ilTorinese

L’Unità, il giornale voluto da Gramsci

/

Il 12 febbraio di quest’anno L’Unità avrebbe compiuto centotreanni. Il condizionale è d’obbligo poiché il 3 giugno del 2017, dopo tre crisi editoriali, cessò definitivamente le pubblicazioni.

Per chi ha avuto l’opportunità – e l’onore – di scrivere su quel giornale fondato da Antonio Gramsci ( com’è capitato per diversi anni a chi scrive) sono entrambi fatti di straordinario rilievo. Positivo, il primo. Drammatico, da far venire il groppo in gola, il secondo. Gli anniversari combinano sempre storia e memoria. Nel calendario privato di ciascuno di noi a prevalere è la seconda. Nel calendario civile – quello che accompagna la vita di una nazione– prevale quasi sempre la prima.

Poi capitano eventi e date che queste due cose – storia e memoria – si mescolano in un modo inestricabile. Per chi l’ha confezionata, diffusa, letta, commentata, persino ostentata come un simbolo, una bandiera, è qualcosa d’importante, di prezioso. Non è stato “solo” un giornale: è stata L’Unità. Che le feste del più grande partito progressista e di sinistra siano tornate da qualche anno a organizzarsi in quel nome, l’ho considerarlo come un evento positivo e non come un’amara beffa del destino. Il 12 febbraio del 1924 , quando Antonio Gramsci fondò quel quotidiano pensava ad un giornale della sinistra. E quel titolo – che lui definì “puro e semplice” – doveva parlare a operai e contadini, ma avere anche un significato più generale. Quel giorno di poco più di un secolo fa, Antonio Gramsci scrisse: “Io propongo come titolo L’Unità, puro e semplice, che avrà un significato per gli operai e avrà un significato generale… Dovrà essere un giornale di sinistra, della sinistra operaia rimasta fedele al programma e alla tattica della lotta di classe, che pubblicherà gli atti, le discussioni del nostro partito, come farà possibilmente anche per gli atti e le discussioni degli anarchici, dei repubblicani, dei sindacalisti e dirà il suo giudizio con un tono disinteressato, come se avesse una posizione alla lotta e si ponesse da un punto di vista ‘scientifico”. Un anno tremendo, orribile quel 1924. Il 10 giugno il fascismo sequestrò e uccise Giacomo Matteotti.

Gramsci era stato appena eletto deputato e il fascismo stava imponendosi con la repressione e la violenza. Qualche mese dopo, il 16 maggio del 1925, Gramsci, nell’unico suo discorso parlamentare, denunciò la natura dispotica del regime guidato da Benito Mussolini. Da quelle vicende ci separa un lungo periodo, poco meno di un secolo. L’Unità questo tempo lunghissimo lo ha vissuto raccontando l’Italia, l’Europa, il mondo. Lo hanno fatto giornalisti, scrittori, intellettuali, dirigenti politici. Lo hanno fatto nella clandestinità e poi lungo l’intera parabola della Repubblica. Pasolini, Quasimodo, Calvino, Pavese, Garcia Lorca o Hemingway: sono solo alcune delle firme che all’Unità hanno consegnato parole e testimonianze del loro tempo. Direttori, redattori, inviati e tutti gli altri giornalisti come quelli che incontrai nella redazione torinese di via Chiesa della Salute ai tempi di Andrea Liberatori come capo redattore e Antonio Monticelli, capo cronista; tipografi ,linotipisti, dattilografe; i diffusori che (tutte) le domeniche portavano nelle case il giornale e gli ispettori che, come uno dei miei maestri – il vercellese di nascita e verbanese d’adozione Bruno Salvai – , visitavano incessantemente le edicole per garantirne la miglior diffusione. E’ un patrimonio di storie e vicende umane che sarebbe un eresia disperdere. La storia di un giornale – di ogni giornale – è come una tessera del mosaico nella storia di un Paese. A quella tessera che porta il nome ( “puro e semplice”) de L’Unità i democratici, i progressisti e la  sinistra italiana sono legati da un affetto e una passione civile profondi. Se è vero, parafrasando quella canzone del capolavoro disneyano “Cenerentola”, “che i sogni son desideri”, per quanto difficilmente realizzabile mi piacerebbe trovare ancora tra i giornali in edicola ancora L’Unità, il  “mio” giornale.

Marco Travaglini

Spaccio nel parco dell’Arrivore

Arrestato cittadino marocchino di 32 anni

Lo scorso martedì mattina, personale dell’Ufficio Prevenzione Generale appartenente alla sezione “Pegaso-Motociclisti” ha effettuato un controllo mirato anti spaccio all’interno del Parco dell’Arrivore. Gli agenti, durante il servizio, hanno notato nitidamente un soggetto straniero avvicinarsi ad una vettura posteggiata sulla parte del parco adiacente alla via Botticelli, parlottare con la persona seduta al posto guida, dopodiché allontanarsi. Ritenendo potesse essere avvenuta una cessione di sostanze stupefacenti, i poliziotti hanno proceduto al controllo del soggetto straniero, che inizialmente si è dato alla fuga, e dell’acquirente. Quest’ultimo, un cittadino italiano di 63 anni, veniva trovato in possesso di un involucro di eroina di circa 1 grammi, che lo stesso dichiarava di aver pagato 15 €. Il pusher, che si era dato a repentina fuga all’interno del parco, è stato raggiunto da due poliziotti sulle moto. Perquisito, all’interno di un marsupio deteneva 12 involucri della stessa fattura di quello ritrovato all’acquirente, per un peso complessivo di 14 grammi di eroina. Il trentaduenne, che ha numerosi precedenti di polizia, è stato arrestato per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti.

Democrazia cristiana, il racconto di un partito

Mercoledì 12 maggio 2021 – ore 17:30. Diretta streaming sulla pagina Facebook e sul sito della Fondazione

www.fondazionedonatcattin.it

La DC e l’Italia nella seconda metà del Novecento: un percorso di conoscenza e di ricerca
La presentazione del libro di Marco Follini, che abbiamo più volte rinviato a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia, si inserisce in un percorso di approfondimento avviato da qualche tempo sulla storia della Democrazia Cristiana italiana. Si tratta di una iniziativa che prende le mosse dal retroterra culturale in cui nasce la nostra Fondazione, quello cattolico democratico e cristiano sociale, ma che si sostanzia nel desiderio di proporre una matura riflessione sull’Italia della seconda metà del ‘900. Si tratta di un tema che sta emergendo nel dibattito politico, sociale e culturale del nostro paese. Sovente viene declinato in modo semplicistico, in una sorta di contrapposizione tra detrattori e nostalgici della cosiddetta “prima repubblica”. Talvolta, in modo più corretto, viene affrontato come percorso essenziale per la comprensione della realtà di oggi, un percorso che  presenta luci ed ombre, ma di cui gli storici della società e dell’economia mettono in evidenza ormai più gli aspetti positivi di quelli negativi.
La storia della DC dunque, come tassello fondamentale di una riflessione sui settant’anni della nostra Repubblica. Ma una storia non agiografica, finalizzata a cogliere gli intrecci tra l’evoluzione della società, le sue trasformazioni, e lo sviluppo del sistema politico. E finalizzata a conoscere meglio un fenomeno, quello democristiano, che nelle sue articolazioni e nel rapporto con il suo retroterra rifletteva la complessità crescente della società italiana. Con un occhio particolare alle vicende piemontesi, non solo per il nostro radicamento territoriale, ma anche per l’emblematicità di questa esperienza regionale nella evoluzione della città e della campagna, nei processi di industrializzazione e modernizzazione della metropoli e delle periferie.
Il lavoro che ci proponiamo di fare, e che illustreremo man mano, si svilupperà secondo tre filoni fondamentali:
–    L’acquisizione e la valorizzazione di materiali archivistici, con il progetto “Rete degli archivi della Democrazia Cristiana e del cattolicesimo democratico piemontese”, in corso di realizzazione, e che prosegue idealmente e intende dare sostanza agli orientamenti emersi nel convegno “La Democrazia Cristiana piemontese. La storia, gli uomini, gli archivi” (Torino, Palazzo Madama, 16 aprile 2012). Di questo filone di attività fa ovviamente parte la valorizzazione del consistente patrimonio archivistico già detenuto dalla Fondazione: il riferimento è in particolare alle carte politiche contenute nell’Archivio di Carlo Donat-Cattin ed agli archivi degli organi istituzionali della DC (Comitato Regionale del Piemonte, Comitati provinciali di Torino, Cuneo e Vercelli).
–    Una ricerca sul ruolo fondamentale delle riviste come strumento di dibattito e di formazione della classe dirigente cattolica, con il progetto “Le riviste politico – culturali di area cattolica nella seconda metà del ‘900”, finalizzato alla conoscenza, alla valorizzazione e ad una miglior fruizione della ricca emeroteca della Fondazione. Di questo progetto fanno parte due approfondimenti in corso, il primo relativo ai giornali della sinistra democristiana in Piemonte, ed il secondo relativo alla “rivista Settegiorni”. 
–    Seguiremo il dibattito in corso sul ruolo della DC e del movimento cattolico nella seconda metà del ‘900, con la presentazione dei contributi storici più significativi, il confronto con ricercatori e studiosi, l’attenzione alle novità editoriali, alla memorialistica ed alle attività di altri centri di studio e di ricerca.
Saremo attenti ad evitare un lavoro di contemplazione del passato, traendo dalla nostra attività conoscenze e riflessioni che aiutino nell’interpretazione della complessità dell’oggi.

Roadshow Innovation Days, la fabbrica del futuro

Il Digital Roadshow del Sole 24 Ore e Confindustria racconta la ripresa economica e l’innovazione delle imprese del PIEMONTE e della LIGURIA

eventi.ilsole24ore.com/id2021/piemonte-liguria/

Processi produttivi, progettazione, manutenzione, logistica, alimentare, auto, componentistica, macchinari sono alcuni dei temi su cui si concentrerà la terza edizione di Innovation Days, il roadshow del Sole 24 Ore e Confindustria che racconta l’economia italiana con il contributo di Sistemi Formativi Confindustria, dei Digital Innovation Hub di Confindustria il supporto di 4.Manager.

Il secondo dei dieci appuntamenti del roadshow è in programma mercoledì 12 maggio, a partire dalle ore 9:30, e sarà dedicato a Piemonte e Liguria: l’evento, che si terrà in diretta streaming e sarà trasmesso dagli studi del Competence Center CIM 4.0, racconterà, attraverso le storie di imprenditori che hanno saputo affrontare un contesto economico difficile come quello attuale, modelli di business innovativi e nuove professionalità messi in campo per cogliere opportunità di sviluppo e di innovazione, contribuendo così alla ripresa economica.

Nel corso della mattinata i lavori si concentreranno sullo sviluppo digitale in fabbrica, la tecnologia che crea lavoro e i percorsi del sapere, con case history imprenditoriali ed esempi delle migliori esperienze di innovazione nei diversi settori dell’economia: ad intervenire tra gli altri saranno Alberto Cirio, Presidente Regione Piemonte, Marco Gay, Presidente Confindustria Piemonte, Andrea Berna, Responsabile Commerciale Italia Banca Ifis, Simona Maggini, Country Manager WPP Italia, Giorgio Marsiaj, Presidente Unione Industriale Torino, Enrico Pisino, CEO CIM 4.0, Sonia Sandei, Head of Electrification Enel Italia, Roberto Tundo, Amministratore Delegato Olivetti, Alberto Viano, Amministratore Delegato LeasePlan Italia.

Nel corso della mattina i partecipanti potranno intervenire attraverso Q&A tramite chat moderata.

Nel pomeriggio, invece, si terrà un webinar dedicato all’approfondimento tecnico di alcuni temi legati all’innovazione digitale e sostenibile nel comparto automotive, elettronica e costruzioni: grazie a visite aziendali virtuali e all’analisi di best practices si parlerà del ruolo dei Digital Innovation Hub e dei Competence Center a supporto dell’innovazione aziendale, di agevolazioni fiscali e finanziarie per l’innovazione 4.0 e green, e di tecnologie, competenze e formazione per le fabbriche del futuro.

Per seguire i lavori di Innovation Days – La fabbrica del futuro è necessario registrarsi su eventi.ilsole24ore.com/id2021/piemonte-liguria/. A questo indirizzo è possibile anche consultare il programma di dettaglio dell’incontro.

La prima iscrizione permetterà di seguire in diretta anche le altre tappe: l’appuntamento successivo è per Giovedì 27 maggio con l’Emilia Romagna.

 

Il docufilm “Sulle tracce dei cambiamenti climatici” tra i finalisti di OFF

Sarà trasmesso mercoledì 12 maggio alle 20.30 sul canale YouTube di Montagna Italia

TORINO – I ghiacciai delle Alpi marittime sempre più in ritirata, le alte temperature in montagna che danneggiano le api e mettono a rischio diverse specie, come i ragni, le lepri e le farfalle, mentre più a valle le piogge torrenziali provocano danni all’agricoltura e alle attività produttive. Sono gli eventi vissuti attraverso il racconto di testimoni diretti, come gestori di rifugi, ricercatori e guide alpine, protagonisti di “Sulle tracce dei cambiamenti climatici”, il docufilm promosso dalla Regione Piemonte e realizzato da Paolo Ansaldi, finalista della kermesse ambientale OFF, Orobie film festival, e che sarà trasmesso in streaming mercoledì 12 maggio alle 20.30 sul canale You Tube dell’associazione Montagna Italia. La proiezione del film avverrà alla stessa ora nel cinema Capitol di Bergamo, sede del festival. Un viaggio attraverso interviste, fotografie ed itinerari che mostra come i cambiamenti climatici abbiano già modificato profondamente il nostro ambiente di vita, e in particolare quello montano.

Il docufilm è stato realizzato nell’ambito del progetto Cclimatt, che si occupa di approfondire le tematiche legate al cambiamento climatico nell’area transfrontaliera che comprende i Parchi nazionali Mercantour ed Ecrins in Francia e, per l’Italia, dell’Ente di gestione delle aree protette delle Alpi Marittime, del Parco fluviale Gesso e Stura e l’area delle Colline del Barolo ricadente nel Sito Unesco Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e del Monferrato. Un progetto che rientra nel più generale Programma di cooperazione transfrontaliera Italia-Francia “Alcotra”.

OFF, Orobie Film Festival, fa parte del circuito “Spirit of the mountain”, una serie di manifestazioni organizzate dall’associazione Montagna Italia e interamente dedicate al mondo delle terre alte. La premiazione si svolgerà giovedì 13 maggio.

«Quello dei cambiamenti climatici è un tema molto sentito dalla Regione Piemonte – ha commentato l’assessore regionale all’Ambiente, Matteo Marnati – che ha adottato una strategia ad hoc, volta, fra l’altro, alla diminuzione dei gas climalteranti e inquinanti al fine di migliorare la qualità dell’aria. Promuovere la consapevolezza di questi argomenti in un pubblico sempre più ampio, attraverso il cinema, è un’arma in più per combattere gli effetti del riscaldamento globale».

 

 

Gli animalisti e la questione cinghiali

Il problema cinghiali esiste perché, a partire dagli anni ’50 del secolo scorso e sino a pochi anni fa ci sono state immissioni a scopo venatorio. I cinghiali si sono moltiplicati in Italia col solo scopo di consentire a una minoranza di cacciatori di divertirsi sparando e uccidendo.

 

Ciò premesso appare evidente che chi ha creato il danno deve pagarne le conseguenze, anche in termini economici. Il risarcimento dei danni da cinghiale va di conseguenza attribuito interamente agli ATC, gli Ambiti Territoriali di Caccia. In questo modo sarebbe chi trae vantaggio dalla presenza di quella che agli occhi dei cacciatori è solo selvaggina a sopportare gli effetti collaterali negativi di immissioni praticate per decenni. In caso contrario, come avviene oggi, sarebbero gli stessi danneggiati a ripagare i propri danni attraverso le tasse, dirette e indirette, che gravano su tutti i cittadini onesti, ovviamente anche cittadini assolutamente contrari alla attivitá venatoria di sorta.
Il secondo punto da tenere ben fermo riguarda una constatazione sotto gli occhi di tutti: l’attuale sistema di controllo della popolazione dei cinghiali è risultato del tutto fallimentare visto che i danni non sono affatto diminuiti. Le proteste ‘a cielo aperto’ di questi giorni hanno lo scopo di attirare l’attenzione dei media (e conseguentemente della gente comune) sul falso problema. La pericolosa dannosità del cinghiale e non la folle è insensata politica praticata sino ad oggi. È una questione di giustizia. Chi urla più forte non ha giocoforza ragione. Semplicemente, urla. E coinvolge cittadini/spettatori che poco o nulla sanno al riguardo. Senza rispetto infine per nessuno.

Coordinamento animalista

Tenta di rapinare un giovane introducendosi a bordo della sua auto

Venticinquenne nigeriano arrestato dagli agenti 

Lo scorso lunedì, attorno alle 4 del mattino, un ventunenne parcheggia la propria auto, rincasando, in via Monte Rosa angolo Porpora; mentre si accinge a scendere, nota un cittadino straniero a bordo di una bicicletta che, dopo averlo incrociato, torna indietro verso di lui con fare minaccioso. Intuite le cattive intenzioni, il giovane cerca di rimettere in moto il mezzo, ma l’uomo è più veloce: lo raggiunge, apre la portiera e si introduce a bordo. Gli chiede del denaro, minacciandolo di accoltellarlo. Il giovane reagisce prima che l’aggressore impugni l’arma e, approfittando del fatto che lo sportello dell’auto fosse rimasto aperto, spinge fuori l’intruso con tutta la forza che ha. L’uomo cade all’indietro e rimane incastrato con le gambe nell’abitacolo. La vittima però riesce a chiudersi dentro e mentre l’aggressore corre via, ne segue la direzione di fuga, avvertendo contestualmente il 112 NUE.

Mentre sono in atto le ricerche dell’uomo, giunge una seconda segnalazione: questa volta è una donna che nei pressi del Parco Sempione, è stata avvicinata dal medesimo uomo a bordo di una bicicletta; sceso dal mezzo, l’uomo le si avvicina, armato di un oggetto affilato in metallo, e le urla qualcosa contro. La vittima fugge a velocità fin quando non incontra una pattuglia della Polizia di Stato già in zona. Il responsabile delle due tentate rapine viene rintracciato poco distante: si tratta di un cittadino nigeriano di 25 anni; con sé ha un arnese da lavoro con un’ascia ed un martello incorporati. Verrà arrestato per le due tentate rapine.

La Lega in visita alla Casa Circondariale di Ivrea

Presenti gli esponenti della Lega eporediese Alessandro Giglio Vigna e Andrea Cane.

“Ringrazio il Garante Mellano, l’Ispettore Carabotta con i Sovrintendenti Capo Stella e Manoti e tutti coloro i quali hanno reso possibile questa visita – commenta il consigliere regionale Andrea Cane, vicepresidente della Commissione sanità del Piemonte – abbiamo visto un carcere che non ha conosciuto il Covid nei reparti detentivi, un caso quasi unico nella nostra penisola. Nell’infermeria si è lamentata la carenza di medici, di cui mi farò portavoce personalmente nelle prossime sedute di Commissione e direttamente all’Assessorato alla Sanità, situazione naturalmente legata al momento pandemico e che verrà ripristinata grazie ad un agognato ritorno verso la normalità di tutto il personale sanitario disponibile sul territorio”.

“Uno dei problemi della Polizia Penitenziaria a Ivrea – ha aggiunto Alessandro Giglio Vigna parlamentare del collegio eporediese, che ha contribuito a superare il problema delle comunicazioni all’interno delle celle – come in tutta Italia, è la carenza di agenti che ha come risvolto maggior lavoro e meno riposo per gli operatori, inoltre il sovraffollamento aumenta il rapporto fra numero agenti e numero detenuti. Siamo felici che dopo la mia Interrogazione e sollecitazioni al Ministero siano arrivati i dispositivi jammer che rendono inutilizzabili i cellulari”.

“In un paese normale i partiti – ha concluso l’onorevole Giglio Vigna – non si dividono fra chi sta con la polizia e chi sta con i detenuti. In Italia tutta la sinistra sta con i detenuti, come il mainstream; vuoi per buonismo, vuoi per indotto di voti, vuoi perché va di moda. La Lega quindi si schiera con gli altri, con chi ha deciso di servire lo stato, con la Polizia Penitenziaria. Al Carcere di Ivrea abbiamo trovato donne e uomini orgogliosi della loro divisa a cui va il nostro ringraziamento, a nostra volta siamo orgogliosi di portare la loro voce nelle sedi istituzionali “.

Lo Stato non è Babbo Natale, dà (dice di dare ) con una mano, ma prende con l’altra…

A cura di lineaitaliapiemonte.it

Di Carlo Manacorda*

C’è una serie di tasse chiamate “accise” che sempre tasse sono ma appesantite dalle beffe ai danni dei cittadini. Si pagano magari senza saperlo e rendono allo Stato, complessivamente, una cinquantina di miliardi di euro all’anno. Le pagano tutti: disoccupati, cassa integrati o nullatenenti, gli stessi soggetti cui si sono promessi i bonus e i ristori. Da anni se ne chiede almeno una riduzione ma le promesse della politica sono sempre cadute nel nulla. Così, ad esempio, fra le 18 accise che paghiamo sulla benzina continuiamo a pagare la crisi di Suez del 1956 o i terremotati del Belice del 1968 o il contratto degli autoferrotranvieri del 2004. Per non parlare dell’Iva sulle accise. Ma non c’è da allarmarsi. In fin dei conti sono “accise”, mica “tasse”….

 

… continua a leggere: LO STATO NON E’ BABBO NATALE

*Carlo Manacorda, economista ed esperto di bilanci pubblici