ilTorinese

Quando piangere fa bene

Non piangere! ci hanno detto spesso cercando di calmare la nostra sofferenza e provando a convincerci che non serve a nulla se non ad autoalimentare nostro il dolore. Il tentativo di fermare le nostre lacrime, certamente dovuto al dispiacere di vedere una persona cara affliggersi, è un atto premuroso e solidale mirato a farci riconquistare il nostro equilibrio emotivo, ma non è sempre corretto e funzionale.

Piangere fa bene, le lacrime che rilasciamo in risposta ad un dispiacere o ad una gioia, quelle emozionali dunque, contengono differenti elementi chimici come il cortisolo, l’ormone dello stress, la leucina-encefalina, una endorfina e anestetico naturale, e la prolattina che, fuoriuscendo dai canali lacrimali interni ai nostri occhi, procurano sollievo aiutandoci ad eliminare le tossine prodotte dallo stress. Diversi studi sostengono chiaramente che piangere è utile, che ci aiuta a stare meglio, che  ha la capacità  di stemperare e sciogliere lo stress sbloccando pesanti macigni emotivi sepolti nella nostra mente in grado di causare spesso disturbi fisici e psicologici.

Attualmente la scienza si sta occupando molto di questo “fenomeno secromotore” (rilascio di sostanze chimiche da parte delle ghiandole), promuovendone la validità e la pratica, ma già nell’antichità importanti personalità come Ippocrate ne hanno riconosciuto la valenza attribuendogli una funzione precisa: “la purificazione del cervello dagli eccessi umorali”.

Le donne piangono in media 5 volte al mese mentre gli uomini 1,questa differenza ha a che fare sicuramente con questioni ormonali, sembra infatti che la maggiore produzione di prolattina nelle donne possa esserne la causa, ma c’è da dire che i condizionamenti sociali e culturali influiscono significativamente sull’esternazione delle manifestazioni emozionali esplicite come il pianto che talvolta è ritenuto imbarazzante e viene connotato come sgradevole e “poco virile”.

Nel libro La filosofia delle lacrime Marco Menin, in un interessante un excursus storico, ci racconta invece che tanti uomini celebri e persino gli dei hanno pianto molto; piangeva Alessandro Magno, Gesù sulla tomba di Lazzaro e per Rousseau le lacrime costituivano la “prerogativa dell’uomo morale” e affermava di averne versate molte.

Insomma che sia di gioia ma soprattutto di dolore, che ci ponga in una posizione di imbarazzo facendo trasparire la nostra momentanea e terrena fragilità o che metta erroneamente in discussione la mascolinità, trattenere il pianto non fa bene; è il primo segnale informativo che emettiamo appena nati, è una forma di comunicazione che, sia da bambini che da adulti, ci aiuta a manifestare i nostri bisogni e le nostre necessità, crea empatia e solidarietà, è un “messaggero chimico” di emozioni legittimo che non deve suscitare in tutti noi nessuna vergogna nè minare la nostra autostima.

Maria La Barbera

“The Goodness Factory” festeggia il decennale con “Open Machine”

“10 Years Party”

Giovedì 4 luglio, dalle 19

“Un insieme di professionalità” o un “unione fra un’Associazione no profit e un’azienda culturale”. O, meglio, entrambe le cose. Questo è “The Goodness Factory”, co-fondatrice di “OFF TOPIC” (hub culturale della Città di Torino), nonché produttrice, organizzatrice e comunicatrice di ormai noti Festival come “_resetfestival”“Mind The Gap” e “MEMISSIMA”. E, ancora, “macchina creativa” e collaborativa di tante altre realtà culturali, torinesi e non. Il tutto profuso in 10 anni di attività impegnativa, faticosa ma “divertentissima”, segnati dall’intelligente creatività delle due menti fondatrici Annarita Masullo e Daniele Citriniti. Dieci anni pieni da non lasciar passare inosservati. Ci mancherebbe! Da festeggiare, invece, alla grande. 4 luglio 2014 – 4 luglio 2024: dunque, giovedì 4 luglio prossimodalle 19, sarà grande festa per la prima decade della “Factory”, con un favoloso “10 Years Party – Mai Staty Tanto Freschy”, negli spazi di “OFF TOPIC”, in via Giorgio Pallavicino 35, a Torino, dove “Goodness” è da sempre di casa.

Ad aprire la grande festa sarà OPEN MACHINE”. Non una jam, ma molto di più: uno “studio di registrazione” live e un happening, una performance inedita, l’occasione “per vivere dal vivo i meccanismi della produzione musicale e veder nascere sinergie fra gli artisti e le artiste che si esibiscono”.

Il tutto non realizzato su un palco, ma direttamente in mezzo al pubblico che assiste alla performance, interagisce, contribuendo alla sperimentazione musicale, immerso in un autentico momento di creazione artistica. Il format ideato dal Maestro Vittorio Cosma e prodotto fin dai suoi esordi da “The Goodness Factory”, in questi anni è stato esportato un po’ ovunque: “Gallerie d’Italia” di Milano e Torino, “Triennale Milano”, “Lazzaretto” di Bergamo, “Teatro Romando” di Brescia e tanti altri luoghi coinvolgendo nomi come Motta, Venerus, Whitemary, Jeremiah Fraites of “The Lumineers”, Daniela Pas e altri protagonisti della scena musicale italiana.

Dopo “OPEN MACHINE”, il party proseguirà sempre a “OFF TOPIC” con il dj set “Black Music ed Electro” a cura di Indro Montanello e Pedro Faylla.

In occasione dell’evento Annarita Masullo e Daniele Citriniti racconteranno questi primi 10 anni e quelli che verranno ancora, nell’ambito della scena culturale torinese e nazionale.

In quel 2014 – racconta Annarita Masullo – ci sono stati giorni in cui ‘biscottate per cena’ e neanche una lira nelle tasche. Ma quante risate e quante, quante idee pazzesche! La più bella di sempre si chiama ‘The Goodness Factory’. Volevamo uno spazio libero, indipendente davvero dagli schemi, volevamo un posto gentile, un’intelligenza collettiva. Volevamo progettare sogni. Ci siamo riusciti! Da lì a qui ‘Goodness’ l’hanno attraversato tantissime persone e una quantitá meravigliosa di idee e progetti. Quanta strada in dieci anni! Quanta fatica, ma quanta bellezza!

E Daniele Citriniti prosegue: “Se una quindicina d’anni fa da musicista avessi guardato dall’esterno ad una realtà come ‘The Goodness Factory’ credo che sarei rimasto colpito nel vedere una realtà capace di ibridare tanto, lavorare nell’industry a livello nazionale e internazionale e al contempo rimanere aperta e accessibile, con i piedi per terra e senza un mood ‘esclusivo’. Sarei sicuramente stato anche molto sorpreso di trovarla a Torino. Evidentemente non è un caso che questo sia ‘Goodness’ e che Torino sia stata la città dove germogliare. Era un bisogno al quale dover dare una risposta e per me ne è valsa la pena con il senno di poi, finisse anche tutto domani. Molta cura donata, non senza qualche passo falso e grandi fatiche, ma tante persone, idee scambiate ed esperienze, sperimentate, alcune fallite, altre volate. Questo è ‘Goodness’, ancora dopo 10 anni, una folle sperimentazione, non stop, complessità creativa, aperta e partecipata”.

 

Per info: “The Goodness Factory”, via Faà di Bruno 2, Torino; www.thegoodnessfactory.it

 g.m.

 

Nelle foto: Immagine guida, “The Goodness Factory”

Gustavo Gonzalez, CEO di Agreenet a “Parla con me”

Less food waste for a fresher future

Giovedì 4 luglio una nuova puntata di “Parlami di Spreco”powered by “Parla con Me”, condotta da Simona Riccio – Agrifood & Organic Specialist e Founder di Parla Con Me®intitolata: Less food waste for a fresher future, avrà come ospite Gustavo Gonzalez, CEO di Agreenet.

Agreenet è una startup italiana che sta rivoluzionando il mondo del food sviluppando soluzioni innovative per estendere la shelf-life dei prodotti freschi e combattere lo spreco alimentare. Tra le loro innovazioni spicca PìFresc, una tecnologia all’avanguardia che, applicata come uno sticker sull’imballaggio, è in grado di ritardare la comparsa della muffa di almeno 7 giorni, riducendo lo spreco fino al 74%. Questa soluzione naturale è particolarmente efficace per frutti non climaterici come agrumi, uva da tavola, fragole, frutti di bosco e ciliegie.

Gli obiettivi di Agreenet sono chiari: ridurre lo spreco alimentare lungo l’intera filiera e a casa del consumatore, aumentare i ricavi e i profitti per produttori e distributori, e offrire una soluzione sostenibile in linea con le politiche ambientali e normative sul packaging. Il team di Agreenet, giovane ma esperto, è impegnato nello sviluppo di ulteriori tecnologie a supporto della filiera agroalimentare e sta raccogliendo capitali da fondi di Venture Capital per espandere la produzione e la commercializzazione.

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Il Fante Sardo che provocò gli austriaci

Inizialmente l’Alfierie era posto in asse con via Garibaldi e con il filo dei palazzi del lato sinistro di via Roma, per far sì che non coprisse la visuale verso Palazzo Reale. I lavori di riqualificazione di piazza Castello, nel 2000, hanno richiesto un arretramento  verso Palazzo Madama

Tra passeggiate romantiche sotto luci natalizie e regali dell’ultimo momento, eccoci nuovamente giunti, nella settimana che precede il Natale, al nostro consueto appuntamento con Torino e le sue meravigliose opere. Oggi vorrei parlarvi di un monumento che, probabilmente vista la bellezza della piazza che lo ospita, passa spesso e volentieri inosservato all’occhio del passante: sto parlando del monumento all’Alfiere dell’Esercito Sardo presente in Piazza Castello. Questa volta l’opera di cui vi andrò a parlare è un po’ diversa dal solito, in quanto il soggetto rappresentato non è come per gli altri monumenti che abbiamo visto un personaggio storico famoso, ma bensì un semplice alfiere dell’esercito sardo; ecco perché in questo caso sarà più interessante capire la vita del suo autore. (Essepiesse)

La statua in marmo bianco posta quasi al centro di piazza Castello, di fronte a Palazzo Madama, rappresenta come detto in precedenza, un semplice alfiere dell’Esercito Sardo. Egli è raffigurato in posizione eretta mentre sguaina la spada con la mano destra e con la sinistra sorregge la bandiera italiana. Il soldato è posto su un doppio basamento in granito che reca sul fronte un bassorilievo e ai lati due stemmi; ai suoi piedi vi sono un cannone ed un ramo con foglie di quercia. Questo Alfiere è il simbolo di un Italia repubblicana e di uno scultore liberale che ha cercato di trasmettere con la sua arte la sete di cambiamento di una nazione ancora agli albori.

Di spirito liberale e repubblicano, Vincenzo Vela è stato uno dei padri del risorgimento artistico italiano. Nato e cresciuto a Ligornetto, un piccolo villaggio del canton Ticino, trascorse gli anni più floridi della sua carriera a Torino. Impiegato fin da piccolo nelle cave del Mendrisiotto come scalpellino, e poi da adolescente nel cantiere del Duomo di Milano, lo scultore svizzero fu molto apprezzato per il suo talento artistico e per la sua forte passione politica: partecipò, nel 1848, con molti suoi compatrioti sensibili alla causa dell’Indipendenza, alle Cinque Giornate di Milano ed in seguito alle battaglie di Peschiera e Sommacampagna.

Dopo l’esito negativo dello scontro con gli austriaci tornò a Milano, dove riprese la sua attività artistica. Giunse a Torino nel 1852, dove oltre ad esercitare l’attività di scultore e docente dell’Accademia, divenne intermediario tra il governo piemontese e i sostenitori ticinesi. In questo clima, Vela aderì con entusiasmo all’iniziativa dei cittadini milanesi di omaggiare, tramite la realizzazione di un’opera, l’Esercito Sardo, simbolo di speranza per tutti loro, esuli ed oppressi, di liberarsi dal dominio austriaco.

Il 15 gennaio 1857 il Consiglio Comunale ricevette la lettera dei “Moltissimi cittadini milanesi interpreti dei voti, e dei desideri del loro paese”intenzionati a “dare una prova solenne d’ammirazione e d’affetto al glorioso esercito sardo, che difende e reintegra l’antico onore delle armi italiane”.Dal momento dell’offerta all’inaugurazione del monumento passarono quasi due anni, durante i quali si discusse sull’opportunità o meno di collocarlo in posizione centrale davanti al Palazzo Madama, o se scegliere una posizione diversa, come piazza Maria Teresa o piazza Carignano.

Vela e il rappresentante dei cittadini milanesi scrissero più volte al Consiglio Comunale, ricordando quanto la localizzazione del monumento valessecome forte dimostrazione politica, e appoggiati in questa linea da Massimo D’Azeglio, riuscirono a convincere tutti che piazza Castello fosse la posizione più appropriata per la statua. Il monumento venne inaugurato il 10 aprile 1859 (pochi giorni prima della II Guerra d’ Indipendenza), ma l’iscrizione ( “I MILANESI ALL’ESERCITO SARDO 15 GENNAIO 1857” ) venne scoperta solo due mesi dopo, l’8 giugno, per paura di compromettere troppo i cittadini milanesi, che il quel periodo erano ancora sotto il dominio austriaco.

Scampato alle minacce di distruzione fatte dal generale dell’esercito austriaco quando il 26 aprile 1859 l’Austria, stufa delle aperte provocazioni (tra cui appunto la posa dell’Alfiere Sardo di fronte al Parlamento sabaudo) dichiarò guerra al Regno di Sardegna, l’Alfiere resta tutt’ora davanti a Palazzo Madama come il simbolo di un gesto di sfida e provocazione alla politica di quel tempo.

Parlando appunto della collocazione del monumento, bisogna ricordare che inizialmente l’Alfierie era posto in asse con via Garibaldi e con il filo dei palazzi del lato sinistro di via Roma, per far sì che non coprisse la visuale verso Palazzo Reale. I lavori di riqualificazione di piazza Castello, nel 2000, hanno richiesto un arretramento dell’Alfiere verso Palazzo Madama, scelta da molti giudicata un po’ infelice in quanto il monumento in marmo bianco si mimetizza molto facilmente con la facciata chiara del palazzo, soprattutto guardandolo dalla prospettiva di via Garibaldi.

Per anni piazza Castello si è presentata ai visitatori come un grande rondò destinato al traffico automobilistico, mentre la piazzetta antistante Palazzo Reale era utilizzata come parcheggio. Il progetto di riqualificazione è iniziato con l’eliminazione del parcheggio di piazzetta Reale ed è proseguita con successivi interventi di pedonalizzazione della parte monumentale con annesse le modifiche sulla viabilità. La riqualificazione ha inoltre permesso di cogliere visivamente, nella sua interezza, la spazialità originaria della piazza e la riappropriazione, da parte dei cittadini, di un luogo simbolicamente significativo della città di Torino.

Ed anche per oggi il nostro piccolo viaggio all’insegna della storia della città termina qui. L’appuntamento è sempre per la prossima settimana con Torino e le sue meraviglie.

(Foto: il Torinese)

Simona Pili Stella

Maltempo, Ruffino (Az): più risorse per messa in sicurezza territori

“Quanto successo a causa del maltempo in Piemonte è particolarmente significativo, perché sono state toccate delle zone, in particolare il Canavese, che erano considerate sicure. Come gruppo Azione-Per da tantissimo tempo chiediamo una continuità di finanziamenti e di stanziamenti legati alla messa in sicurezza dei territori, perché ai cittadini occorre dare risposte, non bastano le richieste dello stato di calamità naturale”. Lo ha detto in Aula, alla Camera, Daniela Ruffino, deputata piemontese di Azione. “I piemontesi – ha aggiunto – si sono subito rimboccati le maniche e messi al lavoro, come altre nostri connazionali in passato, ma c’è un abbandono del territorio che deve far riflettere Ad ogni disastro, ad ogni emergenza, viene fatta una richiesta dei fondi, ma non si sa se poi questi fondi arriveranno davvero. Serve un cambio di passo – ha concluso – perché ci sono rischi enormi e gli italiani hanno invece diritto alla sicurezza”

“L’estensione delle Fasce fluviali del Po penalizzerà gli agricoltori”

 

 

 

Comprendiamo la necessità di rivedere, dopo tanto tempo, le Fasce fluviali ma di pari passo andrebbero adeguati anche i vincoli previsti al loro interno, perché negli anni sono cambiate le condizioni meteo-climatiche tipiche di quei territori. Un ampliamento delle Fasce, oltre a comportare limitazioni anche importanti all’attività agricola in generale, basti citare le restrizioni che verranno imposte alla pioppicoltura, rischia di incidere in modo particolarmente grave sugli allevamenti zootecnici. Ci saremmo aspettati un maggior coinvolgimento in fase preliminare e non, come spesso accade, a decisioni ormai assunte.

Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte, è preoccupato per le conseguenze del “Progetto di aggiornamento del Piano stralcio per l’assetto idrogeologico del bacino del fiume Po e del PGRA del Distretto idrografico del fiume Po” che, di fatto, allarga le cosiddette “Fasce A” dell’asta del Po e dei suoi principali affluenti, ossia aree adiacenti ai corsi d’acqua dove sono vietate numerose lavorazioni agricole.

 

L’Autorità di Bacino del fiume Po sta procedendo, infatti, a una ridefinizione delle fasce fluviali, operazione che comporta, nella maggior parte dei casi, un loro allargamento, dovuto essenzialmente a ragioni di sicurezza idraulica. L’area interessata dalle modifiche ricade per la maggior parte in provincia di Cuneo, ma l’Autorità di bacino prevede di estendere in tempi brevi l’attività di revisione all’intera regione.

 

Per quanto riguarda i vincoli alla zootecnia va ricordato che le attuali Fasce A e B dei fiumi piemontesi sono già state classificate tra le zone vulnerabili dai nitrati (ZVN), in ultimo con il D.G.R. n. 27-7198/2023/XI del 12 luglio 2023, circostanza che comporta notevoli appesantimenti gestionali per le aziende agricole con terreni ricadenti al loro interno. Adesso, se anche gli ampliamenti dovessero rientrare nelle ZVN, ci sarebbero difficoltà ancora maggiori nello smaltimento dei reflui zootecnici, con risvolti economici non trascurabili e un reale pregiudizio allo svolgimento dell’attività di allevamento.

Dato l’impatto che la maggiore estensione delle Fasce fluviali avrà sul settore agricolo chiediamo alla Regione di attuare in tempi brevi un’azione di concertazione con le organizzazioni agricole, per valutare in modo approfondito sia le conseguenze e la sostenibilità della nuova perimetrazione, sia le ricadute sulle aziende zootecniche di un possibile ampliamento delle ZVN”, conclude il presidente Allasia.

 

Maurizio Montagnese presidente Isitt

Si è appena tenuto a Torino il CDA di isiTT – l’Istituto Italiano per il Turismo per Tutti, al termine del quale sono stati nominati presidente Maurizio Montagnese e segretaria organizzativa Irene Ciccarelli.
La nuova guida vuole segnare un cambio di passo rispetto agli obiettivi che l’associazione storicamente impegnata nell’attuazione di una concreta “cultura dell’accessibilità turistica” si è prefissata per il futuro e per aumentare ancora di più l’impatto delle proprie azioni.
Tra le priorità inserite in agenda c’è innanzitutto la volontà di sviluppare maggiori sinergie con le realtà nazionali più importanti impegnate nel campo del turismo accessibile e soprattutto di stringere ulteriormente la collaborazione con Turismabile e la CPD – Consulta per le Persone in Difficoltà che sono già attivamente presenti all’interno dell’associazione.
In questa ottica la nuova governance svolgerà un ruolo fondamentale e la scelta ricaduta su Maurizio Montagnese, vicepresidente CPD, va nella direzione di affidarsi ad una figura autorevole di alto profilo istituzionale la cui visione è già da tempo ispirata dai temi più urgenti del Terzo Settore, dell’inclusione sociale e dell’accessibilità.
In un mondo culturalmente evoluto e pronto ad accettare i cambiamenti necessari per costruire una società migliore – ha dichiarato Maurizio Montagnese – in cui siano rispettate la dignità e l’autonomia di tutti, è fondamentale garantire la libertà di movimento a chiunque e in particolare alle persone con disabilità a cui bisogna guardare come turisti con esigenze speciali, ma uguali a tutti gli altri. Anche a loro deve essere data l’opportunità di viaggiare, di fare esperienza dei luoghi d’arte e di cultura e di partecipare ad eventi, concerti ed escursioni esattamente come indicato, per altro, dagli obiettivi della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità. Da questo punto di vista isiTT svolge un compito strategico essenziale, fornendo occasioni di formazione per gli operatori turistici in sinergia con i tour operator che si sono tradotte sul territorio piemontese nella realizzazione di itinerari turistici accessibili come per esempio è accaduto nel 2023 nelle Langhe con il Catalogo Langhe for All“.
isiTT – Istituto Italiano per il Turismo per Tutti è un’associazione impegnata nella promozione, nella diffusione e nell’attuazione di una concreta “cultura dell’accessibilità turistica“.
L’associazione offre consulenza e supporto tecnico a tutte le realtà, pubbliche e private, che intendono intraprendere un percorso di miglioramento della propria qualità turistica in un’ottica volta a garantire a tutti i viaggiatori la possibilità di realizzare un’esperienza turistica piacevole, appagante e sicura indipendentemente dall’età, dal funzionamento del proprio corpo o dalle condizioni di salute.
Inoltre, è impegnata su diversi fronti: dalla formazione alla verifica dell’accessibilità, dalla ricerca alla sensibilizzazione, dalla realizzazione di progetti e iniziative territoriali in un’ottica For All alla consulenza in materia di superamento delle barriere architettoniche garantendo, in tutti i settori, la propria esperienza, competenza e professionalità.

Droga e coltello in carcere

Pomeriggio intenso per il personale di Polizia Penitenziaria del carcere di Alessandria, impegnato in un’operazione finalizzare al contrasto di introduzione tra le sbarre. Come spiega Demis Napolitano, vice segretario regionale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, “nel pomeriggio, presso la Sezione Reclusione di San Michel,e è stata effettuata una perquisizione straordinaria da parte della Polizia Penitenziaria, coadiuvata dall’unità cinofila del Corpo di Asti. E’ stata rinvenuta occultata, negli slip di un detenuto italiano, più di 4 grammi di cocaina, 30 di subutex ed un coltello rudimentale. Si esprime grande apprezzamento per l’operazione effettuata dai Baschi Azzurri che, anche in momenti di grande difficoltà, dimostrano la professionalità e l’unità del gruppo”. Il segretario regionale, Vicente Santilli, sottolinea le criticità operative del personale di Polizia in relazione alla alta concentrazione di detenuti psichiatrici e tossicodipendenti: “Dai dati in nostro possesso sappiamo che quasi il 30% delle persone, italiane e straniere, detenute in Italia, ossia uno su tre, ha problemi di droga. Per chiarezza va ricordato che le persone tossicodipendenti o alcoldipendenti all’interno delle carceri sono presenti per aver commesso vari tipi di reati e non per la condizione di tossicodipendenza. La loro presenza comporta da sempre notevoli problemi sia per la gestione di queste persone all’interno di un ambiente di per se cosi problematico, sia per la complessità che la cura di tale stato di malattia comporta. Non vi è dubbio che chi è affetto da tale condizione patologica debba e possa trovare opportune cure al di fuori del carcere e che esistano da tempo dispositivi di legge che permettono di poter realizzare tale intervento”. 

Il Segretario Generale SAPPE Donato Capece evidenzia come anche questi ultimi eventi “confermano tutte le ipotesi investigative circa l’ormai conclamato fenomeno di traffico illecito a mezzo droni, fenomeno questo favorito anche dalla libertà di movimento dei detenuti a seguito del regime custodiale aperto e delle criticità operative attuali, in cui opera la Polizia Penitenziaria, con dei livelli minimi di sicurezza. Il compiacimento del SAPPE va al personale del Reparto di Polizia Penitenziario di Alessandria”Il numero 1 del primo Sindacato del Corpo evidenzia che “il problema dell’introduzione di telefoni in carcere è da tempo noto e conosciamo bene la sua portata che, al giorno d’oggi è davvero significativa e continua a crescere giorno dopo giorno. Ci preoccupa non solo il loro utilizzo per scopi illeciti all’esterno del carcere, come più volte riscontrato nelle attività di indagine che vengono svolte quotidianamente nei penitenziari e sul territorio nazionale, ma anche il vero e proprio commercio che è presente all’interno delle mura dove uno smartphone ceduto tra detenuti moltiplica vertiginosamente il proprio valore, diventando fonte di ingenti guadagni illeciti per chi riesce a gestirne il commercio”. Rammenta che “dal 2020, introdurre un cellulare in carcere è un reato punibile con una pena che va da uno a quattro anni, ma il continuo aumento dei sequestri dimostra che non è un deterrente sufficiente ad arginare il fenomeno. A nostro avviso servono interventi concreti finalizzati ad attualizzare il concetto della pena e della sua esecuzione ai giorni nostri, alle tecnologie di oggi e all’attuale realtà penitenziaria, fatta – tra l’altro – di detenuti sempre più violenti e noncuranti delle più basiche regole di civiltà. È indispensabile quindi investire sulla formazione del personale nonché sulle dotazioni individuali e di reparto, affinché la Polizia Penitenziaria sia messa nelle migliori condizioni per poter assicurare allo Stato quello che forse è il più importante compito istituzionale affidatogli, cioè garantire l’ordine all’interno degli istituti di prevenzione e di pena, tutelandone la sicurezza, a tutto beneficio della collettività libera”.

Capece informa che è in corso di organizzazione territoriale “un Nucleo di poliziotti penitenziari specializzati ed esperti nell’utilizzo e nella gestione dei droni sia in ottica preventiva che dissuasiva dei fenomeni di violazione degli spazi penitenziari o di introduzione di materiale illecito di qualsiasi natura. Per altro, i droni si prestano bene alla ricognizione delle aree vicine ad un carcere e possono fornire valido aiuto: pensiamo, ad esempio, in caso di evasione giacché consentono velocemente di rilevare e monitorare ampi spazi senza essere visti. Ovviamente al drone si devono accompagnare strumenti di ultima generazione, ad esempio software in grado di utilizzare i frame dei video mandati alle centrali operative e, soprattutto, una formazione specializzata per il personale.” Per questo l’auspicio del leader nazionale del SAPPE “è che presto anche il Piemonte possa disporre di un numero sufficiente di poliziotti, adeguatamente preparati, formati e specializzati ed esperti nell’utilizzo e nella gestione dei droni sia in ottica preventiva che repressiva”.   

 

Incidente mortale a Meina, i sindacati: Rfi attivi protocollo

Ancora un incidente mortale sul lavoro. Questa volta a Meina, nel Novarese, mentre venivano effettuati lavori sulla linea Milano-Domodossola.

«È inaccettabile continuare a morire per mantenere in efficienza le reti ferroviarie italiane» – afferma Vito Panzarella,segretario generale nazionale FenealUil.

«Siamo vicini alla famiglia del lavoratore coinvolto – dichiara – ma cogliamo questa triste occasione per ricordare a Rfi di fare la sua parte e attivare il Protocollo specifico sulle manutenzioni ferroviarie, come richiesto unitariamente dai sindacati delle costruzioni all’indomani della strage di Brandizzo (Torino) del 30 agosto 2023 in cui sono morti cinque operai edili».

«Continuiamo a chiedere un’accelerazione a un anno dalla strage. E anche oggi lo abbiamo fatto nel corso di un convegno organizzato da Anceferr al Cnel a Roma proprio sulla sicurezza nei cantieri ferroviari. Non possiamo più attendere – prosegue Panzarella – né piangere altri morti».

Il segretario generale Feneal Piemonte,Giuseppe Manta, aggiunge: «Il Piemonte continua a pagare un tributo altissimo alla manutenzione delle linee ferroviarie, che non è più tollerabile. Oltre a procedure più chiare e dettagliate per chi opera sui binari, chiediamo controlli più rigorosi, una formazione maggiore del personale e, soprattutto, di fermare la catena di appalti e subappalti, riportando in house le lavorazioni».