ilTorinese

L’estate sta finendo. Pioggia in arrivo e temperature in calo

A partire da domenica 21 settembre il tempo a Torino e in gran parte del Piemonte mostrerà segnali sempre più evidenti di cambiamento, segnando probabilmente la conclusione della lunga parentesi estiva. La giornata inizia con sprazzi di sole e temperature miti o anche calde, ma nel corso delle ore le nubi tenderanno ad aumentare e nel pomeriggio non si esclude il passaggio di rovesci e qualche temporale, più probabili sui rilievi e in successiva estensione verso le zone di pianura. Le massime si manterranno ancora relativamente alte, attorno ai 25 gradi, mentre le minime resteranno su valori dolci, intorno ai 17-18 gradi. Già nella notte e nella mattinata di lunedì l’atmosfera diventerà più instabile, con cielo spesso coperto e precipitazioni diffuse che potranno risultare localmente moderate o a tratti intense, specie sulle aree occidentali e settentrionali della regione. Le temperature inizieranno a scendere in modo sensibile, con valori diurni che faticheranno a superare i 20-22 gradi. Nei giorni successivi la situazione rimarrà variabile e a tratti perturbata, con alternanza di schiarite e nuovi episodi di pioggia o brevi temporali e un ulteriore calo termico che porterà le minime notturne a sfiorare i 10-12 gradi nelle zone interne e collinari. L’arrivo di correnti più fresche di origine atlantica determinerà così un cambio d’aria deciso, facendo percepire a tutti la fine della stagione estiva e l’inizio di un autunno che si annuncia più fresco e umido, con valori termici sotto la media del periodo e un’atmosfera più tipicamente settembrina.

Voglio, posso, comando

Quasi quotidianamente ricevo segnalazioni, da parte delle persone più disparate, di casi di mobbing sul lavoro, di dipendenti di alcuni ipermercati o altre imprese che trattano male i clienti, di forze dell’ordine che pensano di essere sceriffi nel far west.

E’ evidente che molti, troppi confondano autorità con autorevolezza, credendo che solo con la forza, con la durezza si possano ottenere i risultati attesi o esercitare il controllo della situazione.

Siamo di fronte all’ennesima distorsione ad opera delle moderne metodiche di insegnamento, utilizzate in alcune Università, dove occorre in primis pensare al risultato anche a costo di sfruttare il capitale umano e poi, eventualmente, pensare alle risorse umane.

Negli anni ’60 e ’70, quando il sindacato poteva ancora vantare quel nome, pur in contesti accesi come l’autunno caldo o altre manifestazioni di protesta, la maggior parte delle decisioni nascevano da un confronto tra impresa e parti sindacali, perché coinvolgere queste ultime comportava minori problemi di ribellione delle maestranze e, dunque, migliori prospettive per l’azienda.

Col passare del tempo, alcuni sindacati hanno preferito trattare direttamente con le imprese, ad alto livello, esautorando le rappresentanze locali e rendendo assolutamente vane le proteste o le possibilità di accordo, al punto che in alcune realtà i sindacalisti erano i primi a fare carriera.

Capitolo a parte meritano i sedicenti commercianti (venditori è più che sufficiente a descriverli) che, senza alcuna propensione a trattare col pubblico decidono di mettersi in proprio in uno dei settori più difficili dell’imprenditoria ed i risultati si vedono nel giro di pochissime settimane: negozi vuoti, quei pochi clienti che entrano escono insoddisfatti e, spesso, imbufaliti con il risultato che nel giro di pochi mesi il negozio tira giù la serranda per sempre.

Quale la ricetta?  Innanzitutto, umiltà: non credersi il Barbiere di Siviglia per poi mostrarsi come il barbiere di Full Metal Jacket, non vendersi come un innovatore mentre, alla resa dei conti, sei solo un imbecille presuntuoso.

Anni fa, nella zona dove abitavo, un tizio pieno di sé rilevò un bistrot-ristorante (aveva fatto tutt’altro mestiere fino ad allora) e, appena aperto, disse che aveva intenzione di chiamare Gordon Ramsay per l’inaugurazione; escludendo che facesse uso di stupefacenti, era evidente che non sapeva di cosa stesse parlando. Trascorse metà del periodo di attività del locale stando fuori a fumare, l’altra metà con la serranda abbassata finché cessò l’attività (non provò neppure a cederla) perché “la gente non riconosce la qualità”.

In centro città un bar storico ha chiuso dopo (che io sappia) oltre 70 anni di attività, sebbene la gestione attuale avesse al massimo una decina di anni. Non so come abbia fatto a tirare avanti finora, ma so che ha chiuso “perché c’è crisi”; peccato che tutti gli altri bar del centro, da piazza Statuto a piazza Vittorio, estremi compresi, siano sempre pieni. Non ti viene in mente che forse sei tu che non sai lavorare? Se ogni volta che un concorrente crea un nuovo prodotto lo vuoi copiare, ma sei così invorgnito da venderlo a prezzo maggiore del suo, dei due uno: o non hai proprio capito nulla del commercio o hai gravi problemi psichici. Di sicuromanchi di creatività e di correttezza. Soprattutto se ti inserisci nei discorsi dei clienti al banco o se, quando entra un cliente in compagnia di una signora (ma è lo stesso invertendo i sessi) lo saluti chiedendogli come stia la moglie (o il marito).

Una delle regole del commercio è che un cliente non deve mai uscire a mani vuote dal negozio; se un articolo non lo soddisfa, gli si propone qualcos’altro, gli si viene incontro magari cercando in magazzino o in fabbrica ciò che cerca ma non gli si deve mai dire “Mi spiace, non ce l’abbiamo”. Anni fa, cercando un adattatore dal 220 V al 12 volt per il campeggio, mi recai in un negozio rinomato e chiesi se avessero quell’articolo. Il prezzo era superiore a ciò che avrei dovuto collegarvi, quindi rifiutai.

Sere dopo mi trovai a passare davanti ad un negozio gestito daarabi, entrai e chiesi se per caso l’avessero avuto; non solo me lo trovò, verificò che funzionasse e, trovandolo guasto, andò da un concorrente a farsene dare un altro per portarmelo. Il tutto per l’ottava parte di quanto mi chiese il primo commerciante, che me lo stava vendendo senza provarlo.

Anche questa è una forma di potere, perché sottomette chi è nel bisogno a chi può soddisfarlo, chi in quel momento ha il coltello dalla parte del manico di fronte a chi, in quel momento, è la parte debole.

In sostanza, il potere non sta nel comando, ma nella capacità di ascoltare, rispettare e guidare con empatia.

Se non impariamo questo, potremo inventarci tutti i mestieri di questo mondo, aprire tutte le attività possibili ma resteremo solo dei poveri falliti, destinati a reiterare gli insuccessi.

Sergio Motta

Ansia: come tenerla a bada e vivere più sereni / 3

 

Cerchiamo di guardare (e vedere) con distacco la situazione che scatena in noi l’ansia, come se fossimo nel futuro e come se l’avessimo già vissuta, e chiediamoci quali potrebbero essere le reali conseguenze se avessimo fallito in quella situazione.

Molte volte questo accorgimento si rivela utile a ridimensionare questioni che nell’attacco d’ansia ci appaiono come “di vita o di morte”. Un altro modo di gestire l’ansia è quello di concentrarci su un nostro “luogo di pace”, di immaginarlo come se ci fossimo dentro, con tutti i nostri sensi.

Può essere un luogo fisico, in cui siamo stati con grande piacere, o un posto amato della nostra infanzia, oppure una persona la cui presenza ci dava (o ci dà) pace e serenità, o anche un “luogo musicale” o letterario, o semplicemente un luogo desiderato, ecc.

Ognuno di noi ha, dentro di se’, questi “luoghi di pace”, che sono soltanto suoi, legati ai suoi ricordi, ai suoi vissuti, al suo immaginario personale. Andiamo a ripescarne uno nei momenti in cui l’ansia sale e rischia di invaderci, ed “entriamoci dentro”.

Cercando, se possibile, di estraniarci dalle cause dell’ansia. Può sembrare un esercizio difficile, ma, come sempre, è questione di allenamento! Un ulteriore elemento molto efficace a tenere a bada l’ansia si realizza quando impariamo a osservare e vivere le nostre emozioni senza giudicarle.

Senza per forza volerle definire positive o negative, utili o dannose, giuste o sbagliate. Partendo dalla consapevolezza delle emozioni che viviamo, dalla loro identificazione. E dalla loro accettazione. Che si tratti di paura, di tristezza o di rabbia, ecc.

(Fine della terza e ultima parte dell’argomento).

Potete trovare questi e altri argomenti dello stesso autore legati al benessere personale sulla Pagina Facebook Consapevolezza e Valore.

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
www.tentoni.it
Autore della rubrica settimanale de Il Torinese “STARE BENE CON NOI STESSI”.

Creatività e trasgressione, la continua “pazza idea” di Angelo Frontoni

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Alla Mole, sino al 9 marzo

Osservate, indagate, decifrate il significato intenso di ogni proposta consegnata da Angelo Frontoni. La fotografia è più complessa del cinema che inganna l’occhio con il movimento dell’oggetto e il suono della parola; la fotografia è un furto breve, è un istante di rapimento posseduto dal quale l’operatore sottrae alla vittima la sua muta confessione”, parole di Alberto Lattuada, anno 1990. Ed è una ampia carrellata, che s’inerpica su e su per la scala elicoidale, all’interno della Sala del Tempio della Mole di Antonelli, di queste fanciulle in fiore – in questi termini avrebbe parlato il regista -, quella che srotola immagini e immagini, sotto il titolo di “Pazza idea”, prodotta in proprio e realizzata dalla Fondazione del Museo del Cinema e attingendo da quel vasto patrimonio che è l’archivio Frontoni – 546.000 immagini acquisite vent’anni fa dal Museo Nazionale del Cinema di Torino e dalla Cineteca Nazionale – Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma: per la mostra se ne sono scelte 200 in rappresentanza di 62 artisti nazionali e internazionali. Chissà quante diverse mostre e differenti titoli potranno nascere da tutto quel ben di dio. Curata dal direttore Carlo Chatrian con Roberta Basano e Elena Boux, la mostra ha il giusto sottotitolo di “Oltre il ’68: icone pop nelle fotografie di Angelo Frontoni”, dove sono indicate la volontà e la scelta di restringere il campo visivo, di focalizzare una dozzina d’anni, di interessare lo sguardo esclusivamente al corpo – femminile soprattutto ma anche maschile che quegli anni di digressione e rivoluzionari avevano sdoganato -, di guardare alla carta patinata e no, alle riviste che con quelle immagini quasi triplicavano le loro vendite, agli spazi occupati su Stern, Paris Match, Sunday Times, Photo e persino Playboy americano, magari mescolando – sempre con il gusto dell’ironia una provocazione più o meno accentuata – il clima della Swinging London con i panorami agresti delle campagne intorno a Roma. Uno sguardo a fissare un’epoca piena di personaggi, taluni a consolidare un successo altri alla ricerca di una fama, obiettivi e sguardi ben lontano sempre dal voyeurismo.

L’immagine mi ha sempre attirato. Vivo d’immagini, la bellezza delle immagini le luci, le espressioni del volto umano…La realtà; la vita. Faccio il fotografo per cogliere, fissare, rubare la vita… Abbellirla, quando mi riesce”, parole di Frontoni, anno 1989, che richiamano le parole di Roberta Basano, in conferenza stampa, circa “la sua grande libertà con il mezzo espressivo”. A lui, nei decenni che vedevano attentati e sangue e atti rivoluzionari, che incrociavano gli anni di piombo, non interessavano i cortei che sfilavano per le strade e davanti ai cancelli delle fabbriche, la Storia stava da tutt’altra parte, lui continuava a cercare le luci e i volti e i corpi. Il presidente Enzo Ghigo esprime “il livello di soddisfazione altamente significativo” per l’operazione come tiene a sottolineare “l’interesse che produrrà nelle persone che quegli anni e le vicende, personali e no, delle tante interpreti di quelle immagini hanno vissuto: e anche quelli che non erano ancora nati, la mostra è in ogni modo uno spaccato della storia di casa nostra. Mentre il direttore e curatore Carlo Chatrian guarda alla “valorizzazione del patrimonio del fotografo come all’aspetto umano” nell’intento di continuare a fare ricerca, secondo le direttive della Fondazione. “Tante le immagini ma quella che guida la mostra è l’immagine di Patty Pravo, icona tra le principali del mondo di Frontoni, emblema di creatività e trasgressione, davvero artefice di una continua “pazza idea”, lei scelta un giorno, in tutta la sua fierezza, per essere avvicinata o inghiottita tra i dentoni di uno squalo, a pubblicizzare il film di Spielberg.

Era nato Frontoni nel marzo del ’29, ma altre fonti anticipano al ’26, a Roma, dove scomparve nel 2002. Primo di nove figli, abbandonò ben presto quel familiare forno Frontoni che era celebre per la “pizza romana” e sfamava l’intera famiglia, non ne sentiva alcun aggancio. Se ne volò a Parigi e dopo poco in America, sperimentando la propria tecnica del bianco e nero che lo portò al primo successo di una lunga professione: la foto di Gina Lollobrigida. Dopo quell’immagine sarebbero arrivati i tanti servizi, “firma ben riconoscibile per il suo stile barocco ai limiti dell’eccesso” – sempre concepiti nella villa di Zagarolo o nell’ampio studio di via dei Monti di Pietralata 90, nella capitale – a immortalare, con la Patty, Elsa Martinelli e Marisa Mell (anche i film di serie B andavano a pennello, l’attrice austriaca sul set di “Una sull’altra” di Lucio Fulci, 1969, ne è un esempio) e una piratesca o campagnola Loredana Bertè, le più gettonate, ma pure Jane Fonda, metallizzata sul set di “Barbarella”, Claudia Cardinale e Ornella Vanoni impellicciata, le proteste degli animalisti erano ancora di là da venire, Rossella Carrà e l’androgina Jane Birkin, Catherine Spaak avvolta nelle piume e la dimenticata Maria Grazia Buccella, il caschetto nero di Rossana Podestà (1966), all’apice del successo con “Il grande colpo dei 7 uomini d’oro” ma pronta di lì a poco ad abbandonare il marito regista Marco Vicario per le montagne e per Walter Bonatti. E ancora Raquel Welch e Mariangela Melato fotografata in abito arancio tra le scogliere di “Travolti da un insolito destino”, le sorelle Kessler ed Edvige Fenech elegante negli abiti di Rocco Barocco o nature come mamma l’ha fatta (primi anni Ottanta), sotto il segno del Capricorno – una serie legata ai segni zodiacali assolutamente da non perdere -, le sorelle Bandiera di arboriana memoria e Ira von Fürstenberg di nobili natali e Renato Zero, che forse non aveva ancora raccolto le orde dei sorcini attorno a sé ma che ci teneva a mostrarsi trasognato ai margini di una solitaria spiaggia con la “storica fidanzata” Lucy Morante. Era, più o meno, il 1979 e lui ci blandiva con “il carrozzone riprende la via / facce truccate di malinconia / tempo di piangere, no, non ce n’è / tutto continua anche senza di te”. Fine di un grande amore?

Chiuso nel capitolo “Dancing Queen” troviamo Enzo Avallone – poi Truciolo, dal nomignolo che gli affibbiò il non ancora pentastellato Beppe Grillo -, conquistatore di un quarto d’ora di successo grazie a Heather Parisi che lo volle nel ’79 accanto a sé per “Fantastico”, qui slanciato in abito immacolato contro uno di quei fondali metallici che maggiormente permettevano a Frontoni di giocare con la luce e i suoi tanti effetti. Proseguendo alla voce maschietti, l’efebiche forme di Helmut Berger tra le fresche frasche di Ischia, Visconti finissimo occhio osservatore e protettore, Fabio Testi issato poderoso su un bianco cavallo, lo sguardo di Lawrence d’Arabia prima della battaglia ma con assai meno paludamenti, Jean Sorel mollemente adagiato. A dirla tutta – sono le ospiti di due delle sei “cappelle” (più o meno “votive” ad un mondo che mostrava già parecchi scricchiolii) approntate al temine del tragitto artistico, Ilona Staller (con tanto di sussurri, e poche grida, a matrice erotica) e Moana Pozzi immersa nella tinozza; nonché Luciana Turina, che mette in (bella?) mostra il proprio fisico over size, con una (grande) tonnellata d’ironia ma certo con una qualche caduta di gusto cui anche il maestro della fotografia non ha potuto sottrarsi.

Alla Mole sino al 9 marzo, gli occhi di tutti hanno tempo e modo di sbizzarrirsi. Si prevede, nelle intenzioni degli organizzatori, una festa anni ’80, chissà dove chissà quando chissà se, e altrettanto “certo certissimo anzi probabile”, l’arrivo della icona Patty Pravo e del nipote di Frontoni, Daniele, felicissimo – ha detto – che il Museo del Cinema abbia ricordato in maniera così significativa lo zio.

Elio Rabbione

Presenze, nei lunghi anni di lavoro di Frontoni, sono stati Brigitte Bardot, Helmut Berger, Jane Fonda e Patty Pravo che della mostra “Pazza idea” è l’immagine principe.

Rock Jazz e dintorni a Torino: Ronald Baker &Tony Match Trio

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA

Lunedì. Alle OGR suona Ronald Baker & Tony Match Trio.

Mercoledì. Al Blah Blah si esibiscono I Cospiratori.

Giovedì. Al Vinile è di scena Simona Palumbo Quartet. All’Hiroshima Mon Amour si esibisce Lina Simons + Juma. Al Blah Blah suonano i The Dirteez + Bone Rattler.

Venerdì. Al Peocio di Trofarello è di scena il sestetto di Luca Vicini. Al Circolino suona il Just in Trio. Allo Ziggy si esibiscono i GoTho + Codcreep.

Sabato. Al Vinile sono di scena i The Bartenders. Al Peocio di Trofarello và in scena Music for Burkina. Al Magazzino sul Po suonano gli Ecko Bazz & Still.

Pier Luigi Fuggetta

Torino ricorda i caduti della Prima Guerra Mondiale

Il parco della Rimembranza compie cento anni. Ieri mattina, ai piedi del Faro della Vittoria, sul colle della Maddalena, la Città di Torino ha celebrato questo importante anniversario con una commemorazione che ha reso omaggio ai caduti della Prima Guerra Mondiale e al lavoro degli Alpini, che da anni si prendono cura del parco.

Alla commemorazione hanno partecipato l’assessora alla Cultura della Città di Torino Rosanna Purchia, l’assessora agli Affari Generali e Istituzionali del Comune di Vittorio Veneto Barbara De Nardi, l’assessore della Regione Piemonte Maurizio Marrone, la presidente del Consiglio Comunale Maria Grazia Grippo, il coordinatore alla Cultura della Circoscrizione 8 Michele Antonio Guggino, l’avvocato Roberto Boselli in rappresentanza dell’Ana – sezione Torino e i gruppi storici “Militaria 1848-1945” e “La Patria è Donna”, che hanno reso omaggio al parco e alla sua storia indossando divise d’epoca.

Durante la cerimonia, accompagnata dagli interventi musicali della Banda Musicale del Corpo di Polizia Locale della Città di Torino, l’assessora del Comune di Vittorio Veneto Barbara De Nardi ha consegnato all’amministrazione di Torino un attestato di cittadinanza onoraria di Vittorio Veneto in memoria delle vittime torinesi nella Grande Guerra, accompagnato da una pergamena riportante i nominativi di tutti i caduti. Due pergamene sono state dall’assessora della Città di Torino Rosanna Purchia al Comune di Vittorio Veneto, per rendere onore al profondo legame tra i due Comuni, e all’Ana – sezione Torino, in segno di riconoscenza per il prezioso lavoro di cura e di preservazione della memoria svolto dagli Alpini all’interno del parco.

A conclusione della cerimonia si è tenuta una breve esibizione dell’APM Brass Quintet di Obiettivo Orchestra e delle fisarmoniche del complesso I Mantici del Conservatorio di Torino, parte della rassegna itinerante MITO per la Città.

I parchi e i viali della Rimembranza sono luoghi destinati al culto e alla memoria dei caduti della Prima Guerra Mondiale, sorti in Italia a partire dagli anni Venti del Novecento. Inaugurato nel 1925, il parco della Rimembranza di Torino costituisce la parte alta e più antica del parco della Maddalena. I suoi viali, che si estendono per circa 12 km, così come i piazzali, prendono il nome dalle località in cui combatterono e persero la vita 4810 soldati torinesi, ricordati ormai da un secolo da altrettante targhette in metallo. Il parco è sormontato da un piazzale panoramico su cui sorge l’imponente faro della Vittoria alata, commissionato allo scultore Edoardo Rubino per commemorare il decennale della vittoria nella Prima Guerra Mondiale. All’interno del parco si trova anche l’Arboretum Taurinense, che ospita circa cinquemila alberi di 400 differenti specie e varietà, tra cui i monumentali carpini bianchi del viale Piave e il maestoso cedro dell’Himalaya che domina il piazzale Timavo.

Negli ultimi anni il parco è stato interessato da una serie di interventi di manutenzione straordinaria, con il rifacimento del fondo di alcuni vialetti, il rinnovo degli arredi (panchine, cestini, nuovi tavoli da picnic) e il rifacimento della segnaletica. A questi si aggiungono gli interventi sulla rete di drenaggio delle acque meteoriche e di messa in sicurezza, con lo sfoltimento della vegetazione lungo i percorsi interni del parco e la sistemazione di piccoli dissesti nei versanti con l’utilizzo di tecniche di ingegneria naturalistica.

TORINO CLICK

Il valore dei cattolici nella politica torinese e piemontese

Il convegno di Bardonecchia nella sessione mattutina ha evidenziato i numeri del declino economico torinese e piemontese con le sue introduzioni di Mino Giachino e Mauro Zangola. Da vent’anni la crescita economica è inferiore alla media nazionale, da oltre 10 anni Torino è la capitale della cassa integrazione e ‘ tra le Città con la più alta disoccupazione giovanile. A questi due dati si aggiunge la crisi del settore auto il distacco sempre più forte con le periferie. Non aver capito il declino della Città ci porta al punto che secondo Airaudo abbiano solo 2 anni tempo vuol dire che il tempo perso a capire la crisi fa si che oggi Torino debba assolutamente cambiare linea e amministrazione se vuole tenere testa ai tempi molto impegnativi per rilanciare economia e lavoro a Torino a partire dall’industria e dalle periferie.  Giorgio Airaudo della CGIL, Cristina Maccari della CISL , il presidente degli industriali torinesi Marco Gay hanno dato vita a un bellissimo confronto apprezzato dalla sala.
“Con questo convegno – ha concluso Giachino- noi cattolici impegnati in politica abbiamo dimostrato la nostra centralità nella vita politica torinese che deve uscire da una contrapposizione sinistra destra che in questi trent’anni ha portato Torino al settantesimo posto tra le Città italiane . Non siamo solo centrali tra i due schieramenti siamo centrali anche per le proposte che presentiamo per rilanciare Torino e il Piemonte”.

Serie A, 4ª giornata: Verona-Juventus 1-1, primo stop per i bianconeri

Dopo tre vittorie consecutive, la Juventus frena al Bentegodi: finisce 1-1 contro un Verona combattivo e ben organizzato.
A sbloccare il match è Francisco Conceiçao al 19′, bravo a finalizzare una bella azione bianconera. I padroni di casa però non mollano e trovano il pari al 44′, con Orban freddo dal dischetto dopo un fallo in area non proprio netto. La squadra di Tudor ci prova fino alla fine, ma il muro gialloblù regge.
Con questo pareggio, la Juventus sale a 10 punti, mentre il Verona conquista un punto prezioso che lo porta a quota 3.

Enzo Grassano

Piange il telefono: le nobili rovine delle cabine telefoniche

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FRECCIATE

C’è qualcosa di malinconico, ma anche di indecoroso, nelle vecchie cabine telefoniche che ancora resistono qua e là, arrugginite e scassinate, come relitti di un’epoca che non tornerà. La loro rimozione – ci dicono i piani ufficiali – doveva essere già storia chiusa, e invece eccole lì, in Borgo San Paolo come altrove, come ci segnala il lettore Luigi Gagliano, con le porte che cigolano, i vetri scheggiati, i telefoni pendenti a mo’ di lingue stanche.

Qualcuno, furtivo, si aggira a scassinarle per rubare le poche monete dimenticate, e in questo piccolo atto di sciacallaggio c’è tutta la misura del nostro rapporto con il passato: non lo custodiamo, lo lasciamo marcire, e poi ce ne lamentiamo.

Eppure quelle cabine hanno avuto una vita nobile. Sono state il confessionale laico di generazioni che lì dentro hanno pianto, litigato, dichiarato amori e dato addii. C’era un’epica minuta nel gesto di infilare il gettone o la scheda, nell’attesa del “pronto”, nell’eco metallica della voce amata che arrivava da lontano. Erano spazi di intimità pubblica, dove il mondo si fermava per pochi minuti, chiuso in un parallelepipedo di vetro.

Ma ogni gloria, se abbandonata a se stessa, rischia la caricatura. Quelle cabine oggi non sono più monumenti, ma rottami. Non parlano più di romanticismo, ma di incuria. Tenerle lì, così, non è rispetto: è abbandono. Se davvero vogliamo onorarne la storia, bisogna avere il coraggio di rimuoverle. O si restaurano come cimeli museali – e pochi, scelti – o si tolgono dalla strada, perché la ruggine non diventi il loro epitaffio.

È la legge delle cose: ciò che è stato grande non merita di finire in rovina. Meglio un addio dignitoso che una sopravvivenza da rudere

Iago Antonelli

Motociclista 41enne muore nello scontro con un camion

Un’altra vittima sulle strade piemontesi. Ieri in  incidente stradale sulla SP231 nel territorio  di Govone un camion e una moto si sono scontrate. Nello scontro è morto il motociclista, di 41 anni. Sul posto sono giunti i soccorsi ma non è stato possibile salvare l’uomo.