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“Life is pink” alla Rinascente per la ricerca sul cancro

Fino all’8 ottobre sulla facciata della Rinascente di Torino saranno  proiettati due grandi cuori rosa intrecciati, è il logo della campagna del la Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro .Il nuovo logo è stato disegnato dalla Dottoressa Giada Pozzi, Chirurgo Senologo dell’Istituto di Candiolo – IRCSS . Per tutto il mese di ottobre saranno coinvolti sponsor, partner, il mondo dello sport e dello spettacolo e numerosi negozi. Il 4 ottobre si svolgerà al Club Royal Park I Roveri la 24/a “Pro Am della Speranza – The Green is Pink”.

Con la proiezione sulla facciata della Rinascente di Torino parte la sesta edizione di “Life is Pink”, la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi per sostenere la lotta contro i tumori femminili, tradizionalmente promossa nel mese di ottobre dalla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro. Il nuovo logo è stato disegnato dalla Dottoressa Giada Pozzi, chirurgo senologo dell’Istituto di Candiolo – IRCCS, che ha dato forma e colore, unendo simbolicamente Ricerca e Cura, alla sua esperienza di donna e professionista che tutti i giorni è a contatto con i timori e le speranze delle sue pazienti. Anche quest’anno il progetto “in rosa” potrà contare sul sostegno di sponsor e partner, di personaggi del mondo dello sport e dello spettacolo e di numerose attività commerciali. I fondi raccolti serviranno per rinnovare le postazioni ecografiche ginecologhe con nuovi ecografi dotati di software di acquisizione e ricostruzione delle immagini con intelligenza artificiale.

La facciata della Rinascente sarà illuminata con il maxi logo Life is Pink, grazie al contributo di Banca Patrimoni Sella & Co. e dell’azienda Proietta. All’interno dello store, nei week end del mese di ottobre, verrà inoltre allestito un corner in cui sarà possibile acquistare il merchandising ufficiale dell’iniziativa. Sempre all’interno dello store sarà possibile sostenere la Fondazione acquistando sia lo speciale “TOH”, opera che l’artista Nicola Russo ha creato ispirandosi ai famosi “Toret”, che per questa edizione si è colorato di rosa fluo, sia l’Olio di Karitè di Alkemy che per contribuire alla raccolta fondi si veste con una speciale confezione pink.

Mercoledì 4 ottobre, nella suggestiva cornice del Golf Club Royal Park I Roveri, si affronteranno 21 squadre, in rappresentanza di altrettante aziende che hanno deciso di scendere in campo a sostegno della campagna. L’evento vedrà la straordinaria partecipazione di grandi chef del nostro territorio che, tra una buca e l’altra, delizieranno i partecipanti con le loro specialità.

La Farmacia del Cambio, invece, ha voluto dare il suo contributo creando una speciale monoporzione dedicata a Life is Pink che verrà distribuirà fino al 15 ottobre nello storico locale in piazza Carignano. Tutto il merchandising di Life is Pink si potrà trovare in varie attività commerciali: da Hush e Negri Gioielli nel centro storico di Moncalieri, a Nova Estetica, in corso Moncalieri a Torino, Pensiero Grafico a Nichelino e nei negozi di Torino e di Chivasso di Patrizia Martini Abbigliamento. A Venaria inoltre varie attività commerciali e l’Associazione Viale Buridani daranno il loro sostegno. Confermata per questa sesta edizione la charity partnership “sportiva” con il VII Rugby Torino, che ha deciso di aderire al progetto, facendo scendere in campo la prima squadra con le maglie con il logo della campagna, durante una delle partite interne del mese di ottobre.

Il materiale dell’iniziativa si trova anche sul sito web della Fondazione (www.fprconlus.it/life-ispink), epresso il punto “Sostieni Candiolo” situato all’ingresso dell’Istituto di Candiolo – IRCCS.

Studenti torinesi: Primo Levi al d’Azeglio

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Torino e la Scuola

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Studenti torinesi: Primo Levi al D’Azeglio
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6 Studenti torinesi: Primo Levi al D’Azeglio

“Panem et Circenses”, con queste parole Giovenale, il grande autore satirico romano (I-II sec. d.C.), denunciava una politica manipolatrice, che utilizzava lo svago e i futili passatempi per ingannare il popolo, così che l’apparente benessere della massa corrispondesse al più concreto benessere politico.
Nella nostra epoca contemporanea la celebre locuzione potrebbe variare nei termini, ma non credo poi molto nel significato. Grazie alle numerosissime app dei nostri smartphone risolviamo comodamente da casa il problema del “panem”, giocando a farci portare a domicilio qualunque tipo di cibo ci solletichi e poco ci importa di chi deve appagare celermente il nostro stomaco, né delle difficoltà in cui potrebbe incorrere il nostro corriere nel tragitto. Più o meno secondo la stessa modalità soddisfiamo i “circenses”, le piattaforme multimediali aumentano esponenzialmente a velocità impressionante, la nostra unica difficoltà è rimanere sempre aggiornati per poter scegliere l’offerta migliore e quindi trascorrere il pomeriggio comodamente sul divano, guardando quel film di cui tutti parlano, oppure la serie Tv più in voga al momento. E se non ci sentiamo così tanto “passivi”, allora possiamo ricorrere ai giochi, alla playstation, alla wii, ai giochi on line e via discorrendo. E non sto parlando di questo drammatico periodo, in cui stare a casa ovviamente non è un obbligo, ma un dovere nei confronti degli altri e di noi stessi; mi riferisco a prima, a quando le abitudini non erano poi così diverse da ora, ma nessuno si lamentava.

Non è il caso di sentirsi “complottisti”, ma di certo dà da pensare tutta questa tecnologia “monoporzione”, che impegna e che immerge totalmente, che unisce, ma sempre attraverso uno schermo, e che ci distrae dalla vita vera, quella che scorre fuori dalla finestra, mentre noi non la guardiamo.
Che si può fare per sconfiggere questa apatia dilagante, questa superficialità di massa, questa abitudine all’approssimazione? Si può reagire. Come? Attraverso la cultura e la conoscenza, andando ad investire là dove non c’è rimasto quasi niente, andando a riporre fiducia nei professionisti dell’educazione, riconoscendo nuovamente l’importanza e l’essenzialità della scuola.
Nell’opera “Se questo è un uomo”, nel capitolo “ il canto di Ulisse”, Primo Levi ricorda di aver cercato di insegnare l’italiano al compagno di lager Jean, spiegandogli il XXVI dell’”Inferno” dantesco, la cui parte essenziale è dedicata alla “orazion picciola” dell’eroe greco che dice ai compagni: “fatti non foste a viver come bruti/ma per seguir virtute e canoscenza”. La tragedia odissiaca mantiene una precisa funzione esemplare, vuole essere un monito per tutti gli uomini, un proposito al di sopra di ogni affetto contingente, all’infuori di ogni preoccupazione di pericolo personale. L’autore combatte così la brutalità e l’ignominia di Auschwitz, appellandosi, in questa parte del testo, alla grandezza invincibile del Sommo Poeta, padre della lingua italiana e indiscusso simbolo di cultura universale.

Non a caso ricordo Primo Levi, perché è proprio di lui che vorrei raccontare qualcosa oggi, sempre continuando nel nostro percorso sulla scuola e sugli studenti torinesi.
Egli nasce a Torino, il 31 luglio del 1919. È stato testimone diretto delle deportazioni naziste, i suoi scritti sono una testimonianza sempre attuale e passai notabile a proposito di quegli anni bui che continuano a suscitare vergogna alla coscienza degli uomini. Di salute cagionevole, Primo era un bambino sensibile e fragile, caratteristiche che lo hanno portato a trascorrere un’infanzia sostanzialmente solitaria. Nel 1921 nasce Anna Maria Levi, la sorella minore a cui lui rimane sempre affezionato.
Nel 1934 Primo viene iscritto al Ginnasio del Liceo Massimo D’Azeglio di Torino, fin da subito si palesa un eccellente studente, dimostrando bravura e preparazione sia nelle materie scientifiche che in quelle letterarie. Da non dimenticare che il primo anno avrà niente meno che Cesare Pavese come supplente di italiano, anche se solo per pochi mesi. Dopo le scuole superiori, Primo frequenta la Facoltà di Scienze, che termina con una laurea con lode nel 1941: sono anni importanti per il brillante giovane, sia per la crescita personale, sia per le amicizie che riesce a stringere tra i banchi di scuola e i laboratori, rapporti sinceri che dureranno per tutta la vita. Eppure c’è un dettaglio da sottolineare, sull’attestato di laurea vi è scritto: “di razza ebraica”. Intanto la guerra incalza, ed egli nel 1942 si trasferisce a Milano, nel 1943 si rifugia ad Aosta e si unisce ad un gruppo di partigiani. Il suo coraggio però non lo ripaga con la stessa moneta e di lì a poco Levi cade prigioniero dei nazisti; il giovane viene deportato prima al campo di Fossoli (Modena) e poi, all’inizio del ’44, nel lager di Monowitz, che faceva parte del sistema dei campi di Auschwitz. Il resto come si suol dire è storia: impossibile riprendersi da tale drammatica esperienza.

Liberato nel gennaio del ’45 dalle truppe sovietiche, per tornare in patria Levi deve attraversare la Polonia, la Russia Bianca, l’Ucraina, la Romania, l’Ungheria, l’Austria, e infine giunge a Torino nell’ottobre del ’45. Inseritosi nella vita civile, sente comunque il bisogno di raccontare ciò che ha subito.
Scrive “Se questo è un uomo”, romanzo-testimonianza edito nel 1947 e ancora oggi letto a scuola, un libro che forse è nato “per forza”, per dovere di imprimere nella memoria collettiva la violenza e la brutalità di cui l’uomo è capace. In una scrittura lucidissima e misurata, il ricordo della vita nel lager di Monowitz si svolge come in un racconto-diario. Tutto è guidato dal desiderio di capire una realtà che appare oltre ogni razionalità. In quel mondo assurdo, il prigioniero tiene costantemente vigile una ragione impotente di fronte alla terribile epopea di una umanità irrimediabilmente offesa.

Nel 1963 Levi pubblica “La tregua”, in cui racconta il ritorno a casa dopo la liberazione, un singolare momento di “tregua” nella vita. Scrive “Vizio di Forma” (1971), “Il sistema periodico” (1975), un insieme di racconti autobiografici disposti in ventuno capitoletti, “L’osteria di Brema”, “La chiave a stella” (1978), “La ricerca delle radici” e “Se non ora quando?”(1982), nitida ricostruzione delle vicende di un gruppo di partigiani ebrei in Russia. Nel 1986 viene pubblicato un saggio, ultimo lavoro dell’autore, dal titolo emblematico, “I Sommersi e i Salvati”, che ha valore di accorato testamento, un inquieto ritorno dell’autore all’esperienza del lager, e alla necessità di interrogarsi su quell’orrore inesprimibile. Una memoria per tutti, per una società che potrebbe ricadere nel male. Primo Levi muore suicida nella casa di Torino l’11 aprile 1987.Chissà se un po’ del coraggio di questo grande uomo gli venne anche dalla formazione scolastica avuta al Liceo D’azeglio, luogo per definizione dell’”intellighenzia torinese”? La storia del Liceo inizia nei primi anni dell’Ottocento, quando viene istituito il Collegio di Porta Nuova. L’istituzione è prima trasferita nel 1852 presso la Parrocchia degli Angeli, poi, nel 1857, viene nuovamente spostata presso il Collegio Municipale Monviso. Con l’aumentare della popolazione della città subalpina, si sente il bisogno di creare un nuovo liceo classico, oltre ai già presenti licei Cavour e Gioberti, risalenti il primo al 1586 (riceverà la titolazione “Cavour” nel XIX secolo) e il secondo al 1865 (l’Alfieri verrà fondato nel 1901); così nel 1882 viene fondato il Liceo D’Azeglio, intitolato al celebre politico risorgimentale. La scuola comprendeva allora i cinque anni di corso ginnasiale e i tre del corso liceale. All’epoca, gli studenti appartenevano per lo più alla borghesia della zona Crocetta, anche se non mancavano iscritti di altre zone e classi sociali.

Molte sono le figure “dazegline” che hanno rivestito un rilevante ruolo politico e culturale nella storia, non solo di Torino, ma di tutto il Paese. Tra i vari nomi è bene ricordare Umberto Cosmo, Augusto Monti, Zino Zini, Franco Antonicelli. Tra gli studenti, Cesare Pavese (che è stato per qualche tempo anche docente), Giulio Einaudi, Leo Pestelli, Massimo Mila, Luigi Firpo, Vittorio Foa, Tullio Pinelli, Giancarlo Pajetta, Renzo Giua, Emanuele Artom, Leone Ginzburg, Norberto Bobbio, Primo Levi, Fernanda Pivano. In tempi più recenti hanno frequentato le medesime aule Mario ed Enrico Deaglio, Paolo Montalenti, Gian Savino Pene Vidari, Lucio Levi, Sergio Pistone, Roberto Alonge, Carlo Ossola. Inoltre, nel 1975, durante gli anni della partecipazione attiva al movimento studentesco, viene eletto presidente del Consiglio d’Istituto Primo Levi, il quale promosse come prima iniziativa un rinnovato impegno antifascista del Liceo.

Un importante fatto sportivo si lega poi al Liceo D’Azeglio: nel 1897, un gruppo di studenti della terza e della quarta classe del Ginnasio, che si ritrovavano assiduamente in Piazza d’Armi per giocare a calcio, fondano niente meno che la “Juventus”. Nel 1900 la squadra esibisce la camicia rosa e la cravatta nera nel primo campionato, che affronta presentandosi con il nome Sport Club Juventus. Nell’attuale sede della squadra è tuttora conservata la panchina che un tempo si trovava in C.so Re Umberto, attorno alla quale erano soliti ritrovarsi i ragazzi fondatori della squadra.
Attraverso i registri e i documenti scritti, sono molte le storie del Liceo che per fortuna possono essere ricordate. Le vicende parlano di legami forti che si crearono tra studenti e studenti, ma anche tra scolari e professori, narrano di incontri il sabato pomeriggio, in un caffè di via Rattazzi tra il “Profe” Monti e i suoi allievi ed ex allievi, o raccontano ancora di quell’episodio che vedeva come protagonista Giancarlo Pajetta, espulso per volontà del Ministero della Cultura con l’accusa di propaganda sovversiva: tale avvenimento era stato così commentato dal professor Monti: “Fu bene una fucina di antifascisti il ‘Massimo D’Azeglio’ in quegli anni, ma non per colpa o per merito di questo e quell’Insegnante, ma così, per effetto dell’aria, del suolo, dell’ ‘ambiente’ torinese e piemontese. Quel Liceo era come una di quelle case in cui ‘ci si sente’; dove i successivi inquilini sono visitati nel sonno – e anche da desti – dagli spiriti, dalle anime.”

Altro episodio testimoniato è il rinvio a settembre della prova di italiano nella sessione estiva degli esami di maturità del 1937 di Fernanda Pivano e del compagno Primo Levi, i due scrittori si erano ritrovati a dover sostenere nuovamente la prova nella sessione autunnale. Quante cose accadono a scuola, quante se ne imparano, quante ci rimangono impresse nella memoria per sempre. Non facciamoci distrarre dalle comodità dell’ultimo momento, ricordiamoci di che cosa è importante, di ciò che ci eleva, di ciò che ci fa crescere sul serio.

Alessia Cagnotto

Il solito Toro: incompiuto! Torino-Verona 0-0

Settima giornata serie A

1 punto a testa e reti bianche in una gara senza grandi emozioni allo stadio Olimpico Grande Torino.Il Toro si rende pericoloso dopo 1 minuto con Seck che si invola e calcia in porta: Montipò salva. Il portiere del Verona si ripete con un altro intervento importante nel recupero del primo tempo su Lazaro. Nella ripresa un cross pericoloso dello scaligero Faraoni impegna Milinkovic-Savic, poi Djuric ci prova in rovesciata.Da segnalare tra le curiosità del mondo calcio veronese l’esordio in serie A per Juan Manuel Cruz, figlio dell’attaccante ex Inter.
Un punto a testa che fa felice il Verona e che muove la classifica dei granata che proprio non riescono a togliersi dalla terra di mezzo, il decimo posto come accade da due anni a questa parte. Cosa manca per il salto di qualità? La concentrazione, la convinzione di lottare per traguardi più importanti del vivacchiare nella massima serie: il Toro ha l’obbligo morale e come blasone di lottare per l’alta classifica e qualificarsi in Europa oppure provare a vincere la Coppa Italia. Sabato prossimo il derby. Occorrerà fare punti per non perdere di vista l’obiettivo Europa.

Enzo Grassano

In ospedale donna aggredita mentre apre il garage: attimi di paura

Momenti di paura oggi in piena mattinata in via Pontinia, una traversa di corsoPrestinari, a Vercelli, quando una donna è stata aggredita e derubata. La vittima  sarebbe stata aggredita mentre stava aprendo un garage. La Polizia di Stato sarebbe già sulle tracce dell’aggressore. La donna è stata soccorsa dagli operatori del 118 e trasportata all’ospedale Sant’Andrea.

NOTIZIE DAL PIEMONTE

Mattarella: “Da Torino un messaggio di unità e dialogo per il futuro”

Questa mattina il Capo dello Stato è intervenuto al Festival delle Regioni in corso a Torino. “Le Regioni rappresentano la colonna vertebrale del nostro Paese”. Ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Alla  due giorni torinese dedicata al ruolo delle Regioni e delle Province autonome sono presenti numerosi governatori delle regioni italiane. A fare gli onori di casa il presidente del Piemonte Alberto Cirio e il sindaco di Torino Stefano Lo Russo. “Da una città che parla della storia d’Italia, un messaggio di grande significato: di unità, di dialogo con il Paese per il futuro dell’Italia”, ha aggiunto Mattarella.  In video sono giunti a Torino anche i saluti della Presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. Domani interverrà la premier Giorgia Meloni.

I Radicali distribuiscono cannabis light davanti al tribunale di Torino

Riceviamo e pubblichiamo /  Torino – Oggi, Igor Boni, Presidente di Radicali Italiani, Andrea Turi, Coordinatore dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta, e Chiara Squarcione della Direzione Nazionale di Radicali Italiani, hanno tenuto una conferenza stampa di fronte al Palazzo di Giustizia di Torino, distribuendo ai cittadini Cannabis light, lo stesso prodotto sequestrato il 1° giugno in 49 siti, dove sono stati requisiti 1800 kg di materiale, danneggiando parte dell’intera filiera.

I tre esponenti radicali hanno dichiarato: “La procura di Torino segue ‘gli ordini del governo.’ Quella del 1° giugno è stata un’azione senza alcun vero fondamento, se non quello di abbattere la filiera di Cannabis light. I prodotti che distribuiamo e che sono venduti nei tanti negozi sono del tutto legali. Eppure, nonostante ciò, il 1° giugno scorso la procura ha fatto ispezionare 49 siti tra magazzini, case private e aziende agricole, sequestrando computer, telefoni e 1800 kg di Cannabis Light. Si tratta di prodotti la cui composizione rispetta i limiti previsti dalla normativa, come dimostrano le analisi che abbiamo portato con noi. L’unico scopo è evidentemente distruggere una filiera che dà lavoro a 15.000 addetti in 3.000 aziende fondate da giovani under 35, e che ha un fatturato di 150 milioni all’anno. Altro che colpire la Cannabis light, servono soprattutto politiche differenti sulle droghe che aprano finalmente alla legalizzazione contro l’attuale legge criminogena. Invece, questo Governo, come dimostra il provvedimento proibizionista contro il cannabidiolo (CBD), va esattamente nel senso opposto. I migliori amici di mafie e criminalità sono i proibizionisti che, vietando e punendo, favoriscono la malavita che con il mercato nero incassa decine di miliardi di euro”

Lotto fortunato: due vincite da 70 mila euro sotto la Mole

Torino particolarmente fortunata nel fine settimana del Lotto e del 10eLotto. Nel capoluogo piemontese registrate due vincite per oltre 70.000 euro. In particolare – riporta Agimeg – venerdì 29 settembre colpo da 50.000 euro al 10eLotto con sei numeri indovinati su otto in modalità Lotto. Sabato 30 invece vinti 23.750 euro al Lotto grazie a un terno su tutte le ruote (numeri fortunati 14, 27, 52).
Sempre in Piemonte, a Domodossola in provincia di Verbania, il Lotto ha colpito venerdì con 6.725 euro. Decisivi i numeri 6, 12, 24 e 90 per una quaterna su tutte le ruote.

Il caldo continua, l’anticiclone ferma la pioggia. A Torino temperature estive

Un insolito anticiclone autunnale copre gran parte del Paese. Questo grande campo anticiclonico coinvolge l’Europa centro-occidentale,  salvando l’Italia dalle correnti atlantiche cariche di pioggia e umidità. Almeno fino alla prima decade di ottobre anche su Torino e Piemonte il meteo sarà caratterizzato pertanto da sole e caldo estivo con temperature fino ai 30 gradi.

Cattolici, quanta somiglianza con gli indipendenti del Pci…

LO SCENARIO POLITICO  Di Giorgio Merlo

Passano gli anni, scorrono le fasi stoiche e mutano le stagioni politiche eppure permangono vecchi vizi e antichi tic. È appena sufficiente osservare cosa dicono i cattolici attualmente militanti nel Pd – penso a vari parlamentari, ex ministri e dirigenti vari – su altri cattolici che militano o si riconoscono, legittimamente, in altri partiti e movimenti, per rendersi conto che c’è una straordinaria somiglianza tra ciò che sostenevano i cosiddetti “cattolici indipendenti” eletti nelle fila del Pci negli anni ‘70 e ‘80 con ciò che dicono oggi nel Pd della Schlein i cattolici popolari rimasti. Cioè in un partito di sinistra che, a differenza di quello storico e comunista, oggi si caratterizza per il suo indubbio ed oggettivo, nonchè platealmente sbandierato, profilo massimalista, estremista, radicale e libertario. Un profilo politico, culturale e valoriale, com’è evidente a quasi tutti, distinto, distante se non addirittura alternativo rispetto a tutto ciò che è riconducibile seppur lontanamente alla tradizione e al pensiero del cattolicesimo popolare e sociale. Ma, al di là di questo fatto, quello che colpisce maggiormente è la quasi identica valutazione che viene puntualmente sfornata nei confronti di tutti coloro – cioè i cattolici di varietà provenienza ed estrazione – che non aderiscono al progetto politico e culturale della sinistra. Nello specifico, dei moltissimi cattolici che non aderivano al Pci di Berlinguer ieri e al Pd della Schlein oggi. Ora, senza fare confronti impropri e del tutto fuori luogo e fuori tempo, è indubbio che il vizio della delegittimazione morale da un lato e della radicale svalutazione politica dall’altro campeggiano in modo persin enfatico nell’un come nell’altro caso. Due elementi che, se uniti, diventano un impasto nocivo e nefasto per la stessa correttezza dei rapporti politici. Non a caso, basta scorrere le dichiarazioni dei cosiddetti cattolici vicini alla Schlein, o comunque della sinistra radicale e massimalista contemporanea – legata a doppio filo con il populismo demagogico e qualunquista dei 5 stelle e i vari gruppi dell’estrema sinistra – per arrivare alla conclusione che tutto ciò che è presente nell’universo del centro o del centro destra è semplicemente squali fi cante, da contestare senza appello e da ridicolizzare. Sotto il profilo personale, cioè di tutti coloro che intraprendono altre strade rispetto alla sinistra e, sotto il versante politico, che viene dipinto come il regno del trasformismo o dell’ opportunismo o dell’ipocrisia o, nel migliore dei casi, della ingenuità. Insomma, politicamente, culturalmente e moralmente da bocciare senza appello. Del resto, la storica categoria del “catto comunismo” resta una delle peggiori derive della storia democratica del nostro paese. Un misto di moralismo di bassa lega coniugato con una sorta di permanente “tribunale della coerenza” che condanna all’irrilevanza e alla gogna chiunque si dissoci. Il, tutto, infine, viene riassunto con l’altro dogma laico della sinistra post ed ex comunista rappresentato dal cosiddetto “politicamente corretto” o, per essere più in sintonia, con il “politically correct”. Ecco perchè, malgrado le profonde trasformazioni che hanno caratterizzato la società italiana in questi ultimi decenni, tocca ancora una volta a tutti coloro che non hanno una concezione dogmatica della politica e deterministica della storia, far valere la bontà e l’importanza del pluralismo e della sincera e trasparente dialettica democratica. Categorie, queste, non sempre così frequenti dalle parti di coloro che pensano di incarnare, quasi in via ereditaria ed esclusiva, le categorie del progresso, della civiltà, della democrazia e della modernità.