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La legge di Lidia Poët, la serie Netflix in 6 episodi girata a Torino

La legge di Lidia Poët, la serie in 6 episodi, prodotta da Matteo Rovere, una produzione Groenlandia, e creata da Guido Iuculano e Davide Orsini, debutterà il 15 febbraio 2023 su Netflix in tutti i Paesi in cui il servizio è attivo. Matilda De Angelis è Lidia Poët, la prima donna in Italia ad entrare nell’Ordine degli Avvocati.

 

Nel cast, Matilda De Angelis nel ruolo della protagonista, ed Eduardo Scarpetta in quello del giornalista Jacopo Barberis. Pier Luigi Pasino è Enrico Poët, fratello di Lidia, mentre Sara Lazzaro e Sinéad Thornhill sono rispettivamente Teresa Barberis, moglie di Enrico, e Marianna Poët, la loro figlia. Dario Aita è Andrea Caracciolo.

La serie è diretta da Matteo Rovere e Letizia Lamartire e scritta da Guido Iuculano, Davide Orsini, Elisa Dondi, Daniela Gambaro e Paolo Piccirillo.

 

LIDIA

Torino, fine 1800. Una sentenza della Corte d’Appello di Torino dichiara illegittima l’iscrizione di Lidia Poët all’albo degli avvocati, impedendole così di esercitare la professione solo perché donna. Senza un quattrino ma piena di orgoglio, Lidia trova un lavoro presso lo studio legale del fratello Enrico, mentre prepara il ricorso per ribaltare le conclusioni della Corte.

Attraverso uno sguardo che va oltre il suo tempo, Lidia assiste gli indagati ricercando la verità dietro le apparenze e i pregiudizi. Jacopo, un misterioso giornalista e cognato di Lidia, le passa informazioni e la guida nei mondi nascosti di una Torino magniloquente. La serie rilegge in chiave light procedural la storia vera di Lidia Poët, la prima avvocata d’Italia.

 

AMBIENTAZIONE: LA TORINO DI FINE OTTOCENTO

 

Torino alla fine dell’Ottocento conta duecentomila abitanti, e tra questi c’è un imprenditore che sta per fondare la FIAT, la più importante azienda automobilistica del Paese, nonché il più grande gruppo finanziario e industriale privato italiano del XX secolo. A Torino c’è la più libera comunità ebraica d’Italia, ci sono i circoli anarchici, c’è la camorra napoletana, ci sono i socialisti e c’è Anna Kuliscioff. Poi ci sono i primi ospedali psichiatrici, i fanatici dello spiritismo, Cesare Lombroso con i suoi allievi, buona parte della famiglia reale, le prime tangenti, le prostitute più raffinate d’Italia, i teatri aperti a ogni ora, i concorsi di bellezza e i funerali dei nobili. Insomma, Torino alla fine dell’Ottocento è un posto strano dove abitano persone strane. Un teatro del mondo, sintesi dei tempi che stanno per venire. Una città pirotecnica, eccessiva, contraddittoria, magniloquente, autodistruttiva. Come c’è da aspettarsi, è anche una città dove si uccide e si finisce in prigione. Una città dove gli avvocati fanno affari d’oro.

 

PERSONAGGI

 

LIDIA POËT (Matilda De Angelis)

È stata la prima donna d’Italia ad iscriversi all’Ordine degli Avvocati, ma una sentenza della Corte d’Appello di Torino del 1883 le proibisce di esercitare la professione perché donna. Oltraggiata e offesa dalla sentenza, Lidia non si perde d’animo e convince suo fratello Enrico a lavorare come assistente legale, cercando la verità sull’innocenza dei loro clienti anche fuori da un’aula di tribunale. Lidia è un’incompresa – lo è sempre stata, specie da suo padre, sin dai tempi dell’infanzia – che non riesce a piangersi addosso ma che si rimbocca le maniche giorno dopo giorno per ottenere quello che merita. La sua stella polare sono l’indipendenza e l’emancipazione, per cui lotterà tutta la vita e che la portano a diffidare totalmente dell’amore e del matrimonio. Almeno finché non conosce l’affascinante Jacopo Barberis…

JACOPO BARBERIS (Eduardo Scarpetta)

Giornalista della Gazzetta Piemontese, è un trentacinquenne solitario, affascinante, ironico, con vedute politiche molto distanti da quelle conservatrici tipiche della sua famiglia. La sua modernità lo rende immediatamente empatico agli occhi di Lidia, ma l’anticonformismo con cui vive alla giornata è solo una corazza per nascondere i cocci di una storia d’amore vissuta a Parigi che lo ha lasciato a pezzi. È la spalla ideale di Lidia, entusiasta di accompagnarla nei vicoli più bui di Torino a caccia di assassini, così come di passare ore con lei davanti a un bicchiere di cognac.

ENRICO POËT (Pier Luigi Pasino)

Fratello maggiore di Lidia, Enrico è un uomo perfettamente integrato nel suo tempo. Ha quarant’anni, una moglie più ricca e nobile di lui, una bella villa – sempre della moglie – e uno studio legale avviato che si occupa più che altro di cause semplici e che lo lasciano dormire di notte. Ad un certo punto, però, il ciclone Lidia si abbatte su di lui e tutto cambia: casi di omicidi, strangolamenti, avvelenamenti, morti ammazzati, clienti poveri in canna… tutto concorre a distruggere la sua quiete e le sue certezze. Ma non tutti i cicloni lasciano solo macerie: grazie a Lidia Enrico infatti è destinato a dare una scossa alla sua vita, riscoprendo cose che dava per scontate ed entrando anche lui nella prospettiva che i tempi stanno cambiando.

TERESA BARBERIS POËT (Sara Lazzaro)

Moglie di Enrico e sorella di Jacopo, Teresa Barberis è una donna nobile dell’Ottocento, fieramente un passo dietro a suo marito e dedita alla cura della casa e della famiglia. Dotata di grande arguzia e savoir-faire ma con un carattere diametralmente opposto a quello di Lidia, Teresa è quella che soffre di più l’irruzione nella sua vita della protagonista, incapace di stare al suo posto e di censurare quello che pensa.

MARIANNA POËT (Sinéad Thornhill)

Ha quindici anni, è la figlia di Enrico e Teresa, una ragazzina di buona famiglia cresciuta secondo i valori familiari. All’apparenza docile ed educata, sotto sotto è una giovane ribelle che sente più affinità con sua zia Lidia che con sua madre. Ma a differenza di Lidia possiede un animo romantico, il suo obiettivo di vita non è certo quello di fare l’avvocato o lavorare ma di trovare il principe azzurro e sposarsi. Peccato che si sia infatuata perdutamente (e segretamente) del giardiniere di famiglia, che non può certo offrirle il matrimonio migliore per una ragazza della sua classe sociale…

ANDREA CARACCIOLO (Dario Aita)

Commerciante trentacinquenne che fa la spola tra Italia, Stati Uniti e Medio Oriente, Andrea è il miglior amico di Lidia e il suo amante occasionale. Una relazione all’avanguardia per quei tempi, possibile solo grazie all’affinità elettiva tra i loro caratteri: come Lidia, Andrea è innamorato della libertà e non vuole legami che possano costringerlo a mettere radici. Peccato che i sentimenti per Lidia siano più confusi di quanto voglia far credere…

 

***

 

NOTE DI REGIA

A cura di Matteo Rovere, regista della serie

 

Per realizzare La Legge di Lidia Poët sono partito dalla pagina scritta cercando di concentrarmi a livello registro sui personaggi ma anche su un’estetica viva, ricca, con una stratificazione complessa e una cura dei dettagli che raccontasse la vita di quel periodo storico in maniera precisa, ma anche con la libertà che permetta alle spettatrici e agli spettatori di vedere qualcosa di più profondo, che va oltre il primo livello, la prima immagine percepita.

Il racconto di una donna che impiega trentasette anni di battaglie per ottenere quello che è giusto ha dell’incredibile e ha ovviamente un forte portato epico. Per riportare sullo schermo questo carattere abbastanza unico, ho adottato ottiche larghe e ho lavorato con la camera bassa per enfatizzare il rapporto tra il suo volto e il suo tempo. Con shot ampi si ottiene un racconto molto cinematografico, ma che al tempo stesso ci permette di vedere la nostra protagonista in relazione al contesto nel quale vive. Lidia è un personaggio rivoluzionario, ma allo stesso tempo è stata espressione di quegli anni, e registicamente ho provato a far sentire questa sensazione.

Avvicinare emotivamente questi personaggi così forti e caratterizzati sia tra di loro, sia con chi guarda, è stato un altro obiettivo che ho cercato di percorrere anche attraverso movimenti diversi, legati all’emotività della specifica sequenza. Camera a mano, steady a volte molto complessa o integrata con i dolly, technocrane che potessero entrare letteralmente nelle scene non solo action dando ritmo, senza però perdere mai il cuore e il fuoco sui nostri protagonisti.

Fondamentale il lavoro fatto sul casting insieme a Sara Casani – attori e attrici scelti nel tentativo di avvicinare il racconto, le pagine della sceneggiatura, a una verità, a un realismo, a una verosimiglianza che secondo me erano determinanti in termini emotivi e di grammatica visiva.

Il nostro racconto è quello di un passato che parla profondamente anche del contemporaneo e in questo senso ho lavorato con l’utilizzo di cromatismi che fossero affascinanti ma che vedessero sempre al centro una naturalità degli incarnati. Esseri umani veri che si muovono in contesti esteticamente molto curati e pieni di dettagli, per far fare a chi ci guarda un viaggio vero in quel periodo storico.

Un grande contributo lo hanno dato sia la scenografia che l’arredo, i costumi, il trucco, i capelli e le parrucche, che dovevano restituire verità ma anche creare qualcosa di riconoscibile, un’ambientazione fine secolo, diurna e notturna, vicina ai grandi salotti della nobiltà ma anche segreta, legata inoltre alla stratificazione sociale tipica dei gialli, per fare in modo che in questi sei episodi la nostra protagonista vivesse  avventure che erano e che sono indagini, ma anche che possano risuonare tematicamente su di lei, sul suo carattere, che viene esso stesso “indagato”, scandagliato, sia dalla scrittura che dalla regia, per restituire a chi guarda un personaggio complesso, empatico, non superficiale, che lavori e giochi anche su fragilità e debolezze.

Il gruppo di lavoro ha fatto tantissimo, a partire dalla co-regista Letizia Lamartire, i direttori della fotografia, gli scenografi, il suono, la post. Tutto finalizzato a costruire un registro fortemente riconoscibile, un immaginario realistico ma insieme lontano, avventuroso, dove speriamo possiate felicemente perdervi.

 

A cura di Letizia Lamartire, regista della serie

 

La storia di Lidia Poët mi ha subito affascinata e coinvolta emotivamente, perché racchiude in sé le lotte generazionali di donne che per secoli hanno combattuto, anche attraverso una sofferenza silenziosa e privata, la mentalità prevaricatrice di chi le voleva sottomesse e prigioniere di stereotipi, difficili da sradicare.

Lidia scompone i tasselli di questo mondo costruito dagli uomini per gli uomini e lo fa con assoluta genialità, spiazzando l’avversario con intelligenza, ironia e talvolta senza mezzi termini.

Le sue scelte e la sua voce tagliente graffiano un sistema di esclusione, lo minano alla base e indicano nello stesso tempo una visione di parità, che non è mera utopia, bensì obiettivo condiviso e segnato a caratteri forti dalla parola insieme.

Lidia ha compreso la grammatica della lotta costante e determinata, dove è racchiusa la potenzialità del cambiamento. Lei è un personaggio moderno, estremamente attuale, viene dal futuro, studiosa della moderna criminologia e della scienza forense. Nel suo modus vivendi, ritroviamo una straordinaria fusione di arguzia, determinazione, eleganza.

Matilda interpreta Lidia con grande aderenza alla psicologia del personaggio, seguendone il ritmo, la passione, la forza. Lo fa con naturalezza, quasi la abitasse nell’interno e attraversasse le pieghe della sua anima.

La serie si muove attraverso vari stili: commedia, detection, noir in una meravigliosa e misteriosa Torino, che si dispiega splendidamente, mostrando i suoi colori, la sua architettura, i suoi contorni, la cui bellezza non appartiene solo all’epoca narrata, ma continua il suo perdurare nello scorrere del tempo.

 

NOTE DI PRODUZIONE

A cura di Matteo Rovere

 

La legge di Lidia Poët è il period con il quale Groenlandia si è sempre voluta confrontare. Forte nell’ideazione, ritmato, complesso nella realizzazione.

Il racconto di una donna anticonvenzionale che, nata nel tardo Ottocento, già brilla per talento, spirito libero e personalità. Il suo credo è essere anticonformista, non adeguarsi alle opinioni comuni, aggirare la norma, pensare fuori dagli schemi, ribellarsi al pensiero dominante e al sistema preesistente. Un vero e proprio inno alla libertà, parola che siamo certi caratterizzerà questo racconto.

La cifra stilistica è moderna, libera e fantasiosa, attenta ai personaggi e alle loro pulsioni, i loro drive, i meccanismi che li mettono in moto. Più filologica è invece la ricostruzione della scena giudiziaria di fine Ottocento. Torino è stata l’arena perfetta, forse l’unica possibile per arrivare alla cura che auspicavamo.

La qualità del progetto sta tutta in quell’equilibrio tra l’ispirazione realistica dell’ambientazione e del contesto storico e una cifra visiva pop e “immaginifica” capace di rendere Torino e le nostre storie non polverose ma accattivanti per un gusto contemporaneo.

I capi reparto d’eccellenza, dalla fotografia alle musiche, dalla scenografia ai costumi, sono stati in grado di conferire alla serie un taglio moderno e fresco, rispettando al tempo stesso l’epoca di riferimento, rendendo così possibile la realizzazione di un prodotto di grande qualità e forza cinematografica.

Fondamentale è stato l’apporto del cast, capitanato da una bravissima Matilda De Angelis che ha arricchito il racconto in un confronto continuo tra la sceneggiatura e i personaggi.

Abbiamo trovato in Netflix un alleato fondamentale, garanzia di qualità e diffusione internazionale, un vero motore creativo che ha seguito il progetto fin dalla sua genesi. La speranza è che la nostra protagonista possa, parlando al mondo, essere di ispirazione per chi la saprà ascoltare.

 

NOTE DEGLI AUTORI

A cura di Guido Iuculano e Davide Orsini, creatori e sceneggiatori della serie

 

Lidia Poët  è stata la prima donna d’Italia a laurearsi in legge e a chiedere l’iscrizione all’Ordine degli Avvocati di Torino nel 1883. Iscrizione prima accettata e poi annullata da una sentenza della corte d’appello. Motivazione? Era una donna.

La serie che abbiamo scritto però non è la storia della sua vita, tutt’altro. Si potrebbe definire un procedural classico, con i suoi casi di puntata, gli omicidi, le indagini e i colpi di scena finali. Ma al di là dei singoli casi, al di là del mondo di fine Ottocento che ci siamo divertiti a ricostruire, al di là perfino dei guizzi e dei vezzi della nostra protagonista, l’essenziale per noi è il suo spirito: volendo usare una sola parola, la più giusta per definirlo ci sembra “anticonformismo”.

È questo l’anticonformismo, la nostra virtù preferita, quella a cui guardiamo con più ammirazione, come affascinati e sedotti: richiede  coraggio, determinazione, testardaggine, e allo stesso tempo astuzia, intelligenza e pazienza. A volte sembra uno spreco di fatica, tempo ed energie; altre volte può sembrare una frivolezza. “Cos’ha nella testa questa persona” si chiede il mondo davanti ad un anticonformista, “perché non fa come tutti gli altri, perché non si rilassa?”. La nostra serie, in qualche modo, è una risposta a queste domande. Un grande inno alla libertà di spirito, un’ode ad una donna – Lidia Poët – che sa essere allo stesso tempo tutte queste cose: determinata, testarda, coraggiosa, ma anche goffa, strana, ostinata e buffa. È lei la nostra protagonista, e di lei parliamo nel corso di tutti gli episodi. Potevamo sceglierle un nome qualsiasi – in fondo è un personaggio d’invenzione – ma abbiamo voluto chiamarla Lidia Poët, e non per caso.

Lidia Poët  è stata la prima donna d’Italia a laurearsi in legge e a chiedere l’iscrizione all’Ordine degli Avvocati, ma per più di trent’anni non ha potuto esercitare l’avvocatura alla luce del sole perché le regole del tempo non lo permettevano. Con lei, la nostra Lidia condivide non solo il nome, ma anche la data di nascita e l’ambizione, la caparbietà, l’ostilità all’idea del matrimonio e il desiderio di indipendenza. In questo senso, la nostra serie è anche un omaggio alla vera Lidia Poët, una celebrazione di quella virtù che risuona e risplende nella vita di chiunque voglia poter dire, un giorno, di non esser passato inutilmente su questo pianeta.

 

NOTE SULLA SCENOGRAFIA

A cura di Luisa Iemma, Production Designer della serie

 

Come sempre, nell’affrontare un progetto, la domanda regina è sempre la stessa: cosa ho di nuovo da raccontare?

Questa domanda si rafforza maggiormente quando la storia è una storia vera ed appartiene a qualche secolo fa. Affrontare lavori d’epoca mette a disagio per via del loro dualismo, la teoria che ammette la coesistenza di due principi distinti o opposti, ossia da una parte il rispetto per l’epoca che si racconta, con le sue caratteristiche e le sue peculiarità, e dall’altra la necessità di farla sentire meno distante, meno lezione di storia per chi la guarda.

Il presupposto di partenza è stato quello di provare a togliere la polvere dai posti, dalle superfici, dai colori, per sottolineare le note di modernità presenti nel personaggio di Lidia e nel periodo storico in cui vive: l’arrivo della luce elettrica, del telefono, della stampa ed altri elementi hanno reso, infatti, la fine del 1800 un’epoca di grandi cambiamenti.

Con l’arredatore, Giorgio Pizzuti, abbiamo cercato di assecondare questa modernità, inserendo colori e materiali inusuali per l’epoca. Abbiamo giocato, ad esempio, con le carte da parati fatte ristampare con disegni originali ma accostate a pura invenzione. Lo abbiamo fatto diventare un po’ “pop”.

Partendo dai sopralluoghi, abbiamo riscontrato che trovare delle location adeguate alla storia non sarebbe stato facile, soprattutto nelle scene esterne dove la modernità delle città ci ha reso il lavoro molto difficile. Abbiamo coperto chilometri di strisce pedonali e parcheggi, rifatto infissi, trovato soluzioni creative per vetrine, citofoni, centraline elettriche, scivoli e ringhiere e tanti, tanti metri cubi di terra per coprire altrettanti metri quadrati di asfalto. In questo percorso i VFX ci hanno dato una gran mano!

Per quanto riguarda gli interni in location, Torino è una città che ci ha offerto grandi possibilità, palazzi il cui grado di conservazione dell’originale ci ha consentito di intervenire unicamente con l’arredamento per trasformare luoghi “museali” o semi-abbandonati in ambienti vivi. Abbiamo utilizzato chilometri di tende, riempito e svuotato camion di mobili, trasportato centinaia di scatoloni pieni di oggetti, libri, tappeti, tessuti, biancheria, e tutto quello che serve a far vivere un posto.

Per la natura del progetto, per mia stessa natura e per necessità, visto il gran numero di ambienti, mi sono presa la libertà di proporre spazi non filologicamente corretti per ambientare alcune scene. Non è sempre stato facile far vedere agli altri quello che vedevo io, ma Matteo e Letizia sono stati sempre aperti ed entusiasti nell’accettare cose che in potenza potevano sembrare follie.

Ho trasformato il coro ligneo di una chiesa nella in una sala settoria, la galleria dismessa di un mercato coperto in una fumeria d’oppio, una cartaria in una stazione, una farmacia in un negozio di tessuti e tante altre cose che sembrano quello che nella realtà non sono.

Detta così sembra quasi facile, ed invece no, ma se c’è una cosa che ho imparato è che bisogna essere tenaci e che al cinema la parola “impossibile” non esiste!

Per quanto riguarda la parte pratica, abbiamo disegnato e costruito muri e stanze segrete, cercato mobili in tutta Italia, costruito la prima macchina della verità su disegno di quella originale, usato una calligrafa per i manoscritti dei nostri protagonisti. E ancora, abbiamo montato il muro esterno di Casa Poët nell’unico giorno in cui ha nevicato a Torino, smontato e rimontato una location tre volte, scoperto, grazie a chi ci ha noleggiato le macchine da scrivere, che le prime avevano il rullo nascosto quindi non si vedeva quello che si scriveva fino a quando non si estraeva il foglio, che portare delle vasche da bagno in ceramica originali dell’epoca al terzo piano di un palazzo è impresa improba a causa del loro peso esorbitante, che i tram erano su rotaia ma tirati dai cavalli, e che Torino, oltre ad avere avuto la prima donna avvocato in Italia, è stata la prima città in Europa ad avere l’illuminazione elettrica pubblica!

A tale proposito abbiamo molto discusso con il direttore della fotografia su che tipo di illuminazione usare: le candele, sicuramente, ma visto il periodo di transizione abbiamo iniziato ad introdurre le lampade a petrolio fino ad arrivare alle lampadine.

Insomma, è stata una grande faticata ma anche una bellissima scoperta!

NOTE SULLA COLONNA SONORA

A cura di Massimiliano Mechelli, curatore della colonna sonora

 

È stato un privilegio per me poter dare voce a un personaggio femminile così complesso come Lidia Poët.

Una donna che si fa interprete dell’emancipazione delle altre donne in un mondo di uomini. Un personaggio femminile di fine ottocento che risulterebbe moderno ancora oggi, sempre alla ricerca della verità a dispetto di chi la vorrebbe all’interno di determinati cliché.

Con i registi abbiamo cercato un modo di rappresentare la sua forza e la sua universalità, tramite la musica.

Così ho intuito che le voci di donna potessero ben rappresentare la coralità dell’universo femminile, avendo in comune a quel tempo il bisogno di emanciparsi.

Per conferire modernità e forza non ho optato per un coro soave ma per una voce singola ostinata e incalzante.

Il tema principale Dabada-Dabada-e-a-Dabada-e è un intreccio di linee melodiche diverse tra loro, che mescolandosi riesce a formare una melodia precisa senza perdere la propria unicità.

 Per evidenziare il lato ‘crime’ della serie,  ho proposto ai registi uno strumento molto particolare e a mio avviso estremamente cinematico: l’handpan, una percussione intonata utilizzata anche per la meditazione, con cui ho cercato di enfatizzare l’alone di mistero che caratterizza i diversi episodi.

Per rendere la sonorità ‘crime’ più consona al tempo, ho fuso l’handpan con il piano verticale, suonato con la sordina, dandogli quell’eleganza espressa così bene dai costumi e dalla scenografia. Il tutto unito ad archi dinamici e moderni.

Essendo Lidia un personaggio attuale, è stato altrettanto importante l’utilizzo dell’elettronica, mettendola sullo stesso piano dei prodotti investigativi contemporanei. La stessa ben si presta a generare inquietudine nei casi che Lidia sarà impegnata a risolvere, aumentando un effetto di oscurità nel succedersi degli episodi.

La colonna sonora riserva ai personaggi maschili tratti più ironici, rappresentati da chitarre, mandolini, percussioni e contrabbassi, esprimendo così la furbizia della protagonista nel condurli verso il proprio gioco.

Lidia è un personaggio rock a tutti gli effetti, e non mancano scene in cui è stato utilizzato questo genere musicale a contrasto con il contesto generale, estremizzando e distorcendo le voci, in modo da poter meglio esprimere la rabbia del personaggio.

Per registrare l’orchestra d’archi siamo volati a Budapest, agli East Connection Studios, dove è stata registrata la colonna sonora de La Regina degli Scacchi, mentre per le batterie, le voci, le chitarre e il mix ci siamo affidati allo storico studio Digital Records di Roma.

 

NOTE SUI COSTUMI

A cura di Stefano Ciammitti, Costume Designer

L’ispirazione principale per la costruzione dell’armadio di Lidia Pöet sono stati soprattutto i tessuti dalla storica Tessitura Luigi Bevilacqua a Venezia, un posto ricco di fascino dove ancora i velluti vengono tessuti a mano con dei telai del XVIII secolo.

L’amore per i dettagli filologici mi è stato insegnato dal mio maestro Piero Tosi, l’audacia nell’uso del colore e delle fantasie barocche sono invece ispirate alla scuola inglese contemporanea.

Anche i gioielli sono stati disegnati per Lidia nel gusto orientale per gli insetti e della tassidermia.

 

TORINO, CURIOSITÀ DAL SET

 

La serie è stata girata, nella sua interezza, nella città di Torino. Le molte scene realizzate all’interno del tribunale del capoluogo piemontese sono state girate presso l’Ex Curia Maxima di Via Corte d’Appello, location di norma inaccessibile e resa disponibile esclusivamente per le riprese.

Per alcune aule del tribunale è inoltre stato utilizzato Palazzo Falletti Barolo, insieme al Palazzo dei Cavalieri, trasformato nella redazione della Gazzetta Piemontese.

Numerosi ciak hanno coinvolto anche il Museo del Carcere Le Nuove, oltre a varie piazze e strade del centro che durante le riprese hanno fatto da sfondo a carrozze, cavalli, costumi d’epoca: la centralissima e iconica Piazza Cavour, ad esempio,  dove sono state girate le scene in esterna di Villa Barberis, casa di famiglia di Lidia Poet i cui interni sono invece stati ricostruiti per varie settimane di riprese a Racconigi, presso Villa San Lorenzo.

 

L’ex lanificio Bona, nel comune di Carignano, è stato trasformato in una fabbrica di cioccolato, mentre il Teatro Alfieri di Asti ha ospitato le riprese di varie scene trasformandosi, per esigenze narrative, nel Teatro Regio di Torino.

 

Sono state inoltre coinvolti il Castello e la Certosa di Collegno, il Museo Ferroviario Piemontese di Savigliano, la Basilica di Superga e diversi scorci di Borgo Cornalese a Villastellone.

 

***

 

CAST

 

Matilda De Angelis

Eduardo Scarpetta

Pier Luigi Pasino

Sara Lazzaro

Sinéad Thornhill

Dario Aita

Lidia Poët

Jacopo Barberis

Enrico Poët

Teresa Barberis Poët

Marianna Poët

Andrea Caracciolo

 

CREW

 

Una serie

Regia

Creata da

Soggetti di puntata

Produzione

Prodotta da

Produttore delegato

Produttore esecutivo

Line producer

Sceneggiature

Fotografia

Montaggio

Musiche

Scenografia

Costumi

Aiuto regia

Casting Director

Direttore di produzione

Regista seconda unità

Coordinamento editoriale

Responsabile editoriale

Consulente editoriale

Fonico di presa diretta

Supervising sound editor

Montaggio dialoghi

Montaggio effetti sonori

Mix

NETFLIX

Matteo Rovere (ep. 1-2)  e Letizia Lamartire (ep. 3-6)

Guido Iuculano e Davide Orsini

Guido Iuculano, Davide Orsini, Elisa Dondi, Daniela Gambaro

GROENLANDIA

Matteo Rovere

Ognjen Dizdarevic

Paolo Lucarini

Francesco Marras

Guido Iuculano, Davide Orsini, Elisa Dondi, Daniela Gambaro, Paolo Piccirillo

Vladan Radovic (A.I.C.) e Francesco Scazzosi

Gianni Vezzosi, Pietro Morana

Massimiliano Mechelli

Luisa Iemma

Stefano Ciammitti

Fausto Girasole

Sara Casani (U.I.C.D.)

Fabrizio Prada

Paolo Sinigaglia

Donatella Diamanti

Alessia Polli

Jason George

Marco Fiumara

Mirko Perri

Francesco Mauro

Marco Centofanti

Simone Usai

Frecciarossa Final Eight, il grande basket a Torino

È tempo di Frecciarossa Final Eight, l’evento organizzato da Lega Basket Serie A, che assegnerà al Pala Alpitour di Torino dal 15 al 19 febbraio il prestigioso trofeo della Coppa Italia, giunta alla sua edizione numero 47, la 24a da quando è stata introdotta la formula della Final Eight.

Quest’edizione, che riporta il grande basket a Torino dopo 11 anni, ha già messo a segno un primo, importante risultato: per la finale di domenica 19 febbraio sono stati venduti tutti gli 11mila posti disponibili, mentre sono rimasti pochi biglietti per le semifinali di sabato 18 febbraio. A disposizione del pubblico ancora tagliandi per le giornate di mercoledì 15 e giovedì 16, nelle quali si disputeranno i quarti di finale.

IL ROADSHOW DELLA COPPA ITALIA IN TUTTO IL PIEMONTE

Questo grande risultato in termini di affluenza è frutto del lavoro che è stato svolto in questi mesi tra LBA, Regione Piemonte, Comune di Torino, Camera di Commercio di Torino e il comitato Regionale della Federazione Italiana Pallacanestro. Obiettivo, una diffusione estesa e capillare della manifestazione, sia a Torino che in provincia grazie al tour itinerante della Coppa Italia che ha toccate 10 città prima di approdare a Torino dove la Coppa, dalla Sala delle Feste di Palazzo Madama, passerà all’Urban Village, dove rimarrà sino all’inizio della manifestazione.

IL COINVOLGIMENTO DELLE SCUOLE SUI VALORI DEL BASKET

Non solo le società di pallacanestro giovanili ma anche le scuole sono protagoniste dell’Evento del Pala Alpitour: in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale Piemonte è stato lanciato il Bando “Tutto un altro sport: il mio basket” rivolto alle classi IV e V delle scuole primarie e a tutte le classi delle scuole secondarie di I grado del Piemonte.  I video e le fotografie di striscioni sviluppati e approfonditi con questa iniziativa hanno l’obiettivo di avviare una riflessione sui valori del basket e contribuiranno all’educazione e alla crescita dei ragazzi. A colori che assisteranno alla Frecciarossa Final Eight sarà distribuito gratuitamente il manuale “School of Basket”, un libro illustrato sulla pallacanestro per bambini, ragazzi, genitori e tutti gli appassionati che vogliono imparare a giocare a basket o solo rivedere le regole, la tecnica, gli attrezzi, i ruoli e i movimenti del basket, scritto da Alessandro Lippi e Lorenzo Menini.

CARLTON MYERS AMBASSADOR DELLA FRECCIAROSSA FINAL EIGHT

Come Ambassador di questa edizione LBA ha scelto Carlton Myers, uno dei più grandi giocatori della storia del nostro basket. Nato a Londra nel 1971, Myers ha vinto l’oro Europeo nel 1999 con la Nazionale ed è stato il portabandiera azzurro alle Olimpiadi di Sidney nel 2000. Detiene il record di tutti i tempi per punti segnati su gara singola in Serie A con gli 87 realizzati contro Udine il 26 gennaio 1995 quando vestiva la maglia di Rimini. In carriera, Myers ha vestito in Italia le maglie di Rimini, Pesaro, Fortitudo Bologna, Virtus Roma, Mens Sana Siena ed ha conquistato lo Scudetto nel 2000, la Coppa Italia e la Supercoppa nel 1998.

MARTEDI’ AL CINEMA LUX LA PROIEZIONE DEL DOCUFILM SU SANDRO GAMBA

Quale anteprima della Frecciarossa Final Eight, ci sarà la proiezione di un’opera ispirata dal basket: quella sulla vita di Sandro Gamba, protagonista del film “Un coach come padre” (53 minuti) scritto e diretto dal regista e attore Massimiliano Finazzer Flory, in collaborazione con la FIP e il patrocinio della Lega Basket. Il film racconta la grande carriera di Sandro Gamba che ha anche guidato il club di Torino per 3 stagioni dal 1977 al 1980. La proiezione si terrà martedì 14 febbraio alle ore 19.00 Cinema LUX (Galleria S. Federico, 33 – Torino) offerta e in collaborazione con BPER Banca e Raiffeisen Capital Management, alla quale interverrà Sandro Gamba, il regista Massimiliano Finazzer Flory e il campione della Nazionale italiana Carlo Caglieris.

 

MERCOLEDÌ E GIOVEDÌ LO SHOW DI SAMUEL ROMANO, CANTAUTORE E CHITARRISTA TORINESE

Numerose le iniziative digital e di intrattenimento grazie a un massiccio coinvolgimento di community partner, ospiti e influencer nel corso di tutta la competizione. Si partirà subito forte, sin dai quarti di finale, con il coinvolgimento di Samuel Romano, cantautore e chitarrista torinese; previsto un suo show nell’intervallo del secondo quarto di finale sia del mercoledì e del giovedì.

A raccontare tutte queste attività e a dialogare con gli appassionati, ci saranno anche Radio Deejay e GQ Italia, magazine del gruppo Condé Nast, che aggiungeranno una comunicazione sempre più trasversale all’Evento.

CON LBA E INFRONT IL PRIMO B2B PER LE AZIENDE CHE INVESTONO NEL BASKET

In occasione delle Frecciarossa Final Eight 2023, LBA e Infront organizzeranno il primo evento B2B nazionale della storia di Lega Basket. Sarà un’occasione per riunire tutti i maggiori partner dei 16 club di LBA e tutti gli sponsor di quest’ultima. Un incontro che coinvolgerà più di 100 aziende partecipanti con l’obiettivo di creare business in tutto il territorio nazionale e dare ancora maggior valore alle aziende che investono nel mondo LBA. L’evento si terrà Giovedì 16 Febbraio a partire dalle 12 presso La Centrale Nuvola Lavazza a Torino.

I PLAYGROUND NEL FOYER DEL PALA ALPITOUR CON RED BULL

Tra le novità di questa edizione della Final Eight la presenza in qualità di Official Energy Drink di Red Bull che porterà nei playground del foyer del Pala Alpitour la tappa di qualifica del Red Bull Half Court, in collaborazione con l’agenzia MOAB, la cui finale si svolgerà a Rimini il 29 luglio 2023.

VENERDI’ L’EVENTO BENEFICO A SOSTEGNO DELLA LOTTA CONTRO IL CANCRO

Un altro importante evento si terrà nella giornata di venerdì 17 febbraio, giorno di pausa della Frecciarossa Final Eight, con la cena di beneficenza al Pala Alpitour organizzata dalla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, presieduta da Allegra Agnelli, assieme a Lega Basket Serie A, intitolata “UN ALLEY-OOP PER LA RICERCA” a favore dell’Istituto di Candiolo – IRCCS, per sostenere il quotidiano lavoro di medici e ricercatori nella lotta contro il cancro. Un appuntamento unico che vuole sottolineare l’importanza di fare squadra e il legame forte e costante tra sport e solidarietà. Durante la serata la madrina della Fondazione, Cristina Chiabotto, batterà all’asta insieme a Sant’Agostino Casa d’Aste 15 lotti unici provenienti dal mondo dell’arte e dello sport, un modo diverso di sostenere la ricerca e farsi un regalo speciale.

 

I PARTNER DELLA FRECCIAROSSA FINAL EIGHT

Title Sponsor: Frecciarossa – Presenting Sponsor: UnipolSai – Platinum Sponsor: PokerstarsNews.it, Snaipay – Gold Sponsor: Umana, IBSA, Carpegna – Energy Partner: A2A – Official Sponsor: Banca Ifis, Fastweb, Red Bull, Mikado, Braga Porte – Official Ball: Molten – Technical Sponsor: Erreà – Corporate Partner: American Express – Automotive Partner: Autotorino – Mobility Partner: Moovit – Official Radio: Radio Deejay – Media Partner: Corriere dello Sport, Tuttosport, Gazzetta dello Sport, La Stampa – Lifestyle Media Partner: GQ Italia – Official Court Supplier: Joker Floors – Official Supplier: UnipolRental, Cavit – Official Water: Acqua Smeraldina –  Official Ticketing: Vivaticket – Official Braodcaster: Eleven, Warner Bros Discovery – Institutional Partner: Città di Torino

 Foto G. Platania

Si cercano i ragazzini che hanno picchiato brutalmente un uomo al luna park

L’uomo di 49 anni che  è stato brutalmente picchiato da un gruppo di una quindicina di giovanissimi, tra i 15 e i 16 anni, alle giostre di Chivasso venerdi sera è stato dimesso dall’ospedale. La gang di minorenni aveva accerchiato due coetanei per rapinarli e lui, padre di una delle vittime è intervenuto per chiedere spiegazioni ed è stato malmenato. I carabinieri  stanno visionando le immagini delle telecamere e contattando le persone presenti.

“Attraverso lo specchio” La XXXV edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino

Dal 18 al 22 maggio 2023, Lingotto Fiere

Il Salone Internazionale del Libro di Torino torna tra i padiglioni del Lingotto Fiere da giovedì 18 a lunedì 22 maggio 2023. Cinque giorni per festeggiare trentacinque anni di storie.

Attraverso lo specchio è il tema della XXXV edizione. Negli ultimi anni l’umanità si è relazionata con una prepotente, a tratti distopica, realtà che ha domandato a ciascuno uno sforzo di analisi, più che d’inventiva. Ma è l’immaginazione, esercitata con coraggio, la forza che da sempre spinge l’uomo oltre la banalità, la quotidianità, oltre la realtà stessa. L’illustrazione è stata creata da Elisa Talentino, artista che da anni lavora con grafica, pittura e illustrazione nel settore editoriale.

La XXXV edizione è stata presentata oggi – lunedì 13 febbraio – presso il Grattacielo Intesa Sanpaolo da Silvio Viale, Presidente dell’Associazione Torino, la Città del Libro; Gian Maria Gros-Pietro, Presidente Intesa Sanpaolo; Alberto Cirio, Presidente della Regione Piemonte; Stefano Lo Russo, Sindaco della Città di Torino; Giulio Biino, Presidente della Fondazione Circolo dei lettori; Giovanna Solimando, Responsabile delle relazioni istituzionali per il Salone del Libro e da Nicola Lagioia, Direttore editoriale del Salone Internazionale del Libro di Torino.

La conferenza stampa di presentazione è stata tradotta in LIS, Lingua dei Segni Italiana, da Anna Di Domizio.

Anticipazioni sul programma

Il programma completo sarà diffuso ad aprile, ma oggi sono stati anticipati alcuni ospiti confermati: la scrittrice bielorussa Svetlana Aleksievič, che inaugurerà la manifestazione; dagli Stati Uniti arriverà Peter Cameron con la sua raccolta Aria (Adelphi); ci sarà poi Mark Z. Danielewski, autore dell’acclamato caso letterario Casa di foglie (66thand2nd); con il suo ultimo libro Caro stronzo (Fandango) parteciperà al Salone anche Virginie DespentesBarry Gifford presenterà il libro Camera d’albergo (Jimenez Edizioni), che include una serie di sceneggiature; ospite sarà anche Paco Roca che presenterà la nuova edizione de I solchi del destino (Tunué); il Premio Nobel per la Letteratura Wole Soyinka porterà a Torino il nuovo romanzo Cronache dalla terra dei felici (La nave di Teseo); infine, Tony Wheeler, fondatore della Lonely Planet, festeggerà al Salone i 50 anni della guida. Tra gli italiani, saranno presenti al Salone: Alessandro Barbero, Amanda Lear, Melania G. Mazzucco, Federica Pellegrini.

Il Salone del Libro in Italia e nel mondo

Si confermano le storiche collaborazioni del Salone in Italia e nel mondo, e si aggiungono nuove e rinnovate sinergie con – tra i tanti – associazioni di categoria della filiera editoriali, enti culturali e istituzionali, manifestazioni, fondazioni e musei per la realizzazione e la prosecuzione di progetti di respiro nazionale e internazionale. Rai si conferma Main Media Partner.

Attraverso il Salone: spazi, novità e ritorni

Il Salone del Libro continua a crescere: quest’anno verranno superati i 110 mila metri quadri complessivi grazie anche all’aggiunta di una nuova area. Agli storici padiglioni 1, 2, 3, all’Oval con la sua area esterna e al Centro Congressi – dove torna il Rights Centre – si unisce a maggio la Pista 500, progetto artistico di Pinacoteca Agnelli sull’iconica pista di collaudo delle automobili FIAT sul tetto del Lingotto. Torna anche il Bosco degli scrittori di Aboca Edizioni e si confermano le aree presenti nella scorsa edizione, tra cui quella esterna con il Palco Live e il camper Ticket To Read! di Margherita Schirmacher.

Il Paese ospite dell’edizione 2023 è l’Albania, mentre la regione ospite è la Sardegna.

Il Salone del Libro per ragazze e ragazzi

Da sempre il Salone considera il lavoro con i ragazzi e i docenti uno dei suoi obiettivi fondanti. Tornano lo spazio ragazzi Bookstock – sostenuto da Fondazione Compagnia di San Paolo – e tutti i progetti e le collaborazioni che da 16 anni lo animano. Un progetto speciale dell’edizione 2023 è un approfondimento sulla letteratura olandese per ragazzi, che vedrà protagonisti vari autori. Grazie al finanziamento della Regione Piemonte torna il Buono da leggere per le classi e i ragazzi residenti in regione, e con il contributo dell’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte sono a disposizione biglietti scontati per gli studenti piemontesi e le scuole secondarie della regione. Sono aperte le iscrizioni per le classi: i docenti e gli intermediari per la scuola possono già prenotare la visita al Salone del Libro di ottobre per le loro classi registrandosi sulla piattaforma SalTo+.

Come sempre, sono molte le iniziative per gli studenti delle scuole di vario grado e ordine: novità di quest’anno, Oltre la notizia, progetto in collaborazione con il Corriere della Sera che prevede tre incontri tra ragazzi delle scuole medie e i grandi giornalisti del giornale; torna poi Adotta uno scrittore, il progetto che mette al centro la lettura; Un libro, tante scuole, la cui lettura sarà Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi; Lavorare con i libri, corso di formazione per scoprire la filiera del libro; i Comix Games, contest di ludolinguistica per gli studenti delle scuole medie e superiori organizzato da Comix e Repubblica@scuola.

I progetti speciali e il Salone Off

Grande novità dell’edizione 2023 è il concorso letterario A/R Andata e Racconto – Appunti di viaggio, organizzato in collaborazione con Gruppo FS Italiane, che premierà il racconto di viaggio più sostenibile. Tornano anche tutti i progetti speciali: dal Concorso Lingua Madre, che compie 18 anni, al Premio Mondello e al Premio Nati per Leggere. Torna inoltre il Rights Centre, dedicato al confronto professionale e al mercato.

Torna anche con le sue numerose iniziative il Salone Off, progetto che coinvolge tutta la città di Torino, l’area metropolitana e il territorio regionale. Anche per l’edizione 2023, il Salone Off propone un’ampia gamma di progetti, eventi, iniziative, spettacoli e letture, tra cui: Voltapagina, giunto alla 16esima edizione, progetto che fa entrare autori nelle carceri piemontesi; torna anche Ballatoio – storie a domicilio, iniziativa che riunisce gli abitanti di un condominio di periferia attorno alla lettura di un classico.

Biglietteria e accrediti
Da domani 14 febbraio sarà possibile acquistare i biglietti per la nuova edizione del Salone del Libro e fare la richiesta di accredito stampa. Per maggiori informazioni: salonelibro.it.

Un “dolce” San Valentino in famiglia

Il dolce che lo chef torinese Claudio Vicina propone per la giornata più appassionata dell’anno, è a base dei sapori di famiglia dove l’ingrediente principe è sempre l’amore. 

 
Il ristorante Casa Vicina, già dal nome, evoca atmosfere familiari: effettivamente è così. Il locale, situato all’interno del “supermarket del green” – Green Pea, in zona Lingotto, a fianco di Eataly- si presenta come un’accogliente e grande sala da pranzo, dove la ricerca per un arredamento in stile moderno ( la cantina, in particolare, balza subito all’occhio, per le sue particolari vetrate luminose e a specchio), contrapposto a dettagli di vario genere ricercati ma informali, rendono questo ristorante l’emblema della vera ristorazione stellata capace di raccontare una città, le sue tradizioni gastronomiche e di quelle di una regione, attraverso i sentimenti che si percepiscono sin dai primi assaggi.
Proprio le atmosfere familiari che si respirano a Casa Vicina,  hanno condotto lo chef e la sua pastry chef- la moglie Anna- a ragionare per il San Valentino 2023 su un tema originale ma semplice nella forma più profonda e altruista quale è il significato dell’amore: la famiglia, il nucleo originario dove nasce la prima forma di amore incondizionata che ci si porta nel cuore nelle relazioni con amici e partner nel corso della vita. Protagonista del menù, da degustare durante la giornata di San Valentino,sia a pranzo sia a cena, è la nuova ricetta dello Chef Claudio Vicina: Cuore di mela profumata al bergamotto: un omaggio alle donne di famiglia.
All’assaggio, la morbidezza di questo dolce- nel quale la maestria messa in campo per la sua realizzazione è chiaramente percepibile ad ogni boccone-è un ritorno immediato alla torta di mele fatta in casa, il dolce per eccellenza semplice, veloce e pieno di amore dove ogni ricetta è valida e sicuramente buona. 
“Quest’anno con San Valentino vogliamo festeggiare l’amore incondizionato per eccellenza, quello che per noi rappresenta l’amore per la famiglia.  Questi ultimi anni in generale sono stati intensi e sfidanti a partire dal Covid per cui vorremmo creare un momento per richiamare l’attenzione proprio sulla famiglia. Per questo abbiamo scelto di proporre una nostra versione della torta di mele che rappresenta un esempio di quei dolci semplici e genuini, presenti nei ricordi di tutti, tramandati di generazione in generazione e che hanno il gusto dell’amore. Abbiamo studiato una nuova ricetta il “Cuore di mela profumata al bergamotto”. La presentazione è stata rivisitata, ma l’interno richiama la tradizionale torta della nonna. Un omaggio a tutte le donne della famiglia che attraverso la cucina riuniscono tutti intorno alla tavola” .  Così chef Vicina si esprime per raccontare il suo dolce delicato e pieno di emozioni da regalare e regalarsi: un ripieno di mele e crema pasticcera che si legano in maniera equilibrata, e che trovano una fortunata unione nell’abbinarsi alle note acidule del bergamotto a loro volta stemperate dalla delicatezza di un cioccolato bianco alleggerito dalla sua tipica dolcezza.
Questo dolce celebra l’amore universale che, come tutti i pensieri rivolti ai propri affetti, esalta la semplicità e la spontaneità che si mettono in gioco quando si cucina pensando a qualcuno.  
Buon San Valentino sempre! 
Chiara Vannini

BitGeneration: il mondo di Bitcoin raccontato a universitari e liceali

 Il Bitcoin Wallet Conio annuncia  un’importante partnership con BitPoliTO, il gruppo studentesco del Politecnico di Torino che mira a promuovere la conoscenza e l’adozione di Bitcoin a livello universitario e fra i liceali. Conio fornirà finanziamenti per i progetti del gruppo studentesco del Politecnico di Torino e assicurerà il suo costante supporto a tutto il progetto.

Una delle attività principali della partnership è “BitGeneration”, il primo corso sperimentale in Italia in cui universitari e speaker di settore di livello internazionale introdurranno agli studenti delle superiori conoscenze fondamentali su Bitcoin. Durante questi seminari, i docenti parleranno della tecnologia e della storia del protocollo, oltre che di economia, matematica e informatica. Le lezioni, già partite il 31 gennaio, si terranno negli spazi del Politecnico di Torino e verranno registrate in video e pubblicate su YouTube per una maggiore accessibilità.

Nel primo incontro è stato proprio Giacomo Zucco, importante divulgatore italiano di Bitcoin oggi famoso a livello internazionale, a spiegare agli studenti le motivazioni che hanno portato alla nascita di Bitcoin: partendo dal concetto di moneta ed evidenziando le caratteristiche che contraddistinguono una buona forma di denaro. Nelle prossime lezioni, poi, proseguirà l’approfondimento dei fattori sociali ed economici dietro allo sviluppo di Bitcoin per dedicarsi, successivamente, alle parti più tecniche: dal funzionamento del Network fino all’architettura di un Wallet.

Con questa partnership, Conio dimostra di credere nello sviluppo del settore Bitcoin, investendo nella formazione di progetti e talenti, e collaborando con gli studenti che rappresentano i professionisti del futuro di questo settore. Secondo la scale-up fondata da Christian Miccoli, è importante sviluppare talenti in Italia per mantenere e accrescere il know-how in un settore strategico come quello della custodia dei digital asset.

Conio non è nuova a questi investimenti in attività di divulgazione e formazione. Di qualche mese fa è infatti la nascita del progetto EduFin 3.0, lanciato in collaborazione con Banca Generali, per andare a colmare il gap di alfabetizzazione in ambito finanziario che ancora esiste tra l’Italia e il resto d’Europa. Un’iniziativa realizzata con lo youtuber e imprenditore digitale Marco Montemagno, grazie anche al supporto di altri partner strategici del settore.

Questa partnership rappresenta un passo importante nell’adozione di Bitcoin in Italia, e siamo orgogliosi di lavorare con il Politecnico di Torino per promuovere la formazione e la conoscenza del settore in un ambiente accademico. Siamo convinti che questo genererà nuovi talenti e progetti innovativi che contribuiranno a far crescere il settore degli asset digitali in Italia, aumentando il know-how del paese in un settore strategico e promuovendo l’innovazione”, ha commentato Christian Miccoli CEO di Conio.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Benjamin Stevenson “Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno”

-Feltrinelli- euro 19,00

E’ brillante e ironica la scrittura del pluripremiato stand–up comedian e autore australiano Benjamin Stevenson che al suo attivo ha tre romanzi ed è anche agente letterario. La dimostrazione è racchiusa anche in queste 381 pagine che ispireranno una serie televisiva per HBO.

E’ con straripante sense of humor che Stevenson ci introduce nelle rocambolesche vicende della famiglia Cunningham, che non è come le altre. I suoi membri sono strampalati uno più dell’altro e ad unirli è il fatto che tutti hanno ucciso qualcuno, a volte anche ripetutamente.

Si riuniscono tutti in un resort in montagna per un fine settimana in cui dovrebbero festeggiare l’uscita dalla galera di uno dei figli, Michael, dopo tre anni di detenzione per omicidio. Tra le sbarre ce lo ha spedito il narratore, Ernest o “Ern”, che per mestiere scrive manuali tecnici e dopo la delazione del consaguineo è ovviamente diventato la pecora nera del clan.

In concomitanza della reunion familiare viene trovato morto (soffocato dalla cenere ma senza combustione) uno sconosciuto… e vai di indagini a cui si applica un imbranato poliziotto. Il primo sospettato finisce per essere l’ex galeotto. Poi nulla sarà come sembra. Il narratore ripercorre le vite dei vari familiari ed è uno scoppiettante avvicendarsi di altri morti, tanti cadaveri negli armadi del passato di ogni Cunningham.

Un giallo che viaggia tra dinamiche familiari borderline, imitatori di serial killer, attriti che si trasformano in moventi per uccidere, bare trafugate e corpi nascosti … e tante altre sorprese.

 

 

Julie Otsuka “Nuoto libero” -Bollati Boringhieri- euro 16,00

 

Questa raffinata scrittrice (nata a Palo Alto negli Stati Uniti nel 1962) è americana di origini giapponesi e l’abbiamo scoperta nel 2012 con la traduzione in italiano del suo “Venivamo tutte per mare”; in cui raccontava le vicende delle donne giapponesi sbarcate negli Stati Uniti a inizi 900 per sposare i connazionali già residenti in terra straniera.

Ora ci coinvolge in una storia ad alta tensione emotiva in cui affronta senza fare sconti il dramma della madre che, per una devastante malattia degenerativa, sta progressivamente perdendo la memoria.

L’avvio del romanzo ha luogo in una piscina sotterranea a San Francisco dove, bracciata dopo bracciata e virata dopo virata, un gruppo di nuotatori eterogeno stempera ansie, malinconie, dolori fisici e morali. Condividono la passione per l’acqua, per le regole e i rituali che li fanno volare sulla superficie della piscina.

Un giorno però compare una crepa nella corsia 4 e cambia tutto; soprattutto per la madre della narratrice che, da quando l’impianto viene chiuso, perde la comfort zone dell’acqua e precipita nello scompiglio interiore e mentale. Si chiama Alice, è una nuotatrice provetta e sta progressivamente e irreversibilmente perdendo la memoria.

Nella seconda parte del libro la parola passa a sua figlia, voce narrante che in modo quasi chirurgico racconta il dramma materno. Ricostruisce la vita della donna che l’ha messa al mondo, fa tesoro degli scampoli di memoria che via via si riducono a nebbia. Poi a un certo punto quella madre finirà per osservare, muta e lontana, la figlia che però non riconosce più.

Tornano a galla tasselli di un passato difficile; quello di Alice, figlia di immigrati giapponesi nella California del dopoguerra. Sposa fedele e madre di 4 figli; ma con la ferita della nascita di una di loro con una malformazione al cuore che l’ha uccisa 30 minuti dopo essersi appena affacciata al mondo. Poi il dolore per la morte della madre centenaria che ha lasciato un vuoto incolmabile .

Prepararsi a una lettura struggente ma veritiera che fa luce sul decadimento fisico, l’abbruttimento, l’angoscia e la degenza in clinica nel momento in cui la malattia diventa impossibile da gestire a casa. Un romanzo commovente che racconta l’amore tra una madre e una figlia, con tutto il bagaglio emotivo di un lento addio a chi ci ha dato la vita.

 

Elodie Harper “Le lupe di Pompei” -Fazi Editore- euro 19,00

E’ il primo volume della trilogia che la scrittrice inglese e giornalista televisiva (nata a Londra nel 1979) intende dedicare alla vita delle donne nella Pompei antica. Tra fiction e documentazione storica, il romanzo ruota intorno a 5 prostitute di Pompei.

Sono Cressa, Berenice, Vittoria Victrix, Didone e Amara; questi i loro nomi da schiave costrette a prostituirsi nel bordello del padrone Felicio.

Nel corso di una visita agli scavi pompeiani la Harper ha scoperto i loro nomi incisi sulle pareti delle celle e in lei è scattata l’idea di raccontarne le vite. Trovata vincente dal momento che questo suo libro di esordio è in via di traduzione in ben 16 paesi e in Inghilterra è stato subito un caso letterario in vetta alle classifiche.

La Harper è davvero bravissima a coinvolgere i lettori nel lupanare che a Pompei ha un’atmosfera tutta sua: 5 camere, praticamente delle celle dove le schiave-prostitute vivevano. Di loro non si sa nulla e la scrittrice eccelle proprio nell’abilità con cui immagina di entrare nella loro sfera più intima ed emotiva. Ognuna di loro ha una storia alle spalle e all’epoca estrazione sociale elevata o studi non ti mettevano in salvo; spesso bastava essere una straniera venduta come schiava, e di lì essere costretta a prostituirsi.

La vita nel bordello assume i contorni di una comunità in cui le ragazze si raccontano, si alleano, si proteggono l’un l’altra; la solidarietà è strategica per fronteggiare la brutalità dei clienti e degli uomini che vorrebbero saltare loro addosso senza neanche sborsare un soldo.

Seguiamo le 5 eroine, tutte schiave dello squallido Felicio. E appare subito chiaro che la vergogna della loro condizione ricade su chi le ha obbligate a una vita tanto infima. Le lupe sono costrette a procacciarsi i clienti per portare poi quanto miseramente guadagnato al tenutario che le considera solo carne da letto per far soldi.

Nonostante la sofferenza e il disgusto, le ragazze riescono a ritagliarsi sprazzi di infinitesimali piccole gioie, soprattutto tentano di non perdere le speranze di poter cambiare la loro condizione.

L’eroina che spicca tra le altre è soprattutto Amara. E’ straniera, arriva dalla Grecia dove era cresciuta in una famiglia colta e affettuosa; poi dopo la morte del padre medico erano precipitati nella povertà più fosca, e la madre era stata costretta a venderla. Amara è forte, determinata a sopravvivere e diventa spesso la roccia a cui si appoggiano anche le altre, nei momenti peggiori.

 

 

John Freeman “Racconti di due Americhe” -Mondadori- euro 22,00

In questo volume l’editor, saggista e critico letterario, Freeman ha raccolto le pagine di 36 tra i più importanti scrittori americani contemporanei che al loro affascinante e complesso paese hanno dedicato racconti e saggi. Risultato: un mosaico di realtà in cui emergono disuguaglianze, fratture, e infinite sfaccettature che ci danno l’idea di cosa sia oggi l’America, con tutte le sue contraddizioni.

Il curatore di questa antologia è uno scopritore di talenti e figura di spicco dell’olimpo letterario a stelle e strisce; è stato editor di “Granta” e uno dei padri fondatori della rivista letteraria “Freeman’s”. La materia la maneggia perfettamente e qui assemblea una polifonia di voci, accostando storie di scrittori come Joyce Carol Oates, Rebecca Solnit, Karen Russel a quelle di voci emergenti.

Tanti spaccati di realtà diverse e uno dei dubbi che sorge dopo questa lettura è che il sogno americano del self made man, per cui chi ha la volontà può sempre migliorare la sua condizione socioeconomica, non sia poi così veritiera. Da questa antologia a più voci sembra piuttosto che se sei povero è molto probabile che lo resterai per tutta la vita, ed oggi uno dei grandi obiettivi da perseguire è proprio l’uguaglianza.

Nei racconti del libro c’è anche tanta solidarietà contagiosa che spicca sullo sfondo delle mille sofferenze di quel paese spezzato che è l’America. Alle prese con povertà e divario sempre più stridente tra chi si bea nel superfluo e chi invece affonda nella miseria. Razzismo, politiche immigratorie, poliziotti pronti a esplodere, vere e proprie tendopoli e masse di homeless ci vengono raccontati con toccante verità.

 

Mauro Cenci “Biblioteche domestiche. Home libraries” -Metilene- euro 28,00

Dimmi che libri leggi e ti dirò chi sei, che tradotto potrebbe suonare così: potendo sbirciare nelle librerie delle case private si capisce molto dei padroni di casa. Allora entriamo nelle stanze e nelle biblioteche di architetti, scenografi, bibliotecari, pittori, interior design, psicoterapeuti, storici dell’arte, e tanti altri che ai loro scaffali hanno dedicato energie, finanze, cure.

Libro sul quale l’autore ha investito parecchio tempo, viaggiando per tutta Italia, da Nord a Sud, nell’intento di mettere a fuoco il rapporto che le persone hanno con la lettura, e decodificarlo attraverso le loro stanze ricolme di libri.

Librerie ospitate in case piccole o grandi, che incorniciano letti o divani comodi in cui sprofondare nella lettura che è uno dei grandi pregi della vita. Scaffali ricolmi di libri che rappresentano gli interessi dei padroni di casa; spesso contornati da suppellettili che tengono compagnia ai volumi e aggiungono ulteriori tasselli per decifrare le passioni di chi ama circondarsi di libri.

Alcune ordinatissime, altre meno, tutte con un fascino immenso e non vi resta che prendere anche spunti da questo libro per organizzare o riordinare anche le vostre.

Alberto Vanelli, la cultura in Piemonte

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

La morte di Alberto Vanelli addolora tutti coloro che si sono occupati di cultura in Piemonte da decenni, perché in Alberto abbiamo tutti riconosciuto un dirigente pubblico corretto e capace. Lo conobbi quando divenne assessore regionale alla cultura Giovanni Ferrero con cui in passato ho avuto vivaci polemiche, ma con cui poi ho mantenuto nel corso degli anni un rapporto diventato amichevole. Fu Vanelli a gettare un ponte di dialogo tra di noi, malgrado io fossi molto polemico e battagliero, cosa che il mio amico Oscar Botto mi sconsigliava con parole affettuosamente illuminate. Vanelli fu capace di mantenere i rapporti con tutti, al di là delle appartenenze politiche.  Non credo facesse parte del detestabile “sistema Torino“ che è venuto dopo ed ha partorito la Parigi , il circolo dei lettori e il “leviatano” del Polo del ‘900.  Credo, anzi, che Vanelli credesse nel pluralismo e fosse stato uno degli ispiratori della Legge 49 del 1984 con cui è stata garantita per decenni la libertà di tutte le istituzioni culturali piemontesi. Poi arrivò  la signora Parigi che snaturo’ quella legge saggia ed equilibrata della presidenza di Aldo Viglione, altro straordinario protagonista della vita culturale piemontese a cui si deve l’idea delle Regge sabaude. Vanelli si era laureato in Sociologia a Trento, un requisito che poteva accomunarlo ad un ambiente culturale e politico intollerabile, ma lui seppe non lasciarsi sedurre dalle “utopie assassine”, come una volta le definiva Barbara Spinelli. Sicuramente è stato un tesserato del PCI e non ha mai nascosto le sue idee,  ma io voglio testimoniare, in questa tristissima occasione della sua repentina e dolorosa scomparsa, che Vanelli come dirigente pubblico ha sempre saputo distinguere la politica militante dalla sua funzione di dirigente pubblico. Certo fu amico di esponenti importanti del PCI come Minucci e Fassino, ma questo è un altro elemento che onora la sua figura perché con questi personaggi molti non comunisti hanno intrattenuto sempre dei buoni, fruttuosi rapporti. Quando fu assessore il democristiano Enrico Nerviani,  seppe mediare con equilibrio i dissensi che la spigolosita’ dell’assessore novarese aveva suscitato. Con l’assessore Gian Piero Leo, che segno’ il decennio migliore dell’assessorato alla cultura, per l’apertura convinta al più autentico pluralismo, seppe rapportarsi nel modo più fattivo e leale. Anche il presidente Enzo Ghigo ha avuto sempre parole di apprezzamento per Vanelli.  Ma il suo capolavoro è costituito da ciò che seppe fare per il salvataggio e il rilancio della Reggia di Venaria Reale che era in condizioni talmente disastrate da far pensare ad amministratori piuttosto incolti di abbattere quanto era rimasto dopo i disastri della guerra e e i saccheggi del dopoguerra, magari per costruirvi delle case popolari. Fu il medico dentista Gianfranco Falzoni a iniziare quella nobile e solitaria battaglia per la rinascita della Reggia sabauda,  sensibilizzando in primis Giovanni Spadolini.  L’artefice manageriale di tutto e’ stato sicuramente Vanelli che si occupo’ anche del castello di Rivoli e della Sacra di San Michele e di tante altre realtà piemontesi come il Museo del cinema trasferito alla Mole Antonelliana.  Va messo in luce anche il grande rapporto che ebbe con il Presidente Viglione. Io non conosco da vicino la realtà dei Teatro dei ragazzi, ma a me è sembrato un incarico assolutamente non adeguato per un uomo dalle risorse inesauribili come lui che avrebbe potuto fare degnamente l’assessore regionale alla cultura o l’assessore della città di Torino o avrebbe potuto assumere un incarico prestigioso al Ministero dei Beni Culturali diretto da Franceschini. Al minimo, avrebbe potuto fare il parlamentare, portando a Roma un’esperienza preziosa nel campo dei Beni culturali, spesso in mano ad incompetenti. La sua esperienza sarebbe diventata una risorsa straordinaria per chi avesse saputo continuare a coinvolgerlo. Forse l’aver collaborato con Leo e Ghigo non piacque a qualche dirigente del partito di cui era militante. Fu proprio Ghigo a sottolineare questo aspetto. E’ certo che Vanelli resta un unicum, destinato ad entrare nella storia piemontese anche perché lui si sentì di sinistra mai in modo settario: una qualità intellettuale rarissima nel mondo culturale piemontese che non riesce a trovare un direttore per il Salone del Libro che, al di là della malattia,  avrebbe potuto contare su lui, più che affidarsi ad altri personaggi che non trovano i consensi necessari.

A Torino e ad Alba, Convegno Internazionale di Studi per il Centenario di Beppe Fenoglio

“Una parte per il tutto”

(1922 – 1963)

Dal 14 al 17 febbraio

Proseguono gli appuntamenti rivolti a studiosi, studenti e appassionati di letteratura fenogliana, inclusi nell’ultimo capitolo “Una questione privata” del Centenario “BeppeFenoglio22”. In questi giorni, è di scena a Torino e ad Alba, il Convegno, ideato da Valter Boggione insieme a Gian Luigi Beccaria e a Margherita Quaglino, dal titolo “Una parte per il tutto”.

A spiegarne il significato è lo stesso Valter Boggione, albese docente di “Letteratura Italiana” all’Università di Torino: “Un partigiano, Nick, progetta di tornare dopo vent’anni al bivio di Manera, a piedi, in pellegrinaggio, sui luoghi in cui ha combattuto. È ‘Una parte per il tutto’: nella figura retorica della sineddoche trova espressione la tensione alla ‘globalità’ che Fenoglio stesso rivendica come carattere qualificante della propria scrittura. È la testimonianza della fedeltà ai valori della Resistenza, contro il degrado morale dell’Italia del boom economico, l’espressione del senso di appartenenza e di identità, contro l’abbandono all’imperante sradicamento. All’inizio c’erano Valdivilla, San Benedetto Belbo, località quasi insignificanti, teatro di eventi minimi della cronaca bellica e della vita contadina sulle Langhe: oggi sono le ‘Termopili’ della moderna battaglia contro la barbarie, l’‘Itaca’ perduta. Grazie a Fenoglio, hanno assunto un valore assoluto, esemplare, diventando la patria spirituale di milioni di lettori”. Da martedì 14 a venerdì 17 febbraio, saranno quattro intense giornate dedicate ad un “Convegno Internazionale” particolarmente atteso, nell’ambito del calendario di celebrazioni del “Centenario”, e organizzato dall’“Accademia delle Scienze e dall’Università degli Studi di Torino” in collaborazione con la “Fondazione Ferrero” e il “Centro Studi Beppe Fenoglio” di Alba. I primi tre giorni vedranno la partecipazione di alcuni fra i più importanti studiosi e ricercatori, mentre l’ultima giornata albese ospiterà le testimonianze di importanti giornalisti e scrittori italiani.

La prima giornata, martedì 14 febbraio, all’ “Auditorium Quazza” di Palazzo Nuovo a Torino, si comporrà di due sessioni. Al mattino, con la moderazione della professoressa Margherita Quaglino intitolata “Tra lingua e stile”; la seconda, moderata da Tiziano Torraca intitolata “Al fuoco della controversia”Mercoledì 15 febbraio il “Convegno” si sposta al “Polo del ‘900” per una prima sessione moderata da Giovanni Barberi Squarotti e intitolata “Fenoglio lettore”; la sessione pomeridiana intitolata “La funzione Fenoglio” sarà moderata da Davide Dalmas. L’ultima tappa torinese si svolgerà giovedì 16 febbraio nella sede dell’ “Accademia delle Scienze” dove, con l’introduzione di Carlo Ossola, si potranno ascoltare gli interventi di Gian Luigi Beccaria e Gian Franco Gianotti al mattino e Maria Antonietta Grignani, Cesare Pianciola e Valter Boggione nella sessione pomeridiana. L’ultimo appuntamento di questo fondamentale momento di approfondimento su Fenoglio, la sua scrittura e la sua influenza sulla letteratura contemporanea, si concluderà venerdì 17 febbraio nella sede della “Fondazione Ferrero” ad Alba, con i contributi di autorevoli giornalisti e scrittori quali Marcello Fois, Elena Varvello, Wu Ming I, Giuseppe Lupo, Gianni Farinetti, Eraldo Affinati, Giacomo Verri, Alessandro Baricco insieme a giornalisti del mondo della cultura come Massimo Raffaeli, Edoardo Castagna, Bruno Quaranta e Aldo Cazzullo.

L’iniziativa è aperta al pubblico in tutte le sedi con modalità diverse di prenotazione. Per info: www.beppefenoglio22.it

g. m.

Nelle foto:

–       Beppe Fenoglio

–       Polo del ‘900