Muore al Cto 20 giorni dopo l’incidente stradale
Un uomo di 67 anni, di Casale Monferrato è morto all’ospedale Cto di Torino venti giorni dopo un incidente sull’A26 all’altezza di Borgo Vercelli, dove rimase gravemente ferito. La vettura su cui viaggiava con un’altra persona si era schiantata violentemente contro il guardrail.
9 agosto 1942 la partita della vita o della morte?
Accadde oggi
Ricordate il bellissimo film,anno 1981, “Fuga per la vittoria”?
Protagonisti della pellicola diretta dal mitico John Houston i grandi Stallone,Pelè,Caine,Bobby Moore,Ardiles ed altri grandi calciatori ed attori.
Ebbene il film è stato ispirato da questa storia reale accaduta il 9 agosto del 1942,in piena seconda guerra mondiale .
Il luogo è l’Ucraina: per distrarre la popolazione e tenere impegnati i soldati venivano organizzate partite di calcio.
Lo Start FC, era composta da ex giocatori professionisti di Dinamo Kiev e Lokomotiv e,giocando, contro una squadra composta da militari tedeschi gli ucraini vinsero con un largo 5-1 che portò ad una conseguenza:la pronta richiesta di rivincita!
Eccoci al 9 agosto, allo stadio Zenit di Kiev per la seconda partita: altra vittoria per lo Start (5-3). La leggenda(o verità , chissà)narra che nell’intervallo,col risultato di parità fermo sul 3-3, un alto ufficiale delle SS cercò di convincere i giocatori dello Start a perdere l’incontro ed in cambio non sarebbero stati uccisi ed anzi potevano diventare liberi,assieme alle loro famiglie.Punti nell’orgoglio
i giocatori ucraini non accettarono e segnarono il quarto e quinto gol.
Passarono poche settimane e cominciarono gli arresti ed in alcuni casi le torture nei confronti dei giocatori dello Start e rappresaglie contro i loro familiari.
Enzo Grassano
Una ragazza di 25 anni, di Biella, mentre era in vacanza in Trentino è stata colpita in testa da un sasso caduto da un pendio. È stato necessario chiamare l’elisoccorso per portarla in ospedale a Trento. Le sue condizioni non sono gravi.
Informazione promozionale
Due gli artisti cui è dedicata la mostra d’apertura della stagione autunnale della galleria d’arte Malinpensa by Telaccia, Raffaella Bellani e Antonio Salinari, dal titolo “Frammenti in divenire”
Raffaella Bellani, nata a San Secondo Parmense nel 1973, vive e lavora a Fidenza in provincia di Parma. La passione per il disegno l’ha da sempre accompagnata e portata a frequentare l’Istituto d’arte Toschi di Parma dove si è diplomata sotto la guida dell’artista Elsa Coli e dello scenografo e scultore Brunivo Buttarelli. Lo studio e l’approfondimento stilistico e tecnico sono proseguiti oltre la scuola affinando la tecnica dei colori acrilici, della pittura ad olio perfezionando l’abilità con i carboncini in una continua sperimentazione. Dapprima concentrata sul paesaggio, negli ultimi anni la sua ricerca si è focalizzata sulla figura, evolvendo dal punto di vista stilistico in un’integrazione di tecniche diverse.
La mostra presentata alla galleria d’arte Malinpensa by Telaccia si intitola “Frammenti in divenire”. L’artista Raffaella Bellani con le sue immagini pittoriche rivela un talento e una ricerca in continua evoluzione, evidenzia i valori puri dell’esistenza umana, esaltando la bellezza della natura sempre in uno stato emozionale intriso di sensazioni irripetibili.
L’evolversi cromatico, l’estro creativo e la libertà di interpretazione si fondono in un simbolismo ricco di potenza espressiva e di forte scansione evocativa ed esecutiva, capace di trasmettere emozioni intense e immediate. Le sue composizioni presentano un’assoluta autonomia di linguaggio e di consapevolezza operativa, tale da arricchirsi di valori tecnici e figurali di spiccata maestria all’insegna di un percorso dalla precisa valenza formale e dalla analisi costante.
Le sculture di Antonio Salinari, laureato in Ingegneria al Politecnico di Torino, sono il risultato di un progetto artistico in continua evoluzione, che passa attraverso varie fasi, dalla sperimentazione alla testimonianza, dalle verità precarie alle piccole utopie, fino ad approdare al Pixelwood nel corso del 2019.
Le sue opere, a partire da piccole utopie, riutilizzano frammenti di legno nostrani ed esotici provenienti dal restauro di importanti palazzi storici di Torino. Per questo le sculture simboleggiano sia la salvaguardia dell’ambiente sia l’incontro tra il saper fare della tradizione e della tecnologia digitale.
Dal 2015 inizia ad esporre in mostre collettive, fiere biennali in Austria, Francia, Germania, Inghilterra e a Torino presso la galleria d’arte la Telaccia nel 2016 e nel 2018. Vincitore del premio della Biennale di Montecarlo del 2018 e del 2023, è impegnato su progetti legati alla fruibilità dell’arte, come la realizzazione di percorsi di arte contemporanea nella natura, in Francia e in Italia e allo sviluppo del territorio attraverso il turismo creativo, la riscoperta del valore degli Escarton e il rilancio della scuola di scultura in Alta Valle Susa.
L’artista Antonio Salinari riconduce nell’opera la memoria e la fantasia con un progetto di studio e una tecnica sempre attuale e mutabile nel tempo. Le sue opere scultoree vengono rappresentate con la necessità di tenere viva la sperimentazione e la capacità del saper fare, che si lega con la funzionalità della tecnologia digitale.
Dialogo, analisi, valore estetico sociale e contenutistico si fondono con una manualità che denota una notevole personalità artistica dove i frammenti in divenire simboleggiano un’opera in continua evoluzione.
MARA MARTELLOTTA
Due romanzi pubblicati su temi attuali: l’amore, le emozioni, i disturbi psichiatrici
Giovanissima scrittrice di origine torinese, esordita con il romanzo “ Con te non ho paura”, Beatrice Scala si racconta e tenta di affascinare gli animi e le coscienze con il suo nuovo romanzo “Torment”.
Sei giovanissima, eppure hai già pubblicato due romanzi. Come ti fa sentire essere considerata una scrittrice?
È vero, sono molto giovane. Ho compiuto da poco 22 anni, eppure mi sembra di averne molti di più. Ho vissuto e vivo intensamente ogni dettaglio della mia vita. Forse è questo che mi rende così sentimentalista.
Mi sento grata di essere considerata una scrittrice. Sono una lettrice accanita e ho sempre idolatrato le figure degli scrittori, anche i più sconosciuti. Poterne far parte mi fa sentire riconoscente: a me stessa, alla mia famiglia, alle persone in generale.
Cosa volevi fare da piccola? Sentivi che avresti devoto la tua vita alla scrittura?
Quando ero piccola e non sapevo ancora scrivere, giocando con le Barbie creavo scenari di vita. Ogni giorno costruivo con mia sorella una storia nuova per far vivere alle mie bambole una vita ricca e differente. Poi, quando ho imparato a scrivere, passavo i miei pomeriggi a creare favole. Mi ricordo che sedevo nel terrazzo di mia nonna paterna e, su un quaderno con le righe grandi, inventavo storie. Avevo all’incirca 9 anni. Adesso, 13 anni dopo, sento di aver raggiunto l’obiettivo inconscio che perseguivo da piccola. Hai detto bene: la mia vita è devota alla scrittura. Scrivo per vivere; per poter urlare al mondo cosa sento, come lo sento e dove. È l’unico modo che ho per farmi ascoltare dal mondo che mi circonda.
Nei tuoi romanzi, l’amore ha un ruolo centrale. È salvifico, catartico…
Nel mio primo romanzo, l’amore è tutto. Una costante che segue le vicissitudini dei personaggi e che salva la protagonista dai suoi disturbi alimentari e psichiatrici. Nel secondo romanzo, invece, per quanto il protagonista ami la sua compagna, non è abbastanza per colmare il tormento che lo divora.
Credo comunque che l’amore, per quel poco che l’ho vissuto nella mia vita, sia un elemento salvifico, appunto. L’amore è in grado di renderti migliore, di renderti felice – e la felicità è così effimera al giorno d’oggi, soprattutto per gli animi sensibili. Eppure, l’amore – in tutte le sue forme – è capace di sanare gli animi più bui affinché trovino la loro luce interiore.
In entrambi i romanzi c’è la tematica del dolore interiore. È un elemento autobiografico?
Sì, posso affermarlo: il dolore interiore, il male di vivere (per citare Montale) è caratteristico dei miei romanzi. Kristen, la protagonista di “Con te non ho paura”, combatte con il Bianco, un dolore psicotico immenso. Dereck, protagonista di “Torment”, è soggiogato al Tormento. Entrambi – il Bianco, il Tormento – sono riflessi della mia vita, col quale convivo in armonia altalenante.
Il tuo secondo romanzo è uscito da poco, e hai già anticipato due fondamenti: l’amore e il dolore.
Cos’altro c’è in “Torment”?
Dereck è un reduce di guerra e tenta di ricominciare la sua vita dopo tutti quegli anni passati a uccidere giustificatamente per il suo Paese. C’è la storia di un uomo, abbandonato a sé stesso,distrutto nell’animo da ferite profonde, spesso autoinflitte. Poi c’è l’amore, poi ci sono gli amici. Ma rimane la costante della morte, e sopraggiungono i sensi di colpa che causano il dolore, il tormento, la pazzia.Sono tematiche importanti, ma non vanno sottovalutate perché fanno parte della società di oggi più di quanto lo si pensi. Con questo romanzo ho dato voce a tutte quelle persone che provano almeno una volta nella vita sentimenti contrastanti alla felicità e che tendono costantemente a soccombere per paura di apparire troppo fragili.
Quando scrivi, come ti senti? E come nascono le tue storie?
Le mie storie nascono come dei parassiti che si insinuano nella mia testa. Un giorno mi sveglio e noto che c’è un personaggio, lì seduto, ad aspettare che mi sieda davanti a lui e gli chieda la sua storia. Ha bisogno di raccontarsi e sono l’unica che può dargli voce. Così inizio a scrivere: e quando sono alla fine prendo coscienza del fatto che quel determinato personaggio era un riflesso del mio passato, del mio essere, che chiedeva di prendere forma su carta.
Quando scrivo mi sento in molti modi, ma è quando finisco che tutto crolla e mi rimane come un vuoto nell’animo. Il personaggio che mi aveva accompagnato è andato oltre, ha preso forma, e lascia un vuoto dentro di me. Quando concludo un romanzo mi sento stremata, ma felice.
Stai scrivendo qualcos’altro in questo periodo?
Sto gettando i miei sentimentalismi in una raccolta di poesie a carattere esplicitamente autobiografico. Temo che ci vorranno ancora anni prima di pubblicarla: il mio primo romanzo è stato scritto in 4 anni, il secondo in 6. Quando mi sentirò pronta, usciranno le mie poesie. Nel frangente lascio la porta della mia mente aperta a nuovi personaggi che potrebbero presentarsi improvvisamente. Con affetto, attendo la loro apparizione.
Quando Beatrice Scala non scrive, cosa fa con piacere? Hai detto che leggi volentieri: ci sono degli scrittori che ammiri?
Quando non scrivo passo il mio tempo con la mia famiglia, con i miei amici, con i miei animali. Sono molto grata di avere questi affetti nella mia vita. Mi piace anche molto la fotografia ritrattistica e faccio volontariato in ambienti che svolgono pet -therapy. Mi dedico con passione alla corrispondenza epistolare con amici di penna in giro per il mondo.
E quando voglio stare un po’ per conto mio, leggo. Prediligo autori del Novecento italiano: Cesare Pavese è il mio maestro di vita. Ammiro anche Sartre, Butler, Svevo, Morante, oppure autori contemporanei come D’Avenia, D’Urbano, Ammaniti. Ho un piccolo blog dove recensisco le mie letture.
Coltivare le mie passioni è un gesto di amor proprio, una carezza all’anima che mi rende infinitamente felice.
Nell’ambito delle iniziative tendenti ad individuare nuove strategie per limitare il grave fenomeno degli incidenti stradali, spesso con conseguenze mortali, determinati da abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti, nonché dalla contestuale violazione delle norme che regolano la velocità, elemento aggravante delle conseguenze del sinistro, nella notte di domenica scorsa 6 agosto la Sezione Polizia Stradale di Torino ha disposto un servizio speciale nel cuore della città con 4 equipaggi e con l’ausilio del personale medico ed infermieristico dell’Ufficio Sanitario Provinciale della Polizia di Stato, che ha permesso di controllare:
12 Veicoli
32 Persone
In dettaglio 5 conducenti sono stati fermati alla guida sotto l’influenza di alcolici e 3 di loro sono risultati positivi anche al test del Drogometro per la guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti.
Uno dei conducenti era alla guida di un monopattino.
A seguito dell’attività svolta, sono state ritirate 5 patenti, e i conducenti con tasso alcolemico superiore a 0,81 g/l, nonché coloro che sono risultati positivi al test antidroga, oltre al ritiro la patente di guida, sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Torino.
E’ interessante constatare che la fascia d’età coinvolta è esclusivamente quella tra i 28 e 32 anni, un piccolo segnale positivo che il “tasso 0” per i giovani neopatentati nei primi tre anni di guida e le campagne di informazione alla sicurezza stradale, possono incidere nell’acquisizione di una maggiore consapevolezza dei rischi della strada.
Ci si può divertire senza rischiare un incidente, basta scegliere di non guidare dopo aver bevuto e fare rientro a casa usando i mezzi pubblici, taxi e autobus di linea, o organizzandosi con qualcuno del gruppo che non beve e accompagna gli altri a casa.
Particolare attenzione a chi si pone alla guida di monopattini o biciclette !!! sono veicoli a tutti gli effetti.
La polizia arresta due ricercati nel centro di Torino
Continuano i controlli della Polizia di Stato nell’area del centro città.
Poche ore fa, i poliziotti del Commissariato di P.S. “Centro”, mentre transitavano in via XX Settembre, hanno notato un soggetto sud americano che alla vista della pattuglia è entrato rapidamente all’interno di una sala bancomat di un istituto bancario. Qualche istante dopo, l’uomo, credendo di non essere più visto, è però uscito, ripercorrendo la via XX Settembre in direzione opposta. Gli operatori, notato il tutto, si sono insospettiti ed hanno fatto il giro dell’isolato, intercettando il trentaquattrenne nella vicina via Arcivescovado. L’uomo, a seguito dei controlli effettuati, è risultato destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Imperia nel giugno del corrente anno come aggravamento della misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Il trentaquattrenne, di origini boliviane, è stato tradotto in carcere.
Poche ore dopo, una pattuglia dell’UPGSP che transitava in via Pietro Micca, giunta all’intersezione con via XX Settembre, ha notato un uomo che alla vista della Volante manifestava atteggiamenti di nervosismo. Pertanto, gli agenti arrestavano la marcia della Volante e sottoponevano a controllo il passante, un cittadino italiano di 66 anni. A suo carico emergeva un ordine di esecuzione per la carcerazione volto alla espiazione di una pena di 7 mesi di reclusione, poichè riconosciuto colpevole di reati contro il patrimonio.
Avrà 511 posti letto: valore stimato 345 milioni di euro

L’ipotesi di progetto è stata elaborata in collaborazione con il team del Politecnico di Torino coordinato dal professor Giorgio Garzino. Il nuovo ospedale, che verrà realizzato nell’attuale area sterrata nei pressi del vicino Parco della Pellerina, avrà un impianto di tipo orizzontale con tre corpi trasversali separati da ampi spazi verdi con vetrate e gallerie di collegamento.
“Si tratta di un edificio all’avanguardia tanto per quanto attiene i temi propri dell’edilizia sanitaria quanto per quel che riguarda le relazioni fra città costruita” precisa il professor Giorgio Garzino. La proposta che va a gara pone la massima attenzione ai temi ambientali: il nuovo edificio dovrà avere bassi consumi energetici anche grazie a vari sistemi di autoproduzione, dai pannelli fotovoltaici alla geotermia. Saranno previsti luoghi di socializzazione a disposizione dei pazienti e dei propri cari e del personale sanitario, ma anche della cittadinanza. Particolare attenzione è posta alla informatizzazione e alla automazione del sistema sanitario, sia in termini terapeutici che di gestione. Sono state approfondite le tematiche legate alla compatibilità idraulica dell’area, definiti gli accessi pedonali e viabili, oltre alla dotazione di parcheggi pubblici.
Così cresce e si rafforza l’identità culturale e produttiva di un territorio.
“Difendere e valorizzare i prodotti locali attraverso un ‘marchio’. È questa la decisione illustrata
oggi a Pragelato in una pubblica iniziativa che ha visto la presenza di molti produttori locali e di
tanti turisti accorsi. La scelta è finalizzata a salvaguardare e rilanciare le produzioni locali – dalle
patate alle fragole, dai formaggi al miele, dalle erbe romantiche alle verdure, dalla trasformazione
dei vari prodotti ai piatti tipici del territorio ai gofri – attraverso un ‘marchio’. Prodotti che sono il
frutto del lavoro nelle varie borgate pragelatesi e che rappresentano una specificità unica di questi
territori.
In sintesi, si tratta di un marchio De.C.O., finalizzato, appunto, al recupero della tradizione e della
stessa identità pragelatese attraverso il riconoscimento dei suoi prodotti e dei suoi piatti tipici.
Del resto, è ormai abbastanza evidente che l’identità di un territorio e di un comparto montano si
basano su alcuni caposaldi di fondo. E, per quanto riguarda Pragelato e i suoi dintorni, accanto
ad uno spiccato turismo estivo e invernale, alla storica vocazione sportiva legata allo sci di fondo
e alla antica tradizione paesaggistica e naturalistica, c’è indubbiamente la sua specificità eno
gastronomica. Un settore che però, d’ora in poi, sarà molto più sensibile alla difesa, alla
valorizzazione e al rilancio delle sue produzioni locali. Perchè solo attraverso questo metodo sarà
possibile legare l’identità di una comunità, la ricchezza del suo territorio e la commercializzazione
dei suoi prodotti nello stesso progetto. Un ‘marchio’, questo, che rappresenta un ulteriore tassello
dell’identità storica e culturale di Pragelato e del suo territorio”.
Giorgio Merlo, Sindaco Pragelato Consigliere Nazionale Anci
Paola Borra, Assessore Turismo Pragelato