redazione il torinese

Primo Daspo Urbano: la polizia allontana da Porta Nuova il molestatore che chiedeva denaro

La questura di Torino ha ordinato il divieto di accesso per sei mesi, alla stazione ferroviaria di Porta Nuova a un italiano di 44 anni. L’uomo nei giorni scorsi chiedeva spesso denaro ai viaggiatori con atteggiamento molesto, disturbando con fare aggressivo le persone nell’atrio arrivi-partenze, insultandoli e ostacolandoli alle biglietterie automatiche. Gli è stato ordinato anche l’allontanamento per 48 ore, dal luogo dei fatti illeciti commessi. Il  Daspo Urbano è stato emesso dal questore Messina che ha ritenuto le condotte dell’uomo pericolose per la sicurezza pubblica.

 

(foto: il Torinese)

“Via da scuola. La discriminazione e la persecuzione razziale dell’infanzia nell’Italia fascista”

Giovedì 12 aprile, alle 17.00, al Polo del ‘900 di Torino nella sala conferenze di Palazzo San Celso (in corso Valdocco,4) si terrà l’incontro conclusivo del  progetto didattico gratuito per le scuole intitolato “Via da scuola. La discriminazione e la persecuzione razziale dell’infanzia nell’Italia fascista”. Nell’occasione verranno presentati i lavori svolti nelle classi. Ileana Orsini dell’IC di Verolengo (To) presenterà il volume “Tullio e i giusti del Canavese”, classi 5° A,B,C,D. Elisabetta Zanini dell’IC “Gozzano” di Rivoli (To) illustrerà il progetto “Avrò cura della tua memoria:cuori che ricordano”, classe 5° A. Donatella Tuberga dell’ICC di Druento (To) parlerà della mostra didattica “Con gli occhi dei bambini.. immagini, parole, emozioni dai racconti di Susanne Raweh”. I primi due lavori sono stati individuati per la prima fase della selezione regionale del concorso nazionale “I giovani ricordano la Shoah” 2017-2018. Seguiranno gli interventi di Bruno Maida, dell’Università degli studi di Torino; Tullio Levi, della Comunità ebraica di Torino; Claudio Vercelli, dell’Istituto Salvemini; Federica Tabbò, del Museo Diffuso della Resistenza. Modererà lo storico Enrico Manera dell’Istoreto. L’iniziativa è promossa dall’Istituto Salvemini, dall’Istoreto e dal Museo Diffuso della Resistenza con il sostegno del Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte. Il progetto formativo, rivolto a docenti e classi della scuola primaria,  ha intenso approfondire la storia dell’esclusione e della violazione dei diritti,in particolare dei più piccoli, durante gli anni del regime fascista, fornendo strumenti adeguati agli insegnanti per condurre i giovanissimi studenti a individuare percorsi attuali di inclusione e rispetto dei diritti.

Anche le statue muoiono (?)

Anche le statue muoiono, senza punto interrogativo, è una delle mostre che la stagione culturale primaverile offre ai torinesi, divisa in tre parti, al Museo Egizio (fino al 9 settembre), ai Musei Reali (fino al 3 giugno) e alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (fino al 29 maggio).

Il segno di interpunzione lo aggiunge la mostra stessa, che interroga il visitatore sui temi del passato, della memoria e della conservazione. La sezione dell’iniziativa ospitata al Museo Egizio, nelle sale del terzo piano dedicate a Khaled Al Assad, il direttore del museo di Palmira ucciso dai militanti dell’Isis due anni fa, non è una esposizione di oggetti antichi, bensì di installazioni d’arte contemporanea nelle quali gli oggetti antichi sono spesso decontestualizzati, presentati sotto una luce fredda, in un alternarsi di stanze bianche e nere.

Non è una mostra in cui la bellezza faccia da padrone, tutt’altro: gli oggetti non si fanno ammirare, ma cercano di parlare con il loro fardello di storia, di secoli che si accumulano, di scorie del tempo di cui si fanno ricettacolo e vittima, come le fotografie di statue palmirene in stile greco romano che ci accolgono, una Medusa urlante di dolore e una divinità con uno strano sfregio che pare una lacrima.Però, attenzione, non si tratta di una mostra che voglia esprimere solo e soltanto un monito e una lamentazione su quell’antico concetto, all’improvviso e prepotentemente tornato a fior di labbra, l’iconoclastia: le statue, dice la mostra, non muoiono soltanto per colpa di fanatismi e ignoranza. Se, infatti, le città di quel Vicino Oriente fratello in Mare Nostrum della nostra Europa cadono sotto i colpi di mazze, bombe e dinamite guadagnandosi le prime pagine dei giornali e la nostra costernazione, tante altre opere d’arte sono andate perdute nei secoli per una quantità di altri motivi: per furto, per rivolte, perché simbolo di un potere odiato – sorte che accomuna gli antichi funzionari egizi alle statue gotiche delle cattedrali francesi sfregiate durante la Rivoluzione, fino alle statue dei dittatori che, ogni tanto, cadono negli schermi delle nostre televisioni tra le ali di folla festante – altre volte per incuria, per dimenticanza.

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O ancora, perché all’elenco delle colpe non manchi quello che si crede il civile Occidente, c’è lo sfregio operato dal viaggiatore che incide il proprio nome, entrando prepotentemente nella storia di un’opera, quello del mercante d’arte che modifica una poco appetibile statua -di per sé già antica – per darle un altro volto, onde renderla più appetibile al mercato, quella del piccolo commercio di contrabbando che smembra i corredi o le grandi campagne coloniali che fanno diventare l’archeologia una corsa all’oro tra nazioni concorrenti, senza esclusioni di colpi. E a volte, anche laddove l’etica è strettamente praticata, dove l’amore per gli oggetti indubbio e le cure le più meticolose, i fenomeni chimici o climatici sfuggono alla perizia del più scrupoloso dei curatori, e i reperti possono improvvisamente mutare, come succede ad alcuni oggetti che, imballati a Parigi, si mostrano in un modo e all’apertura delle casse negli Emirati Arabi hanno cambiato per sempre il loro volto, offrendo ad uno degli artisti autori delle installazioni l’estro di tentare una ricostruzione impossibile e straniante sovrapponendo tra loro fotografie di oggetti diversi. E poi, c’è la beffa più grande, quella del tempo che passa, che ci ricorda che ogni restauro può solamente prolungare la vita e conservare nello stato su cui si è agito un’opera d’arte, non impedire il degrado, né tanto meno portare all’indietro, all’ideale integrità, lucentezza, originalità, un oggetto: in questo senso sì, cento volte sì, anche le statue muoiono. Muoiono al punto che, in una delle installazioni filmate più inquietanti, Ali Cherri pone una domanda ancor più paradossale: ” quello che l’uomo da sempre fa è interrare e seppellire”, questo è il destino di ogni oggetto o corpo, ” che senso ha prendersi cura di una rovina, mettendola in museo in cui più rovina non sarà?”.

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E mentre queste parole, scandite in un mesto arabo sottotitolato, scorrono, appaiono immagini di tombe nelle quali le mani degli archeologi scavano, turbano sonni eterni, dissotterrano sepolture per destinarle alle teche dei musei, dove il defunto, l’uomo, fastidioso memento della nostra natura effimera, passa in secondo piano e tutti gli occhi si concentrano sul tesoro che lo accompagna. La domanda su che senso abbia fare archeologia, che senso abbia strappare alla terra che accoglie tante testimonianze di secoli e vite ormai perdute, che forse vorrebbero soltanto l’oblio. La risposta arriva nelle sale successive, di fronte alle foto dei bassorilievi di Nimrud scomparsi per sempre e immortalati com’erano nel 2001, negli oggetti in materiale povero, ricostruiti a forma di vaso greco ed etichettati come il loro modello, e nella ricostruzione in stampa 3d di alcune delle statue distrutte dall’Isis nelle ultime sale: nessuna di queste opere può sostituire l’originale, può solo suggerirci la forma, l’aspetto, alimentare la nostalgia e il senso di vuoto per quel testimone andato perduto. Ed è nostro dovere indagare la Storia, non lasciare allora che le sabbie coprano la nostra memoria, perché un’umanità smemorata non va lontano o si ripiega nei propri errori: l’importante è ricordare che anche le statue sono fragili, più longeve certo, ma pari a noi, e che non basta esporle, occorre farle parlare.

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Perchè, se c’è una cosa che forse resiste più delle statue e dei monumenti, questa è proprio la parola, scritta e detta, che attraversa i tempi facendosi, come si gloriava Orazio, aere perennius, più durevole del bronzo; e, se anche la lingua, una volta dimenticata, può darsi che taccia a lungo, c’è sempre la speranza che nasca un abile Champollion a rifarci udire voci perdute.

Quando una statua, in un’opera letteraria, parlava, i Greci dicevano che si realizzava la figura retorica della prosopopea e non è un caso che il direttore del Museo Egizio, Christian Greco, abbia più volte ribadito di voler fare del proprio museo (e della mostra che ospita, anche da lui curata) una narrazione continua, una prosopopea: solo in questo modo i poveri resti umani possono stare in esposizione senza morbosità o mancanza di rispetto, solo in questo modo le opere d’arte possono davvero raccontarci una storia.

Altrimenti tutto quello che ci resta è una vuota bellezza, come la statua del dignitario Upuautemḥat, completa e maestosa, alla fine della visita: completa e maestosa, sì, ma dagli occhi strappati, com’era la prassi dei tombaroli antichi, in questo modo privata della vita che le antiche magie egizie avevano voluto insufflarle.

 

Andrea Rubiola

 

 

Il ritorno di Freud

Sabato 14 aprile, alle ore 17.00, presso la Sala Espositiva Comunale, ex Biblioteca Civica in Via Mensa n. 34 – Venaria Reale, la Scuola di Psicanalisi Freudiana, con il patrocinio del Comune di Venaria Reale, presenta il secondo incontro de “Il Ritorno di Freud”. L’intento di queste conferenze, gratuite e aperte a tutti, è mettere in luce come un reale ritorno di Freud nella psicanalisi contemporanea sia un evento necessario per ridare dignità scientifica a una disciplina che lo ha spesso mistificato o frainteso, facendo credere di averlo superato. Il secondo incontro sarà condotto dal dott. Luca Salvador, psicanalista della Scuola di Psicanalisi Freudiana. Sabato 14 aprile alle ore 17.00 “Il padre rimosso” Partendo da una riflessione sull’importanza del padre nel complesso edipico, si cercherà di presentare quanto di nuovo e significativo ha portato il pensiero freudiano per la comprensione dello sviluppo culturale dell’umanità. Le domande che Freud ha posto non hanno smesso di essere cruciali per capire chi siamo.

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Per ulteriori informazioni: Donatella Triberti  donatellatriberti1@gmail.com www.scuoladipsicanalisifreudiana.it http://www.facebook.com/scuoladipsicanalisifreudiana

Pioggia in pianura e nevicate fino a un metro in montagna. La Primavera si farà attendere

Tempo incerto fino all’inizio della prossima settimana con nevicate in montagna. La sacca di maltempo ormai presente da alcuni giorni proseguirà con piogge forti o molto forti anche a Torino, temporali  e nevicate fino ai 1300 metri. Si misurano 20 / 30 cm di neve fresca in quota e si prevede fino a un metro di nuova neve oltre i 2000 metri, sul Monte Rosa e nelle valli di Lanzo. Resta elevato il pericolo valanghe, a causa delle abbondanti nevicate accompagnate in quota  da fortissime raffiche di vento. Il bel tempo dovrebbe tornare nei primi giorni della prossima settimana.

Carlo Alberto archeologo in Sardegna

FINO AL 4 NOVEMBRE

Non tutti lo sanno. Ma Carlo Aberto di Savoia – Carignano, re di Sardegna dal 1831 al 1849 (conosciuto principalmente per aver concesso nel 1848 lo Statuto che porta il suo nome e che sarebbe diventato la prima carta costituzionale italiana) nutriva un’enorme passione per l’archeologia; passione documentata dagli oltre 150 reperti raccolti in mostra, fino al prossimo 4 novembre sotto il titolo “Carlo Alberto archeologo in Sardegna”, presso il Museo di Antichità dei Musei Reali di Torino. E passione così sfrenata da renderlo perfino vulnerabile e potenziale vittima di neppur tanto improbabili sòle che anche allora fiorivano alla grande, senza guardare in faccia nessuno. Neanche un re. Fu così infatti che Carlo Alberto, allorché decise di partecipare personalmente fra il 1829 e il 1843 ad attività di scavo in Sardegna, restò invischiato nella “più grande truffa ottocentesca di reperti archeologici”, per dirla con Raimondo Zucca, docente all’Università di Sassari, che insieme a Gabriella Pantò, direttore del Museo di Antichità, ha collaborato alla realizzazione della mostra subalpina. Era il 20 aprile del 1841. Il re, armato di pala ed entusiasmo alle stelle, si porta, con il suo seguito e il figlio Vittorio Emanuele, nell’area archeologica di Nora. Al suo fianco c’è Gaetano Cara, abile ma famigerato direttore del Regio Museo di Cagliari; sarà proprio lui ad indicare all’ignaro sovrano il punto esatto dove scavare. E la trappola scatta come da copione; in un presumibile plauso generale, Carlo Alberto porta infatti immediatamente alla luce un bronzetto raffigurante un idolo fenicio nuragico dell’VIII secolo a. C. Clamoroso ritrovamento! Carlo Alberto (cui il grande amore per l’archeologia sarda era stato trasmesso dal generale, archeologo dilettante, Alberto Ferrero della Marmora), è al settimo cielo tanto da acquistarne, di quegli idoli, una settantina di esemplari per il suo “Medagliere” di Palazzo Reale, spendendo qualcosa come 85mila euro di oggi. Peccato però trattarsi di “falsi”, abilmente riprodotti da esperti falsari (il “migliore” nell’isola pare fosse, a quei tempi, un fabbro cagliaritano tal Raimondo Mongia) in combutta con lo stesso Cara; “idoli falsi e bugiardi” saranno definiti nel 1883 da Ettore Pais, l’allora direttore del Regio Museo cagliaritano, che ne vieterà l’esposizione. Nello stesso anno, anche a Torino, i bronzetti furono velocemente fatti sparire (ma Carlo Alberto era morto nel 1849, credendoli autentici) e riposti nei depositi di Palazzo Reale. Fino a un paio d’anni fa, quando Gabriella Pantò li ritrova e li fa restaurare per farne elemento di indubbia curiosità della mostra attualmente in corso nel Museo di Piazzetta Reale a Torino. Rassegna di grande valore storico-culturale, frutto di una passione frenetica che spinse il “re tentenna” o l’ “Italo Amleto” (come lo definì Carducci) a finanziare ricerche, oltreché in Sardegna, anche in Piemonte – nelle città romane di Industria e Pollenzo – e di cui resta traccia nella documentazione archivistica e bibliografica presente in mostra: un diario autografo e, soprattutto, le lettere scambiate con l’amata Contessa Maria Antonia Truchsess von Waldburg di Robilant. Riportati in luce dai Musei Reali e oggetto di attenti restauri e nuovi studi, nel Museo di Antichità si possono quindi ammirare oggi importanti reperti – autentici! – provenienti dalla Sardegna: dal preziosissimo e di raffinata cesellatura scudo greco di bronzo da oplita del VI secolo a. C. ritrovato a Tharros, al mosaico romano del III secolo d. C. (scoperto in realtà già nel 1763, scavando nel quartiere Stampace di Cagliari) raffigurante Orfeo che incanta gli animali feroci con le note della sua cetra, fino alle stele puniche già esposte nel 1764 al Regio Museo torinese o alla base di colonna con iscrizione in latino greco e punico da San Nicolò Gerrei (1861) e al nucleo di fibbie bizantine parte delle collezioni di Bartolomeo Gastaldi (prima del 1895). A chiudere l’esposizione bronzetti nuragici (raffiguranti persone, animali, navicelle e oggetti quotidiani) armi come asce e pugnali datati fra il X e il VII secolo a. C, e ancora vasi e ceramiche presenti a Tharros fra il VII secolo a. C. e il II d. C. fino al gruppo di busti in terracotta cosiddetti di “Sarda Ceres” (I-II secolo d. C.) testimoni della diffusione del culto di Cerere in Sardegna e ad una statuetta di figura femminile seduta (VI – V secolo a. C.) da tempo esposti nel “Medagliere Reale”.

Gianni Milani

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“Carlo Alberto archeologo in Sardegna”

Museo di Antichità – Musei Reali di Torino, piazzetta Reale 1, Torino; tel. 011/5211106 – www.museireali.beniculturali.it

Fino al 4 novembre – Orari: mart. – dom. 8,30/19,30

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Nelle foto

– “Bronzetto falso”
– “Mosaico con Orfeo”, seconda metà III secolo d. C.
– “Scudo greco da oplita”, VI secolo a. C.

Come comunicano i cani (parte III)

La comunicazione tattile, che è quella che insieme alla comunicazione chimica viene utilizzata per prima dai cuccioli, avviene attraverso il cuscinetto nasale, le vibrisse (che compensano la vista a distanze molto ravvicinate e che sono composte da baffi, ciuffi sopraciliari, guanciali e labiali), oltre a diversi recettori tattili dislocati lungo il corpo, recettori del caldo e del freddo e nocicettori (recettori per il dolore). Questo tipo di comunicazione inizia nei primi giorni di vita con la madre che lecca i neonati per liberarli dalla placenta e nelle successive settimane per pulirli. Un altro contatto molto rassicurante per loro, ancora incapaci di regolare la temperatura corporea, è lo stare addosso gli uni sugli altri. Tra conspecifici questo tipo di comunicazione può essere utilizzata a scopo sociale o gerarchico: appoggiare una zampa, il muso o l’intero corpo su quello di un altro cane indica dominanza, leccare le labbra e il muso è un segnale associato alla deferenza. Questa comunicazione inoltre può essere utilizzata a scopo sessuale, nel corteggiamento, con naso e lingua nell’area genitale. 

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Il nostro modo di toccare il cane è un chiaro segno di comunicazione e in base a quello capisce se siamo pacifici o meno e si relazionerò con noi di conseguenza. Accarezzarlo lungo la guancia, sotto il mento, sul petto e sul fianco è un segno di grande attenzione e rispetto che mantiene il cane sereno e tranquillo; toccarlo sulla testa, fra le orecchie, sul collo e sulla groppa comunica, invece, autorevolezza che non tutti i cani sono disposti ad accettare. Tocchi brevi e veloci tendono ad attivare il cane mentre tocchi lenti e prolungati hanno un effetto calmante. Il contatto fisico con il cane è fondamentale ma deve essere equilibrato, né scarso né eccessivo. E’ necessario porre molta attenzione ai nostri gesti, anche se involontari, perché anche la parte tattile fa parte della comunicazione i e il cane risponderà a seconda del segno ricevuto. Soprattutto con cani che non si conoscono, evitate di toccarli sulla testa: questo atteggiamento può provocare reazioni di paura e/o aggressività in quanto per loro è chiaro segno di minaccia. Se ci fate caso, ogni volta che lo fate, anche con il vostro cane, lui abbasserà un po’ la testa e socchiuderà gli occhi, perché non gli piace, anche se impara ad accettarlo, tanto più da persone che non conosce. Se volete interagire con un cane che non conoscete, prima di tutto cercate di capire se è disposto o meno a farlo con voi (ricordatevi della comunicazione visiva e olfattiva): se la sua risposta (verbale e/o non verbale) è equivalente a un “sì”, avvicinatevi con una traiettoria leggermente curva, oppure abbassatevi e aspettate che sia lui ad avvicinarsi ed eventualmente accarezzatelo sotto il muso. Anche l’abbraccio è un segnale che può portare a fraintendimenti: nel nostro linguaggio indica affetto, ma per loro ha un significato di sfida e di dominanza. Essendo degli ottimi “psicologi”, molti cani hanno imparato a capire che questo nostro modo di relazionarci è in realtà un segnale di affetto, ma soprattutto da persone sconosciute può non essere accettato e diventare molto, molto pericoloso. Molti incidenti, soprattutto con bambini, sono dovuti alla scarsa conoscenza di queste informazioni. Si tende ad attribuire la colpa al cane, anche con titoli giornalistici sensazionalistici, quando con tutta probabilità, aveva già fornito chiare indicazioni di non gradire quella situazione. Non essendo capito, per dileguarsi da una condizione evidentemente troppo stressante, può arrivare al morso. L’unico modo che abbiamo per prevenire incidenti è osservare attentamente i cani, imparando a riconoscere cosa comunicano, per assicurarci che non sia infastidito dai nostri atteggiamenti.

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Sarebbe opportuno manipolare correttamente i cani fin da cuccioli, comprese le orecchie, le zampe, la coda, il muso, la bocca per evitare che, nel caso in cui si dovesse rendere necessario, quando lo porterete ad esempio dal veterinario o dal toelettatore, sarà abituato a essere toccato in certe zone e non risponderà in modo pauroso o aggressivo.

 

Ogni cane, quindi, è diverso per genetica ed esperienze e ogni situazione deve essere valutata nel complesso della sua vita, dalla sua storia, dalle caratteristiche di razza e di carattere.

 

I cani sono comunicatori eccezionali, in grado di sviluppare segnali per ogni situazione; se il nostro obiettivo è quello di avere una relazione appagante, armiamoci di un po’ di impegno e buona volontà e impariamo il “canese”!

 

Francesca Mezzapesa

Educatrice cinofila – Istruttrice Rally Obedience

 

La piramide dei bisogni del cane

La comunicazione con il cane

Come comunicano i cani (parte I) – La comunicazione chimica e visiva

Come comunicano i cani (parte II) – La comunicazione olfattiva

 

 

Juventus eliminata, Buffon espulso

Juventus  eliminata ai quarti di finale di Champions League dal Real Madrid, nonostante la vittoria per 3-1. La squadra spagnola si qualifica in semifinale con il  rigore di Cristiano Ronaldo, al 96′.  Il Real Madrid aveva vinto 3-0 all’Allianz Stadium all’andata. Alla Juve è toccato un calcio di rigore al 93′ dopo il dubbio fallo di Benatia su Vazquez. Buffon è stato espulso per le proteste. Alla fine Ronaldo ha segnato consegnando la qualifica al Real Madrid.

 

(foto Claudio Benedetto www.fotoegrafico.net)

La prima tappa del Giro Rosa

Due testimonial d’eccezione alla conferenza stampa di presentazione, martedì 10 aprile, della prima tappa del 29° GIRO ROSA 2018, che si svolgerà a Verbania, il prossimo 6 luglio; si inizia infatti con una cronometro a squadre, su un circuito di 15 chilometri e mezzo. L’incontro si è tenuto a Verbania, al Centro Eventi Il Maggiore. Chi poteva presenziare ad una simile presentazione se non Filippo Ganna, verbanese ventunenne due volte campione del mondo d’inseguimento su pista (Ganna corre e vince anche su strada) ed Elisa Longo Borghini (di Ornavasso), già medaglia di bronzo mondiale e olimpica, nonché quattro volte campionessa nazionale. Una differenza sostanziale tra i due campioni del VCO è questa: Mentre Elisa potrà partecipare alla corsa, Filippo non sarà autorizzato a farlo: ovvio, no? Era presente anche Giuseppe Rivolta, storico patron  del Giro D’Italia Femminile. “Da luglio saremo una vetrina per il ciclismo” ha dello il Sindaco Silvia Marchini in apertura, “sarà una di quelle manifestazioni con cui vogliamo proporre più turismo a Verbania e provincia. Ringraziamo anche Ganna perché partecipa oggi e perché ci fa onore nel mondo”. Sono state poi presentate le caratteristiche e le tappe del Giro Rosa. Al giornalista Gianluca Trentini, che le chiedeva un parere, Elisa Longo Borghini ha poi risposto: “Sono contenta che ci sia una manifestazione proprio qui nel mio territorio: sicuramente avrò anche più tifo!”

 

Elio Motella

Nella foto grande: Filippo Ganna, la  Sindaco, Giuseppe Rivolta, Elisa Longo Borghini, Luca Molino (Presidente Sommelier VCO).

 

Vince Foodora, respinto il ricorso dei sei riders lasciati a casa dopo avere protestato

Era il  primo ricorso del genere in Italia, ma è stato respinto dal tribunale del lavoro, quello dei sei rider di Foodora che avevano intentato una causa civile nei confronti dell’azienda  tedesca di food delivery. I riders contestavano l’interruzione improvvisa del rapporto di lavoro dopo le mobilitazioni di due anni fa per richiedere un giusto trattamento economico e normativo. A fare da sfondo alla vicenda, oltre ai numerosi messaggi di solidarietà per i sei ragazzi, che girano da giorni su tutti i canali social, si sono aggiunte anche diverse scritte di protesta comparse sulle pareti di una delle uscite del parcheggio sotterraneo che si trova di fronte al Palazzo di giustizia Bruno Caccia. “Foodora sfruttatori”, “No alla gig economy”, sono solo alcuni degli slogan che sono stati tracciati con vernice spray rossa e nera.

 

(foto: il Torinese)