Apre la sua azienda tessile in Tunisia, ottiene progetti, design e loghi del capo pregiato e riproduce illecitamente, per poi rivenderli, migliaia di capi contraffatti.
È quello che ha scoperto nei giorni scorsi la Guardia di Finanza di Torino nel corso di un’indagine che ha portato al sequestro di migliaia di jeans di un noto brand nazionale contraffatto.
Contraffazione marchi, fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale, frode in commercio e ricettazione, questi gli addebiti in capo a tre imprenditori italiani che hanno illegalmente introdotto nel territorio nazionale 7.000 jeans falsi.
Le indagini dei Finanzieri del Gruppo Pronto Impiego Torino, coordinati dalla locale Procura della Repubblica, sono partite proprio dal capoluogo piemontese tramite il monitoraggio di siti di e-commerce nel settore del fashion-style, dove è stato possibile individuare dei prezzi di vendita non corrispondenti al valore corrente di mercato; basti pensare che i pantaloni pagati al produttore circa 5 euro venivano rivenduti ad oltre 120 euro ovviamente accompagnati da packaging, loghi, etichette e imballi riportanti il noto brand, tutto rigorosamente contraffatto.
Gli sviluppi delle indagini hanno portato i “Baschi Verdi” sino a Roma dove presso un’area logistica della capitale sono stati sequestrati alcuni container appena giunti dal nord Africa con all’interno migliaia di pantaloni falsi ed illecitamente introdotti in Italia.
I container, come ricordato, provenivano dalla Tunisia, paese questo emergente nel settore del confezionamento di tessuti. Queste, in sintesi, le dinamiche della vicenda: a Monastir, un imprenditore italiano apre il suo opificio e, dopo aver ottenuto progetti, design e loghi del capo pregiato, ne riproduce illecitamente un grosso quantitativo rivendendolo poi ad un collega di origini campane con la sua azienda a Prato. Quest’ultimo, a sua volta, tramite un’azienda romana era pronto a distribuire la falsa merce anche tramite piattaforme web, in Italia ed all’estero.
L’azienda titolare del diritto di privativa industriale internazionale del noto brand, dopo aver appreso dei fatti, ha fornito alla Guarda di Finanza torinese un significativo supporto per interrompere l’illecita filiera produttiva e distributiva.
Le indagini a questo punto cercheranno di ricostruire eventuali precedenti forniture illegali che potrebbero interessare ulteriori noti marchi.
I tre imprenditori, tutti italiani, sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Torino. Un milione di euro l’ammontare della frode.
Duplice, anche questa volta, la finalità dell’operazione della Guardia di Finanza di Torino che, oltre ad arginare un fenomeno distorsivo del mercato, vedrà la merce sequestrata devoluta ad enti caritatevoli per la successiva consegna a persone bisognose.
Denunciato un minore per possesso di marijuana
Stop ai mozziconi gettati a terra
Furti a Porta Nuova, arrestata ladra
Nel primo pomeriggio di sabato 7 settembre, durante un servizio di controllo all’interno dello Scalo Ferroviario di Torino Porta Nuova, personale del Settore Operativo veniva contattato da una dipendente di un negozio. Quest’ultima riferiva di aver subito il furto, all’interno dell’esercizio commerciale, di una banconota del valore di 50 euro custodita nella propria borsa e forniva agli operatori un’accurata descrizione dell’autrice.
Immediatamente la pattuglia si attivava nelle ricerche della responsabile, la quale veniva intercettata sulle panchine site all’interno dello scalo.
La predetta, una 45enne dell’est Europa, veniva trovata in possesso della banconota e veniva accompagnata presso gli uffici Polfer per procedere ad ulteriori riscontri.
Durante gli accertamenti si presentavano, presso i suddetti uffici, diversi dipendenti di attività commerciali siti all’interno dello scalo ferroviario, per denunciare i numerosi tentativi di furto avvenuti nelle ore precedenti.
Questi ultimi, riconoscevano l’autrice nella persona fermata; questa vistasi alle strette, dava in escandescenza, inveendo contro gli operatori e aggredendoli fisicamente.
Visti i fatti descritti e i numerosi pregiudizi di polizia, tra cui diversi furti e finanche un tentato omicidio, su disposizione della competente A.G., veniva tratta in arresto.
Arresto convalidato in data odierna, nell’udienza per direttissima.
(foto: Potito Amarena)
Incidente in autostrada, feriti bambino e mamma
Questa mattina sull’autostrada Torino-Milano in direzione Torino una Fiat 500 e una Hyundai si sono scontrate nei pressi dello svincolo di Chivasso centro. L’urto è stato molto forte, a bordo della Hyundai un bambino, ferito con la mamma e il conducente della 500. I tre sono stati trasportati all’ospedale di Chivasso dopo essere stati liberati dalle lamiere delle vetture dai vigili del fuoco.
Scoperto a rubare in ospedale si finge elettricista
Quando è stato colto sul fatto ha detto di essere un elettricista, cosa che però non gli ha evitato di essere arrestato.
Venerdì pomeriggio, intorno alle 16, il cinquantaseienne, italiano, è entrato in un locale del reparto di Neurochirurgia dell’ospedale Martini ed ha iniziato a rovistare in un armadietto personale di un dipendente del reparto. Quest’ultimo, però, è rientrato nella stanza ed ha colto sul fatto il reo che ha tentato di giustificarsi millantando di essere un elettricista. La vittima non ha creduto all’uomo anche per il suo abbigliamento non proprio compatibile con la professione dichiarata. Vistosi scoperto, l’uomo si è dato alla fuga ma è stato raggiunto dalla vittima e da un suo collega sulla scalinata. Con una scusa, il ladro ha tentato una nuova fuga utilizzando una finestrella del bagno e l’impalcatura esterna. Anche questo tentativo è risultato però vano visto che l’uomo è stato fermato da due addetti alla sicurezza. Gli agenti della Squadra Volante, nel frattempo intervenuti, hanno poi arrestato l’uomo per il tentato furto.
Ladre senza identità
La banda delle donne senza identità. Lanciano zaino con refurtiva dalla macchina, tre ragazze arrestate Ieri pomeriggio, a Nichelino, viene segnalata la presenza di tre donne che scavalcano la recinzione di una villetta in via Cecchi. All’arrivo della pattuglia dei Carabinieri però, le tre si davano a una spericolata fuga per le vie di Nichelino e Moncalieri a bordo di un’Audi di grossa cilindrata, intestata a un prestanome, provando a far perdere le proprie tracce. Durante la folle corsa, che non ha risparmiato sorpassi azzardati e strade prese in contromano, le tre hanno lanciato dall’auto uno zaino che conteneva tutta la refurtiva appena trafugata nella casa “visitata”. I Carabinieri sono però riusciti a recuperare lo zaino e bloccarle ai confini con Torino.
I militari si sono trovati di fronte tre ragazze nomadi rom prive di documenti, che asserivano di avere all’incirca dodici anni. Le tre non hanno nemmeno voluto indicare la loro residenza o le generalità dei genitori. Questo piccolo escamotage non ha però impedito ai militari dell’Arma di effettuare accertamenti di natura medico legale che hanno confermato per tutte e tre un’età compatibile con i 17 anni.
Ora le tre giovani devono rispondere di furto aggravato in concorso, oltre al danneggiamento di alcune auto in sosta e resistenza a Pubblico Ufficiale.
Le tre ladre non erano nuove a queste esperienze e risultavano essersi già allontanate da una comunità di Roma dove avevano fornito generalità completamente differenti.
“L’ingegno umano, quando si tratta di ricavare denaro, non ha limiti, neppure quando tali attività, oltre ad essere illegali, possono rappresentare un serio rischio per la salute”.
Così, nel lontano 1973, Deitel e Syed descrissero per la prima volta l’utilizzo del tubo digerente come mezzo di trasporto di droghe. Il fenomeno, denominato “body stuffing”, riguarda il trasporto illegale di droga (cocaina ma anche eroina) mediante occultamento nel corpo. Molto spesso i body stuffer, detti anche “mini packer”, sono piccoli trafficanti o consumatori che, temendo di essere scoperti dalla polizia, impulsivamente ingoiano gli involucri di stupefacente pronti per lo smercio al dettaglio. Obiettivo: evitare l’arresto da parte delle forze dell’ordine. Tale pratica ha ormai raggiunto una elevata percentuale di successo; sempre più spesso, gli operatori di polizia sul territorio, durante i controlli antispaccio nelle zone della movida, si imbattono in pusher, per lo più di provenienza straniera che, alla loro vista, deglutiscono frettolosamente decine di ovuli pur di sottrarsi all’arresto. La scorsa settimana, 3 ventenni di provenienza extracomunitaria (rispettivamente dalla Nigeria, Gabon e Burkina Fasu) sono stati sorpresi, in due diverse circostanze, da personale della Squadra Volante mentre parlavano a bassa voce con dei cittadini italiani che si erano affiancati a loro con fare circospetto, ricevendo poi qualcosa in cambio di denaro. Avvicinati per essere sottoposti a controllo, i tre, che hanno tutti precedenti specifici per tale tipologia di reato, con mossa fulminea hanno portato alla bocca ed ingoiato diversi involucri termosaldati contenenti stupefacente. In considerazione della pericolosità di tale pratica (è infatti possibile che il body stuffer vada incontro anche a gravi complicazioni, quali l’occlusione intestinale e l’intossicazione acuta per rottura degli involucri), gli arrestati, prima di essere tradotti in carcere, sono stati sottoposti a controllo medico ospedaliero, che ha confermato la presenza di corpi estranei nella loro cavità gastrica.