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Il Premio GammaDonna celebra i vent’anni

Lunedì 4 novembre prossimo, presso la centrale Nuvola Lavazza di Torino, il Premio GammaDonna celebra i vent’anni con il gran finale dell’edizione 2024. Si tratterà di un evento aperto al pubblico, interamente dedicato alla valorizzazione del talento imprenditoriale di donne e giovani come leva fondamentale per lo sviluppo socioeconomico e come acceleratore di un mondo più sostenibile. Il 4 novembre a Torino si terrà la finale del Premio, riconoscimento che celebra i vent’anni di valorizzazione dell’iniziativa imprenditoriale femminile innovativa, con l’obiettivo di contribuire a ridurre il “gender gap” in campo socioeconomico attraverso esempi di impresa virtuosi. Sul palco sei imprenditrici che hanno fatto della sostenibilità e dell’innovazione tecnologica i valori portanti della propria visione aziendale, che si contenderanno il Premio GammaDonna, il Women Startup Award powered by Intesa Sanpaolo Innovation Center, il Giuliana Bertin Communication Award e la Menzione per l’impatto sociale del Cottino Social Impact Campus.

L’evento è inserito nel calendario di Torino Capitale Cultura d’Impresa 2024 con il contributo della Camera di Commercio di Torino, il Patrocinio della Commissione Europea, Regione Piemonte, Città di Torino e G7 Women 7. I lavori avranno inizio alle ore 17 con le interviste alle sei innovatrici finaliste, per proseguire con una tavola rotonda dedicata a cultura d’impresa rigenerativa, sostenibilità e impatto, con le testimonianze di Claudia Colla, Commissione Europea, Giovanna Melandri di Human Foundation, Gianluca Dettori (Primo Ventures), Alessandra Bianco (Lavazza Group), Marella Caramazza (Cottino Social Impact Campus & Istud) e Giulia Baccarin (MIPU), vincitrice del Premio GammaDonna 2016. La conduzione dell’evento è affidata a Giampaolo Colletti, direttore di Startupitalia.

Dopo la proclamazione delle vincitrici la serata si concluderà con il cocktail party “Venti Years of GammaDonna” per celebrare il ventennale impegno dell’Associazione a favore della cultura d’impresa.

Le sei finaliste dell’edizione 2024 sono Paola Bernardotto, di Ettomio (Vicenza), Michela Conti, di UGO (Milano), Beatrice Carolina Iaia, di Biotitan Nanotechnology (Milano), Gioia Lucarini, di Relief (Pisa), Josephine Pace, di Alfa Green Solutions (West Palm Beach, FL) e Cinzia Tessarolo, di Family+Happy (Torino).

Le finaliste si aggiudicheranno inoltre un mini documentario sulla loro storia di innovazione territoriale, interviste uscite sui principali media internazionali, una sessione di strategica assestement con EY e accesso permanente alla piattaforma e Y Velocity, un percorso di formazione sul mondo VC e dell’innovazione di Italian Tech Alliance. L’opportunità di essere selezionata per un percorso di mentoring e un training per lo screening Angels 4 Women di accesso a un investimento tra i 100 e i 500 K, un percorso di formazione imprenditoriale con InnovUp, un percorsi di Sustainability Assessment per l’empowerment di sostenibilità e impatto ESG tramite Tool di SEED Capital Pro, un milione di mail sulla piattaforma di email marketing 4 dem, ingresso tra le ambassador GammaDonna.

 

Mara Martellotta

Terrina di pasta con verdure, variante vegetariana della pasta al forno

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Una deliziosa variante vegetariana della tradizionale pasta al forno.
Senza pomodoro, ma ugualmente ricca di sapore. Un primo piatto ghiotto ed originale.

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Ingredienti

300gr.di pasta corta
1 porro
2 carote
300gr. di verza
200gr.di zucca
1 piccola melanzana
500ml. di besciamella
1 mozzarella
200gr. di prosciutto cotto
Parmigiano grattugiato q.b.
Olio, sale, pepe, noce moscata

Preparare le verdure, tagliarle a piccoli pezzi e stufarle per 20 minuti in padella con un poco di sale. Lasciar raffreddare e mescolare con il prosciutto cotto tritato, il pepe, la noce moscata ed il pepe. Preparare la besciamella con mezzo litro di latte.
Lessare la pasta al dente.
Mescolare la pasta con le verdure e la mozzarella a tocchetti, trasferire il tutto in una terrina imburrata, coprire con la besciamella e in ultimo cospargere con il parmigiano grattugiato.
Passare in forno a 200 gradi per circa 15/20 minuti, finche’ si sarà formata una crosticina dorata.

Paperita Patty

Guard rail incastrato nell’auto fuori strada: due feriti

Sono stati portati in ospedale in codice rosso i due giovani feriti a bordo di una vettura finita fuori strada in viaPerlasca a Novara. L’auto è rimasta incastrata nel guard rail e sono dovuti intervenire i vigili del fuoco per liberare le persone a bordo.
NOTIZIE DAL PIEMONTE

Presentato il bilancio sociale della Fondazione di Candiolo

Nel 2023 la Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro ha destinato oltre 26 milioni di euro alla cura e alla ricerca sul cancro. La generosità è il motore di tutto grazie a 41 mila donazioni totali, cui si deve aggiungere lo straordinario successo delle sottoscrizioni del 5×1000 (quasi 270 mila firme) e le eredità e i lasciti testamentari. Il segreto di Candiolo infatti – ha detto la presidente della Fondazione donna Allegra Agnelli – è nel mix fatto di medici, di ricercatori, di coloro che lavorano ogni giorno in Istituto, dei nostri sostenitori che non ci abbandonano mai e dei pazienti, che con la loro fiducia rafforzano il nostro impegno a fare ogni giorno ancora meglio e ancora di più. È il modello Candiolo, l’unico Centro italiano di ricerca e di cura oncologiche interamente realizzato con il sostegno di donatori privati”.

Nella presentazione del ventesimo bilancio sociale è stata precisata la destinazione dei fondi raccolti : alle attività di cura e ricerca oncologiche dell’Istituto di Candiolo-IRCCS, il secondo lotto del “Cantiere Candiolo” con la progettazione della nuova Biobanca, nuove strumentazioni per la diagnostica, riqualificati gli spazi della Medicina Nucleare, che presto ospiterà una nuova Pet-Tc, tre robot Da Vinci nell’area chirurgica, il più sofisticato dei quali utilizzato per la prima volta in Europa per la chirurgia della mammella. E poi ai ai ricercatori internazionali, e anche ai “cervelli di ritorno”.

Il racconto di come l’Istituto di Candiolo – IRCCS stia crescendo negli spazi, nelle attrezzature e nella qualità della cura e della ricerca oncologica, per affrontare le sfide del futuro, è stato fatto con un evento digitale condotto dal Direttore de La Stampa, Andrea Malaguti. Un itinerario all’insegna non solo di numeri, ma di testimonianze – come quella di Claudio Gasparotto, un paziente che tre anni dopo essere guarito dal tumore al pancreas ha partecipato alla Maratona delle Dolomiti, una delle gare ciclistiche più spettacolari al mondo – di volti e di passione, perché come ha detto il Presidente della Fondazione, Allegra Agnelli: “Sono riuscita a trasmettere l’amore che ho messo per Candiolo, un centro in grado di offrire un contributo significativo alla sconfitta del cancro”.

“A Candiolo – ha affermato il Direttore della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, Gianmarco Sala – sono attivi nove macro-progetti di ricerca, ai quali si aggiungono gli studi svolti dai 291 ricercatori nei 40 laboratori. In un anno le pubblicazioni sulle più prestigiose riviste internazionali sono state 259. Nel campo della cura la Fondazione ha contribuito a garantire circa 1 milione e 400 mila prestazioni ambulatoriali”. L’aggiornamento del parco tecnologico è continuo: “Nei nuovi spazi della radiologia interventistica e diagnostica – prosegue Sala – sono operative, fra l’altro, due nuove Tomotherapy, con un impegno di spesa complessivo di circa 7 milioni di euro. Sono entrati in funzione per la chirurgia oncologica due nuovi robot Da Vinci, che si affiancano a quello già esistente, e diventerà presto operativa una nuova Pet-Tc, inserita nei nuovi spazi della medicina nucleare. Nel reparto di Gastroenterologia ed Endoscopia è appena arrivato un ecoprocessore digitale, e infine abbiamo inaugurato un nuovo reparto di Medicina Interna al servizio del Sistema Sanitario Nazionale”.

“Continua senza sosta – prosegue Sala – il piano di sviluppo. Oggi l’Istituto si estende su 60 mila quadrati, grazie al completamento del primo lotto del “Cantiere Candiolo”, che ha visto, fra l’altro, la nascita di “Oncolab”, 3 mila metri quadrati e 15 laboratori a disposizione della ricerca che occupava già un’area di 10 mila metri quadrati. È stata completata la progettazione della nuova Biobanca, importante spazio di ulteriori 3 mila metri quadrati per la conservazione dei campioni di cellule tumorali che comporta un investimento di 10 milioni di euro”.

Una preziosa struttura, “utile per lo studio sempre più approfondito della malattia e per la messa a punto di terapie sempre più personalizzate che sarà aperta alla comunità scientifica”, sottolinea il Direttore Scientifico Anna Sapino. Così come è messa a disposizione dei centri di ricerca internazionali Xenturion, la più ricca collezione al mondo di “tumoriodi” generati da metastasi di malati oncologici del colon-retto.

“Comprende 128 modelli 3D di tumori metastatici e consentirà di studiare da vicino i meccanismi di resistenza della malattia e nuovi bersagli molecolari”, spiega il Professor Livio Trusolino, responsabile del Laboratorio di Oncologia Traslazionale dell’Istituto.

Un altro primato di Candiolo è l’utilizzo del nuovissimo Robot Da Vinci Single Port per la chirurgia mininvasiva della mammella: “Siamo i primi e unici in Italia – dice il Dottor Antonio Toesca, Direttore del Programma di Chirurgia Senologica – a operare con questa metodica. Il robot permette di accedere alla zona da trattare attraverso un’unica incisione di pochi centimetri, garantendo la massima precisione e minimizzando le cicatrici con grande vantaggio per la qualità della vita delle pazienti”.

 

 

Una delegazione di Volpiano a Palermo e Capaci 


Numerosi incontri organizzati con il sindaco Panichelli e il consigliere Furlini

Il sindaco di Volpiano Giovanni Panichelli e il consigliere comunale Christian Furlinimartedì 22 mercoledì 23 ottobre hanno partecipato, insieme a studenti e insegnanti dell’Istituto Comprensivo Volpiano, ad una serie di appuntamenti in Sicilia, nell’ambito delle iniziative per la legalità sostenute dalle scuole del territorio in collaborazione con il Comune. In particolare, si sono tenuti incontri con i sindaci di Palermo Roberto Lagalla e di Capaci Pietro Puccio e, insieme ai rappresentanti dell’associazione Addiopizzo Dario Riccobono Antonio Vassallo, sono state organizzate visite alle sedi di Addiopizzo Libera, alla tomba del Beato Padre Pino Puglisi nella cattedrale di Palermo, e a Capaci al MuST23 (Museo della Stazione) e alla casina No Mafia, la costruzione da dove, il 23 maggio 1992, venne fatto esplodere l’ordigno che uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, oggi divenuto un simbolo della resistenza alla criminalità organizzata.

Così il sindaco Panichelli: «In continuità con quanto organizzato insieme all’istituto comprensivo da parecchi anni, non abbiamo avuto un solo momento di esitazione circa la partecipazione a questo viaggio altamente educativo, che ha raccolto un alto gradimento da parte di tutti. Un particolare ringraziamento lo rivolgo alla Dirigente che ha sostenuto l’iniziativa e agli insegnanti che si sono resi disponibili, accollandosi anche importanti responsabilità, e ad Addiopizzo che con la consueta ospitalità ci ha fatto sentire a casa. Infine, un ringraziamento a Christian Furlini per aver condiviso il percorso e all’assessore alla Scuola Barbara Sapino per aver fattivamente coordinato le attività».

Al teatro Carignano l’omaggio di Paolo Fresu a Miles Davis

‘Kind of Miles’ è il titolo che Paolo Fresu ha voluto dare al concerto dedicato a Miles Davis, tratto dal capolavoro che il trombettista di Alton, in Missouri, compose nel 1959, “Kind of blue”.

Martedì 29 ottobre, alle ore 19,30, andrà in scena al teatro Carignano, con replica fino a domenica 3 novembre, “Kind of Miles’ interpretato da Paolo Fresu per la regia di Andrea Bernard. Lo spettacolo è un’opera musicale e teatrale che evoca l’universo creativo di Miles Davis. In scena con Fresu una formazione musicale composta da Bebo Ferra (chitarra elettrica), Dino Rubino ( pianoforte e Fender Rhodes electric piano), Marco Bardoscia (contrabbasso), Stefano Bagnoli (batteria), Christian Mayer (batteria), Filippo Vignato (trombone) e Federico Malaman ( basso elettrico).

‘Kind of Miles’ di Paolo Fresu è un’opera musicale e teatrale che evoca l’universo creativo e visionario dell’immenso musicista scomparso nel 1991. L’intento è quello di ricostruire la vita e la musica di un artista che ha segnato il Novecento attraverso la voce narrante di un unico attore/autore attraverso il suo universo sonoro e le sue relazioni artistiche e umane. La formazione musicale è composta da diverse personalità e strumenti, acustici e elettrici, che hanno segnato il suo percorso discografico e live sotto il profilo del suono e della ricerca.

Miles Davis è un artista mitico per antonomasia, un uomo capace di raccontare una storia recente che va al di là del jazz e della musica e la cui personalità marcata appare prepotentemente, non solo attraverso la sua tromba, ma anche negli occhi scavati e profondi e nel viso scavato degli ultimi anni che inchiodano lo sguardo e nelle mani rugose che hanno toccato il cuore. A noi del presente non ha solo lasciato un’icona, ma un soffio che è carezza e graffio. L’intento di ‘Kind of Miles’ è quello di ricostruire la vita e la musica di un artista che ha segnato il Novecento, attraverso la voce narrante di un unico autore/attore e attraverso il suo universo sonoro e le sue relazioni artistiche e umane.

Una scrittura intima puntellata da momenti personali di vita vissuta, soprattutto nel periodo dell’apprendistato del jazz tra gli anni Sessanta e i Settanta, la comparazione con l’alter ego Chet Baker, e da storie tratte dalla fiorente letteratura su Davis.

“Considerare Miles Davis un autentico genio – spiega Vittorio Albani nel Volume “La storia del jazz in 50 ritratti” è addirittura notazione superflua e sminuente. E può anche essere retorico affermare come la sua figura artistica sia autentica a di quelle che hanno segnato la storia tutta della musica moderna. Ma è pura verità. Chi lo conobbe da una platea o a una presentazione discografica lo ricorda come una persona scontrosa e asociale. Chi lo conobbe personalmente parla, invece, di una persona posata, gentile, matura, anche se insicura e forse proprio per questo molto diretta. Virtuoso del non virtuoso, nel corso di una carriera unica è riuscito a snocciolare l’enciclopedia dell’esecuzione totale, portando spesso la materia jazzistica oltre i suoi limiti, dando nobiltà alle pause e alla famosa “nota fantasma” che soltanto un creativo inventore può giungere a proferire.

Riuscì come nessun altro a evitare le classiche etichette e classificazioni, utilizzando sempre e comunque elementi stilistici differenti e incomparabili gli uni agli altri. La sua sonorità, in capolavori assoluti quali il modale ‘Kind of Blue’ ( uscito nel 1959 e per molti il miglior disco di jazz mai pubblicato), come in quelli successivi alla celebre “svolta elettrica” di “In a silent way” (1969) e ‘Bitches Brew’ (1970) è un marchio di fabbrica unico e forse irripetibile. Sia per lo stile trombettistsico puro, singolare molto personale, che per quello indiretto del suono elettrico filtrato, o anche per l’uso della sordina. Velato e incisivo, vigoroso e ricco di audacia, come il blues, che ha sempre permeato la sua anima e non lo ha mai abbandonato.

Nelle sue tante formazioni, spesso autentici laboratori di ricerca, sono passati quasi tutti i protagonisti del jazz moderno. Un giorno Miles Davis disse a Quincy Troupe “ Per me la musica e la vita sono una questione di stile”.

Info biglietteria

Teatro Carignano, piazza Carignano 6.

Orari degli spettacoli martedì giovedì e sabati ore 19.30, mercoledì e venerdì ore 20.45, domenica ore 16.

Mara Martellotta

Anteprima esclusiva della XIII edizione di The Others Art Fair

Fino a mercoledì 30 ottobre 2024 va in scena l’anteprima esclusiva della XIII edizione di The Others Art Fair con un evento speciale che vedrà protagonista le opere dell’artista Felicija Dudoit, nata nel 1999, vincitrice lo scorso anno del Premio di residenza ‘Amore e Colore’ proposto dal Comitato Piero D’Amore.

 

Due opere dell’artista lituana, frutto della sua permanenza a Torino e della residenza vinta grazie al Premio Piero D’Amore nel mese di luglio, saranno infatti esposte in anteprima assoluta all’interno di uno spazio esclusivo del centro città: lo store Camper di via Teofilo Rossi di Montelera, 3/E a Torino, visitabile a partire da venerdì 25 fino a mercoledì 30 ottobre 2024.

 

Al centro dei suoi dipinti, fontane e giochi d’acqua di un parco giochi della Città che l’hanno profondamente ispirata durante la residenza torinese e che saranno inoltre esposti a The Others 2024 dal 31 ottobre al 3 novembre.

 

«Quando ho iniziato la residenza artistica, volevo prima esplorare la Città, viverla e trovare motivi per dipingere proprio qui, a Torino. Ciò che ha attirato la mia attenzione è stato un parco giochi all’interno del parco Di Vittorio, in una delle aree residenziali di Torino sud, strutturato con vari elementi colorati che fungono da fontane per rinfrescarsi e che si attivano quando qualcuno passa nelle vicinanze – racconta l’artista Felicija Dudoit – Ho scelto di lavorare su una serie di dipinti che hanno come oggetto questo parco giochi perché mi attraeva la sua natura artificiale e innaturale. Si distingue dagli edifici e dall’ambiente circostante, ma è anche un luogo anonimo che potrebbe trovarsi in qualsiasi altra città o forse essere frutto dell’immaginazione di qualcuno. Questo progetto di residenza artistica ha anche un legame con i miei lavori precedenti, che sono infatti incentrati sulle rappresentazioni dell’acqua e delle aree ricreative».

 

Il Premio proposto dal Comitato in memoria di Piero D’Amore, artista torinese scomparso a gennaio del 2022, intende infatti esaltare l’artista per continuità, coerenza e serietà del proprio lavoro, nonché per l’uso del colore, la sperimentazione di diverse tecniche artistiche e la freschezza del soggetto. Giunto alla terza edizione, propone una residenza di un mese a Torino ad un artista partecipante alla Fiera di età inferiore a 35 anni e l’esposizione a The Others dell’anno successivo del progetto realizzato durante la residenza.

 

BIOGRAFIA FELICIJA DUDOIT

Felicija Dudoit è nata nel 1999 a Vilnius, in Lituania. Si è laureata in Belle Arti presso l’Accademia delle Arti di Vilnius nel 2023, conseguendo sia la laurea che il master. L’artista partecipa attivamente a diverse mostre dal 2018. Nel 2023 le sue opere hanno fatto parte delle mostre collettive “Vilnius Vibes” all’Angermuseum (Erfurt, Germania) e alla 7ª Biennale di Pittura (Zagabria, Croazia). Nel 2024 Contour Art Gallery ha presentato le sue opere alla fiera d’arte EXPO Chicago (Chicago, USA). I dipinti di Felicija Dudoit fanno parte delle collezioni del MO Museum (Vilnius, Lituania) e di collezioni private in Europa e negli Stati Uniti.

Sant’Anna, Canalis (Pd): “Nebbia fitta sulle prestazioni”

Molte dichiarazioni roboanti dalla Giunta Cirio, ma si rischia si disperdere uno storico patrimonio di competenze.

 Esattamente due settimane fa, il 14 ottobre, l’assessore regionale Riboldi dichiarava in commissione consiliare con toni roboanti: “istituiremo entro due settimane un tavolo interaziendale dedicato alle prestazioni ostetrico-ginecologiche”.

E’ infatti fortissima la preoccupazione per il futuro dell’ospedale Sant’Anna, che rischia di essere sacrificato sull’altare del distacco del Regina Margherita dalla Città della Salute. Due ospedali fortemente integrati, che difficilmente possono essere separati senza peggiorare il servizio. Ad oggi non abbiamo alcuna idea di come verranno scientificamente distribuite le prestazioni legate alla neonatologia e all’ostetricia.

“Il futuro non mi preoccupa ma l’obiettivo è velocizzare il più possibile il distacco” aggiungeva ancora Riboldi.

Sono passate le annunciate due settimane, ma non si conosce l’esito delle iniziative dell’assessore.

C’è il rischio concreto di disperdere uno storico patrimonio di competenze e cooperazione, soltanto per inseguire il progetto di un ospedale pediatrico autonomo, che peraltro continuerà ad avere bisogno degli altri ospedali non avendo sufficiente personale medico-sanitario e tecnico-amministrativo.

L’assessore esca dalla nebbia delle sue dichiarazioni e fornisca chiarimenti sulle reali prospettive del Sant’Anna. Questo ospedale non può essere svuotato o ridimensionato alla chetichella.

Monica CANALIS – consigliera regionale PD

 

Il Consiglio comunale di Torino contro la chiusura degli uffici postali

Il Consiglio comunale di Torino ha approvato due ordini del giorno (il primo a firma Andrea Russi, il secondo vede come primo firmatario Pietro Tuttolomondo) attraverso i quali esprime contrarietà alla chiusura degli Uffici Postali decentrati in via Nizza 8, via Francesco Giuseppe Guicciardini 28, via Verres 1/A, corso Casale 196 e via alla Parrocchia 3/A.

Il primo documento invita Poste Italiane al rispetto dei valori dichiarati nel proprio codice etico e impegna Sindaco e Giunta ad adottare tutte le azioni necessarie affinché Poste Italiane mantenga operativi gli uffici postali già interessati al provvedimento di chiusura.

Nello stesso tempo, chiede che sia avviato un dialogo con l’azienda al fine di scongiurare ulteriori chiusure e a valutare il rafforzamento degli uffici postali esistenti, soprattutto nelle zone più disagiate e dove sia maggiormente presente popolazione anziana.

Il secondo documento impegna a sensibilizzare Governo e Parlamento, perché venga intrapresa una riflessione sulle politiche di gestione di Poste italiane che favorisca l’adozione di provvedimenti perché restino aperte le 5 sedi postali torinesi.

L’ordine del giorno, così come il precedente, invita a promuovere un confronto con Poste italiane al fine di garantire la continuità ed il potenziamento degli uffici postali evitando chiusure o riduzioni di orario e a favorire azioni che garantiscano una presenza equilibrata degli uffici postali in città, sia il centro cittadino sia le aree periferiche, con la possibilità di poter realizzare nuove progettualità, come il progetto “Polis”, anche nei comuni con più di 15000 abitanti includendo il Comune di Torino.

Infine l’atto impegna ad intraprendere le azioni opportune perché non vengano dismessi gli uffici postali nelle sedi suindicate.

28 ottobre 2024

I mostri e la Grande Bellezza della Napoli di Sorrentino

Il controverso “Parthenope” con Celeste Dalla Porta, bellissima e intrigante

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

Si snoda, tra colori e zone d’ombra, l’arco pressoché intero della vita di Parthenope, nata nell’acqua del mare come la sirena che le ha dato il nome, quel mare azzurro (il primo nome che mi viene in mente, in questo inizio, è quello di Raffaele La Capria, e del suo “Ferito a morte”) che è nascita e vita ma che può anche accogliere il suicidio del fratello (un convincente Daniele Rienzo) della bellissima protagonista, innamorato di lei e geloso di quel Sandrino (Dario Aita) che con lei avrà il primo rapporto sessuale: in una mescolanza di consapevolezza della sconfitta e di gelosia, in uno sguardo convinto e convincente ai “Dreamers” di Bertolucci. “Pathenope” di Paolo Sorrentino, presentato a Cannes con esiti opposti, è favola e realtà, è elegia volta allo scorrere del tempo, un ampio mosaico che potrebbe non avere confini, luccicanti bellezze e un insieme di atrocità abnormi, un attraversamento dei gironi della città come attraverso la Roma della “Grande Bellezza” poteva passeggiare il disincanto di Jep Gampardella. Sotto gli sguardi di tutti (perché non ritrovarci dalle parti di “Malena” di Tornatore?), sotto il desiderio di tutti. Il sole, il mare, i panorami di luce a lungo ripresi ma non è la felicità perché “non si può essere felici nella città più bella del mondo”. “Parthenope” è il mistero, la giovinezza, anzi l’illusione della giovinezza, una giovinezza dove anche è venuto a mancare un abbraccio paterno, perché “è stato meraviglioso, ragazzi, è durato poco”, dirà la Parthenope matura di Stefania Sandrelli, che se n’è andata, scappata a fare la professora ordinaria a Trento, per poi ritornare, senza rimpianti, con un sorriso finale. Lungo i 138’ è passata più di una volta, al centro di una colonna sonora bellissima, “Era già tutto previsto” di Riccardo Cocciante.

Se prima avevamo visto – e preferito – con “È stata la mano di Dio” il Sorrentino più intimo e personale, adesso guardiamo al fuori, all’altro, a quel destino che ha continue giravolte e incontri, speranze e disillusioni, a volte ogni cosa fatta di vera commozione, tutta femminile. Lunga settant’anni e poco più, tra il 1950 e il ’73 per assaporare tutta la gioia dello scudetto al Napoli, dentro una trama che trama non è, come poteva essere “Roma” felliniana, una storia zigzagante che racconta amori giovanili, il nume di Achille Lauro – l’armatore, per carità, non il cantante! – che nel suo abito bianco regge un’intera città e sforna protezioni e lunghe tavolate e dona, direttamente da Versailles, una carrozza d’oro, che sarà letto per la principessa appena nata; la scelta universitaria poi degli studi d’antropologia (“l’antropologia è vedere” sarà la grande verità forgiata per lei dal mentore ormai pensionabile e in odore di tramandare la cattedra: e “vedere” è così difficile, troppo facile il “guardare”) interrotta momentaneamente da qualche press agent in avanscoperta che vorrebbe portarla sui sentieri del cinema, previa consultazione di una Isabella Ferrari da viso perennemente ricoperto, a nascondere un intervento non del tutto riuscito. Ed è anche: il corteggiamento da bordo di un elicottero di un giovane boss della camorra che prima ti offre frutti di mare per accompagnarti poi tra i vicoli di Rione Sanità a dispensare quattrini e a sbirciare tra i bassi, tra i cumuli di miseria, tra le donne sfatte e i femminielli in attesa, a far calar giù dai balconi certi azzurrati panierini (uno dei momenti più suggestivi del film) per essere riempiti, là dove dinanzi a quello che è un pubblico teatrino due ragazzi concepiranno il figlio che metterà pace tra due opposte famiglie.

Le feste nei grandi palazzi che sostituiscono la fragorosa terrazza romana della “Grande Bellezza” – e qui davvero di “grande bellezza” non ce n’è più, maggiore è il degrado, la corruzione, la nostalgia che prende a rotolare tra i vicoli, la povertà, la religiosità ostentata e camuffata; l’apparizione della grande attrice, che è emblema e cornice tutta della città, metti – certo non per assurdo – una Loren che ha le sembianze perfette di Luisa Ranieri, che dopo la zia Patrizia di “È stata la mano di Dio” diviene il cameo d’obbligo e insuperato del regista – nella sua grande parrucca posta a nascondere la calvizie, la sua parure di smeraldi, e la sua bocca che vomita roventi rimproveri e disillusioni (“ve ne andate a braccetto con l’orrore e non lo sapete, siete solo trasandati e folcloristici, con l’abitudine di piangervi addosso, sempre”), pagata con una miseria in luogo dell’assegno ben maggiore pattuito, ma con altro esito; è l’urticante religioso Tesorone che Beppe Lanzetta incarna, ripugnante nel proprio eros che alterna al miracolo di San Gennaro, in una celebrazione che accomuna superstizione e realtà e truffa, è il percorso universitario, composto e svolto sotto la guida del professor Marotta (altro aggancio a Napoli, un sempre più straordinario Silvio Orlando), l’unico dallo sguardo e dall’abbraccio innocente e disinteressato, portatore della tragedia di quel figlio mostro “fatto di acqua e sale”, biancastro, lattiginoso, un sorriso perso nell’enormità del corpo e nelle vene che gli si disegnano addosso, uno di quei “mostri” ancora una volta che Napoli genera. Forse anche qui una pagina che confina con il fellinismo, un essere informe arenato sulla spiaggia della “Dolce vita”.

È questo e altro ancora “Parthenope” di Sorrentino, nella splendida fotografia di Daria D’Antonio, il suo primo film al femminile, dallo e attraverso lo sguardo di una donna, un film spezzato nelle tante sue parti, che hanno è vero un centro nella protagonista ma che troppo spesso si sciolgono negli episodi che si susseguono, taluni scritti per poter vivere di vita propria, di poter correre a far parte di un altro film, episodi inconclusi di cui non si sente alcuna necessità, come potrebbe essere la presenza vuota di Gary Oldman e del suo poeta John Cheever. Mentre sono piene di luci cinefile le memorie cinematografiche (anche un piccolo omaggio a De Sica, con il funerale di Riccardo, prima che divampi il colera: ancora un mostro), convincenti certe annotazioni di costume, non soddisfano l’eccessivo ricorso al ralenti, il traboccare che è sempre in agguato, taluni vuoti di scrittura, le troppe frasi a effetto, la mancanza di quella trama che abbiamo capito a Sorrentino non interessa. Restano complete la bellezza e la bravura della protagonista Celeste Dalla Porta, intrigante ad ogni inquadratura, capace di sopportarla benissimo, di fronteggiare l’obiettivo con sicurezza, di porsi vestita dei gioielli del Tesoro o in striminzito bikini con la stessa padronanza di autentica attrice, sempre credibile nella costruzione del personaggio, che è ricco di ogni sfumatura e di una tangibile crescita. E allora, come Parthenope, in un rimando continuo, Sorrentino ci suggerisce Napoli bella e per molti impossibile, illusoria, frutto del caos, accogliente o da respingere: forse anche il cinema di Sorrentino è così. Però esci dal cinema e cominci a discuterne. Anche questo è il bello, l’amore convincente del Cinema.