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Mescolate in una terrina capiente il burro con lo zucchero a velo e la vaniglia. Quando il composto sarà omogeneo, incorporate i tuorli d’uovo sodi setacciati e, successivamente, la farina e la fecola di patate…
Leggi l’articolo su piemonteitalia.eu:
https://www.piemonteitalia.eu/it/enogastronomia/ricette/margheritine-di-stresa
Uno dei cardini del nostro sistema giuridico o, meglio, socio-assistenziale, è che nel nostro Paese la sanità è gratuita.
Gli italiani sono famosi per non avere le idee molto chiare su quali siano i propri diritti e su quali siano i costi che sostengono, in generale, e previdenza ed assistenza ne sono un esempio lampante.
Ci si lamenta, in particolare negli ultimi anni, che la sanità sia in crisi, che oscuri centri di potere stiano tramando per modificare l’attuale regime sanitario in un sistema privato, dove paghi anche per entrare al pronto soccorso, al pari di quanto avviene da sempre negli USA.
Tutti sono sempre molto attenti, quando si parla di pensioni, a rimarcare il fatto che noi versiamo anche per chi non lavora, con il risultato che poi tutti avranno diritto alla pensione ma a noi (noi chi?) tocca lavorare sempre di più.
Ho chiesto a venti persone come funzionino il regime assistenziale e quello previdenziale in Italia, e solo 4 hanno saputo rispondermi correttamente.
Premesso che in Italia, dopo la nascita del Servizio Sanitario Nazionale per effetto della legge 833/78, esiste un solo sistema sanitario principale mentre sussistono ancora alcune casse previdenziali di categoria (ENASARCO, Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, ed altre): parliamo di INPS che è l’Ente che accomuna la quasi totalità degli italiani.
Noi paghiamo (attraverso il gettito IRPEF) un tot, calcolato sul reddito lordo, quale quota per l’assistenza (malattia, per intenderci) e previdenza (la pensione).
Pur essendo i versamenti riconducibili al singolo che li effettua, l’Ente va visto come un enorme calderone nel quale arrivano soldi di tutti gli iscritti e ne escono per prestazioni sanitarie (farmaci compresi) e pensioni.
Se abbiamo un minimo di dimestichezza con la matematica, è intuibile che se, per ragioni varie, gli introiti diminuiscono diventa difficile mantenere invariate le uscite. Allo stesso modo, se aumentano le uscite, diventa molto difficile pareggiare i conti.
Mi spiego meglio: in un periodo come la pandemia quando molte attività sono state costrette alla chiusura gli introiti sono stati ridotti drasticamente ma, per contro e per la stessa causa, sono aumentate le spese (tamponi, ricoveri, visite specialistiche, presidi medico-chirurgici).
Aggiungiamo, inoltre, che da anni è sorta la tendenza a creare sempre nuovi malati (non entro nel merito della correttezza della tendenza). Un esempio? L’ipertensione: anni fa valeva la formula del “100 + l’età” almeno per gli adulti; va da sé che un 70enne con una pressione sistolica di 170 era “sano”. Ora se mantieni nel tempo una massima di 140 sei considerato iperteso e, quindi, inizi ad assumere farmaci antiipertensivi a vita. L’ASL ti assegnerà l’esenzione per patologia ed ecco che i farmaci saranno per sempre a totale carico INPS.
Lo stesso dicasi per il colesterolo, nei confronti del quale vengono ogni tot anni rivisti al ribasso i valori, cosicché se qualche anno fa con 220 eri “nella norma”, ora devi stare sotto i 200. E se superi quei valori? Basta assumere delle statine (per tutta la vita) a totale carico INPS e anche questa è fatta.
Ovviamente non è importante che il contribuente guarisca, basta che le casse dell’INPS non reclamino vendetta altrimenti bisogna correre ai ripari introducendo tickets su alcuni farmaci o sulle prescrizioni.
Noi siamo uno dei popoli col minor senso civico: basterebbe mantenere uno stile di vita adeguata, evitare di ricorrere al pronto soccorso per un’influenza o un attacco di diarrea, evitare di chiamare l’ambulanza se ci si può recare al P.S. con mezzi propri e già le cose cambierebbero. Certo, se lo fa un italiano su 60 milioni non cambia nulla, ma se venisse adottato come stile di vita generalizzato le cose cambierebbero eccome.
Se quando finiamo una terapia portassimo al nostro medico i farmaci avanzati (e non scaduti, ovviamente) questi potrebbero essere consegnati a chi ne abbia bisogno, senza ulteriori aggravi per il S.S.N.
Se evitassimo di provocarci le patologie (mangiando schifezze, bevendo come se non ci fosse un domani, fumando anche il posacenere, ingurgitando dolci e grassi come se fossero aria) sicuramente eviteremmo di caricare il S.S.N. di costi.
Allo stesso modo, se stiamo a casa “in mutua” per un unghia incarnita o perché devo ritinteggiare casa, va da sé che incidiamo non poco sull’INPS e, col passare del tempo, le sue casse cominceranno a colorarsi di rosso.
Una buona gestione dell’Ente è sicuramente auspicabile, e non ho motivo di ritenere che non avvenga così già ora; mi sento, invece, di credere che da un cambiamento nel comportamento di tutti noi Italiani possa nascere la differenza.
Sergio Motta
Il 16 ottobre, alle ore 18, a Cuneo, un incontro pubblico alle Mille Foglie
Le conseguenze del Covid sono state di natura sanitaria, ma anche psicologica e sociale. Su questo ultimo aspetto il libro omonimo dell’evento raccoglie le testimonianze di cittadine e cittadini di diverse categorie a distanza di 5 anni dal sorgere dell’epidemia. L’erboristeria Mille Foglie di Cuneo, in via Monsignor Bologna 5, ospiterà il 16 ottobre, alle ore 18, un incontro sul tema, prima occasione in Piemonte per proporre un dialogo serio e aperto su una tematica piuttosto travagliata. Elisa Bertinato e Fernanda Mazzoli, due insegnanti del pesarese urbinate, hanno lanciato nei canali social il questionario a cui hanno risposto in modo meditato 42 persone, quelle che se la sono sentita di tornare con la memoria a quel periodo, contrassegnato da decisioni e interrogativi drammatici, e di autorizzare poi la pubblicazione della loro testimonianza.
Le scelte di ciascuno, nate nella pandemia, hanno procurato fratture nei rapporti familiari e lavorativi, non tutte ancora ricucite. Il libro le descrive e tenta di aprire il confronto fra chi, forzatamente, è stato incasellato nelle definizioni di pro vax o no vax. All’incontro interverranno tre degli autori del libro: Guido Fea, di Fossano, analista informatico; Alessia Garda, torinese, insegnante di filosofia e Maria Antonietta Bálzola, milanese, psichiatra. Modererà il dibattito l’editore R. Labanca.
Mara Martellotta
Il massimalismo, l’estremismo, il radicalismo e il populismo sono la nuova ed esclusiva cifra
politica della sinistra italiana. Intesa in tutta la sua diversità e pluralità. Ovvero, la sinistra
televisiva, accademica, intellettuale, giornalistica, sindacale e, come ovvio e scontata, politica.
Cioè i partiti che oggi rappresentano autenticamente l’universo della sinistra italiana e che si
riassume con il cosiddetto “campo largo”: Pd, Avs, 5 stelle e la Cgil di Landini. In più, seppur in
una posizione meno ufficiale ma, comunque sia, contigua e in perfetta sintonia con quell’area
politica, tutte quelle sigle dell’estremismo più o meno violento e barricadero che caratterizzano
ormai il mondo della sinistra italiana.
Ora, è di tutta evidenza che in un contesto del genere è difficile, molto difficile, distinguere una
legittima differenza tra il manifestare liberamente il proprio pensiero o la propria indignazione
politica e il ricorso a quella violenza che, purtroppo, campeggia in moltissime manifestazioni di
piazza organizzate da sigle della sinistra stessa. E questo perchè, al di là delle stesse mille
manifestazioni di piazza che ormai attraversano tutta l’Italia, è indubbio che ci troviamo di fronte
ad una situazione dove è l’intera sinistra che si orienta sotto il vestito di un massimalismo e di un
radicalismo che può tranquillamente sfociare in momenti anche virulenti: dall’attacco violento alle
forze dell’ordine alla criminalizzazione del nemico, dalla devastazione delle città alla sistematica
interruzione dei servizi pubblici essenziali per la vita normale e quotidiana dei cittadini italiani.
Ed è proprio questa concreta situazione che porta ad una semplice conclusione al di là e al di
fuori di qualsiasi valutazione politica, culturale ed ideologica sul profilo dell’attuale sinistra italiana,
seppur nella varietà che la contraddistingue. E cioè, possono essere il massimalismo, il
radicalismo e l’estremismo l’orizzonte entro il quale la sinistra ex e post comunista italiana può
essere oggi e domani una vera e propria alternativa democratica all’attuale coalizione di centro
destra a guida Giorgia Meloni? Possono essere l’estremismo, il radicalismo e il massimalismo una
ricetta credibile per dispiegare sino in fondo una altrettanto credibile cultura di governo? E, infine,
possono essere l’estremismo, il radicalismo e il massimalismo la strada più coerente e più
credibile per mantenere il nostro paese in un quadro e in una cornice democratica e
costituzionale?
Sono domande, queste, credo legittime anche alla luce delle concrete vicende politiche che
emergono dalla nostra società nelle sue multiformi espressioni. Perchè un conto era la
tradizionale coalizione di centro sinistra. E cioè, una allenza democratica, riformista e di governo.
Altra cosa, tutt’altra cosa, è l’attuale coalizione della sinistra estremista, massimalista e radicale
dove non c’è più alcun paletto a sinistra e tutto viene inglobato nel cosiddetto ‘campo largo’: dai
partiti al sindacato di riferimento, dai conduttori televisivi agli intellettuali cosiddetti organici, dai
gruppi spontanei ai centri sociali agli stessi organi di informazione che supportano questa
alternativa politica.
Per queste ragioni, semplici ma essenziali, resta una domanda aperta anche in vista delle
prossime elezioni politiche. E cioè, è con questo progetto politico e con questo profilo culturale
che la sinistra italiana si prepara ai prossimi appuntamenti elettorali? Se così fosse, prepariamoci
ad un clima di fortissima radicalizzazione politica e di marcata polarizzazione ideologica. Con
conseguenze non indifferenti per la stessa qualità della nostra democrazia e la solidità delle nostre
istituzioni democratiche. Per non parlare dell’efficacia dell’azione di governo.
Vent’anni. Anzi, 250 mesi. Tanto è durato (finora) il regno di Urbano Cairo al timone del Torino FC. Un’epoca lunga, ma poverissima di risultati. In due decenni di presidenza, Cairo è riuscito nell’impresa di svuotare il Toro della sua essenza, rendendolo un club piatto, privo di ambizione, scollegato dalla sua gente.
Due qualificazioni europee? Sì, ma solo perché altri hanno rinunciato. Nel 2014 il Parma fu escluso per motivi economici, nel 2019 toccò al Milan dire addio all’Europa League per un accordo con l’UEFA. Il Torino, in entrambi i casi, fu ripescato. Nessuna cavalcata epica, nessun piazzamento conquistato sul campo con determinazione e orgoglio granata.
E poi c’è il dato che fa più male: un solo derby vinto. Uno. In vent’anni. Una miseria sportiva che grida vendetta, in una città dove il derby è più di una partita: è identità, è cuore, è riscatto. Ma il Torino targato Cairo si è accontentato di sopravvivere. Sempre col freno a mano tirato, sempre con la logica del “basta non retrocedere”.
Ora la beffa si compie: dopo 250 mesi di nulla, il rischio è quello di tornare esattamente dove tutto era cominciato — in Serie B. Un cerchio perfetto, ma non per i tifosi. Per Cairo, forse sì. Perché se davvero dovesse mollare solo con la retrocessione ormai in tasca, potrà anche dire: “Avete visto? Senza di me, il nulla.”
Ma la verità è chiara: il nulla è stato lui. Una presidenza lunga, logorante, senza visione. Senza amore. Senza Toro.
Adesso, più che mai, serve una svolta. Serve futuro. Serve qualcuno che restituisca al Toro la sua anima. Perché 250 mesi così non si possono sopportare ancora.
Enzo Grassano
Si è inaugurata venerdì 3 ottobre a Villa Lascaris la mostra fotografica Memoria e Accoglienza – Storie di mondi in cammino, alla presenza delle istituzioni e delle associazioni del territorio. Realizzata con il contributo della Fondazione CRT e dell’Associazione Generazioni Migranti, e inserita nel programma del Festival dell’Accoglienza di Torino, la mostra esplora il tema delle migrazioni nel tempo: dal grande esodo italiano tra l’Unità d’Italia e gli anni Venti del Novecento fino ai movimenti contemporanei.
Migrazioni, umanità, riconciliazione
Nel suo intervento, il direttore di Villa Lascaris don Marco Fracon ha ricordato come i fenomeni migratori abbiano da sempre accompagnato la storia dell’umanità, intensificandosi nei periodi di guerra e di sconvolgimento climatico come quello attuale. Ha inoltre sottolineato una doppia coincidenza simbolica nella data di apertura al pubblico: il 4 ottobre, giorno dedicato a San Francesco d’Assisi – il santo dell’incontro con l’altro, del dialogo e della fraternità – e la vicinanza con lo Yom Kippur, la festa ebraica dell’espiazione e della riconciliazione.
Le parole delle istituzioni
Giampiero Leo, consigliere e coordinatore della Commissione Arte, Cultura, Welfare e Territorio della Fondazione CRT, ha portato i saluti della Presidente della Fondazione, prof.ssa Anna Maria Poggi e della Segretaria Generale avv. Patrizia Polliotto, soffermandosi sul valore culturale ed educativo di iniziative come Memoria e Accoglienza. Eventi che ricordano le esperienze dei nostri connazionali emigrati nel corso dei secoli, e che insieme mostrano esempi di integrazione riuscita e di futuro condiviso. Citando l’avvocata e attivista iraniana Shirin Ebadi, premio Nobel per la Pace nel 2003 – “Voi siete come quelli che, avendo l’acqua tutti i giorni, non si accorgono di quanto valga l’acqua” – Leo ha invitato a riscoprire il valore della consapevolezza, della partecipazione democratica e della cittadinanza attiva. Elementi che , come ha voluto anticipare il Consigliere Leo, saranno parte fondamentale e qualificante del prossimo piano triennale della Fondazione CRT. L’inaugurazione si è conclusa con la visita al percorso espositivo, che si è rivelato tanto profondo quanto coinvolgente. Il tutto si è infine arricchito con una raffinata performance dal vivo dell’attrice Silvia Mercuriati.
Informazione promozionale
“Oltre il confine dell’orizzonte” è la mostra che inaugura la stagione autunnale della galleria d’arte Malinpensa by La Telaccia con opere di due artisti: Cinzia Gorini e Fabrizio Passera. La mostra si aprirà il 2 ottobre per concludersi il 15 ottobre prossimo.
“Cinzia Gorini – afferma l’art director Monia Malinpensa – crea una linea pittorica importante su cui sviluppare diversi aspetti di rilievo naturalistico e di essenza umana, facendo risaltare il soggetto grazie a un’energia interiore costante. Il preciso studio del colore, luminoso e ben sfumato, prende corpo grazie a una conoscenza tecnica solida e matura, che rende l’opera intrisa di una propria identità stilistica. Sono opere pittoriche che stupiscono e che emergono da una suggestione unica attraverso un’espressione dinamica del colore e del segno sorprendente. Il progetto è dedicato all’amore per la natura, da cui se ne trae una energia di grande forza contenutistica e propria identità artistica. Il fruitore viene travolto da effetti cromatici straordinari, e da trasparenze uniche, nei giochi chiaroscurali, che sprigionano messaggi contemplativi e poesia visiva ispirata dal rispetto verso la natura”
Nata in Italia nel 1965, Cinzia Gorini ha debuttato a Stoccolma nel 1996 con la sua prima personale “Il Silenzio, l’Anima” con una collezione delle sue prime opere raffiguranti fari e soggetti marini. Nei decenni successivi ha sviluppato il suo stile ormai distintivo, in cui l’idea di navigare verso isole remote aggiunge un elemento di meraviglia, invitando l’osservatore a esplorare l’ignoto attraverso le sue opere astratte. Negli ultimi anni le opere di Cinzia Gorini sono state premiate alla Biennale di Montecarlo del 2021 e del 2023, e i suoi lavori inclusi in prestigiose pubblicazioni d’arte, oltre ad aver preso parte a mostre collettive in Italia e in Francia.
“La fotografia di Fabrizio Passera – ha dichiarato l’art director Monia Malinpensa – è impegnata a valorizzare luoghi abbandonati e feriti che rinascono grazie alla forza espressiva e alla profonda umanità che l’artista ci invita a riscoprire. Attraverso la sua arte egli restituisce valore all’immagine, ricordando le sue radici e trasformandole in un nuovo scenario. La serie fotografica ‘OW’ documenta uno studio di notevole preparazione tecnica, di un lungo lavoro di analisi, sia della luce sia della conoscenza strutturale. L’artista coglie dall’ex fabbrica di elettrodomestici una nuova visione del luogo dove ferma e cattura l’attimo dello scatto con gli occhi e l’animo dell’artista. La bellezza della luce, filtrata con occhio attento e mano sicura, attraversa l’immagine di quello che era una volta”.
Fabrizio Passera è nato in provincia di Bergamo, dove risiede dal 1974. Dopo aver fatto il fotografo di Still Life per circa 10 anni, nel 2022 gli è stato proposto di esporre presso un circolo culturale di Bergamo, in una mostra personale che ha riscosso buon successo tra critici e addetti ai lavori. Una delle fotografie di questa esposizione è stata riproposta a Livorno, in quanto finalista del concorso Combat Prize 2022. Nelle sue opere ricerca l’interpretazione degli spazi urbani e la relazione tra l’architettura e le persone che le vivono, tra l’artificiale e il paesaggio. Gli piace indagare, attraverso la fotografia, l’urbanizzazione e gli effetti che questa produce sulla società è sul paesaggio. È stato premiato col primo premio per la fotografia “La natura del domani” alla decima Biennale d’Arte Internazionale di Montecarlo, organizzato dalla galleria Malinpensa by La Telaccia.
Mara Martellotta
Finisce senza reti il big match della sesta giornata di Serie A tra Juventus e Milan. All’Allianz Stadium, bianconeri e rossoneri si annullano a vicenda in una partita intensa ma priva di reali guizzi offensivi. Per la squadra di Igor Tudor si tratta del quinto pareggio consecutivo, un dato che inizia a pesare nella corsa scudetto. Dall’altra parte, il Milan di Massimiliano Allegri – grande ex della serata – recrimina per un rigore fallito da Christian Pulisic nel secondo tempo che avrebbe potuto regalare tre punti fondamentali e l’aggancio al vertice con Napoli e Roma. Ora la sosta: l’Italia di Gattuso si gioca il Mondiale
La Serie A si ferma ora per lasciare spazio alla nazionale italiana di Gennaro Gattuso, attesa da due partite decisive per la qualificazione al Mondiale 2026. Gli Azzurri affronteranno l’Estonia sabato 11 ottobre e poi Israele martedì 14 ottobre: due gare da non fallire per rilanciare le ambizioni dell’Italia e mettere al sicuro il pass per il torneo in Nord America. Occhi puntati su un gruppo che cerca risposte e certezze dopo un avvio altalenante.
Enzo Grassano