ilTorinese

Badaluk, burnia, ramassin: incursioni saracene nel dialetto piemontese

Damaschin, burnia, badaluk, faudal… sono tante le parole piemontesi di origine araba, alcune delle quali si usano ancora oggi in varie parti del Piemonte.

In effetti, i contatti tra le due lingue risalgono a oltre 1200 anni fa quando i saraceni si insediarono per almeno un secolo tra torinese e cuneese.
Nel IX secolo i mori provenienti dal nord Africa sbarcarono in Spagna e raggiunsero le coste francesi, la Provenza e infine le montagne piemontesi su cui innalzarono torri di avvistamento e bastioni per difendersi, molti dei quali erano già esistenti e furono in seguito fortificati dagli arabi. Quante volte in montagna troviamo un’insegna turistica con la scritta “torre saracena” che in realtà non è proprio “saracena” ma preesistente all’arrivo degli arabi. E allora, aspettando i dolcissimi ramassin o dalmassin, le susine forse più buone e gustose, chiamate anche “damaschin” per evocare una millenaria origine siriana, passiamo brevemente in rassegna alcune parole arabe che sono penetrate con forza nel dialetto piemontese. Altri nomi di provenienza araba sono “cossa” (zucca) che deriva dalla parola araba “kusa” (zucchina), “badaluk”(sciocco) dall’arabo “mamaluk”, cioè i Mamelucchi, i soldati-schiavi dei sultani, “fàudal” (grembiule) dall’arabo “fodhal” (grembo), “burnia” (contenitore di vetro) dall’arabo “buri” e così via. Ma torniamo ai ramassin o “damaschin” o ancora “dalmassin” perché anche sulla frutta e in particolare sulla susina o prugna che sia, da oltre un millennio saraceni e crociati sono ai ferri corti, tanto per cambiare. É arrivata dalla Siria, da Damasco, grazie ai saraceni o stati i crociati a introdurla in Piemonte tra una crociata e l’altra in Terra Santa? Il dubbio permane. Comunque sia, la coltura veniva chiamata già allora “damaschin”, termine che risuona ancora oggi in alcune vallate del cuneese. Sembra infatti che il suo nome sia derivato dalla variante di “dalmassin” coltivato nella zona di Mondovì. Da Damasco la susina sarebbe stata importata in Piemonte dai crociati nel XII secolo mentre secondo altre fonti, più attendibili, furono i saraceni a portarla nelle nostre valli durante le scorrerie medioevali tra il IX e il X secolo. Da Bagnasco a Garessio, da Sampeyre a Mondovì sono infatti ancora molte le rievocazioni storiche che narrano l’epoca dei mori nella nostra regione. Il ramassin arrivò prima nelle campagne del saluzzese e del monregalese e poi in Val di Susa, Valli di Lanzo e nel chierese. Altrove il frutto è quasi sconosciuto e il suo nome evoca subito la dolcezza delle marmellate e delle crostate che lo vedono assoluto protagonista, una bontà tutta siro-piemontese.            Filippo Re

Morta la diciottenne investita sul monopattino

Giulia Grigore, la diciottenne coinvolta in un grave incidente sul monopattino ieri mattina alle 7.30 sulla circonvallazione di San Giorgio Canavese, è morta oggi al Cto. La ragazza è stata investita mentre stava andando a lavorare. Lutto e sconcerto nella comunità di San Giusto Canavese, il suo paese di residenza. 

Morto giovane su monopattino investito da auto

In un incidente avvenuto nella notte a Nichelino nei pressi del centro Mondo Juve è morto un giovane di 28 anni investito un’auto. La vittima era in tangenziale a bordo di un monopattino. Illeso l’uomo alla guida dell’auto, che è però stato portato sotto shock all’ospedale di Moncalieri.

E’ “Il Tempo” di Tommaso Cerno

Intervista a tutto campo con il direttore del quotidiano romano

“Negli anni ‘80 e ‘90 c’era un residuato intellettuale in questo Paese a cui ancora la gente poteva far riferimento, persone che parlavano col proprio cervello, adesso non c’è più”. “La Sinistra vede fascisti sotto tutti i tombini. Il Pd? E’ radicalmente schiacciato su temi che poco hanno a che fare con quello che ha detto il Pd negli ultimi 15 anni” “L’elettore moderato noi non sappiamo dov’è, non sappiamo se sta votando o se non sta votando, non sappiamo se la maggioranza di questi moderati si è turata il naso e invece che votare DC ha votato tutto il resto” “Destra e sinistra parlano solo a classi sociali che non sono le loro classi d’abitudine. La destra ormai parla con gli operai, con tutto quel mondo ex comunista che ha visto nella sinistra la fuga verso il potere”

 

Di Cristiano Bussola

È il momento – o meglio è “Il Tempo” – di Tommaso Cerno, il volto televisivo oggi forse più in voga nei telegiornali e nelle trasmissioni di approfondimento politico. Commentatore di rango (perché opinionista sarebbe riduttivo) e icona di stile, nelle sue analisi raffinate sa rendere elegante persino la politica. Giornalista, ha iniziato la carriera negli anni 2000 al Messaggero Veneto che ha anche  diretto; all’Espresso caposervizio dell’attualità e successivamente direttore.  Poi, dal 2017 al 2018, l’esperienza di condirettore del quotidiano la Repubblica. Alle elezioni politiche del 2018 viene eletto al Senato nel Partito democratico. Dal 2022 la direzione del quotidiano L’Identità fino al 2024, anno in cui diventa direttore de Il Tempo. Cerno ci ha ricevuti a Roma per una lunga intervista nello storico palazzo Wedekind, sede del giornale, a due passi dai “santuari” del potere, Chigi e Montecitorio.


D –Direttore, pochi giorni fa Matteo Renzi ha scritto una lunga lettera al “Tempo” nella quale spiega perché secondo lui il terzo polo è naufragato. Ma il passaggio a sinistra del leader di Italia Viva rappresenta un de profundis per il centro o, paradossalmente, è un nuovo stimolo per riaggregare  tutti i centristi?

R – Il centro ha una caratteristica nella storia italiana, repubblicana, che viene sempre considerata poco. Nel senso che tutti pensano all’ispirazione moderata, ai valori cattolici più o meno laicizzati, ma nessuno pensa al fatto che il cosiddetto centro, nella Prima Repubblica, è stato sempre al governo. Tendenzialmente l’elettore moderato centrista consapevole, che quindi fa la scelta di un partito, magari piccolo, per ragioni che lo legano a una storia, vuole stare al governo. Vuole che il centro rappresenti quel filtro moderato, quell’elemento dialettico, che decide come cambiare l’Italia, non come gridare che gli altri sbagliano. Quindi in questo processo che Renzi aveva avviato, lui di fatto è rimasto con attorno a sé elettori, pochi o tanti, a seconda del giudizio che si dà di questo 3%, che non vogliono andare là dove sono stati cacciati e non vogliono investire sul governo di sinistra con Ilaria Salis, con Fratoianni e con questi 5Stelle: preferirebbero dare un proprio contributo alla riforma della giustizia, alla riforma fiscale e collocarsi nel centro destra. Renzi per ragioni personali o politiche, ritiene invece di aver fallito questa fuga dal Pd, ricordiamoci sempre che Renzi è di Firenze e per uno di Firenze il Pd è la DC: è questo il grande errore mentale che si fa in Emilia Romagna e in Toscana. Quindi è tornato indietro probabilmente trattando con Elly Schlein una collocazione che gli tolga il peso in questi mesi di dover spiegare sempre che non è d’accordo con nessuno.

D – Ma gli elettori – soprattutto quelli di Renzi –  come reagiranno?

R – Questa cosa può piacere al suo cerchio più vicino perché lascia intendere che ci sarà un accordo anche per il Parlamento, poi parliamoci chiaro – uno cosa vuole fare?  Andare in Parlamento – però non va bene ai suoi elettori, perché quelli del Pd erano già andati via e quelli che sono rimasti vuol dire che non vogliono tornarci, tantomeno con un Pd così radicalmente schiacciato su temi che poco hanno a che fare con quello che ha detto il Pd negli ultimi 15 anni.

D – Questa sinistra: penso a Gian Paolo Pansa, venerato finché non ha denunciato i crimini di certi partigiani rossi e da allora è stato ostracizzato. Al contrario Montanelli da sempre additato come fascista è diventato l’idolo della sinistra quando ha lasciato Berlusconi. Perché la sinistra italiana è vittima del “complesso del migliore” e si sente così eticamente e moralmente superiore?

R – Ricordiamo  anche Fini: la Sinistra che vede fascisti sotto tutti i tombini ha celebrato Gianfranco Fini perché aveva ritenuto che fosse il piede di porco per rompere lo schema del centro destra e tornare al governo e quindi di fatto ha portato, ascritto, per molto tempo, nel suo pantheon, il leader del Movimento Sociale Italiano che aveva fatto la svolta di Fiuggi per convenienza politica. Ora il tema è che negli anni ‘80 e ‘90 c’era un residuato intellettuale in questo Paese a cui ancora la gente poteva far riferimento, persone che parlavano col proprio cervello,  adesso non c’è più, anche la sinistra fotocopia e twitta  le stesse cose, quindi di fatto in questa assenza intellettuale si sta non radicalizzando, perché radicalizzare è un tema culturalmente forte, si sta spostando in un tifo che ha poco a che vedere col dubbio, quindi con un percorso democratico di un’alleanza, tanto la destra quanto la sinistra, basta vedere una cosa: la Seconda Repubblica nasce con due leader centristi che si sono addirittura scambiati il campo, Berlusconi, storico socialista vicino a Craxi diventa il leader della destra e Prodi, democristiano, cattolico sociale diventa il leader della sinistra. Quindi noi ci troviamo con i due leader centristi che sono di fatto rovesciati addirittura al centro, rispetto alla loro collocazione ideale.

D – E poi c’è Giorgia Meloni

R – Oggi Giorgia Meloni è il leader del centro-destra, di  un partito che è quello più a destra della coalizione e quindi  specularmente ha generato la risposta della sinistra che ha cacciato Bonaccini, scelto dal 90% dei dirigenti, per mettere una che sta esattamente nello stesso luogo, dall’altra parte. Quindi stiamo vivendo un bipolarismo che anziché partire dal centro e dover allargare ai lati, parte dai lati e deve allargare al centro, per cui la parola “centro” diventa fondamentale ma è chiaro che se il centro fa una scelta di campo, in qualche modo prepolitica, finisce subito e quindi crea in Forza Italia quello che stiamo vedendo: questa mutazione che Tajani è convinto di poter fare, lui parla di passare dal 10 al 20%, che sembra una cosa gigantesca, ma qualcuno questo sporco lavoro lo dovrà pur fare.

D – Chi?

R – C’e un pezzo di Paese che si aspetta che lo faccia la Meloni, cioè che dica “io vengo da una storia di destra ma ho fondato il mio partito – perché questo bisogna tenerlo in considerazione, l’unica differenza che c’è oggi nello schema è che la Meloni, come Berlusconi, ha fondato il suo partito mentre gli altri li hanno ereditati da storie differenti e quindi è differente  che lei dica non il partito sono io, ma l’abbiamo fondato insieme. Parla al 30% degli italiani e ha la necessità di mostrarsi agli italiani un’entità conservatrice evoluta. O lo fa lei o Tajani o lo farà qualcun altro che non potrà più essere Renzi dopo questa scelta di sinistra probabilmente consapevole perché l’ultima prova non è andata bene. Anche se io mi domando come possa un democristiano immaginare di andare alle elezioni rompendo prima con i suoi alleati e non dopo, per cui c’è un assalto a questo elettorato moderato…

D – Elettorato piuttosto “mimetizzato”, non trova?

R – Noi non sappiamo dov’è, nel senso che non sappiamo se sta votando o se non sta votando, non sappiamo se la maggioranza di questi moderati si è turata il naso  e invece che votare DC ha votato tutto il resto, quindi una specie di Montanelli al rovescio, oppure sta in quel pezzo di italiani che non votano non perché particolarmente arrabbiati ma perché ritengono di non avere ancora trovato il contenitore governativo che vanno cercando.

D – In  questo clima (almeno apparentemente) sempre più bipolare cosa vuol dire destra e cosa vuol dire sinistra?

R – Diciamo che destra e sinistra si sono confuse abbastanza e non lo dimostrano le cose che dicono tanto è vero che si esaspera la differenza su temi che un tempo erano considerati i temi della libertà di coscienza in tempi democristiani, ci si scanna sull’aborto, sul divorzio, sui diritti civili, non rendendosi conto che il Paese va avanti da solo, nel senso che questi sono temi planetari, di percezione, i Partiti li fanno un po’ i leader e un po’ gli elettori e che c’è sempre un punto arriverai a contatto, quindi la libertà di coscienza che cos’era? Capire in che modo il Paese evolveva culturalmente rispetto a un tema, mentre noi abbiamo solo uno scontro su questo perché non abbiamo scontri su altro e quindi ci troviamo a vedere come destra e sinistra parlino solo a classi sociali che non sono le loro classi sociali d’abitudine. La destra ormai parla con gli operai, con tutto quel mondo ex comunista che ha visto nella sinistra la fuga verso il potere, verso l’altezza, verso il danaro, la scelta di D’Alema che fu: “io voglio diventare premier”, perché non era neanche “io voglio che la sinistra governi”, altrimenti avrebbe lasciato Prodi. “Io voglio diventare premier”, cioè “voglio che anche in Italia il leader del principale partito di governo esprima il premier”, una specie di versione british di quello che è il nostro sistema elettorale e in cambio di questo ha attribuito alla sinistra questa sorta di eterno docente di sostegno che era il sistema finanziario del grande potere italiano. Il messaggio era: “volete stare lì? Dovete fare le cose che interessano a noi”. Ed è stato talmente vero questo che il governo di Berlusconi che era comunque il governo di un imprenditore miliardario, che aveva a che fare con quei sistemi molto più di loro è stato fatto cadere nel nome di una riforma, che poi abbiamo visto di fatto mai attuata, per rimetterci quella sinistra che garantiva a quel sistema che certe cose sarebbero poi state fatte. Da quando la sinistra di fatto ha la museruola si canta Bella Ciao, si ripete ogni giorno che il 25 aprile può sembrare di sinistra ma per il resto non lo è più.

 

D – E la destra?

R – Una certa destra dovrebbe smettere di essere nostalgica di qualcosa che non conosce, perché quando sento parlare questi che fanno i saluti romani di Mussolini  – che sono uno invece che è molto appassionato di storia romana – capisco che sono un pozzo di ignoranza assoluta e che dovrebbero andare a scuola. Mussolini li prenderebbe a sberle probabilmente, però questo loro non lo capiscono perché c’è un simbolismo semplice in questo momento. Ma la destra di oggi è di nuovo sociale, non perché è post fascista, ma perché nessun altro parla con quel pezzo di società che né per le banche né per  i sistemi economici che oggi contano non vale niente e quindi oggi a nessuno frega nulla. I 5 Stelle li hanno tenuti un po’ vicini dandogli dei soldi, questi soldi non ci sono più e loro sono ritornati a parlare tra di loro e quindi in questa inversione, oggi è molto interessante partire dai temi, dai ragionamenti. Io credo che la destra sia in questo momento un’entità politica non troppo evoluta, con un pensiero non sufficientemente evoluto e costruito che avrebbe voglia di cambiare l’Italia e che va a sbattere con tutti gli spigoli di questa struttura Paese e di questa struttura Occidente. Tornando alla sinistra,  è una forza che avrebbe potenzialmente cultura, visione e storia rivoluzionaria per poterla cambiare ma ha deciso di non volerla cambiare e quindi vuole dirci che è tutto giusto quello che ci dice la Von Der Leyen che è, onestamente, rispetto a quello che ci dicevano gli intellettuali di sinistra, una grandissima cazzata.

D – Lei è molto social. I suoi tweet stuzzicano spesso i classici leoni da tastiera…

R – Non leggo i commenti dei miei tweet perché ritengo che uno che scrive qualcosa su quello che io dico, di fatto abbia già dimostrato che gli interessava. Poi, il fatto che lui mi risponda battendomi le mani o dicendo che sono un idiota è solo il livello della sua rosicata per aver dovuto perdere del tempo che io non perderei.

D-  Gli 80 anni de “Il Tempo”, lo storico quotidiano romano da lei diretto. Cosa è stato questo giornale fino ad oggi e come sarà ora sotto la direzione di Tommaso Cerno?

R- Il Tempo ha una storia unica nel giornalismo italiano: è il grande giornale della Capitale che nasce, come prima pagina nel giugno del ‘44, per annunciare festoso la liberazione della città di Roma, ma si assume un onere nei suoi anni di crescita, che è quello di rendersi conto, e forse solo Roma era la città in Italia dove questo poteva avvenire, che era vero che c’era stato un regime, che era vero che questo regime era finito in maniera drammatica ed era vero che l’Italia rifondava se stessa sulla sua nuova storia repubblicana. Ma non era colpa di tutti i singoli italiani, era colpa di un pezzo e quindi in qualche modo rinasce sul Tempo il tentativo di dialogo tra pezzi di italiani che sarebbero stati in qualche modo divisi dalla storia sulla base delle colpe di altri. Quindi tiene dentro di sé questa specie di unicità: la capacità di allargare da destra a sinistra il ragionamento fornendolo a una capitale che avendo 3mila anni di storia difficilmente si spaventa di fronte a un tema complesso e non ha invece la natura che hanno in questa fase alcuni quotidiani di parlare soltanto a  chi ti dice che sei bravo. Se Il Tempo riesce a portare questo del suo giornalismo fa un grande lavoro di riapertura del dialogo in questo Paese. Dialogo che non vuol dire darsi ragione ma darsi torto, dialogo vuol dire dialettica. Sarebbe la base di quel processo politico che nasce da uno scontro per arrivare a un incontro, mentre oggi nasce tutto da un incontro, nel senso che poi s’è visto nella partita di calcio quanto questi si odiano veramente, nella grande pantomima del Palazzo dove io sono stato e ho visto com’è davvero, ho visto la verità.

D – E qual è la realtà?

R – Tutto diventa uno scontro in Parlamento, esattamente il contrario di quello che dovrebbe essere il processo democratico decisionale dove la maggioranza vince ma ha anche ragione, sa che se è un po’ più larga vale di più e la minoranza sa che non tutto fa schifo quello che viene dagli altri, mentre oggi abbiamo l’impressione di Harry Potter: io sono Serpeverde e tu sei Grifondoro, quindi le nostre magie hanno effetti diversi, le nostre verità sono entrambe compiute, non esiste il tema galileiano, il dubbio, io posso avere ragione e torto insieme e quindi in questo incastro che la politica dovrebbe portare nel luogo sacro della democrazia, il Parlamento, dovrebbe per prima cosa dimostrarsi così. I toni del dibattito che io sento sono gli stessi che la Costituzione cercò di non riportare al centro del dibattito e loro invece agitano la Costituzione per dirci il contrario, cioè che la Repubblica è di uno solo, che la verità è di uno solo, che l’etica è di uno solo, che la morale è di uno solo, che è una scemenza gigantesca lo sanno anche loro ma gli piace dirlo.Ultima cosa, noi abbiamo in qualche modo la percezione che la Repubblica italiana sia fatta da fascisti e comunisti che litigano tra di loro. Allora ricordiamo a tutti, da Giorgia Meloni a Elly Schlein, che la Repubblica italiana è stata fatta residualmente dal Partito Comunista per scelta nulla del movimento sociale ma tutti gli altri che sono scomparti, democratici cristiani, socialisti, repubblicani, monarchici metteteci De Gasperi, La Malfa, Craxi in mezzo al dibattito, un po’ meno Berliguer e un po’ meno Mussolini.

D- Lei ormai è diventato un’icona non solo giornalistica, ma anche televisiva, di stile. Tommaso Cerno è libero e indipendente come il suo quotidiano  anche nella moda? Chi sceglie i suoi outfit, i suoi occhiali? 

R- Io ho la sindrome di Braccio di Ferro quindi ho tutti i vestiti uguali, tanto che mio marito mi dice “ti vesti sempre uguale, diranno che non ti cambi mai!”, ho tutte camicie bianche, poi le ho messe azzurre quando Renzi le aveva sempre bianche. Gli occhiali li ho sempre avuti ma poi ultimamente mi hanno spiegato che alle persone piacciono gli occhiali che ho che sono semplicissimi, abbastanza grandi da vederci  attraverso. Non credevo di essere fashion però se lo sono potrei farci due conti…

 

D – Torino, la città del nostro giornale, “Il Torinese”. Cosa le viene in mente quando le dico Torino?

R – Mi ha sempre affascinato, è una città magica. Quando la visito, ancora oggi, mi inquieta sempre l’idea che ad un certo punto, soprattutto di notte mentre passeggi, improvvisamente si scorga la Mole, è questo cuneo planetario molto strano. È una città storica, misteriosa.

(Ha collaborato Daniela Roselli)

Imprenditore morto in azienda, tre denunce per omicidio preterintenzionale

Aveva 56 anni Gian Franco Trombadore, l’imprenditore morto ieri dopo essere caduto e avere battuto la testa nel cortile della sua azienda a Brusasco. Era il fratello dell’ex sindaca del paese.  Causa della caduta mortale sarebbe una lite tra più persone nata forze per questioni economiche. Le indagini sono affidate ai carabinieri della compagnia di Chivasso. È stato ascoltato dai militari un dipendente straniero, testimone oculare e tre per tre persone sarebbe scattata la denuncia  a piede libero per omicidio preterintenzionale.

Il Bicerin, quando la storia è una delizia

Nel 1763, quando l’acquacedratario Giuseppe Dentis apre la sua piccola bottega nell’edificio di fronte all’ingresso del Santuario della Consolata, non sa di avere aperto il primo caffè  di concezione moderna in Europa. Ancora oggi è il famoso “Bicerin” che prende il nome dalla dolce bevanda proprio lì inventata.

Il locale all’epoca era arredato semplicemente, con tavole e panche di legno. Nel 1856, su progetto dell’architetto Carlo Promis, viene edificato l’attuale palazzo e in questa sede il caffè assume l’elegante forma che oggi possiamo apprezzare: le pareti vengono abbellite con boiseries di legno decorate da specchi e lampade e fanno la loro comparsa i caratteristici tavolini tondi di marmo bianco, il bancone di legno e marmo e le scaffalature per i vasi dei confetti. Alla fine dell’Ottocento viene posta esternamente la devanture in ferro, con le vetrinette ai lati, le colonnine e i capitelli in ghisa. In questo ambiente viene svolta l’attività di confetteria e di caffè-cioccolateria.

Tra gli ospiti illustri nella storia del locale: il conte di Cavour, Nietzsche, Giacomo Puccini, varie altezze reali. E più recentemente Giovanni Agnelli e Umberto Eco, solo per citare alcuni nomi

L’invenzione del bicerin è stata, senza alcun dubbio, la base del successo del locale e, più che invenzione, fu evoluzione della settecentesca bavareisa, una bevanda allora di gran moda che veniva servita in grossi bicchieri e che era fatta di caffè, cioccolato, latte e sciroppo. Il rituale del bicerin prevedeva all’inizio che i tre ingredienti fossero serviti separatamente, ma già nell’Ottocento vengono riuniti in un unico bicchiere e declinati in tre varianti: pur e fiur (simile all’odierno cappuccino), pur e barba (caffè e cioccolato), ‘n poc ‘d tut (ovvero “un po’ di tutto”), con tutti e tre gli ingredienti. Quest’ultima formula fu quella di maggiore successo e finì per prevalere sulle altre, arrivando integra ed originale ai nostri giorni e prendendo il nome dai piccoli bicchieri senza manico in cui veniva servita (bicerin, appunto).

Dal 1910 al 1975 il locale è stato gestito dalla signora Ida Cavalli, con l’aiuto della sorella e della figlia Olga, nelle cui mani passò quando la madre si ritirò. Le signore Cavalli sono state molto amate e conosciute da tutta la città: più padrone di casa che ostesse, amorevolmente accudivano tutti gli intellettuali squattrinati che nel Caffè Al Bicerin cercavano riparo dai rigori del freddo.

Nel 1983 Maritè Costa ha raccolto l’eredità delle signore Cavalli, portando il locale al livello di notorietà internazionali a cui  è oggi conosciuto. Il suo è stato uno straordinario lavoro di vera archeologia del cioccolato e dei dolci torinesi: la sua ricerca e studio delle ricette originali, dei materiali di qualità e un vero ed autentico amore per la cioccolata e la pasticceria tradizionale piemontese, hanno fatto sì che questo piccolo caffè venisse conosciuto ed amato nel mondo intero.

 

Il segreto per assaporare al meglio il vero bicerin è non mescolarlo, lasciando che le sue varie componenti si fondano fra di loro direttamente sul palato, con le loro differenti densità, temperature e sapori.

www.bicerin.it

Il nuovo polo dell’innovazione di Italgas sorgerà in corso Regina Margherita

(TORINO CLICK) – Nei giorni scorsi una delegazione di Italgas ha incontrato la seconda commissione della circoscrizione 7 e la cittadinanza per illustrare l’importante progetto per il nuovo polo dell’innovazione del gruppo che sorgerà nella storica area della Società in corso Regina Margherita. Alla presentazione hanno partecipato l’assessore all’Urbanistica Paolo Mazzoleni e il presidente della Circoscrizione 7, Luca Deri.

Nel nuovo campus dedicato alla ricerca e all’innovazione, dove si prevede che lavoreranno a regime circa 250 persone, si svolgeranno attività relative alle prove dei materiali, della taratura degli strumenti di misura e delle nuove competenze digitali per formare le professionalità del futuro nel proprio ambito. Il centro svilupperà studi e ricerche su metano, biometano e idrogeno verde, contribuendo attivamente al processo di decarbonizzazione e di transizione verso un futuro più sostenibile. Inoltre, il polo di Corso Regina Margherita, attraverso l’avvio di partnership e collaborazioni, dialogherà con le più importanti istituzioni accademiche e gli atenei in Italia e all’estero. Infine, il campus Italgas ospiterà il Cyber Range del gruppo, all’interno del quale saranno sviluppate e testate le caratteristiche di sicurezza informatica e resilienza degli apparati e dei sistemi digitali di nuova generazione.

Il progetto, sviluppato dallo studio di progettazione Giugiaro Architettura, prevede la riqualificazione complessiva dell’area che si estende per circa 44mila metri quadrati, attraverso la ristrutturazione conservativa degli edifici preesistenti, la realizzazione di un nuovo building che ospiterà un Hub per la ricerca e l’innovazione e la creazione di oltre 9mila metri quadrati di nuovi spazi verdi all’interno del sito, il tutto visibile dall’esterno in virtù di una nuova recinzione permeabile che permetterà la perfetta integrazione fra il sito Italgas e la Città.

Il cronoprogramma dei lavori prevede di rendere fruibile parzialmente gli spazi per i dipendenti entro il 2026 e di completare le restanti opere entro l’anno successivo, quando saranno completati il nuovo Hub e valorizzati i due gasometri, strutture di archeologia industriale dal grande valore storico e identificativo per la città.

“La città ha accolto e sta accompagnando con grande interesse l’investimento di Italgas – ha dichiarato l’assessore all’Urbanistica Paolo Mazzoleni – . Si tratta di un investimento coerente con l’idea che abbiamo di una città dove sostenibilità, qualità dello spazio e crescita possono convivere positivamente e che conferma la vocazione della città come innovazione”.

L’intervento conferma il forte legame della società con la città che le ha dato i natali nel 1837 e si inserisce nel solco degli investimenti che Italgas ha pianificato in città e nell’area metropolitana.

Merlo: Sanità, bene lavorare insieme. Ma l’avversario non va delegittimato

“Il nuovo piano socio sanitario da costruire politicamente insieme per il futuro del Piemonte
sarebbe un risultato politico importante per tutta la Regione. Sia per la maggioranza che ha
stravinto le recenti elezioni e sia per l’opposizione delle sinistre. Purchè il tutto avvenga, se ciò si
rende possibile, nella trasparenza e con un briciolo di coerenza poltica. E cioè, ogniqualvolta si
lavora insieme sui grandi temi – e la sanità, indubbiamente, è uno di questi – si deve anche
prendere atto che l’interlocutore non è da distruggere politicamente ogni giorno. Detto con altre
parole, la sinistra non può accusare la maggioranza di governo regionale di ogni nefandezza e poi
lavorare tranquillamente insieme. E questo perchè una vera e credibile democrazia dell’alternanza
si basa anche e soprattutto sul rispetto dell’avversario politico senza trascorrere il tempo a
delegittimarlo radicalmente. Più che una questione politica è un fatto di buon senso”.

Giorgio Merlo, Dirigente nazionale Tempi Nuovi Popolari uniti.

Il turismo in Piemonte continua a crescere

Il Piemonte continua a consolidare la sua posizione di rilievo nel panorama turistico italiano, registrando un aumento significativo dei flussi turistici nel primo semestre del 2024. Secondo l’ultimo report pubblicato dall’Osservatorio Turistico della Regione Piemonte – Visit Piemonte gli arrivi sono aumentati del +2,2% e le presenze del +4,2% rispetto allo stesso periodo del 2023.  Questo incremento è stato particolarmente sostenuto dal turismo estero, con una quota di pernottamenti stranieri che nei primi sei mesi ha raggiunto il 50%, in crescita rispetto al 49,2% dello scorso anno e volumi di spesa che nei primi sei messi dell’anno hanno superato 388 milioni e 600 mila di euro.

«I dati positivi emersi dal bilancio turistico del Piemonte per il primo semestre del 2024 – sottolinea il presidente della Regione Alberto Cirio – testimoniano che il turismo piemontese è in buona salute e continua a crescere. I numeri dei primi sei mesi dell’anno sono il risultato dei tanti investimenti nella promozione e nello sviluppo della nostra offerta turistica, oltre che dei grandi eventi – le Final Eight, il Giro d’Italia e il Tour de France – che hanno portato in Piemonte tanti appassionati oltre ad aver rilanciato la bellezza del nostro territorio sulle tv e sui media di tutto il mondo».

«I risultati di questi anni, confermati nei primi sei mesi, sono il frutto di un lavoro sinergico tra le ATL, le Pro Loco, e i numerosi soggetti pubblici e privati che operano nel settore garantendo alti standard di accoglienza – sottolinea l’assessore al Turismo, Marina Chiarelli – In un contesto turistico sempre più competitivo, il Piemonte continua a puntare sulla qualità come elemento distintivo, sapendo che un’esperienza turistica positiva non solo fidelizza i visitatori, ma alimenta anche un passaparola positivo, incrementando la notorietà della regione a livello nazionale e internazionale».

«Dopo il grande risultato raggiunto nel 2023 con oltre 16 milioni di pernottamenti, prosegue il trend positivo per il turismo in Piemonte – sottolinea il Presidente di Visit Piemonte, Beppe Carlevaris – I dati dell’Osservatorio, per il primo semestre 2024, indicano una crescita di arrivi e presenze a Torino, in montagna e nelle colline nonostante le avverse condizioni meteorologiche dei mesi di maggio e giugno. Sempre ottime le recensioni online, che ovunque premiano la qualità della nostra accoglienza con un segno positivo ancora maggiore dell’anno passato; particolarmente interessante il consistente aumento della spesa dei turisti esteri sulle aree della montagna, territorio che ha registrato l’importante +44,5% rispetto ai primi sei mesi del 2023.  I risultati ottenuti sono frutto anche delle vincenti strategie di promozione e comunicazione frutto del grande lavoro degli ultimi anni di Regione, Visit Piemonte con tutti gli operatori, i consorzi turistici e le ATL nella crescita sia quantitativa che della qualità dell’offerta».

Anche l’Osservatorio Culturale ha rilevato un aumento significativo del turismo nei primi sei mesi dell’anno, con un incremento del 14% rispetto all’anno precedente nei cinque musei piemontesi più visitati. In totale, sono stati registrati 1.888.227 ingressi, con il Museo Egizio al primo posto, contando oltre 552.607 visitatori. Seguono il Museo Nazionale del Cinema con 447.704 ingressi, i Musei Reali con 393.925, la Venaria Reale con 282.852 e il Mauto con 205.139 visitatori. Questi musei non solo sono tra i più frequentati, ma probabilmente anche tra i preferiti dai viaggiatori.

Turismo Internazionale in crescita

Il turismo internazionale ha visto un notevole incremento, con un aumento del 3,1% negli arrivi e del 5,9% nelle presenze. La Germania rimane il principale mercato estero, seguita da Francia, Regno Unito, Svizzera e Benelux, tutti in crescita per quanto riguarda i pernottamenti. Gli Stati Uniti hanno registrato un incremento rilevante del 16% nelle presenze rispetto al primo semestre 2023, che conferma un rinnovato interesse dei turisti americani per la nostra regione già rilevato a consuntivo dell’anno scorso in cui il Piemonte aveva chiuso un anno record con 6 milioni di arrivi e 16 milioni di presenze. Questi numeri consolidano il trend che nel 2023 ha consentito, a fine anno, di registrare il superamento della quota di turisti stranieri (52%) rispetto a quelli italiani.  Nel primo semestre 2024, gli stranieri hanno scelto prevalentemente Torino e la prima cintura e il territorio dei laghi (rispettivamente, 32% e 30% del totale arrivi del semestre), concentrarti principalmente nei mesi di maggio e giugno (rispettivamente, 27% e 23% del totale arrivi del semestre).

Trend degli arrivi dall’Italia

Ma anche i turisti italiani crescono sia in termini di arrivi (+1,5%), che in termini di pernottamenti (+2,7%). Guardando alle provenienze italiane, il Piemonte è ancora il primo bacino di provenienza dei turisti in arrivo dal territorio nazionale, in crescita dell’8% nelle presenze rispetto al primo semestre 2023. Secondo posto per i viaggiatori provenienti dalla Lombardia, seguiti da Lazio, Emilia-Romagna e Veneto. Nel primo semestre 2024, i turisti italiani arrivati in Piemonte hanno scelto prevalentemente Torino e la prima cintura e le zone di montagna (rispettivamente, 46% e 17% del totale arrivi del semestre), scegliendo principalmente i mesi di marzo e aprile (18% del totale arrivi del semestre per ciascun mese).

Spesa media del turista estero

Il monitoraggio della spesa realizzato attraverso le transazioni in loco con carte di credito straniere Visa (ovvero un indicatore indiretto sulla presenza di visitatori dall’estero) conferma l’aumento della fruizione turistica del territorio da parte del turismo estero. Rispetto ai primi sei mesi dell’anno precedente, si registra +14,9% di volumi di spesa per un totale di oltre 388 milioni e 600 mila di euro – per la sola quota monitorata, e +16,4% di numero di carte (visitatori unici mensili) in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Guardando alla distribuzione sulle aree prodotto piemontesi, la collina raccoglie il 30% dei volumi di spesa, seguita da Torino e prima cintura (28,3%). L’area della montagna è invece il territorio che ha registrato la crescita maggiore rispetto ai sei mesi del 2023: +44,5%.  Se analizziamo l’andamento della spesa media, la collina è l’area in cui il singolo visitatore ha speso di più, raggiungendo picchi di oltre 250 euro nel mese di gennaio; seguono i laghi e Torino e prima cintura con quasi 180 euro rispettivamente nel mese di giugno e nel mese di aprile.

Offerta turistica diversificata

Il successo è merito di una diversificata offerta turistica. Le escursioni in bicicletta e a piedi, particolarmente amate dai turisti nordici e dagli appassionati di trekking, sono sempre più popolari. I Consorzi e le Atl hanno segnalato che proprio queste tipologie di escussioni sono tra le più gettonate. Come anche i pacchetti enogastronomici con le visite nelle cantine vinicole che offrono l’opportunità di degustare vini pregiati come il Barolo e il Barbaresco.

Non solo Torino, ma anche altre città come Cuneo, Alessandria, Novara e Biella stanno attirando un crescente interesse. La zona dei laghi e l’offerta culturale completano il quadro del report che mostra la crescita continua dell’industria turistica regionale.

Torino con la prima cintura registra un aumento sia negli arrivi (+4,7%) che nelle presenze, +6,5%. La quota delle presenze ospitate dall’area prodotto è di quasi il 38% del totale regionale; andamento positivo per la montagna, che registra un incremento del 2,2% negli arrivi e del 9,5% nei pernottamenti rispetto al 2023.

Monitoraggio delle recensioni on-line e sentiment 

Il monitoraggio delle recensioni on-line conferma il valore positivo del sentiment del periodo per il «prodotto»Piemonte nel suo complesso pari a 87,7/100: valore maggiore rispetto al totale Italia pari a 87,5/100; posizionamento confermato anche per il comparto ricettività: 86,7/100 per il Piemonte vs 86,2/100 per l’Italia.

Per il comparto della ricettività, si evidenzia che il valore del sentiment ha registrato un andamento positivo per tutte le aree prodotto, in particolare: per il prodotto lago è pari a 86,3/100, in crescita di +0,2; la montagna è pari a 87,5/100, con lo stesso valore rispetto al 2023; per le colline è pari a 90,5/100, in crescita di +0,5; per Torino e prima cintura è pari a 84,7/100, in crescita di +0,7.