redazione il torinese

Mussa & Graziano, Grimaldi (SEL-SI): “L’azienda revochi i licenziamenti discriminatori”

“La Regione si esponga contro le ritorsioni verso i lavoratori”

Questa mattina una delegazione di Liberi e Uguali ha portato la sua solidarietà ai lavoratori della Mussa & Graziano in sciopero.

La Mussa & Graziano è una media impresa torinese, con circa quaranta dipendenti che trasformano e allestiscono veicoli speciali per conto di Fiat Chrysler e Iveco.

Fino a poco fa, la Fiom Cgil non era presente in azienda, finché due montatori non hanno deciso di iscriversi insieme a una decina di colleghi, e di candidarsi nelle liste del sindacato alle imminenti elezioni della RSU.

Gli operai si stavano organizzando per cambiare le condizioni di lavoro all’interno della Mussa & Graziano, per questo in meno di una decina di giorni la Fiom contava dodici iscritti. A quanto raccontano, i ritmi di lavoro sono molto alti, i livelli di sicurezza insufficienti, i locali dove si svolgono le mansioni disorganizzati, il locale dove si consumano i pasti sporchissimo, i bagni anch’essi sporchi, con porte rotte e privi di carta igienica, i riscaldamenti spenti o accesi per una sola ora in tutta la giornata. L’azienda non fornisce nemmeno il vestiario, costringendo i dipendenti a lavorare con abbigliamento personale.

Il 18 di dicembre dello scorso anno i lavoratori si sono riuniti in assemblea sindacale. Il 19 i due montatori che erano riusciti a organizzare gli altri hanno ricevuto lettere di licenziamento, dopo rispettivamente 16 e 13 anni di servizio, per ragioni formalmente economiche ma evidentemente discriminatorie.

Il tentativo di conciliazione non ha portato a nulla, per questo stamattina i dipendenti hanno scioperato dalle 8 alle 10, con un presidio davanti alla Mussa & Graziano, per chiedere la revoca dei due licenziamenti.

Dal confronto della delegazione con la dirigenza, in presenza anche del Segretario provinciale della Fiom Federico Bellono, non è emersa però alcuna disponibilità a tornare indietro.

“Finché i licenziamenti non saranno revocati è ovviamente impossibile impostare una trattativa con l’azienda, per questo martedì presenterò un’interrogazione urgente, perché anche le istituzioni devono esporsi contro le ritorsioni nei confronti dei lavoratori, che sono tante, troppe.” – dichiara il Capogruppo di SEL e Segretario di Sinistra Italiana Marco Grimaldi. – “Tutto questo avviene in un’impresa che ha commesse importanti, verso dipendenti che non chiedono altro che condizioni minime di sicurezza e di igiene nei luoghi in cui lavorano ogni giorno”.

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COMUNICAZIONE AI LETTORI

In vista delle prossime elezioni politiche il quotidiano “il Torinese” pubblicherà gratuitamente in questo spazio interventi, comunicati e notizie inviatici da candidati o esponenti politici di tutti i movimenti e partiti. Scrivere a: edizionibest@libero.it

Treni in Piemonte: dopo l’emorragia di pendolari ecco i primi (timidi) segnali di ripresa

L’emorragia di pendolari in Piemonte si è fermata e l’anno appena concluso, per la prima volta dopo sei anni, ha visto per i treni regionali un timido segno più. Nel 2017 sono state in media 167.556 le persone che ogni giorno hanno preso un treno nella nostra regione, in lieve crescita rispetto al 2016 quando si fermavano a quota 165.000 mila. Numeri ancora molto lontani dai 205.400 viaggiatori del 2011, anno in cui sono state cancellate 14 linee cosiddette “minori”, con un taglio complessivo del servizio dal 2010 al 2017 del 4,9% e un contemporaneo aumento delle tariffe del 47,3%. Si attestano invece ad un misero 0,05% del bilancio regionale gli stanziamenti per il servizio ferroviario, appena 5,09 euro per abitante all’anno, contro una media nazionale dello 0,35%. A fotografare la situazione del trasporto ferroviario è Pendolaria, il Rapporto annuale di Legambiente presentato oggi a Roma che analizza nel dettaglio numeri e storie di un’Italia a due velocità e le varie disuguaglianze che ci sono nel Paese. Ai grandi successi dell’Alta Velocità maturati in questi anni -ampia offerta di treni tra Salerno, Roma, Firenze, Bologna, Milano, Torino e Venezia e un aumento dell’offerta in meno di 11 anni pari al 435%-, si affianca una situazione del trasporto regionale che rimane difficile, anche per via della riduzione dei treni Intercity e dei collegamenti a lunga percorrenza (-15,5 dal 2010 al 2016) con un calo del 40% dei passeggeri e la diminuzione dei collegamenti regionali (-6,5% dal 2010 al 2016). “I dati di quest’anno, pur confermando l’emorragia di pendolari che il Piemonte ha vissuto a partire dal 2011 per la scellerata scelta di chiudere ben 14 linee ferroviarie, fanno finalmente intravedere qualche primo timido segnale di ripresa, ma la strada da fare per recuperare i circa 40 mila pendolari persi negli anni scorsi è ancora molto lunga –dichiara Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta-. Per questo chiediamo all’assessore Balocco un ulteriore impegno per rilanciare le ferrovie regionali anche come strumento utile al miglioramento della qualità dell’aria in una regione che soffre endemicamente di smog. In tal senso è positivo il recente impegno della Regione a stanziare maggiori risorse per il trasporto ferroviario e a riattivare a fine 2018 la linea Casale Monferrato-Mortara e a metà 2019 la Casale Monferrato-Vercelli. Ora servono tempi certi anche per la riattivazione delle altre linee sospese, partita su cui facciamo appello anche a chi si candida a rappresentare il territorio nel prossimo Parlamento. Bisogna con forza dire basta risorse alle autostrade e alle grandi opere inutili come la Torino-Lione e il Terzo Valico e dare invece priorità al trasporto ferroviario locale e al potenziamento di tram e metropolitane nelle città”.

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Come emerge dal Rapporto, dove si investe nella cura del ferro il numero dei pendolari cresce e aumenta la voglia di spostarsi in treno. Risultati positivi li troviamo nelle 38 esperienze di successo e buone pratiche del trasporto su ferro segnalate da Pendolaria, tra cui alcune piemontesi: l’elettrificazione della Alba-Bra, che permette di avere collegamenti con Torino ogni ora con treni Taf e Jazz, e la prevista riqualificazione di tutte le stazioni della linea; l’attivazione dal 1° dicembre 2014 del Biglietto Integrato PiemonteBIP, l’innovativo sistema di bigliettazione elettronica che permette di caricare su un’unica tessera i titoli di viaggio e le iscrizioni a diverse tipologie di servizio di trasporto pubblico e mobilità e che ha già visto un notevole successo con oltre 600.000 attivazioni; il sistema ferroviario metropolitano a Torinocomposto da 8 linee ferroviarie, 93 stazioni servite con 358 collegamenti giornalieri, che prevede di svilupparsi con un’ulteriore linea, la Sfm 5, entro la fine del 2018.

“Cambiare e migliorare la situazione che vivono ogni giorno milioni di pendolari –dichiara Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente è una sfida possibile e deve diventare una priorità, non solo per ridurre differenze e recuperare ritardi, ma perché è un grande investimento per il futuro del Paese. Occorre porsi l’obiettivo al 2030 di raddoppiare il numero di persone che ogni giorno in Italia prende treni regionali e metropolitane, per farle passare da 5,5 a 10 milioni. Si tratta di una sfida alla portata di un Paese come l’Italia che produce oltre che vantaggi in termini ambientali anche positive ricadute occupazionali, legate sia alla costruzione e manutenzione del parco rotabile che alla gestione della mobilità. Se vogliamo cambiare la situazione nelle città italiane –aggiunge Zanchini– dobbiamo rendere competitivo il trasporto pubblico su ferro e la mobilità sostenibile. Le tante storie positive che abbiamo raccolto dimostrano la voglia di cambiamento da parte dei cittadini. La prossima legislatura dovrà affrontare la questione delle risorse per garantire un aumento del servizio, con più treni per dare risposta alla domanda dei pendolari e offrire un’alternativa all’auto, e la realizzazione di nuove linee di metro, tram e ferrovie metropolitane. Perché dal 2002 ad oggi la priorità degli investimenti è andata verso strade e autostrade solo per il 13% alle città, mentre è proprio nelle aree urbane che si concentra la domanda di mobilità delle persone”.

Politiche dei trasporti – Dal punto di vista delle politiche intraprese negli ultimi anni, c’è da sottolineare che i cambiamenti portati dal Ministro Delrio stanno dando i loro frutti, con risorse per il rinnovo del materiale rotabile ferroviario e su gomma nelle città, in un piano metropolitane che permetterà di aprire cantieri in diverse aree urbane, con il ripristino delle detrazioni fiscali per gli abbonamenti al trasporto pubblico locale e ferroviario, e altri interventi per le ferrovie merci e la sicurezza sulla rete. Da segnalare positivamente c’è anche che finalmente stanno entrano in esercizio nuovi treni, grazie agli investimenti del Governo, di alcune Regioni e di Trenitalia che ha messo in campo l’acquisto di 500 treni regionali.

Finanziamenti statali per le infrastrutture: Restano la nota dolente. Da quanto emerge da Pendolaria, dal 2002 ad oggi i finanziamenti statali hanno premiato per il 60% gli investimenti in strade e autostrade e solo per il 13% le reti metropolitane. Se facciamo un bilancio di quanto realizzato in questa legislatura -che nel caso delle infrastrutture è ovviamente frutto di scelte che risalgono alle legislature precedenti- si evidenzia come a prevalere siano ancora le infrastrutture stradali: 217 km di autostrade, a cui si aggiungono altri 1.825 km di strade nazionali e 2.080 km di rete stradale provinciale e regionale, a fronte di 58,6 chilometri di metropolitane e 34,5 km di tram.

 

Le proposte di Legambiente: Per rilanciare il servizio ferroviario regionale, Legambiente lancia le sue cinque proposte: 1) occorre continuare la cura Delrio con un ruolo più incisivo del Ministero delle infrastrutture e trasporti che deve diventare il regista di una nuova politica dei trasporti in Italia che coinvolga Regioni, Comuni, concessionari e imprese. Il Ministero inoltre deve anche un ruolo di indirizzo e controllo. 2) Più treni sulle linee ferroviarie facendo diventare il servizio ferroviario sempre più competitivo. Per far ciò occorre potenziare nelle città l’offerta lungo le direttrici nazionali e urbane più importanti, dove è più forte la domanda pendolare e nelle aree del Paese, come al Sud, dove è del tutto inadeguata. 3) Dare priorità agli investimenti infrastrutturali nelle città perché è nei grandi centri urbani che si gioca la sfida fondamentale della mobilità italiana, cercando di superare il gap che le separa dalle sorelle europee. 4) Una politica per riportare i treni al Sud, attraverso interventi che permettano di ridurre i tempi di percorrenza e nuovi treni 5) Indirizzare le risorse che ci sono per rilanciare gli investimenti infrastrutturali. Nel bilancio dello Stato esistono infatti le ricorse per un salto di qualità nel servizio ferroviario, perché ogni anno diversi miliardi di Euro vengono destinati ai sussidi all’autotrasporto, dalle tariffe autostradali che continuano a crescere senza controlli per la gestione di opere pubbliche, e da recuperare da investimenti sbagliati in grandi opere e cantieri autostradali e dal bilancio delle Regioni che devono scegliere di rilanciare il trasporto su ferro.

(foto: il Torinese)

Tragedia sfiorata al Regio: crolla pezzo di scenografia della Turandot, due feriti

Sfiorata la tragedia, ieri sera al Teatro Regio, dove due coristi impegnati nella recita dell’opera Turandot (nella foto), sono rimasti feriti per il crollo di un elemento di scena, al termine del secondo atto. Il pubblico è stato invitato a lasciare la sala, dopo l’immediata interruzione dello spettacolo. I feriti – una donne e un uomo – sono stati traferiti in codice giallo in ospedale, e le loro condizioni non sarebbero gravi. Sono stati colpiti da un elemento collocato in alto, una sfera in polistirolo,  appartenente alla scenografia. Il direttore d’orchestra, maestro Gianandrea Noseda, ha chiesto rassicurazioni sulle condizioni dei due feriti. “Siamo davvero dispiaciuti per questo incidente e l’unica notizia buona è che i feriti non paiono gravi”, ha dichiarato all’ANSA Walter Vergnano, sovrintendente del Teatro .

 

(Foto mm – il Torinese)

Il caldo d’inverno

IL CALDO D’INVERNO, LE METE CHE FANNO DIMENTICARE IL FREDDO

 

 

Bella l’atmosfera natalizia, i regali, le luci, le riunioni familiari fatte di pranzi e cene succulente, la neve, le settimane bianche. Dicembre è un mese carico di tradizioni, usanze e impegni che ci allietano ma anche stancanti e faticose, il freddo energizzante ma sferzante ci mette a dura prova e la voglia di scappare al caldo diventa una tentazione fortissima, un sogno. L’idea di mettere in valigia costume, asciugamano, crema solare, il nostro romanzo preferito e volare via lontano è allettante.

 

In questo periodo invernale molte sono le località dove questa magia può avverarsi, dove una tregua dal freddo, rigenerante e rilassante, può essere vissuta, basta prendere un aereo!

Ecco alcune tra le mete migliori dove godere del caldo e del mare e dimenticare, almeno per un po’, il clima rigido:

 

L’arcipelago delle Bahamas nel Mar dei Caraibi al largo della Florida, 700 isole coralline meravigliose e diverse tra loro. Le più selvagge come Long Island, la natura inesplorata di Inagua e dei suoi fenicotteri nel Parco Nazionale, Abaco o le Berry Islands per favolose immersioni, l’oasi tranquilla di Cat Island, la barriera corallina delle Blue Holes nell’isola di Andros.

 

L’Oman, è il piccolo sultanato affacciato sul Mar Arabico tra mare, vallate, montagne dove il deserto è una meravigliosa e vasta distesa di sabbia di un ocra avvolgente con parti rocciose e canyon. Muscat, la capitale, è una città dinamica, con negozi tipici e coloratissimi, hotel di lusso vicino ai suq, bazar, ristorantini sul lungomare, incensi e spezie. Una notte in tenda nel deserto sulle dune del Wahiba Sands e un tuffo nella riserva naturale delle isole Daymaniyat saranno una bellissima esperienza. Un soggiorno marino nella meravigliosa Salalah in uno dei suoi favolosi resort è d’obbligo per concludere una vacanza fatta di relax ma anche di storia e cultura.

 

Le Seychelles, il favoloso l’arcipelago in pieno Oceano Indiano, al largo dell’Africa orientale dove le meravigliose e paradisiache spiagge, barriere coralline e riserve naturali rappresentano una visione onirica. Mahé con la sua capitale Victoria, la foresta pluviale montana del Parco Nazionale Morne, Seychellois e altre spiagge come la Beau Vallon e l’Anse Takamaka.

Le temperature? Quasi mai sotto i 25 gradi, soprattutto tra dicembre e aprile, per gli amanti del mare un vero giardino di delizie e felicità.

 

Repubblica Dominicana, parchi nazionali con ricchi corsi d’acqua, cascate, foreste tropicali, percorsi in zipline per attraversare la giungla sospesi sulle corde scorrevoli, parchi sottomarini nelle vicinanze come Parco la Caleta con punti di immersioni tra i più belli dei Caraibi, spiagge cristalline ed esotiche, un viaggio perfetto per chi oltre al relax non vuole annoiarsi.

 

Antigua, isola dei Caraibi, piccole Antille: 365 spiagge per dimenticarsi del freddo, dei piumini, della pioggia. Da dicembre ad aprile ci sono in media 27/28 gradi, palme, acqua cristallina e anche non troppa gente considerando che è una delle isole caraibiche meno visitate.

 

Maria La Barbera

 

Lo sterminio dimenticato

Alle 11.00 di domenica 28 gennaio la Fondazione Merz  ( via Limone 24 a Torino ) ospiterà il concerto ”Lo sterminio dimenticato – Matinée Musicale”. L’evento è a cura del Coordinamento Torino Pride GLBT in collaborazione con il Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio Regionale del Piemonte e la Fondazione Merz. Verrà proposta l’esecuzione integrale del “Quatuor pour la fin du temps” di Olivier Messiaen”, la struggente composizione concepita dal musicista francese durante la permanenza nel campo di concentramento Stalag VIII-A di Görlitz, al confine Sud-Ovest della Polonia. La matinée musicale presso la Fondazione Merz, sarà un momento di grande emozione, considerato che Il Quatuor pour la fin du Temps (o, in italiano, Quartetto per la fine del Tempo) è considerato uno dei più alti esempi di musica cameristica del ventesimo secolo, eseguita per la prima volta in prigionia nel campo di concentramento di Görlitz e, quindi, fortemente simbolica.

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Ingresso libero con prenotazione gradita

info: segreteria@torinopride.it

Risolto il blocco informatico nei pronto soccorso. Intanto cala il picco influenzale

E’ tornata alla normalità la situazione nei pronto soccorso del Martini, del Maria Vittoria e del San Giovanni Bosco, dopo i disagi delle scorse ore causati da un guasto al sistema informatico che regola gli accessi ai codici. Sono state rallentate le registrazioni amministrative degli utenti ma le  attività sanitarie non ne  hanno risentito. Intanto scende a  15,8 casi su mille assistiti in Piemonte l’incidenza delle sindromi influenzali. Il dato riguarda la seconda settimana dell’anno, dall’8 al 15 gennaio. La stima è di circa 70 mila persone colpite sui  370 mila casi da inizio stagione.Il numero cala nella fascia pediatrica (19 casi ogni 1.000 assistiti), è stabile tra i 15 e i 64 anni, con 18 casi per 1.000 assistiti,  e scende tra gli over 65 con 9 casi su mille.

Dal Lungo a Chiarabella, vecchi e nuovi nomignoli della politica torinese

di Enzo Biffi Gentili

Denise Pardo sul numero de “L’Espresso” attualmente in edicola dedica un saporoso articolo, intitolato Com’è veloce er moviola, alla figura apparentemente sottotono e all’azione al rallentatore, con qualche compiacimento vernacolare, di Paolo Gentiloni. Nell’occasione, partendo dal soprannome “er Moviola” dato al Presidente del Consiglio, osserva che nella Capitale da sempre vengono affibbiati vividi nomignoli ai politici. A questo irriverente umorismo romano dobbiamo, integrando l’elenco redatto dalla Pardo e risalendo nel tempo, a esempio “er Piacione” per Francesco Rutelli, “Belzebù” per Giulio Andreotti, “lo Squalo” per Vittorio Sbardella, “er Varechina” per Giorgio Moschetti, “er Pennacchione” per Nicola Signorello, “er Monaco” per Alberto Giubilo, “er Pecora” per Teodoro Buontempo “er Caccola” per Stefano Delle Chiaie, “er Puzzone” per Benito Mussolini… Una consuetudine molto romana, ma che trova la sua origine, come la nostra lingua, in Toscana, dove questa tradizione non si è mai spenta: non a caso sin da bimbo Matteo Renzi, per la sua propensione a spararle grosse, era chiamato dai compagni “il Bomba”. Ma occorre fare un po’ di revisionismo storico, rammentando che anche a Torino, tra gli anni ’70 e gli ’80, assistemmo a una straordinaria proliferazione di nickname, molti dei quali nati nell’area socialista, e spesso creati da quel personaggio esuberante che fu Silvano Alessio. Citiamone alcuni, omettendo tuttavia, per rispetto, nomi e cognomi beneficati da nomignoli forse troppo irriguardosi. La narrazione della scena socialista aveva tra i suoi protagonisti, al di là dei piuttosto ovvi “Barbone” per Giusi La Ganga o “Genio” per Eugenio Bozzello o “Scico Scico” per Libertino Scicolone, “il Pavone” per Piergiorgio Boffa, “il Bombo” per chi scrive, “l’Uomo della collina” per lo stesso Alessio, “il Pesce” per Gabriele Salerno, “Fitty Fitty” per Gianni Daffara, “Gambone” per Giuseppe Rolando, “l’Uovo” per Salvatore Gallo e poi i più insolenti “la Pennoira” e “Grondaia”. Anche seconde file, simpatizzanti o lobbysti non sfuggivano al destino: circolavano infatti “Senza collo”, “l’Albino”, “Pallone”, “il Cervo” (evidenti le ragioni della mancata indicazione delle relative corrispondenze). Pure i comunisti non erano risparmiati: “Barbaperu” era Gianni Dolino, “Nasello” Diego Novelli, “il Lungo” Piero Fassino, “Benny Goodman” Giancarlo Quagliotti, per via di suoi improbabili variopinti panciotti (poi diverrà, copyright Bruno Babando, “l’Eminenza grigiastra”). E ora stiamo assistendo a una certa ripresa, vittime i Grillini: al di là della folgorante crasi “Chiappendino”, sempre copyright “Lo Spiffero”, è Gabriele Ferraris a rialimentare questa illustre tradizione: ed ecco comparire “Mainagioia” per l’Assessora alla Cultura Francesca Leon e “Chiarabella” per Chiara Appendino, probabilmente allusiva alla disneyana spilungona e dinoccolata Clarabella, fidanzata del cavallino Orazio Cavezza, ma che ebbe anche una sbandata per Pippo. E che fu tra l’altro la principale attrice della saga a fumetti Gli anni muggenti di Clarabella, nei quali noi tutti ora stiamo vivendo.

 

Il sacchetto di plastica biodegradabile salverà l’ambiente?

Per dirla con William Shakespeare, “Much ado about nothing” (molto rumore per nulla), questa potrebbe essere una considerazione legata alla recente vicenda dei sacchetti biodegradabili (quasi) che ha fatto imbestialire gli italiani. Tutti, come per il calcio, hanno detto la loro, ma alcune difese espresse dall’ex premier Matteo Renzi, così come da parte di qualche media, sono inesatte. Non infiliamoci nella polemica perché è stato detto tutto e il suo contrario. Rimane un ulteriore costo per le famiglie, ma in definitiva di gran lunga inferiore a tutti gli altri aumenti, ivi compresi quelli recentissimi dei parlamentari (di cui quasi nessuno sa), dell’Assemblea regionale siciliana e dei dipendenti del Parlamento e via di seguito. Sempre per citare la tragicomica di Shakespeare, la vittoria vale doppia quando il vincitore riporta a casa tutte le sue forze; in questo caso l’unica vincitrice è stata l’AD Catia Bastioli della Novamont che, con brevetto, li produce. Se il sacchetto biodegradabile può salvare l’ambiente, come un feticcio, un totem, perché il problema rifiuti – che equivale ad Ambiente – ci sarà ancora per tanti anni?

 

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Dopo la vicenda su quelli romani che non sono ancora partiti, per lo smaltimento, in Emilia Romagna, in molti si interrogano, come fa l’assessore regionale all’Ambiente Mauro Buschini, su una soluzione possibile. Tuttavia l’accordo con i “colleghi romagnoli” sarebbe già stato stipulato con tanto di quantità stabilite e relativi costi per la trasferta pari a 180 euro a tonnellata. Troppi, a giudizio di Daniele Diaco, presidente della commissione Ambiente del Campidoglio. Il ritardo sarebbe legato ad un ripensamento e alla ricerca di altre soluzioni meno dispendiose, come quella di inviarli in Abruzzo, fino a quella magica di non produrne più! Intanto, fioccano gli esposti, pensando che la Magistratura possa risolvere i problemi della “monnezza”. Se la soluzione degli inceneritori non andava bene ovviamente nemmeno quella, più all’avanguardia, del “tritovagliatore“( trattamento meccanico-biologico) non soddisfa. La domanda che sorge spontanea è se siano meglio le discariche abusive? “Rifiuti zero” potrebbero essere un obiettivo a cui mirare, come dice l’Ad Roberto Cavallo della Cooperativa Erica, qualificata esperta nelle soluzioni ambientali, ma aggiungiamo noi, un pò di riorganizzazione nelle confezioni-imballaggio (packaging) delle merci non guasterebbe .Una speranza, rifiuti controllati, sono molto meglio di quelli lasciati nelle mani della mala o di nessuno.Concludiamo con il mistero e ricordo della giornalista Ilaria Alpi ammazzata, da un commando in Somalia, per un’ indagine sui rifiuti, per rapina o….per insolazione.

 

Tommaso Lo Russo

 

 

L’Italia che verrà

DAL 18 GENNAIO AL 30 MARZO

Il Risorgimento raccontato attraverso undici film. “L’Italia che verrà” è il titolo della rassegna cinematografica curata, insieme al regista Davide Ferrario, da Ferruccio Martinotti, direttore del Museo Nazionale del Risorgimento di Torino (che ospiterà l’evento) e realizzata in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema. Gli anni che portarono all’Unificazione del Paese saranno raccontati sul grande schermo attraverso i più importanti classici – a partire dal kolossal “Il Gattopardo” di Luchino Visconti o da “I vicerè” di Roberto Faenza o ancora da “Uomini contro” di Francesco Rosi così come da “Viva l’Italia” o da “Vanina Vanini” di Roberto Rossellini – ma non solo. Il pubblico potrà anche partecipare, fino a venerdì 30 marzo, alla visione di titoli più recenti e, se vogliamo, più “insoliti: dall’originale “La pattuglia sperduta” di Pietro Nelli, fino a “Il brigante di Tacca del Lupo” (una sorta di via italiana al western) di Pietro Germi, all’antiretorico e antiborghese “Le Cinque Giornate” di Dario Argento e a “Piazza Garibaldi” dello stesso Davide Ferrario. “Un luogo crocevia della Storia, una sala cinema, uno straordinario secolo di storia nel quale gettare le reti, un grande uomo di cinema amico del Museo: impossibile – dichiara il direttore Ferruccio Martinotti non saldare l’equazione e generare qualcosa di intrigante”. Come certamente sarà. A partire dall’evento inaugurale, speciale e gratuito, in programma giovedì 18 gennaio dalle ore 18, allorché in Sala Plebisciti sarà proiettata un’autentica e rara chicca: “I mille”, film muto del 1912 firmato da Alberto Degli Abbati e Mario Caserini, su sceneggiatura di Vittorio Emanuele Bravetta, dal diario di Giuseppe Cesare Abba. Per l’occasione, il film – considerato uno dei primi lungometraggi dedicati alla figura di Garibaldi – verrà sonorizzato dal vivo con musica elettronica dal compositore Andrea Costa, autore di molte colonne sonore mentre sulle pareti scorreranno immagini del Museo e di altri film montate da Davide Ferrario. A seguire, tutte le altre proiezioni avranno luogo nella Sala Cinema del Museo e ogni film sarà proposto ai visitatori per un’intera settimana, dal sabato al venerdì successivo, alle ore 11 e alle 14,30 di ogni giorno. Si inizierà sabato 20 gennaio con “San Michele aveva un gallo” dei Fratelli Taviani.

g.m.

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“L’Italia che verrà”

Museo Nazionale del Risorgimento – Palazzo Carignano, via Accademia delle Scienze 5, Torino; tel. 011/5621147 – 5623719 – Dal 18 gennaio al 30 marzo – Ingresso gratuito per i visitatori muniti di regolare biglietto

Per info: www.museorisorgimentotorino.it

Foto
– Dal film “Piazza Garibaldi” di Davide Ferrario
– Ferruccio Martinotti

 

 

Asili sabaudi, i primi della storia a Rivarolo e Agliè

E l’anno successivo, in un setificio di Agliè, il primo asilo aziendale in Piemonte

 

Il 3 agosto 1838 nasceva a Rivarolo Canavese il primo asilo del Regno sabaudo. Nella cittadina a trenta chilometri da Torino, l’annuncio ufficiale venne dato in una cerimonia a palazzo Farina di Rivarolo, durante un incontro tra il sindaco Maurizio Farina –  che fu, in seguito, senatore del Regno – Ferrante Aporti e Camillo Benso, conte di Cavour. Già da un paio d’anni,  nelle terre dei Savoia, esistevano asili per l’infanzia, come quello istituito a Torino nel 1836 dalla marchesa di Barolo, ma la loro funzione era esclusivamente quella di accudire i bambini. L’abate Ferrante Aporti, sfidando conservatori e perbenisti,  sosteneva invece come questi istituti dovessero porsi anche l’obiettivo di fornire ai piccoli dei principi educativi e istruttivi. Un’idea di stampo progressista, mal vista e mal digerita dal potere costituito. Così il Farina , all’inizio del 1838, in qualità  di sindaco del centro  canavesano, si prese la responsabilità di fondare il primo asilo aportiano  senza darne avviso al questore di Torino e informandone solo ufficiosamente il Marchese di Saluzzo, allora Governatore dei Reali Principi. Una scelta che venne poi ufficialmente riconosciuta qualche mese dopo, con la visita di Cavour a Rivarolo. Ferrante Aporti, pioniere dell’educazione scolastica infantile, aveva fondato pochi anni prima a Cremona il primo asilo d’infanzia a pagamento in Italia per alunni da due anni e mezzo a sei anni; un esperimento che poi diffuse nel lombardo-veneto con scuole infantili gratuite finanziate dal governo austriaco. Scopo degli asili era accogliere i figli dei lavoratori, aiutare le famiglie a sostenerli mediante la refezione, curarne l’educazione fin dall’infanzia nello sviluppo intellettivo, religioso, morale e fisico. La scuola di Rivarolo continuò la sua attività e divenne progetto pilota per l’apertura di altre scuole aportiane. Nel centro storico rivarolese, sul fronte di palazzo Farina, una targa ricorda l’azione “di Camillo Cavour e altri nobili uomini” in quest’ impresa. Un anno dopo, nel 1839, sempre nel canavese venne aperto anche il primo asilo aziendale in Piemonte. Lorenzo Valerio, dirigendo un setificio ad Agliè, guidato dalle sue idee liberali e da un’impostazione sociale molto avanzata per l’epoca, non si limitò a questo ma si distinse per l’impegno profuso nel migliorare le condizioni di lavoro delle operaie.  Tra l’altro si adoperò ad aprire scuole femminili e serali, a quel tempo estremamente rare, dimostrando una sensibilità fuori del comune.

 

Marco Travaglini