ilTorinese

Comitato Pellerina: “Non molliamo”

Come sapete – lo scorso novembre – a seguito dell’introduzione del ricorso per l’impugnazione del
provvedimento del Comune di Torino che aveva negato l’ammissibilità del quesito referendario a
tutela del verde pubblico presentato dal “Comitato Referendario Salviamo la Pellerina e il Verde di
Torino”, il Tar Piemonte aveva affermato di non avere giurisdizione in materia e che la causa
doveva essere decisa dal giudice ordinario.

Lo scorso 18 febbraio si è quindi provveduto a riassumere la causa avanti a quest’ultimo.
Questa settimana è inoltre stata richiesta la tutela cautelare.

Tale tutela sarebbe concessa laddove il giudice – a seguito di una valutazione sommaria – ritenesse
che esistano contemporaneamente due presupposti: l’apparente fondatezza delle nostre affermazioni
ed il pericolo che la durata del processo possa vanificare in parte i risultati che il
referendum si prefigge.

Come più volte ribadito, non ci lasciamo intimorire da chi non vuol dare voce alla cittadinanza,
cercando di non lasciarla liberamente esprimere su un tema così importante per la Città di Torino.
Andremo avanti con tutte le nostre forze per affermare un diritto.

Ringraziamo quanti fino ad oggi ci hanno supportato, in qualunque modo e ricordiamo che
continuare la battaglia legale ha dei costi.

Ogni singolo contributo è importante. Il verde pubblico appartiene a tutti.

Aiutaci a difenderlo con un versamento sul seguente IBAN: IT71U0501801000000016802902
Banca Etica, Filiale di Torino – Beneficiario: Generazioni Future; Causale “Comitato Salviamo la
Pellerina”.

Comitato Referendario Salviamo la Pellerina e il Verde di Torino

Juve travolta dall’Atalanta: 0-4

L’Atalanta travolge la Juve e vince 4-0 allo Stadium. I tifosi bianconeri contestano la squadra con fischi durante il gioco. Al momento del gol dello 0-4 di Lookman in molti  lasciano lo stadio delusi. “Siamo tristi e dispiaciuti, ora dobbiamo ripartire contro la Fiorentina”, commenta il tecnico della Juventus, Thiago Motta,

Special Olympics, i sindaci: “i giochi si svolgono anche in montagna. Diciamolo a tutti”

 

“La straordinaria e suggestiva inaugurazione degli Special Olympics a Torino ha rappresentato un momento indimenticabile di un evento sportivo internazionale che è destinato a segnare il futuro di Torino e delle montagne olimpiche. E, al riguardo, ci spiace che durante quella bella ed evocativa manifestazione inaugurale, non sia stato fatto esplicito cenno ai paesi olimpici montani, sedi di gara per migliaia di ragazzi provenienti da tutto il mondo. Crediamo sia importante in questi giorni di gara valorizzare tutti i luoghi e le comunità che ospitano i Giochi Mondiali Invernali Special Olympics Torino 2025, per la semplice ragione che questi giochi si svolgono prevalentemente sulle montagne e in particolare su quelle olimpiche Torino 2006”.

Mauro Meneguzzi, Presidente Unione Montana Comuni Olimpici.

Chiara Rossetti, Sindaco Bardonecchia.

Massimo Marchisio, Sindaco Pragelato.

Bici dei Murazzi, un sesto giovane sapeva del lancio ma non ha partecipato

Nelle motivazioni della sentenza per il caso della bicicletta lanciata dai murazzi di Torino è scritto che la sera del lancio della bici era presente un sesto giovane oltre ai cinque individuati come autori del folle gesto. Il ragazzo forse preoccupato delle conseguenze sarebbe andato via prima del fatto, senza parteciparvi La bici lanciata dall’alto provoco’ il ferimento grave di uno studente universitario.

Aggredisce la moglie davanti ai figli: arrestato

Un 27enne nigeriano è stato arrestato dalla polizia di Stato per aver picchiato sua moglie davanti ai tre figli minori nella loro abitazione a Novara. È accusato di maltrattamenti in famiglia e di lesioni aggravate. La donna, una trentenne anche lei di origine nigeriana, è stata portata da un’ambulanza del 118 al Pronto soccorso.
NOTIZIE DAL PIEMONTE

Antonio D’Alfonso: “Progetto Kronos”, due destini intrecciati tra Roma e New York

Informazione promozionale

Tra scoperte inquietanti e incontri pericolosi, il confine tra scienza e ossessione si assottiglia, Claudio e Giulia si troveranno costretti a scegliere: sacrificare il passato o rischiare il futuro?

Roma e New York. Due destini intrecciati. Un segreto che sfida il tempo. Giulia, partita per New York per lavoro, si trova coinvolta in un mistero inquietante legato al suo enigmatico supervisore e a un uomo dall’oscuro fascino. Un dettaglio li accomuna: un orologio identico, simbolo di un segreto più grande di quanto lei possa immaginare. Claudio è un giovane fotografo in bilico tra il passato e il futuro, sospeso tra l’amore per Giulia e il richiamo di una nuova vita. Nel cuore della metropoli, tra scoperte inquietanti e incontri pericolosi, il confine tra scienza e ossessione si assottiglia, Claudio e Giulia si troveranno costretti a scegliere: sacrificare il passato o rischiare il futuro? Un romanzo, un thriller avvincente, dove amore, mistero e ambizione si intrecciano in una corsa contro il tempo.

L’AUTORE
Fin da sempre affascinato dalle arti, Antonio D’Alfonso ha coltivato una profonda passione per il canto, la musica e la scrittura. Ogni forma espressiva rappresenta per lui un viaggio nell’anima, un mezzo per esplorare emozioni e raccontare storie che lasciano il segno. Nel suo percorso artistico, la scrittura è diventata un modo privilegiato per dar vita a mondi e personaggi, intrecciando mistero, emozioni e riflessioni profonde. Con il suo romanzo, in cui il Progetto Kronos gioca un ruolo chiave, intreccia scienza e umanità, realtà e immaginazione, creando una narrazione coinvolgente e avvincente. “Il tempo è il più grande inganno: lo crediamo immutabile, ma nelle mani giuste o sbagliate può essere riscritto.”

“Scrivere è dare voce ai sogni” 

Intervista ad Antonio D’Alfonso

D: Il suo romanzo sta per essere pubblicato con Masciulli Edizioni. Cosa può dirci sulla storia
e sui suoi protagonisti?

Antonio D’Alfonso: Il romanzo segue il viaggio interiore ed esteriore di Claudio, un giovane che si
trova a un bivio tra il dovere e il desiderio di inseguire i propri sogni. La sua storia si intreccia con
quella di Giulia, partita per New York alla ricerca di nuove opportunità, e con una serie di
personaggi enigmatici, che aggiungono mistero e tensione alla trama. È una storia di crescita, scelte
difficili e connessioni umane.

D: Il romanzo è ambientato tra l’Italia e New York. Perché ha scelto queste due
ambientazioni?

Antonio D’Alfonso: Volevo raccontare il contrasto tra il familiare e l’ignoto, tra il calore delle
radici e il fascino di un nuovo inizio. L’Italia rappresenta la stabilità, la famiglia, mentre New York
è l’incognita, il sogno da rincorrere. Anche io, come Claudio, ho vissuto momenti di cambiamento e
decisioni importanti, e questa ambientazione mi ha permesso di esplorare quelle emozioni.

D: Come nasce la sua passione per la scrittura?

Antonio D’Alfonso: Scrivere è sempre stato il mio modo di dare forma alle emozioni, di raccontare
storie che potessero toccare il cuore delle persone. Amo la musica, il canto, l’arte in tutte le sue
forme, e credo che la scrittura sia un ponte tra questi mondi.

D: Nel suo romanzo c’è un elemento di mistero, con il Progetto Kronos e alcuni personaggi
enigmatici. Quanto è importante per lei mantenere la suspense?

Antonio D’Alfonso: Moltissimo! Amo costruire storie in cui il lettore si senta coinvolto e spinto a
cercare risposte. Il mistero è un ingrediente che rende la lettura avvincente, e il Progetto Kronos è
una chiave che apre molte domande.

D: Per concludere, cosa spera che il lettore porti con sé dopo aver letto il suo romanzo?

Antonio D’Alfonso: Vorrei che ognuno trovasse una parte di sé in questa storia, che si sentisse
ispirato a seguire i propri sogni, anche quando sembrano lontani. La vita è fatta di scelte, e spero
che il mio libro possa lasciare un segno nel cuore di chi lo leggerà.

 

Link per acquisto del libro: https://www.masciulliedizioni.com/prodotto/progetto-kronos/

 

La Signora dei Biscotti

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PENSIERI SPARSI  di Didia Bargnani

Mi piacciono le storie, mi piace leggerle ma ancor di più scriverle e questa storia, tutta al femminile, merita di essere raccontata.
Ivana e Vittorina sono due sorelle che nella loro casa di campagna, Bricco Dolce, sulla collina di San Sebastiano Po, all’inizio degli anni 2000 si divertivano a preparare biscotti, torte e marmellate. Decidono così che della loro passione vogliono farne un lavoro e si rivolgono al mulino di Casalborgone dove scoprono che non esiste una sola farina ma tante farine con caratteristiche diverse. Il papà non è d’accordo sul fatto che la sua casa diventi un laboratorio-negozio e le dissuade dal voler stabilire la futura attività proprio lì, in strada Bricco Dolce n.7
Le ragazze riescono a trovare una valida alternativa a Borgaretto dove trasformano un grande garage in laboratorio ed iniziano a seguire dei corsi indicati dalla Regione Piemonte per mettersi in regola. All’inizio dell’avventura decidono di servire i bar e la vendita al minuto, realizzano diversi biscottini che vengono confezionati in piccoli sacchetti, tutto il lavoro viene fatto manualmente. Le ricette sono quelle di mamma Rosina, delle nonna e delle suocere e così nel 2004 fondano la società “ Biscotteria Artigianale Bricco Dolce”, che fornisce alcune enoteche, bar, gastronomie, di biscotti sani, artigianali, belli e ben confezionati.
Il caso vuole che una hostess in servizio su alcuni voli privati che frequentemente portavano Sergio Marchionne ed il suo staff a Detroit scelga proprio le dolcezze di Bricco Dolce per allietare i viaggi di questi passeggeri che mentre giocavano a carte desideravano sgranocchiare qualcosa di buono. Ed è così che Ivana e Vittorina vengono contattate anche da Air Dolomiti che decide di portare a bordo dei propri aerei i loro biscotti.
“Abbiamo avuto un momento di panico – mi racconta Ivana- non saremmo riuscite a confezionare a mano sacchetti per ordini così importanti e così abbiamo acquistato una confezionatrice e nel 2012 abbiamo vinto una gara per fornire anche Alitalia, oggi Ita, ed è arrivata una confezionatrice ancora più performante”.
Ivana mi racconta la storia del biscottificio nel suo negozio in corso De Gasperi 20 a Torino, nel cuore della Crocetta. “ Da noi è tutto artigianale, usiamo solo materie prime eccellenti come le farine Bongiovanni e le uova fresche già sgusciate che riceviamo tre volte alla settimana, in questi giorni stiamo mettendo a punto nuove ricette con farine non raffinate, cereali antichi, grano arso affinché il prodotto finito sia il più naturale possibile. I nostri clienti amano molto la linea dei Biscotti del Buongiorno, senza latte né burro, in vari gusti come vaniglia, farina di mais, cacao e gli integrali. Sono anche richiesti quelli della Linea Classica: meliga, krumiri, ciambelline panna e caffè e gli arancetti con scorza d’arancia e cioccolato”
Chiaccherando scopro che proprio in quel momento sta per salpare, direzione USA, una nave carica di Parlapa’, biscotto ideato ai tempi del Covid quando con il negozio chiuso il tempo per pensare non mancava. “ Il Parlapa’ è un biscotto a forma di gianduiotto realizzato con gli ingredienti del famoso cioccolatino torinese, pasta di nocciole e burro di cacao, la ricetta è stata brevettata come per il Cuore Rosa che ha avuto il patrocinio di Candiolo, bello, buono, ha il sapore di confetto, e fa del bene”.
In negozio, arricchito anche con oggetti molto particolari che volendo vengono abbinati alla vendita dei biscotti ( tazze, latte tedesche, tessuti realizzati appositamente per Bricco Dolce a Chivasso e a Chieri) spiccano sugli scaffali le Meringhette con gocce di cioccolato, i Girasoli integrali, le Pannocchiette, i biscotti senza farina per gli intolleranti al glutine e le Coccole al cocco , senza burro né uova per i vegani , crostate e torte di nocciola.
“ Nel 2025 avremo almeno altri tre nuovi prodotti che per ora sono in fase sperimentale, devono essere buonissimi per metterli in vendita ma soprattutto dobbiamo essere tutte d’accordo: io, mia sorella, mia figlia e mia mamma”.
“Date alle donne occasioni adeguate ed esse saranno capaci di tutto”, lo scriveva Oscar Wilde.

Le grange dei marchesi Cavour e Gozzani

Le grange vercellesi costituivano già nei tempi antichi un vasto territorio compreso tra Crescentino, Livorno Ferraris, Trino e 
Fontanetto Po, rappresentando fonte di ricchezza per la presenza di abbondante acqua.
Continuamente contese dalle comunità e abbazie di San Genuario e Lucedio, erano considerate le fattorie dei monasteri. L’abbazia di Santa Maria di
Lucedio fu costruita nel 1109 al tempo di Guglielmo I° di Monferrato, passata ai monaci cistercensi provenienti dalla Francia con atto del 1123 redatto dal marchese Rainero. La tenuta di Lucedio era costituita dalle attuali grange di Castel Merlino, Montarolo (Montis Auriolo), Montarucco, Ramezzana, Darola ovvero la Versailles delle risaie (Corte Auriola), Leri (Alerii) e con altri appezzamenti del Canavese e Monferrato rappresentò la massima espansione della risicoltura.
Leri, una delle grange più antiche, comprendeva una fortificazione oggi inesistente e fu bonificata dai monaci per la coltivazione del riso, acquisita dal monastero di San Genuario nel 1179. Lucedio era una posizione strategica lungo la via Francigena, motivo di scontro tra le dinastie Gonzaga, Savoia e Napoleone, rappresentando un centro di potere economico, politico e religioso. Con l’occupazione francese del Piemonte, la tenuta di Lucedio venne divisa con Decreto della Commissione Esecutiva del 1801 in seimila azioni del valore di 500 lire ciascuna, obbligandone l’acquisto ai cittadini più facoltosi, ma nel 1804 ritornò al demanio. Nel 1807 Napoleone cedeva Lucedio e le sei grange al cognato Camillo Borghese, governatore generale del Piemonte prima della restaurazione, per tre milioni di lire quale quarta parte del prezzo delle 322 opere formanti la galleria d’arte romana del valore di dodici milioni di lire, da lui venduta al governo francese.
Caduto Napoleone, Borghese voleva vendere le sette grange ai privati, ma i Savoia ne sequestrarono i beni dalla Magistratura. Ritenuto illegale il sequestro dal protocollo di Parigi del 1816, le grange furono vendute  dal Borghese nel 1818 al marchese Michele Benso di Cavour, al marchese Carlo Giovanni Gozzani di San Giorgio (figlio di Carlo
Antonio e Sofia D’Oria) e a Luigi Festa, direttore di una società immobiliare di affitti proprietà di Giuseppina Gattinara e Marco Antonio Olivero, già tenutaria delle grange concessa dal demanio nel 1807. La spartizione della tenuta avvenne nella misura di 24/24: 6/24 al Festa con Darola, Montarolo e 1/2 Ramezzana, 6/24 al Cavour con Leri e Montarucco, 12/24 al Gozzani con Lucedio, Castel Merlino, 1/2 Ramezzana e la tenuta S. Bernardino di Trino. La spartizione effettiva avvenne solo nel 1822. All’Ordine Mauriziano furono restituite prima le tenute di Montonero nel 1818, quindi Gazzo e Pobietto nel 1827, già passate al demanio e poi vendute alle Regie Finanze dello Stato nel 1854.
La comunità di Lucedio fu così soppressa e aggregata al comune di Trino nel 1818 e ancora oggi ne forma una frazione. Michele Benso era in effetti l’amministratore di Lucedio, ma il Borghese voleva inserire al suo posto Evasio Gozzani di San Giorgio, già amministratore, con il figlio Giuseppe, del Borghese e della moglie Paolina Bonaparte nelle segreterie di Roma. Non trovando accordo economico, Evasio (definito il marchese pazzo) propose l’acquisto di Lucedio al nipote Carlo Giovanni, il quale era già in affari con il Benso per la creazione della prima società di navigazione del lago Maggiore con una società di Locarno. Evasio riuscì ad inserire in casa Borghese il nostro architetto Luigi Canina, dove ebbe inizio la propria fortuna. Carlo Giovanni nel 1827 lasciò in eredità il suo enorme patrimonio, costituito in sette milioni di lire, al cugino d’Austria Felice Carlo Gozani.
Con il proprio fallimento dichiarato dal tribunale di Casale nel 1861, in parte dovuto al gioco d’azzardo, Felice Carlo fu costretto a vendere le grange di Lucedio a Raffaele de Ferrari duca di Galliera, insignito nel 1875 del titolo principe di Lucedio per i servizi resi alla patria dai Savoia con Regio Decreto. Le stazioni ferroviarie genovesi furono intitolate ai coniugi de Ferrari, Genova Principe di Lucedio de Ferrari e Genova Brignole dal nome della moglie Maria Brignole Sale. Tramite l’acquisto del conte Paolo Cavalli d’Olivola nel 1937, oggi Lucedio è proprietà della figlia contessa Rosetta, pronipote della contessa Paolina Gozani sepolta a Casale nella tomba gentilizia del marito Alessandro Cavalli d’Olivola, legale del padre Felice Carlo sepolto a San Giorgio nella tomba gentilizia del conte Umberto Cavalli d’Olivola. Il marchese Carlo Giovanni e i suoi genitori sono sepolti nel sotterraneo, da loro acquistato, della chiesa parrocchiale di San Giorgio edificata dal nonno di Carlo Giovanni, marchese Giovanni Battista Gozzani.
Titus Gozani, ultimo marchese di San Giorgio vivente della linea austriaca e la moglie Eva Maria Friese, abitanti in Germania, nel 1998 fecero visita alla cugina Rosetta nella tenuta di Lucedio e nel 2019 ritornarono, su nostro invito, nelle proprietà dei loro antenati, i palazzi Treville e San Giorgio Gozzani di Casale e il castello Gozzani di San Giorgio. Il padre di Titus, marchese Leo Ferdinando III°, incontrò nel 1937 il cugino conte Paolo Cavalli d’Olivola nel castello Gozzani di San Giorgio. La grangia di Leri proprietà di Michele Benso, vicario e sovraintendente generale di polizia e politica di Torino, venne affidata nel 1835 al secondogenito Camillo e alla contessa di Clermont-Tonnerre, società che si sciolse con la morte del marito.
La nuova società formata dal conte Camillo Benso di Cavour, dal fratello primogenito marchese Gustavo e dall’agricoltore Giacinto Corio portò una forte innovazione all’azienda applicando i nuovi principi dell’agronomia, confermando quanto Camillo aveva manifestato nella valorizzazione delle
Langhe. Da pochi anni è in corso un progetto di recupero per tutelare e valorizzare il Borgo Leri Cavour, luogo di riposo dello statista, promosso dall’associazione L.E.R.I. Cavour ODV presieduta da Roberto Amadè. Il Borgo ha organizzato domenica 11-12-2022 il primo concerto di Natale sul piazzale della chiesa, ospitando il Casale Coro diretto dal maestro Giulio Castagnoli.
Armano Luigi Gozzano 

Ma Sala federa chi?

LO SCENARIO POLITICO  di Giorgio Merlo

C’è una specialità che appartiene di diritto al cosiddetto ‘campo largo’. Si tratta del numero dei
‘federatori’ della fantomatica area centrista. Ad essere sinceri, abbiamo anche perso il numero
delle sigle centriste che affollano quel campo. A naso sono una dozzina. Ma non è questo
l’elemento che conta. Semmai impressiona la cosiddetta ‘disponibilità’ crescente a federare
quell’area. Veramente. Cresce di mese in mese e la loro disponibilità è pari, se non addirittura
superiore, ad essere anche e semplicemente il federatore dell’intero campo largo. Che, come
sanno anche i sassi, si regge sul peso determinante e decisivo delle tre sinistre. Quella radicale e
massimalista della Schlein, quella populista e demagogica dei 5 stelle e quella estremista del trio
Fratoianni/Bonelli/Salis. I nomi dei federatori ormai si sprecano. Dal simpatico Ruffini a Gentiloni,
da Renzi – che non lo dice ma lo auspica, come ovvio – a Calenda, da Guerini all’ultimo arrivato, il
Sindaco di Milano Sala. Senza contare gli esponenti della società civile che, se dovessimo
enumerarli tutti, non basterebbe un articolo di cinquemila battute.
Ora, al di là di questa positiva e concreta disponibilità a federare tutto ciò che si può federare,
restano due punti irrisolti. Il primo è che nessuno ha ancora spiegato con la necessaria chiarezza
e franchezza perchè la segretaria del principale partito della coalizione non dovrebbe essere il
candidato a Premier. Una regola che non è un dogma ma che, comunque sia, va spiegato –
possibilmente con argomentazioni politiche – alla segretaria del Pd Elly Schlein che, non a caso,
non ha ancora mai commentato questi ripetuti atti di generosità cristiana e laica dei vari
federatori.
In secondo luogo, cresce la sensazione che un Centro riformista, democratico e di governo ha
poco spazio da quelle parti. E questo non per sostenere la tesi che nella coalizione alternativa il
Centro è l’assoluto protagonista. Ma è di tutta evidenza che quando ci sono molti federatori,
molteplici partiti, svariate sigle e tutti insieme non riescono ad elaborare un progetto politico
sufficientemente condiviso ed unitario, la conclusione è persin troppo facile da trarre. Manca,
cioè, quella intuizione e quel progetto che in un’altra stagione si poteva chiamare tranquillamente
Margherita e, addirittura, mancano anche le concrete condizioni per far decollare un semplice
Partito Popolare Italiano. E questo perchè? Molto semplice, anzi addirittura banale. Perchè sono
cambiati, e profondamente, il profilo, la natura, la sostanza e lo stesso progetto politico, culturale
e di governo della coalizione di riferimento. Cioè, appunto, il cosiddetto ‘campo largo’.
Ecco perchè l’ennesima disponibilità in ordine di tempo, quella del sindaco di Milano Sala, corre il
rischio di andare ad aggiungersi a tutte le altre. Con la certezza, non profetica ma realistica, che le
singole disponibilità a federare il campo centrista continueranno a crescere in modo esponenziale
e, con loro, anche le sigle e i partitini di riferimento. Con l’auspicio, e lo dico senza alcuna malizia
o preveggenza, che alla fine della giostra ci sia un posto in Parlamento per i rispettivi federatori e i
“propri cari”, per mutuare una ormai celebre espressione andreottiana.