ilTorinese

ARTISSIMA appuntamento annuale con l’arte declinato al suo superlativo

ALL’OVAL DI TORINO DAL 3 AL 5 NOVEMBRE 2023

Come di consueto la manifestazione ripropone gli interrogativi che da sempre hanno interessato l’umanità: che cos’è l’arte, quale ne è la sua funzione, il bello, il buono, l’utile…  .

A questi interrogativi tentarono di rispondere Eraclito, Platone, Aristotele, Plotino, i secoli bui del Medioevo, l’Umanesimo, il Classicismo, il Rinascimento, il Barocco, l’Illuminismo, l’Ottocento fino ad arrivare al 1911 allorchè Ambrose Bierce, nel suo dizionario del diavolo, scrisse: “Arte. Parola che non ha nessuna definizione”.

Parlando con gli amici ho avuto la percezione che questi interrogativi non abbiano ancora avuto risposta. Ho sentito frasi come: “Ma sono io che non capisco l’arte contemporanea?, Per me l’arte finisce con Piero della Francesca, Ho la sensazione che l’arte contemporanea sia fatta solo per i creduloni”. 

Vorrei che queste mie poche righe accompagnassero il visitatore offrendogli la possibilità di comprendere ciò che si accinge a vedere.

L’arte è la traduzione della realtà sociale con i mezzi espressivi tipici della propria epoca, o più semplicemente, è l’immagine riflessa della Società con un unico avvertimento: l’Artista (gli artisti con la a minuscola sono semplici sperimentatori) è un contemporaneo così contemporaneo che i suoi contemporanei lo considerano un Anticipatore.

Difficilmente i contemporanei comprenderanno appieno l’opera dell’Artista (più avanti di loro perché hanno saputo cogliere i germi del rinnovamento della Società) così come parimenti i visitatori di Artissima non comprenderanno appieno il messaggio che è stato loro indirizzato: il pianeta è prossimo al suo punto di non ritorno, i ghiacciai si sciolgono, il livello dei mari si alza, il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti, ma noi, che ogni giorno dobbiamo fare i conti con questa trasformazione epocale, non ne abbiamo ancora contezza: ecco che l’Arte ci soccorre e ci viene in aiuto.

Ogni giorno i telegiornali, la carta stampata, i Media in generale ci mettono in guardia su quanto stia accadendo, ma noi ciechi e sordi ci rifiutiamo di accorgercene: la nostra tecnologia super avanzata ci offre strumenti utili a quantificare quanto fin qui accaduto, il numero di specie di animali già estinti e quelli già condannati all’estinzione e a predire l’imminente catastrofe ambientale oramai prossima, ma l’Artista, spiazzandoci completamente, parla di quanta cura gli Indios dell’Amazzonia ripongano nell’ambiente circostante. Loro credono o sanno che ogni creatura della foresta Amazzonica sia dotata di un’anima, sia che sia un essere umano, sia che sia un animale, un fiore o un frutto. 

I migliori artisti del pianeta sono stati convocati ad Artissima per parlarci, a modo loro, della cura dell’ambiente. Non tutti ci riusciranno, ma se anche uno solo riuscisse in questa impresa il Mondo si salverebbe. 

Se pertanto l’Arte è la traduzione della realtà sociale questa edizione di Artissima ci pone di fronte alla drammaticità della scelta che l’Umanità è chiamata ad operare: cessino le guerre, lo sfruttamento selvaggio delle risorse naturali e si riponga tutta l’attenzione alla cura dell’ambiente così come gli Indios dell’Amazzonia, nella loro inconsapevole saggezza, fanno da secoli.

L’uomo, messo con le spalle al muro, comprenderà allora che non esistono tante definizioni di Arte, ma una costante trasformazione della Società che di volta in volta viene rappresentata dall’Artista che ha saputo coglierla prima dei suoi contemporanei.

Buona trentesima edizione! 

 

Emanuele Farina Sansone

Tutti alle Ogr per una buona causa

Si avvicina il periodo natalizio e le agende si riempiono di appuntamenti per saluti e momenti benefici, ma c’è un appuntamento, che tutti gli anni si rinnova a cui proprio non bisogna mancare ed è da segnare subito per non dimenticarci è  il 7 dicembre ore 21 alle Ogr.
Ventiquattresimo gran galà di solidarietà nella  la Sala  Fucine delle Ogr, musica ,musica a scopo benefico, i fondi raccolti saranno devoluti alla Fondazione Caterina, in ricordo di Caterina Farassino,e agli amici di Piero, in ricordo della giovane fotografa cantante e il fonico Piero Macarino.

Il ricavato dello scorso anno ha permesso alla Fondazione Caterina di acquistare un macchinario all’ avanguardia per l ospedale Regina Margherita e due notebook con programmi dedicati a bambini con disturbi di autismo.
I biglietti sono in vendita su ogrtorino.it Hanno già dato adesione Gli Statuto, Fratelli di Soledad,persiana Jones,Omini. altri si aggregheranno
Ci vediamo il 7 dicembre e diffondete la notizia , ottima occasione per una serata insieme agli amici e fare del bene stando bene in compagnia.

Gabriella Daghero

Commemorazione dei defunti, al Monumentale l’omaggio ai Caduti

Ieri al Cimitero Monumentale, nel giorno della ricorrenza dei defunti, la vicesindaca Michela Favaro, insieme alla presidente del Consiglio Comunale, Maria Grazia Grippo, con le altre autorità cittadine civili, militari e religiose, hanno reso omaggio all’ossario della Gran Croce, ai militari caduti nella campagna di Russia, ai morti nei lager nazisti, alle vittime delle foibe, dell’aviazione e alle vittime civili di guerra.

Un momento di raccoglimento si è tenuto anche presso la lapide che ricorda gli ebrei torinesi vittime delle persecuzioni naziste.

Mario Odasso, ufficiale alpino in Albania e Russia

Giorgio Ferraris, maestro elementare in pensione, da tanti anni sindaco di Ormea in alta Val Tanaro, al confine con la Liguria, autore di libri importanti sugli alpini al fronte russo tra il 1942 e il 1943 (Alpini dal Tanaro al Don, In prima linea a Nowo Postojalowka, Le ultime tradotte per la Russia), ha pubblicato per l’editore Araba Fenice un interessante profilo dell’ufficiale delle penne nere Mario Odasso. Nato a Garessio il 7 dicembre del 1898, Odasso prese parte come giovane ufficiale di complemento al primo conflitto mondiale e ricoprì un ruolo di grande rilevanza su tutti i fronti dove vennero impegnate le truppe alpine nella Seconda Guerra mondiale. Con il grado di maggiore  comandò il Battaglione Intra, inviato in Albania con la Cuneense dopo il fallito tentativo di occupazione della Grecia. In quella circostanza condusse personalmente una delle poche operazioni militari dell’esercito italiano coronate da successo di quella guerra, prima dell’intervento delle truppe germaniche. Il comando del Battaglione degli alpini Intra fu un esperienza importante considerato che rappresentava, nella storia delle penne nere, il più antico corpo di fanteria da montagna attivo nel mondo, quasi una leggenda. Costituitosi nel 1908 con il nome di Pallanza, assunse un anno più tardi la denominazione che lo rese famoso tra gli alpini. La nappina che distingueva questi alpini era verde e il loro motto era tutto un programma: “O u roump o u moeur !”, “O rompo, o muoio”. Odasso, promosso tenente colonnello, prese successivamente parte alla campagna di Russia come Capo dell’Ufficio Operazioni del Corpo d’Armata Alpino e, all’inizio della ritirata, svolse una delicata e fortunosa missione speciale. Nominato Capo di Stato Maggiore del Corpo Alpino, dopo aver organizzato il rientro in patria dei soldati italiani sopravvissuti alla disastrosa ritirata, venne gravemente ferito da un bombardamento aereo russo e i postumi della ferita lo costrinsero al ritiro dalla vita militare, conclusa con il grado di generale. A guerra finita, il Battaglione Intra, a quel tempo inquadrato nel 4° Reggimento Alpini della Divisione Taurinense, non venne più ricostituito, restando così nei ricordi di coloro che ne fecero parte, in pace come in guerra. Va sottolineato che al rientro in Italia, nella sua casa a Intra, Mario Odasso non solo non aderì alla Repubblica di Salò ma avviò i contatti con il Cln clandestino di Verbania e con le formazioni della Resistenza, preparando la calata al piano dei partigiani e assumendo il comando della piazza militare verbanese. Quando si costituì la prima amministrazione comunale di Verbania dopo la Liberazione fu chiamato dal sindaco socialista Andreani a far parte della giunta in qualità di vicesindaco, incarico che ricoprì fino alla primavera del 1946. Il libro di Giorgio Ferraris, arricchito da una importante documentazione fotografica sulla campagna greco-albanese del Battaglione Intra, ricostruisce la vita di questo alpino di poche parole e di forte tempra, apprezzato e rispettato dai suoi uomini, che seppe fare scelte importanti a testa alta, dimostrando grandi capacità militari e una forte umanità. Ferraris mette in rilievo, infine i valori che hanno ispirato la vita di quest’uomo tutto d’un pezzo: l’onestà e lo spirito di libertà.

Marco Travaglini

Agrisalumeria Luiset, passione di famiglia

 INAUGURA UFFICIALMENTE L’ INSEGNA  DI VIA PO 39
D’accordo, il Piemonte non è la regione più famosa d’Italia per la produzione di salumi ma può ugualmente competere con altre regioni, vocate tradizionalmente all’arte dell’insaccato. Lo può fare grazie ad artigiani che, storicamente, hanno sempre creduto nelle potenzialità del territorio e della filiere del settore che lo costituiscono.
A Torino, la storica Agrisalumeria Luiset ha fatto di questa passione dapprima aprendo dei negozi e poi realizzandone un vero e proprio marchio identificativo, di qualità e provenienza: i loro salumi, infatti, sono apprezzati non solo dai privati, ma dai tanti locali piemontesi ” da aperitivo” ( ma non solo)  che spesso abbinano ai propri vini i classici taglieri di salumi. La proposta, in questo modo, che negli anni si è ridotta all’essere stata un po’ banalizzata, si eleva a un momento didattico e goloso nell’apprezzare il Piemonte dei vini e dei formaggi, anche per i suoi salumi.
Il ” Torinese”, in anteprima rispetto all’ apertura ufficiale del  punto vendita di Via Po 39, che avverrà Domenica 5 novembre, dalle 15 alle 18,  ha avuto modo di intervistare il patron dell’Agrisalumeria Luiset, Mauro Casetta.  Storie e considerazioni che condividiamo con il pubblico lettore.
 
 
 
Dove e come nasce la realtà dell’ Agrisalumeria Luiset?
 
L’ Agrisalumeria Luiset – azienda agricola – nasce dall’ intraprendenza e passione di un piccolo allevatore, Gino Casetta, che nel 1990, dopo 21 anni di esperienza presso un altro salumificio, ha deciso di mettersi in gioco e di aprire un’attività in proprio per poter offrire al mercato salumi e carni suine senza speculazioni pur di abbassare il costo del prodotto finito, ma con l’idea che è il prezzo che si adegua alla qualità e non viceversa.
Con gli anni la clientela è cresciuta ed io, Mauro, e mia sorella Chiara, abbiamo deciso di proseguire l’attività di nostro padre e per poter continuare ad offrire la stessa qualità del passato e anzi per
migliorarla, abbiamo assunto personale, ampliato gli allevamenti, rinnovato la struttura produttiva portando al nostro interno anche la macellazione (fase molto delicata della produzione) e sviluppato la vendita diretta con i nostri punti vendita ad Alba, Torino e, in sede, a Ferrere.
Qual è lo “stato di salute” dei salumi piemontesi, il cui blasone non è  pari a quello dei formaggi?
 
L’Italia è sicuramente la patria mondiale dei salumi con epicentro la pianura padana: il Piemonte, in particolare, per ciò che riguarda la produzione di salumi, ha antiche tradizioni norcine che, purtroppo,  non ha saputo valorizzare al meglio.
Negli anni Ottanta si sono sviluppate alcune industrie salumiere a scapito di piccoli artigiani che hanno chiaramente sfavorito di gran lunga la  qualità. Negli anni Novanta ha iniziato a svilupparsi un nuovo tipo di attività regolamentata, quella dei piccoli allevatori che, grazie all’installazione iniziale di piccoli   laboratori agricoli, hanno potuto affiancare momenti dedicati alla vendita dei loro prodotti nelle aree mercatali dedicate. In questo modo  ha iniziato a svilupparsi l’avventura di mio padre che, grazie all’intreccio di importanti  rapporti commerciali, con altre aziende limitrofe, ha potuto dare inizio  all’ apertura dei vari punti vendita.
vendita di Alba e Torino, accantonando le aree mercatali.
Per trovare in Piemonte un salume ben fatto va comunque ricercato in negozi specializzati o direttamente presso piccoli produttori.
Penso che il comparto dei formaggi si sia sviluppato maggiormente nei piccoli produttori anche grazie alla maggior semplicità di gestione: infatti, ciò che, diversamente, complica le cose per   i piccoli produttori di salumi è la mancanza di  impianti di macellazione, attività che richiede grandi investimenti ed impegno.
Quanti punti vendita avete in Piemonte e a Torino, oltre alla nuova apertura di Via Po 39?
 
Abbiamo dal 1990 il punto vendita a Ferrere che è stato rinnovato nel 2012 con l’apertura del nuovo laboratorio. Nel 2006 abbiamo abbandonato le aree mercatali di Alba e Montà  d’Alba ed abbiamo aperto il punto vendita di Alba.
Nel 2011 abbiamo aperto il negozio di Torino in via Principe Amedeo n. 20, poi trasferito a dicembre 2022 in via Po 39.
Adesso inauguriamo questo spostamento con l’arrivo e la presentazione della nuova insegna.
Chiara Vannini

Che bello, bimbe e bimbi a teatro! Per loro le “domeniche a teatro” al torinese “Spazio Kairòs”

Da domenica 5 novembre

“Recitare non è altro che un bel gioco!”: è lo slogan su cui si basa quella passione per il teatro (in ogni sua forma) che tredici anni fa ha portato gli attori Riccardo De LeoGianluca Guastalla e Lia Tomatis a fondare in città la Compagnia Teatrale “Onda Larsen”, Associazione culturale affiliata “Arci Torino”. E se “recitare” non è altro che un gran “bel gioco”, perché non fare in modo che il teatro diventi un piacevole richiamo, un gioco per l’appunto appassionante, fin dalla più tenera età? Bambini a teatro! Idea da dieci e lode! Per concretizzare la quale, “Onda Larsen” (pur se non sono i primi a cimentarsi nell’impresa) ha pensato bene di organizzare una serie di “domeniche a teatro” in orario pomeridiano dedicate e rivolte proprio ai più piccoli. Alle 16, merenda (ovviamente offerta) e alle 16,30, tutti in platea per l’inizio dello spettacolo. Ad ospitare gli appuntamenti è lo “Spazio Kairos”, ex fabbrica di colla di via Mottalciata 7, a Torino, al confine tra Barriera di Milano, Aurora e Regio Parco.

Si inizia domenica 5 novembre con “Streghe” e si prosegue con un appuntamento al mese: le altre date sono quelle del 3 dicembre, 21 gennaio, 25 febbraio e 17 marzo. Protagoniste, secondo una politica culturale che contraddistingue anche la rassegna serale per adulti di “Onda Larsen”, compagnie da tutta Italia.

Il testo di apertura è messo in scena dalla Compagnia bresciana “Chronos 3” ed é liberamente tratto da “Le Streghe” dello scrittore inglese Roald DahlScritto e diretto da Manuel Renga, con Sara Dho e Roberto Dibitonto (e musiche eseguite dal vivo dallo stesso Dibitonto), è indicato per i bimbi dai cinque anni in avanti. Protagonista Abrahm, un ragazzino che vive con la nonna. Lei gli racconta che esistono le streghe e, dopo averlo istruito su come riconoscerle, partono per l’Inghilterra. Una polmonite, però, costringe l’anziana al riposo: nell’hotel in cui soggiornano, si riunisce proprio il congresso annuale delle streghe d’Inghilterra. Sono guai per nonna e nipote che lotteranno per impedire il realizzarsi del terribile piano delle streghe Cosa mai succederà? Si tratta di “un testo dolce e allo stesso tempo amaro, divertente, avventuroso: parla dei bambini e delle loro paure ma anche dei grandi e delle ‘streghe’ che  tutti dobbiamo affrontare ogni giorno”.

Centrale anche il tema della “diversità”. Il protagonista, trasformato in un topolino, si ritroverà a chiacchierare con la nonna che gli chiederà: “Sei sicuro che non ti dispiaccia essere un topolino per tutta la vita?”. Lui, con serenità e gioia risponde: «Certo nonna! Non importa chi sei o che forma hai, l’importante è che ci sia qualcuno che ti vuole bene”.

Biglietto unico (con merenda omaggio): 8 euro.

L’appuntamento successivo , in programma per domenica 3 dicembre, sarà con “Natale senza rete”, sul palco la Compagnia torinese “La fabbrica delle bambole”; a seguire, domenica 21 gennaio 2024“Verso un’isola piena di bambini e pirati” scritto diretto ed interpretato dalla torinese Tita Giunta, mentre domenica 25 febbraio sarà la volta di “Cuordiferro” del trentino “Collettivo Clochart”. E, per finire, domenica 17 marzo“LEGOMAGIC – Viaggio nel magico mondo di Harry Potter” con gli aretini “Diesis Teatrango”.

Per infowww.ondalarsen.org

  1. m.

Nelle foto:

–       “Streghe”

–       “Cuordiferro”

–       “LEGOMAGIC”

Ivana Posti, speaker e conduttrice televisiva. Sognare si può e non è peccato radio web

RITRATTI TORINESI

 

Il sogno di condividere la bellezza, l’amore per la vita, per i versi,la poesia, la musica el’ arte, tutto tradotto con una certa leggerezza. Portare un sorriso in un mondo pieno di brutture: così nasce “Sognare si può (e non è peccato)” la pagina social di Ivana Posti, speaker e conduttrice televisiva, che dal 2019 è diventata una web station che trasmette rubriche e interviste in diretta creandone successivamente dei podcast.

Uno spazio in cui gli ospiti possono raccontare i propri sogni. Si parla di libri, di eventi, di progetti inseguiti e realizzati.

Ivana Posti nasce a Basilea, in Svizzera, il 14 luglio 1965, da genitori umbri. Vive e lavora a Torino, dove la famiglia si stabilisce rientrando in Italia quando aveva  pochi mesi, a causa della normativa svizzera che impediva agli emigranti di tenere con sé i propri figli nati prima dei 3 anni di permanenza lavorativa sul  territorio. L’amore per la natura legata ai luoghi di origine della famiglia, per la semplicità  la spingono a scrivere e disegnare fin dai primi anni di età.

Il suo sogno editoriale si realizza in tarda età, quando con Faligi Edizioni escono tre pubblicazioni: una raccolta di poesie dal titolo “Trent’anni di cuore o giù di lì” – “Le filastrocche di zia Ivana”  e “Quello strano click” un racconto sulla maternità mancata, esperienza personale raccontata senza filtri dal punto di vista emotivo. Uno dei suoi sogni è quello di portarlo nuovamente in stampa. L’incontro con Arte Città Amica la riavvicina al mondo dell’arte e della poesia. Dalla collaborazione con GRP Televisione prende quindi vita un format  da lei condotto, dal titolo “Scrittori in Onda”  in cui l’autore si racconta avvicinandosi al pubblico anche da un punto di vista umano oltre che intellettuale. La voglia di raccontare  i sogni della gente le offre l’opportunità di condurre su Radio Crossover Disco una trasmissione dal titolo appunto “Sognare si può”.  Ha collaborato con Radio Torino al fianco di Roberto Maree. Ha creato radio web per conto di terzi. Fino a realizzare una realtà propria in cui accogliere e condividere le esperienze dei sognatori.  Molti i personaggi che nel tempo hanno condiviso emozioni al suo microfono regalandole attimi di grande emozione e crescita personale.

Walter Rolfo, Alberto Macario, scrittori, poeti come Dario Voltolini, Paola Giovetti,  psicologi avvocati, pittori, associazioni come Amar Piemonte, medici, solo per fare alcuni esempi. Il colonnello Mario Giuliacci ha raccontato l’uomo  dietro al metereologo.  Poesia a Merenda è una delle rubriche periodiche di successo più durature del canale, Carmelo Cossa scrittore e poeta uno dei primi che hanno creduto nel sogno di Ivana Posti rendendolo reale. Le emozioni sono il succo della vita, i sogni ne sono l’essenza. Empatia e curiosità creano quel mix emotivo che permette di stabilire un contatto con il pubblico attraverso la semplicità e il sorriso. Segnaliamo tra gli altri appuntamenti, quello con ‘Una finestre nel mondo di arte e musei’ in cui Mara Martellotta  illustra agli ascoltatori mostre e eventi culturali presenti sul territorio.

Da alcuni anni la collaborazione con Radio Moncalieri e Radio Stella Piemonte ha arricchito l’esperienza di Sognare si può, permettendole di raggiungere un ulteriore nuova fascia di ascoltatori.

Molti nuovi progetti in arrivo. Nell’attesa per chi avesse piacere di curiosare  si possono visionare  gli episodi  sul canale YouTube  Ivana Posti Sognare si può o sulla pagina Ivana Posti, Sognare si può, oppure ancora sul Spotify

Mara Martellotta

“Pensioni integrative falciate del 70%”

 

Non si era mai visto un caso simile: le pensioni integrative erogate dal Fondo pensioni ex Banco di Roma gestito da UNICREDIT sono state decurtate del 70%, riducendo a poche decine di euro gli importi erogati ad oltre 20.000 pensionati dell’Istituto! Una tragedia che, esaminando i fatti, ha delle cause ben precise.

Nel corso degli anni la situazione del Fondo è andata peggiorando, a causa di operazioni finanziarie non rispondenti alle esigenze di prudente gestione che normalmente si associano allo scopo di garantire una rendita sicura agli associati.

Un Fondo pensioni, infatti, non è un fondo comune speculativo, ma una cassa (alimentata da contributi del datore di lavoro e dei lavoratori) che raccoglie mensilmente i capitali versati per investirli nel modo più redditizio e sicuro possibile.

Questo fondamentale principio è chiaramente espresso dallo stesso Statuto del Fondo, che all’art.3 recita: “Il Fondo ha lo scopo di consentire agli Iscritti di disporre, all’atto del pensionamento, di prestazioni pensionistiche complementari al sistema obbligatorio secondo le previsioni contenute nella Parte III del presente Statuto e nel Regolamento da incorporazione, che costituisce parte integrante e sostanziale dello Statuto. A tale fine esso provvede alla raccolta dei contributi, alla gestione delle risorse nell’esclusivo interesse degli Iscritti stessi e all’erogazione delle prestazioni secondo quanto disposto dalla normativa in materia di previdenza complementare tempo per tempo vigente, dal presente Statuto e dal Regolamento da incorporazione. Il Fondo non ha scopo di lucro.

La gestione deve essere effettuata “nell’esclusivo interesse degli iscritti”, senza alcuna commistione con gli interessi della banca, che possono anche essere opposti (e, come si vedrà, lo sono stati!).

Inoltre, non avendo scopo di lucro, il Fondo non può effettuare operazioni speculative, ma conservative del patrimonio con l’obiettivo precipuo di trarne un reddito, che è la fonte dalla quale attingere per erogare le pensioni, sulla base dei complessi calcoli tecnici elaborati dagli attuari.

Purtroppo per i pensionati, lo Statuto del Fondo prevede (art.34) che la gestione dei risparmi accumulati sia nelle mani dei dirigenti di Unicredit e dei rappresentanti degli “iscritti attivi” (in realtà si tratta di sindacalisti). Solo due “vecchietti” sono ammessi al Consiglio, trattati come un “carico residuale”, mentre dovrebbero essere i soli protagonisti.

Il Fondo è amministrato da un Consiglio di Amministrazione costituito da sedici componenti dei quali: a) otto nominati da UniCredit di cui almeno uno appartenente alla categoria dei Pensionati fruenti di pensione diretta ovvero di rendita a capitalizzazione individuale; b) sette eletti dagli Iscritti attivi; c) uno eletto dai Pensionati fruenti di pensione diretta ovvero di rendita a capitalizzazione individuale.

Ma cosa è avvenuto di così grave negli anni per provocare il drastico calo delle prestazioni?

Lo chiarisce Gianluigi De Marchi, fiduciario per il Piemonte dell’Associazione pensionati ex Banco di Roma.

Il primo macigno collocato sulle nostre spalle risale al 2003, quando gli amministratori del Fondo decisero di “avviare una graduale dismissione del patrimonio immobiliare ad uso abitativo” vendendo (o svendendo?) circa 400 appartamenti a Roma ed a Milano con l’obiettivo di “realizzare un’adeguata diversificazione degli investimenti” (le frasi in corsivo sono tratte in forma integrale dalla relazione del Consiglio di Amministrazione del Fondo al bilancio 2003). Ma cosa hanno fatto questi geni? “Il Consiglio ha valutato positivamente la possibilità di riallocare le risorse in cespiti immobiliari ad uso commerciale, con indubitabili vantaggi in termini di certezza dei valori e di certezza di redditività”; per i non esperti: usciamo dal settore immobiliare e rientriamo nel settore immobiliare…

Il bello è che a fronte di 400 appartamenti venduti, non sono entrati 400 negozi o uffici, ma un unico cespite, l’immobile in Viale Tupini 180 a Roma, guarda caso di proprietà del gruppo Capitalia (che aveva assorbito il Banco di Roma). Il Consiglio si affanna a giustificare l’operazione, precisando che “ha esaminato numerose proposte di investimento immobiliare”, arrivando a scegliere quella “in famiglia” che garantiva un prezzo interessante ed una redditività sicura (15 anni di affitto garantito). E naturalmente si mettevano le mani avanti precisando che “le oggettive caratteristiche dell’investimento sono tali da escludere in radice ogni aspetto di conflittualità con l’interesse del Fondo”! Insomma, si sono venduti 400 appartamenti per comprare un unico enorme immobile per ridurre il rischio… Roba che, se espressa da un iscritto al primo anno di ragioneria avrebbe comportato l’immediata bocciatura, perché è vero esattamente il contrario: il rischio si riduce con la diversificazione degli investimenti, non con la sua concentrazione!”.

La redditività è stata regolare per 15 anni, ma al termine del contratto di affitto UNICREDIT ha disdetto la locazione, gli amministratori hanno dormito sonni tranquilli e solo a trasloco avvenuto si sono resi conto che il mostro sul laghetto dell’EUR era vuoto e non produceva più un euro di reddito… Da tre anni, nonostante le tardive attività di commercializzare l’immobile, Viale Tupini è un’immobilizzazione infruttifera.

Purtroppo non finisce qui” continua De Marchi ”perché nel 2008 il Fondo ha acquistato obbligazioni di Lehman Brothers poco tempo prima del suo fallimento, azzerando l’investimento (chissà se le ha comprate da UNICREDIT? A pensar male si fa peccato, ma…); nel 2015 ha comprato per 11 milioni il Fondo Immobiliare Idea Fimit, oggi svalutato a 0,5 milioni euro (il fondo faceva parte del Gruppo Parnasi, in gravissima crisi e debitore di UNICREDIT per oltre 500 milioni di euro, anche in questo caso a pensar male si fa peccato ma…); e per finire, chicca straordinaria per una gestione prudenziale tipica di un Fondo pensioni, nel 2015 ha acquistato strumenti finanziari derivati, con conseguente applicazione da parte della COVIP di sanzioni amministrative!!!”

E’ incredibile che una Banca come Unicredit, che amministra il Fondo, non sia riuscita negli anni a tutelare le pensioni dei suoi ex dipendenti ed abbia loro accollato investimenti disastrosi provenienti dal suo patrimonio.

La misura è colma” dichiara De Marchi” “abbiamo sopportato per troppo tempo i casi di mala gestio, ora abbiamo deciso di reagire. Stiamo attivando una serie di azioni per tutelare i nostri interessi e nelle prossime settimane daremo il via anche a manifestazioni per smuovere l’opinione pubblica e richiamare alle proprie responsabilità tutte le parti coinvolte nel dissesto del nostro Fondo, al fine di ottenere l’apertura di negoziati istituzionali con il Fondo, con UNICREDIT, con la Autorità di vigilanza Covip e con i Ministeri vigilanti”.

MARA MARTELLOTTA

“Anatomia di una caduta”, ogni momento cinematografico è lo specchio dell’ambiguità

Sugli schermi il film della francese Justine Triet, Palma d’oro a Cannes

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

Quarto lungometraggio (150’) della regista francese Justine Triet, Palma d’oro al festival di Cannes nel maggio scorso, “Anatomia di una caduta” (scritto con il compagno Arthur Harari, guardando per qualche verso, fin dal titolo, al vecchio Preminger di “Anatomia di un omicidio”. E quanto di questa convivenza sia stato riversato nella vicenda non ci è dato sapere, là dove spesso si parla di vita reale e di finzione letteraria) non è soltanto il resoconto di un antefatto assordato da una musica a volume altissimo – un effetto decisamente disturbante, come molto altro nel film lo è -che spinge intervistata e intervistatrice a rimandare una chiacchierata impossibile (le parole che non riescono a esprimersi, a fuoriuscire, a esplodere) e accecato dal biancore della neve che circonda lo chalet nei dintorni di Grenoble in cui la scrittrice di enorme successo Sandra, tedesca d’origine, vive con il marito Samuel, con cui comunica più facilmente in inglese, spento, avvilito uomo e scrittore, da sempre alla ricerca di un successo che non arriverà mai, e con il figlio undicenne Daniel, ipovedente a seguito di un incidente, forse causato dal padre. Il film dei forse, delle non certezze, delle ricostruzioni della polizia che dicono e non affermano, che studiano con il mezzo di un pupazzo i meccanismi della caduta. Il ragazzino, tornando un giorno a casa da una passeggiata tra i boschi con il suo cane, scopre il cadavere di Samuel riverso nella neve, alcune macchie di sangue all’intorno: forse è stato un incidente, forse un suicidio, forse a spingerlo giù dal sottotetto, in cui stava facendo dei lavori, è stata Sandra, unica presente nella casa. Forse. “Anatomia di una caduta” è anche, soprattutto, in quella seconda parte serrata e chiusa nell’aula di un tribunale, il resoconto di un lungo, parcellizzato, bisturizzato processo che vede Sandra imputata dell’uccisione del marito, messa a confronto con la propria esistenza, con le abitudini e le sue scelte sessuali, con le pieghe d’ombra che deve mostrare anche al figlio.

E questo maggiormente interessa alla regista, tramutare la vicenda in una autopsia che con lucidità (la scrittura della sceneggiatura è perfetta) guarda alla vita di una coppia (qualcuno ha citato Bergman) e alla sua distruzione (con le falsità? con la morte?), condurre all’interno del dibattito la dissezione di un rapporto, montare e rimontare, proporre suggerimenti per turbare le acque e virare immediatamente, dare in pasto agli avvocati – al lupo famelico dell’accusa e a quello innamorato della difesa -, attraverso il peso mai secondario delle parole che invadono lo schermo (Sandra ne conosce tutta l’importanza, lei è una scrittrice, come pure Samuel, anche lui avrebbe – ha – il fuoco della scrittura dentro di sé), gli equilibri difesi e soffocati e il vivere quotidiano che si rivelerà disastroso, i tradimenti di lei, i sensi di colpa dell’una e dell’altra parte, le registrazioni di certi litigi e la violenza verbale che può negli eccessi dell’ira andare oltre, la volontà di lui a rintanarsi, una vera e propria fuga dentro i corridoi ristretti di un rifugio, in quella casa di montagna e l’accondiscendenza di lei, i bisticci delle lingue diverse, le speranze e i sogni a lungo coccolati e miseramente morti. Interessa alla regista risolvere attraverso il momento inaspettato con “l’incidente” del cane e la deposizione del figlio il nodo della non colpevolezza, interessa cercare un happy end che preannunci il ritorno a casa: ma interessa anche buttare là, in un lampo di fotogrammi che attraversa lo schermo e la storia, il dubbio, con il bisticcio – mostrato di sbieco, attraverso la macchina da presa messa lì come a spiare – tra lui e lei, accanto alla finestra che dà nel vuoto. Tutto è in bilico e lasciato in bilico, lo spettatore avanza nella storia e continua a porsi domande. Anche Daniel narra una propria verità – in un panorama di sguardi e ancora una volta di parole decisamente pirandelliano -, inquietante e sicuro negli affetti che dovrà scegliere.

Anatomia di una caduta” è il film in cui è facile spendere la parola capolavoro, dove a galla, senza inganni, senza che qualcosa appaia di troppo, sono portati gli inganni, la incomunicabilità, la desolazione, la quiete sempre in pericolo e lo sconquasso che ne può derivare, il tutto con una padronanza del racconto come raramente si vede sullo schermo. C’è molto teatro, di quel teatro da porre sulle tavole più belle e concrete del palcoscenico; c’è la sapienza di una regista votata ad un femminismo che non si confonde con le vuote quanto sbiadite celebrazioni, che imprime verità cinematografica ad ogni inquadratura; c’è l’esattezza narrativa dei flasback, mai fuori posto; c’è il lavoro sugli attori e degli attori, di Sandra Huller in primo luogo (il Palmarès quale miglior attrice ha preso a Cannes un’altra strada), che mostra (e vive) attimi di tranquillità e di sicurezza personale, di inquietudine, di dolore, di ambiguità, di chiarezza e di sospetti con una incredibile bravura. Senza dimenticare la prova intensa del piccolo Milo Machado Graner, deus ex machina forse veritiero di un film che è senza dubbio il migliore di questo inizio di stagione e che non possiamo non consigliare.

Nuovo negozio Aldi in strada Settimo a Torino

 

ALDI, parte del Gruppo ALDI SÜD, realtà multinazionale di riferimento della Grande Distribuzione Organizzata, ha inaugurato  un nuovo punto vendita a Torino, Strada di Settimo 6, nel quartiere Barriera di Stura.

Il nuovo negozio, frutto dell’opera di riqualificazione di un edificio dismesso, vanta una superficie commerciale di 900 m2. Certificato con classe energetica A4, è dotato di un impianto fotovoltaico con una portata di 26,77 kWp. A disposizione dei clienti anche 48 posti auto gratuiti, di cui 21 al coperto, e due colonnine di ricarica auto elettriche con una portata di 22KW.

Con uno store concept pensato per rispondere alle moderne esigenze dei consumatori, il negozio, aperto dal lunedì al sabato dalle ore 8:30 alle 20:30 e la domenica dalle ore 9:00 alle 20:00, offre un’esperienza di acquisto sempre più “smart” grazie a un assortimento compatto e completo, organizzato in modo efficace e intuitivo che permette ai clienti di riempire il proprio carrello di valore, facendo la spesa rapidamente e con semplicità.

In occasione della nuova apertura, ALDI propone anche speciali offerte in sottocosto in aggiunta alle promozioni settimanali, per invitare i cittadini di Torino a scoprire la qualità, la freschezza e la convenienza dei propri prodotti.

Alleato delle famiglie italiane, il “PREZZO ALDI” rappresenta una garanzia di qualità Made in Italy al giusto prezzo, espressa attraverso una virtuosa selezione di prodotti composta da circa 130 referenze di frutta e verdura e 30 marche. Il tutto, con una forte connotazione tricolore: circa l’80% dei prodotti alimentari in vendita, infatti, nasce dalla stretta collaborazione con realtà agricole italiane di eccellenza.

La nuova apertura nel quartiere Barriera di Stura consolida la presenza di ALDI nella provincia torinese, dove ora sono 11 i punti vendita inaugurati, portando a quota 22 gli store in Piemonte. Questa nuova inaugurazione ha contribuito alla creazione di 13 nuove opportunità lavorative, per un totale di 337 collaboratori nella regione. Grazie a questo nuovo taglio del nastro, l’azienda raggiunge quota 168 negozi in Italia, per un totale di 3.133 persone impiegate, proseguendo il piano di espansione nel Nord e portando nuovo impulso all’economia e all’occupazione locale.