di individuare responsabilità”

“Facciamo fatica a comprendere le motivazioni che hanno indotto la Procura Generale a rinunciare all’impugnazione presentata da un altro Ufficio che per anni si è occupato di approfondire, sotto un profilo tecnico e giuridico, la tematica del grave inquinamento che affligge la nostra Città” commenta l’avvocato Marino Careglio, tra i difensori del Comitato Torino Respira.

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Smog, Comitato Torino Respira: “la normativa italiana non permette di individuare chiaramente le responsabilità per la morte prematura e le malattie di migliaia di cittadine e cittadini a causa dell’inquinamento atmosferico. C’è una tendenza di parte della magistratura di proteggere i “colletti bianchi” e di perseguire chi cerca di proteggere l’ambiente”.

 

Processo Smog. La decisione del Procuratore Generale di rinunciare all’appello presentato dalla Procura della Repubblica, a firma delle figure apicali di questo Ufficio – rappresentate dal Procuratore della Repubblica e dal Procuratore Aggiunto, oltre che dal Pubblico Ministero -, impedisce alla Corte di Appello di Torino di effettuare una nuova valutazione della vicenda.

L’atto di appello della Procura della Repubblica, a cui era stata allegata una memoria tecnico-giuridica del Comitato Torino Respira, era molto ben motivato e sussistevano tutti i presupposti affinché fosse accolto, in modo da consentire che l’ipotesi di accusa venisse sottoposta al vaglio del dibattimento.

“Facciamo fatica a comprendere le motivazioni che hanno indotto la Procura Generale a rinunciare all’impugnazione presentata da un altro Ufficio che per anni si è occupato di approfondire, sotto un profilo tecnico e giuridico, la tematica del grave inquinamento che affligge la nostra Città” commenta l’avvocato Marino Careglio, tra i difensori del Comitato Torino Respira.

Nel frattempo la Commissione Europea ha messo in mora lo Stato italiano per la mancata esecuzione della sentenza di condanna pronunciata dalla Corte di Giustizia Europea del 10 novembre 2020 per il “superamento sistematico e continuato dei valori applicabili alle microparticelle (PM10) in determinate zone e agglomerati italiani”, tra cui quello di Torino.

“Questo esito conferma dal mio punto di vista due cose. La prima è che la normativa italiana non permette di individuare chiaramente le responsabilità degli amministratori pubblici per la morte prematura e le malattie di migliaia di cittadine e cittadini a causa dell’inquinamento atmosferico. La seconda è la tendenza di parte della magistratura di sminuire il rilievo dei reati anche gravi commessi dai “colletti bianchi” e di perseguire invece con tenacia chi cerca di proteggere l’ambiente. Faremo una riflessione sui prossimi passi, perché, paradossalmente, questa decisione apre altre possibilità di azione legale anche a livello europeo”, commenta Roberto Mezzalama, presidente del Comitato Torino Respira.

L’impegno del Comitato Torino Respira, inoltre, non si ferma qui, perché l’inquinamento dell’aria è ancora un problema sanitario, sociale e ambientale per la nostra città.

Il Comitato continuerà a studiare e portare avanti altre azioni legali, come il sostegno alla causa di Chiara, e azioni per sensibilizzare la popolazione e per chiedere a chi ha responsabilità in materia di qualità dell’aria di agire per la tutela della salute delle persone.

Proprio la prossima settimana, martedì 13 maggio, inizierà il ciclo di incontri di divulgazione sull’inquinamento “Aria pulita: conoscere, misurare, agire” e per cinque settimane insieme ad esperte ed esperti si approfondiranno cause, analisi dei dati, aspetti legali, effetti sulla salute e sociali, ma anche proposte, campagne di monitoraggio civico e azioni per contribuire a rendere l’aria che respiriamo migliore.

 A Venezia il  progetto del Politecnico “Constructing la Biennale”

Il dipartimento di Architettura e Design dell’Ateneo torinese ha progettato l’installazione all’ingresso del padiglione centrale ai Giardini della Biennale, in collaborazione con Barabasi Lab e Center for Design di Northeastern University di Boston, con il sostegno Fondazione Compagnia di San Paolo, Camera di Commercio di Torino, Reply e Secap Spa.

La Biennale di Venezia, che si tiene dal 10 maggio al 23 novembre 2025, è un luogo fondamentale per la cultura architettonica, una piattaforma per il dibattito, la critica e la visibilità a livello globale. Cosa c’è dietro le quinte di un evento così complesso ? Le dinamiche curatoriali, l’articolazione del processo curativo che ne determinano i risultati spesso sfuggono alle narrazioni internazionali.

Attraverso un approccio interdisciplinare che unisce network sciences, information design, data visualisation e etnografia dell’architettura, il progetto speciale “Constructing la Biennale” racconta il processo tramite il quale si è giunti alla prossima Biennale di Architettura “Intelligens. Natural. Artificial. Collective” curata da Carlo Ratti, allievo dell’Ateneo torinese. Il progetto aiuta il visitatore a comprendere meglio la complessità di eventi di questa portata: partendo dai dati raccolti e elaborati sulla storia della Biennale, l’installazione approfondisce il processo curatoriale come impresa collaborativa. Seguendo il lavoro del team curatoriale, e utilizzando sia big data sia strumenti etnografici, cattura la complessità che sta dietro la costruzione di una Biennale. Una cordata tutta torinese sostiene il progetto, che ha visto anche il contributo dei Department of Network and Data Science della Central European University. L’installazione “Constructing la Biennale” è collocata nel luogo più significativo e visibile della manifestazione, la facciata del padiglione centrale ai Giardini: l’edificio, attualmente in restauro, è stato mascherato con una “controfacciata” che accoglie i visitatori con una nuvola di punti larga 30 metri a tracciare la storia della Biennale Architettura (1974 – 2023). I nodi rappresentano progettisti e collaboratori, aggregati ai loro progetti in forma di collettivo. Tramite i colori si ottiene una vivida rappresentazione del modo in cui le idee riaffiorano nel tempo, e costruiscono una narrazione sul progetto di architettura contemporaneo.

A partire da questa ricerca condotta sull’evoluzione storica della Biennale Architettura e la sua intricata ecologia, i dati dell’edizione attuale, per esempio il numero degli architetti partecipanti, le dimensioni e la provenienza del team, i progetti e i loro temi sono stati elaborati in cluster di dati, mappe e diagrammi. Un’altra parete di 23 metri offre infatti una visualizzazione critica della mostra di quest’anno, intitolata “Intelligens. Natural. Artificial. Collective”. Il ventaglio delle proposte e dei progetti selezionati approfonditi dal punto di vista etnografico: il team curatoriale e i tanti altri attori che stanno contribuendo a questa edizione sono stati intervistati, seguiti e filmati. Il risultato è una inedita rappresentazione di una rete complessa di persone, opere e temi che si sono coagulati, stratificati e dissipati nel tempo.

“La presenza del Politecnico di Torino alla Biennale di Venezia testimonia la grande attenzione dell’Ateneo al tema delle costruzioni e dell’innovazione tecnologica nell’ambito di questo settore, fondamentale per fornire risposte complete alle sfide poste alla transizione ecologica ed energetica e dalla sostenibilità – commenta il Prorettore del Politecnico Elena Baralis – il nostro Ateneo ha coordinato quattro contributi che convergono nell’installazione della Biennale, quello della Network Science, con il Barabasi Lab di Boston, quello dell’Information Design, della Northeastern University, quello Etnografico di Albena Yaneva, e infine, la progettazione architettonica curata dai progettisti stessi del Dipartimento di Architettura e Design, un gruppo d’eccellenza dal punto di vista accademico, che utilizza metodi quantitativi tecnologici basati su big data e reti, e qualitativi umanistici propri della etnografia dell’architettura”.

“Se nelle scorse Biennali era la figura del curatore ad attirare l’attenzione – ha dichiarato Michele Bonino, Direttore del Dipartimento Architettura e Design e curatore del progetto – questa volta si dichiara esplicitamente la presenza di una macchina complessa, composta da oltre due mila persone, tra chi partecipa, chi cura, chi costruisce e chi promuove. Questa intelligenza collettiva viene rappresentata il più fedelmente possibile dalla nostra installazione”.

La presenza alla Biennale sarà un’occasione di visibilità non solo per l’Ateneo, ma anche per la Città di Torino e la sua tradizione nel settore dell’architettura e delle costruzioni. In questo anno che vede per la prima volta un architetto torinese, Carlo Ratti, come curatore della mostra (dal 2000, quando fu curatore della mostra l’architetto Massimiliano Fuksas).

“Grazie al Politecnico e a Carlo Ratti, primo curatore torinese dell’evento, ci sarà molta Torino in occasione della prossima Biennale – afferma Guido Bolatto, Segretario Generale della Camera di Commercio di Torino – attraverso un’installazione del progetto speciale ‘Constructing la Biennale’: un portale di grande visibilità all’ingresso della mostra, che metterà in luce le nostre eccellenze di progettazione, design e ricerca scientifica, raccontando il dietro le quinte di un evento così complesso e il valore delle persone che ci lavorano”.

Gian Giacomo Della Porta

Rapporto Save the Children: bassa fecondità in Piemonte

Il tasso di fecondità in Piemonte  è inferiore alla media nazionale di 1,14 figli per donna. Lo rileva il rapporto “Le Equilibriste, la maternità in Italia” curato da Save the Children, giunto alla decima edizione.  Contiene un “Indice delle madri” per ogni regione, frutto della  collaborazione scientifica con l’Istituto nazionale di statistica (Istat) e  di un’analisi di 7 dimensioni: demografia, lavoro, rappresentanza, salute, servizi, soddisfazione soggettiva e violenza. In tutto 14  indicatori del sistema statistico nazionale.