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La bagna cauda, cuore caldo di Torino

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ScopriTo alla scoperta di Torino

A Torino, quando arriva il freddo, c’è un profumo che attraversa i portici e si infila nelle osterie come un vecchio amico: quello della bagna cauda. È un piatto che sembra semplice, quasi umile, ma custodisce una storia di viaggi, di campagne e di convivialità che ha segnato l’identità gastronomica piemontese. Oggi, mentre i ristoranti torinesi continuano a reinterpretarla, la bagna cauda rimane una delle esperienze più sincere da vivere in città.

La sua origine non è interamente torinese, ma Torino ha avuto un ruolo decisivo nel trasformarla da pietanza contadina a rito urbano. Nata nelle Langhe come salsa energetica per i vendemmiatori, a base di acciughe sotto sale, aglio e olio, arrivò presto nei mercati cittadini insieme alle barbatelle, ai carrettieri e alle famiglie che cercavano lavoro in città. Qui la ricetta trovò gli ingredienti migliori, le acciughe spagnole che arrivavano nello storico mercato di Porta Palazzo e l’aglio di Caraglio, considerato da molti il più adatto per ottenere una salsa morbida e profumata senza essere aggressiva.

L’arte della preparazione

Preparare la bagna cauda perfetta a Torino è considerato quasi un gesto rituale. Le acciughe devono essere dissalate con pazienza, l’aglio tagliato fine e cotto lentamente fino a diventare una crema. Qualcuno aggiunge una noce di burro, altri giurano che un goccio di latte attenui l’asprezza senza tradire la ricetta. Le verdure che la accompagnano parlano di stagioni: cardi gobbi di Nizza Monferrato, peperoni di Carmagnola, topinambur, cavolo verza, barbabietole. Ogni famiglia, ogni chef, ogni trattoria custodisce una variante che racconta un pezzo di Piemonte.

Negli ultimi anni si sono diffuse anche versioni più leggere, con meno aglio o addirittura con l’aglio cotto nel latte per renderlo più digeribile. Ma a Torino c’è ancora chi difende la versione tradizionale, convinto che la bagna cauda sia un piatto che non va addomesticato: o la si ama o la si teme, e questo fa parte del suo fascino.

I ristoranti di Torino che la celebrano

Il capoluogo piemontese ha fatto della bagna cauda una bandiera, e alcune tavole sono diventate luoghi di pellegrinaggio per gli appassionati. In molti ricordano ancora le serate affollate di certe osterie del Quadrilatero, dove il profumo della salsa usciva dalle porte spalancate e attirava studenti, famiglie e turisti incuriositi. In una trattoria di Borgo San Paolo, lo chef racconta spesso di aver imparato la ricetta da sua nonna: durante le prime nebbie autunnali preparavano il fujot di terracotta che manteneva la salsa calda al centro del tavolo, mentre le chiacchiere si mescolavano al vapore dei cardi appena tuffati.

Nel quartiere Vanchiglia c’è un ristorante che propone la bagna cauda solo due mesi l’anno. Il proprietario, con un sorriso furbo, dice che è il piatto a decidere quando vuole comparire: «La bagna cauda è come un ospite importante, arriva quando è il momento giusto». La loro versione è celebre per il profumo intenso e per le verdure che cambiano ogni settimana, a seconda del raccolto che arriva dai piccoli produttori della collina torinese.

Anche alcune trattorie storiche della zona di San Salvario mantengono viva la tradizione delle serate dedicate, in cui la bagna cauda diventa un pretesto per stare insieme. Un cameriere racconta che una volta un gruppo di amici napoletani, alla loro prima esperienza, aveva ordinato due fujot “per assaggiare”. Dopo mezz’ora, conquistati dalla salsa fumante, ne avevano chiesti altri quattro, ridendo e domandandosi come avessero potuto vivere senza.

Le varianti che raccontano la città

Torino ha sempre avuto la capacità di integrare culture e influenze diverse, e questo vale anche per la bagna cauda. Alcuni ristoranti del centro propongono una versione “rossa”, arricchita con un pizzico di peperoncino. Altri preferiscono la variante “ricca”, con tartufo nero grattugiato sopra la salsa calda, un’idea nata pare in un locale vicino al Po, dove lo chef voleva proporre qualcosa che unisse la tradizione contadina alla raffinatezza sabauda.

La città ospita ogni anno anche cene collettive dedicate alla bagna cauda, momenti in cui il piatto diventa un racconto corale: torinesi di lungo corso, studenti fuori sede e curiosi provenienti da altre regioni si siedono allo stesso tavolo e condividono risate, mani unte e racconti che nascono spontanei.

Torino e la bagna cauda continuano così a camminare insieme: un piatto caldo, generoso, che non ha paura di essere intenso e che più di molti altri sa trasformare una cena in un’esperienza. Chi arriva in città e decide di provarla scopre presto che non si tratta solo di una salsa, ma di un rito, un modo tutto piemontese di stare a tavola e di raccontare la propria storia attraverso il cibo.

NOEMI GARIANO

Doppio appuntamento a teatro… aspettando il Natale allo “Spazio Kairos”

In scena l’immortale “Canto di Natale” di Charles Dickens e le “Favole interattive” per tutta la famiglia

Venerdì 12 e domenica 14 dicembre

Un classico che va oltre i tempi, fra le meraviglie letterarie dell’epoca vittoriana, prima edizione pubblicata a Londra il 19 dicembre del 1843 e già esaurita il giorno di Natale, con la bellezza di tredici edizioni andate in stampa nel giro di un anno, alla fine del 1844. Se vi dico “Charles Dickens!”, il gioco è subito chiaro. Parliamo dell’immortale “Canto di Natale” (titolo originale: “A Christmas Carol. In Prose. Being a Ghost-Story of Christmas”), novella o “racconto di fantasmi”, scritta per l’appunto da Dickens (1812 – 1870) e pubblicata a Londra per “Champman & Hall”, con illustrazioni di John Leech. Fra le opere più famose di “Boz” (come  Dickens era soprannominato agli inizi della sua carriera giornalistica) e interpretata in super-abbondanza nel corso del tempo, anche in varie trasposizioni teatrali e cinematografiche, sarà proprio il “Canto di Natale”, in una versione pensata per adulti ma adatta anche a un pubblico di bambini e ragazzi, ad aprire venerdì 12 dicembre (ore 21) il periodo natalizio sul palcoscenico dello “Spazio Karios”, il Circolo Arci “con un teatro dentro”, gestito dalla Compagnia Teatrale “Onda Larsen”, in via Mottalciata 7 (fra “Aurora” e “Barriera di Milano”) a Torino.

Adattamento e interpretazione di Fabrizio Martorelli, napoletano di origini e milanese di adozione, per la regia di Antonio Mingarelli, lo spettacolo, della durata di 60 minuti, dà modo al pubblico di affiancare e vivere in un “viaggio vorticoso e introspettivo” gli errori e il riscatto di Ebenezer Scrooge, il banchiere anziano, avarissimo e non poco cattivo, che odia il Natale e l’umanità intera. Cosa che continuerebbe tranquillamente a fare se non ricevesse, proprio in tempo natalizio, la visita di una serie di fantasmi che cercano in qualche modo di “convertirlo”: il primo ad ammonirlo è Jacob Marley, il suo defunto amico e socio in affari, seguito dagli spiriti del “Natale passato”, del “Natale presente” e del “Natale futuro”. In scena, il solo Martorelli, che dà voce a tutti i personaggi, dagli spettri alle figure del passato di Scrooge, a sottolineare la solitudine iniziale del protagonista e la necessaria relazione con l’altro che lo porterà via via alla “redenzione” e al cambiamento. La scenografia, concepita come una “soffitta immaginaria”, diventa il luogo della memoria dove il narratore rievoca freneticamente l’intera storia. Una storia che imbriglia Scrooge da una vita, dove a regnare sono solo crudeltà e amarezze. L’unica via d’uscita per lui è “quella di scendere fino in fondo al suo coraggio, incontrare sè bambino,  rivedere l’unica donna che abbia amato, capire tutti gli annullamenti che ha fatto, sta facendo e farà in vita”. E alla fine superare la prova di un cambiamento “con l’unica dote che i suoi visitatori ultraterreni non hanno: l’umana vitalità”. Assistere al dickensiano “Canto di Natale” è sempre come regalarsi momenti esistenziali di alto contenuto emotivo, come leggere e rileggere, per fare nostra, una mirabile pagina didattica sul significato di sentimenti perduti nel tempo, che d’improvviso – proprio come “fantasmi” – ti riappaiono davanti quali strumenti insostituibili e preziosi e necessari alla ripresa di sentieri vitali dimenticati, che se riesci a recuperare tornano però a regalarti i veri, unici, profumi della vita.

Domenica 14 dicembreore 16,30

Sempre allo “Spazio Kairos”, il pomeriggio sarà interamente dedicato ai più piccoli (dai 5 anni in avanti) con “La Magica Soffitta di Stella”, un coinvolgente spettacolo teatrale di “narrazione e interazione”, a cura dei torinesi Tita Giunta e Fabio Rossini, perfetto nel percorso di avvicinamento al Natale.

La storia vede infatti protagonisti Stella e il suo papà, che si ritrovano a raccontare una storia nella loro vecchia soffitta. Utilizzando un “armadio magico” come varco, i due esploreranno un regno fantastico dominato dalla temibile “Strega Bianca”, la “Regina delle Nevi”. Lo spettacolo esalta la complicità, il gioco e la magia del rapporto padre-figlia.

L’appuntamento sarà preceduto da una merenda, offerta da “Onda Larsen”, alle 16.

I biglietti si possono comprare anche online su www.ticket.it

Per ulteriori info: “Spazio Kairos”, via Mottalciata 7, Torino; tel. 351/4607575 o www.ondalarsen.org

g.m.

Nelle foto: immagini da “Canto di Natale” (in scena Fabrizio Martorelli) e da “La magica soffitta di Stella” (in scena Tita Giunta)

Il Mercato del Corso aperto per le domeniche prenatalizie

Arrivano le aperture festive prenatalizie per Il Mercato del Corso, il nuovo spazio coperto dedicato alla cultura del cibo a Km Zero, aperto da Campagna Amica Torino in corso Vittorio Emanuele II 50, angolo via Carlo Alberto. Il Mercato del Corso sarà aperto le domeniche 7, 14, 21 dicembre e lunedì 8 dicembre.
Rimangono invariate le altre aperture: tutti i venerdì e i sabati, sempre nell’orario dalle 10 alle 19.

L’enoteca dei vini piemontesi “Divinorum” sarà aperta, oltre che nelle stesse giornate, anche i martedì, mercoledì e giovedì nel medesimo orario.
Rimangono invariate le aperture di mercati domenicali torinesi di Campagna Amica. Domenica 7 dicembre, dalle 9 alle 18 in piazza Palazzo di Città; domenica 14 dicembre dalle 9 alle 14, ai giardini di piazza Cavour e domenica  21 dicembre, dalle 9 alle 18, in piazza Vittorio.

“Invitiamo i torinesi a venire a verificare la qualità offerta dai produttori di Campagna Amica sia al Mercato del Corso che negli altri mercati di Campagna Amica – ha dichiarato il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – si tratta sempre di prodotti freschissimi che non hanno percorso giorni e giorni di viaggi in tir e nave. Il prezzo pagato, inoltre, va interamente nelle tasche dei contadini che vendono in questa forma diretta”.

Al mercato del Corso è anche possibile comporre i propri cesti natalizi
con i prodotti dei singoli produttori.

Mara Martellotta

Diritti umani: il Piemonte accende una luce sulle resistenze dimenticate


Un convegno per ricordare le “resistenze dimenticate”. È la principale iniziativa organizzata dal Comitato Diritti Umani e Civili del Consiglio regionale in occasione del 10 dicembre, giornata internazionale dei diritti umani.

Appuntamento mercoledì 10 dicembre alle ore 19 presso la Piazza dei Mestieri (via Durandi 13, Torino) dove, durante “Diritti umani e civili: le resistenze dimenticate”, si confronteranno esperti e attivisti che da tempo portano avanti il loro impegno per tenere alta l’attenzione sulla drammatica situazione loro paese. “Con questa iniziativa vogliamo testimoniare la nostra solidarietà e dare voce a coloro che lottano per la difesa dei diritti fondamentali in ogni parte del mondo. L’Iran, il Venezuela, il Kurdistan, la Bielorussia: sono solo alcuni esempi di paesi dove i diritti umani sono sistematicamente violati.
Il Comitato regionale per i Diritti Umani e Civili del Piemonte, che ho l’onore di presiedere, vuole continuare a essere un punto di riferimento per tutti coloro che credono nella dignità umana e nella giustizia. Continueremo a impegnarci per mantenere alta l’attenzione, per accendere luci e per sostenere coloro che sono perseguitati per aver difeso la propria libertà. Insieme possiamo fare la differenza”, ha spiegato Davide Nicco, presidente del Consiglio regionale.
La vicepresidente del Comitato Sara Zambaia ha illustrato la genesi del convegno: “Abbiamo scelto questo tema per uscire dalla consueta focalizzazione sulla crisi del momento e riportare lo sguardo sulla complessità globale. Oggi nel mondo sono attivi oltre cinquanta conflitti di diversa entità, spesso ignorati dall’opinione pubblica. Dedichiamo questo convegno alle resistenze di cui si parla meno e che si conoscono meno, perché non vengano dimenticate. Vogliamo coinvolgere le loro voci in modo diretto, senza mediazioni che ne attenuino la forza. Le resistenze che presentiamo sono state selezionate con cura insieme alle comunità che le rappresentano. Questo è il nostro modo per restituire spazio, dignità e ascolto a chi continua a lottare nell’ombra”.
Dall’altro vicepresidente, Giampiero Leo, la chiosa finale: “Rivendico l’idea che, in un tempo così fragile, occorre essere idealisti per continuare a dare senso al nostro impegno. Sappiamo bene che non risolviamo noi ciò che non riescono a risolvere nemmeno le grandi organizzazioni internazionali, ma non per questo dobbiamo arretrare. Su temi così delicati è sempre necessario trovare un punto d’incontro che renda più forte e credibile ogni presa di posizione. Ricordo con orgoglio che solo la regione Piemonte dispone di un Comitato diritti umani strutturato e operativo. Questo ci affida una responsabilità che non possiamo eludere. Continueremo a fare la nostra parte, con tenacia e unità di intenti”.
Durante la conferenza stampa sono state presentate altre iniziative collegate alla ricorrenza.
In conclusione, i componenti del Comitato hanno organizzato un momento di mobilitazione per chiedere la liberazione di Alberto Trentini, cooperante italiano detenuto ingiustamente in Venezuela dal novembre 2024.

Ufficio Stampa CRP

The Phair dal 22 al 24 maggio 2026 nella sala Fucine delle OGR

The Phair Photo Art Fair, la fiera internazionale dedicata alla fotografia e alls opere d’arte realizzate con il mezzo fotografico, ritornerà a Torino per il settimo anno consecutivo, dal 22 al 24 maggio 2026, nella sala Fucine delle OGR Torino. Ogni anno, attraverso la scelta di un’immagine guida, The Phair si propone lo scopo di valorizzare il profondo legame tra Torino e la fotografia, attraverso la collaborazione con le principali istituzioni museali del territorio. È stata svelata anche l’immagine guida, che rappresenta il punto di partenza della visione curatoriale della fiera e simbolo del rapporto tra la ricerca artistica e la città. Per il 2026 The Phair presenta un’opera proveniente dal Castello di Rivoli Museo di Arte Contemporanea, una fotografia di Nanda Lanfranco che ritrae l’artista Giuseppe Penone, nato a Garessio nel 1947, intento a passeggiare negli spazi del museo. La fotografia è stata scattata nel 1991 e mostra Penone come un corpo in movimento, colto nell’attraversamento di una soglia immaginaria. L’immagine fa parte del Fondo Nanda Lanfranco, istituito nel 2025 da CRRI centro di Ricerca Castello di Rivoli, e gentilmente concessa dal museo. L’opera scelta condensa in un unico gesto la relazione tra corpo, spazio e pensiero, incarnando quel dialogo tra linguaggi che definisce l’identità di The Phair, e la sua vocazione alla ricerca a e alla sperimentazione.

Mara Martellotta

Immacolata, boom di spostamenti: il Piemonte si muove verso le mete invernali

Nel Piemonte, per il ponte dell’Immacolata 2025, si prevedono flussi di traffico molto intensi soprattutto sulle direttrici verso le aree alpine, le principali vallate e le zone sciistiche. Le tratte che collegano Torino e i capoluoghi limitrofi alle località montane sono considerate tra le più soggette a rallentamenti, con un aumento significativo dei volumi di percorrenza già dal pomeriggio della vigilia.

A livello nazionale, Anas stima che durante il fine settimana dell’8 dicembre si muoveranno sulla propria rete circa 31,4 milioni di veicoli, diretti verso città d’arte, mete invernali e aree commerciali in vista degli acquisti natalizi. L’Amministratore Delegato, Claudio Andrea Gemme, ha ricordato l’importanza di comportamenti prudenti: moderare la velocità, mantenere adeguate distanze di sicurezza, evitare distrazioni — in particolare l’uso del telefono — e circolare con equipaggiamento invernale conforme, come catene o pneumatici adatti alla stagione.

Per questi giorni è previsto un progressivo aumento del traffico: i primi spostamenti consistenti sono attesi tra questo pomeriggio e la mattina di sabato, soprattutto in uscita dai centri urbani; mentre il picco dei rientri è previsto per il pomeriggio di lunedì, quando i flussi si dirigeranno nuovamente verso le grandi città.

Le principali arterie della rete Anas che potrebbero registrare intensificazioni della circolazione includono le grandi direttrici verso Sud, la dorsale tirrenica, quella adriatica e diversi assi strategici del Centro e del Nord Italia. Al Settentrione particolare attenzione va alle strade che portano verso i valichi alpini e le località turistiche: tra queste rientrano i raccordi autostradali del Friuli-Venezia Giulia, la SS36 in Lombardia, la SS26 verso la Valle d’Aosta, la SS309 tra Emilia-Romagna e Veneto e la SS51 nell’area dolomitica.

Resta inoltre in vigore il divieto di circolazione per i mezzi pesanti nelle giornate di domenica 7 e lunedì 8 dicembre nella fascia oraria tra le 9 e le 22.

Sorteggiati i gironi del Mondiale 2026: l’Italia conosce già il suo destino… se si qualifica

 

Il Mondiale 2026 segnerà una rivoluzione: 48 squadre, 12 gironi da quattro e un torneo più lungo e internazionale. Il sorteggio ha già delineato la struttura della fase finale, anche se mancano ancora alcune qualificate che arriveranno tramite i playoff.
Nonostante l’Italia non abbia ancora ottenuto il pass — un traguardo che manca da oltre dieci anni — la Nazionale conosce già il proprio potenziale cammino: in caso di qualificazione, finirà in un girone con Canada, Svizzera e Qatar. Un gruppo alla portata, ma tutt’altro che semplice, che rappresenterebbe il ritorno degli Azzurri sul palcoscenico mondiale dopo due assenze dolorose.
Il nuovo formato prevede il passaggio del turno per le prime due di ogni girone e per le migliori terze: un meccanismo che aumenta le possibilità di avanzare, ma anche il livello di imprevedibilità.
Ora resta da vedere se l’Italia riuscirà a compiere l’ultimo passo e trasformare questo scenario ipotetico in realtà.
Gruppo A: Messico, Corea del Sud, Sudafrica, Playoff Europa D (Danimarca/N. Macedonia/Rep. Ceca/Irlanda)
Gruppo B: Canada, Svizzera, Qatar, Playoff Europa A (Italia/N. Irlanda/Galles/Bosnia)
Gruppo C: Brasile, Marocco, Scozia, Haiti
Gruppo D: Usa, Australia, Paraguay, Playoff Europa C (Turchia/Romania/Slovacchia/Kosovo)
Gruppo E: Germania, Ecuador, Costa d’Avorio, Curacao
Gruppo F: Olanda, Giappone, Tunisia, Playoff Europa B (Ucraina/Svezia/Polonia/Albania)
Gruppo G: Belgio, Iran, Egitto, Nuova Zelanda
Gruppo H: Spagna, Uruguay, Arabia Saudita, Capo Verde
Gruppo I: Francia, Senegal, Norvegia, Playoff Fifa 2 (Bolivia/Suriname/Iraq)
Gruppo J: Argentina, Austria, Algeria, Giordania
Gruppo K: Portogallo, Colombia, Uzbekistan, Playoff Fifa 1 (Nuova Caledonia/Giamaica/Congo)
Gruppo L: Inghilterra, Croazia, Panama, Ghana

Enzo Grassano

“Guardiani” della Tolleranza Immunitaria, conferenza all’Accademia di Medicina

Martedì 16 dicembre alle ore 21 l’Accademia di Medicina di Torino terrà una seduta scientifica sia in presenza, in via Po 18, sia con modalità webinar, dal titolo «Descrizione e commenti al Premio Nobel per la Medicina 2025. La scoperta dei “Guardiani” della Tolleranza Immunitaria».

Interverrà Dario Roccatello, nella foto , Professore di Patologia clinica, Università di Torino e socio dell’Accademia di Medicina.

L’Assemblea del Karolinska Institutet ha assegnato il Premio Nobel per la Medicina 2025 a tre scienziati che hanno dato un impulso straordinario alle conoscenze sul sistema immunitario: Mary E. Brunkow, Fred Ramsdell e Shimon Sakaguchi. Il riconoscimento premia le loro scoperte sui meccanismi di tolleranza immunitaria periferica, ovvero il processo biologico che impedisce al sistema di difesa del nostro organismo di attaccare i tessuti, prevenendo le malattie autoimmuni. Fondamentale è stata l’identificazione e la caratterizzazione delle cellule T regolatrici (T-reg), una classe di linfociti che agisce come “freno” dell’immunità. Si deve a Shimon Sakaguchi dell’Università di Osaka l’identificazione delle cellule CD4+ CD25+ capaci di sopprimere le risposte immunitarie eccessive. Parallelamente, Mary E. Brunkow e Fred Ramsdell, studiando modelli murini, hanno identificato il gene FOXP3 come l’interruttore molecolare dello sviluppo e la funzione di queste cellule. Nel 2001, i due ricercatori hanno correlato le mutazioni di questo gene a un grave disordine autoimmune, dimostrando e successivamente Sakaguchi ha confermato che FOXP3 è il determinante della biologia dei linfociti T-reg. Queste scoperte hanno aperto prospettive terapeutiche del tutto nuove. Nel campo delle malattie autoimmuni (come lupus, diabete di tipo 1 e sclerosi multipla), dove i T-reg sono spesso carenti o difettosi, la ricerca punta a ripristinare la tolleranza, espandendo o ingegnerizzando queste cellule. All’opposto in oncologia dove si è scoperto che molti tumori reclutano le cellule T-reg per crearsi una protezione dal sistema immunitario, le nuove strategie immunoterapiche mirano a contrastarne il ruolo protettivo nei confronti del tumore. 

Seguirà la seduta privata dei Soci Ordinari ed Emeriti per l’elezione dei nuovi Soci Ordinari.

Si potrà seguire l’incontro sia accedendo all’aula magna dell’Accademia di Medicina di Torino in via Po 18 sia in diretta web al link riportato sul sito www.accademiadimedicina.unito.it

La registrazione dell’incontro verrà pubblicata sul sito.

Primo Liceo Artistico: offerta formativa con indirizzo teatrale

Giovedì 4 dicembre il Vicesindaco della Città metropolitana di Torino, Jacopo Suppo, e la consigliera della Città metropolitana di Torino delegata all’Istruzione, Caterina Greco, hanno visitato il Primo Liceo Artistico statale, nella sede di via Carcano 31, accompagnati dalla dirigente scolastica Patrizia Tarantino, per fare il punto sui numerosi interventi edilizi realizzati negli ultimi anni e su quelli in corso.

Il Primo Liceo Artistico statale rappresenta un punto di riferimento per l’area metropolitana torinese nell’ambito dell’istruzione artistica e accoglie studenti provenienti da diversi Comuni del territorio.
L’offerta formativa spazia tra gli indirizzi tradizionali dell’arte visiva e, a partire dall’anno scolastico 2019/2020, include il Liceo Coreutico, ampliando così le possibilità formative per gli studenti
interessati alle arti performative.
Il Primo Liceo Artistico di Torino accoglie oggi circa mille studenti. L’istituto dispone di due sale dedicate al ballo, a supporto delle attività formative e dei progetti artistici legati al movimento e alle
arti performative.
Da quest’anno, inoltre, il Liceo amplia ulteriormente la propria offerta con l’attivazione del nuovo indirizzo teatrale, unico in Piemonte, confermando la propria vocazione alla sperimentazione e alla
valorizzazione delle arti in tutte le loro forme.
Un momento particolarmente significativo dell’incontro è stato dedicato alla volontà condivisa di realizzare una piantumazione commemorativa all’interno degli spazi verdi del Liceo, in memoria di
una studentessa la cui fine prematura e tragica ha profondamente colpito la comunità scolastica nei mesi scorsi.
Negli ultimi cinque anni, la Direzione Edilizia della Città metropolitana di Torino ha concentrato gli investimenti su due filoni principali: la predisposizione tecnica e impiantistica per il Liceo Coreutico, per un valore di 340 mila euro, e la trasformazione dell’ex alloggio del custode in aule didattiche, per un investimento di 84 mila euro.
I lavori dedicati al Liceo Coreutico hanno permesso la realizzazione di un’aula didattica e di due sale per la danza, complete di spogliatoi e servizi igienici funzionali alle esigenze degli studenti.

La riconversione dell’ex appartamento, conclusa tra il 2023 e il 2024, ha inoltre previsto opere minori di manutenzione nel corpo principale dell’edificio e nella palestra.
Tra gli interventi successivi, riveste particolare importanza la revisione complessiva dei campi sportivi, realizzata con un investimento di 45 mila euro, che ha consentito la posa di pavimentazioni tecniche e l’allestimento delle attrezzature sportive grazie ai Fondi strutturali europei.

Significative anche le misure antincendio, del valore di 42 mila euro, fondamentali per garantire elevati standard di sicurezza per studenti e personale. La ristrutturazione delle palestre, finanziata con 10.980 euro, e la manutenzione dei serramenti, per 24 mila euro, hanno ulteriormente migliorato la funzionalità degli spazi scolastici.
La dirigente scolastica Patrizia Tarantino ha inoltre evidenziato la necessità di concludere alcuni lavori nel laboratorio situato al piano seminterrato, fondamentali per rendere pienamente operativo lo spazio didattico destinato alle attività artistiche e laboratoriali degli
studenti.

“Il dialogo costante con la dirigente scolastica e con tutta la comunità del Primo Liceo Artistico è ciò che ci permette di intervenire in modo utile – ha dichiarato il Vicesindaco Jacopo Suppo – qui ogni spazio ha una funzione creativa: musica, danza, teatro, laboratori. Lavorare insieme significa capire come rendere questi ambienti non solo sicuri, ma capaci di sostenere il talento di centinaia di ragazze e ragazzi”.

“Il Primo Artistico è una scuola dove si crea e si sperimenta. E noi vogliamo continuare a rispondere con la stessa energia con cui la scuola innova la propria offerta formativa – ha sottolineato la consigliera delegata all’Istruzione, Caterina Greco –  la collaborazione con la dirigente scolastica e con i docenti ci permette di programmare interventi che non sono semplici lavori edilizi, ma investimenti nella crescita culturale
del territorio”.

Mara Martellotta

Nuovo o usato?

Chi abbia almeno la mia età ricorderà gli anni del boom economico, intorno al 1960, periodo che ha visto lo sviluppo degli acquisti con cambiali o, in casi più rari, in contanti per la lavatrice, l’automobile, il televisore, il frigorifero e, in generale, tutto ciòche rappresentava l’innovazione di quei tempi, lasciata alle spalle una guerra devastante.

Nessuno a quell’epoca avrebbe acquistato elettrodomestici o auto usate (o, come si diceva allora, di seconda mano) per due validi motivi: uno pratico, perché non esisteva ancora in mercato dell’usato di quei beni e, in secondo luogo, perché quegli acquisti rappresentavano uno status symbol, ovvero si acquistava per possedere ed utilizzare l’oggetto ma anche, e soprattutto, per farne mostra con i vicini, i parenti ed i colleghi.

Ricordo ancora quanti recandosi a lavorare in FIAT mostravano con aria di superiorità la loro 500 (in alcuni casi la 600) ai colleghi che, per ragioni che non tocca a noi sindacare, possedevano soltanto la bicicletta.

Verso gli anni ’80, iniziando la crisi che perdura tuttora, fecero la prima comparsa i mercatini dell’usato, alcuni raggruppati sotto un franchising, che permettevano da un lato di disfarsi degli oggetti ereditati da genitori o parenti vari, non più necessari o anche solo non più desiderati e, dall’altro, di acquistare un oggetto pagandolo molto meno del nuovo.

In realtà la vendita dell’usato, almeno in Italia, non è mai decollata del tutto perché, probabilmente, il desiderio un oggetto per primi è più forte della necessità di risparmiare.

Ecco, quindi, che se si eccettuano le auto a chilometri zero, dove il risparmio è di svariate migliaia di euro, o la tradizionale compravendita di immobili, sono una minima parte quelli che acquistano una cucina usata, un televisore usato, o altri mobili usati.

Persino le concessionarie auto hanno dovuto studiare nuove forme di vendita per incentivare l’acquisto delle autovetture di seconda e anche terza mano, ad esempio consentendo di inserire nel pagamento rateale la manutenzione ordinaria, polizze che coprono ogni rischio, il soccorso stradale, ecc. così da sopperire con la sicurezza al disagio dell’autoveicolo usato.

I prezzi ridotti enormemente di elettrodomestici, smartphone, computer e via dicendo hanno ulteriormente accentuato la disaffezione degli utenti nei confronti dell’usato, preferendo il nuovo anche se di qualità inferiore o addirittura scadente ad un usato di qualità.

Le convenzioni sociali, poi, fanno il resto: non posso comprare usato un capo di abbigliamento o una borsa griffati perché, se non me l’hanno mai visti indossati, capiscono subito che arrivano dal mercatino; meglio, quindi, andare sul nuovo a costo di doverci privare di altro per arrivare a fine mese.

Vale la pena sacrificarsi per apparire agli occhi degli altri come gli altri si aspettano? Ha senso apparire secondo schemi che non ci appartengono piuttosto che vivere la nostra vita come piace a noi e come ci soddisfa?

Che senso può avere spendere cifre enormi per un qualcosa di nuovo che abbandoniamo dopo poco perché passato di moda, perché cambiano i nostri gusti o semplicemente perché la tecnologia si evolve e rende il nostro acquisto obsoleto in breve tempo?

Sergio Motta