redazione il torinese

Raccolta rifiuti, possibili disagi per assemblee lavoratori Amiat

Le organizzazioni sindacali FP CGIL, CISL, UILTRASPORTI e FIADEL hanno indetto, per i giorni 17, 18, 20 e 23 ottobre p.v., delle assemblee dei lavoratori Amiat, articolate in turni di lavoro e sedi operative differenti, aventi come ordine del giorno le elezioni RSU/RLSSA.

Possibili disagi potranno dunque verificarsi nei servizi raccolta rifiuti (stradale e domiciliare), negli orari di apertura dei centri di raccolta e nell’igiene del suolo. In particolare nella fascia oraria 10.15 15.30 non sarà garantita la regolare apertura dei centri di raccolta di:

- via Arbe 12 e via Gorini 20/A, nella giornata di mercoledì 18 ottobre;

– via Germagnano 48/A, via Salgari 21/A e via Ravina 19/A, nella giornata di venerdì 20 ottobre;

- via Zini 139 e corso Moncalieri 420/A, nella giornata di lunedì 23 ottobre.

 

(foto: il Torinese)

 

Il pittore della borghesia e delle bellezze femminili (con un pizzico di scandalo)

Si spense la sera del 14 gennaio 1938 Giacomo Grosso, acclamatissimo cantore della buona borghesia torinese, e non soltanto, il ritrattista per antonomasia delle signore bene, degli industriali come Vittorio Tedeschi, degli scultori come Calandra e dei pittori come Delleani e dei grandi musicisti come Verdi, delle nudità femminili che negli anni addietro avevano fatto scandalo. Aveva lasciato sul cavalletto un nuovo ritratto del generale Badoglio, a cavallo, il bozzetto di una delle eminenze italiane, lui che avrebbe pittoricamente tramandato i visi seri e di circostanza dell’assassinato Umberto, multimedagliato, del regnante e giovanile Vittorio Emanuele e della regina Elena, incoronata, un po’ troppo impettiti, un po’ freddi, seppur scenograficamente perfetti, seppur, lei, invidiabile in quel tripudio di specchi e consolle nella pelliccia e nel suo raso azzurro, vaporizzato a riempire la base della tela. Era nato a Cambiano, nel torinese, quasi settantotto anni prima, in una famiglia di undici figli, da un padre, Guglielmo, falegname e da una madre, Gioanna Vidotti, “setaiola, che però non lavora dovendo badare a una famiglia numerosa”, come ci informa Gian Giorgio Massara nel suo intervento all’interno del bel volume edito da Silvana Editoriale e da Albertina Press che accompagna nel cuore della mostra Giacomo Grosso, una stagione tra pittura e Accademia, curata con caparbia passione da Angelo Mistrangelo e inaugurata nei giorni scorsi in quattro diverse sedi (fino al prossimo 7 gennaio).

Un’esistenza che potrebbe prendere le mosse, anche se per interposta persona, da quel Giacomo adolescente sorpreso dodicenne da Cosola in veste di chierichetto, che attraversa stagioni di assoluta povertà, di “disperante miseria” – come anche ricordava De Amici in una breve biografia del 1906: “Il genio del celebre pittore piemontese germinò e fiorì nella miseria… campavano di stenti e pativano spesso la fame” -, che è accettato in differenti seminari, con tanto di punizioni e di sottrazione di una scatola di colori che gli era utile per i primi esercizi, che entra, grazie all’intercessione di Andrea Gastaldi, nelle sale dell’Accademia Albertina, a sostenerlo la somma di trecentosessanta lire annue che sotto il titolo di pensione gli fa pervenire il sindaco di Cambiano, Michele Rocco, che arrotonda ripassando con il colore ingrandimenti fotografici dovuti a Giuseppe Vanetti, che ha lo studio in piazza Vittorio, compenso cinque lire ciascuno. Poi i primi premi, il primo mecenate che lo ospita addirittura a Roma con tanto di atelier nel palazzo del Quirinale, i primi viaggi all’estero, l’insegnamento (mantenne la cattedra di Pittura per 46 anni) e lo studio presso l’Albertina, Grand’Ufficiale della Corona d’Italia, senatore del Regno, a due anni dalla scomparsa una personale presso il salone de “La Stampa” che in quindici giorni raccoglie oltre 120.000 visitatori.

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Quale secondo appuntamento di quell’itinerario che è “I Maestri dell’Accademia Albertina”, inaugurato l’anno scorso con Gastaldi e destinato a proseguire, oggi Torino dedica a Grosso questa mostra in cui sono raccolte cento opere. Dicevamo in quattro differenti sedi. Con gli inizi di una attività posti nella sala del Consiglio del Palazzo Comunale di Cambiano, dove s’ammira l’impressionistico Favorito, sguardo ravvicinato tra una elegante ragazza e il suo azzurrognolo pavone o gli autoritratti giovanili, la vivacità di quella vetrina realissima di peperoni carnosi nei loro colori rosso e giallo e d’uva piena di riflessi o quel Pater Noster che pecca già oltre misura di finzione, subito riscattato dai ritratti della madre e del padre, umanamente immediato dentro la semplicità dell’abito e della poltrona che lo accoglie, le dite intrecciate di quelle mani che per l’intera vita hanno lavorato il legno, omaggio autentico di un figlio. Nelle sale dell’Albertina, inserendosi quasi a fatica tra le abituali collezioni, inquadrando per se stesse spazi color crema nell’azzurrino che siamo soliti visitare, ritroviamo la concretezza di certi ritratti di amici pittori, certi angoli romani o di Venezia, le nature morte che allineano ciliegie o un tripudio di ostriche e anguille e un grosso pesce ammirato e “fotografato” su un banco di qualche antico mercato. O quei funghi che sono un fornitissimo pantone di tinte marrone, raccolti soltanto ieri in val di Susa. O la naturalezza di una verza, polposissima, gigantesca. O la tranquillità della Sera che avanza in quel borgo che sale su per la montagna, dove dentro stanno tanti nomi di colleghi piemontesi. O quel capolavoro che da solo meriterebbe la visita, quella Figura di monaca, di verghiana memoria o forse manzoniana, senza ricciolo in bella mostra ma con quegli occhi che lasciano intravedere un’ombra di sottile perfidia e di complicità. Ritroviamo – con un bell’avamposto fotografico che sono le immagini delle modelle nella loro completa nudità ad opera di Ferdinando Fino, una vetrina di fotografie autocrome stereoscopiche, ovvero il 3D odierno, che ci riportano all’interno dello studio dell’artista, stanza preziosa curata da Fabio Amerio – La nuda, esempio perfetto di procace bellezza muliebre, immersa a guardare lo spettatore nel bianco immenso di una pelliccia d’orso, capace già di scandalizzare e di scombussolare gli ingessati signori del tempo (mai quanto Il supremo convegno alla Biennale veneziana del 1895, momento altamente funebre ed erotico di cinque donne attorno alla bara dell’antico amante, occasione degli strali di Papa Sarto, vendicato di quel peccato da un incendio che a New York, con la sua stima di 150.000 dollari, lo ridusse in cenere.

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Furoreggiano nelle sale della Fondazione Accorsi-Ometto non soltanto i ritratti di anonime ragazze intente a leggere le ultime indiscrezioni nel giornale arrivato da Parigi (Amusant, vivace, l’allegria di un momento rubato) ma pure quelli delle signore della buona borghesia, delle celebrità dell’epoca, espressioni ormai incastonate, che a volte peccano di una fissità che le rende vittime del déjà vu, del ripetuto esercizio di stile, pronte tuttavia a reclamare maggiore attenzione in quegli abiti di sfrontata eleganza, accurati, risplendenti nella soavità delle stoffe, negli abbinamenti dei colori, nel tatto soffice delle pellicce, nei ricami, nei veli, immediatamente comparabili con due esempi della Sartoria Devalle messi in mostra. È la rappresentazione di un microcosmo, il ritratto di un’epoca, il sospetto di un certo decadentismo, di una perfezione che da qualche parte nasconde un più o meno piccolo tarlo, di un volume di bellezze che ci prepariamo a sfogliare, esempio perfetto di un mondo scomparso (già non pochi contemporanei rimproveravano a Grosso di non voler ricercare nuove strade nella pittura). Freddezza ed esercizio talora, forse: tuttavia non possono escludere una totale ammirazione il Ritratto di signora del ’18 o quello che ci tramanda il viso di Eleonora Guglieminetti Vigliardi Paravia o La pensierosa, quello impertinente di Luisa Chessa (1903) o in ultimo il Ritratto della signora Carriè che ci fa apparire Giacomo Grosso assai “moderno” nel suo modo di interpretare la figura. In ultimo, a conclusione dell’intero percorso della mostra, fate un salto nella Corte medievale di Palazzo Madama (fino al 23 ottobre) e lasciatevi trasportare dalla bellezza della sensuale Ninfea (1907), incastonata in quella barocca Cornice d’alcova che arredava all’Albertina lo studio del Maestro e che possiamo ritrovare come scenografia a parecchie sue opere.

 

Elio Rabbione

 

 

Le immagini:

 

Mio padre, olio su tela, 1887, Accademia Albertina

La nuda, olio su tela, 1896, GAM, Torino

Ritratto di Eleonora Guglielminetti Vigliardi Paravia, olio su tela, 1919. coll. privata

Amusant, olio su tela. 1881, coll. privata

A Torino la prima asta con Bitcoin

Per la prima volta a Torino si terrà un’asta in cui si potranno utilizzare i bitcoin. Si tratta dell’asta denominata “Bitcoin Auction”, la 143esima Asta di Design”, che avrà luogo presso la Casa d’Aste Sant’Agostino di Torino, in corso Tassoni 56. L’esposizione si terrà da giovedì 19 a sabato 21 ottobre prossimo, dalle 10 alle 19 con orario continuato, l’asta lunedì 23 e martedì 24 ottobre prossimo alle 16.

La Casa d’Aste Sant’Agostino annuncia, così, in anteprima mondiale la possibilità di effettuare i pagamenti dei lotti esitati mediante il conferimento in criptovalute, più precisamente saranno accettati Bitcoin (BTC), Ethereum (ETH) e Litecoin (LTC). La nuova tipologia di trasferimenti finanziari, effettuata mediante questa nuova e crescente realtà, permetterà di ottenere numerosi benefici per i clienti della casa d’aste, tra cui i costi di trasferimento bancari decisamente inferiori, la tempistica di trasferimento e conferma della ricezione quasi istantanei, la certificazione in loco della ricezione del pagamento, senza intermediari, ritardi o complicazioni. Un altro vantaggio riguarda l’impossibilità di avere complicazioni relative al trasferimento, grazie a un processo 2 Step, capace di garantire la sicurezza della ricezione. Inoltre è garantita la certificazione istantanea di pagamento, mediante l’inserimento automatico della transazione nell’arte mondiale BlockChain della moneta interessata.

Mara Martellotta

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È possibile partecipare all’asta sia in sala sia per telefono, sia con offerta scritta sia tramite web registrandosi sul sito www.santagostinoaste.it

Mondiali Targa, al via anche Tatiana Andreoli e Irene Franchini

Iniziano lunedì 16 ottobre a Città del Messico i Campionati Mondiali Targa di tiro con l’arco, in programma fino a domenica 22 ottobre. 10 titoli in palio, 61 nazioni rappresentate da 376 arcieri, 201 nell’olimpico e 175 nel compound. L’Italia ne schiererà 12, 6 nell’olimpico e altrettanti nel compound. Nella prima divisione sarà in gara anche Tatiana Andreoli, valsusina classe 1999 tesserata per la Iuvenilia, fresca vincitrice della medaglia d’oro a squadre ai Mondiali Junior disputati a Rosario nella prima settimana di ottobre. Nel compound vestirà la maglia azzurra la più esperta Irene Franchini, classe 1981, atleta emiliana tesserata per le Fiamme Azzurre e per la società piemontese degli Arcieri delle Alpi.Le campionesse del mondo junior Lucilla Boari, Tatiana Andreoli e Vanessa Landi, l’altra azzurrina del compound Sara Ret, il Presidente FITARCO Mario Scarzella e il CT Wietse Van Alten si sono trasferiti nei giorni scorsi da Rosario a Città del Messico. Qui sono stati raggiunti dal resto della spedizione azzurra, composto da David Pasqualucci, Mauro Nespoli e Marco Galiazzo (arco olimpico), Sergio Pagni, Federico Pagnoni, Alberto Simonelli e Marcella Tonioli (compound). Come detto i Mondiali si apriranno domani con le frecce di qualifica del compound e con quelle dell’arco olimpico maschile. Martedì mattina sono in programma le qualifiche dell’arco olimpico femminile, cui seguiranno tutti i match a squadre dell’arco olimpico fino alle semifinali. Mercoledì spazio ai primi due turni degli scontri individuali; i tabelloni proseguiranno giovedì mattina con i match fino alle semifinali. Giovedì pomeriggio si assegneranno le prime medaglie, quelle delle squadre compound. Venerdì si tirerà solamente al mattino, con tutti gli scontri del mixed team. Sabato e domenica si decideranno tutti i restanti titoli.

Colombo e Fo tra giganti storici e guitti da palcoscenico

IL COMMENTO 

di Pier Franco Quaglieni

La festa torinese per Dario Fo meritava di essere ignorata: un’apologia acritica condita in salsa grillina, anche se Grillo ha dato forfait . La vera Torino non c’entra nulla con Fo che semmai simpatizzò con le frange estreme della contestazione e del terrorismo a cui predispose un “Soccorso rosso” insieme a Franca Rame che invece venne eletta senatrice a Torino nella lista di Di Pietro. La Messa cantata celebrata al “Carignano” dal figlio Jacopo e da Carlin Petrini e’ uno sperpero di soldi pubblici, se si considera il taglio di 80 milioni ai bilanci comunali. E’ prezzo pagato al grillino Fo che, dopo esser stato fascista repubblichino e comunista sovversivo, diventò seguace di Grillo. Ovviamente della sua militanza repubblichina ne’ Jacopo ne’ Carlin hanno parlato perché ,malgrado una sentenza dica il contrario, Dario Fo sarebbe stato un infiltrato antifascista tra i militi della Rsi, come sostenne falsamente il diretto interessato. Ovviamente il fatto che gli venne, senza meriti sufficienti e adeguati , conferito il Premio Nobel ha posto la sordina sul vero Fo che magari fu anche un guitto divertente, ma non ebbe mai la statura minima per poter aspirare al Nobel. A un anno dalla sua morte, Torino non aveva comunque motivo e giustificazione per celebrarlo , mentre ignora grandi torinesi vivi come Piero Angela e Guido Ceronetti che hanno compiuto 90 anni. Fo , Jacopo e Carlin meritavano il silenzio stampa, mentre gli articoli si sono sprecati.

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Ma il processo a cui ha partecipato Jacopo Fo che ha comminato la damnatio memoriae – cioè l’ergastolo della storia – a Cristoforo Colombo ,obbliga a scriverne. Dario Fo nel 1963 scrisse una commedia dal titolo “Isabella, tre caravelle e un cacciaballe” in cui Colombo venne accusato di crimini infami : assassinio, schiavismo, sfruttamento, rapine ecc. Fo padre era un giullare e poteva essere preso non sul serio il figlio invece pretende di sostenere l’accusa in un processo a Colombo con argomentazioni storiche. Avevano già iniziato gli americani, nell’opera di demolizione, accanendosi contro il monumento dello scopritore del loro Continente. Adesso si aggiunge Fo che dimostra di non capire che quando si tenta di fare storia non la si deve leggere con gli occhi di oggi. La storia di fine 1400 va contestualizzata nella sua epoca che certo non fu un’età mitica dell’oro ,ma un periodo storico di ferro ,di sangue e di fuoco, come , in verità , quasi tutte le epoche storiche ,in primis, il ‘900 rivoluzionario comunista così amato dai due Fo e da Petrini. Jacopo Fo ha paragonato Colombo a Totò Riina. Un parallelo demenziale che abbisogna di confutazioni. Insieme a Lutero, Colombo e’ il padre dell’età moderna; egli è andato oltre le Colonne d’Ercole ed ha cambiato la storia del mondo. Ha fatto una rivoluzione decisiva come Galileo. E’ sicuramente comprensibile che Jacopo Fo non riesca a districarsi in un labirinto fatto di giganti e non di guitti. E scriva di Colombo definendolo “cane rognoso”. Una versione che piace ai grillini, soprattutto ai colti Di Maio e Di Battista, che hanno lasciato gli studi, con la scusa di applicarsi alla politica .

quaglieni@gmail.com

Lorenzin: “Il Ministero è pronto per la Città della Salute”

Il ministro della Sanità Beatrice Lorenzin in un messaggio al convegno organizzato dagli industriali di Torino ha annunciato che il Ministero è pronto a  giungere quanto prima alla sottoscrizione a Roma dell’accordo di programma per la realizzazione del Parco della Salute di Torino e della Città della salute e della scienza di Novara. Per la costruzione delle due strutture il finanziamento statale è di 238.457.500 euro e quello regionale 12.172.500. Attraverso il partenariato pubblico e privato il finanziamento pubblico complessivo di 250.630.000 avvierà un finanziamento aggiuntivo di 526.629.111 euro. L’investimento edile complessivo ammonta a circa 776.249.111 euro. A questo investimento si somma quello per le tecnologie stimato in 146.128.330, per un investimento totale  di 922.377.441 euro

Mario Soldati e la camelia rosso ciliegia chiazzata di candido bianco


Mario l’aveva portata da Tellaro a Corconio, dalla frazione più orientale del comune di Lerici, nello spezzino, dove aveva scelto di vivere i suoi ultimi anni, al luogo che, forse, più di altri, aveva lasciato un segno, una traccia indelebile nel suo animo, sulla collina che guarda il lago d’Orta. La “General Coletti” era una camelia bella, forte e rigogliosa, con i suoi grandi fiori doppi, a peonia, rosso ciliegia intenso chiazzato a macchie di un bianco candido, puro. L’aveva curata con le proprie mani, pazientemente, con l’attenzione necessaria che si presta ad una creatura apparentemente fragile e delicata. Così l’aveva portata con sè, sul lago d’Orta. Tornare in quel luogo dove aveva vissuto, con il suo più caro amico, “l’altro Mario”, un lungo momento magico, tra l’autunno del 1934 e la primavera del 1936 “quando il destino ci appaiò, ci assecondò nella scelta di un volontario esilio sul lago d’Orta”, si era rivelata una buona idea. Anche portare in dono la camelia agli eredi delle due sorelle Rigotti, l’Angioletta e la Nitti, che all’epoca gestivano l’alberghetto dove dimorarono, era stata un’ottima e gradita intuizione. La locanda non c’era più e il suo posto era stato preso da un’abitazione privata che, però, aveva mantenuto intatta la fisionomia dello stabile. Lì, entrambi, quasi adottati da quella famiglia, misero radici e vissero intere stagioni alloggiando in “una stanza d’angolo, la più bella e più soleggiata dell’albergo, con una finestra a nord e una a ovest”. I ricordi erano come un fiume in piena. Le lunghe chiacchierate davanti al fuoco del camino, mangiando castagne arrosto o bollite, bevendo il vino nuovo nelle ciotole, si accompagnavano alle pagine che vennero scritte, ai libri che presero forma, agli articoli e ai saggi critici che consentirono loro di racimolare il necessario per poter vivere “da scrittori”. L’ambiente circostante si offriva in tutta la sua bellezza da una sponda del lago all’altra; da Gozzano a Orta, fino ad Omegna e da lì verso  Oira, Ronco, Pella e Lagna. Dal balconcino della casa di Corconio, il panorama era rimasto intatto. Mario guardava, ammirato, la camelia dai fiori color panna e fragola. Poi, chiusi gli occhi, annusando l’aria, immaginava i colori del lago. Mario dubitava di potervi tornare. L’età non consentiva grandi progetti e nemmeno il coltivar illusioni. Lo consolava il pensiero che la più bella delle sue camelie potesse rimaner lì, a dimora. Un gesto d’amore di un uomo che in quei luoghi aveva lasciato un pezzo del suo cuore.

Marco Travaglini

“Al di qua”: Clochard da Oscar nel docufilm girato a Torino

Sono quaranta i clochard torinesi protagonisti del docu-film ”Al di qua” di Corrado Franco. Il film girato dal regista torinese potrebbe arrivare a vincere l’Oscar 2018 per la  categoria documentari, alla quale è stato ammesso. Il docufilm è girato in bianco e nero con un budget di 200.000 euro e propone le testimonianze sulla vita dei barboni torinesi.

“Solve et coagula” per la prevenzione

Fondazione Sandretto Re Rebaudengo Via Modane, 16 Torino

La cultura della prevenzione resta oggi l’arma più efficace per vincere il cancro: per questo motivo la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e la LILT, in occasione della campagna Nastro Rosa, organizzano una raccolta fondi a favore dell’associazione che da quasi un secolo dedica le proprie energie alla lotta contro i tumori. Per l’occasione, verrà presentato al pubblico il progetto “Solve et Coagula”, una raccolta di immagini realizzate dal fotografo Aldo Giarelli a Guarene, a Palazzo Re Rebaudengo, con il coordinamento di Gloria Morselli ed Elisa Compagno. “Solve et Coagula” è il motto degli alchimisti. Rappresenta il processo che disgrega per creare, la trasmutazione che porta alla pietra filosofale. É il processo in cui tutti siamo immersi quando attraversiamo le fasi della vita. Nel corso della serata, con una donazione minima di 100,00 euro, sarà possibile avere una o più immagini (vedi allegato) e partecipare a questa corsa di solidarietà.  Costo di partecipazione: offerta minima 50,00 euro a persona

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 Per informazioni e prenotazioni:

 LILT Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori

Telefono: 011/836626

Email: legatumoritorino@libero.it

 MODALITA’ DI PAGAMENTO:

 1) Bonifico Bancario:

UNICREDIT BANCA

C/C N. 1070757  ABI 02008  CAB 01046 CIN A

IBAN: IT 10 A 02008 01046 000001070757

Via XX Settembre, 31 – Torino

Intestato a: Lega Italiana per la lotta contro i tumori – Sede Provinciale di Torino

 2) Pagamento in contanti o assegno direttamente in sede evento previa conferma telefonica di partecipazione (011/836626)

Mihajlovic: “Zingaro? Certi cori offendono un popolo”

Il  Torino ha pareggiato a Crotone, e Sinisa Mihajlovic si inalbera per il comportamento nei suoi confronti da parte di alcuni “scalmanati” del pubblico della squadra calabrese. Sotto accusa i cori  della curva sud del Crotone. “Ho sentito i cori, mi dispiace – dice Mihajlovic all’Ansa  – perché porto rispetto e chiedo rispetto. ‘Zingaro’ o ‘serbo’ offendono un popolo. E questa è l’ignoranza dell’Italia. Mi dispiace per la società del Crotone che debba pagare per alcuni cretini”.

 

(foto: Claudio Benedetto www.fotoegrafico.net)