ilTorinese

15 km di nuove piste ciclabili a Torino e Grugliasco

Sono iniziati nei giorni scorsi i lavori per la realizzazione di una rete di piste ciclabili che migliorerà la mobilità sostenibile a Torino e a Grugliasco.
Il progetto, finanziato con fondi PNRR, vede la Città metropolitana di Torino come responsabile della progettazione e dei lavori, in quanto soggetto attuatore di II livello.
L’intervento – che sarà completato entro l’anno 2025 – consiste nella realizzazione di circa 15 km di nuove piste su 8 diversi assi che garantiscono una rete di collegamenti più sicuri ed efficienti per raggiungere le sedi universitarie cittadine, connettendole con le principali stazioni ferroviarie.
I lavori sono partiti a Torino dall’asse di via Filadelfia, nel tratto compreso tra via Giordano Bruno e corso Unione Sovietica, dove è prevista una significativa riqualificazione per migliorare la percorribilità in bicicletta: la nuova pista ciclabile garantirà maggiore sicurezza per ciclisti e pedoni, integrandosi con il sistema viario esistente senza penalizzare la circolazione degli altri mezzi di trasporto.
L’iniziativa, in linea con gli obiettivi del PNRR, conferma l’impegno della Città metropolitana nella promozione della mobilità sostenibile e nella riduzione dell’impatto ambientale: l’ampliamento della rete ciclabile non solo agevolerà gli spostamenti quotidiani di studenti e lavoratori, ma contribuirà anche a migliorare la qualità dell’aria e il benessere urbano.
Il progetto complessivo riguarda otto tratte, di cui la quinta nel territorio di Grugliasco.
Questi i percorsi interessati:
– Percorso 1: Stazione Porta Susa – Facoltà di Informatica corso Umbria;
• Percorso 2: Stazione Porta Susa – Facoltà di Scienze Motorie e Facoltà di Informatica corso Tassoni;
• Percorso 3: Stazione Porta Nuova – Facoltà di Medicina corso Bramante;
• Percorso 4: Stazione Lingotto – Politecnico corso Cosenza, corso Eusebio Giambone e corso Corsica;
• Percorso 5: Stazione San Paolo – Facoltà di Agraria e Facoltà di Veterinaria a Grugliasco, corso Tirreno;
• Percorso 6: Stazione Lingotto – Facoltà di Economia – Stazione San Paolo corso Siracusa;
• Percorso 7: Stazione Lingotto – School of Management corso Maroncelli
• Percorso 8: Stazione metropolitana Bengasi – Politecnico Via Nizza, Lingotto.

Juventus – Empoli 4-1

Grazie alla doppietta nel giro di una manciata di minuti Kolo Muani ribalta il risultato in campo e  la Juventus recupera contro l’Empoli, in vantaggio  fino al 61′. Quando il tempo è scaduto ecco Vlahovic e Conceicao che portano il risultato a 4-1. Da segnalare l’espulsione per doppia ammonizione di Maleh, a 6 minuti dal termine del match.

Giuseppe Scalco, baritono. Da Casale Monferrato a Teheran 

Il baritono Giuseppe Scalco (1933-1983) dalle eccellenti dote canore nato a Cittadella di Padova si stabilí a Casale con la famiglia, si dedicò allo studio del canto con il maestro Bruno Riboni scopritore di giovani talenti che lo indirizzò al conservatorio Verdi di Milano sotto la guida del maestro Ettore Campogalliani, pagandosi gli studi interpretando fumetti del cinema. Diplomatosi con lode, nel 1960 vinse i concorsi internazionali Voci Nuove di Milano, Voci Verdiane di Busseto, Achille Peri di Reggio Emilia, Lirico Sperimentale Beniamino Gigli di Macerata e Giovan Battista Viotti di Vercelli. Queste vittorie gli consentirono di debuttare nel 1961 con I Pagliacci al Teatro Nuovo di Milano e nel 1965 partecipò all’inaugurazione della stagione lirica di Busseto con Lucia di Lammermoor.

L’anno seguente a Reggio Emilia e Bologna avvenne il suo battesimo nella Bohème con un gruppo di giovani artisti, opera sempre pronta all’eccitazione dei sentimenti, guidati dalla sensibilità del maestro Gianandrea Gavazzeni e riproposta a Carpi, Modena e Bolzano. Nei giorni 8 e 10 settembre 1966 la Bohème fu rappresentata a Sarajevo da interpreti d’eccezione, Luciano Pavarotti nel ruolo di Rodolfo, Giuseppe Scalco in Marcello e Mirella Freni in Mimì diretti dal maestro Leone Madjera, segnando il lancio definitivo del baritono casalese.

Nel 1968 si esibì nella Traviata ad Ancona e nel Signor Bruschino a Pesaro e Reggio Emilia, terra della tradizione lirica. Il Don Pasquale ad Avignone e Reggio Emilia nel 1969 e le recite multiple del Ballo in Maschera ad Istanbul costituirono un ambìto traguardo ma le quattro recite del Nabucco al Gaiety Theatre di Dublino segnarono un evento sensazionale e determinante nella classifica dei baritoni all’altezza del biblico personaggio, la cui statura rappresentò un lancio decisivo nella ambiziosa carriera di Scalco. Con le successive e superlative esibizioni nell’Aida, Tosca e Andrea Chenier di Dublino fu richiesto dalla Scala di Milano, dove apparì nell’Ulisse di Luigi Dallapiccola. Nel cast stellare della Scala nella stagione lirica 1969-70 figuravano, oltre al nostro baritono monferrino, Placido Domingo, Mirella Freni, Luciano Pavarotti, i direttori d’orchestra Claudio Abbado e Riccardo Muti.

Il 1971 fu l’anno della definitiva affermazione con una ventina di rappresentazioni di Haensel e Gretel, il mondo delle fate di Himperdinck, Manon Lescaut e Capitan Spavento di Gian Francesco Malipiero. Nel 1973 ad Ankara apparve in Otello e Andrea Chenier, a Rouen nella Traviata e nel Teatro Roudaki di Teheran interpretò magistralmente l’Elisir d’Amore, i pucciniani Tabarro e Gianni Schicchi davanti allo Sciá di Persia, confermato per l’anno successivo con tre opere liriche. A Trieste fu interprete in Maria Golovin di Gian Carlo Menotti e a Brema nel Nabucco. Nel piazzale del Santuario di Crea fu protagonista di un concerto lirico, purtroppo molto disturbato dal pubblico, organizzato nel 1982 dal Teatro Nuovo di Torino e Regione Piemonte con il soprano Edda Piccinini e il tenore Franco Previdi dell’Associazione Lirica Alto Milanese. La Bohème fu l’opera pucciniana preferita da Scalco che da piccolo aveva provato la miseria e disse di Verdi “Il maestro di Busseto fu un grande imprenditore, ancora oggi ci permette di lavorare”.

Partecipò a foto e cineromanzi, incise per la Rai di Torino e per la Radio Svizzera Italiana. Giornali internazionali, tra cui Le Figaro, The Irish Times, Il Resto del Carlino, Gazzetta di Modena, Journal de Teheran, Gazzetta di Parma, Cronaca di Siena, Paris-Normandie, Rassegna Melodrammatica di Milano, gli attribuirono ottimi consensi. La piena maturità baritonale in un eclettico repertorio operistico dell’ottocento e novecento, la capacità di rilevare i contorni umani dei personaggi diabolici per i quali l’interpretazione è indispensabile, il volume e il colore di cantante moderno fecero di lui un interprete richiesto ad alto livello. Dalla moglie Lidia Radessich, conosciuta durante una tournée in Jugoslavia ebbe due figli, Raffaella e Andrea. Solo un male incurabile poteva segnare il tramonto delle illusioni e  fermare l’incredibile vertiginosa ascesa artistica di Giuseppe Scalco, antidivo e grande lavoratore dello spettacolo nel senso nobile dell’espressione, scomparso martedì 6 settembre 1983 e sepolto nella tomba di famiglia di Casale Popolo.
Armano Luigi Gozzano 

Torino sul podio: primati e particolarità del capoluogo pedemontano

 

Malinconica e borghese, Torino è una cartolina daltri tempi che non accetta di piegarsi allestetica della contemporaneità.
Il grattacielo San Paolo e quello sede della Regione sbirciano dallo skyline, eppure la loro altitudine viene zittita dalla moltitudine degli edifici barocchi e liberty che continuano a testimoniare la vera essenza della città, la metropolitana viaggia sommessa e non vista, mentre larancione dei tram storici continua a brillare ancorato ai cavi elettrici, me nel contempo le abitudini dei cittadini, segnate dalla nostalgia di un passato non così lontano, non si conformano allirruente modernità.
Torino persiste nel suo essere retrò, si preserva dalla frenesia delle metropoli e si conferma un capoluogo a misura duomo, con tutti i pro e i controche tale scelta comporta.
Il tempo trascorre ma lantica città dei Savoia si delinea unica nel suo genere, con le sue particolarità e contraddizioni, con i suoi caffè storici e le catene commerciali dei brand internazionali, con il traffico della tangenziale che la sfiora ed i pullman brulicanti di passeggeri sudaticci ma ben vestiti.
Numerosi sono gli aspetti che si possono approfondire della nostra bella Torino, molti vengono trattati spesso, altri invece rimangono argomenti meno noti: in questa serie di articoli ho deciso di soffermarmi sui primati che la città ha conquistato nel tempo, alcuni sono stati messi in dubbio, altri riconfermati ed altri ancora superati, eppure tutti hanno contribuito e lo fanno ancora- a rendere la remota Augusta Taurinorum così pregevole e singolare.

1. Torino capitale… anche del cinema!

2.La Mole e la sua altezza: quando Torino sfiorava il cielo

3.Torinesi golosi: le prelibatezze da gustare sotto i portici

4. Torino e le sue mummie: il Museo egizio

5.Torino sotto terra: come muoversi anche senza il conducente

6. Chi ce lha la piazza più grande dEuropa? Piazza Vittorio sotto accusa

7. Torino policulturale: Porta Palazzo

8.Torino, la città più magica

9. Il Turet: quando i simboli dissetano

10. Liberty torinese: quando leleganza si fa ferro

 

1-Torino capitale… anche del cinema!

Torino è grande! Torino è bella, lo gridava Sandro Replay alle serate Parhasar, e vediamo quanti di voi, cari lettori, sorridono continuando la cantilena che quasi tutti i veritorinesi hanno pronunciato goliardicamente almeno una volta, certo ormai un podi tempo fa.
Vi ho sbloccato un ricordoperché in questo articolo vorrei raccontarvi di Torino sotto veste di capitale, tuttavia non dItalia (1861 – 1865), ma della Settima Arte, che proprio qui vede i suoi natali, grazie a personalità come Vittorio Calcina e Arturo Ambrosio.
È il 1895, nel negozio di ottica di Arturo Ambrosio viene esposto il Kinetoscopio di Edison, parente prossimo del celeberrimo cinematografo Lumière, strumento che proietta immagini in movimento, creando quella magia immortale che illude losservatore e lo inganna, trasportandolo in luoghi e momenti inaspettati attraverso rappresentazioni fittizie.
Anche se alcuni attestano una prima proiezione nel mese di marzo 1896, presso il Caffè Romano di piazza 
Castello, la versione ufficiale vuole che tale avvenimento si fosse svolto il 7 novembre dello stesso anno, presso l’Ospizio di Carità di via Po 33.
Lasciamo stare i cavilli, la rivoluzione cinematografica è ormai nata e da subito stupisce e destabilizza gli osservatori increduli; le immagini scorrono su un formato di 1,60 mt per 1,29 mt -quasi quanto alcune televisioni odierne-, i filmati hanno breve durata, come attesta “La Bohémienne dei bébès”, una delle prime pellicole trasmesse, con protagoniste otto bambine con i grembiulini bianchi che ballavano la polca.
Limpatto è talmente sconvolgente che ad esso seguono altri due primati: la prima proiezione con un pubblico pagante qualche mese più tardi rispetto al primo evento gratuito- e decisamente diversi anni dopo, nel 1971- la nascita del primo cinema dessai in Italia, il Cinema Romano, situato nella Galleria Subalpina, oggi rinominato Lux. E siccome non c’è due senza tre, nel 1983, Torino si conferma città del cinema con linaugurazione del cinema Eliseo, il primo multisala della penisola.
Ma andiamo per ordine: il 30 aprile 1911 si svolge nel capoluogo piemontese l’Esposizione internazionale delle industrie e del lavoro, una manifestazione imponente che espone numerosi cinematografi nei diversi padiglioni, a dimostrazione del fatto che già nel 1908 a Torino si girava ben il 60% della produzione filmica italiana, senza tener conto che a partire dal 1910 la casa di produzione Ambrosio distribuisce su larga scala i noti film serie nera, una sorta di storie gialle impreziosite dai drammi personali dei personaggi.
Pare incredibile, ma lAmerica allepoca guardava verso lItalia con stupore ed invidia, non solo per la grande macchina dellindustria cinematografica, ma anche per i divi e le dive che il grande schermo rendeva idoli indiscussi.
Sono gli anni del bianco e nero e del cinema muto, tutto è incentrato sulle movenze degli attori, gli sguardi, la gestualità estremizzata e teatrale, gli attori divengono Stars, impongono mode, dettano regole non scritte, infrangono i cuori dei giovani.


È il caso della bella Mary Cléo Terlanini, nota per aver recitato in Spergiura!, o di Lydia Borrelli, particolarmente amata dal pubblico maschile torinese, che addirittura morivaper il suo fascino, mentre le donne la imitavano a tal punto da far nascere una moda basata su un atteggiamento di emulazione totalizzante nei confronti della bella attrice, ilBorellismo. Francesca Bertini, charmantee gracile, invece era lincarnazione della divaper eccellenza, si dice infatti che pretendesse un abito nuovo e diverso per ogni scena girata, ovviamente cucito su misura dalla sua sarta personale, e che terminasse di lavorare alle 17.00 del pomeriggio per prendere il té in un grande albergo. Notata addirittura dalla Fox, Francesca preferisce alla grossolana America un amorevole banchiere svizzero, Alfred Paul Cartier.
Dietro i volti iconici e ben truccati degli interpreti in primo piano, si svolge il duro lavoro dei macchinisti, dei truccatori, degli scenografi, dei musicisti e di tutti coloro che finiscono nel dimenticatoio dei titoli di coda, eppure Vittorio Calcina, indifferente al rischio di non passare alla gloria, non si arrende ed elabora le prime pellicole con regia torinese, tra di esse si annovera un filmato realizzato presso il Castello di Monza, con protagonisti re Umberto I e consorte, i quali dimostrano una discreta curiosità per questa nuova tecnologia. Il girato viene trasmesso nella Birraria in via Garibaldi 10, luogo in cui si svolgono numerosi spettacoli diurni e serali, anche se il primo locale effettivo e stabile, in cui i film verranno proiettati periodicamente, sarà l’Edison, in via delle Finanze ora via Cesare Battisti-.
Nel frattempo il lungimirante Arturo Ambrosio parte per una gita in montagna, carico di una macchina da presa donatagli da uno dei fratelli Pathé – i creatori dellomonima società cinematografica, nata a Varennes, in Francia- con la quale gira il primo film prodotto a Torino: La corsa automobilistica Susa-Moncenisio. È linizio del successo per Arturo, che grazie alla riuscita del suo operato, apre uno studio di posa nel giardino di casa sua via Nizza 187- dedicandosi alla realizzazione di film comici, drammatici e diversi documentari.
La nascita della Settima arte porta con sé lo sviluppo del sonoro e della comunicazione senza fili, è tutta una tecnologia brulicante di scoperte e sviluppi, che dun tratto portano alla realizzazione di Cabiria, un vero e proprio kolossal, sceneggiato da Gabriele DAnnunzio e passato alla storia per essere stato il film più lungo, costoso ed innovativo dei tempi del cinema muto.
Impossibile non temporeggiare su tale argomento, tanto più che il temibile dio Moloch ancora ci osserva, incatenato, dallinterno del Museo del Cinema, situato presso la Mole Antonelliana.
Tra il 1913 e il 1914 Torino non invidia nulla alla celebre Hollywood, la stessa pellicola di Cabiria è nota negli Stati Uniti come the daddy of spectacles, ossia il papà di tutti gli spettacoli: la vittoria è garantita.
Giovanni Pastrone, il regista, propone un modello di spettacolo innovativo, che si differenzia dal cinema prodotto in precedenza, sotto molteplici punti di vista come la durata (tre ore e dieci minuti), il budget esorbitante (un milione di lire-oro), gli effetti speciali, i movimenti di carrello e luso espressivo della luce, senza dimenticare la Sinfonia del fuoco composta da Ildebrando Pizzetti e laccompagnamento in sala di coro e orchestra, per le proiezioni più prestigiose. È lopera darte totale, non stupisce a questo punto la collaborazione con DAnnunzio, il quale provvede alla stesura delle didascalie letterarie ed inventa il nome Cabiria, ossia nata dal fuoco.
Le scene del kolossal vengono girate in molteplici zone tra Torino, Tunisia, Sicilia, le Alpi, i laghi di Avigliana, Valli di Lanzo e allinterno di Villa Pastrone di proprietà del regista-.
Della musica invece si occupa Manlio Mazza con la breve ma intensa Sinfonia del fuoco di Ildebrando Pizzetti.
La prima si svolge il 18 aprile 1914, al Teatro Vittorio Emanuele di Torino e in contemporanea al Teatro Lirico di Milano. Le innovazioni del film quali lampade elettriche per il chiaroscuro, scenografie ricostruite in cartapesta, il carrello per muovere la cinepresa sulla scena e la tecnica della sovrimpressione, donano fama immediata a Cabiria, la critica rimane benevolmente impressionata dallopera, così come il pubblico, tanto che il kolossal resterà in cartellone per sei mesi a Parigi e per quasi un anno a New York. È bene non dimenticarsi che proprio Cabiria è stato il primo lungometraggio della storia ad essere proiettato alla Casa Bianca.


Ben si collega a questi gloriosi inizi il progetto di costruzione di un museo del cinema italiano, idea portata avanti a partire dal 1941 da Maria Adriana Prolo, con il sostegno artistico dello stesso Giovanni Pastrone e con laiuto del giornalista Francesco Pasinetti.
Sarà tuttavia necessario attendere il 1995 affinché la Mole Antonelliana venga scelta come sede ultima della grande esposizione, proprio in occasione del centenario della nascita del cinema; per tale evento collaborano l’architetto torinese Gianfranco Gritella e lo scenografo svizzero François Confino, il progetto in seguito si amplia e si modifica, accrescendo di pari passo fama e apprezzamenti, tanto che nel 2000 il museo viene visitato da oltre due milioni di visitatori.
Già conosciuto a livello internazionale, nel 2004, con il film Dopo Mezzanottedi Davide Ferrario, il Museo del Cinema di Torino tocca lapice della notorietà, mentre due anni dopo viene ulteriormente restaurato e rinnovato in occasione dei XX Giochi Olimpici invernali; lallestimento si arricchisce di postazioni multimediali e interattive, tre nuovi ambienti dedicati al western, al musical e alla fantascienza.
È proprio negli anni 2000 che Torino festeggia il suo personale legame con il cinema, grazie allinaugurazione del suggestivo apprestamento già citato di François Confino, il 20 luglio dello stesso anno, ma anche perché nel medesimo giorno viene costituita la Film Commission Torino Piemonte, con lo scopo di promuovere Torino ed il Piemonte come locations cinematografiche e televisive.
Ventanni dopo il capoluogo è ufficialmente nominato Capitale del Cinema 2020. È in tale occasione che si sottolinea la numerosa varietà di enti, associazioni, istituti e laboratori che si contraddistinguono per eccellenza nel panorama cinematografico nazionale ed europeo e che hanno sede proprio qui, nella città attraversata dal Po e ombreggiata dal Monviso. Sempre nel 2020 si svolge Torino Città del Cinema 2020. Un film lungo un anno, un progetto ambizioso, sostenuto da Città di Torino, Museo Nazionale del Cinema e Film Commission Torino Piemonte, con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, in collaborazione con Regione Piemonte, Fondazione per la Cultura Torino, media partner Rai. Liniziativa continua a crescere e a coinvolgere ulteriori proposte, che nel tempo hanno contribuito a fondere linvenzione del grande schermo con il territorio torinese, a tal proposito è impossibile non citare lideazione de I luoghi del cinema, piano che prevedeva la realizzazione di allestimenti impattanti ed immersivi in alcuni specifici angoli della città.
È bene a questo punto fare i conti con il nostro snobismo torinese e riconoscere il ruolo più che rimarchevole che Torino ed il Piemonte hanno assunto nel mondo del cinema, nonché la loro notevole rilevanza dal punto di vista dello sviluppo dellindustria cinematografica, dello sviluppo di talenti e professionalità e delle ricadute in termini di promozione, anche internazionale, dellimmagine della città e dellintero territorio.
Vi invito dunque, cari lettori, a tornare ad andare più spesso al cinema, magari a vedere qualche produzione nostrana senza scetticismi o giudizi a priori, non solo per laria condizionata, ma perché siamo ormai talmente abituati alla comodità delle piattaforme da divano, che ci siamo scordati della meraviglia e della vera magia del grande schermo.
Daltronde è da tempo che il cinema ci insegna a guardare, ad ascoltare e a sentire, ci apre al confronto, ci fa affacciare su mondi distanti, ci racconta grandi storie, e anche se imparare costa fatica, sarà sempre meglio che restare inscatolati in una comoda e preconfezionata routine.

ALESSIA CAGNOTTO

 

 

Fondi di Sviluppo e Coesione per 102 Comuni piemontesi

Si sono tenuti presso i Comuni di Camino e Fubine, gli incontri tra Assessori Regionali ai Fondi di Sviluppo e Coesione (FSC) Gian Luca Vignale, agli Enti Locali Enrico Bussalino, alla Sanità Federico Riboldi, i Consiglieri Regionali Silvia Raiteri, Marco Protopapa e Davide Buzzilanghi, il Presidente della Provincia di Alessandria Luigi Benzi con gli Amministratori Locali rappresentanti di 102 Comuni della Province di Alessandria, Asti e Torino. Gli Assessori hanno illustrato e condiviso con i presenti il percorso per l’utilizzo dei Fondi a favore dei 104 progetti presentati dalle Aree Omogenee “Monferrato, Casalese e Terre del Po” ed “Bacino del Tanaro”.

I numeri dei due piani di investimento:

Monferrato, Casalese e Terre del Po:

  • 56 Comuni interessati
  • 59 Progetti finanziati
  • Otto milioni e 758mila euro di valore totale degli investimenti.

Di questa somma investita 7.423.313 euro sono stati stanziati dalla Regione mentre i restanti 1.335.625 euro sono co-finanziati dai Comuni.

Bacino del Tanaro:

  • 46 Comuni interessati appartenenti a due Province
  • 45 Progetti finanziati
  • Cinque milioni e 342mila euro di valore totale degli investimenti

Di questa somma investita 4.727.647 euro sono stati stanziati dalla Regione mentre i restanti 612.210 euro sono co-finanziati dai Comuni.

Grazie al contributo regionale sarà possibile finanziare fino al 100% dei progetti prioritari presentati dalle due Aree Omogenee.

I Fondi di Sviluppo e Coesione insieme ai fondi derivanti dalle Strategie Urbane (SUA) e le Aree Interne hanno permesso alla Regione di finanziare tutti i Comuni piemontesi in maniera chiara, semplice e diretta. A differenza delle scelte fatte per la scorsa programmazione (2014-21) di finanziare solo le città capoluogo di provincia, in questa programmazione abbiamo voluto essere vicini a tutti i comuni piemontesi.

<Si tratta di due Aree molto diverse che occupano i territori di più Province, eppure, entrambe hanno saputo collaborare e condividere progettazioni e strategie comuni a beneficio dei rispettivi territori. Con i Comuni e al loro fianco la Regione, si procederà, ora, alla fase esecutiva delle opere che tali fondi permettono di realizzare, opere con un valore complessivo per le comunità locali di oltre 14 milioni di euro.

Le caratteristiche fondamentali dei Fondi sono aver dimostrato come la politica possa dare risposte agli enti locali e sia stata capace di tradurre i contributi europei in maniera semplice e accessibile, erogando risorse ad un’ampia platea di Comuni che potranno così rispondere a fondamentali necessità di investimento per le rispettive comunità.

Nell’incontro odierno abbiamo così potuto fissare la nuova tappa del percorso – spiega l’Assessore Vignale – con i rappresentanti degli enti locali, da quando abbiamo cominciato lo scorso anno, con la presentazione dei Fondi di Sviluppo e Coesione, una risorsa complessiva di 105 milioni di euro che ci permetterà di finanziare progetti in 805 comuni del Piemonte.

A giugno del 2028 tutte le opere dovranno essere concluse e rendicontate alla Regione. Siamo qui per dimostrare nei fatti come la Regione sia al fianco dei piccoli comuni e condivida con essi lo sviluppo, la promozione e il futuro dei territori. Nessuno indietro, avanti tutti>.

<I fondi FSC rappresentano un’opportunità fondamentale per lo sviluppo dei territori, poiché consentono ai comuni di realizzare opere strategiche per i cittadini. Nessuno meglio di un sindaco conosce le esigenze della propria comunità: dalle infrastrutture alla riqualificazione urbana, dai servizi essenziali alla valorizzazione del patrimonio locale. Per questo è cruciale garantire che queste risorse siano gestite con autonomia e responsabilità dai comuni, assicurando interventi mirati, efficaci e realmente utili per migliorare la qualità della vita dei cittadini> così l’Assessore agli enti locali Enrico Bussalino.

<I fondi sviluppo e coesione sono un’opportunità importante per i Comuni, perché consentono di programmare interventi che altrimenti non sarebbero possibili, soprattutto per le realtà più piccole. La Regione Piemonte ha ancora una volta dimostrato di essere presente sul territorio concretamente, cioè con risorse che consentiranno ai Sindaci e alle comunità di realizzare opere fondamentali per rendere queste aree più attrattive per le imprese e per tutti coloro che visitano il Piemonte> ha dichiarato l’Assessore alla Sanità Federico Riboldi.

L’isola del libro

RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

 

 

 

Shifra Horn “Figlie di Gerusalemme”

-Fazi Editore- euro 20,00

Shifra Horn, nata a Tel Aviv nel 1951, da madre sefardita e padre russo, ha trascorso maggior parte della sua vita a Gerusalemme, ed è scrittrice, giornalista, antropologa.

In questo romanzo riannoda i fili delle vite di 4 donne della sua famiglia, componendo un puzzle in cui le piccole vicende quotidiane incrociano la grande storia di Israele; avanti e indietro tra varie generazioni, dall’epoca ottomana fino a metà anni 90 del Novecento.

Voce narrante è quella di Alexandra Davidovitch, 40enne colta e sensibile; ogni giorno lascia a casa il marito appena pensionato (ha 15 anni più di lei) e si rintana nello studiolo che ha affittato per poter scrivere, in tutta tranquillità, le memorie familiari. Proprio nell’edificio in cui avevano vissuto le sue antenate, ora adibito a residenza per gli artisti.

A ispirarla è la foto sbiadita di una bambina che offre un mazzo di fiori al principe inglese in visita in Terra Santa. La piccola è sua bisnonna Victoria, che a 4 anni fu scelta dal console britannico per consegnare l’omaggio al principe d’Inghilterra, giunto in Israele nel 1862.

Quell’immagine è l’innesco del libro che prende forma grazie ai racconti tramandati dalla nonna Edwarda.

Un albero genealogico prevalentemente al femminile. Inizia con le vicissitudini di Gershon e Shoshana, poi della loro figlia Vittoria, e a seguire -di generazione in generazione- quelle di Edwarda e di Abigail, che è la madre di Alexandra.

Emerge una stirpe di donne forti, accomunate dall’aver incontrato uomini che le abbandonarono e, così facendo, ne segnarono le esistenze.

Tutte si dimostrarono capaci di: cavarsela da sole, affrontare grandi sfide in un mondo in via di rapido cambiamento, andare contro le regole dell’epoca in cui vissero, trasformare le difficoltà in forza. Denominatori comuni: resilienza e desiderio di indipendenza.

Un affresco che lascia incantato il lettore.

 

 

Joan Didion “Ultime interviste” -Il Saggiatore- euro 16,00

Questo libro è un altro importante tassello alla scoperta di Joan Didion, attraverso 8 conversazioni con giornalisti e scrittori, tra i quali Dave Eggers, Sara Davidson, Terry Gross.

Un caleidoscopio di domande e risposte che contribuiscono a svelarci ancora più a fondo la personalità di una delle più influenti scrittici del XX secolo; nata a Sacramento, in California, nel 1934, morta a New York nel 2021, all’età di 87 anni, per complicazioni del morbo di Parkinson di cui era affetta.

8 incontri in cui altrettanti personaggi del mondo culturale americano ripercorrono parte della vita della Didion e di come abbia raccontato un’intera generazione. La sua è stata una vasta produzione tra saggi, romanzi, memoir, articoli e interviste, sceneggiature cinematografiche e teatrali. Ha spaziato tra i vari generi e raccontato i fermenti culturali degli anni 60 e 70, i dinner party con stelle del calibro di Warren Beatty e Janis Joplin, i reportage su Cuba ed El Salvador, articoli di geopolitica, autobiografia e tanto altro.

La cifra più significativa della sua opera è stata la sovrana abilità nel trasformare il suo vissuto in opere letterarie di immenso spessore. Esperienze dolorose e universali, come la morte delle persone più care, sono traslate in memorie che toccano il cuore.

Nello straordinario “L’anno del pensiero magico” c’è il resoconto degli stati d’animo successivi alla morte del marito, lo scrittore John Gregory Dunne, fulminato da un infarto davanti a lei. Pagine immense che parlano di come abbia affrontato il lutto e il senso della fragilità umana.

Straziante, l’anno dopo, la morte prematura della figlia adottiva Quintana, precipitata nel tunnel del coma, ripresasi in un primo tempo, poi deceduta a neanche 40 anni.

Anche allora Didion seppe traghettare il dolore scrivendone; nei momenti peggiori metabolizzò la sofferenza aggrappandosi alla scrittura. E se volete entrare ancora di più nell’anima della scrittrice, il suggerimento è guardare il documentario girato dal nipote, Griffin Dunne, “Joan Didion: il centro non reggerà” da recuperare su Netflix.

 

 

Sally Rooney “Intermezzo” -Einaudi- euro 22,00

E’ il quarto romanzo della giovane scrittrice irlandese (nata nel 1991) considerata la voce dei “Millenial” e la Salinger della generazione di “Snapchat”, abile nel romanzare le complesse relazioni affettive dei suoi personaggi. In “Intermezzo”, l’autrice, si addentra in un nuovo territorio che ha a che fare con la morte, ed imbastisce una trama dove non ci sono solo bianco e nero nell’affrontare i marosi dell’esistenza.

L’intermezzo del titolo consiste nel momento in cui irrompe una morte e il periodo che ne segue, in cui chi rimane si trova a seppellire non solo il defunto, ma anche la sua vita di prima, per rimodellarla in uno spazio-tempo senza più quella persona.

Protagonisti due fratelli diversissimi tra loro, alle prese con la morte del padre, e avvolti nel marasma di emozioni profonde, complicate e conflittuali.

Peter Koubek ha 32 anni, è un brillante avvocato di successo, ha una giovane amante bellissima, ma è realizzato solo in apparenza. In realtà è in una fase della vita caratterizzata da una forte apatia. Dopo la dipartita paterna cerca faticosamente di far funzionare anche la vita privata, ed oscilla tra ansiolitici, alcol e pensieri suicidari.

Ivan Koubek ha 22 anni, scacchista di successo che dopo aver inanellato un bel po’ di vittorie, ora vive una fase di stallo ed indolenza. Da sempre è insicuro e timido col genere femminile. Ha patito moltissimo il decorso della malattia paterna, e la relazione con il fratello è difficile anche per il senso di inferiorità che vive nei suoi confronti.

Caratteri e traiettorie di vita opposti sono alla base del divario tra i due, e il conflitto, da sempre latente tra loro, esplode. Entrambi poi sono alle prese con relazioni amorose che aggiungono pathos alla trama.

 

 

Lidia Yuknavitch “L’impulso” -Nottetempo- euro 19,00

Sfugge ad una precisa definizione questo romanzo -visionario, affascinante, complesso e difficile da riassumere- dell’autrice; nata nel 1963, che è stata docente di Scrittura creativa e Studi femminili alla Eastern Oregon University.

Protagonista è Laisvé, una ragazzina che sa vivere l’acqua e da lei ha imparato ogni cosa. L’oceano le ha strappato la madre, ma in compenso le ha regalato un’esistenza incredibile, fuori dal comune. E’ l’unico elemento del globo che ha il potere di calmarla, trasformandola in una sorta di sirena con poteri straordinari.

Siamo in un futuro inimmaginabile in cui Laisvé è sopravvissuta al “Grande innalzamento delle acque”, che ha stravolto il globo. L’azione inizia in un futuristico 2079 in cui la Statua della Libertà sprofonda negli abissi. Laisvè è colei che visita la donna subacquea e fa incontri straordinari.

Ha la capacità di viaggiare dentro l’elemento primordiale come se si muovesse nel tempo infinito; soprattutto ha il potere di vivere resti del passato sotto forma di ricordi, oggetti e personaggi del tempo che fu.

Per esempio, resuscita gli operai che assemblarono la Statua della Libertà, mettendo insieme i 350 pezzi del suo corpo impacchettati in 214 imballaggi. E incontra lo scultore Frédéric Bartholdi che nel 1800 la disegnò. Lui e altre persone le vengono portate dalla corrente e poi di nuovo allontanate tra le onde.

Merlo: Governo, battere la ‘via giudiziaria al potere’ per una vera democrazia

“Che ci siano forze non riconducibili alla politica e al Parlamento che vogliono mandare a casa il
Governo Meloni è ormai quasi una non notizia perchè è noto anche ai sassi. Semmai, oggi, la vera
sda democratica è quella di battere alla radice quel vizio della ‘via giudiziaria al potere’ che,
purtroppo, caratterizza il dibattito politico nel nostro paese da oltre 40 anni. Cioè da quando il Pci,
all’inizio degli anni ‘80, avanzò il progetto politico “dell’alternativa morale al sistema di potere della
Democrazia Cristiana’. Insomma, si tratta di un tic che fa parte a pieno titolo del codice
deontologico della sinistra ex e post comunista e che, purtroppo, si è protratto sino ai giorni
nostri.

Un vizio che inquina la politica e che, al contempo, indebolisce la qualità della democrazia e la
stessa credibilità delle nostre istituzioni democratiche. Oltre all’ecacia dell’azione di governo.

E battere, oggi, la scorciatoia della ‘via giudiziaria al potere’ è, forse, la vera priorità per far sì che
possa decollare una vera e credibile democrazia dell’alternanza. Che è fatta di progetti politici
alternativi ma senza ricorrere a forze esterne alla politica per battere gli avversari/nemici”.

Giorgio Merlo, Presidente Scelta Popolare.

Baseball: nel Pala Verdi di Novara la 2^ tappa di “Fun Kids”

Si è svolta nel Pala Verdi di Novara la seconda tappa della manifestazione federale “Fun Kids”, primo appuntamento del 2025 al chiuso delle palestre e dei palazzetti.
In quello novarese sono scese in campo i padroni di casa del Porta Mortara Novara, società che ha collaborato nell’organizzazione dell’evento, il Baseball Club Fossano e la Canavese Baseball e Softball, quest’ultima ha schierato due squadre le Piccole Linci ed i Rookies.
Una giornata all’insegna di sport e divertimento, durante la quale si sono visti  tanti gesti tecnici e di fair-play.

Mirafiori, cambi “made in Stellantis”: obiettivo 600mila pezzi

Stellantis annuncia l’acquisizione del pieno controllo della joint venture per la produzione di trasmissioni elettrificate eDCT. I sindacati: “La decisione strategica porta lo stabilimento produttivo sotto il completo controllo di Stellantis, segnando un passo importante per il polo industriale di Mirafiori.

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