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Covid, il bollettino di martedì 19 ottobre

COVID PIEMONTE: IL BOLLETTINO DELLE ORE 16,30

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI

Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato 245 nuovi casi di persone risultate positive al Covid-19 (di cui 115 dopo test antigenico), pari allo 0,4% di 60.783 tamponi eseguiti, di cui 53.628 antigenici. Dei 245 nuovi casi, gli asintomatici sono154 (62,9%).

I casi sono così ripartiti: 134 screening, 87 contatti di caso, 24 con indagine in corso.

Il totale dei casi positivi diventa quindi 386.165, così suddivisi su base provinciale: 31.755 Alessandria, 18.464 Asti, 12.180 Biella, 55.677 Cuneo, 29.978 Novara, 205.641 Torino, 14.362 Vercelli, 13.747 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 1.591 residenti fuori regione, ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 2.770 sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 19 (- rispetto aieri).

I ricoverati non in terapia intensiva sono 184 (+ 9 rispetto a ieri).

Le persone in isolamento domiciliare sono 3.181.

I tamponi diagnostici finora processati sono 7.718031(60.783 rispetto a ieri), di cui 2.304.263 risultati negativi.

I DECESSI DIVENTANO 11.798

Quattro decessi di persone positive al test del Covid-19 (nessuno di oggi) sono stati comunicati dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte (si ricorda che il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente comprende anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi Covid).

Il totale diventa quindi 11.79deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi per provincia:1.580 Alessandria, 721Asti, 436 Biella, 1.466 Cuneo, 950 Novara,5.636 Torino, 533 Vercelli, 375 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 101 residenti fuori regione ma deceduti in Piemonte.

370.983 GUARITI

I pazienti guariti diventano complessivamente 370.983(+162 rispetto a ieri), così suddivisi su base provinciale: 29.885 Alessandria, 17.574 Asti, 11.680 Biella, 53.658 Cuneo, 28.896 Novara, 198.244 Torino, 13.720 Vercelli, 13.299 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 1.503 extraregione e 2.524 in fase di definizione.

Stoccolma

Antonio Mocciola ritorna sulle scene dopo la pandemia con un nuovo atto unico, “Stoccolma”, che rivisita lapalissianamente il mito della Sindrome di Stoccolma.

Finalista al premio Annoni, dedicato ai testi a tematica LGBTI, i protagonisti sappiamo già che sono gay o esploreranno questa corporeità e questa affettività, anche solo perché, adolescente negli anni ’90, Mocciola scrive di questo nei suoi libri, articoli ed opere teatrali.

Gli anni ’90, l’apocalisse dell’AIDS, la nascita delle associazioni LGBTI in Italia, dopo la falsa partenza negli anni ’70, la visibilità di un mondo che in Italia è sempre vissuto in modo scisso, nascosto o espresso, a Napoli, da figure effeminate e stereotipate, come i femminielli.

Ed è fondamentalmente un giovane degli anni ‘90 che viene rappresentato, con una consapevolezza matura, un orgoglio portato all’eccesso, che diventa violento in una trama misteriosa, che parte da un colpo di scena e termina con una luce Caravaggesca che avvolge per un istante i protagonisti finalmente riconciliati.

Stoccolma, sapranno i lettori, è la sindrome che crea un legame d’affetto tra la vittima e il suo carnefice. Ne abbiamo vista una rappresentazione in casi di cronaca esasperanti quando il recupero di una cooperante alta bionda e con gli occhi azzurri ci ha fatto scoprire che era diventata modesta, velata e profondamente islamica.

In questo caso osserviamo nel dettaglio la violenza che, nei tempi teatrali, colpisce attraverso le sue nudità in scena ed i corpi assenti di due personaggi di contorno, nelle parole e nei gesti usati e nei significanti tra le righe, non detti, o nelle azioni presenti o passate, dette, ma avvenute rigorosamente fuori scena.

Stoccolma tra uomini, dove l’età della vittima è la protagonista, perché crea una seconda tensione, quella del legame padre figlio e la esplora attraverso tutti e quattro i personaggi citati, attraverso tutte le possibili sfumature, secondo linee emotive e comportamentali tipiche, anche in questo caso, degli anni ‘90.

I movimenti di liberazione LGBTI hanno prodotto mutazioni notevoli, anche in Italia, nelle relazioni dei giovani con i propri genitori e con le figure adulte di riferimento, nel loro farsi presto accettare o meno da amici, partner e familiari. La generazione degli anni Novanta, come quella mia e di Mocciola, quella rivissuta dal giovane protagonista, è quella, invece, che ha avuto bisogno di superare i vent’anni per essere libera di esprimersi.

I legami padre figlio sono cambiati da allora, moltiplicandosi le esperienze possibili ed anticipandosi alla prima adolescenza il Coming Out, mentre in scena si esplora, grazie al testo di Mocciola, una profondità scomoda e dolorosa, che speriamo sia divenuta rara.

Mocciola non ammette di averlo studiato, ma se da bravi psicoterapeuti voleste leggere Isay “Essere Omosessuali” vi scoprireste, nelle estensioni di una disamina psicanalitica rigorosa, tutte quelle sfumature della relazione padre figlio che “Stoccolma”esplora e lentamente scioglie.

La bravura degli attori e della regia nel rendere un testo breve ma così profondo, sono ovviamente essenziali, come la pazienza di aspettare che arrivi in qualche piccolo teatro di essay nella vostra città o magari richiederlo direttamente alla compagnia di Antonio Mocciola.

Manlio Converti

I capolavori della Classicità di Fabio Viale si rivestono dei tatuaggi di oggi

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Sino al 9 gennaio, in Piazzetta e all’interno di Palazzo Reale

 

Tra la cancellata dei Dioscuri e la facciata del Castellamonte, si respira a Torino, in Piazzetta Reale – e si respirerà sino al 9 gennaio prossimo -, un’inattesa atmosfera condivisa tra classicismo e contemporaneità. Il mondo antico intriso della provocazione di oggi. Fabio Viale, cuneese di nascita, uno degli artisti più interessanti e acclamati del panorama odierno dell’arte – personale al Glyptothek Museum di Monaco di Baviera, la partecipazione al Padiglione Venezia della Biennale 2019, l’esposizione al Pushkin Museum di Mosca e “Truly”, mostra diffusa nei luoghi simbolo della città di Pietrasanta nell’estate 2020: ad accrescerne il successo, ci penserà l’anno prossimo la città di Arezzo che gli metterà a disposizione strade e piazze perché le riempia delle sue opere -, presenta con “In Between” un suggestivo percorso marmoreo, con la collaborazione della Galleria Poggiali e con la cura di Filippo Masino e Roberto Mastroianni, percorso che si amplia in altri luoghi all’interno del vasto complesso di Palazzo Reale.

“Reinterpretare in chiave contemporanea le forme e i temi dell’arte classica”, ovvero creare e ri-creare certi capolavori dell’antichità, dalle opere dell’Ellenismo a quelle di Michelangelo e Canova, con una “forza” nuova, un effetto straniante, un segno personale come è il tatuaggio oggi. Le immagini, i capolavori come da sempre li abbiamo davanti agli occhi, i canoni della bellezza e della perfezione, “magicamente alterati” (quanti penseranno “sporcati”?) in una immersione di contemporaneo, fatta di ricerca e di tecnologia. “Attraverso le chiavi della meraviglia, del virtuosismo tecnico e della reinterpretazione creativa – dichiara Enrica Pagella, Direttrice dei Musei Reali -, l’arte di Fabio Viale ci spinge a guardare con occhi nuovi ai capolavori di scultura che popolano i nostri musei e il nostro immaginario: un arco teso tra passato e futuro, fra tradizione e sperimentazione presente, un omaggio alle multiformi potenzialità del patrimonio culturale e un invito a conoscerlo e a sfidarlo senza pregiudizi”.

Una scenografia nuova, un colloquio in piena luce con le architetture circostanti, una parte della mostra immediatamente fruibile da torinesi e turisti. Sono “Kouros”, il potente e tragico “Laocoonte” che si specchia nel confratello dei Musei Vaticani, “Torso Belvedere”, “Venus” e “Souvenir David”. Nel Salone delle Guardie Svizzere, all’interno del Palazzo, “Amore e Psiche”, opera inedita, riecheggia il capolavoro neoclassico di Canova e vi imprime il momento che stiamo vivendo con una riflessione, profonda e drammatica, attraverso la tatuatura del corpo femminile con i motivi nuziali delle spose mediorientali, la disperazione della condizione della donna, l’asservimento, la cultura negata, gli insegnamenti nascosti. Un progetto che era nato alcuni mesi con intenti diversi: “Avevo immaginato dei meravigliosi tatuaggi giapponesi – confessa lo scultore – ma alla luce dei recenti fatti in Afghanistan ho sentito che il mio progetto doveva cambiare radicalmente per provare invece a gettare un ponte culturale tra Occidente e Medioriente”.

Nella Cappella della Sindone, Fabio Viale, non credente, ha voluto deporre “Souvenir Pietà (Cristo)” del 2006, metterlo al centro dell’architettura del Guarini e di fronte ad una delle più importanti e misteriose icone del Cristianesimo, solo, inerme nella tragedia della morte, privato dell’abbraccio della Madre. Nell’Armeria Reale, tra lance alabarde ed elmi, trova spazio “Lorica”, ovvero la riscrittura di una parte di un’armatura antica, in marmo rosa, a cui Viale ha dato vita attraverso una scansione tridimensionale ad alta risoluzione del corpo di Fedez, sì il rapper: lorica, grazie a piccole cinghie, perfettamente indossabile e Fedez, in un giorno non ancora precisato, entro la fine della mostra scenderà a Torino per la mitica prova. I fan sono avvisati.

Nel dicembre prossimo, infine, prenderà forma una seconda tappa della mostra all’interno delle nuove sale delle Antichità Reali, dedicata alla serie delle finzioni dei materiali: il marmo diventa legno, plastica, gomma, polistirolo, carta, si tramuta in copertoni delle auto o cassette della frutta. Un confronto/ossimoro tra la statuaria greco-romana raccolta dai Savoia e le sperimentazioni che hanno consolidato la fama di Fabio Viale a livello globale.

 

Elio Rabbione

 

Photo Credits: Nicolo Campo / DB Studio

 

Nelle immagini: “Laocoonte” 2020, marmo bianco e pigmenti;

“Amore e Psiche”, 2021, marmo bianco e pigmenti;

“Venus”, 2021, marmo bianco e pigmenti;

“Lorica”, 2021, marmo rosa e pigmenti

Protesta delle mamme e dei papà degli alunni con disabilità

 I NOSTRI FIGLI NON SONO PACCHI!  

Martedì 19 ottobre ore 16   davanti alla sede 5T di via Bertola 34  

“I nostri figli non sono pacchi! Ad oggi continua a essere questa la considerazione che 5T, la società incaricata di garantire il trasporto scolastico, continua a riservare a tutti gli alunni con disabilità, nonostante le numerose lettere, gli appelli, le segnalazioni e i servizi apparsi ultimamente sulle cronache locali.

La legge 104/92 garantisce e regola il diritto all’accompagnamento e quindi alla conseguente tutela del diritto allo studio, ma purtroppo nel caso della città di Torino viene pesantemente e impunemente disattesa.

A fronte della totale indifferenza di 5T rispetto alle giuste rivendicazioni di chi richiede la semplice applicazione e garanzia per l’erogazione di un servizio essenziale, martedì 19 ottobre alle ore 16 alcune mamme e papà degli alunni con disabilità si ritroveranno davanti alla sede di 5T in via Bertola 34 a Torino per protestare contro i disservizi già abbondantemente accumulati durante questa disastrosa ripresa dell’anno scolastico.

Bambini che per arrivare a scuola oltretutto in ritardo rimangono chiusi per quasi due ore di seguito nei pulmini, bambini letteralmente dimenticati negli istituti scolastici, bambini addirittura portati presso gli indirizzi sbagliati o peggio ancora affidati ad adulti diversi dai propri familiari. Proprio come farebbero i corrieri con i propri pacchi assegnati in consegna. Ma non basta. “La pianificazione degli orari – dichiara il comitato dei genitori – a distanza di un mese dall’inizio del servizio sono ancora troppo variabili e incongruenti con le esigenze scolastiche fisiche e psicologiche dei nostri figli. Non essendoci una pianificazione definitiva, gli orari vengono inviati a volte a scuola a volte alle famiglie e soprattutto, ultima novità, gli orari possono essere unilateralmente modificati dalla 5T senza alcun confronto con i genitori dei minori in base alle nuove richieste o variazioni sopraggiunte da altri utenti! In sostanza ci stanno dicendo che non avremo mai un orario definitivo poiché varia in base alle richieste che giungono alla 5T visto che si tratta di trasporto collettivo”. Questi sono solo alcuni esempi delle varie e gravi inefficienze che si stanno verificando tutti i giorni da quando è iniziata la scuola e purtroppo anche se 5T dichiara che i problemi siano stati risolti, i disagi di fatto non si fermano, per altro senza che nessun rappresentante dell’amministrazione pubblica intervenga in vece della società”.

“Vogliamo come CPD – dichiara Giovanni Ferrero, direttore della Consulta delle Persone in Difficoltà – che 5T innanzitutto chieda scusa a tutte le mamme, ai loro figli, alle famiglie e a tutti i cittadini che con le loro tasse pagano per questi servizi e che tutto riprenda a funzionare esattamente come dovrebbe essere in una città civile del 2021. In caso contrario chiediamo che si dimettano tutti i responsabili del servizio”.

Per simboleggiare la gravità della situazione durante la protesta saranno consegnati a 5T i pacchi con le foto dei ragazzi a cui di fatto in questo modo viene negato il diritto allo studio, chiedendo se per la società che si vanta di trovare soluzioni all’avanguardia per il mondo dei trasporti, ci sia differenza tra l’accompagnare un bambino con disabilità o consegnare un pacco.

Allasia: “Il Salone un successo oltre le aspettative”

“L’edizione appena conclusa del Salone del libro ha segnato finalmente il ritorno alla normalità. Gli eventi del Consiglio regionale che si sono susseguiti nelle cinque giornate all’Arena Piemonte e in Sala Argento hanno riscosso un successo di pubblico decisamente oltre le aspettative, grazie a un ricco programma di appuntamenti che ha spaziato dalla riscoperta della cultura piemontese ai nuovi stili di vita introdotti dalla pandemia”.

Lo ha dichiarato il presidente dell’Assemblea legislativa piemontese Stefano Allasia alla chiusura del Salone del libro, che ha visto il Consiglio promuovere undici eventi e accogliere un gran numero di visitatori nel proprio stand istituzionale, ispirato a un salotto barocco che riproduce alcuni degli scorci suggestivi delle sale auliche di Palazzo Lascaris, tra gli edifici barocchi più significativi del centro cittadino e dal 1979 sede del Consiglio regionale del Piemonte.

Tra gli appuntamenti che più hanno destato l’interesse del pubblico spiccano senza dubbio gli incontri Radici di un’identità: musiche, parole e storie che hanno “conquistato” il mondo e La tecnologia al servizio del paziente. Buone pratiche e opportunità offerte dalla telemedicina. Un omaggio alla tradizione e alla cultura piemontese e – nel contempo – una celebrazione dei cinquant’anni appena trascorsi dall’istituzione della Regione Piemonte, il primo, che ha visto la presenza del presidente Allasia e dell’intero Ufficio di presidenza: i vicepresidenti Franco Graglia e Mauro Salizzoni e i consiglieri segretari Giorgio BertolaGianluca Gavazza e Michele Mosca; un’analisi dei benefici offerti dalla tecnologia digitale in medicina durante la pandemia, il secondo,promosso dagli Stati generali per la prevenzione e il benessere e moderato dal presidente e dal vicepresidente di minoranza della Commissione Sanità Alessandro Stecco e Domenico Rossi.

Assai seguiti anche gli incontri dedicati al futuro dell’Universo: Figli delle stelle: un viaggio per scoprire la volta celeste, fra pianeti e costellazioni, dedicato soprattutto ai più piccoli,e Lo Spazio chiama, il Piemonte decolla. Missioni e grandi progetti alla conquista del cosmo, sul contributo piemontese nel campo della ricerca spaziale. E in un autentico bagno di folla si è concluso l’appuntamento con una selezione di campioni olimpici e paralimpici piemontesi, protagonisti di Grinta e passione degli atleti piemontesi conquistano l’Europa e il mondo.

“I numerosi visitatori – continua il presidente Allasia – hanno anche potuto documentarsi sull’attività istituzionale e culturale dell’Assemblea legislativa, attraverso le numerose pubblicazioni messe a disposizione: un modo per far conoscere ai cittadini, soprattutto ai più giovani, le molteplici tematiche che vengono trattate a Palazzo Lascaris”.

Il Salone, infatti, ha rappresentato anche un’occasione per conoscere più da vicino l’attività del Corecom Piemonte, presieduto da Alessandro De Cillis, del Difensore civico regionale Paola Baldovino e dei Garanti regionali per l’Infanzia e l’Adolescenza Ylenia Serra, per i detenuti Bruno Mellano e per i diritti degli animali Enrico Moriconi a difesa della comunità piemontese.

Ampio spazio è stato inoltre riservato alla magia del Barocco piemontese, cui come si è detto era ispirato lo stand dell’Assemblea regionale, e alle nuove abitudini e condizioni di vita dopo la pandemia. Si è parlato in particolare dei pro e contro delle nuove tecnologie utilizzate nei lockdown e delle ripercussioni sociali che hanno messo a dura prova la famiglia, specialmente i minori e le donne, queste ultime al centro di un incontro promosso dalla Consulta regionale femminile presieduta da Ornella Toselli.

Prosperità e carbone

IL PUNTASPILLI di Luca Martina 

 

Negli ultimi mesi è forte la sensazione che la Cina abbia deciso di riportare sotto il controllo statale molti comportamenti sociali ed attività economiche.

 

Lo scorso maggio era stato aumentato a tre il numero massimo di figli concesso alle famiglie cinesi, dopo essere stato elevato a due nel 2016, senza peraltro grandi risultati sulle nuove nascite.

 

Nei mesi successivi i fuochi d’artificio erano continuati.

 

A fine agosto il governo aveva annunciato il divieto per i minorenni di dedicare ai giochi elettronici più di tre ore la settimana: il giovedì, il venerdì e il sabato, dalle 20 alle 21.

 

L’agenzia di informazione governativa, la Xinhua, si era subito affrettata a precisare come questa misura volesse “proteggere la salute fisica e mentale dei giovani in un’era di grande rinnovamento della nazione”.

 

Già nel 2019 era stata introdotta una limitazione, a un’ora e mezza al giorno (tre durante le vacanze), ma evidentemente questo non era più ritenuto essere sufficiente per preservare l’integrità delle giovani generazioni.

 

Erano seguite, poi, le azioni decise nei confronti dei giganti della tecnologia cinese (in quanto fonti di eccessivo arricchimento personale e strategiche per il futuro del Paese) e del settore dell’educazione (ritenuta troppo costosa ed elitaria se lasciata nelle mani dell’iniziativa privata).

 

La matrice comune di tutte queste iniziative si può ricondurre allo slogan lanciato da Xi Jinping già nel 2017 ma diventato di dominio pubblico, ripetuto ossessivamente ad ogni uscita pubblica, solo nell’ultimo anno: “Prosperità Comune”, la vera e propria stella polare che deve guidare la navigazione della Repubblica Popolare Cinese.

 

Questa nuova linea strategica dovrà condurre a una forte riduzione delle disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza, anche tra le diverse regioni del Paese, e rappresenta una chiara rottura con il “Socialismo con caratteristiche cinesi” introdotto e diffuso da Deng Xiaoping.

 

Il leader indiscusso del Paese tra il 1978 ed il 1992, ricordato in occidente per i tragici fatti di piazza Tienanmen, è stato anche colui che ha portato la Cina ad aprirsi alle riforme “capitaliste” su proprietà privata (promuovendo la decollettivizzazione della terra e di fatto abolendo le comuni) ed impresa, sull’onda del “lasciate che qualcuno possa diventare ricco affinché poi ad arricchirsi sia tutto il Paese”.

 

Per Deng il perseguimento del fine ultimo della “Prosperità comune” era un obiettivo di lungo termine da raggiungere attraverso la privatizzazione di un’ampia parte dell’economia e la contemporanea creazione di una solida classe media.

 

Il risultato è stato quello di una Cina che si è presentata al nuovo millennio più aperta nei confronti del mondo e forte economicamente ma con enormi squilibri interni.

 

L’era inaugurata da Xi dal suo insediamento, nel 2013, è quella di un Paese che vuole elevare la qualità della vita del maggior numero possibile di cinesi, anche a discapito della sua crescita economica (non a caso ridimensionatasi nell’ultimo decennio).

 

Il messaggio è stato annunciato negli ultimi anni a chiare lettere pur se accompagnato dalla rassicurazione che ciò non significa certo “uccidere i ricchi per aiutare i poveri”, come ha ricordato recentemente Han Wenxiu, un alto ufficiale del partito.

 

Si tratta di ridurre drasticamente i privilegi dei più abbienti (ma senza porre a rischio l’esistenza delle loro attività imprenditoriali) e di investire con decisione nei servizi pubblici rendendoli accessibili per tutti.

 

Il costo di un simile cambiamento di rotta era ben chiaro alla dirigenza del partito e non a caso il governo ha alternato l’utilizzo del bastone, nei confronti delle grandi imprese private, con quello della carota, sottolineando la loro importanza ma anche la necessità che contribuiscano con più generosità alla crescita della società e del Paese.

 

Questo “incoraggiamento” ha portato, secondo quanto riportato dall’agenzia di informazione statunitense Bloomberg, ben 73 società cinesi quotate in borsa ad annunciare un loro contributo finanziario volontario alla “Prosperità Comune”.

 

Tra le aziende più attive e generose ci sono state quelle tecnologiche, le più penalizzate dal nuovo corso: Tencent investirà in progetti legati alla “Prosperità Comune” 50 miliardi di Reminbi (pari a 6,5 miliardi di euro) e Alibaba più del doppio.

 

A loro volta i fondatori di Xiaomi (cellulari e prodotti avanzati dell’elettronica di consumo) e Meituan (il più grande operatore cinese delle consegne a domicilio) hanno donato privatamente oltre 10 miliardi di Reminbi (1,3 miliardi di euro) in azioni delle loro società.

 

Il risultato finale dovrebbe essere quello di portare ad una maggiore “prosperità”, con una distribuzione della ricchezza più equilibrata ed un aumento massiccio della classe media.

 

Sono queste ultime le aree dove è stato più evidente il fallimento di Deng, in grado di fare crescere enormemente le dimensioni economiche del Paese a vantaggio, però, solo di una ristretta cerchia di super-ricchi.

 

La critica appare a noi occidentali forse troppo dura ed ingenerosa; sotto Deng vi è stata una importante riduzione della povertà (grazie ad una accelerata industrializzazione ed urbanizzazione della popolazione) e la classe media, quasi inesistente all’inizio del suo mandato, annovera ora circa mezzo miliardo di persone.

 

Malgrado ciò è indubbio che molto resta da fare.

 

Va ricordato, infatti, che in Cina esistono ancora 600 milioni di persone (su un totale di 1,4 miliardi) che vivono con meno di 1.000 Reminbi (130 euro) al mese e che rappresentano un perenne rischio alla sua stabilità sociale.

 

Alla gestione di Deng, Xi imputa anche una crescita endemica della corruzione e, sin dall’inizio del suo mandato, per combatterla, ha punito o epurato, secondo i dati ufficiali, più di quattro milioni di membri del partito.

 

La Prosperità Comune è inoltre così importante da giustificare deroghe (o passi indietro) a quanto sembrava già avviato e definito.

 

E’ il caso della produzione di energia dove, dopo avere pianificato la loro riduzione, la Cina ha annunciato nei giorni scorsi di volere costruire nuove, più efficienti, centrali a carbone, spostando in avanti gli obiettivi legati alla riduzione di emissioni inquinanti e allontanando così le speranze di un accordo globale al prossimo COP26 (la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici ) che si terrà a Glasgow a fine ottobre.

 

Il carbone ha avuto un improvviso risveglio a causa dell’aumento di prezzo del petrolio e, a peggiorare le cose, c’è stato l’anno scorso il bando della Cina alle importazioni di carbone dall’Australia, quale ritorsione per una disputa che andava dalla critiche ricevute sulla gestione dell’esplosione della pandemia, alla sempre più netta scelta di campo occidentale (con l’adesione al QUAD con USA, India e Giappone) di Canberra.

Questa scelta si è trasformata in un clamoroso autogol: la dipendenza della Cina dal carbone è ancora elevata e le forniture, dal Kazakhstan, devono percorrere ben 30 giorni in mare (con costi elevatissimi) prima di arrivare a destinazione.

 

Il Natale che si sta avvicinando farà contenti, con i suoi regali, molti bravi bambini, pur con le difficoltà legate alla pressoché certa congestione delle consegne, ma anche i più monelli potrebbero essere, per una volta, soddisfatti di ricevere qualche chilo di nero, preziosissimo, carbone.

Come progettare architetture con approccio olistico e sensibile

La rivista di architettura THE PLAN ha organizzato, presso la sede del Museo Nazionale dell’Automobile, un seminario di architettura in presenza, gratuito e con rilascio di 4 Crediti Formativi Professionali per gli Architetti. L’appuntamento fa parte di un ciclo di incontri che la testata sta organizzando in tutta Italia sul tema “L’Architettura che verrà”.

Ospiti della giornata saranno l’arch. Giancarlo Floridi, fondatore dello studio OnSite con base a Milano, e l’arch. Peter Jaeger, fondatore di Peter Jaeger Architetti a Torino. L’incontro sarà moderato dall’arch. Lorena Alessio dello studio laa, anch’esso di Torino.

La partecipazione è gratuita ma si richiede l’iscrizione online tramite seguente link:

www.theplan.it/whats_on/progettare-architetture-con-un-approccio-olistico-e-sensibile

19 ottobre, ore 14.30-18.30

MAUTO

Corso Unità d’Italia 40

Comprensione interculturale e leadership: i giovani di Aiesec

Caro direttore,

AIESEC è la più grande organizzazione giovanile al mondo, presente in più di 100 Paesi e territori e gestita interamente da ragazzi di età compresa tra i 18 e i 30 anni. Il suo obiettivo, sin dal 1948, è quello di favorire la comprensione interculturale e sviluppare il potenziale e la leadership nei giovani, perché possano creare un futuro migliore per loro stessi e per la società.

In particolare, per realizzare questo obiettivo offriamo ai giovani esperienze di tirocinio all’estero chiamate “Global Talent”.

 

I progetti Global Talent consistono in tirocini presso aziende o start up, e in essi i giovani hanno la possibilità di mettere finalmente in pratica le conoscenze teoriche acquisite grazie allo studio universitario, nonché sviluppare le proprie soft skills imparando sul campo.

Queste esperienze si svolgono all’estero per molteplici motivi, quali: inserire i giovani in ambienti diversi dalla propria zona di comfort e abituarli ad affrontare realtà nuove, permettere loro di costruirsi un network internazionale, sviluppare le proprie competenze linguistiche ed imparare metodologie di lavoro diverse da quelle italiane.

 

Tutti i progetti rispettano totalmente le norme sanitarie anti Covid-19, e per assicurarci ulteriormente la sicurezza dei ragazzi che decidono di partire con noi, offriamo solo opportunità circoscritte al territorio europeo.

I progetti sono nell’ambito di ingegneria, informatica, business e finance, ed hanno durata variabile: possono essere di tipo Short (dalle 6 alle 12 settimane) per chi ancora non ha esperienza lavorativa, oppure Medium/Long (dalle 13 settimane fino a un anno e mezzo) per chi ha esperienza lavorativa o un livello di studi già avanzato.

Le aziende con cui collaboriamo aprono delle posizioni in diversi periodi dell’anno, ragion per cui è possibile esprimere una preferenza sul periodo di partenza, grazie alla quale la nostra Area Tirocini potrà aiutare i ragazzi interessati a trovare il progetto più adatto a loro. Nel caso di tirocini Short, il costo di adesione all’esperienza include l’alloggio per l’intera durata del progetto ed è di €425; nel caso di tirocini Medium/Long, l’alloggio non è coperto ma viene garantito uno stipendio che possa coprirne le spese, e il costo per aderire all’iniziativa è di €460. Essendo AIESEC una no-profit, in entrambi i casi il costo di adesione viene reinvestito nei progetti stessi per garantire un continuo aumento di qualità e quantità delle opportunità che offriamo.


Se siete interessati a conoscere i nostri progetti o a saperne di più, vi invitiamo a lasciare il vostro contatto al link bit.ly/oGTa-Contacts, per ricevere il supporto della nostra Area Tirocini, che vi aiuterà a stilare il vostro Curriculum Vitae e a intraprendere il processo di candidatura e selezione per i progetti.

AIESEC

Fermo di polizia per la sparatoria in via Saorgio

Nella mattinata del 5 ottobre 2021, personale della Polizia di Stato interveniva in  via Saorgio all’angolo con corso Venezia, a seguito della segnalazione dell’esplosione di alcuni colpi d’arma da fuoco.

Sul luogo gli agenti appuravano che un cittadino albanese, i di anni 48, era stato colpito al petto e alla schiena da due proiettili, esplosi verosimilmente con una pistola a tamburo di piccolo calibro, ad opera di un uomo che si era dato alla fuga.

La vittima, soccorsa dagli operatori del 118, veniva trasportata all’Ospedale Molinette, ove tuttora si trova ricoverata, in pericolo di vita.

L’attività investigativa conseguentemente svolta dagli investigatori della Squadra Mobile consentiva di ricostruire la dinamica dei fatti e di identificarne l’autore, un cittadino albanese di 23 anni, che tuttavia non veniva rintracciato, nonostante le serrate ricerche.

Sulla base delle risultanze investigative, la locale Procura della Repubblica emetteva un provvedimento di fermo di indiziato di delitto a carico del  giovane , il quale, nella mattinata odierna, si presentava presso lo studio del proprio legale di fiducia, ove veniva raggiunto e preso in consegna dagli investigatori, che eseguivano il provvedimento restrittivo.

Sono in corso ulteriori approfondimenti investigativi, finalizzati ad accertare il movente del delitto, alla ricerca dell’arma utilizzata e ad appurare eventuali responsabilità di altre persone.

Astensionismo patologico, vittorie e sconfitte a Torino

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IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

L’astensione  dal voto al ballottaggio di quasi il  60 per cento dei torinesi  è forse il dato più evidente e anche  più preoccupante perché rivela una crisi democratica profonda che evoca quasi i “ludi cartacei”  di mussoliniana memoria. La gente non ha più fiducia nei politici e nei partiti e ha deciso di astenersi. E protesta astenendosi dall’andare ai seggi. Damilano tra il primo e il secondo turno ha perso ben 8000 voti. Una scelta pienamente legittima.

Già al primo turno la disaffezione al voto era evidente, ma essa è diventata macroscopica al ballottaggio e non c’è neppure la scusa del fine settimana al mare in quanto esso si è svolto in autunno. I due candidati non hanno saputo appassionare ,anche se la competenza e l’apparato esperto e collaudato  di Lo Russo hanno avuto la meglio sulla inesperienza, in verità un po’  boriosa, di Damilano che credeva di vincere al primo turno e non ha evitato l’ineleganza di avere prima eletta nella sua lista la cugina, una caduta di stile senza precedenti. Si è notata anche la differenza di cultura politica, amministrativa e giuridica  tra un docente del Politecnico e già assessore e un ragioniere ed imprenditore che ha insistito, ripetendolo come un mantra di essere figlio di un partigiano, pur essendo alleato dei nipoti dei reduci di Salò che certo non hanno apprezzato questo costante richiamo ad una scelta che riguardava il padre, ma non necessariamente il figlio. Io ho conosciuto ad esempio,  figli di partigiani diventati ferventi neo- fascisti. Mi auguro che il nuovo Sindaco, che mi sembra persona seria e non incline alla demagogia, sappia partire dal fatto che il consenso  con cui ha vinto è nei fatti molto limitato, anche se ha stravinto  in termini percentuali su Damilano che continua a vantare un 12 per cento di consensi personali, una percentuale troppo esile per consacrarlo leader. Se posso dire, Lo Russo deve guardare all’esempio di Castellani e di Fassino e non a Chiamparino che si montò la testa per aver battuto Buttiglione, la peggiore candidatura del centro-destra che oggi esce a pezzi e clamorosamente battuto. Senza le capacità del federatore Berlusconi , esso è un’alleanza perdente in partenza perché conflittuale e perché guidata da persone senza carisma, anzi senza la benché minima qualità politica. Mi auguro che Lo Russo sappia aprirsi anche a chi non l’ha votato come seppe fare Fassino e mi auguro altresì che tenga a bada gli estremisti di sinistra che lo hanno sostenuto al ballottaggio come Angelo D’Orsi che si ritiene il nuovo Gramsci. Ci sono dei moderati che possono guardare a Lo Russo con simpatia soprattutto per la sua esperienza e per la sua cultura. Ma dev’essere chiaro che la prima

Paolo Damilano

condizione è  quella di mantenere fuori dalla maggioranza e da ogni incarico i grillini che hanno paralizzato la Città per cinque  anni e che Lo Russo ha combattuto coerentemente  in Consiglio Comunale, mentre il centro – destra si rivelò del tutto inesistente, anche per le persone che lo rappresentavano e sulle quali è meglio stendere un velo pietoso. La parabola di Damilano ha avuto termine e forse la cosa migliore che potrebbe fare è quella di rinunciare al seggio e di tornare a dedicarsi con successo ai suoi affari. Sarebbe impensabile un Damilano bis tra cinque anni in una situazione politica che c’è da sperare possa cambiare radicalmente.  Si troverebbe insieme a persone del tutto disomogenee.  Vorrei dire  con franchezza a Damilano  (che non ho mai avuto il piacere  di conoscere  di persona)  che il compianto Domenico  Carpanini, straordinario leader dell’opposizione al Pentapartito in Comune, passava i sabati e le domeniche a studiare le delibere in discussione il lunedì in Consigli , un lavoro ciclopico a cui Damilano non sarebbe mai disposto (e lo capisco e lo giustifico) a sottoporsi. Fare l’opposizione è cosa ardua e difficile  che richiede un impegno che solo Carpanini  seppe mettere in gioco, anche a scapito della serenità  della vita famigliare, come era tipico dei vecchi comunisti che mettevano il partito al primo posto  della loro vita. Mi spiace che tre miei amici abbiano gettato  inutilmente tempo, disinteresse personale  ed autentica  passione  civile a sostegno di Damilano. Quei miei amici, ma anche altri, rigorosamente non eletti, potrebbero essere una speranza per il futuro. Sono invece contento che i trasformisti che erano nel listino di Chiamparino e passarono dalla parte opposta, siano rimasti clamorosamente battuti. Quegli alleati dell’ultima ora hanno fatto perdere voti a Damilano che ha pensato per un momento di essere diventato  un federatore come lo fu  Berlusconi, che è stato un esempio inimitabile  e non ripetibile.