ilTorinese

La rivolese Claudia Roggero nell’Esecutivo nazionale di Coldiretti Giovani Impresa

La rivolese Claudia Roggero entra a fare parte dell’Esecutivo nazionale di Coldiretti Giovani Impresa, organizzazione dei giovani agricoltori che rappresenta oltre 55mila aziende Coldiretti in Italia e circa 800 in provincia di Torino. Claudia, 25 anni, è anche coordinatrice provinciale e regionale per Torino e il Piemonte.

Apicoltrice, conduce una fattoria didattica sulla Collina morenica dove alleva le api con la madre Nicla Martile, il padre Lorenzo Roggero e il fratello Giuseppe Roggero e dove conduce attività di educazione all’agricoltura, all’ambiente e alla corretta alimentazione. All’interno dell’Esecutivo ha ricevuto le deleghe su apicoltura e formazione.

Insieme a Claudia Roggero, dell’Esecutivo nazionale dei giovani della Coldiretti fanno parte anche Giovanni Bellei (Lombardia), Rossella Cappuzzo (Sicilia), Marco De Zotti (Veneto), Carla Di Michele (Abruzzo), Marco Sforzini (Emilia Romagna), Donato Mercadante (Puglia), Camilla Petrucci (Lazio).

Alla carica di presidente nazionale è stato designato Enrico Parisi presidente dell’organizzazione giovanile di Coldiretti per la Calabria. Il nuovo leader dei giovani imprenditori agricoli italiani ha trent’anni, è calabrese di Corigliano-Rossano (Cosenza), una laurea alla Bocconi di Milano e un titolo di Cavaliere della Repubblica.

«Insieme a Enrico Parisi e a tutta la squadra di Coldiretti Giovani Impresa – esordisce Claudia Roggero – cercheremo di favorire il più possibile il ricambio generazionale nelle aziende agricole così come lavoreremo per permettere che si possa avverare il sogno di tanti giovani che vorrebbero scegliere la bellissima professione di agricoltori e allevatori».

L’assemblea elettiva a Palazzo Rospigliosi a Roma è stata anche l’occasione per una fotografia dell’agricoltura giovane in Italia. I giovani agricoltori, negli ultimi dieci anni, sono aumentati dell’1% contro un crollo medio del 13% dell’insieme delle imprese condotte da under 35, con punte del -20% per il commercio all’ingrosso, -28% per l’industria tessile, -25% per il commercio al dettaglio, fino ad arrivare al -48% per le telecomunicazioni: è quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati del Centro Studi Divulga.

“Il Calcio è di Tutti” Il premio del Consiglio regionale

ai vincitori del Torneo Nazionale

Cerimonia di consegna degli attestati di merito agli Atleti delle Squadre Juventus for Special, Terzo Tempo, Torino for Disabled vincitori del Torneo Nazionale “Il Calcio è di Tutti” Divisione Calcio Paralimpico e Sperimentale – FIGC.  Gli atleti saranno premiati dal  presidente del Consiglio regionale del Piemonte Stefano Allasia: 

Giovedì 5 ottobre 2023
ore 10.00 Sala Viglione – Palazzo Lascaris
ingresso via Lascaris, 9
Torino

Il luogo più gozzaniano di Agliè

Una bisavola della nostra nonna materna era sorella maggiore di quello paterno di Guido Gozzano. A partire dal 1965 e poi dal 1976 e in ultimo quasi ininterrottamente dal 1986, ho approfondito la storia di quegli antenati e parenti. Nel XV Secolo, un esponente dei Gedda (gruppo famigliare scandinavo originario del Gotland),che doveva aver combattuto i Tuchini con le compagnie di ventura, cessati i conflitti, fissò la sua dimora in Val Chiusella, e,tra i suoi discendenti, noi dividiamo con i Gozzano quegli antenatiche, nel corso del XVII Secolo, si spostarono ad Agliè, fissandovila loro dimora.

Da sempre Agliè mi è famigliare, e tanti dei cambiamenti che ha subito nel corso del tempo mi sono noti e facili da rilevare perché spesso li ho documentati avvalendomi anche di scritti e immagini, inoltre, giovandomi della formazione di architetto, mi sono soffermato sui cosiddetti luoghi “gozzaniani” cosicché, mentre sto liquidando per le stampe le diverse pagine sull’argomento, passo ad anticiparvi alcune notizie inedite.

Argomento di questo scritto sarà il Chiosco del Meletto Meletto, si badi, e non Meleto, perché proprio così il toponimo era scritto nei tempi più antichi, e anche Chiosco, e non Chalet, poiché questo sostantivo definisce correttamente quella tipologia architettonica da giardino. Il Chiosco, insieme all’ambiente naturale che lo circondava (isola, laghetto, ponte e bosco di piante esotiche), fu realizzato nel 1866 dal (più volte deputato al Parlamento Subalpino) comm. Massimo Secondo Mautino.All’epoca Diodata, la sua figlia minore e futura madre di GuidoGozzano, era una bambina di 9 anni, la sorellastra di lei, Ida Galletti, era morta da due anni, e i suoi due figli: Elvira e Arturo, avevano rispettivamente 11 e 9 anni.

Definendo quello il luogo gozzaniano per antonomasia, non intendo negare l’esistenza di quegli altri che in qualche modo possano evocare la presenza di Gozzano ad Agliè, sostengo peròche questo, in assoluto, è il più emblematico, perché, voluto dal nonno materno che non solo amava la poesia (come provano le opere della sua biblioteca) ma, in gioventù, ne scrisse anche di sue e le pubblicò su certi fogli ebdomadari e, per oltre cinquant’anni, fu frequentato dalla seconda figlia – che pure scrisse poesie e che, più del figlio Guido, ritornò spesso e pure dal nipote Arturoil quale, nato pochi mesi prima di lei,proprio a quell’ambiente accennava in una composizione poetica per il matrimonio della zia con il futuro padre del Poeta. Perquesto, il Chiosco del Meletto, era davvero un luogo di forti richiami poetici. Di significativa importanza lo fu poi anche per Guido Gozzano, che vi andava volentieri (come attesta la foto in cui è ritratto in piedi con la madre, la sorella Erina, il marito di lei,avvocato Giordano, e la loro figlia ragazzina), perché, come gli altri famigliari, riceveva un benefico influsso da quell’ambiente.

Fissati i riferimenti temporali e ricordati fatti, interpreti e motivazioni, sarà facile capire come, nel corso degli anni, quello spazio abbia avuto per i ragazzi il ruolo di ambiente di sogno, e, per le ragazze, forse sia stato anche qualcosa di più della casa delle fate (o delle bambole). La costruzione – tutta in legno – era posta su un isolotto al quale si accedeva da un ponticello (sul quale è bello rivedere Guido insieme alla sua mamma, nella foto ingiallita che il tempo ci ha tramandato) o dalla barca (l’unica che stazionasse sempre là), e il luogo, già ben dotato dalla natura che lo circondava, era arricchito dalle piante che il nonno deputato aveva voluto che crescessero tutto intorno al laghetto, in un’epoca in cui il parco del Castello di Agliè contava ancora diversi giardinieri in pianta stabile. I tre ragazzi ebbero là un luogo ideale di confronto in cui potevano ritrovarsi per parlareconfidenzialmente tra loro, mentre divenivano grandi.

Ciò detto, possiamo smontare l’affermazione di due studiosi della letteratura italiana (De Rienzo – che, codicendo, finisce per meritarsi lui quel titolo di “bugiardo” che troppo facilmente ha appioppato a Guido e Sanguineti – che sembra ignorare del tuttoi legami (di sangue e di affetto) che Gozzano aveva con la Liguria infatti entrambi, muovendosi in un contesto a loro ignoto, senzaconoscere la storia (che io vi ho raccontato), accusano Guido di un lapsus perché, in un foglio indirizzato a Amalia Guglielminetti, aveva scritto: «in questo casolare campestre (la cascina del Meletto, che era dei Mautino già nel XVIII Secolo), in riva di questo laghetto boschivo che ha visto l’infanzia di mia madre». Smentita che baso esclusivamente sulla relazione peritale di un geometra, che, nel 1938, su quei luoghi ebbe a scrivere, sentitaDiodata Mautino, la vedova ultra ottuagenaria dell’ingegner Gozzano, che a viva voce gli aveva fornito le testimonianzepreziose che io utilizzo. (Ma i letterati, forse, non considerano letteratura le relazioni tecniche, e allora chissà cosa avrebbero a ridire su Franz Kafka, ché le sue pagine di perizie trovano spazio tra i suoi scritti letterari?)

Ora, ritornando al chiosco e all’incantevole ambiente cheMassimo Mautino volle dare alla figlia e ai due nipoti quasi aconfortarli perché tutti ancora giovani erano rimasti privi dellamadre, ricorderò che quella costruzione, la cui esistenza qualche fotografia in bianco e nero attesta ancora negli anni Ottanta del Novecento, non ebbe affatto una vita breve e, giacché ebbe bisogno di tempo perché, senza aver mai conosciuto una manutenzione, si sancisse la sua fine (accettandone la demolizione o constatandone il crollo). Anche le piante di quel piccolo orto botanico conobbero soltanto il taglio di chi, negli anni, se ne servìper bisogno di legna da ardere: tutto era facile, libero l’accesso,senza recinzioni né barriere, si poteva prendere, manomettere edistruggere a volontà! Oggi che da vedere non rimane altro che le verdi canne che crescono rigogliose nell’acqua e i rifiuti abbandonati sullo spiazzo, il rustico cartello di legno che abbiamo fotografato segnala il luogo (ma quale?) con le parole di Guido(ma quali?). Lassenza di quell’ambiente si fa avverte, non solocome una perdita sentimentale, ma come grave danno per la storia dell’architettura stessa. Sappiamo infatti che il commendator Mautino (il cui padre, morto prima chegli venisse al mondo, era un misuratore diplomato all’ateneo torinese dove aspirava anche il titolo di architetto) era egli stesso in buoni rapporti con diversi professionisti anche tra i coetanei del padre. Uno per tutti, Ignazio Michela, al quale in una lettera egli accennava di aver visto il Crystal Palace durante un soggiorno a Londra. E poiché le costruzioni da giardino godevano nel Regno Unito di attenzioni particolari, non è possibile che Massimo Mautino non affidasse quel progetto per il suo a un architetto importante, magari a un giovane che gli era stato segnalato. Purtroppo però, quella costruzione non c’è più: avrebbe documentato, ad Agliè,l’intervento di un progettista attivo tra noi a metà Ottocentocertamente la tipologia del chiosco in legno (ma dall’interno tappezzato in stoffa e arredato con mobili rustici progettati su misura) per i più, ad Agliè, non era che una baracca di legnoma questo non giustifica affatto, anche se le motiva, incuria e trascuratezza ai danni di una tecnologia che, in uso in tante parti del mondo, qui si lasciò sparire nel nulla, perché “era una baracca ma stava in piedi da cento e vent’anni almeno!!!

Probabilmente mi si accuserà di essere ingiusto per considerare il chiosco “più importantedegli altri luoghi, che, ad Agliè, si dicono gozzaniani, diallora che, a cent’anni dalla morte di Guido, nel 2016, la realtà fisica della maggior parte di essi era del tutto compromessa e che quelle costruzioni, stravolte e malridottecome sono, oggi rimangono solo per testimoniare i più indegni interventi edilizi che, negli ultimi cento anni, il nostro Paese (qui sta per Nazione) ha sofferto.

Chiudo questa pagina con un’immagine di serenità, una fotografia, che in amicizia (credendo negli studi che porto avanti ormai da tanti anni sui nostri antenati e parenti) mi ha passato Valentina Sapio, la discendente diretta di Erina Gozzano, la sorella di Guido. In essa Diodata e Guido sono le figure dominanti che compaiono sfocate in una dimensione quasi trascendentale.

Il contesto è indefinito e non si riesce proprio a localizzalo, ma questo permette di affermare che per ogni uomo, per un Poeta soprattutto, ogni ambiente è carico di valori, e allora, se è vero che, come si legge ad Agliè in un’iscrizione funebre di San Gaudenzio, “la sua poesia è dappertutto”, si deve fare molto ancora perché la Poesia abbia un suo ruolo nella Storia, che è poi l’intento che per tanti anni ha mosso i miei studi su Guido Gozzano e i suoi.

Carlo Alfonso Maria Burdet

Da oggi la sede della Regione è in piazza Piemonte 1 a Torino

Si è svolta oggi pomeriggio la cerimonia di intitolazione di piazza Piemonte, il nuovo spazio di fronte al grattacielo della Regione, area urbana aperta alla cittadinanza.

Grazie alla decisione della Commissione toponomastica del Comune di Torino da oggi la sede del palazzo del governo regionale non è più in via Nizza 330, ma in piazza Piemonte 1, indirizzo che verrà indicato anche in tutti gli atti e i documenti ufficiali dell’ente.

La cerimonia di intitolazione e di svelamento del nuovo cartello toponomastico si è svolta alla presenza del presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, del vicepresidente Fabio Carosso e gli assessori Chiara Caucino, Vittoria Poggio, Marco Protopapa e Andrea Tronzano, del sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, della presidente della Consiglio regionale Maria Grazia Grippo.

«Il luogo che ospita il palazzo della Regione che è la casa di tutti i piemontesi non poteva che chiamarsi piazza Piemonte – spiega il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio – Per questo abbiamo chiesto al Comune di Torino di approvare l’intitolazione della piazza e ringrazio il sindaco, il Consiglio comunale e la Commissione toponomastica per aver risposto positivamente alla nostra sollecitazione. Questo luogo non è solo l’ingresso al grattacielo che raccoglie tutti gli uffici dell’ente, ma è anche un luogo di aggregazione e socialità per il quartiere che, dopo molti anni, finalmente ha visto questo palazzo popolarsi di persone, con ricadute positive per le attività commerciali».

«L’intitolazione di un nuovo spazio – dichiara il sindaco, Stefano Lo Russo – è sempre un bel momento per la città, che ne testimonia la vitalità. Una piazza è un punto di aggregazione, di incontro. Anche per questo quello di oggi è un momento dal forte valore simbolico. A maggio la commissione toponomastica ha accolto la proposta di denominazione e, da oggi, piazza Piemonte accoglierà tutte e tutti coloro che si recheranno al grattacielo della Regione».

«Nel rivolgersi alla Città per rappresentarle la sua proposta di intitolazione e la scelta condivisa con la giunta regionale, il presidente Cirio aveva voluto sottolineare il desiderio che la nuova piazza diventasse “un vero e proprio spazio di riferimento per il territorio piemontese e di Torino, che ne è il capoluogo”, un desiderio certamente nobile che l’Amministrazione comunale si è sentita di condividere attraverso il voto unanime espresso dalla commissione – aggiunge la presidente del Consiglio comunale, Maria Grazia Grippo – Oggi mi sembra che questo desiderio comune possa trovare incoraggiamento nel messaggio che solo tre giorni fa il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha portato a Torino in occasione del festival delle Regioni e delle Province autonome, quando, richiamando gli elementi portanti della nostra Repubblica, ha invocato una crescita non gerarchica, ma territoriale».

Alla cerimonia di intitolazione hanno partecipato anche il prefetto di Torino Donato Cafagna e le autorità cittadine e militari. Un ringraziamento particolare al direttore e al quartetto di sax di allievi del Conservatorio di Torino che ha eseguito l’Inno d’Italia.

Con la giornata di oggi inizia poi l’operazione di arredo della piazza che ospiterà opere rappresentantive di tutte le province del Piemonte. Si comincia da Torino con la posa del Toh ideato e realizzato da Nicola Russo, designer e direttore creativo, che si ispira al celebre simbolo della città di Torino, il Torét. Un progetto creativo indipendente che immagina il toro, normalmente “chiuso” all’interno della celebre fontana, rompere il metallo e uscire fuori, per ricordare l’importanza del coraggio di agire per cambiare le cose, e per sottolineare che a volte rompere gli schemi, mettersi in gioco è la strada giusta per poter guardare con fiducia al futuro e raggiungere risultati

«Toh è un manifesto di rinascita e inclusione. Un’opera identitaria sempre pronta al dialogo con la città e le persone, che non lascia mai il passato ma che evolve per accogliere il futuro. Un’opera di coraggio, perché senza coraggio non c’è futuro» spiega l’artista che ha deciso di devolvere alla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro Onlus di Candiolo, parte dei ricavi del progetto: in meno di due anni sono già stati raccolti oltre 50 mila euro.

Il Toh di piazza Piemonte si aggiunge agli altri 6 già presenti in città: a Porta Susa per accogliere i turisti che arrivano nella nostra città, al Museo del Risorgimento dove ricorda a tutti che il 17 marzo 1861 l’Italia è nata qui a Torino, nel cortile del Politecnico di Torino, una delle eccellenze del nostro territorio e a Candiolo per supportare la ricerca e per sottolineare l’importanza della charity partnership. L’opera è realizzata in vetroresina fasciata a mano, la base è in metallo verniciato e all’interno è dotato di armatura per essere in linea con le normative dell’arredo urbano. E’ alta circa 2 metri e pesa circa 250 chilogrammi, con un ingombro al suolo di 1,8 metri quadrati.

Accossato: “Giù le mani dall’ospedale sant’Anna”

 

LO CHIEDE LIBERI UGUALI VERDI CON UN QT IN CONSIGLIO REGIONALE SU IPOTESI DI DISTACCO DALL’AZIENDA CITTA’ DELLA SALUTE CHE ANDREBBE A DISCAPITO DELLA SALUTE DELLE DONNE

 

 

“Il Sant’Anna deve continuare ad essere collegato, fisicamente e amministrativamente alla Città della Salute – lo chiede con forza Silvana Accossato Presidente del gruppo Liberi Uguali Verdi in Consiglio Regionale preoccupata da voci ricorrenti e pressioni che vorrebbero imminente una separazione nelle intenzioni della giunta regionale per tornare ad essere accorpato al solo Regina Margherita.

“Questa scelta penalizzerebbe le donne, con un’assistenza di serie B; mentre chi viene ricoverato/a alle Molinette per interventi chirurgici ha la garanzia della presenza di tutte le diverse professionalità utili a garantire la sicurezza, al Sant’Anna la multidisciplinarietà’ mancherebbe totalmente” – dichiara la Presidente di LUV.

“Sarebbe una scelta anacronistica che relegherebbe al ruolo di procreatrice la figura della donna invece che occuparsi della sua salute in generale come giusto che sia vista anche la tendenza a maternità sempre più in là negli anni e l’aumento di interventi potenzialmente più rischiosi come il taglio cesareo” – spiega l’ex Sindaca della Città di Collegno.

“Prendiamo atto delle tiepide rassicurazioni dell’Assessore alla Sanità Icardi su questo ma non ci rassicura per nulla la scelta di spostare i due reparti di neonatologia dal Sant’Anna al Regina Margherita creando di fatto uno spezzatino per ragioni incomprensibili che non hanno alcun fondamento funzionale sulla pelle di mamme e figli. Non riusciamo a capire cosa ci sia dietro a questa scelta anche perché la neonatologia è funzionalmente strettamente e fortemente connessa alla ostetricia – chiude Silvana Accossato riferendosi alla risposta dell’assessore al question time.

I due volti di Biella, la bella città circondata dalle montagne

A cura di www.piemonteitalia.eu

Prima di programmare una giornata a Biella bisogna sapere che la città è divisa in una parte alta (Piazzo) e una bassa (Piano).

Se si decide di arrivare con il treno, bisogna ricordare che ci vogliono circa una ventina di minuti di cammino per raggiungere il centro storico (Biella Piano).

Una volta raggiunto il cuore di Biella, il nostro consiglio è quello di visitare i tre edifici più importanti: il Duomo, il Battistero e il Campanile di Santo Stefano.

Il battistero, dedicato a San Giovanni Battista, stretto tra il Comune e il Duomo, è un piccolo edificio a pianta polimorfa realizzato con materiale romano di recupero.

 

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https://www.piemonteitalia.eu/it/esperienze/i-due-volti-di-biella-la-bella-citta-circondata-dalle-montagne

Lite in corso Regina: uomo accoltellato più volte in faccia

I carabinieri hanno arrestato  un uomo di 47 anni di origine marocchina che ieri sera avrebbe aggredito un connazionale durante un violento litigio. L’arresto è avvenuto in flagranza di reato da parte dei carabinieri in corso Regina Margherita a Torino all’altezza del civico 119. L’aggressore ha colpito più volte al viso con un coltello a serramanico il suo connazionale.

Reddito di cittadinanza, carte false: le Fiamme gialle scoprono truffa da 400 mila euro

I responsabili di due caf di Torino avrebbero falsificato i documenti per ottenere senza averne diritto, prestazioni sociali come il reddito di cittadinanza. Sono state così attivate un centinaio di carte tanto da accumulare un totale di 400mila euro. La Guardia di Finanza se n’è accorta,  e ha scoperto carte intestate per finta a terzi, quasi tutti stranieri sulle quali accreditare  indebitamente i bonus pubblici. Sessanta di queste carte erano per il reddito di cittadinanza. L’Inps ha bloccato le erogazioni ancora in corso e avviato il recupero delle somme.

Nel libro di Sorrentino i misteri del Maresciallo Cavallero in quel fatale settembre 1943

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“La Benda al Cuore” / Il nuovo romanzo di Gerlando Fabio Sorrentino  ripercorre le pagine di  storia italiana che ruotano attorno alla data del’8 settembre 1943 e alla misteriosa scomparsa del Maresciallo d’Italia, piemontese di Casale Monferrato

 

E’ da poco trascorso l’ottantesimo anniversario dell’8 settembre 1943, una delle date più controverse della storia italiana del ‘900. Di quel periodo è stato scritto e detto tanto. Ma mancava un’opera che, con rigore storico e passione dell’autore, andasse a scavare in una delle pagine ancora oscure che riguardano quel periodo: la morte del Maresciallo d’Italia Ugo Cavallero, figura di spicco della storia militare italiana, originario di Casale Monferrato (il caso volle che l’altro militare protagonista delle vicende che segnarono la caduta del Fascismo fosse Pietro Badoglio, anch’egli monferrino di Grazzano, a pochi chilometri da Casale). Questo “soldato piemontese” è al centro di un’opera che illumina una delle pagine più oscure e cruciali della storia italiana.

L’autore Gerlando Fabio Sorrentino ci presenta il suo ultimo lavoro, il suo terzo romanzo, “La Benda al Cuore”, imperniato sul mistero della morte di Cavallero nel contesto della tumultuosa transizione dell’Italia, dalla caduta del regime fascista al lento e sanguinoso cammino verso la democrazia, a partire proprio dalla data storica in cui l’Italia annunciò l’armistizio con gli Alleati, spianando la strada a una serie di eventi tragici e rivoluzionari che avrebbero segnato per sempre la nazione. Nel libro vengono affrontate e svelate alcune pagine della storia vera dell’enigmatico capo di stato maggiore generale delle Forze Armate Italiane durante la Seconda Guerra Mondiale, trovato morto nel settembre 1943 in circostanze misteriose.

Con precisione giornalistica e profondità di analisi, Sorrentino disegna un panorama del settembre 1943: dallo sbandamento dell’esercito italiano, alla reazione violenta dei tedeschi, dai bombardamenti alleati alle atrocità naziste, dalla confusione politica al dramma di un popolo preso tra due fuochi. Una nazione letteralmente spezzata in due, con al centro la figura emblematica di Cavallero, simbolo dei tormenti, delle divisioni e delle complessità di un’epoca. In “La Benda al Cuore”, l’autore non si limita a ricostruire la cronaca degli eventi, ma penetra l’animo dei protagonisti e il clima di incertezza, paura e tradimento che permeava quei giorni.

Il romanzo si configura non solo come un viaggio storico, ma come una lente di ingrandimento sulle dinamiche umane, politiche e militari che hanno determinato le sorti dell’Italia. Alla luce dei recenti sussulti politici e sociali che attraversano il continente europeo, l’opera di Sorrentino acquisisce un valore ancora più profondo, fungendo da monito sulla fragilità delle democrazie e sulle cicatrici indelebili lasciate dalla guerra, invitando a riflettere sulle lezioni non apprese e sulle tragiche ripercussioni delle guerre passate e presenti. “La Benda al Cuore” si propone come un testo indispensabile per tutti coloro che vogliono approfondire o riscoprire un periodo cruciale della storia italiana, sottolineando l’importanza della memoria collettiva e dell’analisi critica degli eventi passati, soprattutto in occasione dell’ottantesimo anniversario del fatidico settembre ’43.

Cavallero, oltre al suo ruolo militare, ha incarnato una figura chiave nell’industria italiana, guidando colossi come Pirelli e Ansaldo. Laureato, poliglotta e dotato di un’intelligenza brillante, la sua morte rimane uno dei grandi misteri della storia italiana del ventesimo secolo. Il romanzo getta luce su un uomo complesso, alle prese con le tensioni dell’epoca e con un profondo senso di appartenenza ai valori tradizionali italiani, capace di ispirare l’ammirazione e l’avversione dei suoi contemporanei. Una figura dalla personalità enigmatica, che continua ad affascinare e a suscitare interrogativi a distanza di ottanta anni esatti dalla sua morte. L’autore ci conduce attraverso gli ultimi tre giorni di vita del maresciallo, raccontando gli eventi che portarono alla sua tragica scomparsa, avvenuta nel settembre del 1943: si trattò di un suicidio oppure di un omicidio ordito dai tedeschi o dai fascisti?

La morte di Cavallero è solo uno dei tanti elementi che compongono questo romanzo. Vi è presente anche una drammatica e dettagliata ricostruzione delle convulse giornate che seguirono l’armistizio dell’8 settembre 1943. Una pagina della storia italiana caratterizzata da una grande confusione, dalle atrocità e deportazioni perpetrate dai tedeschi e dalle devastazioni causate dalle Forze Alleate.

 

L’autore

Originario di Agrigento ma abruzzese d’adozione, Gerlando Fabio Sorrentino ha consolidato la sua presenza nel panorama letterario italiano con una carriera variegata che spazia dal romanzo alla poesia, ricevendo significativi riconoscimenti, tra cui una segnalazione sul Venerdì di Repubblica da parte del giornalista Corrado Augias, distinguendosi per la sua capacità di unire la meticolosità della ricerca storica alla profondità dell’analisi psicologica. Sorrentino continua il suo percorso di esplorazione dei meandri più oscuri della storia italiana, offrendo un’opera matura e articolata e trovando in “La Benda al Cuore” uno dei suoi apici espressivi.

Dettagli dell’opera

La benda al cuore

Autore: Gerlando Fabio Sorrentino

Editore: PAV Edizioni

Formato: 15×21

Pagine: 496

Prezzo di copertina: € 22,00

Collana: Romanzo Storico

Pagina Facebook:

https://www.facebook.com/labendalcuore

 

Link per acquisto su Amazon:

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Davanti al grattacielo della Regione si inaugura piazza Piemonte

 L’indirizzo del Grattacielo della Regione si trasformerà da via Nizza 330 in “Piazza Piemonte”.

Si svolgerà oggi mercoledì 4 ottobre alle ore 17, nell’area antistante il grattacielo sede della Regione Piemonte, al numero civico 330 di via Nizza, la cerimonia di intitolazione di piazza Piemonte.

Alla cerimonia saranno presenti il Sindaco Stefano Lo Russo, la presidente del Consiglio comunale Maria Grazia Grippo e il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio.

La proposta di rinominare piazza Piemonte, l’area antistante il grattacielo omonimo, è stata votata all’unanimità durante una seduta della commissione Toponomastica, il 2 maggio di quest’anno.