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“Che fare quando il mondo è in fiamme?” Al Castello del Valentino il lungometraggio di Roberto Minervini

Giovedì 30 luglio, ore 21,30 / Secondo appuntamento della rassegna “Respiro” ( “respiro” materiale e metaforico), promossa dal Gruppo Culturale “La Comune” – che prevede una serie di proiezioni cinematografiche “capaci di evocare con potenza immaginifica l’attuale mancanza di prospettive nell’ambito delle discriminazioni di genere, razziali e sociali” – verrà proposto il prossimo giovedì 30 luglio (ore 21,30) nell’Arena del Castello del Valentino l’ultimo film documentario del cinquantenne regista marchigiano (oggi attivo fra Italia e Stati Uniti) Roberto Minervini.

Titolo “Che fare quando il mondo è in fiamme?” (“What You Gonna Do When the World’s on Fire?”), il lungometraggio, datato 2018, è stato presentato alla 75° Mostra del Cinema di Venezia ed affronta, con carattere e momenti di intensa levatura etica e artistica, il fenomeno del razzismo negli States, prendendo spunto dagli eventi che, nell’estate del 2016, videro coinvolta un’intera comunità afroamericana di Baton Rouge, nella Louisiana. Argomento ancora oggi e sempre più di stretta attualità. Dopo i fatti, soprattutto, di Minneapolis del 25 maggio scorso che videro la morte per soffocamento del 46enne di colore George Perry Floyd, nel corso del suo arresto da parte di quattro agenti, e dopo le conseguenti manifestazioni di protesta contro l’abuso di potere da parte della polizia americana, accusata di comportementi razzisti. E anche questo sarà, sicuramente, argomento di dibattitto del talk che accompagnerà la visione del film e che sarà condotto da Cathy La Torre, attivista politica (candidata alla carica di sindaco di Bologna in vista delle amministrative del 2021) e avvocata specializzata in “diritto antidiscriminatorio” con particolare riferimento alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, nonché sui diritti della comunità LGBTQI.

La serata sarà aperta da un video di presentazione di Roberto Minervini, che con questo lavoro ha ricevuto il “Premio Miglior Documentario” al “BFI London Film Festival”,  e vedrà la presentazione del progetto “Respiro”, nato dalla collaborazione del team di lavoro – a leadership diffusa – composto dalle curatrici Francesca Comisso e Luisa Perlo ( di “a. titolo” ), da Irene Dionisio ( regista e artista visiva), dal direttore del Festival di Annecy e Carbonia nonché critico cinematografico Francesco Giai Via, dall’operatrice culturale Ambra Troiano e dal filosofo e curatore della Triennale di Milano Leonardo Caffo,  con Andrea Polacchi e Luca Bosonetto del Comitato Arci Torino.
Dopo il lungometraggio di Minervini, questi i prossimi appuntamenti:

Lunedì 3 agosto ore 21,30, proiezione de “ I Miserabili” del regista francese- di origine malese – Ladj Ly (al secolo Ladj Lytuona), vincitore del Premio della Giuria all’ultimo Festival di Cannes, Premio Miglior Rivelazione agli European Film Awards, candidato al Premio Oscar come Miglior Film Straniero e trionfatore con moltepliplici riconoscimenti al César; talk del talent civile con Gianni Oliva

Domenica 30 Agosto ore 21,30, serata di chiusura dell’“Ambrosio” presentata da Bruno Gambarotta, con la proiezione de “La scomparsa di mia madre” dedicato dal giovane regista milanese Beniamino Barrese alla madre oggi 76enne Benedetta Barzini, famosa top model degli anni Sessanta, musa di fotografi e artisti, da Irving Penn a Richard Avedon, da Andy Warhol a Salvador Dalì.

g. m.

I risultati del campionato regionale di nuoto

Campionato Regionale di Categoria – Campionato Italiano di Categoria su Base Regionale

Cala il sipario sul Campionato Regionale di Categoria di nuoto in vasca lunga al Palazzo del Nuoto di Torino. Oltre ad assegnare i titoli di Piemonte e Valle d’Aosta, la manifestazione è risultata valida per il Campionato Italiano di Categoria su base regionale, con i tempi conseguiti da tutti gli atleti che comporranno una classifica unica a livello nazionale. Il campionato, prima gara regionale FIN dopo la lunga sosta forzata, si è disputato in nove turni (tre per ognuna delle tre giornate), per consentire uno svolgimento efficace del programma e una miglior gestione dei numeri e degli spazi, nel rispetto dei protocolli ministeriali e federali. Circa 450 gli atleti iscritti, divisi nelle categorie Ragazzi, Junior, Cadetti e Senior, in rappresentanza di 26 società di Piemonte e Valle d’Aosta e per un totale di quasi 1300 presenze gara.

Nella classifica per società si è imposto il Centro Nuoto Torino, seguito sul podio da Sisport Spa e Rari Nantes Torino. Completano l’elenco delle prime otto Dynamic Sport, CSR Granda, Aquatica Torino, VO2 Nuoto Torino e OASI Laura Vicuna. A livello individuale, da segnalare i quattro titoli di Giulia Borra (Centro Nuoto Torino, 50 e 100 dorso, 50 e 100 stile libero Senior), Gabriele Mancini (Centro Nuoto Torino, 100 e 200 rana, 200 e 400 misti Junior) e Stefano Linty (Dynamic Sport, 100 e 200 farfalla, 200 e 400 stile libero Ragazzi).

Tre ori per Francesca Fresia (Aquatica Torino, 200 rana, 200 e 400 misti Senior), Lara Gherardini (CSR Granda 400, 800 e 1500 stile libero Senior), Francesca Pasquino (Nuotatori Canavesani, 50, 100 e 200 dorso Cadette), Carola Valle (Centro Nuoto Torino, 50 farfalla, 50 e 100 stile libero Cadette), Cristina Caruso (CSR Granda, 200 farfalla, 200 e 400 stile libero Cadette), Ilaria Stevanella (Rari Nantes Torino, 50, 100 e 200 rana Cadette), Giada Gorlier (Rari Nantes Torino, 50 e 100 dorso, 200 misti Junior), Giulia Vetrano (Centro Nuoto Nichelino, 200, 400 e 800 stile libero Junior) e Rachele Mattiel (Dynamic Sport, 100 e 200 rana, 400 misti Ragazzi).

Tre affermazioni anche per Alessandro Miressi (Fiamme Oro/Centro Nuoto Torino, 50 farfalla, 50 e 100 stile libero Senior), Simone Ponzio (Centro Nuoto Torino, 50, 100 e 200 dorso Senior), Simone Benedetto (Libertas Nuoto Chivasso, 50, 100 e 200 rana Senior), Marco Lafronza (Sisport Spa, 400, 800 e 1500 stile libero Senior), Fabio Fasolo (Sisport Spa, 50 farfalla, 50 e 100 stile libero Cadetti), Mattia Palmieri (Aquatica Torino, 50, 100 e 200 dorso Cadetti), Nicolò Tosetto (Sisport Spa, 200 farfalla, 200 e 400 misti Cadetti), Tommaso Sebastiano Gallesio (CSR Granda, 400, 800 e 1500 stile libero) e Lorenzo Giuseppe Ciancia (Rari Nantes Torino, 50, 100 e 200 dorso Junior).

Il resoconto delle tre giornate di gara su https://www.federnuoto.piemonte.it/finpiemonte/home_new/main_new.asp?area=1&read=nuoto&menu=agonismo

“La Tesoriera in balia dei vandali”

Da anni le associazioni e la circoscrizione denunciano la presenza di vandali nel Parco della Tesoriera: panchine completamente distrutte o divelte, alcune ormai solo più scheletri di metallo, e bidoni rotti.

Dal 2009, anno di ristrutturazione della villa, il custode non c’è più e, pare, che la chiusura e l’apertura del parco siano affidate ad una ditta esterna al Comune.

Il capogruppo di Sicurezza e Legalità Raffaele Petrarulo ha depositato un’interpellanza a Palazzo Civico per chiedere delucidazioni in merito: “da chi è  gestito il servizio, quali i costi a carico del Comune, se la medesima ditta sia incaricata di svolgere anche un servizio di vigilanza all’interno del Parco della Tesoriera e se siano in programma controlli quotidiani ad opera della Polizia Municipale”.

Locatelli (Prc-Se): “vanno accertate responsabilità su emergenza Covid”

“Un diversivo la commissione di indagine bipartisan”

“Evitiamo di illudere i cittadini che si possa arrivare ad accertare errori e responsabilità su quanto accaduto in fase di emergenza Covid con un diversivo. L’insediamento bipartisan  di una commissione di indagine in seno alla commissione sanità della Regione Piemonte, dopo aver negato la costituzione di una commissione di inchiesta, è un’arma spuntata che porterà poco o nulla” dichiara Ezio Locatelli, segretario provinciale Prc-Se di Torino. “Lo dico – continua Locatelli – – anche alla luce della mia decennale esperienza di Consigliere regionale di opposizione alle Giunte Formigoni in Lombardia riguardo l’istituzione di commissioni  innocue destinate a non concludere nulla. Ragion per cui mi sembrano del tutto fuori luogo le dichiarazioni di soddisfazione rilasciate dal Pd che ha ottenuto con voto unanime la presidenza di una commissione priva di poteri effettivi, sottoposta al controllo numerico della maggioranza di centrodestra che governa la regione. Una commissione che è un contentino poco rispondente alla domanda di accertamento di errori e responsabilità riguardo la gestione dell’emergenza in Regione Piemonte e le scelte di taglio della sanità pubblica che sono state perseguite nel corso degli anni da schieramenti di centrodestra e centrosinistra. Errori e responsabilità che, per quanto ci riguarda, con particolare riferimento a quanto accaduto nelle Rsa, abbiamo chiesto di perseguire tramite un esposto su cui la Procura della Repubblica ha aperto un filone di inchiesta”.

Resta operativa la task force regionale “antivirus”

La task force territoriale di esperti che ha affiancato l’Assessorato alla sanità e la Giunta regionale per la gestione della Fase 2 dell’emergenza coronavirus in Piemonte, sarà prorogata. Così come si procederà al rinnovo del Gruppo di lavoro istituito per lavorare alla riorganizzazione della rete ospedaliera piemontese. Lo ha annunciato l’assessore regionale alla Sanità, rispondendo all’interrogazione della lista Monviso, nell’ambito delle question time a palazzo Lascaris.

I provvedimenti istitutivi sia della Task Force sulla Fase 2 che del Gruppo di lavoro per la riorganizzazione della rete ospedaliera prevedevano la durata fino al 31 luglio 2020. “Nonostante il Piemonte sia per ora sotto controllo per quanto riguarda i nuovi contagi Covid – ha sottolineato l’assessore Luigi Icardi- ritengo sia però opportuno rinnovare questi due organismi per due sostanziali motivi: perseguire nell’obiettivo di rendere l’offerta delle prestazioni sanitarie la più funzionale alle necessità dei cittadini e mantenere alta la guardia rispetto alla possibile diffusione di focolai di ritorno. Stiamo infatti tenendo sotto controllo soprattutto i cittadini che rientrano da paesi a rischio come la Romania o il Bangladesh. Con l’arrivo dell’autunno e dell’avvento dell’influenza, dobbiamo mantenere alta la guardia e garantire tutte le forze che abbiamo a disposizione. L’Unità di crisi per ora è in stand-by ma, nel caso fosse necessario, potrà essere riavviata in tempo zero”.

 

 

 

Gli edifici culturali si fanno il “lifting”. Al via la manutenzione di Mole e Gran Madre

La Giunta comunale su proposta degli Assessori Francesca Leon e Antonino Iaria, ha approvato il progetto esecutivo relativo alla manutenzione straordinaria di alcuni edifici cittadini di interesse culturale che rientrano nelle competenze del Servizio Edilizio per la Cultura della Città di Torino.

Nello specifico i lavori interessano la Mole Antonelliana, la Basilica del Corpus Domini, la Chiesa della Gran Madre di Dio, la Biblioteca Civica Centrale, il Parco d’Arte Vivente (Via Giordano Bruno n. 31 – Circoscrizione 8) e i magazzini dell’ex fabbrica Superga (Via Verolengo n. 28 – Circoscrizione 5).

Sono inoltre previsti interventi minori presso la Biblioteca Civica Villa Amoretti, Parco Rignon, e la Chiesa di San Massimo Vescovo.

Gli interventi di manutenzione straordinaria, che inizieranno presumibilmente entro la primavera del 2021, sono finalizzati alla conservazione, restauro e messa a norma dei siti oggetto della delibera.

Il costo complessivo per l’esecuzione delle opere di manutenzione è di 1.000.000 di Euro che verrà finanziato con apposito mutuo a medio/lungo termine.

Il progetto di manutenzione straordinaria è stato sottoposto all’esame preventivo della Soprintendenza Archeologica, Bella Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana che ha espresso parere favorevole.

Arriva Nibol, l’app che trasforma i bar in spazi di lavoro sanificati

Aperte le selezioni per trovare i locali migliori di Torino per i lavoratori agili. AAA La startup dell’ufficio diffuso che consente di prenotare facilmente una postazione di lavoro nelle caffetterie  è alla ricerca di locali di qualità, comodi e accoglienti con wi-fi.

 

 In un periodo in cui smartworking e distanziamento sociale sono quanto mai d’attualità, ci pensa Nibol (www.nibol.co) a semplificare la vita degli smartworker torinesi e, contemporaneamente, a offrire un aiuto ai locali sabaudi per affrontare la fase 3.

 

La startup, infatti, ha sviluppato un’app che mette in rete locali che ospitano postazioni di lavoro sanificate dedicate ai lavoratori agili: da un lato, bar e caffetterie possono riconvertire i loro spazi in postazioni di coworking durante le ore di minor affluenza, dall’altro, l’ormai crescente popolazione di lavoratori agili può assicurarsi scrivanie on-demand sanificate e munite di wifi. A tutti gli effetti, un ufficio diffuso.

 

Se è vero che il 60% dei lavoratori dichiara di voler continuare a lavorare da remoto anche post-pandemia (fonte Indagine Cgil/Fondazione Di Vittorio sullo Smartworking), è altrettanto vero che lavorare da casa non è sempre facile: mancano la comodità della propria postazione, il confronto con i colleghi, il caffè o il pranzo con i clienti o i fornitori. Così come non è facile trovare uno spazio alternativo che sia economico, comodo e, in questo periodo, sanificato.

 

Per rispondere alle esigenze degli smartworker, Nibol permette di prenotare un hot desk in modo davvero facile. Grazie alla geolocalizzazione, l’app mette in evidenza i locali Nibol più vicini all’utente. Sulle pagine dei diversi locali, sono visibili i dettagli delle singole postazioni – dalle prese elettriche all’aria condizionata – e le recensioni lasciate dagli altri clienti su voci quali comodità e tranquillità della location, ma anche qualità del cibo e bevande. Fatta la scelta, non resta altro che prenotare il proprio tavolo tramite l’app, specificando quando e per quanto tempo verrà occupato.

 

Dall’altra parte, anche i gestori dei locali si trovano ad affrontare difficoltà legate a dinamiche quali distanziamento sociale e divieto di assembramenti.

Nibol rappresenta un’opportunità anche per i locali che hanno la possibilità di riconvertirsi in spazi di lavoro sicuri e sanificati: le caffetterie e i bar non hanno costi fissi per entrare nel network di Nibol, potendo così sfruttare anche le ore solitamente meno frequentate.

 

“Il mondo del lavoro è stato stravolto negli ultimi mesi. Un cambiamento repentino che non ha fatto altro che consolidare la pratica dello smartworking, se si pensa che già nel 2019 la crescita degli smartworker è stata del 20% rispetto al 2018 – afferma Riccardo Suardi, fondatore di Nibol – In questo contesto, il nostro obiettivo è semplice: offrire un posto comodo ed economico dove lavorare, avendo anche la possibilità di trovare altre persone che fanno parte della community di Nibol”.

 

Al momento Nibol è attivo con 18 locali a Milano, in continua crescita e ha appena aperto le selezioni a Torino. I proprietari dei locali possono candidare il proprio locale collegandosi al link, mentre gli smartworker possono suggerire un locale direttamente dall’applicazione.

Violenze alle Vallette. Direttore e comandante sostituiti da due donne

E’ stato rimosso dall’incarico  il direttore del carcere di Torino, Domenico Minervini, insieme con il comandante della polizia penitenziaria Giovanni Battista Alberotanza.

Il provvedimento, secondo fonti giornalistiche, è stato deciso dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) per motivi di opportunità.

La procura di Torino ha infatti chiuso le indagini sulle presunte violenze, in alcuni casi si parla torture, nei confronti di alcuni  detenuti del carcere Lorusso e Cutugno. Minervini e Alberotanza sono  tra i 25 indagati nell’inchiesta condotta dal pm Francesco Pelosi.

A sostituire direttore e comandante rispettivamente Rosaria Marino, ex direttrice del carcere di Novara e  Maria Lupi ex vicecomandante della polizia penitenziaria delle Vallette.

Bollettino Covid: nessuna vittima, 12 contagi. Stabili le terapie intensive

CORONAVIRUS PIEMONTE: IL BOLLETTINO DELLE ORE 16:30

26.039 PAZIENTI GUARITI E 655 IN VIA DI GUARIGIONE

Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato che i pazienti virologicamente guariti, cioè risultati negativi ai due test di verifica al termine della malattia, sono 26.039 (+17 rispetto a ieri), così suddivisi su base provinciale: 3197 (+4) Alessandria, 1574 (+0) Asti, 841 (+0) Biella, 2436 (+1) Cuneo, 2345 (+0) Novara, 13.425 (+10) Torino, 1093 (+0) Vercelli, 961 (+2) Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 167 (+0) provenienti da altre regioni.

Altri 655 sono “in via di guarigione”, ossia negativi al primo tampone di verifica, dopo la malattia e in attesa dell’esito del secondo.

I DECESSI RIMANGONO A 4127

Nessun decesso di persona positiva al test del Covid-19 è stato comunicato nel pomeriggio dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte.

Il totale rimane di 4127 deceduti risultati positivi al virus: 678 Alessandria, 256 Asti, 208 Biella, 398 Cuneo, 372 Novara, 1821 Torino, 222 Vercelli, 132 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 40 residenti fuori regione ma deceduti in Piemonte.

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI

Sono 31.622 (+12 rispetto a ieri, di cui 8 asintomatici. Dei 12 casi, 8 screening, 2 contatti di caso e 2 con indagine in corso. I casi importati, da altra regione italiana, sono 1 su 12) le persone finora risultate positive al Covid-19 in Piemonte, così suddivise su base provinciale: 4099 Alessandria, 1883 Asti, 1055 Biella, 2921 Cuneo, 2811 Novara, 15.976 Torino, 1351 Vercelli, 1152 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 268 residenti fuori regione, ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 106 casi sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 5 (invariato rispetto a ieri).

I ricoverati non in terapia intensiva sono 136 (-5 rispetto a ieri).

Le persone in isolamento domiciliare sono 660.

I tamponi diagnostici finora processati sono 490.394, di cui 269.094 risultati negativi.

“Radici e tronchi d’albero”, il mistero svelato dell’ultimo Van Gogh

Di Barbara Castellaro / 27 luglio 1890, Auvers sur Oise, verso il crepuscolo. Vincent Van Gogh rivolge un’arma contro se stesso, decidendo di porre fine alla propria esistenza.

La mattina di quel giorno, secondo gli studi condotti sulla sua opera da Louis van Tilborgh e Bert Maes e rivelati in una pubblicazione del 2012 dal Van Gogh Museum di Amsterdam, aveva abbozzato la sua ultima opera, il suo ultimo grido al mondo, il suo testamento: “Radici e tronchi d’albero”.

Questa teoria era supportata dalla testimonianza inconfutabile di Andries Bonger, fratello di Joanna Bonger Van Gogh, moglie di Theo e cognata di Vincent, che aveva indicato in questa tela l’ultima opera dell’artista, dipinta proprio la mattina del 27 luglio. In un altro scritto Van Tilburgh, in collaborazione con il suo collega Teio Meedendorp, nel 2013, concludeva che il soggetto dipinto nell’ultimo quadro, “Radici e tronchi d’albero”, rifletteva lo stato mentale disturbato e tendente al suicidio e che, quindi, fosse plausibile che, avendo trascorso la mattina a lavorare a questo dipinto, confrontandosi con la propria profonda malinconia, Van Gogh fosse tornato all’Auberge Ravoux e ne fosse uscito con la pistola con la quale avrebbe posto fine alla propria vita.
Fine Marzo – Inizio Aprile 2020, la pandemia del Covid-19 ha costretto l’Europa al lock down. Le uscite sono limitate. In poche settimane la normalità è diventata un ricordo e la vita si svolge tra le mura di casa.

Wouter van der Veen, studioso dell’opera di Vincent Van Gogh e direttore dell’Institut Van Gogh, si dedica a esaminare i file che riproducono alcune cartoline che raffigurano Auvers sur Oise tra il 1900 e il 1910. La scena fotografata in una di queste include una strada coperta di radici e tronchi d’albero. Van der Veen racconta di aver pensato di utilizzarla per cercare di spiegare “Radici e tronchi d’albero”, l’ultimo quadro di Van Gogh, “un lavoro sconcertante e difficile da capire dipinto da lui il giorno del suicidio”.
Casualmente, come è spesso accaduto per tutte le grandi scoperte, lo sguardo dello studioso, mentre è impegnato in una conversazione telefonica, cade su un punto della riproduzione digitale della cartolina aperta sullo schermo e, incredulo, riconosce proprio quelle radici e quei tronchi raffigurati da Vincent.In quella cartolina è immortalato il soggetto dipinto da Van Gogh, ma vent’anni dopo.


Nel libro “Attacked at the very root. An investigation into Van Gogh’s last days” Van der Veen rivela tutti i particolari della scoperta che l’hanno portato alla convinzione di avere individuato l’esatto punto dipinto nell’ultima opera dal pittore olandese, a 150 metri dall’Auberge Ravoux. “Mi recai in quel luogo appena possibile – scrive Van der Veen – Mi attendeva un piccolo miracolo: un enorme ceppo mummificato coperto di edera, occupava il posto d’onore nel luogo che avevo identificato. Si trattava della parte centrale del dipinto…”.

Si trattava del punto esatto dove Van Gogh aveva dipinto per l’ultima volta in quel villaggio che l’aveva ospitato negli ultimi mesi di vita. Vincent Van Gogh arriva, infatti, a Auvers sur Oise il 20 maggio 1890. Il suo unico desiderio, dopo le crisi che lo avevano colpito nel periodo trascorso ad Arles, in particolare il movimentato rapporto con Gauguin, poi culminate nell’episodio del taglio dell’orecchio del dicembre 1888 e nella decisione di ricoverarsi volontariamente nella Maison de Santé di Saint Remy de Provence, dove rimase un intero anno, era stato quello di ritornare al Nord, nei luoghi che era sicuro l’avrebbero guarito, così come anni prima aveva pensato del Sud della Francia e del sole e dei colori della Provenza.

Due episodi, in particolare, negli ultimi mesi trascorsi a Saint Remy, avevano influito sulla salute e sul precario equilibrio dell’artista: il saggio di Aurier e la nascita del nipote.
Nel gennaio 1890 Gabriel Albert Aurier, un giovane, ma visionario critico d’arte pubblica sul “Mercure de France” un lungo articolo “Les Isolèes: Vincent van Gogh” nel quale riconosce le doti straordinarie del pittore olandese. Vincent è confuso e confessa alla madre e alla sorella di sentirsi preoccupato dal pensiero del successo. Il secondo episodio si verifica nel 31 gennaio 1890. Theo e Joanna diventano genitori di un bambino al quale vengono imposti i nomi di Vincent Willem, gli stessi dello zio, gli stessi dell’altro zio, il primogenito dei coniugi Van Gogh, quel fratellino nato e morto il 30 marzo 1852, un anno esatto prima della nascita del pittore che ne aveva ereditato i nomi. I nervi sovraeccitati di Vincent vengono messi a dura prova da queste emozioni e a febbraio viene colpito da una crisi molto violenta, la più lunga del suo soggiorno nella casa di cura di Saint Remy: dalla prima settimana di febbraio all’ultima settimana di aprile è incapace di dipingere, scrivere e persino di leggere.

Il successo e l’arrivo di un bambino con la creazione di un nucleo familiare proprio da parte del fratello se da un lato rappresentano per lui episodi felici, dall’altro portano, tuttavia, con sé un profondo carico di turbamento e paure ataviche: quella del peso insostenibile della fama il primo e quello della perdita di un’intimità con Theo il secondo. Era arrivato un altro Vincent a prendere il suo posto, come lui aveva fatto con il suo fratellino nato morto 37 anni prima e l’artista inizia a percepire dentro di sé, con dolore, il passaggio da fratello amato a peso gravoso.
Al termine della crisi Van Gogh riesce a partire per Parigi, dove, tuttavia si ferma soltanto tre giorni per conoscere la cognata e il nipote, prima di raggiungere, su raccomandazione e consiglio di Camille Pissarro, Auvers sur Oise, all’epoca villaggio particolarmente amato e dipinto da molti artisti, affidandosi alle cure del dottor Paul Gachet, un medico appassionato ammiratore dell’arte dell’epoca e grande collezionista, che spinge il pittore a lavorare il più possibile per contrastare il ritorno della malattia.

A Auvers sur Oise Vincent soggiorna all’Auberge Ravoux (Cafè de la Maire) e trascorre molto tempo all’aperto, dipingendo incessantemente. In questi mesi nascono capolavori di una bellezza straziante come “La Chiesa di Auvers” che Wouter van der Veen così descrive: “è una dimostrazione artistica di forza. Le misure, l’ambizione, le difficoltà tecniche e l’immediato successo di esecuzione rendono indiscutibilmente questo dipinto uno dei suoi più grandi, allo stesso livello dei “Girasoli” o di “Notte Stellata sul Rodano. La scena è retroilluminata e si svolge sotto un cielo blu carico che sembra inciso sulla tela come un bassorilievo multicolore, in un perfetto contrasto di tinte e tonalità audaci e raffinate. La figura ordinaria di un passante e alcune case che rappresentano il villaggio intensificano la scena…” e come “Ritratto del dottor Gachet” dipinto nella posa della “Melancholia” di Albrecht Dürer, un’opera giocata su un sapiente utilizzo delle diverse gradazioni di blu.

Una tela di questo periodo che ha assunto un grande significato non soltanto per la tragicità che trasmette e per la potenza espressiva della quale è portatrice, ma anche perché, per molto tempo, è stata, a torto, considerata l’ultimo dipinto di Van Gogh è “Campo di grano con corvi”. La scelta di dipingere tre strade sotto un cielo cupo, pesante, materico, contraddistinto da un cromatismo scuro e opprimente e attraversato da corvi in volo che sembrano forieri di oscuri presagi, ha fatto ritenere il quadro un testamento conclusivo, tuttavia, Van Gogh allude alla sua creazione in una lettera del 10 luglio, quindi 17 giorni prima del suicidio e, nonostante, ancora oggi, non sia stato possibile datarla con certezza, è importante notare che raffigura un campo di spighe e che, quindi, è stata dipinta prima che il grano venisse tagliato. L’esistenza di altre tele che immortalano i campi di Auvers con il grano già tagliato e raccolto conferma la certezza che, nonostante il quadro evochi lo spettro della morte, non solo non è stato l’ultimo dipinto da Vincent, ma ad esso ne sono seguiti altri.

L’esercizio continuo e quasi disperato dell’arte pittorica, tuttavia, non basta ad allontanare le crisi e i periodi sereni si fanno sempre più rari fino a scomparire del tutto il 6 luglio 1890 quando Vincent ritorna a Auvers profondamente turbato e convinto di essere solo un fardello per i suoi cari. Durante la sua visita a Parigi, Theo gli è apparso, infatti, nervoso e distante, prostrato dai primi segni della sifilide, dalla preoccupazione per la salute del figlio che soffre di frequenti e inspiegabili attacchi di pianto e per gli affari.
Questa convinzione viene rafforzata dall’improvvisa partenza di Theo e Joanna per Olanda e dalla frammentarietà della corrispondenza che hanno sicuramente influito nel rafforzare nell’artista questo pensiero.La solitudine e il senso di abbandono, in quel luglio dai colori e dalla luce abbacinanti, dovevano essersi fatti sempre più gravosi per il pittore olandese che sicuramente ritrova dentro di sé e rafforza la necessità di farsi da parte, necessità che esplode e si concretizza il 27 luglio, il giorno della raffigurazione di “Radici e Tronchi d’albero”, opera che ha mantenuto, per molto tempo, intatto il proprio mistero. Oggi è ormai chiaro che questa è senza alcun dubbio l’ultima tela di Van Gogh, un’opera incompiuta, l’ultima visione di un’artista che, per tutta la vita, aveva sempre saputo andare oltre, tutto anticipando, tutto superando.

Per molto tempo, tuttavia, è parso quasi impossibile identificare il luogo raffigurato da Van Gogh fino alla recentissima scoperta di Wouter van der Veen.
La cartolina da lui analizzata che raffigura il luogo dipinto nell’ultimo quadro di Van Gogh è “Auvers sur Oise – Rue Daubigny” e mostra una strada che curva verso il basso con un ciclista di spalle fermo a causa di una gomma a terra. Alla sua destra c’è una serie impressionante di radici esposte all’aria aperta. Naturalmente, molte cose sono cambiate dall’epoca, ma gli studi condotti sul terreno e sugli alberi, i confronti e le analisi con l’opera sembrano sufficienti per poter identificare, con esattezza, l’ultimo luogo che Van Gogh ha dipinto, mentre nella sua mente si rafforzava sempre di più il desiderio di mettere fine ai suoi giorni. Questa tratto di rue Daubigny si trova a 150 metri dall’Auberge Ravoux. Probabilmente, come era solito fare tutti i giorni secondo la testimonianza di madame Ravoux, anche quel 27 luglio Vincent si alzò, uscì a dipingere e rientrò a pranzare presso l’albergo. Quel giorno era stata una giornata molto calda ed è presumibile che Vincent avesse preferito uscire all’aperto anche nel pomeriggio piuttosto che lavorare nello studio a lui fornito dai Ravoux.

Sia la testimonianza di Adeline Ravoux che quella di Paul Gachet concordano sul fatto che Van Gogh era rientrato dopo che entrambi avevano già cenato, quindi verso sera, proveniente da “dietro il castello” dove si era sparato. La stessa notizia è data al critico Aurier da Emile Bernard in una sua lettera: “Domenica sera uscì in campagna vicino a Auvers, appoggiò il cavalletto contro un pagliaio, andò dietro il castello e sparò un colpo di pistola contro se stesso”. Vincent, quindi, era uscito a dipingere anche nel pomeriggio, e “Radici e tronchi d’albero” al momento del suicidio doveva trovarsi sul cavalletto. Il dipinto era stato iniziato al mattino come affermato da Andries Bonger, ma le ultime pennellate sono state applicate nel tardo pomeriggio.
Scrive ancora Van der Ween: “Van Gogh non stava inventando l’astrazione nella pittura con questo lavoro sconcertante. Stava semplicemente facendo ciò che aveva sempre fatto: catturare la realtà di ciò che vedeva nel modo in cui desiderava vederlo”.

Antonin Artaud nel suo “Van Gogh. Il suicidato dalla società” scrive: “Van Gogh non abbellisce la vita. Ne fa un’altra”.  Non abbellisce la realtà, ne fa un’altra, dipinge la realtà che i suoi occhi colgono, vedono, osservano. Sempre Artaud: “[…] dirò che Van Gogh è pittore perché ha ricomposto la natura, che egli ha come ritraspirato e sudato, fatto schizzare a fasci sulle sue tele, a sprazzi scrocchianti di colore, la secolare frantumazione di elementi, la spaventosa pressione elementare di apostrofi, di strie, di virgole e di sbarre di cui sono composti gli aspetti naturali…”.
Anche le semplici radici di un albero erano state “ricomposte e ritraspirate” in un testamento scritto con il colore e con il sangue. L’artista era consapevole che ormai c’erano nuove radici, giovani e forti e sentiva di doversi fare da parte. Il pensiero del suicidio si era rafforzato dentro di lui, era diventata una necessità prendere la morte per andare in una stella.

“Van Gogh voleva soprattutto raggiungere finalmente quell’infinito per il quale, egli dice ci si imbarca come su un treno verso una stella, e ci si imbarca il giorno in cui si è deciso fermamente di farla finita con la vita” scrive ancora Antonin Artaud. Van der Veen, grazie a una cartolina e a quel bisogno di indagare, osservare, scoprire, di scavare nell’opera di Van Gogh e nella sua vita, ci ha svelato un mistero.  Da oggi il pellegrinaggio doloroso a Auvers sur Oise comprenderà oltre alla Chiesa, alla cameretta dove Vincent si è spento vegliato dall’amato fratello, al cimitero dove i due fratelli riposano sotto un manto di edera, anche il luogo dove Vincent ha regalato all’umanità il suo ultimo quadro. “Non tutti capiranno che il trionfo di una vita, a volte, risiede nella scelta della morte. Van Gogh era, in quel senso, forse di prematura modernità” scrive Van der Veen.E, talvolta, la morte è l’unica strada perché l’arte, diventata immensa e ingombrante, possa continuare a vivere per sempre. Solo l’arte, infatti, può sopravvivere a tutti noi.

 

Si ringraziano per la disponibilità e per le fotografie:

Dr. Wouter van der Veen e Dr Dominique-Charles Janssens – Institut Van Gogh

Dr.ssa Clara Moreno – Moreno Conseil