E’ stato un autore parco, componendo solo quattro raccolte di versi distanziate nel tempo. Tra la prima e l’ultima passarono quarant’anni: dall’esordio nel ’41 con Frontiera, a Diario d’Algeria del 1947, a Gli strumenti umani del 1965 fino a Stella variabile del 1981, due anni prima della morte
La “sua” Luino , qualche anno fa, ne ha celebrato il centenario con una originalissima regata velica sul lago al tramonto. Sulla vita e l’opera poetica di Vittorio Sereni, si sono susseguiti iniziative, dibattiti, convegni. Il suo, dopo quello di Piero Chiara, è il secondo centenario che si è celebrato nella capitale della sponda magra del lago Maggiore. Grande poeta e intellettuale di rango, tra i fondatori della rivista “Corrente” nel 1938, espressione dei giovani ermetici milanesi, traduttore e critico acuto, prima capo ufficio stampa alla Pirelli e poi direttore letterario alla Mondadori ( per la quale, e per primo, diresse la collana “I Meridiani”), Vittorio Sereni è stato un autore parco, componendo solo quattro raccolte di versi distanziate nel tempo.
Tra la prima e l’ultima passarono quarant’anni: dall’esordio nel ’41 con Frontiera, a Diario d’Algeria del 1947, a Gli strumenti umani del 1965 fino a Stella variabile del 1981,due anni prima della morte. La poesia di Sereni offre un respiro largo, profondo ma, agli inizi, risente del “richiamo” del lago a Luino. E’ lì che nasce, nel 1919, da padre campano ( funzionario di dogana) e da madre luinese. Lì frequentò la scuola elementare e lì tornò spessissimo da adulto per incontrare i vecchi amici e per trascorrervi le vacanze. La vicinanza della Svizzera, la vita della comunità che s’articolava tra il lago e il tracciato di una delle più antiche strade ferrate del nord-ovest dell’Italia unita com’era la Novara – Pino, prossima in quel punto a varcareil confine, hanno influenzato la prima raccolta poetica di Sereni, Frontiera, del 1941.
Già nel titolo si coglie la sintesi di avventura e d’inquietudine, tipica di una città di confine che è ponte tra genti e lingue, paesi e culture. Basta leggere alcuni versi di “Terrazza” per rendersene conto: “Improvvisa ci coglie la sera/ Più non sai dove il lago finisca/ un murmure soltanto sfiora la nostra vita/ sotto una pensile terrazza/ Siamo tutti sospesi a un tacito evento questa sera/ entro quel raggio di torpediniera/ che ci scruta poi gira se ne va”. E’ il lago che, verso nord, si stringe, s’inabissa tra pareti di roccia alta e grigia, richiamando alla memoria i sentieri di montagna e i valichi , i viandanti e i contrabbandieri. Quel lago che Vittorio Sereni e Piero Chiara , così simili e così diversi, ci hanno insegnato ad amare.
Marco Travaglini