ilTorinese

Aldi apre un nuovo negozio a Torino

ALDI, parte del Gruppo ALDI SÜD, realtà multinazionale di riferimento della Grande Distribuzione Organizzata, inaugura il prossimo giovedì 25 settembre un nuovo negozio a Torino, in Corso Giulio Cesare 65. Per l’occasione, sarà presente l’Assessore al Commercio, Paolo Chiavarino.

Il punto vendita, certificato classe energetica B, si estende su una superficie di 1.010 m2 e sarà aperto dal lunedì al sabato, dalle ore 8:30 alle 20:30, e la domenica dalle 9:00 alle 20:00. Sito all’interno del quartiere Barriera Milano, è raggiungibile con il trasporto pubblico (tram e autobus) o con la propria automobile: a disposizione dei clienti, infatti, ALDI offre un parcheggio sopraelevato gratuito con 30 posti auto, di cui 1 riservato ai disabili.

Per festeggiare l’inaugurazione, ALDI propone anche speciali offerte in sottocosto in aggiunta alle promozioni settimanali, per invitare i cittadini a scoprire la qualità, la freschezza e la convenienza della propria offerta.

Spendi meno, vivi meglio”: la spesa da ALDI rappresenta una garanzia di qualità al prezzo più basso possibile, espressa attraverso una virtuosa selezione di prodotti composta da circa 130 referenze di frutta e verdura e 30 marche. Il tutto, con una forte connotazione tricolore: circa l’80% dei prodotti alimentari in vendita, infatti, nasce dalla stretta collaborazione con realtà agricole italiane di eccellenza.

La nuova apertura a Torino consolida la presenza di ALDI nel Nord Italia, portando a quota 27 i negozi in Piemonte. Il taglio del nastro contribuirà alla creazione di 7 nuove opportunità lavorative per un totale di 374 collaboratori nella regione, proseguendo il piano di espansione nel Nord e portando nuovo impulso all’economia e all’occupazione locale.

 

 

A PROPOSITO DI ALDI

Dal 2018 ALDI è presente in Italia con una sede operativa a Verona, due centri di distribuzione – a Oppeano (MN) e Landriano (PV) – e una rete in espansione di punti vendita sul territorio nazionale. Fa parte del Gruppo ALDI SÜD, realtà di riferimento della Grande Distribuzione Organizzata a livello internazionale, presente con oltre 7.500 punti vendita in 11 Paesi e 4 continenti. Grazie ai suoi oltre 200.000 collaboratori in tutto il mondo, l’azienda offre ogni giorno un’accurata scelta di prodotti selezionati che uniscono qualità e convenienza e si impegna per garantire una produzione sostenibile e rispettosa dell’ambiente. Per ulteriori informazioni, visitare il sito ufficiale: www.aldi.it

 

Grande successo per la Sagra della Patata De.Co. a Sauze d’Oulx

SAUZE D’OULX – Il meteo ha dato al bello e Sauze d’Oulx si è riempita per la sua “Sagra della Patata De.Co.”. Il centro storico di Sauze domenica 21 settembre ha accolto migliaia di persone accorse per far scorta di patate e per degustare i piatti dell’ormai tradizionale percorso enogastronomico per le piazze e vie del paese. Un’edizione arricchita dall’animazione del gruppo “Fisarmonicisti Occitani” e “Cantori Amici della Montagna Vigezzo” che hanno suonato in piazza portando allegria e buonumore.

L’Assessore al Turismo Davide Allemand, che ha preso parte alla manifestazione con il ViceSindaco Marco Tintinelli ed il Presidente del Consorzio Forestale Alta Valle Susa Mino Ambrosiani, fa il bilancio della manifestazione: “Il beltempo, in quello che forse sarà l’ultimo weekend di stampo estivo, ha fatto sì che tanta gente venisse a Sauze per la nostra “Sagra della Patata De.Co.” di Sauze d’Oulx. Le code, sempre in serenità e senza lamentele, ai punti di somministrazione dei piatti a base di patate di Sauze la dice lunga su quanta gente ci fosse. La formula della sagra itinerante lungo il Centro Storico del paese con il menù tipico servito nei locali di Sauze d’Oulx che proponiamo da quattro anni piace e sta dando grandi soddisfazioni. Un grazie quindi al folto pubblico che è venuto a trovarci; un grazie ai ristoranti che hanno aderito all’iniziativa e che hanno preparato ottimi piatti; un grazie alla Pubblica Assistenza Sauze d’Oulx e al Consorzio Fortur per l’organizzazione e all’Ufficio del Turismo per la collaborazione; un grazie ai “Fisarmonicisti Occitani” e ai “Cantori Amici della Montagna Vigezzo” che hanno offerto la colonna sonora della manifestazione; un grazie poi particolare agli espositori che hanno dato lustro alla fiera e ai nostri produttori di patate senza i quali questa Sagra non potrebbe esistere”.

La violenza non si giustifica mai. In democrazia non può trovare attenuanti

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

Giustificare la violenza fa tornare indietro l’Italia al biennio rosso e alle violenze fasciste. La violenza è illegittima quando si rispettano le regole della Costituzione che garantiscono i diritti di tutti i cittadini . Protestare in Italia per la Palestina, ricorrendo  alla violenza  è cosa  da rifiutare sempre.   Anche perché si rivela assolutamente inutile per affermare una qualsiasi causa, anche la migliore. Il migliore  dei fini non giustifica il mezzo violento perché ad un certo punto bisogna porsi la domanda non solo per giustificare i fini, ma anche i mezzi. Un tema molto caro a Bobbio,oggi dimenticato da molti. Un giornalista ha semplificato le cose, dicendo che i violenti in piazza sono delinquenti comuni. Questa affermazione depotenzia la denuncia contro l’uso della violenza per fini politici e finisce di ridurre un grave fenomeno politico in una  esibizione di teppismo . Chi ha vissuto Il ‘68 ricorda che il ricorso alla violenza è stato l’anticamera  del terrorismo individuale e di gruppo  . I Centri sociali non sono formati da ragazzi scaprestati, ma da gente che ritiene normale ricorrere alla violenza quasi a livello professionale. Ci sono pagine di Lenin che spiegano i rivoluzionari di mestiere. Bloccare una città, paralizzare  i porti, le stazioni, le autostrade non può essere un fatto normale, perché in democrazia la protesta non può imporre ai cittadini la paralisi della città . La democrazia oppone alla piazza il Parlamento. Chi pretende che tutti “partecipino” allo sciopero, subendo dei limiti inaccettabili alle proprie libertà, allineandosi con gli scioperanti, è un nemico della democrazia. Impedire a chi ha bisogno, ad esempio ,di un soccorso sanitario urgente  di accedervi perché le strade bloccate lo impediscono non può essere giustificato per nessun valido  motivo. E’ la fine della libertà e della civiltà. E’il ritorno all’ homo homini lupus di Hobbes. Ciò che accade a Gaza non può essere combattuto con manifestazioni  violente che danneggiano la vita civile. La violenza di Gaza non si può combattere con la violenza in Italia, danneggiando gravemente i cittadini. Lo sciopero politico è un vecchio arnese del sindacalismo rivoluzionario che sfociò nel fascismo. Questa è la verità che troppi dimenticano. E non si può non considerare che storicamente la violenza genera  sempre altra violenza. La pace non si può imporre con la violenza di piazza. La pace è un valore  in totale contrasto con la violenza. Pannella digiunava per protestare , rischiando la propria vita. Chi incendia e distrugge non produce mai effetti  positivi. Il dissenso va totalmente disgiunto dal ricordo alla violenza. Giustificarla magari anche solo sotto voce appare un gravissimo errore che determina odio incendiario con effetti solo ed esclusivamente negativi. Di fronte alla delinquenza politica, per assurdo, potrei capire, senza  giustificarla, la delinquenza comune, ma  rifiuto una qualsivoglia indulgenza per quella di matrice politica e ideologica perchè essa lede la società nel suo insieme e non dei singoli danneggiati nei loro averi o nella loro incolumità. Stiamo attenti perché ieri siamo entrati in un clima che può uccidere la convivenza civile garantita dalla Costituzione.

In copertina foto archivio

Dembélé Pallone d’Oro 2025: è lui il re del calcio mondiale

Ousmane Dembélé conquista il Pallone d’Oro 2025, coronando una stagione straordinaria con il PSG. L’attaccante francese ha preceduto in classifica il giovane talento Lamine Yamal, vera rivelazione dell’anno, che si piazza al secondo posto.
Gigio Donnarumma chiude nono ma si consola con il Trofeo Yashin, assegnato al miglior portiere della stagione: un riconoscimento importante dopo le sue grandi prestazioni con club e nazionale.
Una classifica che premia talento, costanza e impatto decisivo sul campo.

Enzo Grassano

Pacifisti e pacifinti

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FRECCIATE

Pacifisti? A Torino e Napoli bruciano l’effigie di Meloni, a Milano lasciano sessanta poliziotti feriti. Se questa è la pace, figurarsi la guerra.
Le frange estremiste si infilano dietro le bandiere pro-Palestina e trasformano ogni corteo legittimo in una palestra d’odio.
Il risultato: un messaggio che poteva avere un senso politico sepolto sotto fumogeni e spranghe.
La pace non si conquista a bastonate, ma provate a spiegarlo ai nuovi “nonviolenti”: vi rispondono con un sanpietrino.

Iago Antonelli

“Equilibri”. In mostra alla Galleria “metroquadro”

Tutto l’astratto degli americani Monique Rollins e David Row

Fino al 25 ottobre

Monique Rollins, americana di Wilmington – Delaware, classe ‘80 (oggi residente fra States e Italia, in Toscana) e David Row, (americano di Portland, dove nasce nel 1949 e che lascia per vivere oggi a New York e nel Maine). Artisti “di casa”, o per lo meno già in più occasioni proposti da Marco Sassone, negli spazi della sua Galleria “metroquadro” di corso San Maurizio, a Torino. In comune, i due, hanno le origini natali e uno sviscerato amore, frutto di attenti studi e assidui contatti con i “grandi” del settore, per quell’arte genericamente definita “astratta”, ma vissuta dai due (e a incidere qui è forse anche una differenza d’età non da poco e di frequentazioni amicali e professionali assai diverse) su piani artistici ed emozionali apparentemente assai lontani fra loro. Già, perché si fa presto a dire “arte astratta”. Ma c’è “astrattismo” e “astrattismo”! Ci sono, solo per citare i grandi “iniziatori”, i Kandinsky, ma anche i Mondrian.

La libera fantasia e il gesto spontaneo a fronte dell’uso, per contro, di forme geometriche pure e di un approccio assolutamente razionale e strutturato al linguaggio di segno e colore. Nel primo caso, eccoci per mano a Monique Rollins, nell’altro a David Row. E allora perché  quel titolo dato alla rassegna: “Equilibri”? A ben vedere e a volerlo proprio cercare un perché c’é. Condividiamo infatti quanto scritto nella presentazione delle opere dei due: “Accostati, i due linguaggi – leggiamo – non si annullano ma si amplificano: la forza gestuale di Rollins trova un contrappunto nella precisione di Row, l’urgenza del colore incontra la calma della forma. In questo incontro, l’astrazione rivela la sua natura plurale, capace di contenere tanto la vertigine del sentimento quanto la chiarezza della costruzione”. Dunque: “equilibrio” come salvifica “differenza” (e non è un “paradosso”) necessaria, in un ben calibrato accostamento, ad “amplificare” le intuizioni e i messaggi segnici e cromatici dell’arte astratta. Dell’arte di Monique e di quella di David.

“Incontrare le opere di Monique Rollins – scriveva il critico Roberto Mastroianni in una mostra del novembre 2024 tenuta dall’artista sempre alla ‘metroquadro – fa lo stesso effetto che sentire una canzone di Jimi Hendrix: ci si trova davanti a immagini che sono un’alchimia di colori e forme, di suggestioni ed emozioni, ricche di una profonda musicalità”. Vero! Tant’è che a quella personale venne proprio dato il titolo di “Welcome to Electric Ladyland”, in memoria di quell’“Eletric Ladyland”, doppio vinile del ’68 firmato dal più grande chitarrista nella storia d’ogni tempo della musica rock. Le opere oggi esposte dalla Rollins si articolano in modo quanto mai vario aggirandosi all’interno di una produzione eterogenea incentrata su  dipinti a olio, acrilici, disegni a carboncino e collage di carta su tela, utilizzando differenti medium, tra cui matita, acrilico, acquerello, penna e inchiostro e, nell’ultima produzione, anche materiale tessile. Ad affascinare nelle sue opere è quell’imperterrito inseguirsi (alla De Kooning, in primis) di “linee caotiche e violente” tese alla ricerca o al contrario al voluto smarrimento di ogni definizione della struttura, senza mai dimenticare, però, la delicata magia del colore, ispirata ai toni del “Rinascimento italiano” (veneziano in particolare, sua specializzazione presso il “Pratt Institute” di New York) e da quel “rosa Tiepolo” mirabilmente capace di addolcire e ammorbidire gli indefiniti labirinti cromatici delle sue tele. Accanto, altra cosa.

Le pagine di “investigazione segnica e cromatica” (si intitolava proprio “Investigations” l’ultima sua mostra alla “metroquadro”) portata avanti da Row “attraverso forme, spazi, poligoni irregolari ed ellissi carichi – si è scritto – di grande energia ma bilanciati da un equilibrio e da una precisione formale, a loro volta fratturati e frammentati da sottili linee in vividi colori fosforescenti”. Allievo alla “Yale University” di Al Held (particolarmente noto per i suoi dipinti “Hard-edge” su larga scala, cui molto devono gli “spazi geometrico-luminosi” o “scivolosi”, come li definisce lo stesso Row), l’artista di Portland espone a Torino una contenuta serie di lavori a olio su carta “Arches”, ideati per la realizzazione di tele e tavole di dimensioni maggiori, ma assolutamente opere in tutto e per tutto perfettamente compiute (come le “Ellissi” e le grandi “X”) e vive di una loro ben specifica e lirica realtà. Grande architetto, Row, di universi rigorosi, come di “bislacche” geometrie nella fuga oltre i confini di un “narrato” pur sempre imbrigliato nella rigorosità del segno. Capita anche questo (ma sempre nella pacatezza dei toni) all’interno di “un perimetro irregolare che richiama il limitato campo visivo dell’uomo”.

Gianni Milani

“Equilibri. Monique Rollins e David Row”

Galleria “metroquadro”, corso San Maurizio 73/F, Torino; tel. 328/4820897 o www.metroquadroarte.com

Fino al 25 ottobre. Orari: dal giov. al sab. 16/19

Nelle foto: Monique Rollins “Ring My Bell” e “Spring Scape”, oil on canavas, 2018 e 2012; David Row “Study for Dept Grammar” e “Heartburn”, oil on Arches paper, 2017

Scoperta base del caporalato nelle campagne piemontesi

Una base del caporalato è stata scoperta a Canelli, in provincia di Asti. In una cascina del Canellese, di proprietà di un italiano, carabinieri della compagnia di Canelli i carabinieri hanno trovato 12 migranti che  fornivano manodopera per la vendemmia. Di questi 7 sono senza permesso di soggiorno. I braccianti soggiornavano in un casolare diroccato, privo di igiene e tra rifiuti.

“Scusa ma resto qui” di Alessandro Barbaglia: quando un messaggio cambia tutto

TORINO TRA LE RIGHE

Per Torino tra le righe volevo parlarvi di un libro per ragazzi che mi ha molto colpito: Scusa ma resto qui di Alessandro Barbaglia.
L’autore, nato a Novara nel 1980, è uno degli autori italiani contemporanei più originali e poetici. Scrittore e libraio, alterna con passione la vita in libreria alla creazione di storie che sanno emozionare e far riflettere. Finalista al Premio Bancarella con il suo esordio La Locanda dell’Ultima Solitudine (2017) e vincitore del Premio Strega Ragazze e Ragazzi con Scacco matto tra le stelle (2021), Barbaglia è capace di muoversi con naturalezza tra narrativa per adulti e letteratura per ragazzi, firmando romanzi, raccolte poetiche e progetti di storytelling.
Il suo nuovo libro, Scusa ma resto qui (Mondadori), inaugura la collana “Ossigeno”, pensata per i lettori giovani con storie brevi, intense e di immediato impatto.
La trama si apre con un’ora precisa: le 15.32. È il momento in cui Zeno, studente quattordicenne, riceve un messaggio da una misteriosa “Luna”. Zeno è chiuso in casa da giorni, dopo che un atto di bullismo subito a scuola – ripreso in un video diventato virale nella chat degli studenti – lo ha isolato e ferito profondamente. Tra insulti e meme crudeli, il silenzio sembra l’unica difesa possibile.
Quel messaggio di scuse, però, cambia tutto. Inizia così un dialogo fatto di chat, vocali ed e-mail, in cui Luna, logorroica e vulcanica, si insinua pian piano nella vita di Zeno. I due fanno un patto: non incontrarsi mai di persona, pur frequentando la stessa scuola. È in questa distanza che nasce un legame capace di dare respiro, forza e coraggio a entrambi. Zeno, fragile e ferito, trova in Luna uno specchio delle proprie emozioni; Luna, enigmatica e solare, nasconde un segreto che solo alla fine verrà svelato, portando nuova luce sull’intera storia.
L’ambientazione è quella scolastica, ma il vero “luogo” del romanzo è lo spazio virtuale: un rifugio dove i protagonisti si sentono liberi di raccontarsi, lontani dal giudizio immediato del mondo reale. Lo stile epistolare, reso attraverso i mezzi di comunicazione contemporanei, rende la lettura veloce, coinvolgente e immersiva, come se il lettore spiasse direttamente lo scambio dei loro messaggi.La copertina, vivace e simbolica, cattura lo spirito del romanzo: un messaggio di speranza e resistenza, un “resto qui” che diventa dichiarazione di presenza nonostante le difficoltà.
Scusa ma resto qui è una storia di amicizia e di coraggio, che affronta con delicatezza temi importanti come il bullismo, l’isolamento e il bisogno di trovare una connessione autentica. Un romanzo che scorre veloce ma lascia il segno, capace di parlare ai ragazzi e agli adulti, e che merita di essere letto – soprattutto da chi, almeno una volta, si è sentito invisibile.
Marzia Estini
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L’arte della tariffazione

IL PUNTASPILLI di Luca Martina

Al suo ritorno alla Casa Bianca nel gennaio 2025, il presidente Donald J. Trump ha riportato al centro della sua azione politica “America First”, uno dei pilatri della sua prima presidenza.
Al cuore di questa strategia vi è una profonda revisione della politica tariffaria statunitense, volta a limitare le importazioni, rilanciare la produzione nazionale e riaffermare la supremazia americana nel commercio globale.
Il nuovo regime tariffario propugnato da “Tariff man” (come Trump stesso si era definito in un post su Twitter nel dicembre 2018) ha trasformato le dinamiche del commercio internazionale, generato tensioni diplomatiche e acceso un intenso dibattito sulle sue conseguenze economiche.
Gli obiettivi perseguiti attraverso la minaccia iniziale e la successiva imposizione di dazi elevati sono molteplici:
  1. Generare entrate per il governo degli Stati Uniti: i dazi mirano a raccogliere fino a 600 miliardi di dollari all’anno, da destinare a tagli fiscali e alla riduzione del debito pubblico.
  2. Proteggere e rilanciare la manifattura statunitense: rendendo le importazioni più costose, Trump intende incentivare la produzione interna e reindustrializzare l’economia americana, in particolare nei settori dell’acciaio, dei semiconduttori e dei prodotti farmaceutici.
  3. Ridurre i disavanzi commerciali bilaterali, soprattutto con la Cina: l’obiettivo è ridurre lo squilibrio commerciale scoraggiando le importazioni e favorendo le esportazioni.
  4. Contrastare pratiche commerciali sleali: i dazi vengono utilizzati per reagire a trasferimenti forzati di tecnologia (pratica commerciale in cui un’azienda straniera è costretta a condividere brevetti, know-how, software, processi produttivi) con un’azienda locale o con il governo del Paese ospitante, come condizione per poter operare in quel mercato), furti di proprietà intellettuale ed esportazioni sovvenzionate (attraverso sussidi, agevolazioni fiscali, prestiti agevolati o rimborsi.
  5. Rafforzare la sicurezza nazionale ai sensi della Sezione 232 del Trade Expansion Act: i dazi hanno l’obiettivo di proteggere settori critici (come acciaio e alluminio) considerati vitali per la difesa e la sicurezza nazionale.
  6. Strumento di pressione nei negoziati globali: i dazi fungono da leva per spingere altri Paesi a ridurre le proprie barriere commerciali e ad utilizzare standard statunitensi in ambiti come tecnologia ed energia.
  7. Ridefinire gli equilibri di potere globali: la politica mira a riaffermare la leadership americana nel commercio mondiale, riducendo la dipendenza da istituzioni multilaterali e privilegiando un approccio più transazionale e bilaterale.
  8. Combattere il traffico di droga: Trump sostiene che i dazi possono esercitare pressione su Paesi come Messico e Canada affinché contrastino il traffico di fentanyl verso gli Stati Uniti.
  9. Affrontare la sopravvalutazione della valuta: i dazi sono visti anche come uno strumento per contrastare la (presunta) sopravvalutazione del dollaro, rendendo le esportazioni statunitensi più competitive a livello globale.
Per attuare la sua politica tariffaria, Trump si è basato nel 2025 su tre principali fonti giuridiche:
  1. International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) – Utilizzata per giustificare i dazi in risposta a emergenze nazionali, come il flusso di fentanyl e le questioni migratorie. Trump è il primo presidente ad aver usato l’IEEPA per imporre dazi.
  2. Sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962 – Invocata per proteggere la sicurezza nazionale imponendo dazi su importazioni ritenute dannose per le industrie interne. I critici sostengono che la definizione di “sicurezza nazionale” sia stata estesa eccessivamente, includendo prodotti come automobili, rame e farmaci, che potrebbero non rappresentare minacce reali. Sebbene tribunali e Congresso tendano a dare credito alle affermazioni presidenziali in materia di sicurezza, ciò ha sollevato preoccupazioni riguardo all’esercizio i incontrollato del potere presidenziale.
  3. Sezione 301 del Trade Act del 1974 – Applicata per affrontare pratiche commerciali sleali, con particolare attenzione ai settori dei semiconduttori e della logistica cinese. I critici sostengono che azioni unilaterali basate sulla Sezione 301 minino i meccanismi dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio e le norme del commercio globale, causando disagi alle catene di approvvigionamento e aumentando l’incertezza per le imprese.
Ad oggi, solo l’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) è stata seriamente contestata nei tribunali statunitensi.
Sebbene una corte d’appello abbia stabilito il 29 agosto che la maggior parte dei dazi imposti da Trump è illegittima—affermando che l’IEEPA non conferisce al presidente l’autorità per imporli—i dazi resteranno in vigore fino al 14 ottobre, per consentire un eventuale ricorso alla Corte Suprema. Quest’ultima, massimo organo giuridico in materia costituzionale e federale, dovrebbe esaminare il caso durante la sua “long conference” del 29 settembre, e potrebbe decidere di affrontarlo poco dopo.
Considerando che l’attuale Corte Suprema ha una maggioranza conservatrice di 6 a 3, con sei giudici nominati da presidenti repubblicani—di cui tre da Trump stesso—è piuttosto improbabile che la Corte si pronunci contro il presidente. Tuttavia, non si può escludere del tutto, poiché ciò è già accaduto nel recente passato in casi riguardanti i poteri delle agenzie governative federali  (come l’EPA , Agenzia per la protezione dell’ambiente o la  FDA, Agenzia del farmaco), e l’immigrazione.
Vale la pena notare che la strategia negoziale e tariffaria di Donald Trump riflette almeno sette degli undici principi esposti nel suo libro del 1987 The Art of the Deal (L’Arte della Negoziazione), scritto insieme al giornalista Tony Schwartz:
  1. Pensare in grande: “Se devi pensare, tanto vale pensare in grande.”
    I dazi estesi—tra cui uno del 145% sui beni cinesi—dimostrano l’approccio audace e ad alto rischio di Trump, sempre orientato al massimo impatto, anche a costo di reazioni economiche negative.
  2. Usare la propria leva: “La cosa peggiore in una trattativa è sembrare disperati.”
    Trump ha sfruttato il deficit commerciale e la potenza economica degli Stati Uniti come leva per costringere altri Paesi a rinegoziare i termini commerciali. I dazi non sono solo strumenti economici ma vere e proprie armi strategiche.
  3. Massimizzare le opzioni: “Tengo sempre aperte molte possibilità.”
    La sua amministrazione ha aperto più fronti commerciali contemporaneamente—Cina, UE, Canada, Messico, India—mantenendo le trattative fluide e imprevedibili, creando punti di pressione su scala globale.
  4. Conoscere il mercato: “Faccio i miei sondaggi e traggo le mie conclusioni.”
    Trump ha spesso ignorato i consigli economici tradizionali, affidandosi all’istinto e al giudizio personale. Le sue decisioni tariffarie hanno spesso sfidato il consenso economico dominante.
  5. Reagire con forza: “Quando mi trattano ingiustamente, reagisco con forza.”
    I dazi ritorsivi, in particolare contro la Cina, sono stati presentati come risposte a pratiche commerciali sleali. Trump ha preferito intensificare le tensioni piuttosto che fare marcia indietro.
  6. Farsi sentire: “La stampa è sempre alla ricerca di una buona storia.”
    Ha utilizzato la teatralità mediatica per amplificare le sue mosse commerciali definendo il 2 aprile “Giorno della Liberazione”, rilasciando dichiarazioni audaci e presentando i dazi come atti patriottici. Questo ha contribuito a plasmare la percezione pubblica e a raccogliere consenso.
  7. Puntare in alto: “Punto molto in alto e poi continuo a spingere.”
    Il suo stile negoziale è stato aggressivo e tenace, iniziando spesso con richieste estreme e cedendo solo sotto forte pressione. Questo è evidente nei livelli iniziali dei dazi e nella sua riluttanza a scendere a compromessi.
Detto ciò, Trump non ha sempre seguito coerentemente tutti i principi della sua filosofia negoziale. Spesso ha ignorato i rischi, nonostante la sua dichiarata volontà di “proteggersi dai potenziali contraccolpi negativi”. Ha mostrato una flessibilità limitata, pur sostenendo l’importanza di mantenere aperte più opzioni e sebbene affermasse di “conoscere il mercato”, molte sue decisioni sembrano aver trascurato le conseguenze economiche più ampie.
In sintesi, è evidente che Trump, attraverso la sua strategia tariffaria, mira a perseguire una serie di obiettivi, perfettamente in linea con la sua agenda MAGA.
Il suo approccio ha seguito in gran parte i principi esposti nel suo libro The Art of the Deal, ma non sono certamente mancate contraddizioni e frequenti cambi di rotta che hanno sollevato dubbi sulle sue reali intenzioni.
I mercati finanziari si sono, tra alti e bassi, dimostrati moderatamente ottimisti sulla possibilità che POTUS raggiunga i suoi obiettivi ma il verdetto finale, e non parliamo solo della Corte Suprema, è ancora in sospeso