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La Cuoca Insolita propone: crêpes alle fragole per la Festa della Mamma

Si avvicina la Festa della Mamma. Cosa c’è di più gradito di una bella sorpresa, buona e anche light?

In questa ricetta di crêpes alle fragole e crema pasticcera “vantaggiosa” (e capirete subito perché la ho chiamata così), la parte ai fornelli si può fare con la mamma all’ultimo, così non ci sono pericoli, se i bambini sono ancora piccoli. Se invece qualche papà vuole mettersi ai fornelli, alla Mamma non resterà che assaggiare! Allora buon divertimento a tutti e auguri a tutte le Mamme!

Tempi: Preparazione 30 minuti;

Cottura 30 minuti;

Attrezzatura necessaria: Terrina rotonda a bordi alti, frusta a mano o elettrica, paletta da cucina, padella antiaderente diam. 20, casseruola piccola

Difficoltà (da 1 a 3): 2

Costo totale: 5 €

Ingredienti per 8 minicrêpes (da 18 cm diam):

Per le crêpes (25-30 g cotte ciascuna):

Per la crema pasticcera vantaggiosa:

  • Latte di soia – 250 g
  • ½ uovo miscelato (25-30 g circa)
  • Farina di grano 00 o di riso – 25 g
  • Eritritolo – 25 g
  • Zucchero – 15 g (meno di ½ cucchiaino da caffè)
  • Vanillina – ½ bustina
  • Curcuma in polvere – 1 punta

Per guarnire:

  • Fragole fresche – 400 g

Zucchero o eritritolo a velo – 1 cucchiaino

Perché vi consiglio questa ricetta?

  • Rispetto alla ricetta preparata con ingredienti tradizionali, Kcal -25%, Grassi -50%.
  • Usando nella crema pasticcera l’uovo intero invece che solo i tuorli, si riduce dell’83% la quantità di grassi saturi, a vantaggio di un buon controllo del colesterolo!
  • Grazie all’eritritolo (è un dolcificante a zero calorie e zero zuccheri semplici) possiamo usare meno della metà dello zucchero. Se non avete l’eritritolo, usate 35 g  di zucchero in tutto per questa ricetta.
  • Adatta anche in caso di allergia o intolleranza a latte e glutine.

Approfondimenti e i consigli per l’acquisto degli “ingredienti insoliti” a questo link: https://www.lacuocainsolita.it/ingredienti/).

In caso di allergie…

Allergeni presenti: Cereali contenenti glutine, uova, soia

Preparazione

FASE 1: LE CRÊPES

Mettete nella terrina la farina e versate il latte poco alla volta mentre mescolate con la frusta. Solo quando tutta la farina sarà sciolta, finite di versare il resto del latte, salate, aggiungete l’olio e amalgamate. Lasciate riposare coperto a temperatura ambiente per almeno mezz’ora. Vedrete che l’impasto sarà diventato più denso e corposo.
Scaldate a fuoco sostenuto la padella antiaderente con un filo di olio, che dovrà essere distribuito su tutta la superficie. Versate mezzo mestolo di pastella (circa 50 g) nella padella calda e distribuite velocemente inclinando in più direzioni. Fate cuocere per circa 3-4 minuti, quindi girate la crêpe con la paletta da cucina e fate cuocere dall’altro lato per ancora un paio di minuti.

FASE 2: LA CREMA PASTICCERA VANTAGGIOSA

Se avete qualche dubbio su come preparare la crema pasticcera vantaggiosa, andate su questo link (https://www.lacuocainsolita.it/crepe-alle-fragole-per-la-festa-della-mamma-la-cuoca-insolita/) e troverete la video ricetta.

Frullate insieme il bianco e il rosso dell’uovo. Versate la quantità necessaria in una ciotola, aggiungete eritritolo e zucchero e battete il composto con la frusta elettrica o a mano. Se diventa troppo chiaro, potete aggiungere un pizzico di curcuma (pochissima alla volta), finché otterrete un colore lievemente giallo. Ora amalgamate farina e vanillina, mescolando bene e poi aggiungete solo una piccola parte di latte freddo e mescolate ancora. Scaldate il latte che vi era rimasto con la scorza di limone e, quando è molto caldo, unite il composto di uova e farina, abbassate il fuoco al minimo e mescolate senza sosta con la frusta fino a quando si formerà la crema (2 minuti circa). Lasciate raffreddare completamente, mantenendo coperto.

FASE 4: IL MONTAGGIO DELLE CRÊPES

Mettete in ogni crêpe, su una metà, circa la crema e le fragole tagliate a fettine sottili. Chiudetela a metà e date una spolverata di eritritolo a velo (o zucchero a velo) per decorazione.

Chi è La Cuoca Insolita

La Cuoca Insolita (Elsa Panini) è nata e vive a Torino. E’ biologa, esperta in Igiene e Sicurezza Alimentare per la ristorazione, in cucina da sempre per passione. Qualche anno fa ha scoperto di avere il diabete insulino-dipendente e ha dovuto cambiare il suo modo di mangiare. Sentendo il desiderio di aiutare chi, come lei, vuole modificare qualche abitudine a tavola, ha creato un blog (www.lacuocainsolita.it) e organizza corsi di cucina. Il punto fermo è sempre questo: regalare la gioia di mangiare con gusto, anche quando si cerca qualcosa di più sano, si vuole perdere peso, tenere a bada glicemia e colesterolo alto o in caso di intolleranze o allergie alimentari.

Tante ricette sono pensate anche per i bambini (perché non sono buone solo le merende succulente delle pubblicità). Restando lontano dalle mode del momento e dagli estremismi, sceglie prodotti di stagione e ingredienti poco lavorati (a volte un po’ “insoliti”) che abbiano meno controindicazioni rispetto a quelli impiegati nella cucina tradizionale. Usa solo attrezzature normalmente a disposizione in tutte le case, per essere alla portata di tutti.

Calendario corsi di cucina ed eventi con La Cuoca Insolita alla pagina https://www.lacuocainsolita.it/consigli/corsi/

ArteFaBene, 3 fantastiche donne trasformano l’arte in solidarietà

Rubrica a cura di ScattoTorino

Cosa accomuna, oltre ad una lunga amicizia e ad una stima profonda, la pittrice Sabrina Rocca, l’avvocato Maria Irma Ciaramella e la curatrice di mostre d’arte contemporanea Monica Trigona? Sicuramente il fatto che sono donne sensibili e poliedriche, attente al contesto nel quale vivono e animate dalla voglia di supportare chi, in uno scenario delicato e complesso come quello scaturito dalla pandemia, ha perso la stabilità economica. Distanti per il lockdown, ma vicine nel cuore, le tre professioniste hanno ideato un progetto benefico che unisce l’estro creativo alla solidarietàARTEfaBENE. Dall’1 al 16 maggio è possibile fare un’offerta di 50,00€ o multipli per acquistare una o più opere tra quelle donate dai 59 artisti che hanno aderito pro bono all’iniziativa. Sul sito artefabene.it è possibile visionare e comprare le riproduzioni su carta delle loro opere, del formato di 30x40cm, tutte numerate e firmate. Il ricavato, spiegano le tre ideatrici in questa intervista corale, viene totalmente devoluto al progetto Fa bene a Casa che rientra nell’ambito della Caritas e serve a supportare, attraverso cibo e assistenza, le tante famiglie che in questo momento hanno difficoltà economiche. Perché, come sosteneva Madre Teresa di Calcutta e come si legge sul sito del progetto: “Non tutti possiamo fare grandi cose, ma possiamo fare piccole cose con grande amore”.

Come è nato Artefabene?

Maria Irma Ciaramella: “L’iniziativa è merito della sensibilità di Sabrina. Oltre ad essere una brava artista, sin dagli albori nei suoi quadri ha sempre proposto un forte messaggio sociale e politico, inteso come prendersi cura dei temi della polis. Sabrina ha ragionato sul fatto che a causa del lockdown molte famiglie non hanno più un reddito e non possono provvedere alle esigenze primarie. Il suo merito è stato intercettare il problema prima di altri e chiedersi come avrebbe potuto essere un moltiplicatore di interventi con la sua arte. Monica ed io abbiamo accolto con entusiasmo la sua iniziativa ed anche la comunità artistica torinese ha risposto immediatamente alla call to action”.

Sabrina Rocca: “Ho contattato Irma e Monica perché sapevo che avevano la giusta sensibilità per capire la mia idea. Monica ha selezionato gli artisti torinesi ed entrambe si sono attivate per trovare chi potesse aderire al progetto”.

Monica Trigona: “Abbiamo collaboratori che partecipano pro bono all’iniziativa: Martine Rollandin e Marco Zoccali si occupano della comunicazione e dei social media, Stefano Rocca cura la parte grafica del sito, Arti Grafiche Parini è lo sponsor tecnico che offre la stampa gratuita delle opere e il Circolo Culturale Azimut ha da subito condiviso il progetto sui suoi canali”.

Il mondo dell’arte come ha risposto alla chiamata?

Monica Trigona: “L’idea di Sabrina all’inizio mi ha spaventata perché i tempi erano stretti e gli artisti torinesi tanti, per cui bisognava fare una selezione rappresentativa tra coloro che sono conosciuti e le nuove leve. Ognuna di noi ha stilato una lista e successivamente li abbiamo contattati e documentati sulla finalità del progetto. Tutti, conoscendoci da tempo, hanno risposto con entusiasmo e in una settimana abbiamo avuto 59 adesioni, più di quante ci saremmo aspettate. Gli autori hanno selezionato l’immagine di una loro opera e ce l’hanno inviata”.

Sabrina Rocca e Monica Trigona

Quali artisti hanno aderito?

Monica Trigona: “Li elenco in ordine alfabetico: Leandro Agostini, Salvatore Astore, Matteo Baracco, Alice Belcredi, Enzo Bersezio, Davide Binello, Ovidio Boc, Davide Bramante, Francesco Brugnetta, Maurizio Cilli, Corina Cohal, Gianni Colosimo, Costanza Costamagna, Claudio Cravero, Vanni Cuoghi, Serena De Bianchi, Enrico De Paris, Pier Tancredi De-Coll’, Matilde Domestico, Enrico Fabbri, Richi Ferrero, Max Ferrigno, Lorena Fonsato, Daniele Galliano, Theo Gallino, Luca Gastaldi, Gec, Massimo Ghiotti, Ferdi Giardini, Piero Gilardi, Carlo Gloria, Ezio Gribaudo, Pablo Jins, Le Scapigliate, Paolo Leonardo, Luigi Mainolfi, Cristina Mandelli, Mia Mari, Calogero Marrali, Livio Ninni, Johannes Pfeiffer, Moreno Pisapia, Giovanna Preve, Pier Luigi Pusole, Sergio Ragalzi, Giorgio Ramella, Erika Riehle, Sabrina Rocca, Luigi Rocca, Gianni Romeo, Alessandro Sciaraffa, Diego Scursatone, Francesco Sena, Stefano Sogno Fortuna, The Bounty Killart, Roberta Toscano, Luisa Valentini, Gabriele Zago, Salvatore Zito”.

Sabrina Rocca: “Desideriamo ringraziare anche Paola Gribaudo, Presidente della Accademia Albertina di Belle Arti, per il suo costante supporto e ricordiamo che molti artisti che aderiscono al progetto provengono dall’Accademia”.

A chi viene devoluto l’acquisto delle stampe?

Maria Irma Ciaramella: “Tutte le immagini sono state caricate sulle pagine Facebook e Instagram e sul sito artefabene.it. Collegandosi a uno di questi canali è possibile scegliere una o più stampe del medesimo autore o di più autori. Ogni opera ha il valore di 50,00€ e la donazione viene fatta direttamente in favore del programma Fa Bene a Casa, per cui i benefattori hanno la garanzia che le somme donate giungono integralmente e immediatamente all’ente che, a sua volta, fornisce cibo e assistenza a chi, oggi più che mai, ha bisogno di aiuto. Desideriamo sottolineare che il comitato spontaneo di ARTEfaBENE si è fatto carico di tutte le spese di organizzazione e coloro che collaborano all’iniziativa lo fanno pro bono e senza chiedere alcun compenso, neppure a titolo di rimborso spese”.

Ricordiamo le modalità di pagamento?

Maria Irma Ciaramella: “Il bonifico bancario deve essere effettuato in favore del Comitato Promotore S-NODI Gabriele Nigro di cui segnalo l’Iban: IT 65 M 06305 01000 000110144546. Nella causale del versamento occorre indicare ARTEFABENE – nome e cognome dell’artista del quale si è scelta la stampa e, se si effettuano donazioni per più stampe dello stesso artista, bisogna evidenziare il numero delle stampe. Se invece si acquistano opere di artisti diversi, è importante segnalare i nomi e i cognomi di ognuno”.

Fino a quando è possibile effettuare le donazioni?

Sabrina Rocca: “L’iniziativa dura dall’1 al 16 maggio e ad oggi abbiano già avuto tante adesioni che ci rendono felici”.

Anche il settore artistico sta vivendo uno stato di crisi. Come immaginate lo scenario post Covid-19?

Monica Trigona: “Dando uno sguardo alla storia, che ha tanto da insegnarci, si evince che agli inizi del Cinquecento l’arte, in un periodo di grande crisi economica e politica, stava cambiando a favore di un’attitudine scientifica. Da Leonardo a Bramante, da Michelangelo a Sansovino, tutti svolgevano un’attività completa che spaziava dall’arte all’architettura sino all’ingegneria e agli apparati scenografici. Nella fase successiva al Covid-19 mi piacerebbe prevedere un impegno degli artisti pari a quello di altri interlocutori nell’ambito della macchina economica. Poi si ricomincerà ad aprire i musei e a vendere le opere, ma il sistema del mercato dell’arte era già in crisi prima della pandemia e la macchina andrà più lentamente di altre. Come nel Cinquecento, vorrei che l’artista contemporaneo fosse polivalente e contribuisse alla ricostruzione economica del Paese, anche perché molti di loro oggi sono dei mediatori in quanto conoscono argomenti che esulano dall’arte in senso stretto”.

Maria Irma Ciaramella: “In queste settimane che hanno visto tanti di noi rimanere a casa, tra i pochi strumenti che ci hanno consentito di nutrire l’anima ci sono la cultura e l’arte in tutte le loro declinazioni. I musei hanno condiviso tour virtuali, la musica è stata vicina alle persone e artisti come Sabrina e Valerio Berruti hanno promosso iniziative benefiche importanti. La politica dovrebbe trarre spunto da questi esempi e tenere presente l’importanza cruciale che la cultura e l’arte hanno avuto in questo periodo”.

Torino per voi è?

Sabrina Rocca: “Amore. Qui ci sono i miei affetti e la mia storia. Qui ho iniziato la mia carriera e non a caso l’opera che ho scelto per ARTEfaBENE – Amore, un superpotere – è dedicata a Torino”.

Sabrina Rocca con la sua opera "Amore - Un Superpotere"
Sabrina Rocca con la sua opera “Amore , un superpotere”

Maria Irma Ciaramella: “Non sono Torinese, ma per me questa è una città meravigliosa. È la mamma adottiva, una donna bellissima, schiva e molto intelligente che non vuole primeggiare e si nutre del suo merito senza aver bisogno di trattenere i suoi ammiratori. È una lei che non ama sedurre, ma di fatto seduce tantissimo e ti tiene legata a sé perché è meravigliosa, piena di bellezze e di talenti. Sarebbe importante se riuscissimo ad essere consapevoli della forza incredibile che Torino esprimere e può esprimere”.

Monica Trigona: “Per me è la città del cuore, un laboratorio eccezionale di idee che non riguardano solo il campo artistico perché qui pullulano molte iniziative private legate a differenti campi d’azione. Sono stata parecchi anni all’estero e quando pensavo a Torino sentivo la nostalgia del fermento che si respirava qui e che riguardava tutti i settori”.

Un ricordo legato alla città?

Sabrina Rocca: “Tredici anni fa vinsi il concorso del Circolo Culturale Azimut ed esposi una personale davanti al Municipio di Torino. Quel momento è stato intenso e mi ha resa consapevole della mia arte. Grazie all’affetto di chi mi amava, agli amici e ai supporter proprio lì, nel cuore della città, ho capito che il mio lavoro riscuoteva critiche positive”.

Maria Irma Ciaramella: “Avevo 7 anni e arrivavo dal Sud del mondo con il mare negli occhi. Era autunno inoltrato e qui faceva molto freddo. Ricordo la prima nevicata e Torino mi sembrava incantata e cristallizzata come nelle fiabe”.

Irma Ciaramella

Monica Trigona: “Ricordo una mostra del 2007 alla Promotrice delle Belli Arti in cui mi ero occupata della schedatura di 120 opere di Tabusso. È stata la prima e l’ultima grande mostra di questo Maestro torinese che conoscevo poco, perché era fuori dalle mie corde. L’ho scoperto approcciandomi nel lavoro di schedatura e mi sono appassionata alla sua arte e alla persona. Fu un lavoro emozionante perché alcune opere erano prestiti di collezionisti che vivevano in Piemonte e per la prima volta mi ritrovavo a maneggiare le tele e i loro trascorsi”.

Coordinamento: Carole Allamandi

Intervista: Barbara Odetto

Green Pea, a Torino il centro commerciale ecosostenibile

Green Pea, il primo centro commerciale ecosostenibile, diventerà presto una realtà a Torino.

Ancora una volta è stata scelta Torino per lanciare il primo di una serie di punti vendita dedicati al commercio ecosostenibile. La data fissata per la consegna è stata fissata al 31 agosto e tutti i segnali lasciano intendere che sarà rispettata. Il progetto nascerà grazie a Oscar Farinetti, che è impaziente di lanciare il suo ennesimo progetto all’insegna della sostenibilità. Green Pea sarà diverso dagli altri centri commerciali perché si rivolgerà alla clientela con prodotti esclusivamente ecosostenibili.

Cos’è, e dove si troverà, Green Pea

Green Pea sorgerà nei pressi del Lingotto, accanto ad Eataly. Infatti alcuni dei parcheggi riservati ai clienti di Eataly e dell’8Gallery diventeranno parte della superficie del punto vendita.

Il nuovo centro commerciale green avrà una superficie notevole, di circa 10mila e 500 metri quadrati, e si svilupperà su quattro piani di vendita, ai quali se ne aggiungerà uno pensato appositamente per l’ozio. Sul tetto, infatti, ci saranno piscina, cocktail bar, sauna e bagno turco, ma anche piccole terme. Per quanto riguarda i prodotti, invece, si potranno trovare oggetti per la casa, capi d’abbigliamento sostenibili, accessori per la pulizia e tanto altro ancora.

Non solo prodotti, anche l’energia sarà green

Naturalmente, mirando ad essere un tempio della sostenibilità, sarà alimentato da geotermia e pannelli fotovoltaici. Lo stesso pavimento accumulerà energia, che sarà prodotta dal passaggio a piedi proprio dei clienti e dei visitatori. Insomma, il fil rouge dei prodotti in vendita (e dell’architettura) sarà il rispetto della natura e l’utilizzo di materiali sostenibili, capaci di coniugare insieme qualità e rispetto per l’ambiente.

Non un caso isolato, ma un format 

Sul marchio, già registrato da qualche anno, Farinetti si dice molto fiducioso, a maggior ragione considerando che l’arredamento e l’abbigliamento sono due settori da lui studiati da anni.Se l’esperimento torinese dovesse avere buon esito, l’ipotesi di aprire altri negozi seguendo questo format in altri Paesi del mondo potrebbe diventare una concreta possibilità in luoghi come Cina o Stati Uniti. 

ArteFaBene, oltre 50 artisti uniti per le famiglie colpite dal Coronavirus

A Torino, città dove il numero dei positivi al Covid19 è tra i più alti in Italia, la macchina della solidarietà ha coinvolto l’estro degli artisti locali grazie al progetto ARTEFABENE.

ARTEFABENE (che si può seguire sui profili social di Facebook e Instagram) nasce dalla generosità di oltre 50 artisti che hanno donato un’immagine di una propria opera. Da questa verranno ricavate stampe numerate e firmate dagli autori stessi.
Effettuando una donazione di almeno 50,00 euro, chiunque potrà scegliere una o, perché no, più “stampe artistiche” (quindi 100 euro per 2 stampe etc.) dal sito www.artefabene.it.
La donazione avverrà direttamente in favore del programma Fa Bene – che fornisce cibo e assistenza a chi, oggi più che mai, ha bisogno di aiuto – avendo così la massima garanzia che le somme donate giungano integralmente e immediatamente ad esso.

Il Comitato spontaneo di ARTEFABENE si è fatto carico di tutte le spese di organizzazione e gestione del progetto così come tutti i preziosissimi collaboratori hanno dato il loro contributo pro bono senza ricevere alcun rimborso spese. Le stampe sono gentilmente offerte da Arti Grafiche Parini.

L’arte fa bene? Torino risponde di sì

Da sempre l’arte si è fatta interprete del pensiero e delle pulsioni interne alla società andando oltre la semplice trascrizione. Gli artisti infatti, oltre ad avere un’accentuata sensibilità nei confronti di ciò che li circonda, hanno acuta capacità di lettura e riescono ad immaginare prospettive e declinazioni dei fatti ai più precluse. La veste estetica e i suoi contenuti diventano così parte del patrimonio collettivo stimolando il pensiero e favorendo la consapevolezza di certi temi.
Partendo da queste doverose considerazioni, si può comprendere quale sia il contributo dell’espressione artistica, ieri come oggi, in termini di dialettica culturale, coesione sociale e, non ultimo, imprescindibile risorsa che genera anche valore economico.
L’attuale situazione d’emergenza, generata dalla pandemia globale di Covid19, non poteva che incentivare profonde riflessioni e spingere ad intraprendere azioni mirate per aiutare le fasce di popolazione più deboli.
Anche la compagine artistica si è mossa nella direzione del sostegno reciproco e, a diverse latitudini, ha dimostrato grande senso civico e sentimento comunitario.

Cos’è Fa bene

Il progetto FA BENE – promosso da S-Snodi, che deriva dall’esperienza dell’Osservatorio delle Povertà e delle Risorse della Caritas diocesana di Torino, di cui è ente strumentale – porta nel domicilio di famiglie in difficoltà più di 5000 pasti con i box Fa Bene (pasti pronti). Ogni box contiene frutta e verdura di stagione, biologica e da agricoltura sociale prodotta nel territorio, da aziende di Coldiretti. I pasti delle cucine FA BENE sono preparati con amore da professionisti e consegnati da volontari insieme a latte, pasta e dolci donati da produttori-amici di FA BENE.

Come donare

Per effettuare correttamente la donazione è importante seguire attentamente queste indicazioni:
Destinatario del bonifico: COMITATO PROMOTORE S-NODI GABRIELE NIGRO.
Iban di riferimento: IT 65M 06305 01000 000110144546.
Causale del versamento: ARTEFABENE- nome e cognome dell’artista (la cui stampa si è scelta) o, se si sono scelte più stampe, indicare quante e di quale artista (ad es. ARTEFABENE – n. 3 stampe di Mario Rossi; oppure ad es. ARTEFABENE -1 stampa di Mario Rossi, 2 stampe di Luca Bianco, etc.)
A bonifico effettuato: mandare una e-mail all’indirizzo info@artefabene.it, allegando la contabile del bonifico, indicando il proprio nome e cognome, il nome e cognome dell’artista prescelto (o degli artisti prescelti) e l’indirizzo completo per la spedizione. Si verrà contattati, nel più breve tempo possibile, per ricevere informazioni sulla consegna della stampa.

Elenco degli artisti partecipanti:

Leandro Agostini, Salvatore Astore, Matteo Baracco, Alice Belcredi, Enzo Bersezio, Davide Binello, Ovidio Boc, Davide Bramante, Francesco Brugnetta, Maurizio Cilli, Corina Cohal, Gianni Colosimo, Costanza Costamagna, Claudio Cravero, Vanni Cuoghi, Serena De Bianchi, Enrico De Paris, Pier Tancredi De-Coll’, Matilde Domestico, Enrico Fabbri, Richi Ferrero, Max Ferrigno, Lorena Fonsato, Daniele Galliano, Theo Gallino, Luca Gastaldi, Gec, Massimo Ghiotti, Ferdi Giardini, Piero Gilardi, Carlo Gloria, Ezio Gribaudo, Pablo Jins, Le Scapigliate, Paolo Leonardo, Luigi Mainolfi, Cristina Mandelli, Mia Mari, Calogero Marrali, Livio Ninni, Johannes Pfeiffer, Moreno Pisapia, Giovanna Preve, Pier Luigi Pusole, Giorgio Ramella, Erika Riehle, Sabrina Rocca, Luigi Rocca, Gianni Romeo, Alessandro Sciaraffa, Diego Scursatone, Francesco Sena, Stefano Sogno Fortuna, Roberta Toscano, Luisa Valentini, Gabriele Zago, Salvatore Zito.

Coronavirus e industrie, tra rinascita e resistenza per il presidente dei GGI Alberto Lazzaro

Rubrica a cura di ScattoTorino

Laureato in Ingegneria Biomedica al Politecnico di Torino, Alberto Lazzaro è una persona illuminata che conosce la differenza tra essere imprenditore e fare l’imprenditore. Nel 2012 ha fondato la Twocare srl, startup che operava nella progettazione e nella produzione di impianti dentali in materiale ossidico ceramico grazie alla quale ha vinto il premio Talento per le idee indetto da Unicredit. Nel 2014 ha aperto gli ambulatori mono-specialistici odontoiatrici Cliniche Dentali My Dental Family srl che gli hanno consentito di avere una visione completa del mercato, dal produttore al consumatore finale, e che gli hanno permesso di avere un osservatorio privilegiato sulle novità del settore così da poter proporre ai clienti le migliori innovazioni tecnologiche. Oltre ai due ambulatori, Alberto Lazzaro è socio della Wisildent srl dal 2010, azienda certificata che progetta, produce e commercializza componentistiche e protesi customizzate per l’odontoiatria secondo dinamiche industriali e sistemi di produzione automatizzati. Lungimirante e attento al contesto socio-economico in cui opera, questo manager dalla visione innovativa nel 2012 è entrato a far parte del Gruppo Giovani Imprenditori dell’Unione Industriale di Torino, nel 2016 ne è diventato Vice Presidente con delega all’Education e Cultura di Impresa e dal maggio dello scorso anno ne è alla guida.

Quali sono gli obiettivi del suo mandato, che terminerà nel 2021?

“Quando mi sono insediato ho fatto un discorso orientato sui temi della formazione, che per me ha quattro significati. C’è la formazione dell’imprenditore, che ha per obiettivo crescere come esperto sui temi dell’imprenditorialità, c’è la formazione per essere a disposizione del territorio, intesa come cultura di impresa per il territorio. Poi c’è la formazione imprenditoriale per i collaboratori, perché non siamo più nell’era dei dipendenti, ma abbiamo bisogno di persone che si formino e che ogni giorno siano imprenditori di loro stessi e del loro lavoro. Infine c’è la formazione legata alla parola, nel senso che forma e azione sono coerenti e fanno parte del modo di vivere e di essere di ciascuno di noi”.

Il Direttivo dei GGI

Come Presidente, in questo periodo come è vicino ai Giovani Imprenditori?

“In uno scenario come questo in cui tutti siamo fermi a casa, ho chiesto di fare il contrario e di formarsi per se stessi e per la comunità. Tutti hanno accolto la mia proposta e hanno creato la Commissione Ripresa coordinata da Roberto Rosati, in cui ci sono progetti per valorizzare le imprese del territorio che sono state ferme, o che hanno avuto un calo di fatturato notevole, in modo da rilanciarsi più velocemente nel post Covid-19. Il pool di aziende che ha aderito in questo momento lavora pro bono, ma dopo potrà sviluppare delle sinergie concrete. Tutti i partecipanti hanno messo a disposizione i propri skills, dalla comunicazione all’IT, e si incontrano una volta alla settimana, rigorosamente online, per fare il punto della situazione. Da qui è nata anche un’altra campagna che verte sul tema della responsabilità, a prescindere che l’azienda sia aperta o chiusa”.

Responsabilità significa?

“Le imprese che in questo periodo sono aperte non lo fanno per profitto, ma per un senso di responsabilità e per il bene di chi sta a casa, perché offrono prodotti o servizi fondamentali per il territorio. Quando parliamo di aziende, bisogna ricordare che senza le persone sono soggetti giuridici vuoti e mai come in questa emergenza è chiaro che non esiste più la dicotomia tra imprenditore e collaboratore, ma tra chi è responsabile e chi non lo è. Forse il periodo aiuta a capire che lavoriamo tutti per il bene della comunità alla quale apparteniamo. Spero che decada la diatriba tra io contro di te, ma che la dicotomia sia tra onesti e disonesti. In questi giorni impegnativi i fornitori e i clienti parlano di più, si raccontano le difficoltà e c’è una maggiore collaborazione dettata dal senso di responsabilità. Quando si dice che esiste il lavoro a tempo indeterminato, dobbiamo ricordarci che c’è un contratto a tempo indeterminato solo se l’azienda è a tempo indeterminato. O impariamo a prenderci cura del bene dell’impresa oppure il sistema decadrà e questo non dipenderà dall’imprenditore e neppure dal collaboratore”.

Quali skills deve avere, secondo lei, l’imprenditore di oggi?

“L’imprenditore non ha, l’imprenditore è. Per me non è colui che ha una partita iva, ma una persona che pensa e agisce. Saper trovare la soluzione è il vero skill. Nel Gruppo Giovani Imprenditori dell’Unione Industriale di Torino, come anche a livello nazionale, siamo trasversali perché non viviamo la competizione, ma la condivisione e la collaborazione che fa crescere le persone. Vincenzo Boccia diceva che chi fa parte del Gruppo Giovani lo farà per sempre e spero che questo sia un collante per tutti”.

Ci presenta il Progetto Rientro da Covid-19?

“Il Dottor Pietro Stopponi, con gli alumni della University Chicago Booth School of Business, hanno studiato un progetto di contenimento del virus sull’esempio di quanto è stato fatto in Corea del Sud in cui c’è stato un utilizzo coordinato di tecnologie informatiche, tamponi e test validati, strumenti di analisi e diagnostica clinica, protocolli di azione e normative. Il Dottor Stopponi mi ha telefonato e mi ha detto che secondo lui le aziende il 4 maggio devono riaprire, ma seguendo dei protocolli di sicurezza. Quella che mi ha proposto è una metodologia integrata per la creazione di un sistema di monitoraggio in tempo reale delle persone: faremo un test pilota su mille individui che lavorano nelle aziende. Il sistema distinguerà i soggetti contagiati, quelli potenzialmente infetti e quelli negativi, permettendo così, in abbinamento con le altre misure governative, il riavvio delle imprese e il rientro graduale e controllato alle normali attività sociali. La Regione Piemonte e la Città di Torino ci appoggiano e questo ci fa capire che non ci sono più le vecchie divergenze di un tempo, ma è arrivato il momento dell’unità. Sto dialogando anche con i sindacalisti e stiamo trasformando il periodo in un’opportunità per cercare di risolvere il problema”.

In che modo il Gruppo Giovani Imprenditori utilizza il modello coreano per l’imprenditoria?

“Faremo da test con alcune aziende non solo del territorio, ma anche a livello nazionale, per questo progetto pilota che, se porterà risultati, verrà utilizzato da molti. Al momento tutti i progetti sono validi e possono funzionare perché danno sempre maggiori indicazioni alla scienza”.

Le istituzioni quali prospettive vedono per il tessuto aziendale cittadino?

“Sia la Città che la Regione vogliono tornare velocemente ad una situazione di nuova normalità. Tutti vedono il percorso da fare insieme e stanno collaborando per venirne fuori. Non esiste la soluzione, ma c’è la volontà di essere uniti. Spero che le persone si stringano intorno alle istituzioni perché ci vuole responsabilità da parte di tutti”.

Di cosa si occupa Wisildent, l’azienda della quale è socio?

“La nostra attività consiste nella produzione e nella commercializzazione di manufatti e protesi con macchinari di ultima generazione. In questo periodo siamo aperti per la gestione delle urgenze e abbiamo aumentato il nostro senso di responsabilità in modo da fornire quanto ci viene richiesto dai dentisti e dagli odontotecnici. I collaboratori di Wisildent hanno dimostrato una grande vicinanza all’impresa. Abbiamo una chat e tutti hanno postato ciò che hanno fatto a livello di formazione personale e di gruppo. Devo ringraziare i collaboratori perché potevano essere seccati per la cassa integrazione e invece hanno colto l’opportunità per essere ancora più uniti tra loro e con noi.

In Wisildent la trasparenza è importante e ogni anno ci incontriamo per fare il punto, capire dove andremo, evidenziare le difficoltà e i punti di forza. Per noi smart working vuol dire lavorare in modo flessibile e supportarsi e in azienda lo facevamo già prima del Covid-19 perché la collaborazione per noi è un requisito fondamentale. Anche se siamo in 12, utilizziamo le dinamiche delle grandi aziende e siamo suddivisi in business unit in cui il dialogo è la base per lavorare in armonia ed evolvere insieme. In 4 anni siamo cresciuti con una media del +20% annuo e speriamo che il virus non arresti la scalata che stiamo facendo grazie ai collaboratori”.

Torino per lei è?

“I miei genitori sono di Bronte, vicino a Catania, e si sono trasferiti al Nord quando erano giovani. Per me Torino è la città della rinascita perché da sempre è risorta da ogni gigantesco problema. Quando ha perso il ruolo di capitale d’Italia si è trasformata in capitale dell’industria e quando l’industria ha avuto problemi ha puntato sulla cultura e sugli eventi. Quando c’è un problema Torino sa rinnovarsi, per cui sono certo che il Covid-19 sarà per la città un momento di cambiamento e crescita. Come Gruppo Giovani Imprenditori dell’Unione Industriale di Torino siamo a disposizione di istituzioni e aziende per mettere a fattor comune le nostre capacità”.

Un ricordo legato alla città?

“Durante le Olimpiadi ero uno dei driver, oltre che interprete per la squadra di giornalisti canadesi. Ho lavorato per la TV CBC news che si occupava degli eventi in Piemonte e, sapendo bene l’inglese, spesso parlavo io. Ero orgoglioso di poter far conoscere Torino e la nostra regione al mondo e ancora oggi sono in contatto con il direttore di CBC news in Canada”.

Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto
Ph: Claudio Ferrero

La Cuoca Insolita propone: i ravioloni #celafaremo

Tra qualche giorno sarà il 25 aprile, la Festa della Liberazione. È una data importante per l’Italia e quest’anno la sentiamo con maggiore intensità. Ci siamo stretti e continueremo a farlo, da lontano, per alleviare il peso di vivere un momento così complicato, in cui tante persone lavorano per il resto dei cittadini, con un fortissimo senso di altruismo, tanti lottano contro una malattia e tanti aspettano pazienti che arrivino tempi migliori, grati verso chi li aiuta. Questa è l’Italia, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, ma siamo noi. E io desidero celebrarla con voi, scegliendo solo ingredienti italiani, nelle vostre case, nelle vostre cucine. Viva l’Italia! #celafaremo #iorestoacasa

Tempi: Preparazione 1 ora;

Cottura 10 min per il ripieno + 2 minuti per i ravioli;

Attrezzatura necessaria: Contenitore bordi alti, piccolo contenitore per il ripieno, pentola per cottura ravioli, 1 padella piccola, pellicola per alimenti, un matterello grande

Difficoltà (da 1 a 3): 2

Costo totale: 2,90 € (4,40 €/kg)

Ingredienti per 4 persone (per ogni porzione sono previsti tre ravioli, uno per colore):

Per la pasta verde:

  • Farina di semola bianca – 50 g
  • Farina di piselli – 10 g
  • Acqua – 30 g

Olio e.v.o. – 1 cucchiaino scarso

Per la pasta bianca:

  • Farina di semola bianca – 65 g
  • Acqua – 25-30 g
  • Olio e.v.o. – 1 cucchiaino scarso

Per la pasta rossa:

  • Farina di semola bianca – 50 g
  • Farina di barbabietola – 10 g
  • Acqua – 25 g
  • Olio e.v.o. – 1 cucchiaino scarso

Per il ripieno:

  • Porri – 80 g
  • Finocchi al vapore – 80 g
  • Ricotta – 160 g
  • Olio extra vergine oliva – 40 g
  • Sale – ½ cucchiaino (4 g)
  • Pepe – 4 macinate

Per condire il piatto:

  • Parmigiano grattugiato – 20 g
  • Foglie di salvia sminuzzate – 2 a testa

Olio extra vergine – 1 filo

Perché vi consiglio questa ricetta?

  • Valori nutrizionali: rispetto ai classici ravioli ricotta e spinaci, questa ricetta ha il 26% di calorie in meno, il 45% in meno di carboidrati (e stiamo parlando di un primo piatto) e il 20% di grassi saturi in meno.
  • Avete colorato la pasta con coloranti naturali, preparati da voi a partire dalla verdura. Coloratissimi, profumati e ricchissimi di fibre. Per sapere come produrre le farine di piselli e di barbabietola, potete andare sulla ricetta Ravioloni #celafaremo su www.lacuocainsolita.it
  • Le farine colorate si conservano per 6 mesi a temperatura ambiente chiuse in un barattolo. Potrete usarle per ricette salate ma anche per colorare creme dolci e biscotti.
  • Se volete, potrete usare anche la farina di semola integrale (ricordando che assorbe più acqua: usate più acqua per l’impasto), per un maggiore apporto di fibre
  • Se avete problemi con i latticini o se siete vegani, potete sostituire la ricotta con il tofu aromatizzato alle erbe e il parmigiano con il lievito alimentare in scaglie.

Per sapere come produrre le farine di piselli e di barbabietola, potete andare sulla ricetta Ravioloni #celafaremo su www.lacuocainsolita.it

Approfondimenti e i consigli per l’acquisto degli “ingredienti insoliti” a questo link: https://www.lacuocainsolita.it/ingredienti/).

In caso di allergie…

Allergeni presenti: Cereali contenenti glutine, latte

Preparazione

Fase 1: LA PASTA FRESCA

Per ogni colore, separatamente, mescolate tutti gli ingredienti in una terrina a bordi alti. Lavorate l’impasto per circa 5-10 minuti con le mani, su un piano di lavoro pulito, fino a quando vi accorgerete che la superficie diventa liscia, quasi come la seta. Se volete velocizzare il lavoro, potete anche fare un impasto unico sommando tutti gli ingredienti (ma non mettete tutta l’acqua subito: ne aggiungerete dopo, poco alla volta) tranne le farine colorate e dopo 6-7 minuti dividete l’impasto in tre parti uguali; una parte resterà così; ad una parte invece andrà mescolata la farina rossa di barbabietola, mentre alla terza parte aggiungerete la farina verde di piselli. Aggiungete l’acqua che non avevate aggiunto prima (attenzione perché ogni impasto richiede delle quantità di acqua diversa). Mescolate bene gli impasti rosso e verde in modo che il colore diventi ancora più uniforme. Chiudete separatamente le tre palline di pasta fresca in fogli di pellicola e lasciate riposare per 30 min.

FASE 2: IL RIPIENO

Fate imbiondire a fuoco vivo i porri sminuzzati finemente nell’olio in una padella. Versate quindi un poco di acqua (meno di una tazzina da caffè) e lasciate evaporare completamente (questo servirà per rendere i porri più leggeri e digeribili). Aggiungete ora i finocchi già cotti a vapore e schiacciati con una forchetta e lasciate cuocere ancora 2 minuti. Togliete dal fuoco e unite la ricotta fresca, il sale e il pepe e amalgamate bene.

FASE 3: LA PREPARAZIONE DEI RAVIOLONI #CELAFAREMO

Prendete circa 20 g di pasta fresca e create una piccola pallina. Infarinate leggermente il piano di lavoro e con il matterello stendete la pasta, creando un disco di circa 10-12 cm (la pasta non dovrà essere troppo sottile). Cercate di non infarinare la parte superiore del disco. Fate la stessa cosa con ogni impasto colorato.

In una metà del cerchio disponete una cucchiaiata di ripieno (circa 30 g) e poi chiudete sopra l’altra metà del cerchio. Sigillate bene la mezzaluna con i lembi di una forchetta. Disponete su un piano infarinato con semola.

FASE 4: LA COTTURA

Portate a bollore una pentola di acqua. Salate e buttate delicatamente i ravioloni. Scolate dopo 2 minuti, con l’aiuto della schiumarola.

FASE 5: LA PRESENTAZIONE DEL PIATTO

Condite i vostri Ravioloni #celafaremo con le foglie di salvia sminuzzate, il parmigiano e un filo d’olio, che daranno ancora più sapore al vostro piatto senza nascondere i tre colori della nostra bandiera!

Buon appetito e buona festa!

CONSERVAZIONE

Nel surgelatore (da crudi): separate bene tra loro i ravioloni e cospargeteli di semola. Una volta surgelati, potete metterli tutti insieme in un sacchetto gelo e conservarli per 3-6 mesi. Al momento dello scongelamento, separateli nuovamente tra loro e sistemateli su un vassoio con della semola.

In frigorifero (da crudi): 2-3 giorni (fateli asciugare un pò all’aria prima di metterli frigorifero e poi chiudeteli in un contenitore). Sconsigliato conservarli dopo cottura (si attaccano tra loro).

Chi è La Cuoca Insolita

La Cuoca Insolita (Elsa Panini) è nata e vive a Torino. E’ biologa, esperta in Igiene e Sicurezza Alimentare per la ristorazione, in cucina da sempre per passione. Qualche anno fa ha scoperto di avere il diabete insulino-dipendente e ha dovuto cambiare il suo modo di mangiare. Sentendo il desiderio di aiutare chi, come lei, vuole modificare qualche abitudine a tavola, ha creato un blog (www.lacuocainsolita.it) e organizza corsi di cucina. Il punto fermo è sempre questo: regalare la gioia di mangiare con gusto, anche quando si cerca qualcosa di più sano, si vuole perdere peso, tenere a bada glicemia e colesterolo alto o in caso di intolleranze o allergie alimentari.

Tante ricette sono pensate anche per i bambini (perché non sono buone solo le merende succulente delle pubblicità). Restando lontano dalle mode del momento e dagli estremismi, sceglie prodotti di stagione e ingredienti poco lavorati (a volte un po’ “insoliti”) che abbiano meno controindicazioni rispetto a quelli impiegati nella cucina tradizionale. Usa solo attrezzature normalmente a disposizione in tutte le case, per essere alla portata di tutti.

Calendario corsi di cucina ed eventi con La Cuoca Insolita alla pagina https://www.lacuocainsolita.it/consigli/corsi/

Giuseppe Bergamaschi, chi è l’uomo che ha trasformato le maschere di Decathlon per gli ospedali

Rubrica a cura di ScattoTorino

Papà bresciano e mamma coreana, Giuseppe Bergamaschi è un cittadino del mondo. Nato in Sud America, ha vissuto i primi anni di vita in Africa e sin da bambino ha interagito in un contesto multiculturale ricco di contaminazioni. La sua visione ampia del mondo è una qualità che ancora oggi fa di lui un uomo lungimirante sia nella vita sia nel lavoro. Benché non sia torinese, ha vissuto all’ombra della Mole. Grazie al ruolo del padre, Amministratore Delegato del gruppo Fiat, ha conosciuto la Torino dei capi di stato, degli imprenditori, ma anche delle persone meno note. Amante delle sfide che il territorio gli pone, Giuseppe Bergamaschi si è specializzato nel campo tecnologico quando il settore era ancora agli esordi e ha fondato la Onevo Group. L’azienda è specializzata nella progettazione, prototipazione, produzione e fornitura per le imprese di tecnologie e servizi ICT all’avanguardia, dedicate alla gestione Smart dei settori City, Retail, Office, Bulding, Eventi, Mobility e Industry 4.0. Poiché, dice Bergamaschi, convivere è diverso dal semplice appuntamento di lavoro, dal 2014 ha creato infine degli uffici dedicati allo smart office in modo da ospitare altre aziende con le quali collaborare e creare una contaminazione di idee. Perché ScattoTorino lo intervista­­­? Perché in epoca Covid-19 quest’uomo ricco di energia e di passione ha sentito l’esigenza di fare qualcosa per aiutare e in una domenica di pandemia ha realizzato i raccordi e le valvole stampate in 3d che permettono l’adattamento delle maschere da snorkeling di Decathlon per l’utilizzo in cpap. Quelle utilizzate nei reparti di rianimazione.

L’attenzione verso il prossimo è nel suo dna?

I miei genitori hanno portato avanti una grande attività sociale in Sud America. Quando ero bambino e vivevamo là per il lavoro di mio padre, nei fine settimana ci recavamo nelle zone abitate dagli Indios per portare cibo e tutto ciò che mancava, inoltre costruivamo case, chiese, scuole e sviluppavamo l’allevamento. Utilizzavamo materiali di scarto come gli imballi in legno delle portiere delle auto che dovevano essere mandati al macero o i vetri difettosi delle macchine. Il metodo che papà aveva ideato era sostenibile ed ecologico. Quando gli stabilimenti erano chiusi, poi, i miei genitori organizzavano giorni di scuola per i bambini che non potevano frequentarla regolarmente”.

Avrebbe potuto seguire la professione paterna, invece ha optato per la tecnologia. Perché?

“Perché un tema in continuo divenire ed è sinonimo di ciò che è l’uomo: è curiosa, ha bisogno di evolvere e di scoprire aspetti nuovi della vita e lavora per migliorarli. All’inizio la tecnologia era per pochi e il mio compito era dare una prospettiva di sviluppo al settore, ad esempio facendo capire ai clienti la sua importanza non solo professionale, ma anche nella vita privata. Siccome credo che la specializzazione sia fondamentale, ho creato delle business unit con competenze mirate per ogni settore e successivamente ho interconnesso le diverse tecnologie – dall’informatica alla sorveglianza, dalla telefonia al web – per creare possibilità quasi infinite di utilizzo che portassero a innovazione, efficienza organizzativa e funzionale e ad un’economia sostenibile che puntasse all’ottimizzazione”.

Di cosa si occupa Onevo Group?

“È un’azienda tecnologica ICT e system integrator di telecomunicazioni, videoanalisi, networking, IoT, raccolta dati, sicurezza informatica e videosorveglianza che sviluppa tecnologie a supporto delle aziende e degli utilizzatori finali. La sua mission è migliorare le esperienze e renderle più fruibili, innovative e sicure in ogni ambiente. Onevo ha il compito di rendere interconnessi i luoghi, gli strumenti, le necessità, le persone con la massima attenzione verso l’esigenza dell’uomo e non del suo controllo. È in prima linea in questa rivoluzione grazie a tecnologie proprietarie sviluppate per i settori office, retail, building, industry e automotive e, con il supporto di partner di eccellenza, completa e integra la propria offerta con servizi a 360° su soluzioni innovative di piattaforme, design e arredi”.

Onevo e Salone dell’Auto Parco Valentino di Torino. Una partnership importante?

“Dalla seconda edizione abbiamo promosso quello che è stato un evento rappresentativo della città, condividendo i temi dell’innovazione, del design e della ricerca, da sempre orgoglio di Torino. Abbiamo sviluppato un nuovo ecosistema composto da Smart City, Smart Mobility, Smart Building e Smart Interior con il quale ognuno di noi vivrà e si confronterà nei prossimi anni.

Siamo infatti consapevoli che i luoghi diventeranno ibridi e dovranno mutare in base alle esigenze degli utilizzatori e che la tecnologia contaminerà anche gli arredi, che diventeranno intelligenti. Il nostro lavoro ha riscosso molto successo e saremo presenti anche al Milano Monza Open-Air Motor Show dove ci occuperemo della parte tecnologica dell’evento”.

In che modo Onevo Group sta supportando la sanità durante la pandemia?

“In questi giorni la costante di molti è vivere in modo passivo la situazione, perché è difficile pensare di fare qualcosa di utile. Io invece avevo una grande energia, ma non sapevo come incanalarla. Poi una domenica a pranzo ho letto che a Brescia stampavano delle valvole 3D e lanciavano un appello a tutta Italia perché l’emergenza era ormai avanzata e ne avevano bisogno. Sono andato in ufficio, ho preparato e stampato tutto in modo da spedire già il lunedì successivo. Ho anche parlato con i collaboratori, che come sempre si sono dimostrati coesi, e abbiamo iniziato a lavorare senza sosta per produrre i raccordi e le valvole stampate in 3D che permettono l’adattamento delle maschere da snorkeling di Decathlon per l’utilizzo in cpap. Per intenderci, quelle usate nei reparti di rianimazione degli ospedali”.

Come è stato l’iter per consentire l’utilizzo delle valvole?

“Abbiamo contattato gli ospedali piemontesi per dare la nostra collaborazione e abbiamo iniziato un confronto proattivo con i medici per capire come usare questi strumenti, ma è stato tutto molto complesso. Il primo problema era reperire le maschere perché eravamo appena entrati nel lockdown, così abbiamo utilizzato Facebook per chiedere alle persone di donarcele e centinaia di contatti hanno risposto subito all’appello. Oltre al fatto che non potevamo incontrare i donatori e quindi non sapevamo come recuperare le maschere, c’era il problema che i dispositivi non sono medici né certificati. Abbiamo contattato la Polizia di stato, la Protezione Civile, i comuni, gli ospedali e le altre istituzioni per creare un protocollo funzionale. Il materiale non certificato può essere usato solo in caso compassionevole, quindi quando non si hanno altri mezzi, e abbiamo percorso questa via”.

A chi state dando i dispositivi di protezione?

“Abbiamo iniziato a collaborare con la Protezione Civile di Acqui Terme che si è occupato della distribuzione delle maschere agli ospedali. Abbiamo svolto un lavoro di igienizzazione, sanificazione, disinfezione all’ozono, montaggio e collaudo di ogni kit, che abbiamo consegnato agli ospedali e alle case di cura della zona di Acqui Terme e di Torino”.

Un altro problema è il reperimento delle mascherine. Come state procedendo?

“Abbiamo pensato ad una modifica della maschera da snorkeling di Decathlon per i medici e per il personale sanitario in modo da proteggere occhi, naso e bocca. Abbiamo progettato dei nuovi kit, che abbiamo stampato in 3D, che ci permettono di utilizzare dei filtri usati in ambito medico, militare e agricolo, per cui meno difficili da reperire, con una protezione garantita al 99% e una ventilazione sufficiente che permette di non far appannare la maschera. Questi filtri costano meno delle mascherine fpp2 e fpp3 e durano di più: la mascherina usata dal personale medico, infatti, dopo 4 ore deve essere buttata via, mentre i filtri durano dalle 24 ore ad oltre un mese. Abbiamo studiato i pezzi in ospedale e cercato velocemente la tecnologia più adatta e il materiale utilizzabile. Inoltre non tutti i filtri, i raccordi e le valvole hanno la stessa misura per cui ci è stato richiesto dalla Protezione Civile di riadattarli e in meno di 24 ore lo abbiamo fatto. Si sono complimentati dicendo che i nostri prodotti sono precisi e di qualità. Sono contento di contribuire ad aiutare in questo stato di emergenza”.

Torino per lei è?

“È una città che scelgo perché mi ci sono ritrovato a vivere, ma è anche una scelta confermata. È a misura d’uomo e ha un valore storico e artistico importante. Torino è una piazza dura perché non si apre subito alle nuove idee, ma se si riesce qui, si riesce anche altrove e questo è stimolante. Spesso a Torino nascono delle eccellenze che poi vengono abbandonate perché non si hanno le risorse per sostenerle. Avremmo bisogno di consolidare le capacità e valorizzarle nel territorio perché quando l’innovazione fatta con coscienza si unisce alla tradizione al buon gusto, si crea un luogo di cultura e qualità”.

Un ricordo legato alla città?

“Da bambino andavo al Club Scherma Torino che ha sede presso il parco del Valentino e a pranzo, con mia madre, consumavamo un panino al Giardino delle rose e dopo facevamo una passeggiata fino in centro. Questo ricordo mi ha indotto ad essere partner del Salone dell’Auto Parco Valentino: volevo fornire dei servizi e metterlo in sicurezza perché volevo valorizzarlo”.

Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto

#iosorrido, il coinvolgente progetto fotografico di Barbara Odetto e Alessandro Lercara

Rubrica a cura di ScattoTorino

Da un anno e mezzo ScattoTorino racconta i protagonisti della città. A dar loro voce è la giornalista Barbara Odetto, che ha creduto nel format ideato da Carole Allamandi sin dagli inizi. Questa volta, però, i ruoli si invertono e Carole intervista Barbara che, come addetta stampa e giornalista di moda e lifestyle, è abituata a lavorare “dietro le quinte” per dare luce ai clienti o ai tanti cantanti e attori che intervista. Come copywriter e titolare di un’agenzia di comunicazione, sono invece le campagne pubblicitarie a parlare per lei. Con lei intervista anche Alessandro Lercara, fotogiornalista e reportaggista da oltre 20 anni che ha mantenuto viva la propria produzione artistica personale ottenendo riconoscimenti di cui il più recente è la vittoria del concorso fotografico indetto dal UNHCR – Agenzia ONU per i rifugiati – dal titolo Per Amore. Perché ScattoTorino dedica loro spazio? Perché sono gli autori di #iosorrido: un progetto fotogiornalistico che si sta muovendo sui social e che in pochi giorni ha riscosso molto interesse. In dieci anni di amicizia, Barbara e Alessandro hanno collaborato insieme sia per alcuni magazine sia per dei clienti comuni. Nel 2012, dopo aver visitato i Campi di Concentramento e Sterminio di Auschwitz-Birkenau con il Treno della Memoria, hanno dato vita ad un progetto fotogiornalistico che successivamente si è trasformato in una mostra che ancora oggi viene richiesta da enti privati durante il Giorno della Memoria o il 25 aprile: Echi da Auschwitz. Viaggio nella memoria attraverso le immagini di Alessandro Lercara e i testi di Barbara Odetto.

Barbara, come è nato #iosorrido?

In quarantena nelle nostre case, come tutti, a causa del Coronavirus, qualche giorno fa Alessandro Lercara ed io, parlando al cellulare, ci siamo chiesti come avremmo potuto fare qualcosa di utile. Il nostro lavoro è sempre stato raccontare e confrontandoci abbiamo capito che in questi giorni così difficili volevamo provare a dare un punto di vista positivo. Così, proprio ora che una mascherina davanti alla bocca è sinonimo di rispetto per il prossimo, è nato #iosorrido”.

Alessandro, di cosa si tratta?

“È un reportage che vuole documentare questo periodo così surreale attraverso le parole e le immagini di chi da ormai un mese è forzatamente in casa ed esce solo per lavoro o per svolgere le mansioni previste dalla legge. È un invito a cercare dentro di sé uno o più aspetti positivi di questo momento storico, un hashtag per sentirsi uniti a distanza e per trasmettere forza a chi fatica a ritrovare il bello nel quotidiano”.

Barbara, sorridere durante la pandemia può sembrare in controtendenza?

“In effetti, durante i numerosi brainstorming che hanno preceduto la nascita del progetto e il relativo lancio sui social, Alessandro ed io ci siamo chiesti più volte se fosse giusto sorridere durante questa terribile emergenza causata dal Covid-19 che, come purtroppo testimonia quotidianamente la cronaca, sta cancellando una generazione e distruggendo gli affetti più preziosi. Ci siamo domandati se fosse irrispettoso verso le vittime, i contagiati e le loro famiglie. Poi abbiamo pensato che forse tutti abbiamo bisogno un sorriso, di un momento spensierato per spezzare la tensione. Questo virus è democratico e in maniera diversa colpisce tutti: chi è stato contagiato, i medici che lottano ogni giorno e quando tornano a casa devono stare lontano dalla famiglia, i professionisti e i commercianti obbligati a rinunciare al lavoro, chi invece ogni giorno lavora con la paura di contrarre la malattia. Forse un sorriso può alleviare la tensione e distogliere per un attimo il pensiero da questo dramma”.

Alessandro, come si partecipa a #iosorrido?

“Chi desidera far parte della community può inviare un’email a iosorridoprogetto@gmail.com oppure contattarci su Facebook e Instagram. Le pagine si chiamano Iosorrido. Ognuno dei protagonisti deve mandarci 3 foto orizzontali in alta risoluzione indicando il nome dell’autore: un primo piano dove si vede solo il viso coperto dalla mascherina, una a figura intera o a mezzo busto, sempre con la mascherina indossata, e un primo piano con la mascherina che pende da un orecchio che useremo a fine quarantena. Le foto possono essere scattate in casa, sul balcone, in cortile, per strada mentre si fa la spesa o si svolge una delle attività consentite dalla legge. Io effettuerò la post produzione in modo che ogni immagine sia perfetta e in linea con lo stile del progetto e in alcuni casi ho potuto scattare personalmente le foto con un teleobiettivo, che mi ha permesso di rimanere ad una distanza di almeno 5 metri, durante i miei spostamenti per i servizi fotogiornalistici. I partecipanti dovranno poi rispondere a 3 domande che invieremo e che saranno studiate specificamente per la persona, delle quali una è il leit motiv del progetto: per chi o per cosa sorridi? A tutti sarà richiesto infine di compilare la liberatoria che inoltreremo”.

Barbara, come evolverà il progetto dopo la quarantena?

“In questa prima fase le foto e le interviste saranno pubblicate sui social, ma un giorno ci piacerebbe allestire una mostra o pubblicare un libro per testimoniare il periodo storico e per ringraziare chi ha creduto nell’iniziativa”.

Alessandro, è difficile lavorare al progetto insieme, ma distanti?

“La tecnologia ci aiuta, ma ci sentiamo spesso per definire il piano editoriale e verificare i materiali che riceviamo. L’energia positiva di #iosorrido è stata capita e in tanti ci hanno già inviato foto e interviste. La partecipazione è così elevata che anche noi ci siamo stupiti e queste persone, senza saperlo, non solo ci hanno regalato i loro sorrisi, ma hanno fatto sorridere anche noi”.

Torino per voi è?

Barbara: “Una bella signora che si svela a poco a poco. Molti amici stranieri, quando vengono a Torino, rimangono impressionati dalla sua bellezza e dal patrimonio artistico e culturale che impreziosisce le nostre piazze e le nostre vie. Io stessa a volte scopro angoli affascinanti che non conoscevo”.

#IOSORRIDO

Alessandro: “Una fonte continua d’ispirazione, una città molto regolare nelle forme che cela un’energia e un temperamento forti. Quel temperamento che l’ha resa precursore di molteplici invenzioni e capace di distinguersi nel mondo. Torino è il luogo in cui mi sento protetto e allo stesso tempo libero”.

Un ricordo legato alla città?

Barbara: “Come addetta stampa seguo eventi moda che vedono la partecipazione di moltissime persone. Ricordo l’emozione che provo poco prima di far entrare il pubblico. Mi piace sapere che noi Torinesi non siamo poi così immobili come spesso veniamo descritti e sono contenta, nel mio piccolo, di contribuire a far conoscere un’anima dinamica della città. Perché Torino è così: può sembrare distratta e non interessata, ma se sai affascinarla, risponde con il cuore. ScattoTorino lo dimostra ed anche #iosorrido”.

Alessandro: “Come fotogiornalista ho avuto il piacere di documentare molti degli avvenimenti accaduti nella mia città negli ultimi 20 anni ed è bellissimo vedere l’energia con cui partecipa Torino, il senso d’appartenenza dei Torinesi e il sorriso di soddisfazione che ho visto nascere più volte alla richiesta di informazioni da parte di un turista in visita. Perché all’apparenza Torino è austera, ma ha un cuore enorme”.

Coordinamento e intervista: Carole Allamandi

Ph: Alessandro Lercara

Nella foto di copertina (da sinistra in alto): Barbara Odetto giornalista e addetta stampa, Alessandro Lercara fotografo, Sergio Rosso responsabile degli Asili Notturni e dell’associazione Piccolo Cosmo, Maurizio Maina imprenditore agricolo, Rosanna Tonello pensionata ed ex sarta, Virginia Sanchesi organizzatrice di eventi, Luciano Gallino dirigente d’azienda, Erika Lercara fiorista, Ivan Bert musicista, Barbara Bonassin impiegata comunale, Antonella Moira Zabarino presidente di Progesia, Carole Allamandi imprenditrice, Beppe Tamburino running motivator.

N’aso carià ‘d sòld, il profondo detto piemontese

Rubrica a cura del Centro Studi Piemontesi 

N’aso carià ‘d sòld. Un modo di dire piemontese che letteralmente si traduce “un asino carico di soldi”. Il significato è profondo: si riferisce a persona che per quanto si abbellisca di orpelli, di soldi, se non arricchisce il suo animo resta comunque quel che è. “In effetti un asino anche se lo carichi di ornamenti, gioielli e lo si tappezza di banconote rimane sempre un asino

[Vedi: Piero Abrate – Pino Perrone, Modi di dire piemontesi, prefazione di Albina Malerba, disegni di Dario Allolio, Genova, Ligurpress, 2016, pp. 366].